Alaphilippe regale. Tempi perfetti e la Freccia è sua

21.04.2021
5 min
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«Grazie ragazzi». Julian Alaphilippe non è neanche sceso dalla bici, che si “aggrappa” al bottoncino della radio e ringrazia i compagni ancora intenti a sgambettare sul muro d’Huy. In questo modo li informa anche della sua vittoria. E infatti Vansevenant all’improvviso esulta e chi gli sta attorno, se non fosse del mestiere, lo prenderebbe per matto. 

Appena arrivato Alaphilippe schiaccia il bottone della radio per ringraziare i compagni
Alaphilippe schiaccia il bottone della radio per ringraziare i compagni

Il “Loulou” spavaldo

“Loulou” è il ritratto della tranquillità e della sicurezza. E questa nostra sensazione trova conferma mezz’ora dopo l’arrivo durante le interviste di rito. Quando Alaphilippe risponde schietto, veloce e con una battuta, vuol dire che sta bene.

La gara è andata secondo i programmi per la Deceuninck-Quick Step. La fuga, tra l’altro con dentro due italiani, Diego Rosa e Simone Velasco, è stata il pass per arrivare sotto al Muro nelle prime posizioni e con le gambe piene. E in questa situazione da “botta secca”, viste le sue caratteristiche, Alaphilippe era il favorito. Roglic è più scalatore e meno esplosivo di lui. Pogacar non è partito per i “presunti” casi di Covid in seno alla UAE e Pidcock, forse il più pericoloso, è rimasto coinvolto in una caduta.

La grinta e la fatica del campione del mondo dopo l’arrivo
La grinta e la fatica del campione del mondo dopo l’arrivo

Sicurezza Deceuninck  

“Loulou” era tranquillo, dicevamo. Al penultimo passaggio sul Muro era piuttosto indietro. Non esageriamo se vi diciamo di averlo visto in 60ª posizione, almeno… Però è anche vero che si voltava a cercare i compagni e che la sua bocca era socchiusa. Insomma stava bene. Era in pieno controllo. E quando glielo facciamo notare, lui risponde così.

«L’importante è essere stati davanti nell’ultimo di passaggio! Scherzi a parte, non ero mica tanto tranquillo, ma ho chiesto alla squadra di portarmi davanti nel momento giusto, sapevo che potevano farlo. E infatti alla “flamme rouge” (all’ultimo chilometro, ndr) avevo un’ottima posizione e ho rifinito il loro lavoro con le mie gambe».  In poche parole, il “Wolfpack” ha colpito ancora!

All’uscita dalla “S” Roglic attacca, alle sue spalle Alaphilippe e Valverde
All’uscita dalla “S” Roglic attacca, alle sue spalle Alaphilippe e Valverde

Roglic come Niewiadoma

Giusto la mattina, al via da Charleroi, Julian aveva detto che sarebbe stato importantissimo azzeccare il momento dell’attacco, perché questo muro ti inganna. E forse è quel che ha sbagliato Roglic, che era al debutto alla Freccia Vallone e ha anticipato un po’ i tempi. Lo sloveno però a fine gara ha detto di non aver rimpianti.

Roglic ha ricalcato esattamente quello che aveva fatto Katarzyna Niewiadoma poche ore prima. La polacca aveva sferrato l’affondo decisivo un po’ troppo presto, cioè all’uscita dalla S del Muro. E il risultato è stato lo stesso. Tra l’altro anche in quel caso a vincere era stata la campionessa del mondo.

«Dopo essere passati sotto l’ultimo chilometro, con la posizione che avevo ho solo controllato il più possibile – ha detto Alaphilippe – poi quando Roglic è partito e ho visto che ha fatto il vuoto dietro di lui… ho dato tutto.

«Oggi i ragazzi hanno fatto tutti un grande lavoro, devo ringraziarli. Honorè? Sì, lui sta facendo una grande primavera e sta correndo in un modo importante. Ha dato il massimo».

Temperatura intorno ai 18°, sulla Vallonia splendeva il sole
Temperatura intorno ai 18°, sulla Vallonia splendeva il sole

Erede di Evans

Quando Alaphilippe taglia il traguardo si leva un piccolo boato nell’aria, neanche fossimo in Francia. Sarà che ad organizzare la Freccia è l’Aso, la società del Tour, sarà che Alaphilippe è “internazionale”, ma non ci aspettavamo tanto clamore.

Vansevenant cerca Julien e si abbracciano. E lo stesso fa Valverde. Il murciano gli dà una carezza, come fosse un passaggio di testimone. Lui la Freccia l’ha vinta cinque volte e nonostante i suoi 40 anni (li compirà domenica durante la Liegi) è arrivato terzo. Primo dei “terrestri” a 6 secondi da Roglic e Alaphilippe. Questo per dire che i due hanno fatto gara a sé, ma anche per sottolineare che Alejandro c’è sempre. Avesse avuto cinque anni in meno, magari le sue gambe avrebbero avuto ben altra esplosività.

La carezza di Valverde. In due hanno vinto 8 Freccia
La carezza di Valverde. In due hanno vinto 8 Freccia

Testa già alla Liegi

Con la sua vittoria, Alaphilippe riporta la maglia iridata in testa sul Muro d’Huy. Non accadeva dal 2010, quando tale onore toccò a Cadel Evans.

«Eh sì, vincere qua con questa maglia è veramente speciale – ha aggiunto il francese – è solo la seconda dell’anno, ma è una vittoria importante. Non è mai facile vincere. Avevo la stessa fiducia in me stesso anche l’anno scorso, ma le cose non sono andate allo stesso modo. Bisogna sempre lavorare. La condizione è buona, ho lavorato per questo. E spero di fare bene anche alla Liegi, ma già così è qualcosa di super».

