Davide De Pretto ha la voce decisa di chi ha già bene in testa quali sono i suoi obiettivi e ha già tracciato la strada per raggiungerli. Il primo anno da under 23 lo ha corso con la maglia Beltrami TSA Tre Colli, mentre quest’anno si è accasato alla Zalf Euromobil Desirée Fior. “Accasarsi” è forse il termine giusto se si considera che Davide abita a Piovene di Rocchette, nel cuore del territorio contraddistinto dai colori della Zalf.
Maggiore comodità
«Il cambio di squadra – inizia Davide – non è dovuto al fatto che non mi trovassi bene, ma da una questione prettamente logistica. Abitando lontano dalla squadra (Beltrami, ndr) mi allenavo sempre da solo e anche alle gare andavo sempre in solitaria. Ho preferito venire alla Zalf perché ho la possibilità di allenarmi quasi tutti i giorni con i compagni che abitano vicino a me: Cattelan, Raccani, Zurlo, Guerra, Faresin… Quando facciamo il lungo si uniscono a noi anche i ragazzi che vivono un po’ più lontano».
La prima vittoria
A Lucca, domenica 6 marzo, mentre prendeva il via la Parigi-Nizza, Davide De Pretto ha colto la sua prima vittoria tra gli under 23 al Memorial Mauro Dinucci (foto Scanferla in apertura). La seconda in stagione per la Zalf dopo quella firmata da Guzzo alla Firenze-Empoli.
«Ci voleva – esclama De Pretto – avevo proprio bisogno di una vittoria per iniziare la nuova avventura. Ora che mi sono tolto questo pensiero dalla testa mi sento più sollevato e pronto a lavorare senza troppi pensieri. Ho passato un buon inverno ed il lavoro con la squadra mi è servito molto. Abbiamo fatto ben tre ritiri e le sensazioni nei giorni scorsi erano buone, non mi aspettavo la vittoria. I miei obiettivi a breve termine erano, e rimangono, le gare internazionali: San Vendemiano, Piva e Belvedere».
Ciclocross ormai lontano
Davide De Pretto, negli anni fino alla categoria juniores, si è sempre messo in bella mostra anche nel fango. Il ciclocross è stata una disciplina nella quale si è contraddistinto in maniera positiva ottenendo ottimi risultati. Per il secondo anno di fila non ha inforcato la bici da ciclocross, verrebbe da chiedersi come mai.
«Con i diesse della Zalf non ne ho parlato – risponde – anche perché io stesso preferisco concentrarmi sulla strada. Voglio impegnarmi per ottenere buoni risultati anche qui, non so poi cosa farò il prossimo inverno».
Le stesse parole le aveva dette all’inizio della scorsa stagione. Questo suo continuo “rimandare” sembra nascondere una poca volontà di riprendere questa disciplina e ciò un po’ dispiace visto il grande talento e dall’altro fa pensare a quali grandi margini abbia su strada.
La curiosità è tanta, inutile negarlo, perché non capita spesso che un ragazzo venga preso di sana pianta da un altro settore e portato alla strada ma senza cambiargli le strategie per il futuro, senza dire «il ciclocross non lo fai più, ora pensa solo a correre su strada». Con Federico Ceolin il ragionamento che la Beltrami TSA-Tre Colliha posto in essere è più profondo: provare a sviluppare il talento del ragazzo su più fronti, come ormai è consuetudine all’estero, nei Paesi dove sfornano campioni a getto continuo.
Federico è conscio di avere su di sé molta attenzione e si sta preparando per questo, ma ci tiene a sottolineare che il ciclismo su strada non gli è totalmente sconosciuto: «Da juniores ho fatto un po’ di esperienza alla Libertas Scorzé: avevo sempre il ciclocross come riferimento, d’estate correvo più in Mtb ma qualche prova su strada l’ho fatta, anche a livello di gara. E’ chiaramente poco, ma mi è rimasto dentro qualche fondamentale che mi sarà certamente utile».
E’ questo concetto che mi ha convinto, non posso negare che per me il ciclocross viene prima di tutto ma la strada “è” il ciclismo, quando capita un’opportunità del genere non puoi dire di no. Ci vorrà tempo, ci vorrà rodaggio, ci vorrà applicazione ma ce la metterò tutta.
Hai già avuto modo di “assaggiare” il nuovo team e la nuova realtà?
Poco purtroppo, il Covid mi ha fermato per quasi un mese. Ho fatto un ritrovo di 3 giorni più che altro per conoscere il gruppo, ma aspetto con ansia il primo ritiro al quale potrò prendere parte, da sabato a Riotorto in Toscana, lì si stabilirà anche il programma delle gare. Vorrei cominciare subito, ma chiaramente alle prime gare andranno quelli più in forma e che vanno più forte.
Come giudichi la tua stagione di ciclocross?
Avrei voluto chiuderla con i Tricolori, puntavo a un piazzamento sul podio e stavo andando forte, avevo vinto solamente due settimane prima, ma il Covid ha vanificato tutto. Ero già stato in quarantena fiduciaria per mio padre, poi sono risultato positivo asintomatico e rimasto fermo due settimane. E’ stata dura poi ripartire, pian piano però il fisico ha cominciato a rispondere e ora sto tornando ai miei livelli.
