A poche ore dalla prima lista, ancora lunga, di Bennati, dei convocati per il mondiale di Wollongong, l’attesa cresce. Il debutto iridato per il cittì sarà tosto, l’Italia manca dal gradino più alto del podio dal 2008 di Varese. Giorno nel quale, ad indossare la maglia più famosa del ciclismo fu Alessandro Ballan. Lo incontriamo allo stand di BMC, all’Italian Bike Festival, dove ieri (ed anche oggi) c’era Evans. I due scherzano, pedalano e parlano con la gente.
«Il bello delle fiere e del ciclismo – inizia a dirci Ballan – è che le persone ci vedono, facciamo foto, interviste. Il nostro è uno sport bello e la passione dei tifosi è coinvolgente, arrivo a fine giornata stravolto, ma è così che deve essere».
Ballan allo stand di BMC è uno dei più richiesti dal pubblico e dagli addetti ai lavoriTante foto e tanta attenzione per l’iridato di Varese 2008 anche quando passeggia all’interno dell’IBFBallan allo stand di BMC è uno dei più richiesti dal pubblico e dagli addetti ai lavoriTante foto e tanta attenzione per l’iridato di Varese 2008 anche quando passeggia all’interno dell’IBF
Siamo a pochi giorni dal via della settimana iridata, che mondiale vedi?
Credo che questo mondiale si stia vivendo in maniera diversa dagli anni passati. Soprattutto perché si disputerà in Australia, quindi un Paese molto lontano da noi, non se ne è parlato così tanto. Sarà sicuramente insidioso, alla fine si tratta della corsa più importante dell’anno, ogni percorso porta i suoi problemi.
Anche questo non ne è esente…
Saranno 4.000 metri di dislivello, ne deduco che sarà duro e ne uscirà un campione del mondo di fondo, ma soprattutto veloce. Gli ultimi 9 chilometri saranno totalmente piatti, questo darà la possibilità a vari corridori di rientrare nel finale. Potrebbe finire tranquillamente in una volata ristretta.
Tanti favoriti quindi?
Il favorito numero uno è Van Aert, come lo poteva essere lo scorso anno. C’è da aggiungere la presenza di Girmay, che è stato capace di vincere proprio contro il belga quest’anno alla Gand-Wevelgem. Mancherà Alaphilippe, con grande probabilità, vincitore delle ultime due edizioni. E non escluderei assolutamente Evenepoel, però il Belgio a questo punto deve capire che strategia può mettere in atto…
Van Aert è il favorito per Wollongong, un corridore capace di vincere ovunqueEvenepoel ci ha abituato a grandi azioni da lontano: l’ultima a San SebastianVan Aert è il favorito per Wollongong, un corridore capace di vincere ovunqueEvenepoel ci ha abituato a grandi azioni da lontano: l’ultima a San Sebastian
Secondo te?
Penso che l’unica chance di Remco sia quella di arrivare da solo al traguardo, un po’ come ha fatto a San Sebastian e meno recentemente alla Liegi-Bastogne-Liegi. Dovrebbe cercare di fare una selezione simile a quella che fece all’europeo di Trento. Evenepoel in volata parte battuto rispetto agli altri corridori, la sua carta il Belgio potrebbe essere una scelta da giocarsi per far muovere anche le altre squadre.
Non dovrebbe però portare via un gruppo ma andare da solo?
Certo, se si dovesse creare un gruppetto con lui davanti insieme ad altri corridori non avrebbe senso collaborare. Rischierebbe di arrivare al traguardo e di perdere, al mondiale non conta il piazzamento, ma solo chi vince. Il secondo posto conta molto poco alla fine.
La nostra nazionale arriva con qualche difficoltà, tu su chi punteresti?
Non ci sono molti nomi tra cui scegliere, negli ultimi anni tirare fuori i 9 convocati non è assolutamente facile. La squadra con Ballerini, negli anni dove correvo anche io, era molto difficile da fare. Franco era costretto a lasciare fuori molti nomi di spessore.
Bettiol capitano unico quindi?
La scelta di Bennati di portarlo come capitano (non ancora confermata ma manca solo l’ufficialità, ndr) è giusta. Alberto è un corridore di fondo, molto particolare, ma se riesce a cogliere la giornata giusta è in grado di cogliere il risultato pieno, come ha fatto al Fiandre.
Girmay potrebbe essere uno dei corridori che proveranno a dare fastidio a Van AertIn Australia mancherà, probabilmente, il vincitore degli ultimi due mondiali: AlaphilippeGirmay potrebbe essere uno dei corridori che proveranno a dare fastidio a Van AertIn Australia mancherà, probabilmente, il vincitore degli ultimi due mondiali: Alaphilippe
Al suo fianco chi metteresti?
Trentin, come uomo di esperienza e guida in gara non può mancare, il suo apporto potrebbe diventare fondamentale. Per il resto punterei su una squadra di giovani interessanti: da Bagioli a Battistella e molti altri. Quest’anno non potranno dire la loro ma il mondiale australiano sarà una bella scuola.