Tre volte la Freccia Vallone non è poco, specie se si hanno “solo” 28 anni. Julian volendo può agguantare e superare Valverde. «Non guardo a queste cose, veramente. I record verrano», ha detto.

A fine intervista, con l’adrenalina un po’ scesa, lo sguardo di Julian era di nuovo quello famelico visto la mattina al via della Freccia. A Liegi lo rivedremo molto, molto competitivo.

Le classiche restano il target della Deceuninck-Quick Step

20.04.2021
3 min
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Formazione praticamente inalterata rispetto al 2020, quella della Deceuninck-Quick Step che prosegue nel suo lungo viaggio di trasformazione. Da dominatrice delle gare d’un giorno a squadra in grado di primeggiare anche nei grandi Giri. Un viaggio che nel disgraziato 2020 è stato frenato dal gravissimo infortunio a Remco Evenepoel e la sua lenta ripresa fa presumere che ci vorrà molto tempo per trovare una risposta: il talentuosissimo belga ha scelto di puntare sul Giro d’Italia, al quale è arrivato però soprattutto per fare esperienza e imparare a gestirsi senza aver potuto preparare la stagione appieno.

Julian Alaphilippe vince la Freccia Vallone 2021
Julian Alaphilippe vince la Freccia Vallone 2021

Classiche al top

La squadra resta comunque un riferimento assoluto per le classiche, a cominciare dal campione del mondo, quel Julian Alaphilippe che tuttavia non avrebbe messo da parte, almeno momentaneamente, le sue ambizioni di fare classifica al Tour, avendo appena rinunciato alle Olimpiadi. Il francese non è però l’unica punta, perché Steels, Ballerini, Asgreen, Lampaert sono corridori in grado di sfruttare ogni occasione e fare della Deceuninck la squadra che è sempre la più controllata.

Trenta corridori agli ordini di Peeters e Bramati (foto Wout Beel)
Trenta corridori agli ordini di Peeters e Bramati (foto Wout Beel)

Almeida e Bagioli

Nei grandi Giri, in attesa di Evenepoel (che resta pur sempre un corridore in grado di vincere anche nelle classiche come ha già dimostrato) l’uomo di punta è il portoghese Almeida, grande protagonista dell’ultimo Giro, ma attenzione anche ad Andrea Bagioli, che dovrà continuare nella sua opera di crescita che lo ha già messo in evidenza nelle piccole corse a tappe e a Fausto Masnada, che per quel che ha fatto merita di trovare spazio nel team anche come riferimento finale e non solo come aiutante del capitano di turno.

L’ORGANICO

Nome CognomeNato aNaz.Nato ilPro’
Julian AlaphilippeSaint Amand Fra11.06.19922014
Joao AlmeidaCaldas da RainhaPor05.08.19982018
Shane ArchboldTimaruNzl02.02.19892012
Kasper AsgreenKoldingDen08.02.19952018
Andrea BagioliSondrioIta23.03.19992020
Davide BalleriniCantùIta21.09.19942017
Sam BennettWervikIrl16.10.19902011
Mattia CattaneoAlzano LombardoIta25.10.19902013
Rémi CavagnaClermont FerrandFra10.08.19952017
Mark CavendishDouglasGbr21.05.19852007
Josef CernyFrydek MistekCze11.05.19932016
Tim DeclercqIzegemBel21.03.19892012
Dreis DevenynsLovanioBel22.07.19832007
Remco EvenepoelSchepdaalBel25.01.20002019
Ian GarrisonDecaturUsa14.04.19982019
Alvaro J.Hodeg ChaguiMonterìaCol16.09.19962018
Mikkel HonoréFredericiaDen21.01.19972019
Fabio JakobsenHeukelumNed31.08.19962018
Iljo KeisseGandBel21.12.19822005
James KnoxKendalGbr04.11.19952018
Yves LampaertIzegemBel10.04.19912013
Fausto MasnadaBergamoIta06.11.19932017
Michael MorkovKokkedalDen30.04.19952009
Florian SenechalCambraiFra10.07.19932014
Pieter SerryAalter Bel21.11.19882011
Stijn SteelsGandBel21.08.19892013
Jannik SteimleWeilheimGer04.04.19962020
Zdenek StybarPlanaCze11.12.19852011
Bert Van LerbergheCourtraiBel29.09.19922015
Mauri VansevenantOstendaBel01.06.19992020

DIRIGENTI

Patrick LefevereBelGeneral Manager
Wilfried PeetersBelDirettore Sportivo
Tom SteelsBelDirettore Sportivo
Davide BramatiItaDirettore Sportivo
Brian HolmDenDirettore Sportivo
Klaas LodewyckBelDirettore Sportivo
Ricardo ScheideckerPorDirettore Sportivo
Geert Van BondtBelDirettore Sportivo
Rik Van SlyckeBelDirettore Sportivo

DOTAZIONI TECNICHE

Il team su cui Specialized ha il maggior controllo e con cui spinge forte sul gas della ricerca. Proprio la Deceuninck-Quick Step ha provato le corse del Nord (e vinto il Fiandre) mettendo via i tubolari e puntando sui copertoncini. I corridori vengono dotati di Tarmac SL7, Roubaix e della Shiv TT Disc per le cronometro.