Parlando di te, Pontoni ha detto che hai dalla tua una grande potenza, ma soffri un po’ per cali di concentrazione…
Non andrei mai contro l’esperienza del cittì, le sue parole sono sempre dettate dalla saggezza. Probabilmente faccio fatica a risollevarmi da momenti difficili ed eventi sfortunati, in quei frangenti è difficile rimanere concentrati, sicuramente la testa fa tanto. So che si poteva raccogliere di più nella stagione appena conclusa, ma devo guardare avanti.
E’ pur vero però che ti considera sempre un possibile azzurro.
Con Pontoni c’è sempre stata sincerità e grande fiducia, poi le convocazioni bisogna guadagnarsele, so che è tutto nelle mie mani.
Potresti essere un esempio, l’idea che la Beltrami ha avuto nei tuoi confronti potrebbe essere sfruttata da altri.
Lo so e credo che sia esattamente quello che manca all’Italia, al nostro movimento in paragone all’estero. Guardate Van Der Poel o Van Aert, per me sono grandissimi campioni anche perché hanno dietro una struttura che li accompagna dodici mesi l’anno, a prescindere dalla disciplina che praticano. Se anche da noi si potrà fare lo stesso, se i corridori potranno gareggiare d’inverno e d’estate sempre con la stessa maglia, crescere sarà più semplice. Il progetto mi ha subito entusiasmato e mi rende molto orgoglioso.
Tu vieni dal ciclocross e dovrai adattarti alla strada: è più facile questo passaggio o quello inverso?
Sicuramente il mio. Per gareggiare nel ciclocross e poter emergere serve una base tecnica, una capacità di guida che puoi acquisire solo da giovanissimo, per attivare quegli automatismi necessari, Arrivarci da junior o Under 23 è più difficile. Approdando alla strada le differenze sono più dettate dal ritmo di gara, dalla lunghezza passando da una a 4-5 ore di competizione. Non dimentichiamo poi che anche i biker fanno tanta strada, soprattutto in allenamento.
Una delle difficoltà più segnalate è il riuscire a stare in gruppo.
Certamente non è semplice, lì spero mi verranno in aiuto le reminiscenze da junior. C’è comunque tanto da imparare: tempo ce n’è ma neanche tanto, considerando che sono all’ultimo anno U23 e sono già in una fase nella quale bisogna far vedere di che pasta si è fatti, se si vuole strappare un contratto da pro’. Bisogna darsi da fare…
Qualche giorno fa, parlando con Roberto Miodini, ci aveva colpito la sua scelta di portare nella Beltrami Tsa-Tre Colli Federico Ceolin: «E’ un crossista puro – aveva affermato il diesse – non un corridore che fa anche ciclocross». Una notizia che ne porta con sé anche un’altra, quella dell’interesse diretto del team verso il ciclocross, foriero di un suo futuro anche all’interno della specialità.
Per saperne di più non potevamo che rendere note queste parole al cittì della nazionale azzurra Daniele Pontoni, che conosce molto bene il ragazzo friulano e che è sicuramente molto interessato dai propositi del team. Abbiamo dovuto attendere il ritorno della nazionale azzurra da Fayetteville (invero un po’ ritardato dalle coincidenze dei voli) ma alla fine Pontoni, in procinto di prendersi una meritata breve vacanza dopo una stagione lunga e foriera di risultati positivi, ha dato le sue risposte.
Partiamo da Ceolin: che cosa ci puoi dire di lui?
E’ un ragazzo pieno di qualità, che deve crescere ancora tanto. Finora è andato un po’ a corrente alternata, soprattutto dal punto di vista della concentrazione. Durante la stagione alterna cose egregie ad altre un po’ sottotono e si capisce che non è una questione fisica, quanto proprio di testa.
Ti stupisce l’interesse della Beltrami TSA-Tre Colli nei suoi confronti?
No, perché anche se non ha mai fatto strada, è un ragazzo che ha già dimostrato quel che vale nel ciclocross. La nuova esperienza non potrà fargli che bene. Consideriamo che è un corridore molto giovane e queste novità potrebbero proprio limare quello che è stato finora un freno, portandolo a concentrarsi in maniera più continua verso la propria attività. L’importante è che sia convinto e non si senta costretto a farlo, deve avere la consapevolezza che può essere un’esperienza utile e positiva.
Tecnicamente che caratteristiche ha?
E’ un corridore molto potente. Forse in qualche frangente diventa un po’ troppo aggressivo nella guida, ha solo bisogno di un po’ più di concentrazione per controllare i tratti più difficili, ma sicuramente la potenza è un fattore a suo vantaggio e credo che questo possa emergere anche su strada.
Che cosa ne pensi dell’idea della Beltrami di approcciarsi al ciclocross? Il loro è un discorso che inverte una linea finora in voga di contrapporre le due specialità, ultimo caso quello relativo a Bryan Olivo…
Sono parole che mi fanno molto piacere. Io sono convinto che se lo fa un team, poi ce ne sarà un altro e un altro ancora e così via, è questo il discorso di cambiamento culturale al quale mi sono sempre riferito. Scopriranno che in questo mondo c’è qualcosa d’importante che viene a vantaggio di tutti, faccio un semplicissimo esempio: gareggiando d’inverno c’è la possibilità di dare molta più immagine agli sponsor spingendoli a investire di più…
Pensi di prendere contatto con loro?
Adesso mi prendo qualche giorno di pausa perché la stagione è stata lunga ed è giusto che mi dedichi alla famiglia. Entro fine mese però metteremo già in moto tutta la macchina per la stagione prossima e prenderò sicuramente contatto non solo con la Beltrami, ma anche con tante altre realtà.
