Morgado: la UAE, la crescita e la voglia di star bene

11.03.2025
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LAIGUEGLIA – Antonio Morgado ha iniziato la sua seconda stagione tra le fila del UAE Team Emirates-XRG con un altro ritmo rispetto allo scorso anno. Il portoghese che da junior aveva stupito tutti per la sua forza, tanto da saltare subito nel WorldTour dopo un solo anno da under 23, ha già trovato due vittorie in appena quindici giorni di corsa. Un bottino di tutto rispetto se si considera la concorrenza e il livello che c’è all’interno della squadra numero uno al mondo. Classe 2004, fisico strutturato, massiccio e con tanta potenza nelle gambe che sembra possa spaccare il mondo. 

Il lavoro di Morgado al Laigueglia è stato fondamentale per la vittoria del compagno di squadra Ayuso
Il lavoro di Morgado al Laigueglia è stato fondamentale per la vittoria del compagno di squadra Ayuso

Un altro step

Al Trofeo Laigueglia il suo apporto è stato fondamentale a Juan Ayuso per controllare la gara, imprimendo un ritmo che ha fatto male a tanti. Se lo spagnolo, più grande di appena due anni rispetto a Morgado, è riuscito a vincere in Liguria tanto lo deve alle sue capacità quanto a quelle del baffuto portoghese. 

Appena finito il Trofeo Laigueglia, chiuso comunque in venticinquesima posizione a poco più di un minuto da Ayuso, gli chiediamo di parlare e lui acconsente. Dopo una breve rinfrescata sul pullman del team emiratino Morgado scende gli scalini con sguardo languido e un sorriso appena accennato inizia a parlare. 

«Mi sento bene, grazie – ci dice subito – mi sono allenato ottimamente e sono contento della mia forma. Dopo un anno nel WorldTour penso di essere cresciuto molto, mi sento maggiormente a mio agio in gara e molto più motivato. In questa stagione credo di aver fatto un passo di crescita ulteriore».

Hai molti obiettivi per questa stagione?

No, il mio obiettivo è di essere costante e cercare di vincere le gare quando mi viene data libertà, altrimenti mi metterò a disposizione dei miei compagni per aiutarli a vincere. Tutto qui. 

Che passi senti di aver fatto?

Mentali e fisici. Mi sento più forte di testa, l’anno scorso era diverso. Era il primo anno in questo mondo e non si sa mai cosa può succedere. Pensi sempre che gli altri siano più forti o troppo forti, ma poi ti rendi conto che non è così. Correre accanto a dei grandi campioni e professionisti è molto bello, perché ho modo di vedere come vivono, mangiano e recuperano. Quindi penso di essere un privilegiato a far parte di questa squadra.

Nonostante fosse il tuo primo anno nel WorldTour l’anno scorso sei andato al Fiandre e hai trovato un fantastico quinto posto, inizialmente sembrava che queste gare non ti piacessero…

Sono un altro tipo di corse. Nel 2024 sono stato al Nord per la prima volta, anche da junior non avevo mai corso lì. Andare direttamente in appuntamenti di quel livello è diverso, ma mi sono sentito bene e ho iniziato ad apprezzare quel tipo di gare. 

Morgado non ha mai dichiarato un grande amore per le Classiche ma il suo esordio al Fiandre nel 2024 è stato promettente
Morgado non ha mai dichiarato un grande amore per le Classiche ma il suo esordio al Fiandre nel 2024 è stato promettente
Cosa ti piace di questo tipo di gare, le corse sul pavé?

Sono dure e lunghe, quando vai lì è impossibile vincere senza allenamento. Non ci si può nascondere e questo mi piace molto. Però non mi immagino in una sola tipologia di gare, mi piace venire al Laigueglia e provare a vincerlo, così com’è stato in Spagna e in Portogallo a inizio anno. E’ bello potersi giocare una carta quando si viene alle corse.

Cosa vuol dire essere nella formazione migliore al mondo con il ciclista più forte al momento? Vorresti un giorno essere tu al suo posto?