Battistella ha fatto due bei podi alla Vuelta, poi è tornato a casa con la febbre…
E’ un corridore che mi piace molto, è tornato a casa dalla Spagna con un po’ di febbre, spero non abbia compromesso totalmente la condizione. Vive dalle mie parti. Mi piace perché è completo e tiene la distanza. Lo abbiamo visto spesso davanti, anche al campionato italiano vinto da Nizzolo ed è arrivato terzo quest’anno. Lo vediamo spesso davanti in chilometraggi al di sopra dei 250 chilometri, e questo è fondamentale per un corridore.
Bettiol sarà con grande probabilità la punta degli azzurriTrentin, come all’europeo, avrà il ruolo di regista in corsaBattistella ha raccolto due podi alla Vuelta, prima di ritirarsi al via della 18ª tappaBettiol sarà con grande probabilità la punta degli azzurriTrentin, come all’europeo, avrà il ruolo di regista in corsaBattistella ha raccolto due podi alla Vuelta, prima di ritirarsi al via della 18ª tappa
Quel chilometraggio è una barriera naturale…
Sì, per farvi un esempio: io in carriera ho vinto poco, però quel poco l’ho sempre ottenuto sopra i 250 chilometri. Questo vuol dire che le mie prestazioni rimanevano costanti, mentre quelle degli altri calavano. E’ una caratteristica che crea già delle differenze in gruppo.
Il fatto che l’Italia non sarà protagonista come la vedi, come potrebbe agire?
Arrivare lì e non avere pressione ti dà quel qualcosa in più di tranquillità nel gestire la corsa. Sei più sereno e, banalmente, riesci a dormire senza ansie la notte prima. E’ logico che la nostra nazionale sia una delle più importanti. Storicamente, negli ultimi anni, non avere un corridore di spicco ha sempre un po’ condizionato la gara. Mi aspetto che Bennati faccia vedere la maglia nelle prime file lo stesso, non sarà facile ma ci deve provare.
Nella confusione del paddock di Misano Marittima dove si sta svolgendo l’Italian Bike Festival, spunta un volto conosciuto: è quello di Cadel Evans. L’ex corridore australiano è nello stand BMC, a testare bici gravel con il sorriso di sempre. Evans ha smesso di correre nel 2015 proprio con il BMC Racing Team ed è rimasto nel panorama del brand svizzero. L’occasione di avere davanti una personaggio del suo calibro è ghiotta e ne approfittiamo.
Cadel Evans in questi giorni si sta divertendo a pedalare con la bici Kaius, soggetto di un nostro recente testCadel Evans in questi giorni si sta divertendo a pedalare con la bici Kaius, soggetto di un nostro recente test
Cadel, che cosa stai facendo ora?
Continuo il mio lavoro di brand ambassador, questa all’Italian Bike Festival è una delle prime esperienze che faccio dopo la chiusura dovuta al Covid. Sono contento di ritrovare tante persone che conosco da molti anni, è bello essere qui senza mascherina (dice ridendo, ndr) fare delle prime prove di bici è divertente. Pedalo con vecchie conoscenze (dietro di lui passa proprio Alessandro Ballan, altro ambassador BMC, ndr).
Ti sei votato al gravel ora?
Mi piace moltissimo, da quando ho smesso di correre faccio solo quello. Ho unito la mia passione per il fuori strada e la fisionomia delle bici da corsa.
Ci sarà anche il mondiale ad ottobre…
Sì. Un gran bell’evento, peccato non essermi preparato prima per correre e provare a vincerlo (ci dice con un sorriso malizioso, ndr).
Dal 2023 tornerà la Cadel Evans Great Ocean Road Race, gara del calendario WT (foto sito ufficiale)Dal 2023 tornerà la Cadel Evans Great Ocean Road Race, gara del calendario WT (foto sito ufficiale)
Come ti trovi qui a Misano?
In 5 minuti sono entrato ed ho trovato 5 o 6 ex corridori professionisti. Anche mentre parcheggiavo la macchina, ho incrociato Bettini che mi ha consigliato un buon parcheggio (ride ancora, ndr). E’ incredibile perché ritrovo gente che conosco da quando correvo in mountain bike da junior, è divertente andare in queste fiere internazionali è trovare ancora le stesse persone. Ho tenuto un bel rapporto per fortuna!
Hai seguito ultimamente le gare?
Sì, seguo ancora molto. Certo, ora sono dalla parte dei tifosi, esco qualche volta con alcuni professionisti che abitano vicino a me. La mia corsa, la “Cadel Evans Great Ocean Road Race” ricomincia a gennaio del 2023 e stiamo lavorando sodo.
Hai visto il Tour de France?
