Ballan presidente dell’U.C. Giorgione: il progetto tutto femminile

29.03.2024
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L’U.C. Giorgione è la squadra che ha dato il via alla carriera di Alessandro Ballan: la società, la più antica ancora in attività, ha però cambiato pelle. Il team è passato ad avere due formazioni femminili, esordienti e allieve. L’ex campione del mondo ha deciso di rimettersi in gioco, tornare alle origini e diventarne il presidente. 

«Una scelta – spiega Ballan una volta che lo abbiamo raggiunto al telefono – che è nata dopo che il Giorgione era stato in difficoltà per qualche anno. Questa squadra mi ha dato tanto, in primis la passione per il ciclismo. Mi sono sempre sentito in debito verso le persone che hanno lavorato al suo interno, ho voluto così ricambiare gli sforzi e i sacrifici che loro hanno fatto per me. Come? La risposta era davanti ai miei occhi da qualche anno, l’idea di diventarne il presidente non è così nuova».

La presentazione del team U.C Giorgione, due squadre femminili: esordienti e allieve
La presentazione del team U.C Giorgione, due squadre femminili: esordienti e allieve

Insieme ad un amico

Tornare nella società che ha dato il via alla carriera ciclistica è stato un gesto naturale. L’obiettivo però è stato creare una squadra giovanile femminile, composta da uno staff all’altezza e competente.

«Sono voluto tornare nel mondo del ciclismo giovanile – continua Ballan – perché lavorare con loro non è facile, pochi sono in grado di fare una bella attività. Questo ciclismo, quello dei bambini e dei ragazzi, è in difficoltà da anni. Sono morte tante società e non volevo che questa cosa accadesse anche all’U.C. Giorgione. Insieme ad un amico, Enrico Bonsembiante, ci siamo guardati e abbiamo colto al volo la sfida. Scegliere il ciclismo femminile è stata una scelta un po’ indirizzata anche dal fatto che a Castelfranco ci sia già una società giovanile maschile. Invece, all’interno della regione, il ciclismo femminile ha necessità di crescere ed evolversi».

Le allieve hanno esordito al trofeo “Terre Gaie” in provincia di Padova
Le allieve hanno esordito al trofeo “Terre Gaie” in provincia di Padova
Lo staff come si compone?

Ci tengo a precisare che la nostra società vuole mettere le ragazze in bici partendo però dalle basi, da quella che è una scuola di ciclismo. L’idea è di fare un percorso completo nel quale si insegna loro ad andare in strada in sicurezza. L’allenamento e la prestazione arrivano dopo. Per lo staff abbiamo selezionato due figure giovani e competenti, che sono Marco Benfatto e Alice Favarin. Entrambi copriranno il ruolo di diesse.

Una squadra giovane, nello staff e nelle atlete…

Volevamo trovare gente competente con la voglia di mettersi in gioco. Il ciclismo richiede tanti sacrifici ed è difficile avere una vita al di fuori di questo. Sia Benfatto che Favarin potranno gestirsi gli impegni e qualche volta scambiarsi o sostituirsi. Il ciclismo è sempre stato frequentato da gente più anziana, soprattutto negli anni passati, scegliere i giovani permette di avere una visione diversa, improntata al futuro

Avete un calendario sufficiente?

Siamo obbligati dalla Federazione, come tutti, a correre nel Triveneto (Trentino Alto-Adige, Veneto e Friuli Venezia Giuali, ndr). Possiamo uscire solo quando mancano le gare. Per fortuna l’80 per cento dell’attività la svolgeremo vicino casa. Andremo anche a tre prove di Coppa Italia, in Puglia, a Bergamo, una in Veneto. Poi ci saranno i campionati nazionali in Toscana. 

Al “Tre Terre” ha vinto Azzurra Ballan, figlia di Alessandro, dopo una corsa da protagonista
Al “Tre Terre” ha vinto Azzurra Ballan, figlia di Alessandro, dopo una corsa da protagonista
Intanto le gare sono già partite e in cima all’ordine d’arrivo si è letto il cognome Ballan, ma questa volta era tua figlia Azzurra. 

Mi posso considerare felice per la vittoria, perché un successo alla prima gara, dopo un inverno di rincorse per creare il team, dà tanta soddisfazione. Poi mi considero doppiamente felice perché è stata Azzurra a vincere. 

Da padre, vederla vincere cosa ti ha fatto provare?

Una soddisfazione unica, meglio di vincere un mondiale. Da genitore vederla impostare la gara, fare selezione e poi vincere allo sprint mi ha regalato un’emozione che è arrivata dal profondo del cuore. 

Che rapporto avete?

Bello e strano allo stesso tempo. Pedaliamo e parliamo spesso insieme, ma difficilmente mi ascolta e fa quello che dico. Ora ha capito che anche io ne capisco qualcosa di ciclismo (ride, ndr). Qualche volta le dico che se da giovane avessi avuto un padre campione del mondo, avrei vinto molto di più. Lei mi risponde che ho solo avuto due giornate fortunate in carriera, il Fiandre e il mondiale (ride ancora, ndr).

La vittoria di una figlia? Meglio di un mondiale, parola di Alessandro Ballan
La vittoria di una figlia? Meglio di un mondiale, parola di Alessandro Ballan
Come squadra avete già obiettivi futuri?

Vorremo provare ad aggiungere la categoria juniores, sempre femminile. E’ una cosa che semmai arriverà il prossimo anno, ma bisogna capire se riusciamo ad avere la struttura adeguata. Sarebbe importante, perché le società ci sono, vero, ma richiedono spostamenti importanti. Si tratta di fare anche due ore di macchina per allenarsi e farlo tutti i giorni diventa pensante. Le ragazze hanno la scuola e togliere tempo allo studio non fa bene. Vedremo in estate se riusciremo a organizzarci.

Allora ci sentiremo, intanto in bocca al lupo.

Viva il lupo!

Lazzaro-Borgato: 12 domande sul 2024 delle donne

27.01.2024
9 min
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Il Tour Down Under e le tre nuove gare di Mallorca della settimana scorsa sono state l’antipasto di un ciclismo femminile che quest’anno si preannuncia particolarmente appetitoso. Come ci hanno detto sia il cittì Sangalli che Marta Cavalli, sarà la prima stagione del dopo Van Vleuten, una cannibale che condizionava volente o nolente le tattiche della maggior parte delle gare.

Prendendo spunto dal 2023 e buttando uno sguardo a ciò che avverrà nei prossimi mesi, abbiamo coinvolto Ilenia Lazzaro e Giada Borgato ad una dozzina di domande per conoscere le loro opinioni. Le commentatrici rispettivamente di Eurosport e Rai Sport conoscono molto bene il movimento di cui hanno fatto parte e la loro proverbiale eloquenza ha espresso diversi punti di vista e tanti spunti di interesse. Prendete nota, non manca nulla per seguire al meglio le protagoniste del 2024.

Vollering, Kopecky e Wiebes: quarantacinque vittorie in tre nel 2023. Sono loro le donne da battere in gare a tappe, classiche e volate
Vollering, Kopecky e Wiebes: quarantacinque vittorie in tre nel 2023. Sono loro le donne da battere in gare a tappe, classiche e volate
In un ciclismo femminile che cambia velocemente, qual è l’aspetto che ti piace di più e quello di meno?

LAZZARO: «Mi piace che nonostante tutto, è rimasto un ciclismo imprevedibile. Chi avrebbe mai detto che una come Kopecky sarebbe arrivata seconda al Tour? Le gare sono appassionanti e sono belle anche per chi le vede per la prima volta. Poi certo, la maggiore professionalità è un bene per il movimento. Non mi piace invece che stia crescendo troppo in fretta. Ci sono tante corse e non abbastanza atlete, tant’è che in certe gare alcune squadre partono sotto numero a causa di un calendario molto fitto. Se si andrà avanti così si rischiano di perdere tante formazioni continental e il possibile avvento dei ProTeam non è un bene».

BORGATO: «Il lato positivo è che ora tutto è più professionale. Le ragazze hanno una possibilità di diventare grandi campionesse e avere uno stipendio giusto. Mi spaventa invece, e quindi non mi piace, che tutto ciò non possa durare a lungo. Adesso nel WorldTour a livello economico ci sono i rubinetti aperti. Ci sono tante squadre, ma ci sono poche atlete, magari alcune di esse non di alta qualità. Quindi, se non dovessero arrivare i risultati che uno sponsor giustamente chiede per poter rientrare dall’investimento, quanto si andrà avanti in questo modo? Staremo a vedere».

A Giada Borgato piace la maggior professionalità del ciclismo femminile, ma la preoccupa la tenuta economica del sistema
A Giada Borgato piace la maggior professionalità del ciclismo femminile, ma la preoccupa la tenuta economica del sistema
La SD Worx ha dominato il 2023. Quale potrebbe essere la formazione che potrebbe impensierirla con maggior continuità e perché?

