Reverberi: «Una Bardiani progettata per le fughe»

01.05.2021
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Tra le squadre più attese del Giro d’Italia c’è la Bardiani Csf – Faizanè, il team italiano che più è stato rivoluzionato durante l’inverno. La squadra di Bruno e Roberto Reverberi si presenta alla corsa rosa con la valigia carica di entusiasmo. C’è esperienza, gioventù, classe… Può fare un bel Giro. E noi ne parliamo con il diesse emiliano.

I convocati del “Green Team” sono: Giovanni Carboni, Enrico Battaglin, Filippo Fiorelli, Davide Gabburo, Umberto Marengo, Alessandro Tonelli, Giovanni Visconti e Samuele Zoccarato.

Roberto Reverberi, classe 1956, è diesse e dirigente della Bardiani
Roberto Reverberi, classe 1956, è diesse e dirigente della Bardiani
Roby, pochi giorni e si parte, che Bardiani vedremo?

Il livello che c’è è buono. Avevamo, forse, due o tre corridori che andavano un pelo più forte e che sono rimasti a casa, ma volevamo affidabilità. La squadra è stata costruita con un certo criterio e cioè gente di esperienza, che tiene in salita e che sia anche discretamente veloce. Come potete facilmente capire il nostro obiettivo è quello di vincere una tappa, il che presumibilmente può avvenire con una fuga. Fiorelli e Battaglin possono fare bene in volata e Carboni in salita. Magari penso a lui che nella tappa di Sestola può stare davanti, la fuga può arrivare e come due anni fa a San Giovanni Rotondo potrebbe prendere la maglia bianca. Non essendo pericoloso per la generale potrebbero lasciarlo andare.

Roberto, hai detto che ci sono un paio di corridori che forse andavano più forte ma non sono stati convocati, perché?

Penso a Mirco Maestri, che sta anche bene, ma non avendo necessità di andare in fuga in pianura, che è molto difficile possa arrivare, abbiamo preferito portare gente che tiene in salita, che non si stacca nella fuga, che se insomma arrivano in 15 ci sta. Bisogna pensare anche alla qualità del risultato, cioè come questo arriva. Magari nelle tappe di pianura cerchiamo di aiutare un Battaglin, un Fiorelli, ma senza sprecare energie per fughe che sono segnate. Poi magari dopo due settimane si tira una riga: se non si è raccolto nulla, si inizia ad andare all’attacco anche in quelle pianeggianti. E lì ci può andare anche lo scalatore, mentre il contrario non è possibile per il passista.

Beh, è una teoria che tiene, visto il livello e visti i percorsi…

Abbiamo costruito un team affidabile, ripeto. Lo stesso Visco quando ha visto la squadra mi ha detto che pensava ci fossero dentro anche Daniel Savini e Filippo Zana, due buoni scalatori. Ma Zana per esempio il Giro lo aveva fatto l’anno scorso da neopro’. Lo avevamo messo dentro per fare esperienza, ma aveva anche “tribolato” tanto.

E come mai visto che si parla di salita e di esperienza è rimasto fuori un corridore come Andrea Garosio?

Perché non si è fatto vedere. E lo stesso vale per Luca Covili. Sapevano di essere tra i papabili del Giro, ma alla Coppi e Bartali e in altre corse non hanno fatto molto. Covili al Tour of the Alps si staccava da 30-40 corridori e sappiamo che lì non ci sono tutti e quelli che ci sono non stanno al 100%. Ma lo stesso discorso si può fare per Giovanni Lonardi, non basta fare un sesto posto in volata al Turchia. E poi c’è un’altra cosa da valutare.

La Bardiani al Tour of the Alps: dopo questa gara si è decisa la formazione per il Giro
La Bardiani al Tour of the Alps: dopo questa gara si è decisa la formazione per il Giro
Cosa?

Che spesso i ragazzi convocati hanno corso insieme. Visconti, Gabburo, Tonelli… e questo conta, sono più affiatati. Penso a Tonelli che ormai ha una certa esperienza, a Marengo per Fiorelli. Marengo è uno che si gli dici di buttarsi nel fuoco ci si butta. E questo vale per le volate, non ha paura come altri e può dare una mano a Fiorelli.

Di Fiorelli ne abbiamo parlato spesso: lo vedremo nelle volate e chissà se anche in qualche fuga. E Battaglin?

Se vediamo gli arrivi dello scorso anno al Giro, Enrico era spesso piazzato negli sprint, tra l’altro sempre vicino a Fiorelli. Potrebbero darsi una mano a vicenda o, a seconda delle situazioni, fare lo sprint entrambi. Filippo qualche errore lo ha fatto quest’anno e poteva vincere di più, però è un ragazzo che ha fame, è in crescita e poi lotta. Anche a parole. Giusto qualche giorno fa mi ha detto: sai Roby che già quest’anno non mi dicono quasi più niente quando si fa lo sprint. E io gli ho risposto: vedi, cosa significa essere sempre lì davanti?