Certo, è stato molto bello, direi entusiasmante. Si è visto un po’ di tutto: sfortuna, cadute, attacchi, il crollo di Pogacar, che sembrava essere Superman ed invece si è scoperto umano. E’ stato molto bello anche per il movimento del ciclismo. Vingegaard ha corso in maniera molto intelligente, calcolando tutti gli sforzi.
La bellezza dell’ultimo Tour de France non ha lasciato indifferente l’ex corridore australiano, vincitore della Grande Boucle nel 2011La bellezza dell’ultimo Tour non ha lasciato indifferente l’ex corridore australiano
La Jumbo Visma ha fatto un bel passo in avanti…
Negli anni scorsi ha investito molto ed ora tutto questo ha iniziato a pagare. E’ stato bello anche il momento della stretta di mano dopo la caduta di Pogacar tra lui e Jonas, una scena di ciclismo antico.
Sta andando fortissimo, è impressionante. Tutti pensavano che che potesse crollare l’ultima settimana, ma per il momento resiste ancora in maniera solida (ieri, tappa 19 la corsa era ancora in mano al belga, ndr). Anche nella tappa dove è arrivato dietro Meintjes, la numero nove, è stato impressionante. Roglic era in crescita, ma non è andato come ci si aspettava, poi ha avuto l’ennesima sfortuna. Non so se va al mondiale, ma con la gamba che ha direi proprio che ci sarà (esclama con un mezzo sorriso, ndr), io lo porterei.
La resistenza di Evenepoel ha sorpreso tutti, anche Evans, il belga arriverà con morale e condizione al mondiale australianoLa resistenza di Evenepoel ha sorpreso anche Evans, il belga arriverà con morale e condizione al mondiale
I mondiali saranno in Australia, a casa tua, bello, no?
Soprattutto per il ciclismo in Australia, visto che per due anni non abbiamo avuto corse internazionali a causa del Covid. Spero che per il ciclismo australiano possa essere un bel modo per ricominciare con continuità e che i corridori possano tornare nel mio Paese.
Andrai a vederlo?
Sì, sì. Partirò giovedì prossimo e sarò lì la settimana prima della corsa, come testimonial del mondiale. Penso che avrò un ruolo di riferimento per la stampa, vado con gran piacere a vederlo.
Hindley, australiano anche lui, ha vinto il Giro quest’anno…
Sembrava potesse vincerlo nel 2020, ma poi ha perso il primo posto a favore di Geoghegan Hart. Nel 2021 ha avuto un anno di sfortuna e difficoltà, ma ha sempre lavorato per migliorare e quest’anno ha preso la sua rivincita.
Jai Hindley, maglia rosa a Verona, è il quarto australiano a salire su un podio ad un Grande GiroO’Connor e Haig, al Tour, non sono riusciti a tenere lo stesso livello del connazionale Hindley è il quarto australiano a salire su un podio ad un Grande GiroO’Connor e Haig, al Tour, non sono riusciti a tenere lo stesso livello del connazionale
Anche la Bora è cresciuta tanto.
Hanno lavorato tanto ed investito altrettanto, adesso hanno cambiato modo di correre, passando da una squadra veloce ad una da salita. Si pensava che potesse ripartire, con convinzione, il movimento australiano, ma poi al Tour Haig e O’Connor hanno avuto qualche difficoltà.
Hai visto il percorso del mondiale?
Sulla carta, ma vorrei fare una ricognizione, è un anno che non vado a pedalare nella zona di Wollongong. Vederlo su una mappa è diverso, le strade in Australia sono larghe, quindi potrebbe uscire una corsa meno nervosa del previsto. Da quel che si legge molte nazionali stanno facendo una squadra vicina agli scalatori.
Il profilo del mondiale di Wollongong risulta impegnativo, ma la larghezza delle strade potrebbe aiutare a rendere la corsa meno nervosaLa larghezza delle strade potrebbe aiutare a rendere meno nervoso il mondiale di Wollongong
Lui è una bel punto di domanda, nel senso della forma. Se sta bene, vince in salita, sugli Champs Elysees, insomma, sembra invincibile.
Come saranno il pubblico e il clima di questo mondiale?
La voglia degli australiani di vedere questo mondiale è alta. Non abbiamo la tradizione ciclistica europea, ma siamo in grande attesa. Ora da noi si esce dall’inverno, penso che ci sarà un clima abbastanza mite, vedremo, manca sempre meno!
La rincorsa di Egan Bernal alla migliore condizione procede alacremente. Il colombiano esce da una bella Liegi. Gambe e morale sono in netto miglioramento
La storia di George Hincapie vale la trama di un film. Ed è per questo che mentre l’americano parla seduto a un tavolo in questo angolo caldo di Toscana, davanti agli occhi scorrono le immagini di una vita affascinante ma dura. Hincapie il gregario, figlio di colombiani emigrati in America. Scoperto per caso a Central Park da quel mecenate (marchigiano) della bici che si chiamava Fred Mengoni e portato alla Motorola appena un anno dopo l’arrivo di Armstrong che in un modo o nell’altro gli avrebbe cambiato la vita.