Sì, certo. Mi piace molto questa squadra. Ma credo che dobbiamo rispettare tutti, quando si ha il migliore atleta al mondo si lavora per lui, in me non c’è mai stata la voglia di superarlo nelle gerarchie. Avere in squadra Tadej (Pogacar, ndr) ci spinge tutti a fare del nostro meglio. E’ un piacere correre con questo tipo di atleti. 

Per Morgado la cosa importante è sentirsi bene in corsa, al momento non importa su quale palcoscenico
Per Morgado la cosa importante è sentirsi bene in corsa, al momento non importa su quale palcoscenico
Quali step si possono fare per diventare il più forte al mondo?

Si può solo migliorare la propria forza, diventare sempre più competitivi. Questa è l’unica cosa che si può fare se si hanno grandi numeri. 

Quest’anno proverai a fare delle grandi corse a tappe, pensi siano nelle tue corde?

No, non ne farò ancora. Prima di sapere se posso diventare quel tipo di corridore devo prima partecipare. Al momento non so bene che tipo di atleta sono, davvero. Quando ho buone gambe penso di poter fare un po’ di tutto. Ma quando non sono in condizione non riesco a fare nulla. Mi piace sentirmi bene, è una sensazione che mi dà fiducia nella quale so che posso fare del mio meglio.

Da Pellizzari a Morgado: i pro’ più giovani sotto lo sguardo di Ballan

10.11.2024
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Questa è stata un’altra stagione “dei giovani”. Togliendo Pogacar, sono stati loro i protagonisti dell’anno. In tanti si sono messi in mostra e hanno stupito. Alessandro Ballan li ha seguiti con attenzione. L’ex campione del mondo ha valutato per noi il gruppo dei migliori Under 21.

La classifica UCI degli Under 21, con al massimo due anni di esperienza professionistica, vede nell’ordine: Romain Gregoire, Isaac Del Toro, Lenny Martinez, Max Poole, Finlay Blackmore, Alec Segaert, Jan Christen, Thibau Nys, Giulio Pellizzari e Antonio Morgado.

Una piccola precisazione: tecnicamente Pellizzari è al terzo anno da pro’, in virtù del “gruppo giovani” della VF Group-Bardiani, ma il primo anno ha svolto prevalentemente attività U23

Giulio Pellizzari ha concluso la terza stagione da professionista
Pellizzari ha concluso la terza stagione da professionista

Pellizzari, talento in salita

Sarà perché è italiano, sarà perché lo ha visto più da vicino, ma Ballan è rimasto particolarmente colpito da Giulio Pellizzari.
«In particolare – dice Ballan – Pellizzari mi ha colpito per le sue abilità in salita: lì davvero può dire la sua. Ha lottato spesso davanti con i grandi. Giulio ha mostrato una naturale predisposizione per le lunghe ascese, ha una buona capacità di gestione dello sforzo e di resistenza. Certo, è svantaggiato a cronometro… per ora, e non può primeggiare in un grande Giro. Ma adesso andrà in una squadra in cui lo faranno lavorare, con altri materiali e metodi, e potrà migliorare anche lì. Che poi come migliorare è un po’ il segreto di tutti questi ragazzi».

E qui Ballan apre un capitolo importante: quello degli stimoli e della fame, come dice lui. «Ora faccio un discorso generale, che non è riferito né a Pellizzari né agli altri, ma è un po’ lo specchio della direzione che ha preso il mondo. Mi spiego: oggi danno tutto o quasi per passare. Ci riescono, e quando poi hanno firmato un buon contratto, si adagiano. Io parlo anche per la mia esperienza personale. A 15 anni ho perso mio padre. Mia madre era una casalinga, la mia famiglia era povera. Dopo la scuola andavo a lavorare nei tre mesi invernali. Un anno ho fatto l’idraulico, un anno il muratore, un anno l’elettricista. E ho capito quanta fatica si facesse per arrivare a sera e guadagnare qualche soldo».