CONTATTI

DECEUNINCK-QUICK STEP (Bel)

Rue de la Greve 8, 1643 Luxembourg (LUX)

info@decolef.com – www.deceuninck-quickstep.com

Facebook: @deceuninckquickstep

Twitter: @deceuninck_qst

Instagram: deceuninck_quickstepteam

Specialized Tarmac SL7 Bennett

Le Specialized del “branco di lupi”

20.04.2021
4 min
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La fortissima Deceuninck – Quick-Step corre ormai da alcuni anni su biciclette Specialized, il marchio americano fra i leader di mercato che per la stagione 2021 rifornisce la squadra con il Tarmac SL7, la Roubaix e la Shiv TT Disc.

Una bici universale

Il Tarmac SL7 è stato presentato nel 2020 ed ha subito vinto numerose corse, come il Campionato del Mondo ad Imola con Julian Alaphilippe e il Giro delle Fiandre con Kasper Asgreen, solo per citare alcune vittorie. Il Tarmac SL7 è una bicicletta che riesce ad essere leggera, con i suoi 800 grammi in taglia 54 e allo stesso tempo aerodinamica. I tecnici Specialized hanno voluto condensare tutto in una sola bicicletta, mandando in pensione la Venge che era il modello aerodinamico del brand americano. Il telaio della Tarmac SL7 è realizzato con il carbonio Fact 12r e con le forme dei tubi che sono state pensate per ottimizzare vari fattori come la rigidità torsionale, l’aerodinamica ed il peso.

La libreria dei tubi

Per arrivare a questo risultato è stata usata la “FreeFoil Shape Library”, una specie di archivio dei tubi, in cui ci sono moltissimi prototipi. Attingendo da questo archivio e unendo il tutto con ulteriori studi fatti in galleria del vento è stato possibile ottimizzare ogni zona del telaio con una forma e un tipo di laminazione del carbonio specifici. Il risultato è che il Tarmac SL7 risulta più veloce di 45 secondi su una distanza di 40 chilometri rispetto alla versione precedente.

Sul Tarmac SL7 Specialized ha optato per un manubrio semi integrato, infatti i corridori della Deceuninck – Quick-Step utilizzano l’attacco di Specialized con il manubrio del marchio PRO.

Specialized Soubaix
La Specialized Roubaix, pensata proprio per il terribile pavè del Nord
Specialized Soubaix
La Specialized Roubaix, pensata proprio per il terribile pavè del Nord

Profili differenziati

A livello di ruote troviamo le Roval, marchio sempre di Specialized, con le Rapide CLX e le Alpinist CLX.

Le prime sono ruote a profilo differenziato con un cerchio anteriore da 51 millimetri e uno posteriore da 60 millimetri. Anche la larghezza esterna del cerchio è diversa, con un 35 millimetri all’anteriore e un 30,7 millimetri al posteriore. Uguale, invece, la larghezza interna che è di 21 millimetri. Il peso è di 1.400 grammi.

Le Alpinist CLX sono ruote con un profilo da 33 millimetri e canale interno da 21 millimetri dal peso di 1.284 grammi e più adatte alle gare con salite impegnative. Entrambi i modelli possono essere equipaggiati con i copertoncini.

Per il pavé

Per le prove con tanto pavé, soprattutto per la Parigi-Roubaix, Specialized ha fornito i corridori della Deceuninck – Quick-Step della bicicletta modello Roubaix. Progettata per assorbire meglio le vibrazioni, questa bicicletta ha un telaio realizzato con il carbonio Fact 11r dal peso di 900 grammi. A livello aerodinamico le prestazioni sono come quelle del Tarmac SL6. Il reggisella S-Works Pavé ha un grado di flessibilità maggiore rispetto agli altri modelli, facilitato anche dalla chiusura posta più in basso nel telaio.
Il cuore della Roubaix sta nella cartuccia Future Shock 2.0 posta nel tubo sterzo che ha un’escursione di 20 millimetri. Il risultato è un comfort e un controllo di guida migliori su percorsi accidentati. Sull’attacco manubrio è posto il registro per aprire o chiudere la compressione.

Remi Cavagna con la Specialized Shiv TT Disc
Remi Cavagna impegnato con la Shiv TT Disc
Remi Cavagna con la Specialized Shiv TT Disc
Il campione nazionale francese a cronometro Remi Cavagna con la Shiv TT Disc

Più guidabile e più leggera

Quando bisogna sfidare il cronometro i corridori del Wolfpack Team possono contare sulla Shiv TT Disc. Questa bicicletta va incontro all’esigenze delle cronometro moderne, fatte da tracciati sempre più tecnici dove oltre all’aerodinamica assume grande importanza anche la guidabilità. Per questo motivo i tecnici di Specialized hanno usato i dati che avevano in loro possesso, figli di anni di collaborazione con i professionisti, e hanno rifatto la geometria e l’avantreno della bici con l’obiettivo di avere il massimo delle regolazioni in sella possibili. Realizzata in carbonio Fact 11r la nuova Shiv TT è più leggera di 500 grammi rispetto alla versione precedente.

La sella Specialized Mirror di Cavendish
La sella Specialized Mirror di Cavendish è realizzata con dei polimeri speciali

La scheda tecnica

GruppoShimano Dura Ace Di2
RuoteRoval
PneumaticiSpecialized
ManubrioSpecialized/PRO
Sella Specialized
ReggisellaSpecialized
PedaliShimano

I Componenti

Per quanto riguarda il gruppo con cui sono montate le biciclette troviamo lo Shimano Dura Ace Di2, sempre del marchio giapponese sono anche i pedali. Per le selle rimaniamo in casa Specialized, dove sempre più atleti amano usare la nuova Mirror. I copertoni sono sempre di Specialized, che come sappiamo sta puntando sui classici copertoncini con la camera d’aria, mentre i portaborracce sono di Tacx.

