Trent’anni fa con Ballerini, l’Het Volk e la Roubaix

27.02.2025
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Era il 25 febbraio del 1995, giusto 30 anni fa, quando Franco Ballerini vinse l’Het Volk e, leggendovi un auspicio, di lì a poco conquistò la prima Roubaix. Nel 2008, la Het volk è diventata Omloop Het Nieuwsblad, si correrà sabato da Gand a Ninove e non c’è guerriero del Nord che non brami di mettersi alla prova. Questi erano i suoi giorni. Il tempo di un passaggio alla Sanremo e il Ballero sarebbe sparito per tre settimane sulle strade del Nord. Come si faceva una volta, quando quel viaggio era una missione per veri soldati. Si prendeva possesso di un hotel, di solito piccino perché le grandi catene non c’erano ancora, e si passava il tempo allenandosi sui muri e sul pavé con lo stesso gruppo di compagni, giorno dopo giorno.

Sono passati 15 anni da quando Franco ci ha lasciato e da quel giorno, soprattutto quando si comincia a guardare verso il Nord, non c’è un solo momento in cui la mente di chi l’ha conosciuto non torni da lui. Per questo e per sentire come vadano le cose, abbiamo pensato di rinfrescare i ricordi con l’aiuto di Sabrina Ricasoli, sua moglie e mamma di Gianmarco e Matteo. I figli di Franco. Quelli che ti mostrava nel telefonino ogni volta che gliene chiedessi notizie e ti raccontava almeno un aneddoto di ciascuno, da cui emergevano come i gioielli che sono divenuti crescendo.

Het Volk del 1995: Franco Ballerini vince nell’opening weekend del Nord e getta le basi della prima Roubaix
Het Volk del 1995: Franco Ballerini vince nell’opening weekend del Nord e getta le basi della prima Roubaix
La campagna belga, Sabrina, ti ricordi?

Mi ricordo sì. La campagna del Nord è che Franco si trasferiva in Belgio per 20-25 giorni e quando iniziava l’anno era tutto un’attesa di quei giorni lassù. Faceva dietro moto con mio babbo (i due sono insieme nella foto di apertura a Roubaix, dopo la vittoria del 1995, ndr). Le uscite di tutti i giorni, però non ricordo che avesse un pezzo di pavé dove fare le prove. La distanza lunghissima durante la settimana. La dieta, perché non doveva prendere peso. Un test dietro l’altro. Ogni cosa nella preparazione invernale era fatta per la campagna belga.

E’ vero che a un certo punto cambiava anche l’umore?

Per capirci, vi racconto questo. Matteo gli assomiglia tantissimo, come aspetto ma di carattere anche di più. Lui ovviamente non è un personaggio pubblico, quindi magari non ci si fa caso. Però capita anche che stia zitto per un’intera settimana. E se ci parlo, parlo da sola. Anche Franco poteva restare in silenzio per un’intera settimana, ma non perché non fosse più una persona allegra. Era solamente la sua concentrazione, non lo so quel che era. Io so che molte volte parlava da sola anche con lui, ecco.

Giro di Lombardia 2003, Franco e Sabrina Ballerini in un weekend da commissario tecnico
Giro di Lombardia 2003, Franco e Sabrina Ballerini in un weekend da commissario tecnico
Visto il tuo essere spesso allegra, era un bell’andare, no?

Sì, sì, esatto. Che poi, aspetta, il bello è che doveva filare tutto liscio con la preparazione. Non ci doveva essere un raffreddore, non ci doveva essere assolutamente un’influenza. Se i bambini, in quel periodo c’era Gianmarco, riportavano un virus o un’influenza dall’asilo, Franco ovviamente dormiva in un’altra stanza. Le situazioni erano queste, poi magari era il primo che si ammalava e noi no. La prevenzione al quel tempo si faceva così.

Doveva stare a dieta?

Era molto concentrato nell’alimentazione, una tragedia familiare enorme. Franco purtroppo aveva la tendenza a prendere peso, specialmente d’inverno. Quando non c’erano le gare non faceva delle mangiate incredibili, proprio perché ci stava attento. Secondo me mangiava molto di più quando iniziava ad allenarsi. Sono arrivata a cuocergli tantissima pasta, però senza olio e senza burro, senza panne, senza condimenti. Forse per questo non so fare niente da mangiare, tra il fatto che non mi piace cucinare e il fatto che ho imparato solamente a fare carne ai ferri e pasta al pomodoro. Ma le insalate te le lavo come ti pare… (ride, ndr).

