Soudal-Quick Step, il Nord e lo studio dell’abbigliamento

19.02.2023
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Alvin Nordell risponde da Fonzaso, dalla sede di Castelli, ma lo slang è tutto americano. Dallo scorso anno, Alvin è la figura di raccordo tra l’azienda che produce abbigliamento per la Soudal-Quick Step e il team.  Ed è proprio questo il punto. Che cosa significa lavorare per una squadra che ha nelle classiche il fulcro dell’attività?

«Fortunatamente – sorride Alvin – abbiamo un catalogo piuttosto completo. Quindi lo scorso anno abbiamo iniziato con gli articoli che già avevamo. Abbiamo proposto il nostro body Sanremo, i giubbini Gabba, Perfetto e Gavia e anche la giacca Slicker Pro. Tuttavia, parte del motivo per cui sponsorizziamo le squadre è che ci piace sviluppare costantemente nuovi prodotti. Quindi dopo avergli consegnato il primo kit, li abbiamo incontrati in piccoli gruppi e li abbiamo fatti parlare».

Lo avete già fatto anche nel 2023?

C’è stato un primo giro a Bruxelles a fine stagione, mentre fra un paio di settimane andrò in Belgio e mi vedrò proprio con la squadra delle classiche. Chiederò il loro feedback, per capire se vorrebbero cambiare qualcosa. Il 2022 è stato il nostro primo anno con loro e già quest’inverno abbiamo inserito due nuovi articoli nel nostro catalogo per l’inverno 2023.

Di cosa si tratta?

Due capi che provengono direttamente dai feedback della Soudal. Un nuovo guanto in neoprene, molto più leggero di quello che avevamo prima. Ora c’è molta più libertà di movimento e non fa sudare così tanto, perché è più leggero. E poi il nuovo Arrow, un copriscarpe aerodinamico che tiene gli spruzzi della strada, l’acqua e la pioggia lontani dalle scarpe, anche quelle bianche. Entrambi finiranno nel catalogo del prossimo inverno.

I corridori sono tutti in grado di dare buoni feedback? 

Il migliore è Kasper Asgreen, che è molto bravo. Ma devo dire che ognuno di loro sa dare il suo contributo. Ho ricevuto buoni feedback da Yves Lampaert e anche Remco è fantastico, perché spinge sempre per diventare più veloce. Anche lui ha fatto delle buone domande e ha ricevuto delle buone risposte (ride, ndr). Non possiamo accontentarli su tutto, ma facciamo del nostro meglio. E se la stessa cosa ce la chiedono in due o tre, allora ci guardiamo e diciamo: «Dovremmo provarci».

Per Van Vilder, vincitore in Algarve, dopo l’arrivo una mantellina antivento, di solito la Slicker Pro
Per Van Vilder, vincitore in Algarve, dopo l’arrivo una mantellina antivento, di solito la Slicker Pro
E’ cambiato qualcosa passando da Ineos a Soudal?

Di base il materiale è simile, però Ineos è più concentrata sui grandi Giri. Quindi alcune delle loro richieste erano indirizzate verso questo aspetto, come quando presentammo il body da crono con il tessuto a palline che l’UCI vietò. Dagli sviluppi successivi però nacque il body di adesso che è ancora più veloce. In Soudal invece si concentrano maggiormente sulle classiche, quindi quei due prodotti che abbiamo in arrivo, i guanti e i copriscarpe, sono la risposta alle loro richieste. Ma ovviamente ora hanno Remco che può vincere i grandi Giri, quindi la loro attenzione si sta spostando. In fin dei conti, tutti corrono quando fa caldo e sotto la pioggia, quindi tutti hanno le stesse esigenze.

Hai parlato di piccoli gruppi: fate tante lavorazioni personalizzate?

Su un paio di articoli e per un paio di corridori si fanno misure custom, specialmente sui body da crono, perché quelli sono davvero importanti. Altrimenti, l’unica personalizzazione riguarda la lunghezza dei pantaloncini. Abbiamo la versione standard e poi una speciale più lunga per i corridori, ma scegliendo l’X2 Air copriamo il 90-95 per cento delle taglie.

Qualcosa di particolare per le classiche?

I capi sono quelli, cambia l’assortimento. Ci sono il body Sanremo, che abbiamo da molto tempo, e il BTW che è più sottile e adatto alle velocità elevate. Nelle classiche usano più che altro il BTW, perché non ci sono salite, ma dipende anche dal meteo. E’ tutto un fatto di velocità e quei piccoli guadagni possono salvarti le forze per giocarti meglio lo sprint.

Body con manicotti, la Gabba con i manicotti: ogni corridore della Soudal-Quick Step gestisce le temperature scegliendo i suoi capi
Body con manicotti, la Gabba con i manicotti: ogni corridore della Soudal-Quick Step gestisce le temperature scegliendo i suoi capi
Parlando delle giacche, preferiscono la Gabba a manica lunga o corta?

Per l’allenamento, generalmente usano il giubbino a maniche lunghe. Invece in gara, a meno che il tempo non sia davvero brutto, useranno la Gabba a manica corta, con i manicotti Nano Flex. Questo perché man mano che la corsa va avanti, a seconda del tempo, possono intervenire. Si parte con la Gabba e i manicotti. Poi quando si è già caldi, possono togliersi i manicotti e verso il finale anche la Gabba, in modo da restare con il body e diventare aerodinamici.

