Un anno fa raccontavamo del Giro delle Fiandre concluso con il ritiro dell’ammiraglia da parte dell’Astana Qazaqstan. Qualcosa che rimane dentro e che ha ferito l’animo del team e del suo staff. 365 giorni dopo, più o meno, i ragazzi della XDS Astana Team sono tornati sulle pietre di Fiandre e Roubaix per prendersi la rivincita. Il risultato è stata una campagna del pavé vissuta in prima linea e con il coltello tra i denti, guidati in macchina da uno Stefano Zanini che da queste parti ha lasciato un pezzo di cuore e tante emozioni. Lo sentiamo mentre si trova in macchina e ha appena ritirato l’ammiraglia dal tagliando.
«Anche i veicoli – dice Zanini con un sorriso – devono fare un controllo dopo due settimane nelle Classiche del Nord. Per fortuna tutto a posto. Ora torno a casa e mi godo un periodo di riposo prima di ripartire con le gare nel mese di maggio».
L’altra faccia del pavé
Quest’anno la XDS Astana ha un altro spirito, lo si è capito fin dalle prime gare in Spagna e la campagna del Nord ne ha dato conferma. La rincorsa ai punti ha portato tutti a fare un salto a livello mentale e di approccio alle corse. La ciliegina sulla torta è arrivata al Fiandre e alla Roubaix, dove la squadra ha corso da protagonista.
«Abbiamo avuto l’impressione di un cambio di mentalità fin da dicembre – racconta Zanini – l’ambiente dei corridori era diverso. L’arrivo di ragazzi nuovi ha portato qualcosa in più e lo si è visto. C’era tanta motivazione e il riscontro lo abbiamo avuto fin da subito. Nel 2024 le pietre ci erano rimaste indigeste, un anno dopo posso dire che è andata in maniera totalmente diversa e il grazie va a tutti. Anche ragazzi giovani come Romele e Toneatti si sono dimostrati all’altezza della situazione. Da questo punto di vista siamo contenti perché per loro si prospetta un bel futuro. Con il mix di corridori esperti e giovani sono convinto che in futuro potremo fare delle belle cose».
Dicevi della mentalità che è cambiata, ci spieghi meglio?
Mi riferisco all’approccio a questo tipo di gare. Tatticamente la strategia non cambia, negli anni ci troveremo sempre a competere contro i soliti Pogacar, Van der Poel, Pedersen e Van Aert. Però l’atteggiamento dei ragazzi deve essere quello di dire: «Non vedo l’ora che arrivino queste gare». Solo così ti viene la voglia di soffrire e di provarci fino in fondo.
Hai rivisto la corsa?
Lunedì, una volta rientrato a casa. Abbiamo corso bene, fin dai primi tratti eravamo davanti. La Roubaix è una corsa nella quale serve fortuna ma anche tanta calma, tra cadute e forature il gruppo esplode ma poi si ricompatta sempre. Bisogna avere una gran dose di fortuna ma la si deve anche cercare. I momenti difficili vanno gestiti e interpretati. Non si può correre solamente quando tutto va bene.
Chi è rimasto dall’anno scorso, a partire da voi dello staff, ha cercato di instillare questa voglia di rivincita anche nei nuovi arrivati?
Per quanto mi riguarda no. I corridori sanno che queste sono le mie corse preferite, chi viene qui capisce che è un altro modo di vivere il ciclismo. Forse inconsciamente riesco anche a trasmettere questa mia passione. Le Classiche del pavé le senti maggiormente rispetto alle altre, sarà per l’ambiente o altro, ma non c’è bisogno di tante parole. Chi viene a fare queste gare percepisce nell’aria il ciclismo.
I due punti di riferimento quest’anno per il Nord erano Ballerini e Bettiol…
Sì, poi purtroppo Bettiol ha avuto un’infiammazione ai polmoni e ha saltato tutta la campagna del pavé. Ballerini, invece, ha fatto una buona serie di gare con ottimi risultati: sesto alla Gand, decimo al Fiandre. Peccato per la Roubaix dove è stato messo fuorigioco dalla sfortuna e da un incidente con uno spettatore.
La squadra, nonostante l’assenza di quello che poteva essere il leader, non si è disunita. A testimonianza di quanto dicevi sulla mentalità giusta.
E’ stato un modo per capire quanto valgono anche gli altri, da Ballerini a Bol e passando per Teunissen. Quest’ultimo mi ha sorpreso in positivo, ha dimostrato una grande professionalità ed è stato un perfetto capitano in corsa. Perché a volte c’è il capitano che trascina con la sua personalità, altre invece servono corridori come Teunissen. Dotati di carisma e di una grande gestione dei momenti di gara.
Fedorov ha fatto degli ottimi passi in avanti rispetto allo scorso anno.
A mio avviso è fortissimo, ha una forza sovrumana. Deve imparare a correre meglio e leggere le fasi di gara. Alla Roubaix fino alla Foresta di Arenberg è rimasto tra i primi, poi ha speso troppo per rientrare su un gruppetto e da lì è mancato. Sono passi naturali da fare, ha comunque venticinque anni. Non voglio dimenticarmi nemmeno di Gazzoli, è stato una pedina importante e di supporto alla squadra.
La cosa più importante che portate a casa?
Che la stagione non finisce con le Classiche del Nord. Quello che abbiamo fatto fino ad ora è solamente l’inizio e dobbiamo proseguire su questa strada.