L’idea di tenere attiva la nazionale di ciclocross anche nella stagione su strada è sempre viva?
Più che mai, stabiliremo una serie di date utili e di manifestazioni alle quali prendere parte, soprattutto dal mese di luglio in poi in modo da arrivare all’avvio della stagione sui prati già abbastanza rodati.
Facendo un bilancio della trasferta di Fayetteville, che cosa ti è rimasto?
Il fatto che sono tutti andati al di là dei propri limiti onorando al meglio non solo la maglia, ma anche chi per molti motivi non poteva essere lì. Alla fine erano tutti veramente contenti, è stata una trasferta più che positiva.
Sei d’accordo che il bronzo inaspettato della Persico sia nato dalla sua azione nella seconda tornata, quando Vos e Brand hanno fatto esplodere la corsa e lei è stata brava a tenere duro più delle avversarie?
Il suo capolavoro è cominciato da lì, nel secondo e terzo giro, quando ha visto che la Alvarado seguiva le avversarie e non si è data per vinta tenendola sempre nel mirino fino a riagguantarla. Quello americano era un percorso infido, si è visto che se perdevi una decina di secondi era poi quasi impossibile ricucire lo strappo, lei è stata brava a rimanere a poca distanza dall’olandese fino a riuscire a riprenderla. Il resto è stato consequenziale.
Arzeni dice che questa nuova Persico potrà fare molto bene su strada…
La conosce bene e io la penso esattamente come lui. Al di là della medaglia, io ho visto nel corso di tutta la stagione una sua maggiore consapevolezza, ora Silvia è un’atleta a 360°, che affronterà la stagione su strada con un nuovo entusiasmo, spero che riesca a cogliere le occasioni che certamente le si presenteranno, può vincere anche lì. Gareggiare su strada non può dare che vantaggi, se ne accorgerà anche Ceolin, ne sono sicuro.
Dopo le parole di Ulissi sulla determinazione degli italiani, Trentin propone una chiave di lettura sulla loro attività. Tante domande in cerca di risposte
In un anno dagli juniores al primo assaggio di professionismo. Lorenzo Milesi, bergamasco di San Pellegrino Terme, è uno di quelli cui in qualche misura si è provato a far salire due gradini per volta, con frequenti assaggi di professionismo in maglia Beltrami TSA. Di lui avevamo raccontato all’inizio della stagione, parlandone anche con Orlando Maini, suo direttore sportivo nella continental emiliana.
Arrivava dalla Trevigliese, portando in dote l’italiano della crono e il bronzo europeo 2020 della crono. Alla fine della stagione e con le valigie pronte per il passaggio al Team Dsm Development, torniamo a bussare alla sua porta dopo che l’allenamento si è prolungato per approfittare della giornata di sole e dopo la sessione di lavoro in palestra. Si lavora ancora a ritmo blando, da queste parti, ma si lavora.
Che cosa resta di questa prima stagione da U23?
Alti e bassi, più bassi che alti. Mi sono trovato meglio nelle gare con i professionisti, perché il gruppo è più ordinato. Ho avuto qualche caduta di troppo. Ma per essere il primo anno, si poteva mettere in conto che trovassi delle difficoltà. Per cui tutto nella norma.
Che cosa porti via con te?
Aver capito come e dove lavorare. La voglia di riprendere il lavoro sulla crono che ho un po’ mollato. La necessità di approfondire il discorso dell’alimentazione. Tutte cose che ho iniziato a fare e che farò sempre di più con il Team Dsm.
Come è nato il contatto?
Mi hanno cercato dopo il Giro d’Italia. Avevo già altre offerte, ma ho scelto loro. Ne ho parlato un po’ con Garofoli (il marchigiano ha corso nella squadra olandese per tutto il 2021, poi è passato alla Astana continental, ndr), ma non siamo proprio uguali per cui ho fatto la mia scelta in totale autonomia. Andrò a vivere lassù da metà gennaio, sarà una scelta tecnica e anche di vita. Penso che riuscirò a cavarmela anche nel tenere in ordine la casa. E se lassù il freddo può essere un problema, vi assicuro che qua da noi con le temperature basse non si scherza…
Che cosa hai capito dal primo ritiro con la nuova squadra?
Siamo stati su per quattro giorni a fine ottobre, non si è parlato di programmi. Però mi ha fatto un’impressione bellissima, è tutto molto organizzato. C’è una figura per ogni ruolo, nessuna confusione. E poi negli stesi giorni c’erano le donne e i corridori WorldTour, è stato come sentirsi parte di qualcosa di grande. Faremo il primo ritiro a metà gennaio in Spagna e lì probabilmente ci sarà anche un primo calendario.
Hai parlato di tanti bassi, c’è stato qualche momento positivo?
Le ultime tappe al Giro d’Italia. Il Giro dell’Emilia, perché anche se mi sono ritirato, ero in una bella fuga. La Bernocchi e Laigueglia. Ho avuto sensazioni positive in mezzo a corridori ben più grandi e forti di me. Non ho mai pensato di aver fatto il passo troppo lungo.
E’ arrivato il famoso diploma?