Ti sentiamo motivato. Hai quasi “problemi di abbondanza”…

Quest’anno ho dovuto scartare diversi corridori, l’anno scorso avevo il problema contrario: non sapevo chi portare al Giro. Ce lo hanno salvato Fiorelli e Tonelli tra volate e fughe.

E Visconti? Giovanni non ci arriva benissimo, ha avuto diversi intoppi.

Vero non ha avuto un avvicinamento facile, ma se andiamo a vedere lui non è mai stato brillante ad inizio stagione. Inizia ad andare forte quando arriva il caldo. Proprio ieri mi ha mandato il file di un allenamento fatto a casa da solo con un bel dislivello. Ha dei bei valori. Uno come Giovanni ha classe e anche se non è al 100% può vincere. Lui e Battaglia sono quei corridori che se beccano la giornata possono portare a casa il risultato.

Esperienza e affidabilità, ma c’è anche Zoccarato, che è neo pro’.

Samuele ha un motore della… grosso così! Me lo diceva sempre Antonio Bevilacqua: guarda che questo va forte. E io me ne sono accorto ad un Giro dell’Emilia. A due giri dal termine davanti restano in nove e dentro vedo una maglia della Colpack. E chi è questo? Era lui. Ha vinto poco perché spesso ha lavorato per i compagni. Però al Giro under 23 l’anno scorso ha fatto terzo nella tappa del Mortirolo. Lo devi tenere a freno. Avete presente i cani da slitta quando gli metti le briglie che iniziano a tirare? Beh, lui è così: quando gli attacchi il numero sulla schiena non capisce più niente!

Giovanni Carboni (26 anni) è lo scalatore della Bardiani. Per lui sarà il terzo Giro
Giovanni Carboni (26 anni) è lo scalatore della Bardiani. Per lui sarà il terzo Giro
Il percorso della corsa rosa ti piace? Si adatta alla tua Bardiani o i tanti arrivi in salita favoriscono le squadre dei big?

Più è nervoso e meglio è. Certo non devono essere tappe troppo dure. Quella di Sestola potrebbe essere ideale per noi come caratteristiche, ci sono parecchi su e giù. Tappe in cui vai in fuga e magari vai a caccia dei punti per la classifica dei traguardi volanti.

Pensiamo ad un corridore come Carboni, il più scalatore dei tuoi: per lui ha senso provare a dare un occhio alla classifica?

Anche in passato abbiamo avuto qualcuno bravo che poteva tenere, penso a Perez Cuapio, per esempio. Provare a fare classifica significa fare le crono a tutta, restare davanti nei finali in volata per evitare buchi, correre nelle prime posizioni. Chi vuol tenere in questo caso aspetta il primo arrivo in salita. Se perde sui 30” okay, lo tieni lì e continui a fargli fare classifica, ma se perde 10′, ciao… E lo stesso se ne dovesse perdere due. A quel punto meglio incassarne 7-8 ed essere libero per le fughe.

Okay, ma se un giorno il Carboni della situazione, tanto per restare sullo scalatore, non dovesse prendere la fuga e magari sullo Zoncolan si vuole misurare con gli uomini di classifica lo può fare o è meglio che molli per risparmiare energie?

A volte si fa, sono i ragazzi stessi che decidono di provare. Ma giusto un giorno o due. Noi comunque siamo d’accordo: è importante portare a casa certi confronti, vedere davvero che valori si hanno. Però bisogna anche pensare che dopo una tappa come quella dello Zoncolan, magari il giorno dopo i big si rilassano e lasciano andare via la fuga.

Battaglin, percorso nuovo per arrivare al Giro

15.04.2021
5 min
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Enrico Battaglin è uno di quei corridori attorno ai quali c’è grande curiosità. Il suo ritorno alla Bardiani Csf Faizanè lo pone sotto i riflettori, soprattutto pensando al Giro d’Italia. “Battaglia” è uno che lavora nel silenzio, senza troppi proclami.

Il vicentino è tornato alla corte dei Reverberi dopo cinque stagioni in squadre WorldTour. E’ in questo team che a 22 anni passò pro’ e iniziò a mostrarsi al grande palcoscenico del ciclismo. Velocissimo, Enrico ha vinto sia tappe in volata (ma non di gruppo) sia arrivi in salita (partendo da lontano) e nel 2016 fu l’unico della LottoNL-Jumbo ad aiutare Kruijswijk, rivelandosi così un valido gregario persino in salita. Insomma Battaglin è corridore vero, per questo c’è la curiosità di sapere se ha ritrovato tanta brillantezza.