LAZZARO: «Io dico due formazioni su tutte. Lidl-Trek che ha fatto una bella campagna acquisti in ottica futura e con atlete multidisciplinari. Inoltre ha atlete rodate. L’altra è la Canyon//Sram per il cambio di mentalità portato da Magnus Backstedt in ammiraglia. Tra l’altro queste tre squadre sono legate a marchi di bici che puntano a strada e fuori strada».

BORGATO: «Per me la squadra più attrezzata per contrastare la corazzata olandese è la Lidl-Trek. A parte le italiane, tutte forti, hanno un bel mix di atlete esperte e giovani che sono competitive in ogni tipologia di corsa. In seconda battuta metto la Fdj-Suez, soprattutto per le gare a tappe, infine la DSM Firmenich-PostNL perché è una formazione giovane e ben assortita».

Capitolo velociste. Oltre a Balsamo, Kool potrebbe essere la vera rivale di Wiebes oppure ci sono altre atlete da tenere in considerazione?

LAZZARO: «Bisogna dire che il ciclismo femminile attuale sta premiando velociste non pure. Anche Kool sta provando a diventare come Wiebes, che a sua volta l’anno scorso ha modificato un po’ le sue caratteristiche. Il nome nuovo per me potrebbe essere quello dell’australiana Wollaston, giovane molto interessante che ha già vinto al Down Under. Discorso a parte invece per Consonni e Martina Fidanza che potrebbero sacrificare un po’ di strada per preparare le Olimpiadi in pista».

BORGATO: «Partendo dal presupposto che bisogna vedere i finali di corsa, Kool è senza dubbio la velocista più pura delle tre e personalmente la vedo come prima rivale di Wiebes, ma Balsamo è un’atleta fantastica che ha dimostrato di batterle spesso. In questa lista però inserisco anche Consonni, che non ha nulla da invidiare a loro tre in volata. Un’altra veloce, in alternativa a Chiara, è la sua compagna Gasparrini. Infine dico anche Norsgaard».

Kool regola Wiebes e Balsamo in volata. Oltre a loro, ci sono tante velociste pronte ad inserirsi nella lotta
Kool regola Wiebes e Balsamo in volata. Oltre a loro, ci sono tante velociste pronte ad inserirsi nella lotta
Capitolo classiche. Su alcuni percorsi Kopecky resta la donna battere. Chi può essere la sua prima antagonista?

LAZZARO: «Anche per Lotte vale il discorso di Parigi, dove punterà a vincere sia su strada che in pista. Detto questo, per me lei potrebbe avere la concorrenza interna alla SD-Worx. Wiebes e Vollering in primis. Tuttavia le avversarie dovranno essere brave a sfruttare questa rivalità e Persico può essere una che può approfittarne».

BORGATO: «Lotte è la numero uno per questo tipo di gare. Bisognerà capire cosa vorranno fare le sue compagne quando c’è anche lei. E penso a Vollering e Reusser, che possono vincere tranquillamente un Fiandre. Anche in questo caso ci sono tante altre atlete che possono dare fastidio a Kopecky. Brand, Deignan, Van Anrooij, Longo Borghini, la stessa Balsamo, Persico o Sierra. Personalmente credo molto in Guazzini in qualche classica del Nord, anche solo per esorcizzare le cadute sulle pietre».

Capitolo gare a tappe. Vollering è stata la plurivincitrice del 2023 e appare la più accreditata per i grandi giri. Chi possono essere le atlete in grado di batterla?

LAZZARO: «A mio avviso la prima rivale è Niewiadoma, che con la vittoria del mondiale gravel, dove c’erano tutte le big, ha trovato quella consapevolezza che le mancava per fare il salto di qualità mentale. Le altre che possono impensierire Vollering sono Longo Borghini, atleta sempre molto solida e completa, Cavalli e Realini».

BORGATO: «La concorrenza è alta anche in questo caso e i primi due nomi che faccio sono italiani. Spero che Cavalli si ritrovi definitivamente e che Longo Borghini faccia molto bene. Entrambe devono riscattare un 2023 sfortunato. Dietro di loro metto Realini, Ludwig e Niewiadoma, per la quale concordo in pieno con Ilenia nel giudizio».

Secondo Lazzaro, Niewiadoma grazie al mondiale gravel ha preso più consapevolezza e può battere Vollering nelle gare a tappe
Secondo Lazzaro, Niewiadoma grazie al mondiale gravel ha preso più consapevolezza e può battere Vollering nelle gare a tappe
Quest’anno chi saranno le cosiddette “scommesse” o sorprese? Due italiane e due straniere

LAZZARO: «Ripeto il nome di Wollaston come sorpresa, assieme ad Ava Holmgren, anche se non so ancora che programmi avrà questa diciottenne che mi piace tantissimo. Tra le italiane dico Gasparrini, che merita di fare il grande salto col talento che ha, e Vigilia, che è andata in una formazione di alto livello».

BORGATO: «Parto da due straniere giovanissime che mi hanno subito colpito in questo avvio di 2024. Gigante che ha vinto a Willunga Hill e la generale del Down Under con un grande numero facendo saltare Ludwig. Vallieres invece ha vinto a Palma di Maiorca di prepotenza resistendo al ritorno di atlete più navigate di lei. Tra le italiane dico Bertizzolo perché la aspetto da anni. La bella vittoria di tappa al Romandia dell’anno scorso le ha ricordato che è una grande atleta, capace di grandi prestazioni e risultati. Per me al Nord andrà forte. Infine come scommessa dico Venturelli. E’ vero che sarà nel devo team della UAE e spero che la gestiscano bene, però ha numeri e fisico pazzeschi per farsi notare».

Due giovani italiane e due straniere che quest’anno si metteranno più in mostra

LAZZARO: «Inizio dalle straniere indicando Van Empel, soprattutto per le gare a tappe, e Schreiber, entrambe ciclocrossiste. Mentre tra le italiane punto su Tonetti e Venturelli, che hanno tutto per fare bene».

BORGATO: «Difficile rispondere perché c’è l’imbarazzo della scelta. Barale ha iniziato forte la stagione e secondo me arriverà davanti spesso. Poi dico Tonetti anch’io, perché è cresciuta molto grazie a Rigato. Tra le straniere faccio i nomi di due ragazze del 2005. La francese Bego della Cofidis, iridata all’ultimo mondiale, e la belga Moors della Lidl-Trek, terza a Glasgow e prima all’europeo».

Per Ilenia Lazzaro il bello del ciclismo femminile è l’imprevedibilità, ma per lei il WorldTour sta crescendo troppo in fretta
Per Ilenia Lazzaro il bello del ciclismo femminile è l’imprevedibilità, ma per lei il WorldTour sta crescendo troppo in fretta
Olimpiade, mondiale ed europeo. L’Olanda sarà la solita nazionale di riferimento?

LAZZARO: «Credo proprio di sì, però l’Italia è l’unica nazionale che può dare filo da torcere alle olandesi o addirittura batterle».

BORGATO: «Sì certo, anche per me l’Italia è l’unica che può essere considerata alla pari. La nostra nazionale al completo, col solito spirito collettivo, sa mettere in difficoltà o battere le olandesi. All’Olimpiade sarà un mezzo macello perché è una gara strana dove si corre solo con quattro atlete, ma saranno loro i due fari della gara. Uguale anche per mondiale ed europeo».

Che giudizio dai di Sangalli come tecnico azzurro?

LAZZARO: «Non può che essere buono il giudizio. Ha sempre ottenuto il miglior risultato possibile con quello che aveva a disposizione. Penso all’anno scorso senza Balsamo e Longo Borghini o comunque non al top della forma. E’ stato sempre bravo a gestire l’ampio roster di ragazze e a farle correre tutte».

BORGATO: «Per me Paolo sta facendo bene e vuole il bene delle ragazze. Tra ritiri e gare sta dando l’opportunità a tante atlete di assaporare la maglia azzurra. Ovvio che poi debba fare delle scelte in base ai risultati e a come si muovono in corsa. Per fortuna ha problemi di abbondanza, ma vi garantisco che non è facile prendere decisioni. Un altro dei suoi meriti è il lavoro con le junior. Le sta facendo crescere tantissimo a livello internazionale».

Per Borgato, Realini potrebbe essere una seria candidata alla vittoria del Giro Women
Per Borgato, Realini potrebbe essere una seria candidata alla vittoria del Giro Women
Vigilia (Fdj-Suez), Zanardi (Human), Masetti (AG Insurance), Vettorello (Roland), Arzuffi e M.Fidanza (Ceratizit) saranno al primo anno nel WorldTour. Chi di loro farà meglio o subirà di meno l’impatto nella nuova categoria?