Quella scritta sulla maglia, preparata proprio con Sabrina, fu il commiato di Ballerini dalla Roubaix
Quella scritta sulla maglia, preparata proprio con Sabrina, fu il commiato di Ballerini dalla Roubaix
Per quello sei sempre così magra, ecco il segreto…

Infatti! Gianmarco è stato parecchio a mangiare dalla mia mamma, perché per i primi 2-3 anni da quando è nato si viveva da lei. Lui è un mangione incredibile, gli piace tutto e quando mi dice: «Mamma, sono a cena da te!», mi faccio il segno della croce, perché lui non l’accontenti con una pietanza. Franco mangiava in modo più salutare, che a me piace, perché è semplice da preparare.

Finché arrivava il momento in cui si faceva la valigia per il Nord…

La fase della valigia in realtà era normale, non è che ci fosse tensione o emozioni. Si sapeva che era il momento più importante dell’anno per lui e per noi come famiglia. Però la situazione era tranquilla, non ci dava tanto da pensare. Nel 1998 nella valigia ci mise un portachiavi fatto all’asilo da Gianmarco per la festa del papà. Invece quando poi diventò cittì, non partiva per il mondiale senza l’orologio rosso. Prima che arrivassero i figli capitò anche a me di andare su, ricordo un anno con la moglie di Cipollini e ci divertimmo tantissimo. Poi s’è smesso, mentre mio padre continuava ad andare con i tifosi. Ma senti cosa è successo l’altro giorno…

La bici della seconda Roubaix di Ballerini ha ancora il fango ed è un oggetto sacro per il popolo del ciclismo
La bici della seconda Roubaix di Ballerini ha ancora il fango ed è un oggetto sacro per il popolo del ciclismo
Che cosa?

Ora i miei figlioli sono tutti e due fidanzati, Gianmarco ha anche un bambino: Cristian. E l’altro giorno la sua compagna diceva: «Perché non si va a Roubaix un giorno?». Per Matteo, la morte di Franco è stata un tabù fino a quasi tre anni fa. Non se ne poteva parlare assolutamente e, se capitava, se ne andava. Non è mai stato a manifestazioni o commemorazioni. Invece da quando si è fidanzato, devo dare il merito alla sua ragazza, le cose sono cambiate. In più, lavorando in una concessionaria, si ritrova con il pubblico e capita che la gente gli chieda se sia il figliolo di Franco. E quindi s’è trovato a dover buttare giù, mattone dopo mattone, questo muro che aveva intorno. E ora gli piace, ne parla e riguarda le gare del babbo. Ne parla anche troppo, per essere un tipo così chiuso. Chissà quindi se tutti e quattro un giorno prendono e vanno a Roubaix, per vedere il velodromo e quei posti lassù.

Cosa ricordi di quando Franco vinse la prima Roubaix? Noi eravamo con lui e ricordiamo la telefonata a casa e Gianmarco che diceva: «Babbo, rubé! Babbo, rubé!».

Sì, perché Gianmarco aveva due anni, nel 1995. Anzi, doveva ancora compierli. Lì è stato un casino. La gente del paese da tutte le parti, questo bambino che non lo ritrovavo neanche e me lo prendevano per tenermelo. Insomma, un vortice incredibile. E come si fa a dimenticare? E’ stata la nostra vita, impossibile non ricordarlo.

Gruppo di famiglia. Con Sabrina, Gianmarco e il figlio Cristian, Matteo e le loro compagne (immagine Facebook)
Gruppo di famiglia. Con Sabrina, Gianmarco e il figlio Cristian, Matteo e le loro compagne (immagine Facebook)
Uno dei ricordi più belli venendo da voi poco dopo quella vittoria furono i cimeli tutti infangati esposti in casa.

Ci sono ancora. Lo sai, ci si abitua a tutto nella vita, no? Però capisci che sono cose di un certo valore quando incontri una persona che te lo fa capire. E io, guarda il destino, l’ho incontrata a una cena di beneficenza fatta nel giorno di San Valentino per il Meyer (l’ospedale pediatrico di Firenze, ndr) nel nome di Franco. C’era un ragazzo e noi avevamo la bici dell’ultima Roubaix, quella che c’è rimasto tutto il fango. E a un certo punto lui dice che deve alzarsi per andare a vederla da vicino ed è andato. Si è emozionato e poi è venuto accanto a me e non credeva che avessi ancora le scarpe di quel giorno. E lo vedevo che era proprio emozionatissimo, quindi mi sono detta che è proprio vero che sono ricordi preziosi. E insomma, quand’è così, gli dai ancora più valore…