A Rodi Battaglin non solo ha corso, ma visto il buon clima si è anche allenato bene
A Rodi, Battaglin si è allenato bene
Enrico, sei tornato da poco da Rodi. Lì avete corso. Come è andata? E come mai non hai scelto il Giro di Turchia, dove il livello è un po’ più alto?

Siamo stati dieci giorni laggiù e abbiamo fatto sia gare che allenamento al caldo. Con Roberto Reverberi abbiamo scelto questo programma, una corsa nuova per noi e ideale anche per fare risultato, cosa che abbiamo cercato con Fiorelli, ma non ci siamo riusciti. Però sono soddisfatto perché era importante cambiare un po’ il lavoro e fare qualcosa di diverso.

Fiorelli: eravate lì per testare il treno? Ammesso che ci sarà un treno per lui in vista del Giro…

Diciamo che gara dopo gara siamo sempre più un bel gruppo. Siamo affiatati e questo è l’intento. Volevamo fare risultato, tanto più che la corsa non era di grande livello, ma non ci siamo riusciti. Però lui non è mai uscito dai dieci e quando poteva davvero fare la volata è caduto. Adesso faremo un’altra gara a Belgrado (22-25 aprile, ndr) e poi saremo al Giro.

Il Giro: come ci arrivi?

Come ho accennato, ho fatto un programma completamente diverso dagli ultimi anni. Tralasciando l’anno scorso ovviamente, ormai mi ero fossilizzato su Baschi, Classiche e Giro. Stavolta,  anche perché non sono più in una WorldTour, abbiamo fatto altre gare. Certo non è facile perché non abbiamo corso molto, ma sto crescendo. L’altro giorno ho colto un quarto posto. Un po’ ci sono mancate le gare che sono saltate in Spagna ad inizio stagione.

Ma oltre alle sensazioni i tuoi dati, peso, watt e altri valori come sono?

Eh – sorride Battaglin – i valori migliorano. Il problema è che migliorano, e molto, anche gli altri. Il livello è alto. E alla fine sei sempre lì. Però al Giro sarà un’altra storia e ci si potrà inventare qualcosa. Io partirò per dare il massimo.

Nella seconda tappa, vinta dal tedesco Koch, Enrico è arrivato quarto
Nella seconda tappa, vinta da Koch, Enrico è arrivato quarto
C’è qualche tappa in particolare che hai puntato?

Nella prima settimana ci sono degli arrivi adatti a me e poi si cercherà qualche fuga come ho fatto l’anno scorso a San Daniele. Però se mi chiedete il nome secco di un arrivo non lo so dire.

Per anni sei stato nel WorldTour adesso sei in una professional: gli stimoli calano o al contrario aumentano perché vuoi dimostrare che ci sei ancora?

Gli stimoli sono gli stessi. Che sia WorldTour o professional, devi sempre correre in bici. In generale col passare degli anni magari diventa un po’ più difficile rischiare quel qualcosa in più, ma l’agonismo che ho dentro è sempre lo stesso.

Quando siamo stati in ritiro da voi, i tuoi diesse ci hanno detto che ci metti un po’ di più a partire, ma che poi sei molto preciso. E’ così?

Sì, vi hanno detto bene. Non ho mai brillato ad inizio stagione, ma ci stiamo avvicinando al momento giusto. Come dire: la macchina si sta aggiustando!

Visconti e Battaglin: siete i due capitani, i due esperti del team. Vi calza questo ruolo? Ti ci vedi bene a dare consigli e “scappellotti” ai giovani?

No, scappellotti no! Non ce n’è stato bisogno. Ci sono dei momenti in cui i giovani vanno consigliati, sia in gara che fuori. E’ capitato più di una volta che gli abbia detto: si fa così perché ho visto come vanno in quel punto. Qualche consiglio sull’alimentazione in corsa. Però il nostro ruolo di… anziani è molto facile per ora, perché i ragazzi sono bravi e ascoltano. Hanno voglia d’imparare e di mettersi alla prova.

In che occasioni è capitato di dare loro consigli?

Alla Sanremo per esempio abbiamo cercato di organizzarci prima della Cipressa: stare compatti, andare davanti… poi non è andata bene, ma la cosa importante è che i ragazzi abbiano capito che la previsione era esatta.

Tre vittorie per Battaglin al Giro, ecco la prima (2013) davanti a Felline e Visconti
Tre vittorie per Battaglin al Giro, ecco la prima (2013) davanti a Felline e Visconti
Prima hai parlato di un nuovo programma, dell’importanza di cambiare: ma questo incide anche sugli stimoli fisici?