Il diploma in meccatronica, è arrivato finalmente. E non potete immaginare quanto sia bello ora poter pensare solamente alla bicicletta. Non posso dire che sia quello che sognavo da bambino, perché corro solo da tre anni, ma mi piace. Rispetto a chi ha cominciato prima mi manca qualcosa sul piano tattico, ma sto migliorando di corsa in corsa.
Che inverno stai facendo?
Tranquillo. Ieri ho fatto le mie tre orette, ma tranquillo. Il programma me l’hanno dato i preparatori della Dsm, gestiscono tutto loro. Faccio bici e palestra e poi vogliono che in alcuni giorni faccia altri sport e io vado in mountain bike oppure a nuotare.
Perché dici che anche da voi è freddo?
Perché domenica ha nevicato. In alto è tutto bianco, sotto per fortuna non ha attaccato. Non credo che adattarmi al clima olandese sarà poi così difficile…
Nell’articolo del mattino in cui si parlava con Rossato della crono e della squadra under 23 della Bardiani, abbiamo fatto volutamente un’annotazione sul fatto che questo potrebbe minare in qualche modo le dinamiche del ciclismo giovanile in Italia. Per confutare questa sensazione, abbiamo chiamato in causa Graziano Beltrami, imprenditore e finanziatore dell’omonima squadra continental, gestita da Stefano Chiari con Orlando Maini sull’ammiraglia.
Lo sguardo è lucido, l’approccio manageriale come si conviene a un manager, ma la competenza e la passione che affiorano dalle parole sono di assoluto rispetto.
«Le problematiche che vedo – dice – sono relative alla funzione delle squadre continental e quello che stanno facendo le professional in rapporto all’attività under 23, che sta prendendo una piega completamente diversa da quello che si era detto. Basta guardare la vittoria dell’altro giorno di Zana tra i professionisti, che poi va a correre il Tour de l’Avenir… Le continental erano nate con un obiettivo secondo me meritorio, quello di cercare i giovani di primo e secondo anno. Accompagnarli ad una attività sempre più qualificata, portarli a una maturità… Questo viene completamente cancellato dalle politiche che stanno attuando le squadre professional, che vanno a raccoglierli tutti, gli fanno dei contratti da professionista e se li portano via».
E voi?
A noi restano gli obblighi. Dobbiamo avere da 10 a 16 corridori e avere 80 punti. Quindi, considerato che i giovani più forti da noi neanche ci arrivano, devi trovare un corridore che i punti te li porti in eredità. Quindi devi prendere un corridore di quarto anno oppure vai a prendere Rebellin, facendo però un lavoro che non è quello per cui le continental sono nate. Abbiamo un ragazzo con 40 punti, ma solo perché lo abbiamo fatto firmare quattro mesi fa quando nessuno se lo filava. E questo mi fa pensare a un problema, che secondo me è il più grosso…
Quale?
Il discorso dei contratti, che noi possiamo fare solo annuali. Così il corridore che pedala un po’ ce lo portano via e allora… hai finito il gioco. Il Baroncini della situazione, ad esempio. La stessa Colpack che l’anno scorso ha fatto un articolo che non finiva più, perché gli portano via tutti i corridori, arriva e si prende il nostro, che poi passa per essere frutto del suo vivaio. Adesso ne ho un altro e ci sono due squadre che non vedono l’ora di portarselo via. Lui non vuole andare, ma il suo procuratore tira perché vada. Ormai ce l’hanno appena nascono, il procuratore. E fra quelli bravi, c’è anche un sottobosco di contrabbandieri, ma quello è un problema delle famiglie che devono vigilare. Se arriva uno che ti promette mari e monti e poi ti frega, è come quando ti vendevano la videocamera nell’autogrill. E comunque io ho i contratti annuali e mi ritrovo a settembre con la fila.
Impossibile opporsi?
Abbiamo un corridore preso tre anni fa, lo abbiamo fatto crescere gradatamente e adesso va benino. Però lo vogliono. Non direi niente se fossero squadre professional, ma se arriva una continental che gli offre 3.000 euro al mese… finisce che a un certo punto la gente si stanca. Non può essere sempre e solo un fatto di soldi.
A tutti i livelli…
Per correre tra i professionisti si deve pagare. Siamo arrivati al colmo che all’inizio della stagione ci chiedevano di pagare anche per fare le corse under 23 in Toscana, anche se poi la federazione ha messo tutto a tacere. E allora bisogna capire a cosa serviamo. Ho già dato l’okay per fare la squadra nel 2022, ma se le cose non cambiano io alla fine del prossimo anno chiudo.
La federazione cosa dice?
L’altro giorno ho parlato con un dirigente regionale secondo cui fra noi squadre non c’è unione. Gli ho chiesto come mai nessuno del comitato regionale sia mai venuto qua a chiederci qualcosa. Questa storia della Bardiani e della Eolo che hanno la squadra under 23 è un chiaro segno. Fanno bene il loro mestiere, nulla da dire con loro. Reverberi lo conosco da quando avevo cinque anni e lui faceva il garzone nell’officina meccanica di mio zio, ho corso per lui e fa la sua parte. Ha capito che a fare il Giro d’Italia under 23 ha più visibilità di andare a Laigueglia e arrivare quarantesimo.