Alessandro Ballan, qui in postazione Rai con Andrea De Luca, segue con attenzione il mondo giovanile (foto Instagram)
Alessandro Ballan, qui in postazione Rai con Andrea De Luca, segue con attenzione il mondo giovanile (foto Instagram)

«Quando un giorno mi hanno detto che sarei diventato professionista e che mi sarei allenato 6-7 ore al giorno, per me era una fatica diversa: sapevo cosa significava essere un lavoratore. Oggi i ragazzi, non solo i ciclisti, non hanno l’esigenza di lavorare, di fare certi sacrifici.

«E’ lo stile di vita moderno, dove tutto è più facile… Questo, nel caso del ciclismo, per me si lega molto a quanta fame hanno di migliorarsi questi ragazzi. Spero che Pellizzari mantenga questa sua voglia di migliorarsi. Ma mi sembra motivato».

Quest’anno Gregoire ha vinto una tappa ai Paesi Bschi e ha debuttato al Tour
Quest’anno Gregoire ha vinto una tappa ai Paesi Bschi e ha debuttato al Tour

Gregoire, costanza e risultati

Un altro ciclista che ha catturato l’attenzione di Ballan è il francese Romain Gregoire. Se Pellizzari eccelle in salita, Gregoire lo ha impressionato per la sua costanza e per i risultati ottenuti in questa prima fase della sua carriera.

«Forse – dice Ballan – nel complesso il francese è il più forte di tutti. Ha vinto e si è piazzato spesso. E poi si è visto dall’inizio alla fine della stagione. Lui è uno dei francesi che sta uscendo benone. Questo perché Oltralpe loro lavorano bene nelle categorie giovanili. Sostanzialmente, noi stiamo vivendo quello che i francesi hanno vissuto 10-15 anni fa, con la differenza che loro, rispetto a noi, hanno molte squadre, WorldTour e non solo, dove farli passare, crescere e tutelare. Da qualche anno a questa parte sono arrivati i Bardet, poi gli Alaphilippe, i Gaudu… fino a Martinez e Gregoire».

Antonio Morgado sui muri del Fiandre
Antonio Morgado sui muri del Fiandre

I giovani UAE

Oltre a Pellizzari e Gregoire, Ballan ha elogiato i giovani della UAE Emirates . Si è detto colpito da Antonio Morgado e Isaac Del Toro. Morgado, noto per il suo temperamento aggressivo e la sua intelligenza tattica, e Del Toro, dotato di una notevole versatilità, rappresentano delle promesse per il team degli Emirati Arabi. Ballan ha anche elogiato Jan Christen, un giovane che, pur non comparendo in classifica, ha dimostrato qualità eccellenti che lo rendono meritevole di attenzione.

«In particolare Morgado – ha detto Alessandro – ha fatto quinto a un Fiandre pur essendo così giovane. Baldato, il suo diesse, mi diceva che ha preso tutti i muri in coda e poi rimontava. Sono andato a rivedere la corsa ed, in effetti, è stato proprio così. Fare quinto in quel modo, su quelle strade, dopo 250 chilometri, significa che sei davvero forte».

Ballan ha riconosciuto anche il potenziale di Thibau Nys e le doti, soprattutto a cronometro, di Alec Segaert.
«Ma in generale – ha concluso – mi colpiscono i giovanissimi, di nuova generazione, quelli ancora più giovani dei 21enni. Ho avuto la fortuna di assistere al Giro Next Gen: c’era gente come Torres o Vidar che davvero faceva la differenza. E parliamo di atleti di primo e secondo anno. Avevano due marce in più rispetto a quelli di terzo e quarto».

Adesso Morgado non ha più paura del pavé…

29.04.2024
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Vincitore del ritrovato Giro di Romagna e poi pochi giorni fa alla Vuelta Asturias, Antonio Morgado continua senza ostacoli la sua crescita nel “mondo dei grandi”. Sembra ieri quando lottava da pari a pari con i migliori della categoria juniores, poi lo scorso anno una veloce capatina fra gli U23 con risultati di peso come l’argento iridato a Glasgow e ora una carriera tra i grandi iniziata subito con i fuochi d’artificio, non solo con le due vittorie sopra citate, ma anche – anzi soprattutto – con il quinto posto al Giro delle Fiandre, sfatando quella che sembrava un’idiosincrasia per il pavé.