E per la biancheria intima?

Dipende da molti fattori. Hanno una bella scelta. C’è una maglia professionale, che è quella blu e che indossano tanto. Poi hanno l’intimo Flanders, la maglia Prosecco e l’intimo Miracolo. In queste corse, la preferenza di solito è di vestirsi a strati, usando i più leggeri sulla pelle e poi sempre più pesanti. Così possono controllare la temperatura mentre si avvicinano al traguardo.

C’è qualcuno di Castelli che li seguirà nei giorni delle classiche?

Tocca a me. Ho un doppio ruolo: uno è il collegamento fra l’azienda e la squadra e poi sono anche Product Marketing Manager. Due ruoli che si incontrano bene quando ci sediamo con la squadra e loro propongono un prodotto. Sono il primo filtro. Quindi fra un paio di settimane sarò alla Strade Bianche. A metà marzo sarò con il team per fare alcune prove al Nord. Potrò vedere davvero cosa indossano in corsa e se hanno qualche richiesta. E poi ad aprile dovrei essere al Giro delle Fiandre. Nelle prossime 6 settimane sarò con la squadra per almeno 10 giorni.

Fate parte del team, ormai?

Ci conoscono, quindi possiamo entrare e uscire come riteniamo necessario. Di sicuro cerchiamo di passare più tempo possibile con loro. Per questo andrò poi in ritiro con il gruppo Giro e la stessa cosa farò prima del Tour.

E tu da dove vieni?

Dagli Stati Uniti e sono in Castelli dal 2012. Prima lavoravo presso Castelli USA, sempre a contatto con i team, poi seguendo alcuni progetti speciali. Ho ripreso questo lavoro a marzo scorso proprio con la Soudal-Quick Step e mi sono subito schiantato con la bici durante un’uscita all’ora di pranzo, restando per un po’ in ospedale. Ho iniziato a correre negli anni del liceo e mi sono fatto strada scalando le classifiche negli Stati Uniti. Poi ho trascorso una stagione in Belgio e un altro anno e mezzo correndo in Austria, Ungheria e in quella zona.

Un corridore vero?

Ho molti chilometri nelle gambe, ho iniziato a correre quando alcuni dei ragazzi del team non erano ancora nati. Quindi sono cresciuto con vestiti orribili per andare in bicicletta, prima che tutto diventasse davvero tecnico. Ho sofferto il caldo e il freddo più di quello che capita a loro.

Vivi in Italia?

Esatto, a Bassano del Grappa con la mia famiglia. Un buon posto dove vivere. Peccato solo che il mio italiano sia ancora messo piuttosto male…

Con Ballan, segreti e aneddoti delle Classiche del Nord

01.02.2023
7 min
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Al Centro Canottieri Olona c’è una saletta privata che Garmin ha utilizzato come ritrovo per i giornalisti e gli invitati all’evento di cui vi abbiamo raccontato. All’interno di questa saletta, seduto su un divanetto, c’è Alessandro Ballan. La discussione parte dai rulli che andremo a provare e il campione del mondo di Varese 2008 racconta l’evoluzione di questi sistemi. 

«Quando correvo io le Classiche del Nord – racconta Ballan – gli smart trainer non esistevano e ci si doveva allenare in ogni condizione atmosferica. Mi ero fatto fare artigianalmente dei rulli classici ma facevo una mezz’ora o quaranta minuti al massimo, senza lavori specifici. Avevo anche un “ciclomulino” con il quale riuscivo a fare potenziamento e qualche lavoro, ma mi mancava il controllo dei dati».

Con l’avvento dei nuovi sistemi di allenamento cambierà anche il metodo di preparazione alle Classiche del Nord
Con l’avvento dei nuovi sistemi di allenamento cambierà anche il metodo di preparazione alle Classiche del Nord

Le prime esperienze

Nell’intervista fatta con Filippo Ganna era emerso il tema dell’esperienza nelle Classiche del Nord. Approfittando della presenza di Ballan, affrontiamo il discorso anche con lui. Alessandro racconta proprio di quanto le sue esperienze lo abbiano aiutato ad emergere. 

«In questo genere di corse – dice Ballan – ce ne vuole proprio tanta di esperienza: conoscere i percorsi ed i punti cruciali è fondamentale. Sapere dove avverrà la selezione o il tratto nel quale un corridore potrebbe scattare. Se in quei frangenti ti fai trovare in trentesima posizione, non sei tagliato fuori, ma sprechi un casino di energie.

«Errori così li ho pagati tanto in tutte le gare del Nord, ma soprattutto alla Roubaix. Per me quella è stata una corsa sfortunata. Nelle prime tre edizioni che ho disputato sono caduto ben sei volte. All’inizio l’ho odiata, non mi piaceva, ma quando è arrivato il primo terzo posto (nel 2006, ndr) ho capito che poteva essere per me. Purtroppo ho avuto degli episodi durante la mia carriera che mi hanno impedito di correrla con continuità e non sono mai riuscito a trovare il ritmo. E’ vero anche che nel corso delle ultime stagioni abbiamo avuto delle “mosche bianche” come Colbrelli che alla prima edizione è riuscito a vincerla. Io questo non me lo spiego – dice con una risata – se guardo a quel risultato mi dico che è impossibile».