Tornando alla federazione…
La federazione deve mettere le continental nella condizione di fare il loro mestiere. Come? Prima di far passare un corridore, ad esempio, facciamo in modo di parcheggiarlo per una stagione in una continental, in cui lo fanno crescere come vuoi tu. Non costerebbe niente. Oppure ci permettano di fare i contratti con l’opzione per il secondo anno. So di un ragazzo che ha avuto la richiesta di andare in una squadra professional, ma lui dice che non se la sente perché è vero che gli darebbero 27.000 euro all’anno, ma lui vorrebbe prima finire la scuola. E se gli dicono andare in Spagna per 15 giorni a fare la preparazione, gli tocca andare. E la scuola? Servirebbe un po’ di buon senso, ma basta guardare che già facciamo il Giro d’Italia under 23 durante gli esami di maturità…
Un caso abbastanza emblematico, in effetti.
Non l’unico. Un altro ragazzo doveva venire con noi: tutto concordato con il suo procuratore, ma arriva una squadra professional. Non faccio il nome, ma sono quattro si fa presto. Gli chiedono se ha un procuratore, lui dice di sì, ma che non ha firmato niente. Gli chiedono se vuole andare con loro e lui risponde di sì. Ottimo, dicono. Gli propongono di firmare una procura di tre anni con un loro amico e il gioco è fatto. I genitori firmano e quando è arrivato il vecchio procuratore, si è sentito dire che davanti ai soldi c’è poco da dire. Per carità, ho seguito il calcio e sono cose all’ordine del giorno, però dà fastidio perché comunque qui noi ci mettiamo dei soldi
Cosa si può fare?
Mi dicono che in Federazione c’è una persona delegata ai rapporti con le squadre continental. Qualcuno l’ha sentito? Questa persona si è fatta viva? Si è mossa in qualche maniera per ascoltare i nostri problemi? Capisco che fossero tutti a Tokyo e là devono girare col kimono. Ma come in tutte le cose, se a Tokyo ci sono delle persone che fanno il loro mestiere, bisognerebbe che quelle che sono a casa guardino le gare, ma come me intanto facciano il loro lavoro. Invece nessuno si muove, come sempre nessuno parla per paura di essere messo da parte. Io posso accettare che mi diano del tonto sul lavoro, se sbaglio qualcosa. Ma qui no. Qui piuttosto mollo tutto…
Nel covo dei ragazzi della Beltrami Tsa-Tre Colli ci sono due ragazzi, entrambi classe 2002, sui quali c’erano (non a torto) grandi aspettative. Questi due ragazzi sono Davide De Pretto e Lorenzo Milesi. A tratti hanno brillato, a volte meno, ma hanno sempre lottato con grande grinta, pur essendo solo al primo anno nella categoria U23, tra l’altro vestendo la maglia di un team continental.
Di loro ne parliamo anche con Orlando Maini che li segue dall’ammiraglia Beltrami. Diesse che con i giovani ci sa fare e ha un’esperienza pressoché infinita.
De Pretto, crescita regolare
«Io credo – dice Maini – che quello di De Pretto sia un decorso assolutamente regolare che va di pari passo con il suo sviluppo fisico. E’ un corridore polivalente. E’ “velocetto”, va bene in salita, è sveglio, sa leggere la corsa. E queste sono tutte caratteristiche che sono a suo favore, specie pensando al suo futuro. Io poi nella valutazione dei ragazzi non faccio riferimento ai numeri o alle vittorie, ma agli step di crescita. Per me ha fatto una buona annata. E non è finita… E comunque, se dovessi fare riferimento a i numeri nelle due cronosquadre che ha fatto ha mostrato valori importanti. E’ stato così in quella della Coppi e Bartali (foto in apertura, ndr) e al Giro del Veneto».
«De Pretto è un “cecchino” – riprende Maini – quindi lo paragonerei a Ulissi. Però essendo così polivalente, andando bene un po’ dappertutto, mi viene in mente anche Conti. Soprattutto da dilettante Valerio era così: bravo un po’ ovunque e vincente».
«Meglio dopo la scuola»
E sul fatto di essere un corridore completo è d’accordo anche il soggetto chiamato in causa, appunto De Pretto. Il veneto infatti ammette che ama la salita e che: «Mi difendo anche in volata».
«Sin qui per me è stata una stagione abbastanza buona, anche se mi è mancato un piazzamento importante come un podio o una vittoria, ma da qui a fine stagione… Il periodo della scuola è stato il più difficile, ma da quando ho finito le cose sono migliorate, ho preso il ritmo. E non è stato facile neanche adattarsi alla distanza delle gare più importanti. Passare dai 120 chilometri tra gli juniores ai 190 con i pro’ è stato un bel salto. Un adattamento in tutto, anche nell’alimentazione in gara e prima della gara.
«Adesso però arrivano delle corse che mi piacciono. Sabato c’è la Zanè-Monte Cengio, che tra l’altro è praticamente casa mia e con arrivo in salita. E domenica c’è il Gp Sportivi di Poggiana. Fare bene in queste prove non mi dispiacerebbe affatto».
Infine De Pretto smentisce le voci che lo volevano con un piede già in Astana. «No! Non è mai stato così. E non ho contatti. Voglio fare un altro anno almeno tra gli U23, cogliere dei risultati e poi magari passare».
Dal calcio alla bici
E poi c’è Lorenzo Milesi. Il lombardo ha margini pressoché enormi. Lui infatti è salito in bici solo nel 2018, da allievo di secondo anno. Prima era un calciatore. Ciò nonostante l’anno scorso ha vinto il campionato italiano a cronometro e il bronzo europeo nella stessa specialità tra gli juniores.