E’ su questi temi che il campione portoghese del Uae Team Emirates ha risposto direttamente dalle Asturie, dove ha concluso da poco la sua terza corsa a tappe di questa impegnativa stagione, nata però sotto una bellissima stella e che anche sulle strade spagnole l’ha visto svettare.

Morgado si diceva refrattario al Fiandre. I tecnici della Uae hanno avuto ragione…
Morgado si diceva refrattario al Fiandre. I tecnici della Uae hanno avuto ragione…
Come giudichi questo tuo approccio fra i professionisti?

Penso che buona parte delle gare sia anda bene. Mi sento sempre più a mio agio, ma cerco di non farmi condizionare troppo dai risultati pur positivi, so che ho bisogno di fare molta esperienza, è un cammino che è solo all’inizio.

Con quale stato d’animo ti eri avvicinato alle classiche belghe?

Il mio obiettivo quest’anno è imparare. Le corse in Belgio sono servite soprattutto per questo. Devo dire che nelle mie uscite mi sono divertito molto, cerco di godermi ogni corsa il più possibile. E questo mi aiuta ad essere sempre più a mio agio in qualsiasi situazione.

Per il portoghese alla Vuelta Asturias vittoria nella seconda tappa, battendo in volata Torres e Del Toro sotto la pioggia
Per il portoghese alla Vuelta Asturias vittoria nella seconda tappa, battendo in volata Torres e Del Toro sotto la pioggia
In passato avevi affermato di non essere molto a tuo agio sul pavé, eppure sei arrivato quinto al Fiandre. Quel risultato ti ha sorpreso?

Sì, decisamente. Perché è una delle gare più difficili al mondo e io la guardavo con diffidenza, invece mi sono trovato bene, ho saputo interpretarla. Come detto voglio imparare e quel quinto posto mi ha detto tanto in prospettiva. Certamente non me l’aspettavo, ma sono davvero felice per quel piazzamento, ha un grande valore.

Hai rivisto quindi il tuo giudizio sulle corse belghe e il pavé?

Direi di sì, alcune gare mi piacciono molto, altre un po’ meno. Cerco però di prenderle tutte con più leggerezza e questo spazza via ogni remora che mi portavo dietro.

Sul pavé il portoghese deve ancora crescere. La prima Roubaix non è stata degna di nota
Sul pavé il portoghese deve ancora crescere. La prima Roubaix non è stata degna di nota
Tu hai corso anche la Parigi-Roubaix. Pensi che sul pavé francese puoi ottenere grandi risultati come al Fiandre?

Mmh, è un altro tipo di gara, legata molto di più anche alla fortuna, alla tenuta tecnica del mezzo. La prima esperienza è stata senza squilli, ma almeno l’ho portata a termine (ha chiuso 87° a più di un quarto d’ora da Van Der Poel, ndr) e mi sono portato dietro tante nozioni per il futuro. Mi aspetto che un giorno andrò e sarò tra i migliori anche in questa gara, molto diversa dal Fiandre.

Al Romagna hai vinto per la prima volta in maglia Uae. Fra te e Del Toro chi era il capitano e la strategia era stata stabilita prima del via?

La strategia era semplice: siamo partiti per vincere la gara. Non c’era un capitano, ma l’obiettivo era centrare la fuga giusta per portarla all’arrivo, poi me la sarei giocata allo sprint e così è stato. Devo dire grazie ai compagni, anche a Del Toro che hanno lavorato in copertura, è bello quando un piano viene portato a termine. Non è certamente stato semplice, in Italia non lo è mai. E’ stata una gara dura, molto selettiva. Ma avevo buone gambe, che mi hanno supportato quando è stato il momento di fare la differenza.

Fuga e volata vincente al Giro di Romagna, davanti a Bou (ESP), poi Mattia Bais e Carboni
Fuga e volata vincente al Giro di Romagna, davanti a Bou (ESP), poi Mattia Bais e Carboni
Quella nelle Asturie è la tua terza corsa a tappe quest’anno: in questo tipo di prove pensi di poter anche puntare alla classifica?