La vittoria all’esordio alla Roubaix di Colbrelli ha stupito in positivo Ballan
La vittoria all’esordio alla Roubaix di Colbrelli ha stupito in positivo Ballan

Tanti fenomeni

I fenomeni, o comunque grandi campioni, che hanno ottenuto risultati importanti alla prima partecipazione nelle Classiche del Nord, esistono. Basti pensare a Pogacar, lo sloveno l’anno scorso ha fatto il diavolo a quattro e per poco non vinceva il Giro delle Fiandre.

«Sono corridori, in particolare Sonny – parla Ballan – che arrivano con una grande condizione. Anche se, devo essere sincero, se fossi arrivato alla mia prima Roubaix con la condizione di Varese 2008 non avrei mai pensato di poter vincere.

«Sono gare che necessitano di conoscenza del percorso e di fortuna. Perché non è solo un punto ma sono tanti, devi essere sempre concentrato. Fare le gare prima ti aiuta a conoscere il percorso. Il Fiandre  va a riprendere i percorsi dell’ E3 Harelbeke, di De Panne, di Waregem (ora Dwars Door Vlaanderen, ndr). Si prendono i muri da altri lati ma fare quelle gare aiuta molto. Aiuta a conoscere gli avversari, a capire chi sta bene. Puoi studiarli».

I punti di riferimento

Quando le strade sulle quali corri sono larghe due metri e una curva fatta dalla parte sbagliata ti potrebbe tagliare fuori dalla lotta per la vittoria, allora devi trovare dei punti di riferimento.

«Quelli sono importantissimi – precisa l’ex campione del mondo – sapere dove sei aiuta. Sul manubrio hai la lista dei muri e quando leggi un nome hai un riferimento. Per esempio sai che alla fine di quel muro ci sarà la stazione del treno».

«Le differenze tra Fiandre e Roubaix non sono poi così ampie. Dovete pensare ai tratti di pavé della Roubaix come a dei muri. Arrivi lanciato, cali di velocità ed esci dal settore che vai davvero piano. Se sei bravo riesci a “galleggiare” sulle pietre e a non perdere velocità.

«I tratti più difficili della Roubaix sono la Foresta di Arenberg e il Carrefour de l’Arbre. La foresta è dritta ma sale, anche solo dell’uno o due per cento ma si sente e lì per non “piantarti” devi essere forte. Il secondo, invece, ha delle curve che sono micidiali. E per non cadere devi saper guidare la bici benissimo».

L’occhio attento di Lefevere è in grado di capire quali atleti che possono vincere la Roubaix da come affrontano il pavé (foto Sigrid Eggers)
L’occhio attento di Lefevere è in grado di capire quali atleti che possono vincere la Roubaix da come affrontano il pavé (foto Sigrid Eggers)

Il regno dei belgi

Le Fiandre sono il regno dei corridori belgi. Loro che nascono e crescono su queste strade ne hanno una conoscenza ineguagliabile. E’ difficile competere con corridori del genere, soprattutto se mettono in campo anche l’astuzia.

«Sull’Oude Kwaremont – spiega ancora Alessandro – i corridori della Lotto e della Quick Step mettevano in atto il loro piano. Ai piedi del muro le indicazioni che i corridori hanno alla radiolina sono uguali per tutti: stare davanti. Così ti trovi duecento corridori che fanno la volata per arrivare davanti alla curva prima del muro. Poi normalmente i cinque o sei corridori davanti abbassavano la velocità (quelli della Lotto e della Quick Step, ndr) e una volta che si saliva sul pavé rallentavano ancora di più. Quando gli ultimi mettevano giù il piede per la velocità troppo bassa partivano a tutta, così dietro erano costretti a fare uno sforzo disumano per stare al passo». 

Ballan ha vinto il Giro delle Fiandre nel 2007, battendo Hoste in una volata a due
Ballan ha vinto il Giro delle Fiandre nel 2007, battendo Hoste in una volata a due

La capacità di guida

Questo particolare, che proprio di particolare non si tratta, non va sottovalutato. La capacità di guidare la bici è fondamentale per emergere dai tratti difficili e dalle situazioni che si vengono a creare

«Mi viene in mente Dario Pieri – dice Ballan – lui aveva una capacità di guidare sul pavé incredibile. Come lui ne ho visti pochi: Franco Ballerini, Tafi, Museeuw, Boonen. Sono corridori che riuscivano a galleggiare.

«C’è un’aneddoto su Lefevere, ai tempi di quando correvo io. Ad ogni Roubaix si metteva sul terzo tratto di pavé e guardava i primi quaranta corridori uscire. A seconda del movimento delle spalle e delle braccia riusciva a capire quali erano corridori che stavano bene e che fossero in grado di fare la differenza nel finale. Questo per far capire che è uno stile».

«Un altro dettaglio: ho sempre visto che chi arriva da altre discipline, che sia pista, BMX, ciclocross o mtb, ha un’altra capacità di guidare la bici. Quando c’è una caduta riescono a gestire la bici in maniera diversa rispetto a chi, come il sottoscritto, ha solo corso su strada. Hanno coraggio ed una dimestichezza diversa, Van Der Poel e Van Aert sono un esempio».

Ballan Varese 2008
L’anno successivo a Varese vinse il mondiale, è l’ultimo italiano ad aver indossato la maglia iridata
Ballan Varese 2008
L’anno successivo a Varese vinse il mondiale, è l’ultimo italiano ad aver indossato la maglia iridata

Quanto conta la mente

In corse del genere la testa fa tanto la differenza, la mente gioca un ruolo chiave tra la vittoria e la sconfitta. 