L’ottavo, il primo
Quando Evans l’ha chiamato per venire a Saturnia a festeggiare i 10 anni del Tour, George ha prenotato in men che non si dica. Ne aveva già vinti sette accanto al texano, ma di quel giallo restano soltanto le ombre, una dannata parentesi della storia con cui fare quotidianamente i conti. George i conti li chiuse nel settembre del 2012, giusto l’anno dopo il Tour con Evans, quando fu costretto a raccontare la sua versione della storia e questo gli valse sei mesi di sospensione e le vittorie dal 31 maggio 2004 al 31 luglio 2006. Aveva 39 anni, il ciclismo aveva poco altro da regalargli e così smise.
Con i compagni a Parigi, sembra un film, era realtà
Fino al 2005 assieme ad Armstrong in tutti i Tour vinti e poi cancellati
A Parigi da vincitori del Tour 2011, alla presentazione del successivo
Con i compagni a Parigi, sembra un film, era realtà
Fino al 2005 assieme ad Armstrong in tutti i Tour vinti e poi cancellati
A Parigi da vincitori del Tour 2011, alla presentazione del successivo
Uomo in affari
Ci ha sempre regalato la sua gentilezza, anche se con gli occhialoni e la barba ispida sembra un vero cow boy. Oggi gestisce un hotel cui ha dato il nome di Domestique, gregario, ai piedi della Blu Ridge Mountains in South Carolina: monti nella catena degli Appalachi resi celebri da alcune canzoni di John Denver. Le stanze di quell’hotel portano il nome di alcune delle località che lo hanno visto sudare su una bici. Bordeaux, Courchevel, Aubisque, Aspin, La Madeleine, Galibier, Azet, Chartres, Colombiere, Lombarde, Portillon, Dijon, Tourmalet. E anche l’ospitalità, fra campi da golf e tour in bicicletta, è la somma delle esperienze in giro per il mondo.
Accanto al suo ultimo capitano, Hincapie sulle strade etrusche di SaturniaAccanto al suo ultimo capitano, Hincapie sulle strade etrusche di Saturnia
In più ha una linea di abbigliamento fondata nel 2002 con suo fratello Rich, con cui vestì anche la BMC di allora, e coordina l’organizzazione di tre Gran Fondo che portano il suo nome: in South Carolina, in Pensylvania e in Tennessee.
La nuova vita
Da quel passato ha preso le distanze e anzi si è fatto portavoce di un diverso modo di fare ciclismo, quello giusto e certamente sano.
«Io e Cadel – ricorda – abbiamo fatto un pezzetto di storia insieme. Siamo partiti da quella che sembrava una piccola squadra e quello che abbiamo fatto è stato davvero importante nella mia carriera. Non potevo dire di no. Naturalmente l’ho fatto per tutto il gruppo, è bastato rivedere il video l’altra sera in cui si raccontava quel Tour. Mi ha chiamato a giugno, dicendomi che si sarebbe potuto fare qualcosa del genere, ma non aveva le idee chiare. I dettagli li ho saputi la settimana scorsa…».
Un sorso di vino prima di ripartire: per Hincapie ora il ciclismo è relaxUn sorso di vino prima di ripartire: per Hincapie ora il ciclismo è relax
Gregario e leader
La magia di quella BMC è qualcosa di cui abbiamo parlato spesso con i corridori che ne facevano parte e accettarono a malincuore di disperdersi, quando con la morte del fondatore Andy Rihs fu chiaro che il team avrebbe cessato di esistere.
«La grande forza di quel team – racconta – fu prima di tutto Andy Rihs, molto appassionato di sport. Poi Jim Ochowitz, un grande boss, e John Lelangue, un grande direttore sportivo. A quel punto della mia carriera avevo bisogno di un ruolo diverso, al servizio di un capitano. Quando diventi un professionista, ti rendi conto che il talento può portarti lontano, ma non basta. Ti rendi conto che tutti a quel livello sono straordinariamente bravi e la vera differenza è mentale. Nasce tutto dal tuo desiderio di lavorare, la disciplina sul lavoro. Queste sono le cose che fanno la differenza. E per me arrivare nella squadra di Cadel significava accettare anche più responsabilità, mi sono goduto quella piccola parte della mia carriera».
Verso l’ignoto
Il ciclismo oggi è un’altra cosa, ma non solo per l’impressionante mole dei controlli messa in atto proprio dopo quel dannato periodo americano, ma anche per cosa significa essere in gruppo.