LAZZARO: «Secondo me sono tutte all’altezza del WorldTour, però spendo una parola per Masetti. E’ ragazza sveglia, che qualche anno fa si è proposta alla AG Insurance in prima persona, guadagnandosi la stima di Jolien D’Hoore, la sua diesse».

BORGATO: «Arzuffi è esperta e assieme a Fidanza erano già in un team attrezzato come Ceratizit. Masetti la volevo inserire tra le giovani da seguire della domanda di prima. Quindi fra tutte queste, penso che Vigilia e Zanardi trarranno il meglio dalla nuova categoria, mentre Vettorello sarà da scoprire meglio».

Longo Borghini, Realini, Cavalli, Persico: quale di loro può vincere un grande Giro?

LAZZARO: «Rispondo in maniera secca. Longo Borghini per quello che dicevo prima. Va forte in salita, in discesa e non ha paura delle responsabilità. Anche le altre possono vincere un grande Giro, a parte Persico che secondo me per un po’ non curerà la generale».

BORGATO: «Se rispondo col cuore dico Cavalli per il lungo termine e Longo Borghini sul breve termine, però se faccio un certo ragionamento dico Realini. Gaia quest’anno potrebbe davvero vincere il Giro Women o arrivarci vicino perché potrà concentrarsi solo su quello. A differenza delle big straniere o delle sue connazionali, non farà l’Olimpiade e non dovrebbe essere prima punta al mondiale. Quindi potrebbe arrivare al Giro al top della forma mentre invece le altre potrebbero correre in preparazione di Parigi. Persico al momento è più orientata su classiche e tappe nonostante abbia fatto classifica negli ultimi due anni».

Più duro il Giro con il doppio Blockhaus o il Tour con l’Alpe d’Huez?

LAZZARO: «Sono frazioni che si somigliano, ma per me il Giro Women è più duro. E lo sarà anche per le atlete al via. Secondo me molte verranno a correrlo in preparazione per Parigi e quindi potremmo vedere un livello alto ad ogni tappa».

BORGATO: «Il disegno di entrambe le tappe sono simili. Al Tour Femmes hanno un uno-due finale da urlo con gli arrivi a Le Grand Bornand e Alpe d’Huez, ma credo pure io che il Giro Women sia più duro. Ogni giornata ha una difficoltà maggiore».

Cecchini, la vita da atleta è un mosaico di mille attenzioni

10.01.2024
5 min
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Prima Persico e Consonni. Poi Bertizzolo, Gasparrini e Bertogliati. Infine il cittì Paolo Sangalli. Ci serve un parere a confutazione: bussiamo alla porta di Elena Cecchini. Da più parti arriva la conferma di come il ciclismo femminile stia aumentando le intensità e le percorrenze, con crescente pressione sulle ragazze, spinte ad aggiungere attenzioni ed elementi alla loro professionalità. In qualche modo si ha la sensazione che mentre le più esperte siano pronte per fronteggiare l’incremento, le giovani rischino di scottarsi la mano. Bertogliati ad esempio non è certo che tutte le ragazze siano pronte per arrivi impegnativi come Tourmalet, Alpe d’Huez e Block Haus.

Fra le squadre il divario è palese e allora abbiamo chiesto un parere alla friulana, punto di forza della SD Worx che nel 2023 ha dominato in lungo e in largo, dimostrando di non avere problemi nel gestire alti carichi di lavoro. Per i quali peraltro, come ci avevano raccontato Barbara Guarischi e poi la stessa friulana, si allenano con attenzione certosina. Che cosa pensa Elena delle osservazioni che abbiamo raccolto?

«Oltre alla distanza e alle ore – ragiona ad alta voce – cresce anche l’intensità durante la gara. Le classiche di inizio stagione sono estenuanti, perché alle tre ore e mezza o anche quattro ore di gara si unisce il fatto che non c’è mai un momento tranquillo. Noi in squadra facciamo volume, ma ancora più importante è l’intensità. Puoi fare 5-6 ore in bici una volta ogni dieci giorni o due volte al mese, però sicuramente non deve essere quella la base dell’allenamento».

Guarischi, qui proprio con Cecchini e Wiebes, è arrivata nel 2023 alla SD Worx e ha notato subito la differenza nei carichi di lavoro
Guarischi, qui proprio con Cecchini, è arrivata nel 2023 alla SD Worx e ha notato subito la differenza nei carichi di lavoro
Sofia Bertizzolo dice che proprio a causa dell’indurirsi delle tappe, le atlete di classifica non potranno lottare ogni giorno anche per le tappe, lasciando via libera alle fughe. Secondo te è possibile?

Dipende tanto da come sono disegnate le gare a tappe. Al Giro del 2021, la Van der Breggen attaccò il secondo giorno, diede tre minuti a tutti e poi tirò i remi in barca fino all’ultima tappa, perché il percorso le permise di risparmiarsi. Al Tour dell’anno scorso invece non c’erano molte situazioni di risparmio, per cui la fuga può anche andare, ma se si muove una di classifica, non puoi restare a guardarla. Perlomeno, se anche non vuoi attaccare in prima persona, devi seguirla. E poi non dimentichiamo che certe dinamiche sono possibili per gli uomini perché loro hanno 20 giorni di gara. Noi nei grandi Giri ne abbiamo 7-8, per cui se sei in una condizione fisica impeccabile, qualche volta puoi anche permetterti di sprecare.

Hai la percezione dell’accelerazione di cui parla Bertogliati?

La percepisco e vedo che non è una crescita omogenea, come penso non ci sia quasi in nessun altro ambiente. Se guardiamo anche altri sport, vedi quelli super attrezzati e quelli che a livello individuale fanno più fatica. Probabilmente dipende dal fatto che il bacino è limitato, le ragazze non sono abbastanza. C’è una grande richiesta a livello di gare, ma fra le squadre c’è una forte disparità tra le migliori al mondo e quelle che stanno cercando di diventarlo. Non si può fare tutta l’erba un fascio, perché secondo me le donne si impegnano sempre, specie adesso che a livello salariale iniziamo ad avere buoni riscontri. Ora una ciclista sa che può vivere di quello e cerca di farlo al meglio. Per cui nella mia squadra vedo che le giovani iniziano a guadagnare e non hanno problemi a investire per andare in altura oppure al caldo d’inverno, per arrivare alle gare nella miglior condizione possibile.

Niamh Fisher-Black è arrivata alla SD Worx nel 2022 a 21 anni e si è subito ambientata. Qui vince allo Svizzera 2023
Niamh Fisher-Black è arrivata alla SD Worx nel 2022 a 21 anni e si è subito ambientata. Qui vince allo Svizzera 2023
C’è il rischio che per ampliare il bacino si rischi di premere troppo sulle più giovani?

Credo che le ragazze giovani vengano comunque rispettate, anche se chiaramente dipende dalla squadra. Se ha atlete esperte, può permettersi di non fare pressione sulle ultime arrivate. Ma io sono del parere che prima inizi a fare esperienza e meglio è. Per cui benengano i development team, però noi abbiamo avuto ragazze come Fisher Black o la Schakley che sono passate dagli juniores e dopo un solo anno erano con noi e si sono adattate benissimo. Hanno capito come funziona. Non abbiamo la fretta degli uomini, in cui a 18-19 anni devi essere già pronto e se non vinci, non sei nessuno, come purtroppo pensano in tanti. Nelle donne, visto il tipo di corse e di attività, prima di capire se una ragazza ha dato tutto oppure ha margini, si possono aspettare anche i 24-25 anni.

Tutto questo innalzamento di prestazioni ha avuto un impatto sulla quotidianità di Elena Cecchini?

Sicuramente, ma quella che è cambiata è stata in primis la vita a casa, non solo in ritiro. Le squadre si sono attrezzate, abbiamo tutte delle nutrizioniste, delle chef, abbiamo il dottore a casa. La cura del dettaglio e dell’alimentazione è fondamentale, ma anche quanto dormi. L’allenamento di per sé è l’ultima cosa ed è anche quella più facile per noi atleti. Sei talmente tanto abituato a stare in bici, che fare un’ora di più non ti pesa.

All’attacco ai mondiali di Glasgow, Cecchini riceve ordini dal cittì Sangalli, fermo a bordo strada
All’attacco ai mondiali di Glasgow, Cecchini riceve ordini dal cittì Sangalli, fermo a bordo strada
Questo rende più facile, tra virgolette, fare l’atleta o lo rende più impegnativo?