«E’ vero – afferma Ballan – quando alle prime partecipazioni prendi le batoste non devi arrenderti. Questa è già una prima selezione, ci sono corridori che dopo la prima Roubaix o il primo Fiandre, gettano la spugna. Io ho fatto l’ultima parte della mia carriera coinvolto nell’indagine (Lampre, ndr) che mi ha tenuto in ballo per sei anni. Da dopo Varese mentalmente parlando non ero libero, il mio pensiero era costantemente occupato da tribunale, avvocato… Non ho potuto fare gli ultimi anni della mia carriera come avrei voluto, Ballan c’era ma non era a posto con la testa».

«Dopo essere stato assolto, feci una dichiarazione nella quale dissi: “Mi basterebbe avere indietro le ore di sonno che ho perso in questi sei anni”. Io capisco Pantani, perché mi sono trovato nella stessa situazione. Per fortuna ero già sposato, avevo le bambine e dei punti fissi sui quali andare avanti. Se in quel momento avessi trovato una qualsiasi cosa che non mi avesse fatto pensare ai miei problemi l’avrei presa. La mia famiglia mi ha salvato».

Quanto si sta comodi nel salotto di Lefevere…

18.01.2023
3 min
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«Se io fossi un corridore da classiche – dice Tafi – vorrei correre là. La squadra di Patrick Lefevere è un riferimento. Magari non è la Jumbo Visma con tutti quei soldi. Però per le classiche e i velocisti sono i numeri uno. Cavendish è andato via, ma è dovuto tornarci per essere di nuovo protagonista».

La squadra ideale

Si diceva l’altro giorno, scrivendo il pezzo sui consigli di Tafi a Ballerini per la Roubaix, di come il discorso avesse preso il largo, andando a esplorare perché il canturino avrà vantaggi dal correre in un simile squadrone. Andrea con Lefevere ha corso, quando il manager belga era a sua volta alla Mapei e con lui ha centrato proprio la Roubaix.

«Nel suo gruppo – spiega – ci sono persone che danno la giusta motivazione. Se arrivi là che sei un buon corridore, sono capaci di aumentare le tue potenzialità. Sarebbe nuovamente la mia squadra, come fu a suo tempo. Se fossi ancora un corridore per quel tipo di corse, le classiche, starei lì anche a costo di guadagnare un po’ meno. Puoi andartene per monetizzare, ma il rischio di sparire è troppo alto. Meglio avere attorno la squadra con cui essere protagonista».

Roubaix 1999, vince Tafi. Ai suoi lati, Peeters e Steels, ancora oggi colonne portanti del team di Lefevere
Roubaix 1999, vince Tafi. Ai suoi lati, Peeters e Steels, ancora oggi colonne portanti del team di Lefevere

L’occhio ai Giri

Con Lefevere ammette di sentirsi spesso. Tafi continua a frequentare i luoghi del Nord e quando si fa parte della cerchia di quei campioni, anche dopo anni ci si sente sempre parte della famiglia. Si gode di un riconoscimento speciale. Quello della gente che ti ferma per un autografo, quello dell’ambiente.

«E’ vero – ammette – con Patrick ci sentiamo spesso e mi diceva che adesso sta spostando l’asticella anche verso le corse a tappe. Se hai un Evenepoel così, non puoi fare diversamente. E di recente mi ha detto che se avesse il budget delle squadre più blasonate, riuscirebbe a comandare anche nei Giri. E’ un motivatore, sa come fare la squadra. Ogni strategia che mettono in atto è certamente per trarne vantaggio anche sul piano commerciale, ma anche per creare l’amalgama giusta. E a questi livelli la motivazione fa la vera differenza».

Quarta tappa del California 2007, vinta da Bettini per tanto così allo sprint su Gerald Ciolek
Quarta tappa del California 2007, vinta da Bettini per tanto così allo sprint su Gerald Ciolek

Amico di tutti

«E poi avete fatto caso a una cosa?». Tafi rilancia e la curiosità ci coglie: a cosa avremmo dovuto fare caso?

«Nonostante sia uno dei manager di maggior prestigio -risponde con l’arguzia toscana – Patrick riesce ad essere amico di tutti. Non se la tira, ha sempre una battuta per chiunque. Conosce tutti e si ricorda di tutti. A distanza di tanti anni, ha un carisma incredibile. “Sono il manager – dice spesso – ma so anche stare con la squadra”. Si è circondato di persone fatte a sua immagine e trasmette loro la sua personalità. In questo modo la squadra ha sempre l’ambiente giusto».

Però Madouas…. Sfiora il Fiandre e pensa alla Liegi

06.04.2022
4 min
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Sono davvero pochi i ciclisti in grado oggi di essere davvero competitivi sia nelle Fiandre che nelle Ardenne. Okay, togliamo gli extra big come Pogacar e Alaphilippe, ma un vecchio Gilbert o un Bartoli oggi si contano sulle dita di una mano. Uno di loro è Valentin Madouas, “incredibilmente” terzo al Giro delle Fiandre domenica scorsa.

Incredibilmente, come avrete notato, tra virgolette. E sì, perché il quasi ingegnere della Groupama-Fdj in fin dei conti era reduce da un più che buono inizio di stagione. Aveva conquistato la maglia a pois nella Parigi-Nizza e sappiamo quale fosse il livello, e aveva aperto la sua campagna del nord con delle buone prestazioni proprio nelle Fiandre: 7° ad Harelbeke e 11° a Waregem.