Wolfpack! E la Deceuninck scatena i suoi lupi

14.04.2021
5 min
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Un marchio, un hashtag, una trovata di marketing, ma soprattutto uno spirito: questo è il Wolfpack della Deceuninck-Quick Step. Letteralmente si può tradurre come branco di lupi e già questo dà l’idea di un gruppo che si aiuta, che lotta insieme nelle avversità come avviene nella realtà dei lupi appunto.

Come spesso accade nelle belle storie, quella del Wolfpack iniziò quasi per caso. Era il 2012 e nel team di Levefere era arrivato Brian Holm il quale aveva iniziato ad utilizzare in alcune e-mail la sigla Wolfpack, in ricordo di una banda di quartiere nella sua Copenaghen. Una dicitura che piacque subito ai corridori e che Alessandro Tegner, direttore marketing del team, decise di stampare su dei cappellini. A quel punto era nato un brand e l’hashtag #wolfpack che corre sui social ha fatto il resto ponendovi la “bolla papale”.

L’abbraccio sincero tra Asgreen e Alaphilippe dopo il Fiandre
L’abbraccio sincero tra Asgreen e Alaphilippe dopo il Fiandre

Partire bene aiuta

Ma se i discorsi di marketing li lasciamo a chi di dovere, a noi interessa capire cosa davvero sia questo “spirito Wolfpack” che circola nella Deceuninck. Insomma, vedere un campione del mondo davvero contento perché un suo compagno ha conquistato il Fiandre, vederlo festeggiare come se avesse vinto lui, qualche domanda ce la fa porre. E cose simili si sono ripetute molte volte in questo team.

«Siamo un gruppo affiatato perché siamo insieme da tanti anni credo – spiega Davide Bramati – abbiamo vinto tanto e da tanto tempo. Ogni anno partiamo bene (e questo conta molto per smorzare le tensioni, ndr) Abbiamo diversi sprinter che portano successi e questo dà morale. La nostra mentalità è vincente e se si perde, si perde sull’arrivo.

«C’è voglia da parte di corridori e staff di fare sacrifici. Quest’anno a gennaio siamo rimasti una settimana di più in ritiro in Spagna e lo stesso abbiamo fatto in quando siamo andati alla Provence.

«Il festeggiamento che avete visto dopo il Fiandre è un qualcosa che succede anche in altre squadre, immagino. Posso dire che siamo un team belga e a certe gare ci teniamo particolarmente».

Per Bramati (a sinistra) è importante ridurre lo stress prima delle gare
Per Bramati (a sinistra) è importante ridurre lo stress prima delle gare

Vince uno, vincono tutti 

Il “Brama” magari tende anche a sminuire, ma sta di fatto che noi eravamo sotto a quel bus nel giorno di Asgreen. Il danese non c’era in quanto impegnato all’antidoping di routine e con i giornalisti, ma sentivamo le urla di gioia, la musica a tutto volume, e vedevamo lo staff che brindava con le birre.

«Da noi vince uno, ma la vittoria è di tutti – riprende Bramati – e spesso abbiamo vinto con tanti atleti, anche questo è importante ai fini del gruppo».

In passato si è capita l’importanza del gruppo e non a caso s’iniziò a parlare di team building. Tra i primi a ricorrervi fu la CSC di Bjarne Riis che portò Basso e i suoi in cima al Kilimangiaro. La sfida, il superare momenti di difficoltà insieme ma senza lo stress della corsa, il divertimento… fanno gruppo. 

«Anche noi – dice il diesse lombardo – abbiamo fatto esperienze così. Siamo andati in Slovacchia, giochi di ruolo come caccia al tesoro, oppure in Belgio dove c’era anche il personale abbiamo fatto bungee jumping, tiro alla fune… Nelle ultime due stagioni un po’ per ovvi motivi, un po’ perché siamo sempre più spesso furi casa non lo abbiamo fatto. Però la cosa buona è che i giovani o comunque i nuovi arrivati riescono ad integrarsi bene nel gruppo».

Cavendish al lavoro per i compagni di squadra, qualcosa di raro per l’inglese
Cavendish al lavoro per i compagni di squadra, qualcosa di raro per l’inglese

Lefevere capo branco

Ma come un vero branco di lupi che si rispetti c’è un “maschio alfa”, questo potrebbe essere senza dubbio Patrick Lefevere, il team manager, storico referente di questo gruppo. Da fuori è rispettatissimo e “temuto”, ma è davvero un padre padrone?

«La forza di Patrick è la sua presenza. Lui viene spesso alle gare e c’è… anche quando non c’è. E’ molto alla mano, si siede al tavolo con i ragazzi, gli piace parlarci. Da parte mia devo ringraziarlo a lungo».

Ma Bramati è uno dei diesse del WorldTour più sanguigni: vicinissimo ai ragazzi, è un grande motivatore. E lo dicono i corridori stessi, anche quelli di altre squadre, basta rileggere la recente intervista di Agnoli: “Bramati spacca le macchine pur di incitare i suoi corridori”.

«Quanto c’è di mio? C’è tanto del gruppo, piuttosto. Sono tanti anni che siamo insieme e ognuno sa cosa deve fare, c’è rispetto dei ruoli. Ho corso 17 anni, ho visto passare via mezzo gruppo. Ho iniziato con Saronni e finito con tutti altri. E in questi anni ho cambiato solo tre squadre, ma di fatto sono cambiati solo gli sponsor, perché il gruppo era sempre quello ed è ora nel mio Dna. Dalla Mapei con Levefere diesse, alla Deceuninck con lui team manager. E questo te lo porti dentro. Con alcuni colleghi siamo stati compagni di squadra».