E’ un equilibrio. Secondo me ci sono delle giornate in cui te lo rende più facile, sei più predisposto e magari hai il piano alimentare o un protocollo da seguire. Per esempio io lavoro con Erica Lombardi e per me è molto facile avere questo equilibrio. Ma quando ci sono giornate in cui le dico che voglio fare di testa mia, lo faccio senza problemi. Non dimentichiamoci che la componente più importante rimane sempre la testa. E se ci sono giorni in cui una cosa non la vuoi fare, non la fai. E’ salutare e importante trovare sempre un equilibrio e soprattutto circondarsi di gente che capisca che non siamo delle macchine, ma siamo degli esseri umani. Nonostante le distanze superiori e le salite impossibili, rimaniamo degli esseri umani.

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Più chilometri e ore di gara nel femminile, che si adegua…

Una vita in bicicletta, ora Vieceli dice addio

08.12.2023
5 min
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Lara Vieceli si gode, in questo inverno che ha un sapore diverso dal solito, le vacanze (foto Instagram in apertura). Prima un breve passaggio negli Stati Uniti e poi Caraibi, per un totale di dieci giorni. La contattiamo quando ancora si trova nel Paese con la bandiera a stelle e strisce. La linea va e viene, ma con un po’ di pazienza l’intervista si fa. 

«La vacanza – racconta in compagnia del suo fidanzato – è stata posticipata a dicembre perché prima sono stata operata al ginocchio. Postumi di una caduta che ho fatto a marzo, che mi ha provocato la rottura del piatto tibiale e del crociato. L’ortopedico che mi ha visitata mi ha detto che si poteva correre comunque, mancavano quattro mesi alla fine della stagione, e della carriera. Con qualche dolore ho comunque portato a termine la mia ultima stagione».

Era il 2016 e Vieceli corre per la prima volta la Freccia Vallone, era con la Inpa-Bianchi (foto Instagram)
Era il 2016 e Vieceli corre per la prima volta la Freccia Vallone, era con la Inpa-Bianchi (foto Instagram)
La tua carriera si interrompe a solamente 30 anni…

Avevo deciso ben prima dell’infortunio. In realtà dopo lo stop di marzo ho avuto qualche dubbio e pensavo: «Magari continuo un altro anno». Ma alla fine la decisione era ben radicata, avevo preso questa scelta fin dall’inverno scorso. Avevo deciso che avrei fatto l’ultimo Capodanno in bici e così è stato. Ho messo il primo numero sulla schiena quando avevo sei anni, mi sono detta che fosse giunto il momento di fare altro. 

Una carriera davvero lunga.

Sono stata in mezzo ai grandi cambiamenti del ciclismo femminile, situazioni stancanti dal punto di vista mentale. Nel corso delle ultime stagioni sono stati fatti dei passi avanti enormi, forse per certi aspetti si è anche corso troppo. 

E’ cambiato così tanto il ciclismo femminile?

Tantissimo. La situazione è sempre più professionale, c’è una grande qualità. Quando sono passata il primo anno elite, era il 2012, e le cose si facevano un po’ a caso. Poi sono entrati sistemi sempre più curati e professionali: strumenti, metodi di allenamento e alimentazione. All’inizio vinceva chi riusciva a mettere le cose in ordine e spesso si andava per tentativi, quando trovavi il “metodo” giusto continuavi. Ora anche nelle continental viene dato il giusto peso alle cose: soprattutto allenamento e alimentazione. Anche se quest’ultimo non è un argomento facile.

Dopo 2012, il primo anno elite, passa al team Michela Fanini, una salvezza (foto Instagram)
Dopo 2012, il primo anno elite, passa al team Michela Fanini, una salvezza (foto Instagram)
Come mai?

Molte mie colleghe hanno avuto un rapporto negativo con il cibo, anche io. Le società non avevano competenze all’inizio e mettevano tanta pressione. Ci sono state tante pressioni esterne e tanta emotività per superare questo ostacolo. In grandissima parte mi ha aiutato lo studio. Negli anni ho imparato a non ascoltare chi non aveva competenze a riguardo. 

Cosa hai studiato?

Mi sono laureata in Scienze Motorie e poi in Management dello Sport. Mi piace studiare, ho sempre dato tanto peso all’istruzione. Non credo al fatto di essere un’atleta e di non avere nulla in mano una volta finita la carriera. 

Nel tuo futuro che vedi?

Non saprei, ora mi sono presa il tempo per riposare. Ma da gennaio spero di avere qualcosa di più concreto in mano. Sono entrata nel ciclismo da adolescente, non ho esperienze lavorative oltre al correre in bici. L’istruzione e i vari studi mi danno fiducia nell’affrontare il post carriera. Non mi vedo molto legata al mondo del ciclismo, essere preparata mi offre orizzonti più ampi.

Tra 2017 e 2018 l’Astana Womens Team, un primo assaggio di professionismo (foto Instagram)
Tra 2017 e 2018 l’Astana Womens Team, un primo assaggio di professionismo (foto Instagram)
Sei diventata elite più di 10 anni fa…

La mia prima squadra (Verinlegno-Fabiani) ha chiuso senza alcun preavviso alla fine di quella stagione. Mi sono trovata che non conoscevo nessuno, e in più era l’anno olimpico. Praticamente un disastro. Per fortuna ho trovato la S.C. Michela Fanini Rox che mi ha dato un’occasione. Più avanti mi sono trovata nella situazione di cercare un’altra squadra, era il 2018 e mi è capitato il progetto della Ceratizit. Con loro ho corso fino al 2022. Alla fine penso di essermi ritagliata il mio ruolo. 

Qual è stato? 

Fare da gregario, un ruolo che secondo me si confaceva alle mie caratteristiche e che non è stato facile portare avanti per tanto tempo. 

Come mai?

Perché nel mondo del ciclismo femminile a livello pro’ e WorldTour c’è spazio per replicare il modello maschile. Ma non tutte le realtà sono così. Non si riesce sempre ad avere una distinzione nitida tra gregarie e capitane. Anche nelle squadre grosse ci sono 15-16 atlete, non di più. E nel calendario ci sono tante gare, spesso le squadre portano 4-5 atlete al posto delle sei previste. Non è facile vedere tante squadre che investono, ma quelle che valgono si vede. La Ceratizit per me è un esempio positivo, in quattro anni con loro non ho mai avuto un dubbio. 

Vieceli è stata una delle prime ad entrare nel progetto Ceratizit (foto Instagram)
Vieceli è stata una delle prime ad entrare nel progetto Ceratizit (foto Instagram)
Hai deciso di studiare comunque nonostante una carriera avviata…

Per due ragioni. La prima è che il ciclismo per tanti anni non è stato un lavoro, non ci potevo vivere. Se non ci fossero stati i miei genitori, non avrei potuto proseguire. Non giravano soldi, si ricevevano dei rimborsi spese davvero esigui. Il secondo motivo è quello della formazione e della crescita, cosa che dicevo anche prima.

Miglior progresso fatto dal mondo del ciclismo femminile?

Potrò sembrare veniale ma dico gli stipendi. Poter considerare il ciclismo un lavoro è la sicurezza che mancava. Avere un contratto regolare, pagare i contributi, non tutte le ragazze vivono questa situazione, ma sono sempre di più. Vi faccio un esempio…

La carriera si è conclusa quest’anno, con la maglia della Israel Premier Tech Roland (foto Instagram)
La carriera si è conclusa quest’anno, con la maglia della Israel Premier Tech Roland (foto Instagram)
Dicci.

Per migliorare in allenamento è necessario crescere e affidarsi anche a figure esperte: allenatori e nutrizionisti. Il problema è che fino a poco tempo fa il rimborso spese era di 300 euro, provate a dirmi voi come ci si poteva affidare a dei professionisti. Considerando che le squadre non ne avevano in organico. 

Lasci un ciclismo più cresciuto, ma non ancora “arrivato”.

E’ cresciuto tanto e ne sono contenta. Ma, come detto anche prima, non ha finito il suo processo evolutivo. Sono comunque serena nel lasciarlo in questo modo.

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La regina è tornata. Eva Lechner, per anni, faro del ciclocross azzurro – memorabili i suoi nove titoli nazionali consecutivi – sta iniziando la stagione del ciclocross col piede giusto. Per lei due vittorie nelle ultime due gare: Salvirola e Firenze. Per l’altoatesina, classe 1985, questa è la 14ª stagione tra le elite, ma l’entusiasmo e la serietà sono quelli di sempre (in apertura foto dal web).

Archiviata la stagione in mountain bike con il Trinx Factory Team, Lechner è passata al fango del cross con i colori della Ale Cycling Team. Lo scorso anno aveva fatto molto meno dopo la stagione in Mtb. Aveva bisogno di un periodo di stacco maggiore. Ma quest’anno la voglia di cross è tornata quella di un tempo… forse anche per questo motivo.