Nel dopo gara l’abbraccio con Kung (a destra), primo leader in partenza ad Anversa (foto Twitter – Equipe Groupama-Fdj)
Nel dopo gara l’abbraccio con Kung (a destra), primo leader in partenza ad Anversa (foto Twitter – Equipe Groupama-Fdj)

Alti livelli

E poi la “ciliegiona” di domenica scorsa, il podio alla Ronde.

«Avevamo lavorato molto bene sul briefing – ha detto il francese dopo la corsa – Insieme con tutta la squadra abbiamo fatto la gara di cui avevamo bisogno. Purtroppo mi sono mancate un po’ di gambe all’ultimo passaggio sul Vecchio Kwaremont per seguire i due davanti. Ma si tratta davvero di dettagli, di poca cosa».

Poca cosa che però ha fatto la differenza quando hanno aperto il gas. Okay, poi il buco è stato richiuso in quanto VdP e Pogacar si sono fermati. In ogni caso per il classe 1996 questo podio così prestigioso è davvero un segnale importante, per la stagione e per la carriera. Dà fiducia.

«Ho fatto un po’ troppa fatica durante la giornata, ma tornerò per cercare di fare meglio. Però ho fatto un bel passo in avanti quest’anno», come a dire che per certe corse gli serve ancora un po’, un bel po’ di esperienza. Eppure non era al debutto, era la sua terza Ronde.

Lo sprint di Oudenaarde: arrivando da dietro inizialmente Madouas (al centro) e Van Baarle erano più veloci di Vdp e Pogacar
Lo sprint di Oudenaarde: arrivando da dietro inizialmente Madouas (al centro) e Van Baarle erano più veloci di Vdp e Pogacar

Lo sprint

Una delle cose più belle di domenica è stato ascoltare il racconto dello sprint dal suo punto di vista.

«Ci siamo avvicinati velocemente – chissà dalla radio cosa gli dicevano – ma avevo i crampi e le gambe mi “ballavano”. Non ce la facevo a stare bene in piedi.

«Ho fatto il mio sprint (lungo, ma non poteva fare diversamente, ndr) e quando li abbiamo agganciati con la velocità che avevo ad un certo punto ci ho creduto davvero. Ma le gambe hanno parlato e mi hanno detto di sedermi. È stato magnifico salire sul podio di un Monumento».

Madouas ha fatto un’ottima corsa. Anche se dice di aver speso un po’ più del previsto a risalire, a mantenere le posizioni, tutto sommato è rimasto ben coperto fino a quando non è scoppiata la corsa. E quel piccolo anticipo sullo scatto dello sloveno è stato provvidenziale.

«Quando eravamo in quattro ero concentrato, pensavo solo a seguire le ruote, soprattutto quelle di Pogacar. Per me lui era un gradino sopra. Fisicamente è davvero molto forte. Per colmare il gap coi migliori non manca poi tanto. E’ stato uno dei miei migliori giorni in bici, anche se non ho vinto».

Valentin sapeva bene che ad attaccare sarebbe stato lo sloveno. E sapeva anche che tenerlo non sarebbe stato facile. La sua intelligenza è stata quella di non seguirlo fino allo sfinimento. E infatti, poi quando si sono staccati, sembrava averne un po’ di più di Van Baarle.

Il bretone quest’anno ha conquistato la maglia a pois di miglior scalatore alla Parigi-Nizza
Il bretone quest’anno ha conquistato la maglia a pois di miglior scalatore alla Parigi-Nizza

Ardenne e…

Accolto dal team in maniera trionfante, Madouas è stato assalito anche dalla stampa francese, che orfana di Alaphilippe non sperava tanto. Forse si aspettavano qualcosa di più da Turgis.

E proprio perché c’erano tanti francesi, gli hanno chiesto della sua presenza alla Parigi-Roubaix, anche se in teoria Madouas sarebbe più da Ardenne, in fin dei conti è già arrivato ottavo in un’Amstel. Senza contare che risultati come il 13° posto al Giro d’Italia del 2019 e la recente maglia a pois alla Parigi-Nizza lo farebbero protendere per i percorsi valloni.

«La Parigi-Roubaix – ha risposto loro Madouas – non è nel mio programma, ma mi piacerebbe farla, anche solo per scoprire la gara. L’ho corsa sia da juniores che da under 23 e poi potrebbe essere interessante farla anche in vista della tappa sul pavè del Tour de France, dove posso aiutare la squadra. 

«Vedremo… Prima c’è l’Amstel Gold Race. Io comunque corro fino alla Liegi».

Zanini come si costruisce il feeling con le pietre?

24.03.2022
4 min
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Intercettiamo Stefano Zanini, diesse dell’Astana Qazaqstan, la sera della Brugge-De Panne. Sono le 19, la gara è finita da un paio d’ore e in sottofondo si sente il vociare dei corridori che pian piano diminuisce. Da corridore questa corsa l’ha disputata parecchie volte, quando ancora si chiamava Tre giorni di La Panne. E’ riuscito a portarsi a casa anche due vittorie di tappa: nel 1998 e nel 2002.  

La domanda da cui partiamo è un po’ figlia del periodo della stagione ciclistica ed un po’ delle scelte dei corridori. Jonathan Milan, che ha corso a De Panne in maglia Bahrain Victorious, ci ha raccontato che rimarrà al Nord per due settimane, in cerca del feeling con il pavé e i percorsi di gara.