«Ma il ciclismo mi piace di più, in tutto – dice Milesi – Il rapporto coi compagni poi è diverso. Nel calcio scendi in campo, poi torni a casa e non li vedi più. Qui invece sei sempre insieme, in camera, nei ritiri… Quando ero un calciatore ero un terzino, quasi sempre a sinistra.
«Se mi chiedete se sono soddisfatto della mia stagione rispondo di no. All’inizio credevo fosse più dura, poi con i mesi non è stato facile. Adesso è un mese che sono lontano dalle gare. Vediamo cosa verrà… Ho avuto qualche problema con le posizioni in gruppo. Ho subito due cadute in discesa che mi hanno portato qualche problema».
Milesi invece nelle fila dell’Astana sembrava dovesse finirci per davvero, invece qualcosa è cambiato nel corso della stagione. Lui non si sbottona, ma il passaggio (che comunque dovrebbe esserci) dovrebbe avvenire con un’altra squadra, sempre WorldTour.
Milesi: la crono e la salita
«Lorenzo fisicamente è un ragazzo molto forte – conclude Maini – A volte paga questa sua inesperienza. Oggi tanti corridori hanno iniziato sin da giovanissimi, lui invece va in bici da quattro stagioni e infatti spesso, in certe situazioni va in difficoltà, cose che a chi ha iniziato da giovanissimo non succede. Di buono è che ha tutto il tempo per migliorare.
«Milesi è un passista, un cronoman, ma va forte anche in salita. Al Giro d’Italia under 23 nei due tapponi alpini finali c’era. E questo è molto importante. E’ un qualcosa che fa testo».
Davide PIganzoli centra il tricolore crono U23 davanti a Montefiori e Olivo. Una caduta taglia fuori invece Milesi. Dopo un bel Giro, una maglia inattesa
Che cosa ci fa il campione italiano juniores della crono in mezzo ai professionisti a Laigueglia e poi anche a Larciano? E’ quello che ci siamo chiesti quando abbiamo letto il nome di Lorenzo Milesi nell’elenco partenti di entrambe le corse, accanto a quello di Davide De Pretto, anche lui al debutto fra gli under 23. A ben vedere, i nostri migliori juniores hanno fatto il passo bello lungo. E così mentre Garofoli è addirittura in Olanda e Germani ha scelto la Francia, due degli azzurri più forti hanno scelto il Team Beltrami-Tsa, continental guidata da Orlando Maini e Roberto Miodini.
Nemmeno 3 anni
Milesi, che il 19 marzo compirà 19 anni, non corre poi da molto: ha cominciato alla fine del secondo anno da allievo, per cui a ben vedere il 2021 è il suo terzo in gruppo. Nel 2020 ha vinto 4 volte. Il tricolore crono, appunto, la Coppa Porte Garofoli pure a crono, il Gp Sogepu e la crono di Extra Giro.
«Il primo anno da junior – sorride – l’ho passato a sprecare energie mentali per la tensione di stare in gruppo. Non ho ottenuto grossi risultati, per cui nemmeno potevo fare confronti con gli altri ragazzi o considerarli dei rivali. Però mi sono portato dietro un secondo posto in particolare, dietro Piccolo al campionato italiano della crono. Da quel momento ho pensato che l’anno dopo avrei voluto vincerlo io e così è stato».
La crono (scherziamo) va bene perché non c’è gente intorno…
Esatto (sorride e sta al gioco, ndr), ti concentri, sei solo con te stesso e puoi semplicemente pensare a spingere forte. Non devi stare attento a mangiare oppure a stare a ruota. E qui alla Beltrami Tsa continuo a lavorarci. Ho già avuto la prima bici da crono e presto mi arriverà quella nuova. Abbiamo fatto dei gruppi di lavoro provando la cronosquadre, visto che ce ne sarà una alla Coppi e Bartali.
Come mai la Beltrami Tsa?
Mi hanno indirizzato qui e sono contento. Il mio procuratore è Acquadro e devo dire che ho trovato una squadra fantastica, sia per i compagni, sia per i direttori. Maini e Miodini non li conoscevo, ma ad esempio del primo avevo sentito parlare. La differenza di età c’è, ma mi parla come se fosse anche lui un ragazzo.
Come mai hai cominciato così tardi?
Giocavo a calcio da quando avevo 5 anni. Il ciclismo lo seguivo alla televisione, soprattutto a maggio quando iniziava il Giro d’Italia. Mi mettevo sul divano e i pomeriggi andavano via così. Poi nel 2018 ho rotto i legamenti della caviglia e per giocare ancora avrei dovuto mettere un tutore. Ho pensato che avevo dedicato già parecchi anni al calcio e l’ho messo via. Era ora di cambiare e ho scelto di correre in bici.
E in appena tre anni questo nuovo… gioco sta per diventare il tuo lavoro: strano?
Quando ho iniziato era per divertimento, ma sempre con l’obiettivo di migliorare, sennò non avrei stimoli.
Che effetto ti ha fatto essere stato nel gruppo dei pro’?
E’ stato meglio che correre con gli juniores, è un gruppo più ordinato, non c’è gente che ti entra da killer. Ma le corse sono più lunghe. A Laigueglia a un certo punto mi sentivo stanco e ho guardato il computer. Quando ho letto 150 chilometri e i watt a cui li avevo fatti, un po’ mi è venuta l’ansia. La distanza più lunga che avessi mai fatto era di 160 chilometri, anche per la scuola, e da quel punto in avanti ho fatto una fatica incredibile.