Sicuramente, sennò è sempre la stessa minestra. Quest’anno c’è stato lo stimolo per fare qualcosa in più anche in ritiro. Siamo sempre stati pronti ad allenarci nel migliore die modi. Nella preparazione in sé per sé non ho cambiato molto, ma il mio approccio è stato diverso, ho compagni diversi e per questo sono più motivato.

E lo spunto veloce è sempre quello del Battaglin che vinceva le tappe al Giro e tante altre corse? Anche se poi erano tappe dure…

Eh non è più quello dei 22 anni, magari riesco a fare bene in volate dopo tappe più impegnative, ma in quelle secche pago un po’ gli anni, non ci può essere quella esplosività.

Ma in ritiro le avrete provate le volate con Fiorelli?

Sì, lui è quello che ha più velocità e anche un bel margine visto che ha iniziato da poco.

Ti rivedi in lui? In fin dei conti non parliamo di un velocista puro…

Abbiamo percorsi diversi. Io ho iniziato da G1, lui a 20 anni, possiamo avere qualche caratteristica simile in qualche frangente. Apprezzo la sua fame agonistica, magari gli manca ancora qualcosa, ma come detto ha ampi margini. 

Maestri Slovenia 2021

L’urlo di Maestri prende a calci la sfortuna

24.03.2021
5 min
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Tornare a vedere la luce in fondo al tunnel. Con la sua vittoria al Gp Slovenian, Mirco Maestri sembra proprio esserci riuscito. Il reggiano si è lasciato alle spalle avversari e sfortune varie. Adesso può finalmente tornare a guardare avanti con serenità.

Quando lo pizzichiamo, il corridore della Bardiani Csf Faizanè è appena rientrato dall’allenamento. Tre ore e 40′ e passa la paura.

Maestri (29 anni) impegnato l’anno scorso in Colombia
Maestri (29 anni) impegnato l’anno scorso in Colombia
La tua vittoria della scorsa domenica, Mirco, arriva dopo un brutto infortunio…

Esatto, l’anno scorso mi sono rotto la scapola in tre parti. La notte non riuscivo a dormire e poi c’è stata la paura di quando si rientra a correre, tanto più dopo una stagione quasi nulla come quella dell’anno scorso. E’ stata come se non avessi corso. 

Tu eri in Argentina, al San Luis…

Sì e venivo da un buon ritiro in Spagna. Poi dovevamo andare in Oman ma è stata annullata così ci hanno invitato in Colombia. L’idea non era male perché si correva a 2.500 metri di quota, si poteva fare dell’ottima base in altura e invece poi si fermato tutto.

E in estate il tuo incidente, sei caduto mentre scendevi dal Gavia in una galleria. Come è stato il tuo recupero?

Appena tornato a casa, Leonardo Morelli, amico e fisioterapista, mi ha consigliato il dottor Porcellini di Forlì, che lavora con i piloti della MotoGp, è un guru della spalla. Non mi ha fatto operare, temeva per le aderenze a venire. Dopo dieci giorni la muovevo e poi andava sempre meglio. Ancora oggi in certi movimenti, ma molto estremi, tira un po’, altrimenti è come se non avessi avuto nulla. Dopo 20 giorni con la terapia in acqua ero quasi tornato normale e mi ha tolto il tutore. Il giorno successivo ho fatto una lastra e Porcellini mi ha detto di muoverla normalmente. Il ventinovesimo giorno sono risalito in bici. Lui mi faceva fare degli esercizi al limite e pensavo: adesso me la spacca!

E quando sei tornato in sella avevi paura?

Un po’ sì, più che altro perché facevo fatica a prendere il manubrio. Ma ho notato subito un miglioramento netto. Sarà stata la circolazione, non so, ma dopo tre giorni di bici era come se non fosse successo nulla. E comunque che tutto sia a posto, l’ho verificato la settimana scorsa: in Belgio sono caduto due volte, e posso dire che il pavè è duro!

Tu sei di Reggio Emilia, ma come fai con le salite per allenarti?

Sono di Luzzara, nel bel mezzo della pianura Padana, anche se adesso abito in provincia di Mantova, a Suzzara. Ma mi sento reggiano! Come faccio con le salite? Ho sempre la bici in macchina! D’inverno vado verso il lago di Garda, dove anche le temperature sono migliori, d’estate vado verso le colline di Reggio. Raramente esco di casa in bici, giusto se devo fare dietro motore con mio papà Gianluca.

Che grinta!

Eh, me lo dicono in tanti, ma per me è normale. Sono cresciuto così. E infatti quando vado in ritiro mi sembra di rilassarmi, parto e ritorno in bici, faccio subito la doccia…

Che corridore è Mirco Maestri? Tu vincesti anche una crono in Cina due anni fa…

Era una crono anomala: tutta un saliscendi, ipertecnica, si correva con la bici da strada. Che corridore sono: completo, vado piano dappertutto! No, scherzo. Sono un passista veloce che quando sta bene bene, si difende anche sulle salite brevi. Una mia buona dote è la resistenza.