Una magia deve esserci però. Cavendish, con tanto di sponsor personale, è ammesso nel branco e aiuta Bennett a fare la volata nella Scheldeprijs e poi vince con l’aiuto dei compagni in Turchia. Alaphilippe che si sacrifica per Asgreen. Almeida, inconsapevole leader del Giro, che si ritrova una corazzata attorno. Chi lascia questo team fa poi fatica a trovare con tanta “facilità” la via della vittoria. Forse il Wolfpack è “solo” un bel circolo virtuoso. Ma per ora funziona…

Sette giorni dopo, Asgreen non smette di volare

12.04.2021
4 min
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Il segno premonitore che avrebbe potuto vincere il Fiandre è stata la chiamata di Rolf Sorensen, sorride Kasper Asgreen, che fino a quel momento era stato il solo danese capace di vincere il Fiandre.

Solo un altro danese aveva vinto il Fiandre: Sorensen nel 1997
Solo un altro danese aveva vinto il Fiandre: Sorensen nel 1997

«Mi ha telefonato prima del weekend – racconta il corridore della Deceuninck-Quick Step – e mi ha spiegato perché fosse convinto che potevo riuscirci anche io. Se un corridore come lui ti chiama e ti dice certe parole, la fiducia cresce parecchio».

Tutto in 10 metri

Una settimana dopo la vittoria del Fiandre, Asgreen ha ancora addosso lo stesso stupore dei primi minuti dopo un successo che molti a un certo punto ritenevano impossibile. Come fai a battere Van der Poel in una volata a due, visto che l’olandese lo scorso anno aveva liquidato allo stesso modo Van Aert?

A Herning 2017 ha vinto la cronometro individuale U23
A Herning 2017 ha vinto la cronometro individuale U23

«Mathieu mi ha passato all’ultimo chilometro – dice – e in quello stesso momento, Tom Steels (tecnico e preparatore del team, ndr) mi ha detto via radio che avevamo 35 secondi sul secondo gruppo. Era un bel margine da giocarci, così ho deciso di rischiare che la velocità si abbassasse. Mi sono messo a ruota e ho preso il controllo. Quando abbiamo iniziato lo sprint, ho pensato di lanciarlo molto lungo. L’unica speranza era che dopo tutti quei chilometri potessi avere più forza di lui. E Van der Poel a un certo punto si è seduto. Quando sono passato sulla riga, ricordo di essermi detto: ha funzionato! Con gli allenatori abbiamo lavorato tutto l’inverno sullo sprint e la forma è arrivata nel momento giusto. L’avevo sentito nelle settimane precedenti. Tutti quei mesi di duro lavoro raccolti negli ultimi 10 metri della corsa. Ha funzionato! Ho proprio pensato questo, passando la riga bianca».

Caduta morbida

Il racconto va avanti ripescando nella memoria i momenti chiave della corsa e della carriera, con lo sguardo ancora incantato.

Ad Harelbeke, Asgreen aveva già fatto la selezione sul Taoenberg
Ad Harelbeke aveva già fatto la selezione sul Taoenberg

«Il Fiandre – ricorda – era la corsa dei miei sogni sin da quando ho iniziato a seguire il ciclismo, con le sue salite e la distanza. Ma serve anche fortuna. Nella caduta, ad esempio. Mi è andata bene perché non sono finito nel mucchio, ma mi hanno colpito da dietro. E’ stato un atterraggio morbido. Se doveva accadere, è accaduto nel modo più indolore. Steels è arrivato alla svelta, mi ha dato la bici e sono potuto ripartire. E a quel punto il fattore decisivo è stato il gioco di squadra con Alaphilippe sul Taienberg, quando prima ha attaccato lui e poi mi sono mosso io con Mathieu e Van Aert».

Coincidenza oppure no, sul Taienberg aveva fatto la differenza decisiva anche nel Gp E3 Saxo Bank di Harelbeke. Questione di sensazioni o di pendenze, al Fiandre il… giochino ha funzionato nuovamente.

In attesa della premiazione, Asgreen rivive la corsa con gi occhi increduli
In attesa della premiazione, rivivendo la corsa con gi occhi increduli

«La squadra ha lavorato in modo eccellente – dice – ed è questo il bello di farne parte. Comanda il gruppo. Sono tre anni che sono qui e la mentalità Wolfpack ha permesso a tanti giovani di migliorare e a tanti di noi di vincere grandi corse. Ma credo che avere l’aiuto di uno come Julian sia speciale. Spero che arrivi presto anche per lui il momento di vincere un’altra corsa importante».

La prima corsa

E quella prima corsa con la maglia della Deceuninck-Quick Step, Kasper ce l’ha ancora davanti agli occhi. Era il 4 aprile del 2018.

Sul podio del Fiandre, per Asgreen un sogno realizzato al 3° tentativo
Sul podio del Fiandre, un sogno realizzato al 3° tentativo

«La decisione di cambiare squadra (correva nel Team Virtu Cycling, ndr) fu abbastanza improvvisa – racconta – e ricordo che mi trovai sul pullman durante il meeting di quella prima corsa come un oggetto misterioso. I compagni e i direttori sprtivi non sapevano chi fossi e che cosa potessero aspettarsi da me. Alla fine chiusi tutti i buchi fino a 3 chilometri dall’arrivo e cogliemmo con Fabio (Jakobsen, ndr) una bella vittoria nella Scheldeprijs del 2018. Quando arrivai sul pullman, erano tutti eccitati e contenti per il lavoro che avevo fatto. Io mi sentivo come se la corsa l’avessi vinta anche io. E a guardare gli sguardi dei ragazzi quando sono tornato da loro nel giorno di Pasqua, si vedeva chiaro nei loro occhi che era come se il Fiandre lo avessero vinto anche loro».