Stefano Zanini
La grande esperienza accumulata da Zanini sulle pietre del Nord è molto utile al team Astana
Stefano Zanini
La grande esperienza accumulata da Zanini sulle pietre del Nord è molto utile al team Astana
Stefano, quanto è importante pedalare ed allenarsi su quelle strade in vista delle classiche?

Partiamo dal presupposto che fare questo tipo di corse, e di conseguenza questo tipo di preparazione, ti deve piacere. Ma tanto! Devi proprio dire «Oh! Finalmente parto per il Belgio». Altrimenti le pietre ti mangiano. 

Una volta trovata la voglia cosa bisogna fare?

Diciamo che più che allenarsi devi correre, anche perché per allenarsi di tempo non ce n’è. Solitamente si corre tre volte nell’arco di una settimana: domenica, mercoledì ed ancora domenica. Tra una gara e l’altra si deve recuperare bene…

Fra gli uomini Astana più attesi al Nord c’è Gianni Moscon
Fra gli uomini Astana più attesi al Nord c’è Gianni Moscon
Allora a cosa serve venire da queste parti?

E’ utile perché, come detto, sono gare ravvicinate e quindi serve riprendere la mano sul pavé. Devi ricordarti cos’è il mal di schiena, il mal di gambe, di braccia… I belgi ci nascono su queste strade, per gli altri la fatica è doppia.

Abbiamo visto come alla Strade Bianche i corridori facessero delle ricognizioni lente e minuziose per trovare il materiale giusto da usare in gara, anche al Nord è così?

Assolutamente, si fanno delle sgambate, per non dire passeggiate, e si prova ogni dettaglio: la pressione dei copertoni, la sezione dei tubolari, il profilo delle ruote (in apertura la ricognizione dell’Astana alla Roubaix 2021, foto Facebook del team). Attenzione, perché possono cambiare da una corsa all’altra, i pavé non sono tutti uguali. Quando correvo io non c’erano tutte queste scelte, si faceva la sgambata per fare gruppo e per non stare completamente fermi. Volete sapere un’altra differenza rispetto al passato?

La stessa ricognizione che si fa per le classiche la si fa anche in vista delle Strade Bianche (foto Facebook Astana)
La stessa ricognizione che si fa per le classiche la si fa anche in vista delle Strade Bianche (foto Facebook Astana)
Dicci!

Quando ero corridore tra il Fiandre e la Roubaix alcuni corridori tra cui il sottoscritto andavano a fare il Giro dei Paesi Baschi. Era utile per mantenere il ritmo di gara alto. A me serviva anche perché mi piaceva mangiare e rischiavo di arrivare alla Roubaix ingrassato, allora correvo, almeno smaltivo (dice Stefano facendosi una gran risata, ndr).

Quindi è anche un discorso mentale, di feeling con questo territorio?

E’ anche una questione di feeling ma una cosa è certa, se vieni a correre qui devi essere al 100 per cento. Una volta le gare servivano per trovare la gamba giusta, ora devi arrivare pronto. Come si diceva una volta: «Il corridore si costruisce d’inverno» e questo è ancor più vero oggi.

Quando correva Stefano, qui in maglia Gewiss, i corridori non avevano tutte le scelte tecniche che ci sono ora
Quando correva Stefano, qui in maglia Gewiss, i corridori non avevano tutte le scelte tecniche che ci sono ora
Quanto lontano bisogna partire per costruire una grande campagna del Nord?

Per le classiche è importante correre molto, per farlo si inizia già dall’Australia, anche se ora con il Covid non si può più. Successivamente si può fare un periodo in altura, scendere e correre la Tirreno-Adriatico o la Parigi-Nizza. E’ fondamentale fare una di queste due gare per avere un’ottima preparazione. Ora il periodo invernale è ancor più importante, un grande volume di allenamento ti fa arrivare alle corse pronto.

Chi ha come primo obiettivo stagionale queste classiche viene a correre qui già a febbraio.

Quello è un primo step importante, con quelle prime gare ritrovi le sensazioni e capisci anche il tuo livello di condizione. Però è un periodo breve, una vera e propria toccata e fuga, fai appena in tempo a ricordarti come si corre sul pavé che sei già sull’aereo del ritorno.

Le mie classiche. Trentin già aspetta Sanremo e Fiandre

17.02.2022
5 min
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Matteo Trentin è nel vivo della stagione. Lui più di altri, perché i suoi grandi obiettivi sono concentrati nella primavera e in particolare nella prima parte. Il corridore del UAE Team Emirates è uno degli italiani sui quali sono investite più responsabilità e attese da parte dei tifosi e… non solo, chiaramente. 

Ormai è un veterano del circus, aggettivo che gli possiamo affibbiare non tanto per l’età (ha 32 anni), ma per l’esperienza e il carisma di cui gode in gruppo.

Matteo Trentin (classe 1989) è alla sua 12ª stagione da pro’
Matteo Trentin (classe 1989) è alla sua 12ª stagione da pro’
Matteo sei nel clou della tua prima parte di stagione, come vivi questo periodo di avvicinamento a questi grandi obiettivi?