Lechner sul gradino più alto del podio a Firenze dove ha preceduto Rebecca Gariboldi, Giada Borghesi, Nicole Pesse e Alice Papo
Lechner sul gradino più alto del podio a Firenze dove ha preceduto Rebecca Gariboldi, Giada Borghesi, Nicole Pesse e Alice Papo
Eva, una stagione iniziata benone si può dire…

In realtà l’inizio non è stato proprio super, ma dopo cinque gare la situazione ha cominciato ad andare meglio. La mia condizione è in una fase crescente. Avevo preso un fortissimo raffreddore proprio in occasione delle prime gare e questo raffreddore lo sentivo tutto… Quindi sin qui direi bene, ma non sono ancora al top.

Come sarà la tua stagione? Cosa possiamo aspettarci?

L’idea è quella di fare bene in ogni occasione. Ho già fatto sette gare. Domenica si correrà a Modena, in pratica a casa della mia squadra, poi farò tutte le corse del Giro e le altre gare italiane, compresa la tappa di Coppa del Mondo in Val di Sole (10 dicembre, ndr).

Niente Nord Europa?

Sì, ma a dicembre. Abbiamo programmato la gara di Namur e poi dopo Natale l’idea è di fare altre gare. Dobbiamo però ancora valutare se fare avanti o indietro o restare lassù per un po’. Vediamo.

L’altoatesina in azione nel Ciclocross del Tergola, prima gara della stagione (foto Instagram – Alessandro Billiani)
L’altoatesina in azione nel Ciclocross del Tergola, prima gara della stagione (foto Instagram – Alessandro Billiani)
Eva ormai sei un’esperta, i tuoi spazi al vertice li hai sempre avuti, ma magari quest’anno senza qualche stradista tornerai ad averne ancora di più. Questo è un “peso” o uno stimolo per te?

A me non cambia nulla: faccio le mie gare e basta. Vero, sono esperta e ho la mia bella età, ma sono arrivata al punto che “posso” e non “devo”. Non devo dimostrare nulla a nessuno. Se riesco a vincere ben volentieri. Se poi sono un esempio per le giovani questo mi fa piacere. E se vado forte e insegno loro qualcosa sono contenta. Io comunque continuo a darci dentro. Continuo a dare il massimo. Insomma non sono per lo spazio ai giovani o che mi sposto. Se posso vinco!

Hai un rapporto di lungo corso con la maglia azzurra… ci pensi ai mondiali, alle convocazioni?

Questa domanda dovreste farla a PontoniSinceramente mi piacerebbe fare il mondiale, ma non sono io a decidere. Io devo solo pensare ad andare forte, poi le scelte spettano ad altri. Questi insomma non sono problemi di un’atleta, l’atleta deve cercare di dare il massimo, punto.

Chi ti piace delle italiane? Cosa te ne pare di questo primo scorcio di stagione?

Beh, c’è Sara (Casasola, ndr) che sta dimostrando belle cose. Si è visto anche da come è andata in Coppa, settima. E in quelle gare per entrare nelle prime dieci devi andare forte. Anche in Svizzera, dove il livello è molto buono, ha convinto. In generale ha un bel passo. Poi mi piace anche Lucia (Bramati, ndr) tra le under 23, anche lei è migliorata molto. E Francesca Baroni se la sta cavando bene in Belgio.

Eva con Lucia Bramati (a sinistra), ormai quasi una sorella minore
Eva con Lucia Bramati (a sinistra), ormai quasi una sorella minore
E in campo internazionale?

Ci sono le due fenomene olandesi, Fem Van Empel e Puck Pieterse che non hanno bisogno di commenti. Vanno forte su ogni tipo di percorso. Mi piace la giovane Zoe Backstedt che sta crescendo molto bene. E sono atlete di sostanza anche la lussemburghese Marie Schreiber e l’ungherese Blanka Vas, che migliora di anno in anno.

Un’ultima domanda Eva, magari in questi giorni le cose sono cambiate sul fronte del meteo, ma cosa ne pensi di questo ciclocross col nuovo clima? Una volta questa disciplina era quella del fango, della pioggia, del freddo… adesso spesso si corre con più di 25 gradi e tutto è secco.

E’ cambiato moltissimo, è vero. Fa più caldo. In passato mai avevo usato la borraccia in corsa, quest’anno sempre. E anche i percorsi. Sono più duri, più veloci, mentre io li preferisco più tecnici, con il fango.

Sotto lo sguardo di Borgato: tre top e tre flop del Giro Donne

12.07.2023
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Lo ha seguito, lo ha commentato, lo ha vissuto: con Giada Borgato (nella foto di apertura) torniamo sul Giro d’Italia Donne. Una sorta di resoconto che ci porta ad analizzare i tre top e i tre flop della corsa rosa al femminile.

Grosse sorprese non ce ne sono, ma è interessante conoscere il perché dei giudizi elargiti dalla padovana. Giudizi sempre tecnici e mai banali, tipici di chi ha corso fino a pochi anni fa.

Van Vleuten versione Cannibale: tre tappe, maglia rosa, maglia della classifica a punti e quella dei Gpm
Van Vleuten versione Cannibale: tre tappe, maglia rosa, maglia della classifica a punti e quella dei Gpm

Van Vleuten famelica

Partiamo dai top, dalle ragazze che si sono ben distinte. E in pole position Borgato mette Annemiek Van Vleuten. 

«Una Annemiek prendi-tutto, una cannibale – spiega Giada – si è dimostrata di un altro livello con prestazioni top grazie alle quali lasciava sul posto tutte le altre. Lo ha mostrato sin dalla seconda tappa. Ha preso la maglia rosa, non l’ha più mollata e ogni volta che ha avuto la possibilità di dimostrare di essere la più forte lo ha fatto: nessun regalo a nessuna».

Il cannibalismo dell’atleta della Movistar è per Borgato forse l’unico aspetto negativo di questa formidabile atleta. Giada sostiene che almeno nella tappa di Alassio, Annemiek poteva lasciare andare.

«Aveva già un grande margine sulla seconda, poteva restare con le altre – magari riaccendendo un filo di souspence, aggiungiamo noi – e lasciare quel traguardo parziale. Poteva far vedere che stava facendo un pizzico di fatica anche lei.

«Okay che decide di vincere in maglia rosa sul Santuario di Madonna della Guardia, ma per il resto… Ma lei è sempre stata così, per di più è all’ultimo anno di carriera e voleva lasciare un segno forte. Di un’altra categoria».

Gaia Realini ha mostrato sangue freddo quando si è ritrovata leader
Gaia Realini ha mostrato sangue freddo quando si è ritrovata leader

Brava Gaia

L’altra promossa, e non poteva non essere così, è Gaia Realini. Borgato non si limita ad inquadrarla in questo Giro Donne. La sua escalation l’abruzzese l’ha mostrata sin dall’inizio della stagione.

«Ha vinto quest’inverno all’UAE Tour, si è ripetuta alla Vuelta. Oltre al podio, mi è piaciuto il suo atteggiamento: sempre propositiva, sempre attiva… anche per la squadra. Un podio al Giro Donne a 22 anni è un successo. In più ha conquistato la maglia di miglior giovane e quella di migliore italiana. Credo che neanche lei se lo immaginava prima di partire».

Borgato esalta anche un altro aspetto di Realini, vale a dire la tenuta psicologica. Di fatto Gaia si è trovata ad essere leader, ma ha tenuto bene.

«Si è ben comportata in questo ruolo, doveva lavorare per Elisa Longo Borghini e si è ritrovata capitana, che è tutt’altra cosa. Altre pressioni e non era in una squadretta.

«E’ anche vero che le ragazze sono state compatte. La Deignan, esperta, era la sua ombra. Nella Lidl-Trek, mi diceva anche Slongo, c’era tanto affiatamento, ma si vedeva anche da fuori, si percepiva. Davvero un bel salto di qualità per questa ragazza, che ha ancora grandi margini di crescita».

Borgato ha esaltato la crescita del movimento. Una crescita che si riscontra nelle prestazioni e anche fisicamente con strutture più corpose
Borgato ha esaltato la crescita del movimento. Una crescita che si riscontra nelle prestazioni e anche fisicamente con strutture più corpose

Ciclismo femminile: si vola

Il terzo top Borgato lo assegna, con un certo piacere, non ad un’atleta ma… al movimento ciclistico femminile. 

«Ogni volta – dice Borgato – resto stupita di quanto sia cresciuto. Cammino nelle aree dei parcheggi e vedo bus, ammiraglie, motorhome dei meccanici. Oggi gli organizzatori quando devono preparare un evento devono sedersi bene ad un tavolo. Una volta bastava un piccolo parcheggio, arrivavano qualche auto e qualche furgone ed era fatta. Ora servono spazi ampi davvero».

«Anche gli staff sono cresciuti. Alcune squadre arrivavano a venti persone fra diesse, massaggiatori, meccanici… Venti persone per sette ragazze. E tutto questo porta ad un incremento delle prestazioni. Adesso per le cicliste è un lavoro vero. Tutte hanno fatto dalle due alle tre settimane di altura prima del Giro Donne. Ai miei tempi se ci andavi, salivi una settimana l’anno e a tue spese.