«E’ un altro mondo – dice – noi eravamo pronti per qualsiasi cosa succedesse sulla strada, ci conoscevamo bene come squadra e andavamo spesso verso l’ignoto. Sulle mappe non c’era scritto se le strade fossero strette oppure molto ripide. Potevi aver fatto il sopralluogo e ricordare qualcosa, ma nessuno sapeva tutto nei dettagli e la bravura stava nel reagire e nel gestire le situazioni. Invece adesso sanno tutti esattamente ciò che sta per accadere e secondo me tanta tecnologia aumenta lo stress e tutto diventa più pericoloso. Vedo i corridori combattere sempre per tenere la testa. Ma resta bello. Sono ancora contento di guardarlo in televisione».
Sosta per fare qualche foto: Evans, Bookwalter e HincapieSosta per fare qualche foto: Evans, Bookwalter e Hincapie
Back home
George rientrerà oggi negli Stati Uniti, proprio nel momento in cui ha iniziato a fare pace con il fuso orario. Si è goduto ogni attimo con il sorriso sul volto, chiedendosi se e quando si vedranno ancora. E’ stato già tanto aver potuto volare nonostante il Covid.
«Torno al mio piccolo hotel in South Carolina – dice – e alla mia linea di abbigliamento che mi porta in giro per il Paese. Ho molto da fare. Ho tre Gran Fondo, sono ancora coinvolto nel ciclismo. Ma a Cadel non potevo dire proprio di no».
La prossima Gran Fondo si correrà il 23 ottobre a Greenville, nel South Carolina, sulle strade in cui era solito prepararsi per il Tour. George sembra ancora in gran forma. A vederlo passare sulla sua BMC in un paio di inquadrature è parso di riconoscere il corridore che nel 2011 aiutò il suo capitano a vincere il Tour de France. E di quello negli annali resterà per sempre la traccia.
Ieri, ma dieci anni fa, Cadel Evans vinceva il Tour de France. Lo aveva sfiorato. Nel 2007 e nel 2008 era arrivato secondo. Nel 2010 lo aveva finito correndo con un braccio rotto, perdendo per questo la maglia gialla. Il 2011 fu speciale, un otto volante. Sembrò colare a picco dopo la vittoria di Andy Schleck sul Galibier, ma nella crono di Grenoble, 24 ore prima della fine, mise nei pedali le delusioni degli anni precedenti e le fatiche di tutta la vita e volò a prendersi la maglia gialla.
«Secondo me avrebbe potuto vincere anche la crono – racconta John Lelangue, allora sull’ammiraglia della BMC – ma avrebbe rischiato di cadere. Arrivò 7 secondi dietro Martin, ma non gli dissi che era così vicino, altrimenti in discesa avrebbe provato a vincere rischiando però di perdere il Tour».
Saturnia, casa BMC
Ieri e oggi, dieci anni dopo, Cadel Evans ha raccolto a Saturnia i compagni di allora per festeggiare quella maglia gialla. Mancano soltanto Santaromita, Schar che è a Tokyo e Burghardt che sta per avere un bambino. Gli altri sono tutti qui, compresi John Lelangue (oggi team manager alla Lotto Soudal) e il massaggiatore di sempre David Bombeke. Hincapie è venuto apposta dagli Stati Uniti, Quinziato dalla Spagna. Tutti qui per stringersi attorno al capitano di allora, nel segno di un’amicizia che è ancora tutta qua.
Cadel è sempre Cadel. La differenza è qualche ruga in più sul volto e quel filo di barba che tutto sommato sa di vacanza. Si aggira per l’enorme hall del Resort delle Terme con i figli Aidan e Blake e la compagna Stefania (foto di apertura). Quando poi viene a sedersi, il suo tono di voce è lo stesso della prima volta, nel lontanissimo 2002 in cui perse la maglia rosa a Passo Coe. Il passare del tempo lo riconosci da questo e devi esserne grato.
Vinto il Tour de France: giusto ieri, 10 anni fa, il 24 luglio del 2011
Tour del 2011, sul Galibier paura di aver perso tutto
Nella crono di Grenoble, un capolavoro di forza e deternminazione
Dopo la crono di Grenoble, presa la maglia. Il guerriero si commuove
A Parigi con Andy Rihs: vincere il Tour era un sogno per entrambi
Con i compagni a Parigi, sembra un film, era realtà
Vinto il Tour de France: giusto ieri, 10 anni fa, il 24 luglio del 2011
Tour del 2011, sul Galibier paura di aver perso tutto
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Dopo la crono di Grenoble, presa la maglia. Il guerriero si commuove
A Parigi con Andy Rihs: vincere il Tour era un sogno per entrambi
Con i compagni a Parigi, sembra un film, era realtà
Già passati 10 anni dal Tour…
Non mi ero reso conto fino ad adesso, ma davvero sono passati. Eppure che ogni volta che lo dico, tutti rispondono: «Già 10 anni?».
Il Tour cambia le cose?
Il Tour cambia la vita. Avevo già avuto delle vittorie che mi avevano cambiato la carriera, ma il Tour proprio mi ha cambiato la vita. Più del mondiale. Dalla mia prospettiva, il mondiale cambia la tua posizione nel mondo del ciclismo, ma il Tour de France cambia tutto. Lo hanno visto tutti, anche negli altri sport e in tanti mondi lontani. E’ una cosa enorme.