Ormai ci sono abituato e a livello di testa non mi agito più. Invece da un punto di vista fisico devo dire che la gamba per ora risponde abbastanza bene. Anche oggi (ieri per chi legge: Matteo è in gara alla Ruda del Sol, ndr) è andata bene, nonostante il percorso non fosse proprio per me. Diciamo solo che ci manca una “vittorietta” per il morale e per dire a me stesso che sono sulla buona strada.

I tre “monumenti” in vista per te sono Sanremo, Fiandre e Roubaix. Qual è quello che senti di più?

Quello che vivo più da vicino è la Sanremo. Sarà che abitando a Montercarlo quasi tutti i giorni si percorre il finale della Classicissima. Ormai quelle strade è come fossero le strade di casa. Poi certo, un Fiandre… è un Fiandre. La Ronde, specie con il pubblico, è una gran cosa. Ci sono davvero poche gare così. Le sensazioni che puoi avere quando passi sul Kwaremont pieno di gente sono da fuori di testa. E noi non ci siamo abituati. Non siamo in uno stadio in cui il pubblico urla tutto il tempo. Tutto ciò non succede spesso nel ciclismo.

La Sanremo la senti di più: come vivi l’approccio, la vigilia?

Tranquillissimo. Ormai la situazione è collaudata. Il mercoledì, quasi per tradizione, andiamo (a Montecarlo vivono molti pro’ che spesso escono insieme, ndr) a provare il finale… come se servisse a qualcosa! Sono circa quattro ore di uscita. Andiamo fin oltre la Cipressa e torniamo indietro. Il giovedì si parte per Milano, il venerdì la sgambata e il sabato la corsa.

Trentin all’attacco in fondo alla discesa del Poggio nella Sanremo del 2019
Trentin all’attacco in fondo alla discesa del Poggio nella Sanremo del 2019
Qual è “il tuo momento” della Sanremo?

Ah, bella domanda! Cambia sempre. Oggi la Cipressa è più “usata” per fare la corsa dura dalle squadre che hanno questo interesse. Ma poi dal Poggio in avanti ogni momento può essere quello buono. Soprattutto dal falsopiano: può andare via un gruppetto, un corridore che azzarda. Si può aspettare la volata o partire in fondo alla discesa… E oggi è sempre più difficile perché tutti vanno forte e le possibilità sono le stesse per molti più corridori.

Passiamo ad aspetti un po’ più tecnici, Matteo. Siamo a metà febbraio e hai già otto giorni di corsa. Non sono pochi…

In passato ne ho avuti anche di più. Quando c’era il Down Under arrivavo a fine febbraio che ne avevo anche 20. Però è anche vero che col passare degli anni si va sempre più forte e per trovare la condizione bisogna fare il giusto, altrimenti si rischia di fare troppo. Le corse vanno dosate.

Sul piano della preparazione hai cambiato qualcosa?

Io cerco sempre di fare qualcosa di diverso. L’anno scorso ho lavorato molto sugli intervalli brevi, quest’anno ho fatto delle ripetute più lunghe. Tra novembre e i primi di dicembre ho fatto parecchia mountain bike e poi mi sono fatto i miei bei dieci giorni di sci di fondo. E devo dire quest’anno è andata molto meglio dell’anno scorso perché la neve era migliore. Essendo nevicato meno, era più compatta e ho potuto svolgere un lavoro molto produttivo. Successivamente in ritiro e in quel periodo ho fatto molto volume e man mano che sono arrivate le prime gare ho fatto lavori più “corti”. Da adesso in poi solo gare, niente altura, è così che voglio trovare il massimo della condizione.

Il tifo sul Kwaremont al Giro delle Fiandre: un’emozione anche per i corridori
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Quali farai?

Adesso sto correndo alla Ruta del Sol, poi farò l’apertura in Belgio e arriverò alla Sanremo dalla Parigi-Nizza, quindi di nuovo Belgio.

E la palestra? In tanti hanno aumentato molto il lavoro “a secco”…

Io quella l’ho sempre fatta. Diciamo che sono tornato ai livelli pre-Covid, con un lavoro ben strutturato, cosa che stando a casa non si poteva fare. Ho lavorato sia sulle gambe e che sulla parte alta.

Invece sul piano tecnico, hai fatto dei cambiamenti?

No, sono cambiate solo le gomme. Siamo passati da Vittoria a Pirelli. Siamo ancora in una fase di test e di prove. Io per ora sto utilizzando dei tubeless da 25 millimetri e devo dire che le sensazioni sono buone. Non saprei dire cosa nello specifico, ma parlo del feeling di guida in generale.

Il trentino non è mai stato troppo fortunato alla Roubaix, anche l’anno scorso l’ha corsa con i postumi della caduta al mondiale (foto Instagram)
Il trentino non è mai stato troppo fortunato alla Roubaix, anche l’anno scorso l’ha corsa con i postumi della caduta al mondiale (foto Instagram)
Facciamo un passo indietro, Matteo, non ci hai parlato della Roubaix: come mai?

Perché tra tutte le classiche la Roubaix è quella che mi è sempre rimasta un po’ indigesta. Anche per questo è quella sulla quale sono meno focalizzato. Penso più all’Amstel Gold Race e sì che l’ho fatta solo tre volte. La prima neanche dovevo farla e ho bucato a mezzo giro dalla fine. Una volta mi hanno ripreso a quattro chilometri dall’arrivo, forse anche tre. 