«Sono felicissima di questo aspetto e ammetto che provo anche un pizzico d’invidia! Ma ben venga questo livello».

Marta Cavalli ha chiuso il Giro Donne in 14ª piazza. «Eppure – ha detto Borgato – a giugno aveva dato segnali di ripresa»
Marta Cavalli ha chiuso il Giro Donne in 14ª piazza. «Eppure – ha detto Borgato – a giugno aveva dato segnali di ripresa»

Forza Marta

Passiamo invece a chi in questo Giro Donne è stato “bocciato”. Tra i flop, Giada parte da Marta Cavalli… Tutti ci aspettavamo tanto dalla “Marta nazionale”, ma sappiamo le difficoltà che sta vivendo in questa stagione.

«Marta è la prima che mi viene in mente – dice Borgato – Nulla di preoccupante, ci siamo anche parlate. Veniva da un super 2022: una campagna del Nord ottima, il Giro Donne… Però questa stagione non è partita con il piede giusto per lei. Ha sempre avuto qualche problema e non è mai riuscita a prendere un buon ritmo, anche se dopo i risultati di giugno un po’ ci ha fatto sperare che la rotta fosse cambiata. E’ stata una delusione per lei stessa, in primis, e poi anche per i suoi tifosi».

«In questo Giro è anche caduta e avvertiva dei dolori al bacino. Mi ha raccontato che anche in virtù di questa caduta, per restare attaccata al gruppo in certi frangenti ha dovuto fare dei fuorigiri che poi ha pagato. Di fatto, poverina, non si è mai vista».

La grinta non manca a Mavi Garcia, ma tatticamente sono riemerse le solite lacune
La grinta non manca a Mavi Garcia, ma tatticamente sono riemerse le solite lacune

Garcia indomabile

Bollino rosso anche per Mavi Garcia. Passano le stagioni ma certi errori, a quanto pare, sono gli stessi.

«Attacca e si stacca. Lo scorso anno è stata terza, quest’anno settima: c’è qualcosa da rivedere. Per Garcia il discorso va oltre la “giornata no”, per me si è gestita male. Se non sei super è inutile che attacchi. A quel punto meglio stare tranquilla, non saltare e magari riuscire a fare quinta».

«In una tappa ha provato a rientrare su Van Vleuten e Longo Borghini, ha speso l’ira di Dio, gli è arrivata a 100 metri, non ha chiuso e si è piantata. Idem verso il Santuario di Madonna della Guardia, quando ha attaccato sulla salita (velocissima, ndr) precedente. Okay che è arrivata tardi al ciclismo, ma ormai è esperta. Mi dicevano i suoi tecnici che lei è così. Anche Giorgia (Bronzini, la sua diesse, ndr) mi ha detto che non è facile da gestire».

Marianne Vos (a destra) e Fem Van Empel… in questo Giro non hanno reso come ci si aspettava
Marianne Vos in questo Giro non ha reso come ci si aspettava da una leonessa qual è

Vos e Jumbo, pollice verso

L’ultimo pollice verso Giada lo indirizza a Marianne Vos e alla sua Jumbo-Visma.

«Partiamo da Marianne. Ha commesso degli errori quasi da principiante. Okay, nella prima volata Wiebes l’ha battuta, ha trovato chi era più forte, ma nella seconda su un arrivo che tirava e quindi perfetto per lei, è partita lunghissima e alla fine si è letteralmente piantata. Ha fatto un gestaccio, ma se la doveva prendere solo con sé stessa. O al massimo con la sua squadra che l’ha lasciata sola. Si è dovuta arrangiare, cosa che sa anche fare bene, ma ha sprecato energie e forse non era lucida. E poi oggi conoscono gli arrivi per filo e per segno. Fanno le riunioni, hanno strumentazioni specifiche… non è come una volta che lo scoprivi quando ci arrivavi».

«Parlando della Jumbo-Visma invece è mancata nella generale. Qualcosa dovranno analizzare. Hanno ottenuto un piazzamento (undicesima, ndr) con Fem Van Empel, ma in generale per uno squadrone come il loro c’è da rivedere la campagna acquisti. Puntavano su Marianne okay, ma anche Vos non può portare sempre tutto il peso del team».

Slongo su Realini: dalla Vuelta Femenina tante certezze

21.05.2023
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Una paio di settimane fa Gaia Realini concludeva al terzo posto la sua Vuelta Femenina. Dopo le belle prestazioni d’inizio stagione e nelle classiche delle Ardenne ancora un traguardo di successo per la portacolori della Trek-Segafredo. Ormai Gaia è una realtà a tutti gli effetti del nostro ciclismo femminile. 

E della Vuelta e non solo vogliamo parlare con Paolo Slongo suo direttore sportivo, e preparatore di lungo corso. Paolo non segue direttamente Gaia, ma ha l’occhio dell’allenatore e comunque ha accesso a dati e tabelle. Partendo da questa Vuelta facciamo un punto con lui.

Paolo Slongo (classe 1972) è uno dei diesse della Trek-Segafredo. Qui con la con la mental coach, Elisabetta Borgia
Paolo Slongo (classe 1972) è uno dei diesse della Trek-Segafredo. Qui con la con la mental coach, Elisabetta Borgia
Paolo, ti aspettavi una Realini già a questo livello al suo primo anno di WorldTour? Ha disputato una grande Vuelta…

Sicuramente Gaia ha dalla sua la carta d’identità. E’ giovane. Noi l’avevamo notata due anni fa al Giro Donne quando si faceva tappa su Matajur e lei ottenne un ottimo piazzamento (fu 11ª, ndr) nonostante fosse una ragazzina e corresse in un team più piccolo. Guercilena la volle prendere subito e la lasciò poi un altro anno a maturare in quella squadra. Che dire, è una bella persona e un’atleta molto determinata. Non ha paura del lavoro ed è predisposta ad imparare. Lavorarci insieme è piacevole.

E delle sue doti? Già in parte te lo avevamo chiesto dopo la super prestazione al UAE Tour Women…

E’ senza dubbio un’ottima scalatrice e con queste sue doti potrà portare a casa tanto. Io l’ho diretta al UAE Tour, come detto, al Trofeo Oro, alla Vuelta e presto anche al Giro. Vedo che sta imparando tanto. Anche col vento e nel muoversi in gruppo.

A proposito di gruppo: come la vedi? Non era facile entrare in un team, di grandi campionesse. Nelle Ardenne dopo gli arrivi abbiamo notato grandi abbracci…

Gaia si è ben integrata e adesso sempre di più col fatto che capisce e parla meglio l’inglese. Poi è simpatica, è piccolina… insomma si fa voler bene. E’ entrata in pieno nelle dinamiche del team e questo credo le dia ancora più forza.

Gaia Realini (terza da sinistra) si è ben integrata nel team. L’abruzzese ha solo 21 anni (foto Instagram)
Gaia Realini (terza da sinistra) si è ben integrata nel team. L’abruzzese ha solo 21 anni (foto Instagram)
Alla Vuelta era partita da capitana?

Le leader erano lei e Amanda Spratt. Poi Amanda è stata sfortunata nel giorno dei ventagli. Quando il gruppo si era spezzato, nel primo gruppo ne avevamo tre, tra cui le due leader appunto. Ma Amanda ha forato nel momento clou. A quel punto senza compagne Gaia è scivolata in coda al gruppo e poi si è staccata. Se non fosse successo tutto ciò avrebbe potuto vincere la Vuelta.

Beh, detto da te, che ne hai viste di storie, è una dichiarazione importante e che fa ben sperare in ottica futura…

E’ un bel bagaglio di esperienza. Chiaramente con le sue caratteristiche fisiche Gaia soffre certi ritmi e certe situazioni in pianura. Comunque dopo che anche lei si è staccata a quel punto ho fermato l’unica atleta che ci era rimasta davanti per limitare i danni. Quel giorno abbiamo perso 2’41”.

Una bella batosta.

Esatto. Il giorno dopo sul bus, ho prima fatto i complimenti alle ragazze per l’impegno che ci avevano messo. Ho detto loro che si era trattato solo di sfortuna ma che in vista del finale della Vuelta c’era spazio per recuperare. «Possiamo fare una top 5», dissi. Tutte mi guardavano con incredulità. Ma io conoscevo bene l’ultima salita, quella dei Lagos di Covadonga, l’avevo fatta ai tempi di Nibali e mettendo insieme tutte le cose tra quella tappa e la penultima – anch’essa frazione dura – si poteva fare bene.