Da cosa si capiva che potesse essere la volta buona?
Per due volte ero stato secondo per meno di un minuto. Nel 2010 eravamo messi benissimo, ma ho avuto una piccola caduta, ho finito la tappa, ho preso la maglia gialla e ho scoperto di avere la frattura del braccio. Ero il leader e ho continuato, ma lo finii lontanissimo. Avevo due minuti di vantaggio su Contador, già lì senza la caduta mancava poco. Anche nel 2007 e nel 2008 con più fortuna potevo fare di più. Ero vicino, ma lontano.
Ci hai sempre creduto, però…
Ho continuato a credere in me stesso e ad insistere, anche se forse ormai la gente aveva dubbi. Io no li ho mai avuti, ma le squadre e il ciclismo in generale, in quel tempo lì… Sarei stato il più anziano vincitore del Tour nel dopoguerra, anche i numeri iniziavano a dire che diventava difficile. Ho continuato a insistere e poi avevo questa squadra dietro di me…
Tutto il team con la maglia commemorativa
Orso Francardo, titolare di BMC Italia, ricorda la figura di Andy Rihs
Manuel Quinziato, uno degli uomini fidati dell’australiano nel 2011
Tutto il team con la maglia commemorativa
Orso Francardo, titolare di BMC Italia, ricorda la figura di Andy Rihs
Manuel Quinziato, uno degli uomini fidati dell’australiano nel 2011
Ecco, la squadra: perché fu così magica quelle BMC?
Al primo incontro che feci con Jim Ochowitz, manager della squadra, abbiamo parlato, abbiamo messo in chiaro le cose che erano successe, perché non avessi vinto. Lui mi ascoltò e disse: «Tu hai bisogno di una squadra che creda in te». E io gli dissi di sì, che chiedevo solo quello e da lì abbiamo cominciato. E’ stata un’ottima opportunità per la mia carriera, la migliore visti i risultati.
Scegliesti tu gli uomini per quel Tour?
Lo facemmo insieme ai direttori sportivi. Sapevamo da prima chi meritava di andare. Una cosa bella che si era creata fra di noi è che nessuno era sotto pressione per dimostrare il suo valore, ma al contempo nessuno voleva essere l’anello debole della catena e tutti si impegnavano al massimo. Parlavo stamattina con Quinziato e quel venerdì di 10 anni fa, a tre giorni dalla fine, aveva il dubbio che saremmo riusciti a vincere il Tour. E me lo ha raccontato solo adesso, 10 anni dopo…
Pochi minuti alla partenza dell’uscita. Evans scalpita
George Hincapie è arrivato appositamente dagli Usa
Con Dalia Muccioli, Cadel ha da poco condiviso un tour dalla Svizzera a Parigi
Morabito buca, interviene Andrea Gurayev, uomo BMC e anima di Saturnua Bike
Sosta per fare qualche foto: Evans, Bookwalter e Hincapie
Il percorso è stato frecciato nella notte
Pochi minuti alla partenza dell’uscita. Evans scalpita
George Hincapie è arrivato appositamente dagli Usa
Con Dalia Muccioli, Cadel ha da poco condiviso un tour dalla Svizzera a Parigi
Morabito buca, interviene Andrea Gurayev, uomo BMC e anima di Saturnua Bike
Sosta per fare qualche foto: Evans, Bookwalter e Hincapie
Il percorso è stato frecciato nella notte
Fu un anno magico per tutti.
Era una squadra, per la fortuna del ciclismo, con un appassionato come Andy Rihs (il proprietario della Bmc, scomparso nel 2018, ndr) che investiva tanto. Devo ringraziarlo per l’opportunità che mi ha dato. Ma ribadisco questa cosa: nessuno voleva essere l’anello debole e questo ha creato la forza tra di noi. Avevamo avuto una bella stagione, dalla Tirreno al Romandia, solo il Delfinato così e così. Quella forza tra noi si è trasformata in una bella amicizia, tanto che siamo ancora qua, felicissimi.
Ricordi tutto di quel Tour?
L’ho raccontato così tante volte (ride, ndr) che purtroppo ho dimenticato poco. Ti metti lì, scrivi libri, vai su internet… Ricordo tutto molto bene. Nel mio Paese non si riesce a capire cosa fosse successo.
Che cosa?
Per il pubblico australiano è stato il successo sportivo più importante nella storia. Per questo le curiosità, le domande, le analisi… Io non sapevo neanche che tutta l’Australia guardasse la televisione e che tutti ancora oggi si ricordano dov’erano il giorno della cronometro di Grenoble. Una cosa incredibile. Hugh Jackman (l’interprpete di Wolverine, ndr) era lì sui Campi Elisi a guardare il podio. Un uomo di Hollywood, lì per me. Il primo ministro mi chiamava. Io non sapevo, ma l’Australia era dietro di me a seguirmi con speranza. Mai con pressione, ma sempre con speranza.