Ma quanto è cambiata la Bardiani quest’anno?

E’ cambiata ed è normale che si voglia fare qualcosa di più anche per gli sponsor, visto come è andata l’anno scorso e con gli stessi che ci hanno dato fiducia, ma devo dire che lo spirito di famiglia si sente ancora.

Chiudiamo il cerchio: la tua vittoria è stata una liberazione? Te l’aspettavi?

Una liberazione sicuramente – esclama Maestri – non me l’aspettavo per le sfortune dalle quali venivo. Ero caduto in Belgio, un’altra corsa sempre lassù non l’avevo conclusa per una noia meccanica… Però devo dire che proprio nel giorno in cui sono caduto due volte, sono riuscito a finire la corsa e lì ho capito che stavo bene. Lassù non è facile quando tutto va bene, figuriamoci quando cadi. In più io prediligo le corse a tappe e ne avevo fatte solo di un giorno. Insomma, ci voleva proprio!

Beh a questo punto raccontaci la tua vittoria. Portaci in sella con te…

E’ stata una corsa di 150 chilometri, ma con 2.200 metri di dislivello. Noi Bardiani abbiamo cercato di fare la gara e nel finale eravamo in superiorità numerica. E’ partita una fuga di tre. Lì abbiamo avuto un po’ di paura perché a controllare eravamo in pochi, ma siamo comunque riusciti a tenerli a tiro. Ai meno tre sono rientrato grazie ad una tirata di Mazzucco. Io ho provato a tirare dritto, ma non mi hanno lasciato spazio. Nel chilometro finale è partito un corridore sulla destra che è arrivato fino ai 500 metri. Con il diesse Donati avevamo visto che il vento era a favore e che si poteva partire lunghi, ma 500 metri… sono 500 metri.

Maestri primo al GP Slovenian Istria, davanti a Marchiori e Smarzaro
Maestri primo al GP Slovenian Istria
E quindi?

Mentre pensavo tutto ciò è partito un altro ragazzo che però è arrivato fino ai 400 metri a quel punto non volevo ripetere l’errore del Giro 2019, cioè di aspettare troppo, e sono partito. Ricordo che c’era un dosso, ho buttato giù il 10 e ho chiuso gli occhi. Li ho riaperti ai cento metri. Marchiori dell’Androni mi stava rimontando ma poi anche lui si è fermato…. E mamma mia, una volata che mi è sembrato durasse un’eternità!

E adesso quali sono i tuoi prossimi impegni?

Aspetto il programma di aprile e vediamo che corse fare. Il Giro, come giusto che sia, noi della Bardiani ce lo dobbiamo guadagnare. Ci va chi è più in forma.

Savini è cresciuto e adesso vuole vincere

Giada Gambino
23.03.2021
5 min
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«Nella carriera di uno sportivo ci sono tanti momenti bui ed è importante avere la famiglia o, come nel mio caso, la mia ragazza, pronti a tendermi la mano per rialzarmi».

Così, ci aveva detto Daniel Savini qualche giorno prima di dover affrontare proprio uno di quei momenti difficili. Infatti, a causa di una caduta in allenamento pre Milano-Sanremo, l’emiliano ha accusato un problema al ginocchio che non gli ha consentito di prendere il via. Daniel, però, oltre ad avere il sostegno delle persone che ama, è sempre stato forte e determinato e, soprattutto, ha sempre fatto del ciclismo la sua vita. Compirà 24 anni a settembre, è nato a Reggio Emilia come la famiglia Reverberi ma vive a Massa, è professionista dal 2018 e non ricorda neppure come abbia iniziato ad andare in bici, dal momento che è salito in sella da piccolissimo. 

La 4ª stagione da pro’ di Daniel Savini è iniziata a Benidorm
La 4ª stagione da pro’ di Daniel Savini è iniziata a Benidorm
La vittoria nelle categorie giovanili più bella ? 

La “Liberazione città di Massa” nel 2014. Era la gara di casa, quella che vedevo quando ero bambino e ammiravo. E’ stata la mia prima vittoria da junior, la più emozionante, mi ha sicuramente dato la giusta carica per gli anni a venire. 

Com’era il percorso? 

Mosso, non c’era chissà quale salita. Essendo junior comunque era abbastanza duro. Nulla a che vedere, però, con i duri percorsi che ho fatto una volta diventato professionista. 

Quando hai capito che la salita fosse il tuo terreno?