Masnada, cosa fai a Sierra Nevada con i due ragazzini?

06.04.2021
5 min
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Fausto Masnada è a Sierra Nevada in questa sua dimensione di asceta delle alte vette, che prima del Catalunya lo ha visto per due settimane sul Teide. Questa volta è in compagnia di Almeida ed Evenepoel, per l’ultimo blocco di lavoro che li porterà al Romandia e poi al Giro d’Italia (i tre sono insieme nella foto di apertura). Ma Remco non li seguirà nella corsa svizzera: il belga per volere della squadra debutterà direttamente al Giro d’Italia. La sua ultima apparizione fu il disastroso Lombardia dell’infortunio, la ripresa sarà la corsa rosa. Vedremo alla fine dei giochi se la scelta, indubbiamente insolita, avrà dato i frutti desiderati.

Magrissimo come da quando è passato alla Deceuninck-Quick Step, il bergamasco negli ultimi mesi è cresciuto di livello in modo consistente, ma avendo fatto la scelta d’esser gregario non potremo vederlo ad esempio alla Liegi che tanto gli si addice.

Masnada ha iniziato la stagione con lo Uae Tour: 10° in classifica
Masnada ha iniziato la stagione con lo Uae Tour: 10° in classifica
Come stai Fausto?

Bene, siamo arrivati da poco a Sierra Nevada e fa un po’ più freddo che sul Teide. Scendiamo in macchina tutte le mattine verso Granada, perché in alto ci sono 3 gradi, ci alleniamo sotto e poi torniamo su. Ieri siamo risaliti in bici per la prima volta, ma ho idea che nei prossimi giorni sarà sempre così. E’ l’ultimo blocco prima del Giro, c’è da farlo bene.

Al Giro avrai la stessa veste dello scorso anno?

Sicuramente, avendo in squadra Remco e Almeida. Non è detto che non possa giocarmi una tappa, se capiterà l’occasione.

Siete soltanto voi tre a Sierra Nevada?

Noi, il preparatore e il massaggiatore. Siamo amici, si cerca di andare d’accordo. A volte si discute per questioni legate all’allenamento, ma sono cose che si superano. Hanno entrambi voglia di dimostrare qualcosa.

Cosa pensi di Remco che rientrerà… a secco al Giro?

Non discuto i piani della squadra, ma qui a Sierra Nevada lo sto vedendo veramente in forma, come mai prima. Noi corridori esprimiamo le nostre preferenze, ma la scelta finale non è nostra. Lui è una macchina da guerra, correrebbe sempre. Ma sta facendo lo stesso un ottimo avvicinamento e il Giro è lungo, si valuterà alla fine.

Almeida al Catalunya, primi assaggi di buona condizione. A Sierra Nevada per crescere ancora
Almeida al Catalunya, primi assaggi di buona condizione
Almeida come sta? E’ passato dal partecipare al Giro 2020 quasi per caso a diventare oggetto di mercato…

Sicuramente è un giovane talento. Non è mai uscito dai 10 nelle corse cui ha partecipato e questo significa essere ad alto livello. Al Catalunya era stanco, per cui ha staccato e adesso ha iniziato a costruire la condizione per il Giro. Ci arriva super motivato, ma probabilmente sentirà la pressione.

E tu in mezzo a loro due?

Io cerco di allenarmi al massimo per essere utile a tutti e due, di più non posso fare. Passo più tempo con loro che con la mia ragazza e la mia famiglia, non è sempre facile. Ho il mio carattere, ma bisogna cercare di andare d’accordo.

Evenepoel tornerà in gruppo direttamente al Giro. Ultima corsa, il Lombardia
Evenepoel tornerà in gruppo direttamente al Giro. Ultima corsa, il Lombardia
Anche perché non sempre ti trattano con i guanti. Al Catalunya abbiamo visto Almeida gesticolare in modo un po’ troppo plateale per chiamarti…

Joao fuori dalla corsa è sereno e con lui si scherza, ma in corsa si fa prendere dall’enfasi e dall’adrenalina. E’ successo due volte. Nella tappa di Madonna di Campiglio al Giro e ora al Catalunya. Non è bello vederlo gesticolare in televisione e non è bello neanche per me. So quale lavoro devo fare, ma a volte non si hanno le gambe. Sono ragazzi giovani e forti e non si rendono conto e a volte si innervosiscono.

Remco è fatto allo stesso modo?

Sapete che con lui non ho mai corso ancora? Non lo so, non so di come segua le strategie e come si comporti con i compagni. Dicono i compagni che sa cosa vuole e pretende che la squadra faccia il massimo, come è normale. In un team ben organizzato, ognuno ha il suo ruolo e deve svolgerlo al meglio.

Anche Masnada ha corso il Catalunya, lavorando per Almeida
Anche Masnada ha corso il Catalunya, lavorando per Almeida
Non ti manca poter lottare per le tue chance?

Adesso è così e so di non essere all’altezza di un podio in un grande Giro. Perciò continuo a lavorare seguendo le strategie di squadra, trovando soddisfazione personale nell’essere stato di aiuto per un buon risultato. Però è vero che ci sono le classiche che ho tralasciato per preparare le corse a tappe. In futuro mi piacerebbe andare a una Liegi, che come il Lombardia mi si addice.

Allargando il discorso, cosa pensi della carriera del tuo amico Ciccone, con cui hai corso alla Colpack?