Un brindisi con Evans a metà percorso: occasione da non perdereUn brindisi con Evans a metà percorso: occasione da non perdere
Ti manca tutto ciò? Ti è pesato smettere?
Sinceramente sono tornato dal Tour 2012 e ho scoperto che stavo male. Sapevo di non poter rientrare a un buon livello, avrei dovuto faticare di più con meno possibilità. Lavori di più e non arrivi neanche e a un certo livello… Così ho pensato che ero via da casa da 17 anni per correre, facendo tanti sacrifici. Il mio obiettivo di carriera era dare tutto, ma per non avere rimorsi il giorno che fosse finita l’opportunità di essere ciclista.
Così è andata?
Nell’ultima corsa ho fatto la volata per il quinto posto. Era la mia corsa, la Cadel Evans Great Ocean Road. Ho passato il traguardo e ho detto: «Ho dato tutto». Avevo i crampi, avevo dato il massimo e per questo smettere non è stato troppo pesante. Sarò per sempre grato per la fortuna di aver fatto questa carriera, ma era arrivato il momento di dire basta. Sono quello che sono per il ciclismo. Mi ha dato l’opportunità di viaggiare, incontrare persone, esperienze sportive.
Come è nata l’idea di questa riunione?
All’inizio volevo farla nella mia corsa in Australia, ma negli ultimi mesi (sorride amaro, ndr) sono cambiate un po’ di cose per tutti. Allora ho cercato di fare qualcosa per ricordare. E’ nato da BMC Italia grazie a Orso Francardo, poi sono arrivati Andrea e Karin qui a Saturnia con Saturnia Bike. Non sono venuti tutti, ma ci siamo ritrovati come in un ritiro di squadra, ma su misura a come siamo adesso. Ieri abbiamo fatto una pedalata fra di noi, tranquilli. Sosta alla cantina, bicchiere di vino, spuntino, degustazione di cibo toscano. Ma anche con la voglia di essere insieme in bici, che è parte della nostra storia personale.
Quinziato firma un telaio commemorativo, ovviamente giallo
La pedalata si è conclusa presso la sede del rent Saturnia Bike
Una giornata torrida, alla fine un buffet con tanta frutta fresca
Il sorriso di Dalia Muccioli, testimonial BMC e volto di bici.PRO
In gruppo c’è anche Alessandro Ballan, testimonial e ambassador di BMC
Quinziato firma un telaio commemorativo, ovviamente giallo
La pedalata si è conclusa presso la sede del rent Saturnia Bike
Una giornata torrida, alla fine un buffet con tanta frutta fresca
In gruppo c’è anche Alessandro Ballan, testimonial e ambassador di BMC
Il sorriso di Dalia Muccioli, testimonial BMC e volto di bici.PRO
Vi siete sempre tenuti in contatto?
C’è sempre stato un bel rapporto fra quasi tutti i corridori. Ci frequentiamo, vado spesso da George (Hincapie, ndr) in vacanza con la famiglia. Morabito lo vedo spesso, facciamo insieme piccoli eventi in Svizzera. Poi sento spesso Brent (Bookwalter, ndr), Quinziato ogni tanto.
Cosa ti pare del ciclismo di oggi?
Lo vedo da fuori. Ci sono novità interessanti, nuove corse. Su certe cose si sta reinventando. Però per quel che riguarda questi ultimi tempi con la pandemia, non invidio niente ai corridori. Uno stress incredibile. Il livello della preparazione dei corridori al Tour de France è pari a quella che una volta faceva il leader. L’ottavo della squadra è come il capitano di 10 anni fa, se non di più. I sacrifici sono sempre di più e magari anche per questo vengono fuori più giovani, che hanno l’entusiasmo di reggerli. Ogni periodo ha le sue caratteristiche e adesso sta cambiando, è una variazione continua.
Da sinistra, Bookwalter, Moinard, Evans, Hincapie, Quinziato, Morabito. Dietro Karin Bernardi, Gurayev e un assessore di SaturniaDa sinistra, Bookwalter, Moinard, Evans, Hincapie, Quinziato, Morabito. Dietro Karin Bernardi, Gurayev e un assessore di Saturnia
Nel 2022 si farà nuovamente la tua corsa?
Speriamo, non vado in Australia da un anno e mezzo e con i vaccini non sono messi tanto bene. Dipende dalle decisioni del Governo, ma la voglia di farla c’è ancora. Sarebbe tornare alla normalità, come l’abbiamo conosciuta prima della pandemia.
Grazie Cadel.
Grazie a voi, speriamo di ricominciare a vederci più spesso.