Parliamo della scuola.
Faccio il quinto anno di Meccatronica e non mi piace per niente (scherzando, si dispera, ndr) Non ricordo bene che cosa avessi in testa quando l’ho scelta, ma ho chiaro che non volessi andare all’università e non correvo ancora, per cui ho scelto qualcosa che mi facesse trovare un lavoro. Quest’anno ho la maturità, ma non si sa come sarà fatta, dato il Covid: forse senza gli scritti. Al momento siamo in didattica a distanza, ma comunque per allenarmi devo aspettare le 14. Per cui al massimo posso fare 4 ore, quindi sui 130 chilometri.
Da solo o in gruppo?
Di solito da solo, ma se vedo in giro qualcuno mi accodo. Solo che i corridori escono al mattino e a quell’ora non c’è in giro tanta gente.
No, io sono con Maurizio Mazzoleni. Abbiamo anche fatto dei ritiri a gruppi. Sei o sette corridori per volta, allungando qualche fine settimana.
Che voto ti dai, a 18 anni, per la prima corsa tra i professionisti?
Non avendo mai fatto quel chilometraggio, mi do un 8, ma ho tanto da lavorare.
Prossime corse?
Il 21 marzo la Corsa per Alfredo Martini in Toscana e poi la Settimana Coppi e Bartali. Per questo ora sono a casa, mi lasciano tranquillo. Ma sicuramente non vedo l’ora di ripartire.
Buratti e Milesi gli azzurri più in luce nel mondiale U23. A entrambi si è spenta la luce nel finale. Fedorov che ha vinto veniva dalla Vuelta. Ne parliamo?
Dalla Borgo Molino-Rinascita Ormelle alla Beltrami Tsa-Tre Colli, Davide De Pretto metterà il naso tra i professionisti alla seconda corsa da U23. Debutterà alla San Geo, poi correrà a Larciano. Questo è il nuovo corso del ciclismo che ti fa crescere più in fretta, ma non si sa ancora dove ti condurrà. La curiosità è che a guidare il vicentino nella nuova avventura sarà Orlando Maini, uno che della vecchia scuola ha fatto la sua bandiera.
«Non doveva fare neanche la San Geo – dice il tecnico bolognese – però nei piccoli training camp che abbiamo fatto, mi sono accorto che va bene e tutto sommato questo debutto sarà un’esperienza che merita. E poi a Larciano, su strade in cui da junior ha sempre fatto bene, prenderà contatto con quello che lo aspetta. Questo è il ciclismo di adesso, in cui cominciano ad andare forte da ragazzini e potrebbero smettere prima di quanto siamo abituati».
Cross sospeso
De Pretto ha i capelli corti, il viso già scavato e lo sguardo di uno che forse sa già cosa vuole. Compirà 19 anni il 19 aprile e nella scorsa stagione è stato fra gli juniores più in vista, come rilevato anche dal cittì De Candido. Si è portato a casa il Giro di Primavera, valido come campionato regionale, e la classifica finale del Giro del Friuli. Oltre a 8 piazzamenti fra i primi 10. A fine anno, a cose normali, avrebbe poi iniziato con il ciclocross, dato che il vicentino finora è stato soprattutto una stella del fuoristrada invernale, con tre campionati nazionali in quattro stagioni e vittorie in classiche come il Guerciotti e Saccolongo.
«Quest’anno però – racconta – ho scelto di cambiare e concedermi un vero periodo di stacco, del cross se ne riparlerà semmai al secondo anno da U23. Sin da esordiente le mie stagioni sono state un continuo fra estate e inverno. Mollavo un po’ la strada ad agosto per iniziare il cross, ma di fatto uno stacco così lungo non l’avevo mai fatto. Dovendo iniziare una preparazione più importante, fatta di allenamenti diversi e molte più ore, abbiamo preferito fare così».
Riposare fa bene
Maini è uno che con i giovani ci sa fare e se ti dice che un corridore è sveglio, ha qualità ed è molto determinato, vuol dire che la base su cui costruire l’ha già individuata.
«E’ uno che ascolta – dice – viene fuori dal cross ed è abituato alla fatica. La decisione di staccare quest’anno viene dal fatto che esce da tre anni a ciclo continuo e in un passaggio di categoria così importante aveva diritto e anche bisogno di prendersi il suo tempo. Riposare fa bene. Per com’erano le sue stagioni, partiva subito forte su strada perché ci arrivava con la condizione del cross. E lui non è uno che nel cross andava per partecipare, ha sempre corso per vincere. A quell’età, se si inceppa qualcosa, poi sono guai. E mi sono chiesto: ha rinunciato a qualcosa per fare tanta attività? Ad esempio si è meravigliato di avere la bici da crono. Ecco, da junior non ne ha mai fatta una e se c’è stata, ha usato la bici da strada. Queste sono valutazioni di crescita che vanno fatte. Van Aert e Van der Poel d’estate a 17-18 anni forse non hanno fatto la sua stessa attività su strada, per capirci».
Assaggi di crono
Davide ha iniziato a correre da G1 al suo paese, che si chiama Piovene Rocchette e sta in provincia di Vicenza.