Sinceramente… devo ancora capirlo (ride, ndr). Sono tantissimi anni che vado in bici e mi sto ancora scoprendo, anno dopo anno noto nuovi aspetti di me. La salita è ciò che mi ha dato più soddisfazione, sicuramente non sono un velocista. 

Nel 2014, Savini vince da junior la Liberazione Città di Massa
Nel 2014, Savini vince da junior la Liberazione Città di Massa
Un passista? 

Probabile! Nelle categorie giovanili venivo considerato tale: attaccavo da lontano quando ancora mancavano tanti chilometri, andavo bene in salita e anche in discesa. Le salite che però si adattano maggiormente a me sono quelle più corte ed esplosive. 

Una volta diventato professionista cosa hai notato di diverso? 

C’è più tatticismo rispetto alle categorie giovanili, è veramente un lavoro di squadra. Ricordo quando feci la prima gara tra i professionisti. Il gruppo andava a tutta, spingevo tantissimo, invece improvvisamente sentii un cambio repentino di ritmo. Inizialmente non avevo ben capito cosa fosse successo, poi mi è stato più chiaro… Stavano facendo andare via la fuga e per farlo avevano rallentato davvero tanto, è stata una strana sensazione. 

Rendi in gara tanto quanto negli allenamenti? 

Rendo più quando ho motivazione, quando sono in gara, quando ho tanta adrenalina che mi scorre nelle vene. La gente a bordo strada fa la sua parte, ti carica, è tutto più bello. 

Savini è passato professionista nel 2018 alla Bardiani dalla Maltinti
Savini è passato professionista alla Bardiani dalla Maltinti
Dal 2018 con la Bardiani…

Mi ha dato tanto questo team. Sono passato professionista con loro quando ero molto giovane, mi hanno lasciato il tempo di maturare e questo è stato molto importante. Sono sempre stato seguito e hanno sempre creduto in me. Mi hanno fatto fare gare di un certo livello, un’esperienza molto importante. Sono contento di essere ancora con loro, è un ambiente familiare e molto tranquillo. Quest’anno poi… con corridori d’esperienza come Visconti e Battaglin ricevo giornalmente aiuti e consigli preziosi, serviva davvero avere in squadra due figure del genere. 

Giovanni Visconti…

L’ho conosciuto in questi ultimi quattro mesi, siamo stati anche compagni di camera. E’ uno dei corridori più determinati che conosca: non trova mai scuse, ha sempre qualcosa da dare in più. E’ un grande esempio da seguire. E’ molto preso dal fatto di seguirci, farci crescere, aiutarci e consigliarci. Mi sarebbe piaciuto averlo in squadra già da qualche anno. L’ho sempre ammirato, è una persona vera e umile. Lo definirei la “mamma chioccia” (ride, ndr).

I buoni risultati della Bardiani all’Istrian Spring Trophy.  

Oltre alla vittoria e al podio finale di Zana, questa gara ha dimostrato che lavorando bene e uniti possiamo ottenere grandi cose. Eravamo tutti disposti a sacrificarci per il compagno di turno. Sicuramente ci servirà per affrontare con il giusto morale anche le prossime gare. E’ molto importante saper correre uniti, questa è la vera essenza di una squadra e se continuiamo così potremo solo eccellere. 

Un Savini spesso in fuga. Qui alla Tirreno 2020
Un Savini spesso in fuga. Qui alla Tirreno 2020
La classifica di miglior scalatore… 

Non era qualcosa a cui miravo. Il primo giorno mi sono ritrovato in fuga quasi involontariamente e una volta che ero lì ho provato a fare la mia corsa. Mi sono accorto che la gamba girava bene e mi ha consentito di vincere il Gpm che mi ha fatto avere quella maglia verde, che ho poi perso il giorno dopo e riconquistato l’ultimo giorno per un punto, più per orgoglio! La sentivo mia e la volevo, è stata inaspettata e piacevole

L’obiettivo principale di questa stagione? 

Portare a casa una vittoria, che sia una tappa o una gara di un giorno. Naturalmente c’è anche il sogno di partecipare al Giro d’Italia e vincere una tappa.

Allenamento, alimentazione, tattica, la Sanremo di Fiorelli

22.03.2021
7 min
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Non solo Stuyven, non solo Vdp e Van Aert, la Sanremo ha regalato emozioni e spunti tecnici interessanti anche per chi non se l’è giocata fino in via Roma. Se Sonny Colbrelli è stato il primo italiano, Filippo Fiorelli in prospettiva ha lanciato dei segnali davvero interessanti.

Il corridore della Bardiani Csf Faizanè, alla seconda partecipazione in pochi mesi, ha concluso la Classicissima a ridosso del drappello dei migliori. Il siciliano può mettere nel sacco più cose positive che negative. Queste ultime semmai fanno rima con esperienza.