Nei ventagli di La Roda (terza tappa) Realini perde 2’41” da Van Vleuten, l’esatto distacco avuto poi nella generale a fine Vuelta Feminina
Nei ventagli di La Roda (terza tappa) Realini perde 2’41” da Van Vleuten, l’esatto distacco avuto poi nella generale a fine Vuelta Feminina
E infatti Gaia ha vinto a Laredo e ha fatto seconda ai Lagos… Quindi che motore ha? E’ pronta per i grandissimi appuntamenti?

Beh, è giusto dire che la allena Matteo Azzolini, io l’ho diretta in corsa. Certo che si è visto come su certi percorsi abbia combattuto alla pari con Van Vleuten e le altre che hanno espresso valori assoluti. Valori che di solito si esprimono d’estate nel clou della stagione, parlo di roba da Giro e Tour. Lei è lì e con un certo margine per il futuro.

E dove lo può pescare questo margine? 

Per lei è tutto nuovo. E’ importante che l’atleta prenda consapevolezza di quanto fatto. Capire che anche nei grandi Giri puoi competere con Van Vleuten e Vollering vuol dire molto. Più passa il tempo e meno avrà paura. Senza contare che poi certe corse ti portano ad una crescita fisiologica.

E ora, Giro d’Italia Donne?

Tra qualche giorno la porterò con le altre ragazze al San Pellegrino. Ci resteremo fino all’11 giugno. L’idea è di preparare il Giro, il Tour e l’italiano. Spero solo che questa pioggia sia alle spalle per quei giorni! 

In questa stagione, e ancora di più in questa Vuelta Feminina, Realini ha acquisito consapevolezza. Eccola con Vollering e Van Vleuten
In questa stagione, e ancora di più in questa Vuelta Feminina, Realini ha acquisito consapevolezza. Eccola con Vollering e Van Vleuten
Per Gaia è il ritiro in quota? Anche questo contribuisce al margine di cui dicevamo…

Sicuramente è il suo primo ritiro in quota di squadra. Per lei sono tutte cose nuove che fanno parte del ritrovarsi in un team grande. Anche solo fare i massaggi ogni giorno lassù non è poco, ti dice del salto di qualità. E stare con atlete di livello come Longo Borghini, Chapman o Spratt è stimolante.

Come lavorerete? Tanta endurance?

Tanta endurance, ma anche sui volumi. Mi spiego: essendoci lassù delle salite lunghe le ragazze possono stare per tempi più lunghi su determinate zone d’intensità. Poi inserirò anche qualche seduta più spinta e con il mio storico scooter le farò fare anche del dietro motore per il lavoro a crono, pensando al prologo del Giro.

La salita, la forza, i sogni: a tu per tu con Erica Magnaldi

31.12.2022
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Erica Magnaldi è una delle scalatrici più forti del panorama internazionale e di sicuro una delle migliori in Italia. Quella del 2022 è stata una buona stagione, anche se forse le è mancato l’acuto. Però è cresciuta. E’ stata costante. Il primo anno di WorldTour non è così semplice alla fine.

L’ex sciatrice di fondo ci ha dedicato del tempo e con lei si è parlato, tra le altre cose, anche del ruolo della scalatrice. Figura tanto amata quanto coinvolta in un periodo storico particolare. Tra gli uomini gli scalatori puri iniziano a scarseggiare. E’ così anche tra le donne? Sentiamo cosa ci ha detto l’atleta della UAE Adq.

Erica Magnaldi (classe 1992), qui durante l’intervista, si appresta ad iniziare la sua sesta stagione da pro’
Erica Magnaldi (classe 1992), qui durante l’intervista, si appresta ad iniziare la sua sesta stagione da pro’
Erica, che stagione è stata quella appena finita?

E’ stata una stagione con degli ottimi risultati, sia individuali che di squadra e sicuramente una bella prima stagione con questa nuova squadra. Sono fiera di aver portato questi colori e di continuare a farlo anche nel 2023. Ma è stata anche una stagione conclusa con largo anticipo, perché ho deciso di affrontare un intervento chirurgico a fine agosto. Mi sono operata all’arteria iliaca per risolvere un problema. Ci ho dovuto convivere tutto quest’anno e molto probabilmente anche in passato. 

Cosa significa convivere?

Ho dovuto gestire questa situazione durante le gare, correre in maniera un po’ diversa. Spesso non potevo esagerare, fare dei grossi fuori giri in quanto sapevo che non avrei tenuto per via della gamba. Però, nonostante questo, sono riuscita comunque a togliermi delle belle soddisfazioni. 

In ottica 2023, questo intervento potrà cambiare molto. Immaginiamo ti possa dare fiducia… 

Sicuramente. Aver deciso di fare l’operazione è stato proprio per questo. Volevo risolvere completamente questo problema per essere libera. Ero cosciente di quello che ero riuscita a fare, nonostante fossi parzialmente limitata. Poter fare le prossime stagioni al pieno delle mie forze magari mi farà fare un piccolo step. E’ stata un’operazione complessa e può recidivare. Io tra l’altro sono stata particolarmente sfortunata perché ho dovuto farla due volte: al primo tentativo non era stata risolutiva e quindi dopo un mese mi sono dovuta operare di nuovo. E’ stata dura mentalmente. Però sono contenta di esserne uscita e di aver ripreso ad allenarmi. 

Quanto sei stata ferma?

Due mesi e mezzo. Mi è mancata tanto la bici, però l’aspetto positivo è che non ho mai avuto così tanta voglia come quest’anno di allenarmi.

La cuneese ha subito una doppia operazione a fine estate (foto Instagram)
La cuneese ha subito una doppia operazione a fine estate (foto Instagram)
Erica, sei una scalatrice con l’arrivo di un’atleta forte come Silvia Persico come vi gestirete in salita? Immaginiamo che lei avrà un ruolo importante visti i suoi risultati…

Intanto bisognerà vedere quanto tempo ci metterò a ritrovare una buona condizione e come risponderà il mio fisico allo stress importante a cui è stato sottoposto. Immagino che nella prima parte di stagione non potrò essere al 100%, pertanto sarò più che felice di mettermi a disposizione in qualsiasi ruolo la squadra voglia affidarmi, per Silvia e per le altre. Il livello medio della squadra si è alzato molto e abbiamo diverse carte che possiamo giocarci bene. Sono felice di essere una di queste pedine.

Cosa ti aspetti da te stessa?

Se le cose andranno come spero e arriverò bene agli appuntamenti a cui tengo di più, avrò dello spazio anche per me stessa. E gli appuntamenti a cui tengo sono le corse dure, quelle in salita…  quindi i grandi Giri.

Parlando con i tuoi colleghi uomini, si dice che la figura dello scalatore puro stia scomparendo: evoluzione delle preparazioni, dei materiali, dei rapporti… Lo scalatore da 55 chili è ormai una chimera. E’ così anche tra le donne, visto che il livello cresce come tra gli uomini?

Penso che in parte sia così anche tra le donne. Anzi, forse da noi questa cosa si avverte ancora di più. E’ sempre più difficile sperare di staccare tutte su una salita secca e arrivare da sole. E dipende anche dai percorsi. Le occasioni per farlo sono molto poche, si contano sulle dita di una mano. Alla fine sono quelle poche tappe al Giro o al Tour in cui effettivamente si riesce a fare una corsa di grande selezione, proprio perché il livello medio si è alzato molto. Solo nell’avvicinamento alla salita se sei una scalatrice pura e magrolina, se non hai i watt, la potenza per reggere in pianura… fai tanta fatica. Puoi essere la più forte al mondo in salita, ma se ci arrivi consumata dallo sforzo non puoi esprimerti al 100%.

E se ci fossero stati i vecchi rapporti, tu che sei una scalatrice saresti stata avvantaggiata? Prima il 34 non c’era e la passista-scalatrice riesce a difendersi con l’alta cadenza…

Probabilmente i rapporti più corti avvantaggiano più loro che noi scalatrici, però resto dell’idea che ormai comunque devi essere capace di difenderti su ogni terreno. Bisogna avere una certa potenza di base.

La salita è il terreno preferito dalla Magnaldi. «Per andare forte – dice – non basta solo essere leggere ma serve anche la forza pura»
La salita è il terreno preferito dalla Magnaldi. «Per andare forte – dice – non basta solo essere leggere ma serve anche la forza pura»
A proposito di potenza, ci sembri più tonica, più muscolosa. E’ così effettivamente?

E’ vero, ho lavorato parecchio sulla forza. Io ho iniziato tardi con il ciclismo: quando sono diventata una pro’ avevo già 24 anni. Da quando ho iniziato, anno per anno, ho visto che il mio corpo è cambiato. Già soltanto aumentando la quantità di chilometri ho sviluppato dei muscoli differenti. In più negli ultimi due anni ho introdotto anche la preparazione in palestra e ne ho tratto un gran beneficio.