«Io volevo fare calcio – sorride – però mio padre che era grande appassionato di bici, mi propose di provare col ciclismo. E siccome vennero subito buoni risultati, non ho più smesso. D’inverno mi piace il cross, d’estate la strada. E’ difficile scegliere quale preferisca, diciamo che siamo 50 e 50. E’ stato strano non avere nemmeno a casa la bici da cross quest’inverno, ma non mi sono perso neanche una gara in tivù. Van Aert e Van der Poel sono fenomeni soprattutto per come gestiscono le loro stagioni. Grazie al cross sono cresciuto. Riesco a sopportare molti cambi di ritmo, riesco a stare più a lungo in soglia. Per adesso in salita me la cavo, forse soffro quelle molto lunghe. E però se c’è una volata di gruppetto, me la gioco. A crono non lo so, non le ho mai fatte. Si vede che la squadra è attrezzata come nei pro’, perché già a novembre mi hanno dato la bici da strada. La Argon 18 in salita è più leggera della Pinarello che avevo l’anno scorso, ma in pianura è meno aerodinamica. Poi in ritiro, a Praticello vicino Parma, è arrivata anche quella da crono. La uso due volte a settimana, quando faccio meno ore. Perché adesso si sta tanto in sella. In ritiro una volta ne abbiamo fatte 5 e mezza, sono tornato sfinito».
Bici e università
I ritiri, spiega Maini, li hanno fatti suddivisi in due gruppi. Tamponati e alla giusta distanza, per evitare ogni possibile inconveniente.
«Due o tre ritiri di pochi giorni – conferma Davide – in cui ci siamo conosciuti. Quando Maini venne a parlarmi la prima volta, vidi subito che si tratta di una bravissima persona. Ogni 2-3 giorni in qualche modo ci sentiamo, voce o messaggio. E per il resto, faccio la mia vita. Nel tempo libero esco in moto con gli amici, ho un motard 125. Devo anche finire i geometri e cercherò di dare ascolto ai miei genitori. Loro mi consigliano di stare tranquillo, di finire la scuola e di non mollare gli studi. Per questo, anche se i libri non mi fanno impazzire, penso che mi iscriverò a Economia. Chi può dire cosa ci sarà dopo il ciclismo?».
In realtà nessuno può dire neppure cosa ci sarà dopo Larciano, perché l’obiettivo sarà andare avanti due passi per volta, fare il punto e impostare i successivi. Questo è il nuovo ciclismo e speriamo che per farne parte Davide non debba mettere da parte il ciclocross. Dice Maini che anche questo lo decideranno insieme. A patto che si mettano sul tavolo tutte le carte e non si mostri solo un lato della medaglia, il sistema può funzionare.
Bruno Cenghialta solleva il coperchio sull'organizzazione della Astana e si capisce che il ruolo del diesse non si limita ai corridori. Prima c'è un mondo
MagneticDays ha definito una rilevante partnership di sponsorizzazione con uno dei team continental più rappresentativi in Italia: il Beltrami TSA–Tre Colli. MagneticDays fornirà ai tecnici della squadra tutto il supporto (preziosissimo) sia in fase di preparazione quanto di allenamento indoor per l’intera durata della stagione.
Il progetto “Team Beltrami”
Il progetto “Team Beltrami” nasce a fine 2015 per volontà di Stefano Chiari ed Emanuele Brunazzi, fondatori di quello che, dal 2016 al 2018, venne inizialmente denominato Team Beltrami TSA–Argon 18–Tre Colli e che includeva nelle proprie fila atleti under 23 ed elite. Tre stagioni nelle quali è stata creata una struttura solida, in grado di sostenere il salto nella massima categoria avvenuto poi nel 2019 con la formazione Continental denominata Team Beltrami TSA–Hopplà–Petroli Firenze. Fin da subito l’obiettivo principale è stato quello di crescere e valorizzare giovani talenti, inserendoli gradualmente nel mondo del ciclismo professionistico. L’anno scorso invece, grazie alla collaborazione con la veneta N.T. Cycling, la squadra emiliana ha assunto la denominazione di Team Beltrami TSA–Marchiol proseguendo il suo impegno nel ciclismo professionistico tra le formazioni Continental italiane.
MagneticDays per innovare
Da quest’anno la denominazione ufficiale è quella di Beltrami TSA–Tre Colli, e la partnership con MagneticDays si inserisce anch’essa in un contesto di crescita e di innovazione soprattutto dal punto di vista della preparazione ciclistica indoor degli atleti. «Il bellissimo abbinamento creato con MagneticDays – ha dichiarato Roberto Miodini, uno dei direttori sportivi del team – va proprio in questa direzione. I nostri ragazzi nel corso di questa stagione utilizzeranno il sistema di allenamento indoor JARVIS. Grazie alle sue caratteristiche tecniche costituirà un elemento importante, sia nella preparazione vera e propria che nel pre-gara. JARVIS è molto più che un semplice rullo: rappresenta un valore aggiunto ed una vera e propria espressione di eccellenza costruttiva Made in Italy per il nostro team».
Marco Sbragi, CEO Gobat srl
«Abbiamo fortemente voluto la partnership con il Beltrami TSA–Tre Colli perché crediamo moltissimo nei giovani e nella loro voglia di migliorarsi sempre – ha ribattuto Marco Sbragi, il CEO di Gobat, la società toscana che materialmente produce MagneticDays – e siamo davvero felici di poter essere al fianco di un team Continental che fa di tecnologia, innovazione e metodologia di allenamento i propri capisaldi».