Con lui cerchiamo di capire come si è avvicinato alla Sanremo, cosa ha imparato, cosa ha sbagliato e tante altre curiosità.

Fiorelli (in secondo piano) nelle prime fasi di corsa vicino a Visconti
Fiorelli (in secondo piano) nelle prime fasi di corsa vicino a Visconti
Filippo cosa ti resta di questa Sanremo a 72 ore dalla sua fine?

Dopo questa edizione posso dire che il prossimo anno lavorerò per fare bene davvero. Fino a tre giorni fa credevo fosse troppo lunga per un poco più che neopro’ come me, adesso invece so che è un qualcosa di fattibile. Alla fine mi sono staccato negli ultimi 500 metri del Poggio.

Quando hai iniziato a prepararla? Consideriamo, per i lettori, che voi della Bardiani aspettavate l’invito di Rcs, arrivato a meno di un mese dal via…

Diciamo che ho iniziato a prepararla tre settimane prima. Visto che non abbiamo partecipato alla Tirreno, per trovare il ritmo gara siamo andati a fare una piccola gara a tappe in Croazia, dove tra l’altro ho colto la mia prima vittoria da pro’. Non è stato come fare la Tirreno, ma la condizione che ne emersa è stata buona. C’erano tappe da 170-200 chilometri e qualche volta ho allungato a fine gara. Il giorno che ho vinto, dopo il podio, sono tornato in hotel in bici e sono arrivato così a 230 chilometri. I chilometri della Sanremo non li fai, ma le ore sì.

E prima della Croazia?

Abbiamo fatto un ritiro in Toscana nel quale abbiamo percorso 900 chilometri in una settimana. E’ stato un bel blocco di lavoro, così come avevamo fatto in precedenza in Spagna. Calcolate che io manco da casa da metà gennaio. E devo dire che la Bardiani ci sta mettendo in una condizione favolosa, lavoriamo come una WorldTour e i risultati stanno arrivando.

Nella settimana della Sanremo come ti sei gestito?

Allora, il lunedì ho fatto due ore e mezza regolari, ero rientrato dalla Croazia la sera prima. Il martedì scarico: sono uscito a prendere il caffè in bici, quindi un’oretta e basta. Il mercoledì con Visconti abbiamo fatto quasi 8 ore e 250 chilometri. Abbiamo finito alle sei di pomeriggio! Siamo andati a provare parte del percorso della Per Sempre Alfredo di ieri. Ho fatto qualche lavoretto in salita e nell’ultima ora abbiamo fatto dietro macchina.

Visto il freddo, i ragazzi della Bardiani scherzano se uscire o no alla vigilia della Classicissima
Visto il freddo, i ragazzi della Bardiani scherzano se uscire o no alla vigilia della Classicissima
Con chi?

Con Marcello Massini, il mio diesse da dilettante. A lui devo molto. E’ lui che mi ha cambiato la mentalità e fatto diventare un corridore. E’ importante fare forte l’ultima ora di queste distanze, magari con una salita a tutta, o con del dietro motore per simulare il finale della Sanremo. Quel giorno con Giovanni abbiamo fatto dietro macchina gli ultimi 50 chilometri.

E poi?

Il giovedì due ore e mezza tranquille. Il venerdì sono partito per la Sanremo. Avevamo l’hotel a Bergamo e appena dopo pranzo ho fatto giusto un’oretta e un quarto. Faceva freddo e c’era vento. Non volevo prendere pioggia prima della corsa. E poi sabato, appunto, la Sanremo.

E dal punto di vista alimentare, come è stato il tuo approccio alla Classicissima?

Normale fino a due giorni dalla gara. Da quel momento ho aumentato la quantità di pasta. O meglio, ho mangiato la pasta.

Perché di solito non la mangi?

Diciamo che preferisco il riso. Alla vigilia della gara ho mangiato poi del riso, una fetta di carne rossa (una tagliata) e una fetta di crostata. Il dolce prima della Sanremo te lo puoi concedere!

E a colazione?

Mi sono svegliato alle 6,15 e mangiato alle 6,30. Non ho fatto una colazione “megagalattica”, non volevo appesantirmi. Ho mangiato 100 grammi di riso, un’omelette fatta con tre bianchi e due rossi d’uovo e alla fine ho preso un cappuccino.

A colazione Fiorelli (con gli occhiali in testa, foto d’archivio) non ha mangiato molto
A colazione Fiorelli (con gli occhiali in testa, foto d’archivio) non ha mangiato molto
E in gara cosa hai mangiato?