Cicco ha grandi potenzialità, ma deve migliorare sotto certi aspetti per puntare a una classifica. E’ difficile fare il leader e non so quale sarà il suo ruolo al Giro. Però sarà capitano alla Vuelta e dovrà lavorare tanto per la crono. Un po’ mi vedo in lui. E’ arrivato al suo livello gradualmente. Ed entrambi possiamo crescere.

Asgreen, volata da duro. E Van der Poel si inchina

04.04.2021
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Era arrivato secondo dietro Bettiol, ma di quel piazzamento non molti ricordavano. Intorno ci sono i muri, i quadri e le bici del Museo del Giro delle Fiandre, mentre Kasper Asgreen racconta il suo sogno realizzato. Racconta che da più piccolo sognava di diventare come Cancellara, perché tutto sommato a cronometro se la cava anche lui, ma c’è ancora tanto da migliorare. Poi dice che il primo Fiandre di cui ha memoria è proprio quello in cui Fabian si sbarazzò con prepotenza di Boonen sul Muur volando fino all’arrivo. Il danese ha gli occhi trasognati, ma forse nei giorni scorsi le sue sensazioni gli avevano fatto capire di avere le gambe giuste per lasciare in qualche modo il segno.

Asgreen è rimasto coinvolto nella caduta dopo il Kanarieberg
Asgreen è rimasto coinvolto nella caduta dopo il Kanarieberg

L’astuzia sul Paterberg

Ha gestito il finale con la malizia del campione navigato. Il capolavoro probabilmente l’ha fatto sull’ultimo Paterberg, quando Van Aert era ormai staccato e Van der Poel poteva avere per la testa l’idea di andarsene da solo. L’olandese aveva già tentato l’allungo al culmine del Vecchio Qwaremont, facendo capire che mercoledì alla Dwars door Vlaanderen si era nascosto. Così Asgreen ha atteso il tratto più duro dell’ultimo muro e invece di restare sfilato, ha affiancato Van der Poel, completando la scalata accanto a lui. Nel linguaggio dei corridori, quel gesto ha significato che non ne aveva paura. E forse nella testa di Van der Poel si è aperta la piccola crepa che nello sprint ha accelerato la resa.

Nel finale si è parlato con Alaphilippe, ma non hanno deciso gerarchie precise
Nel finale si è parlato con Alaphilippe
Hai sempre pensato allo sprint, oppure avevi paura di Van der Poel?

Negli ultimi 10 chilometri ci siamo guardati negli occhi e non c’è stato bisogno di parlare tanto. Dietro c’era un gruppo con corridori forti e se avessimo esitato, ci avrebbero ripreso. Tanto valeva continuare a tirare e credere di potermela giocare in volata. Il mio sprint dopo una corsa lunga come questa non è tanto male, ne avevo già fatti altri. Anche se lui si chiamava Van der Poel…

Hai vinto il Fiandre.

Le classiche sono sempre state qualcosa di speciale. Mi piaceva guardarle in televisione e partecipare è sempre stato un sogno. Sono venuto su due anni fa per la prima volta e arrivai secondo, forse un segno. E ora è incredibile essere qui da vincitore. 

«In finale è bastato uno sguardo – dice Asgreen – per capire che avremmo dovuto collaborare»
«In finale è bastato uno sguardo per capire che era meglio collaborare»
Quanto sei cambiato da due anni fa?

Penso di essere un corridore molto migliore. Due anni fa era il mio primo sul pavé, nel frattempo ho fatto tanta esperienza. Il Fiandre è un lungo giorno sulla bici, devi fare tutto alla perfezione, per evitare di trovarti senza gambe proprio nell’ultima ora. Devi curare ogni dettaglio, ora lo so meglio di allora.

Sei rimasto dietro la caduta, è stato duro rientrare?

Dopo il Kanarieberg due corridori si sono toccati e hanno provocato un bel mucchio. Io ero dietro e ci sono finito in mezzo, ma ugualmente ho dovuto cambiare bici. In quei momenti lo stress è massimo. C’era tanta gente che voleva rientrare e io con loro. Non è stato facile, temevo che mi sarebbe rimasto nelle gambe, invece per fortuna non ha inciso tanto.

Dopo l’arrivo, Van der Poel si è congratulato con lui con grande affetto
Dopo l’arrivo, Van der Poel si è congratulato con lui con grande affetto
C’è stato un momento in cui hai parlato con Alaphilippe e avete deciso di fare corsa per te?

Con Julian abbiamo parlato veramente molto nel finale, a partire dal Taaienberg. Non abbiamo mai deciso effettivamente di dare la precedenza a uno oppure all’altro. L’importante era avere due corridori forti davanti, poi ci avrebbe pensato la strada.

Peccato non ci sia la Roubaix…

Davvero un peccato, per la condizione che ho. So che gli organizzatori hanno provato sino alla fine, ma se non si può perché costituisce un pericolo per la gente in strada, non si può.

Giro delle Fiandre 2021
Prima del podio, aspettando le premiazioni
Giro delle Fiandre 2021, Dopo l'arrivo, aspettando le premiazioni alle spalle del podio
Dopo l’arrivo, aspettando le premiazioni alle spalle del podio
Che cosa significa correre per la Deceuninck-Quick Step?

Un sogno. Hanno fatto crescere fiori di corridori negli ultimi anni. Anche io sono arrivato qui a 23 anni. Il mio contratto scade, ma non è un problema. Spero che potremo sederci presto per parlare del mio futuro.

Si è sempre parlato di Alaphilippe, Van der Poel e Van Aert, ma tu avevi vinto ad Harelbeke, perché non inserirti tra i favoriti?