Questa non ce l’aspettavamo. E’ anche vero che l’Amstel è particolare: è stata vinta da pseudo-velocisti, ma anche da corridori più “scalatori”…

Mi si addice abbastanza, non è una Liegi e neanche una Roubaix, ma devi saper limare, stare davanti, andare forte in salita, ma al tempo stesso essere veloce.

Classiche e Matteo Trentin: senti il “peso”, la responsabilità di essere uno dei pochissimi italiani a poter fare bene?

No, non ci penso. Penso solo a fare bene. E poi alla fine della fiera parlano i risultati.

In queste sfide c’è un compagno che hai o che vorresti avere sempre al tuo fianco?

Essendo il UAE Team Emirates un grande team, con un programma ampio c’è sempre una grande rotazione di atleti. Questo discorso riguarda più i velocisti con il loro treno. Noi dobbiamo essere bravi ad adattarci alle situazioni e ad integrarci.

Giovani italiani, ecco com’è andato l’esame del Nord

26.04.2021
4 min
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Il periodo delle classiche del Nord è un po’ l’università del ciclismo, prima o poi bisogna passarci se si vuole avere una carriera importante. Come l’università, anche in quest’ambito ci sono esami fondamentali (le prove Monumento) e altri di minor spessore, ma comunque di valore. Le parole di Battistella ci hanno indotto a ripercorrere queste ultime settimane per capire quanti sono stati gli italiani under 25 che hanno affrontato la campagna del Nord e con quali risultati.

Considerando che non abbiamo squadre nel WorldTour, che le nostre professional hanno avuto accesso solo a qualche gara di minor livello e che i nostri giovani sono sparsi per i vari team, il loro numero complessivo è stato alto, ben 23 atleti sparsi per le varie gare. Un approccio difficile per quasi tutti, si sono contati ben 32 ritiri, ma bisogna stare attenti con i numeri, nel ciclismo bisogna dar loro il giusto peso.

Al Nord come studenti

Molti di questi ragazzi sono stati mandati in Belgio per fare esperienza, lavorando in funzione dei vari capitani. Qualcuno forse non avrà mai la libertà per agire in prima persona e vincere su quelle strade resterà un sogno. Altri invece avevano tra i vari compiti anche quello di imparare, di capire, di mettere da parte ricordi che torneranno utili, quando saranno chiamati a partire con maggiori ambizioni.

Fiandre Milan 2021
Prima esperienza al Nord per Milan, pochi risultati ma tante lezioni utili per il futuro
Fiandre Milan 2021
Prima esperienza al Nord per Milan, pochi risultati ma tante lezioni utili per il futuro

Un esempio in tal senso può essere Jonathan Milan, che seppur ritirato al Giro delle Fiandre ha detto di essere rimasto molto colpito dal tipo di gara e di volerci tornare vestendo un ruolo diverso. Il talento c’è e le caratteristiche tecniche dicono che il corridore friulano ha tutto per emergere anche su quelle strade, bisogna solo aspettare.

Uno tra i più presenti è stato sicuramente Stefano Oldani. Per lui ben 6 gare, miglior risultato il 25° posto alla Freccia del Brabante e una buona prestazione nell’esame conclusivo, quello più importante, all’Amstel Gold Race chiusa al 41° posto. Può sembrare poco, ma vedendo la sua condotta in gara non è così. E gli stessi responsabili della Lotto Soudal se ne sono accorti, cominciando a considerarlo anche come ben più di un semplice gregario.

Danilith Mozzato 2021
Un podio di pregio per Mozzato a Nokere, qui a destra con Gaudin e il vincitore Robeet
Danilith Mozzato 2021
Un podio di pregio per Mozzato a Nokere, qui con il vincitore Robeet

Bravi Mozzato e Zoccarato

Chi è piaciuto davvero tanto è stato Luca Mozzato: il 23enne della B&B Hotels, squadra professional francese, è stato spesso nel vivo delle corse, non affidandosi solamente al suo spunto in velocità. E se il podio conquistato alla Danilith Nokere Koerse è stato una perla forse anche poco considerata, non è stato certamente un fuoco di paglia considerando anche il 7° posto alla Schelderprijs e il 25° alla Bredene Koksijde Klassic.

Un altro che ha convinto, soprattutto per la sua vitalità in corsa è stato Samuele Zoccarato (Bardiani-Csf), che ha anche provato la soluzione di forza alla Danilith e si è messo in luce in altre occasioni, facendo capire che quel tipo di corse si sposa molto con le sue caratteristiche. Speriamo che gli vengano date altre possibilità, in modo da salire lentamente di grado e trovare spazio anche nelle classiche.

Dainese Uae 2021
Cinque gare in Belgio per Dainese, miglior risultato il 58° posto alla Schelderprijs
Dainese Uae 2021
Cinque gare in Belgio per Dainese, miglior risultato il 58° posto alla Schelderprijs

Conci, ok alla Freccia

Scorrendo i vari ordini di classifica, ci sono stati piazzamenti anche per Moschetti, 19° alla Brugge-De Panne; per Conci (nella foto di apertura con Henao) nel vivo della corsa anche sul terribile Muro di Huy alla Freccia Vallone; per Konychev 24° sempre a De Panne. Hanno assaggiato il Nord anche due talenti sui quali il ciclismo italiano fa molto affidamento come il campione europeo U23 Dainese e l’iridato junior Tiberi. Certo, prima di vederli protagonisti sotto i ponti dovrà passare ancora dell’acqua, ma aspettiamo fiduciosi sulla riva…