Non avevo le tasche particolarmente piene perché sapevo che ci sarebbero stati due rifornimenti. Sono partito con tre “risetti” (le tortine di riso, ndr), tre barrette e tre gel per il finale. Quelli, per sicurezza, li ho messi subito in tasca tante volte non fossi riuscito a prendere il sacchetto. La mia strategia era di mangiare ogni 30′ fino all’ultima ora. Poi ho mandato giù tre gel, l’ultimo dei quali alla caffeina.

Riesci a dare una stima delle calorie ingerite?

Allora vediamo – Fiorelli fa i conti – tra barrette e risetti ne ho mandati giù dieci, tre gel, qualche carboidrato disciolto nella borraccia… Credo che in corsa abbia buttato giù circa 2.000 calorie.

Passiamo a discorsi più tecnici e tattici. Vale ancora la vecchia strategia dell’andare agili sui lunghi piattoni (come nella foto d’apertura) della pianura iniziale?

Sì, sì vale. Il mio preparatore Alberati, non ha fatto altro che dirmi di andare agile. E con lui anche Fondriest: due bei professori. Mi hanno fatto l’esempio della cambiale che gli faceva Alfredo Martini: se sprechi prima, quello che non risparmi lo paghi alla fine. Un conto è una corsa di quattro ore e un conto una di sette, la differenza dello spreco di energie è elevata e si accusa tutta nel finale. La mia Sanremo, almeno fino ai Capi è stata: bere, mangiare e andare agile.

Ricordi la tua cadenza media?

Sì, 90 rpm. La velocità è sempre stata alta. Nell’ultima ora ho messo il 52×11 e via! Ho tenuto giusto un dente, il 10, per la volata. Il 52 l’ho messo a Milano e l’ho tolto a Sanremo!

Caspita 90 rpm con quei rapporti! E il finale non era piatto… Ricordi sulla Cipressa e sul Poggio che denti spingevi?

Con precisione no, in quei momenti non guardi i rapporti. Viste le velocità anche in salita, superiori ai 30 all’ora, di certo non avevo il 28. Immagino rapporti che oscillavano dal 52×15 al 52×19 a seconda dei punti. Sul Poggio per esempio c’era il tornante e il rilancio. Ci siamo entrati talmente forte che per poco mi scontro con Colbrelli. In certi momenti neanche sembrava salita, andavamo su a 37 all’ora!

E dal punto di vista più emotivo? Dai Capi in poi è aumentata la tensione?

In corsa un po’ si sentiva. Io ho superato la Cipressa nelle prime dieci posizioni e forse ho esagerato. Ero troppo davanti, anche i diesse mi avevano detto di prenderla davanti ma di sfilarmi un po’, magari fino alla trentesima posizione. Ma stavo bene e sono rimasto lì. Però così facendo è anche vero che in fondo alla discesa quando il gruppo si è spezzato sono rimasto nel drappello dei 22. E se dietro non avessero chiuso sarebbe stata un’altra corsa. Mirko (Rossato, ndr) mi aveva detto che in fondo c’era uno “sciacquone”, un tratto dell’Aurelia che tirava un po’, e lì chi perde due metri apre il buco. Le gambe cominciano a mancare.

Dopo la Cipressa, Bora vicino a Sagan. In futuro Fiorelli potrebbe sfruttare situazioni simili
Dopo la Cipressa, Bora vicino a Sagan. In futuro Fiorelli potrebbe sfruttare situazioni simili
Beh, un conto è fare il Poggio in 22 e un conto è farlo in 50. Cambia il “traffico”, il tenere le posizioni, le frustate nei rilanci…

Esatto. A quel punto quando sono rientrati da dietro e io ho preso il Poggio in quarantesima posizione e chi si staccava o smetteva di lavorare creava un po’ di buco. E a forza di chiudere mi sono mancati gli ultimi 500 metri, che sono quelli che ti fanno vincere o perdere la Sanremo. La gente mi dice: bravo, sei andato forte. Ma io non mi sottovaluto. Conosco il mio potenziale e so che posso fare meglio.

Cosa hai imparato da questa Sanremo? L’esperienza conta, vero?

Conta tantissimo. Devi conoscerla bene, sapere quali sono i punti dove portarti avanti. Io dai Capi dovevo stare davanti e ci sono riuscito. Adesso so che devo imboccare la Cipressa nei primi dieci e sfilarmi un po’, risparmiando piccole energie per il Poggio.

Però scusa, è vero che sfilarsi sulla Cipressa fa risparmiare qualcosa, però è anche vero che in fondo all’Aurelia si rischia di restare staccati. Se tu non avessi scollinato tra i primi dieci quest’anno non saresti rimasto con i 22 davanti. E’ un bel rischio…

A volte è anche questione di fortuna. Se dietro resta qualche big con un uomo o due che tirano per rientrare va bene, altrimenti sei fuori. Sagan ed Ewan per esempio erano rimasti dietro.