Si capì subito che sarebbe stata una tappa fradicia d’acqua e fango, ma nessuno al via di quella tappa del 2010 era in grado di dare una dimensione alla lordura in cui i corridori si trovarono mettendo le ruote sul primo sterrato. Nibali era in maglia rosa, dopo la cronosquadre di Cuneo che aveva premiato la Liquigas, ma dopo i primi chilometri verso Montalcino i colori mutarono tutti in un grigio compatto. Il gruppo invece finì in brandelli. Anche la maglia iridata di Cadel Evans cambiò subito aspetto, mentre l’indole del guerriero australiano venne fuori di prepotenza.
Cadel Evans, sul podio della sua corsa in Australia, con Viviani che la vinse nel 2019Cadel Evans, sul podio della sua corsa in Australia, con Viviani che la vinse nel 2019
Un intreccio di storie
Nella storia di quel giorno si intrecciarono le parabole di uomini destinati a entrare nei cuori. La scivolata di Scarponi, che tirò giù Nibali. Chi poteva immaginare che di lì a cinque anni, Michele avrebbe scortato il siciliano verso la maglia gialla e poi alla seconda rosa con quel gesto di impagabile fedeltà in Piemonte? La vittoria di Evans, campione del mondo destinato all’ennesima beffa al Giro e poi al Tour, alla vigilia del 2011 che gli avrebbe consegnato finalmente la maglia gialla. E la resurrezione di Basso, che di lì a poco avrebbe riconquistato la rosa dopo la squalifica e la faticosa rincorsa. Ma Evans quel giorno…
Nibali è in rosa ma cade. Arriverà a 2′ da Evans, Basso a 2’05”Nibali è in rosa ma cade. Arriverà a 2′ da Evans, Basso a 2’05”
«Ho ancora le foto a casa – sorride – fu la mia vittoria più bella, più del mondiale e del Tour. Per vari motivi. Prima sul piano personale, perché quel giorno dovetti attingere a tutte le esperienze della mia carriera e concentrarle in una sola tappa. E poi fu indimenticabile per lo spettacolo che offrì. Sterrato. Brutto tempo. Cadute. Una corsa senza schemi. Una tappa che ha prodotto così tanti ricordi, che ancora adesso in certi giorni quando sono in bici, mi capita di pensarci».
Kappaò all’Aquila
Cadel vive ancora a Mendrisio e quando parte in bici, praticamente ogni giorno, la memoria va per forza al mondiale, dato che il circuito iridato del 2009 era già prima ed è ancora oggi il giardino dei suoi allenamenti. Il ciclismo c’è ancora, essendo un ambassador di Bmc. E difficilmente si perde le corse che contano. Il 19 maggio, quando il Giro tornerà proprio sugli sterrati di Montalcino, l’asutraliano sarà in Toscana con Bmc per un giro celebrativo. Partiranno da Saturnia, dove Andrea Gurayev ha allestito un hub per l’azienda svizzera in Toscana, e pedaleranno con l’amministratore delegato in persona fino al traguardo di tappa. Dove probabilmente Cadel sarà coinvolto nelle premiazioni.
Scarponi sarà quinto al traguardo a 1’01” da EvansScarponi sarà quinto al traguardo a 1’01” da Evans
«Quel giorno – sorride – pensai seriamente che finalmente avrei potuto vincere il Giro. Il giorno prima ero 16° in classifica, la sera mi ritrovai secondo dietro Vinokourov. Fu una bella botta per tanti corridori. Invece nella famosa tappa dell’Aquila mi svegliai con la febbre, partì la fuga e arrivai con 11 minuti. Giro addio. Anche se poi arrivai ancora secondo sullo Zoncolan e nella cronoscalata (Plan de Corones, ndr) e strappai il quinto posto finale».
La scuola del cross
Tra i suoi impegni c’è anche la corsa in Australia, la Cadel Evans Great Ocean Road, disputata per la prima volta nel 2015, che tornerà nel 2022 causa Covid. Fa un certo effetto parlare con lui e ricordare i suoi trascorsi da mountain biker, autentica mosca bianca in quegli anni, mentre oggi la regola vede campioni incrociare bici e strade diverse.
Cadel attacca e porta con sé Vinokourov. VIncerà con 2″ su Cunego e il kazakoCadel attacca e porta con sé Vinokourov. VIncerà con 2″ su Cunego e il kazako
«Continuo ad andare in bici ogni giorno – dice – anche se non ho la forma per vincere una tappa al Giro. Se la vivi con passione da quando sei ragazzo, non c’è pericolo che ti stanchi di allenarti. Ho sempre creduto alla scuola della mountain bike, per quello che mi ha insegnato nei primi anni di carriera e che proprio quel giorno a Montalcino mi permise di fare la differenza. Io ero comodissimo in quella situazione e immagino che oggi lo sarebbero anche Sagan oppure, se ci fossero, Van de Poel e Pidcock. Forse non è per caso che già da un po’ di anni i talenti vengano fuori dal ciclocross e dalla mountain bike. Perché insegnano delle abilità diverse, quelle di cui c’è bisogno per saper fronteggiare ogni situazione».