E’ naturale che si parli di quei tre, perché sono i migliori al mondo. Hanno vinto tanto, lavorano davvero sodo e meritano tanta attenzione. Oggi sono riuscito a batterli, ma sono ancora di più le volte che loro hanno battuto me.

Deceuninck compatta, genesi di un trionfo

04.04.2021
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«I direttori sportivi ci guidano perfettamente». Con queste parole Davide Ballerini questa mattina ci aveva congedato alla partenza del Giro delle Fiandre. E a quanto pare le sue dichiarazioni hanno trovato un immediato riscontro nella realtà. Come quasi sempre accade nelle classiche del Nord, infatti, la Deceuninck – Quick Step ha dominato la gara.

La bici di Asgreen in corrispondenza del sedile del meccanico, davanti quella di Alaphilippe
La bici di Asgreen in corrispondenza del sedile del meccanico, davanti quella di Alaphilippe

Quella bici sull’ammiraglia

Gli uomini di Patrick Levefere nel finale erano i più numerosi. Sono stati loro a oltre 80 chilometri dall’arrivo a dare un primo scossone. E anche in questa fase sono stati quasi dei geni della tattica. Infatti a smuovere le acque è stato proprio Kasper Asgreen, colui che poi ha vinto la gara. Con quella sua azione da lontano tutti hanno pensato che il danese corresse in appoggio ad Alaphilippe. Invece già al mattino in casa Deceuninck si sapeva che il capitano era proprio lui.
E a darci la conferma è anche un dettaglio che siamo andati a cercarci dopo l’arrivo. La bicicletta sul tetto dell’ammiraglia, proprio in corrispondenza del sedile posteriore destro, cioè quella a portata di mano del meccanico, era quella di Asgreen. E’ lì infatti che viene messa la bici del capitano. 

E mentre cercavamo questa verifica, i ragazzi sul bus facevano festa: urla stile indiano apache, musica tecno a tutto volume e un continuo viavai intorno al bus.

Il copertoncino Turbo in cotone da 28 mm di Asgreen (la sua pressione, poco più di 5 bar)
Il copertoncino in cotone da 28 mm di Asgreen (la sua pressione, poco più di 5 bar)

Copertoncino vincente

E in effetti si vedeva che il danese ne aveva. La sua espressione nell’affrontare i muri era sempre quella un po’ più rilassata. È anche la facilità con la quale ha chiuso su Van der Poel nell’attacco sul Kwaremont denotava una grandissima condizione. Il campione di Danimarca ha risparmiato moltissime energie. La sua squadra lo ha coperto totalmente per i primi 160 chilometri di gara, prima di quella azione a circa 80 chilometri dall’arrivo sul Molenberg.
Ma forse c’è dell’altro. In Specialized, marchio con cui corre la Deceuninck, non lasciano nulla al caso. I tecnici, in accordo con il team, hanno fatto moltissimi test sul campo. Il brand americano è tra i promotori del copertoncino. E oggi Agreen e i suoi compagni ne hanno utilizzato uno da 28 millimetri in cotone che, stando ai dati della casa, fa guadagnare un qualcosa come 10 watt al di sopra dei 40 chilometri orari per un corridore di 70 chili. Va da sé che per tutte quelle ore di gara e vista la media oraria stabilita, Kasper ha risparmiato davvero un bel po’… E probabilmente la sua freschezza nel finale è derivata anche da questo particolare (che poi particolare non è). Ormai la tecnica nel ciclismo non è più secondaria. Probabilmente è anche il primo “Monumento” per un copertoncino.

Lampaert, stanco ma felice, prende i cioccolatini in omaggio
Lampaert, stanco ma felice, prende i cioccolatini in omaggio

Deceuninck compatta

Ma non solo tecnica e gambe, per vincere certe corse serve anche una grande squadra. E può capitare che il campione del mondo faccia da gregario e lo faccia con entusiasmo, o comunque, senza tenere il muso. L’asso francese rideva mentre sfilava sul traguardo e osservava il maxi schermo che mostrava il replay della volata.

«Quando al mio secondo allungo hanno risposto tutti gli altri e in contropiede è partito Asgreen ho sperato il massimo per lui – ha detto Alaphilippe dopo l’arrivo – Kasper era in mezzo a quei due e non sarebbe stato facile per lui. Ma sapevamo che stava molto bene».

Uno degli ultimi atleti a raggiungere il bus ed aggregarsi alla festa della Deceuninck è il beniamino di casa, Yves Lampaert, al quale regalano anche dei cioccolatini dopo l’arrivo! Lui li mette in tasca e a sua volta li dà ai meccanici prima di salire sul bus.

«Vero, adesso si può dire – ammette Lampaert – Asgreen era il nostro capitano sin dal mattino. Sapevamo che era il più forte, lo ha dimostrato in questa settimana (domenica scorsa aveva vinto ad Harelbeke, ndr). E soprattutto durante la corsa Julien ha detto che non era al top, quindi era normale puntare su di lui. La caduta? Fortunatamente non ha inciso sulla nostra tattica, non abbiamo perso uomini, almeno nella fase che contava. Siamo riusciti a correre compatti come volevamo. E il fatto che Asgreen abbia battuto Van der Poel in volata è un qualcosa di fantastico».

Un po’ però la caduta ha influito, almeno sull’esito degli uomini in gara. Asgreen infatti era rimasto coinvolto. E con lui Ballerini.

«Lo ho aiutato io – dice Davide – a rientrare, ma visto come è andata la corsa, alla fine era veramente l’unico che aveva la forza per battere Van der Poel. Chapeau!».