E’ fondamentale ormai…

E’ così. E’ necessario per poter rispondere agli attacchi, per poter tenere bene in gruppo e non essere al gancio già in pianura. Avere appunto un po’ di watt assoluti è vitale, non conta soltanto un buon rapporto potenza/peso.

Prima hai detto che le tappe per voi scalatrici si contano sulle dita di una mano: e allora qual è il sogno di Erica Magnaldi?

Se dovessi scegliere una corsa mi piacerebbe vincere una tappa. Una di quelle dure del Giro, del Tour. E perché no, magari centrare una top five in classifica generale. 

Giù il tabù della massaggiatrice. L’esperienza di Laura Doimo

29.12.2022
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Donne e ciclismo, un connubio che fino a qualche anno fa non era così scontato, anzi… Ma qualcosa si muove. Merito dei tempi che cambiano e, nel caso più specifico, dell’avvento del WorldTour femminile che ha dato un grande impulso anche culturale se vogliamo. E così ecco che Fabiana Luperini diventa la prima direttrice sportiva italiana in una squadra maschile, il Team Corratecche ci siano più addette stampa e persino delle massaggiatrici in pianta stabile tra i pro’. Una di queste è Laura Doimo.

E quello della massaggiatrice è il ruolo più delicato. Interfacciarsi con una massaggiatrice donna per molti è più complicato. E anche per questo motivo per loro trovare spazio nei team non è facile. La Doimo però è una di coloro che invece sembra averlo trovato questo spazio. Laura infatti dalla prossima stagione farà parte dello staff della Q36.5

Ad aprire le porte del grande ciclismo alla Doimo è stato Francesco Frassi (alla destra di Laura), ora diesse della Corratec
Ad aprire le porte del grande ciclismo alla Doimo è stato Francesco Frassi (alla destra di Laura), ora diesse della Corratec
Laura sei stata la prima massaggiatrice italiana in una squadra maschile… Tu avevi iniziato con l’Amore e Vita e c’era anche Francesco Frassi, il quale ha oggi richiamato alla Corratec anche la Luperini. Serviva dunque una persona più sensibile per rompere questo tabù?

Sì, fu Frassi a coinvolgermi tra gli uomini. Io ero nel mondo femminile, ma volevo passare a quello maschile. Facemmo una trasferta in Francia. Era una gara di cinque giorni. Erano i tempi dell’Amore e Vita e quella esperienza mi ha praticamente fatto entrare nel mondo maschile. Sei anni fa poi la differenza era molto più marcata, adesso invece tra donne e uomini è tutto molto più simile. A quei tempi una donna ai massaggi faceva paura. Frassi mi disse: “Non ti preoccupare, vieni via con noi, vedrai che non cambia tanto”. Mi piacque tantissimo e mi accorsi subito che era tutta un’altra cosa.

Da lì è iniziato il tutto?

Esatto, perché poi sembra un mondo grande, ma in realtà è piccolissimo. Ti vedono, ti conoscono e ti chiamano. Quest’anno ho lavorato con tante squadre, una diversa dall’altra… anche under 23. Ero al Giro under 23 con l’interregionale.

Laura, raccontaci un po’ la tua storia…

Sono stata insieme ad un corridore per quattro anni. Era un professionista che correva nel WorldTour. Io ero estetista, facevo già i massaggi e avevo fatto dei corsi e degli studi che poi andando avanti ho perfezionato e continuo a fare anche in ambito sportivo. Già all’epoca facevo dei massaggi e spesso li praticavo sul mio compagno. E’ successo che una volta sono andata a vederlo al Tour de France. Sono rimasta con gli altri massaggiatori all’interno del bus e per due giorni ho fatto tutto quello che facevano loro: dagli alberghi a tutto il resto e mi sono innamorata di questo mestiere.

La Doimo ha lottato per ottenere un posto in una squadra maschile. Le prime esperienze risalgono al 2015/2016 con l’Amore e Vita
La Doimo ha lottato per ottenere un posto in una squadra maschile. Le prime esperienze risalgono al 2015/2016 con l’Amore e Vita
E’ comprensibile. E come sei arrivata al ciclismo?

Mi piace muovermi, essere sempre in giro e il mondo dello sport lo adoro. Poi la storia con questo atleta è finita, ho continuato ad avere il mio centro di estetica, ma contestualmente un amico mi ha chiesto se volevo fare la massaggiatrice in una squadra ciclistica femminile. Ho imparato il mestiere anche grazie ad un massaggiatore e fisioterapista della mia zona che lavorava nel ciclismo. Qualche tempo dopo mi hanno proposto di fare questo lavoro a tempo pieno. E così ho mollato il mio centro…

E adesso sei alla Q36.5…

L’anno scorso ho provato a chiedere a tutte le maggiori squadre, soprattutto squadre italiane. Ma queste non vogliono saperne di donne. Alcune squadre straniere sì, anche se non sono entusiaste in prima battuta. Però all’estero è diverso. E’ più accettato questo mio ruolo. Quest’anno ho firmato con la Q36.5. A loro invece piace proprio: vogliono le donne nello staff perché molti di quel gruppo ci si sono trovati bene in passato. 

Resta difficile trovare squadra?

C’è molta difficoltà. Ho avuto delle belle soddisfazioni. Molti ragazzi si sono trovati veramente bene con me, e io con loro. Per assurdo è più facile rispetto al mondo delle donne che è più particolare.

Laura ha collaborato anche con squadre femminile, tra queste la Valcar
La massaggiatrice ha collaborato anche con squadre femminile, tra queste la Valcar
C’è una sorta di pudore da parte dei corridori verso la massaggiatrice donna, pensando che devono spogliarsi durante il massaggio? 

Pudore… io lo vedo dalla parte della donna, perché magari un massaggiatore uomo queste cose non le nota. Diciamo che siamo in un mondo dove gli ormoni sono molto alti, sia nei ragazzi che nello staff. Ma forse, anzi senza forse, gli atleti sono molto più tranquilli. Sì, può succedere a volte che un corridore ci provi, però non ci sono problemi. So io come fare. Il peggio è il resto dello staff. Molti quando vedono una donna, magari anche piacevole, dopo un po’ di giorni che magari si è in trasferta cominciano a fare gli “sciocchi”. Quindi se tu donna sei una persona un po’ debole…

Ci “caschi”….

Esatto. Succede il caos e ti rovini la reputazione, il rapporto di lavoro. Io l’ho sempre detto a me stessa dal primo momento che sono entrata nelle squadre maschili: “Non devo fare la scema”. Non mi è difficile, non ho più vent’anni, quindi so gestire la mia vita. Però è già successo che ragazze più giovani di me siano rimaste coinvolte in alcune storie e si siano bruciate. E tutto sommato posso anche capirlo: ragazzo e ragazza giovani, carini…  Però bisogna ricordarsi che si è sul posto di lavoro. Devi essere professionale e rigare dritta. Perché se sbagli una volta sei segnata per sempre. 

Per molti anni il ciclismo è stato un tabù per le donne anche negli staff. Adesso le cose stanno cambiando
Per molti anni il ciclismo è stato un tabù per le donne anche negli staff. Adesso le cose stanno cambiando
Nel mondo femminile gli staff sono dominati dalle “quote rosa”: è più facile?

Il mondo femminile è completamente un’altra cosa. Là tutto è concesso e non ci sono certi problemi. Però a me piace essere seria: fuori dal lavoro ho la mia vita, all’interno del lavoro ne ho un’altra. Nel mondo femminile è più facile chiaramente. Negli ultimi due anni soprattutto stanno proprio cercando donne per gli staff. E vogliono donne che abbiano potere come le diesse, o che guidino i bus, che facciano i massaggi e persino il meccanico… anche se quest’ultima figura è un po’ più difficile da trovare al femminile. In questi anni ho avuto richieste di continuo dal mondo femminile.

E tu? Prima hai detto che è anche più particolare…

Ci ho già lavorato per quattro anni e posso dire che con le ragazze non è facile. Soprattutto da un punto di vista psicologico. Da donna ammetto che caratterialmente siamo più difficili da gestire. Spesso le atlete se non c’è un problema se lo inventano. E devi avere tanta, tanta pazienza. L’anno scorso ho lavorato con le ragazze dell’Alé e mi son trovata bene con tutte, però è un continuo lavoro psicologico. Vedendola da terapeuta, i ragazzi combattono un po’ di più.

Adesso quante massaggiatrici siete più o meno tra professionisti e professioniste?

Non saprei dire un numero, ma ne vedo sempre di più. Addette stampa ce ne sono parecchie… Comunque i team WorldTour che hanno sia la squadra femminile che quella maschile hanno un numero maggiori di massaggiatrici. Hanno ormai lo staff unico e se lo scambiano. Perciò capita spesso che le donne che sono con le donne magari vadano anche con la squadra maschile. Anche diversi medici sono donne.