No. In questo tipo di gare io lavoro per i miei compagni di squadra, per chi è maggiormente attrezzato per lottare per la classifica. Magari in futuro sarà possibile, ma per ora ci sono corridori più adatti e io devo fare gli interessi del team. Intanto però posso puntare alle tappe.

Il Portogallo ha due posti a disposizione per le Olimpiadi: ci stai pensando o ritieni che i Mondiali a Zurigo siano più adatti a te?

Non posso negare che mi piacerebbe, chi l’avrebbe detto solamente pochi mesi fa che a venti anni poteva esserci quest’eventualità, andare ai Giochi Olimpici? Io mi do da fare per essere sempre sulla breccia, aspettando che arrivi la chiamata, ora è diventato un obiettivo primario nella stagione.

Per il lusitano già una piazza d’onore a Le Samyn, dietro il belga Laurent Rex
Per il lusitano già una piazza d’onore a Le Samyn, dietro il belga Laurent Rex
Questo è il tuo primo anno da professionista, forse presto per un grande Giro: preferiresti esordire subito al Tour o fare esperienza al Giro o alla Vuelta?

Penso che per un grande Giro sia davvero presto. Se dovessi scegliere vorrei esordire al Giro d’Italia e non affrontare subito una corsa difficile come il Tour anche considerando il diverso periodo di effettuazione, il caldo e tutto quanto. Avrei modo per imparare. Ma non devo pensarci quest’anno, c’è già abbastanza carne al fuoco, mi pare…

Che ti aspetti da qui alla fine della stagione?

Con la gara spagnola chiudo la prima parte della stagione. Adesso mi prenderò una pausa, nella quale conto comunque di provare a perdere qualcosa nel peso per essere ancora più scattante, voglio poi allenarmi duramente per essere pronto per quanto tornerò in gara. Voglio ad esempio mettermi alla prova su salite lunghe, vedere se sono migliorato. E’ tutto un work in progress per il futuro, come detto il mio principale obiettivo è imparare, il tempo è dalla mia parte.

Quale UAE senza Pogacar? Un gruppo che cresce

28.02.2024
5 min
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L’anno scorso di questi tempi avevano già vinto 11 corse con sei corridori diversi, ma fra le vittorie era impossibile non annotare la Clasica Jaen Paraiso Interior e la Vuelta Andalucia, con quel diavolaccio di Pogacar che, al pari di Vingegaard, aveva cominciato subito col botto. Il 2023 fu la prima svolta, sia pure non drastica come quest’anno. Lo sloveno aveva rinunciato al UAE Tour vinto nelle due edizioni precedenti, per vivere una primavera meno impegnativa e contrastare meglio Vingegaard al Tour. Quest’anno che Tadej ha puntato su una stagione stellare fatta solo di grandi obiettivi, la musica è rimasta identica: le vittorie finora sono 10 per mano di sei corridori diversi, ma fra loro non c’è Pogacar.

Del Toro al Tour Down Under. McNulty alla Valenciana e al UAE Tour. Fisher-Black alla Muscat Classic e al Tour of Oman. Yates, anche lui in Oman. Ayuso e Hirschi con una vittoria ciascuno nell’ultimo weekend di corse in Francia. E ieri per poco Antonio Morgado non si portava a casa Le Samyn, con un colpo di reni malandrino che ha fatto tremare e non poco il gigante Laurenz Rex (foto di apertura). Quello ha alzato le braccia e Antonio si è infilato…

Al Tour of Oman, Finn Fisher-Black vince a Qurayyat la seconda tappa
Al Tour of Oman, Finn Fisher-Black vince a Qurayyat la seconda tappa

Il talento viene fuori

Con il portoghese in Belgio c’era Marco Marcato, che assieme a Baldato compone la coppia tecnica per il Nord, e con lui abbiamo affrontato il momento della squadra numero uno al mondo in questo suo cammino per non far rimpiangere il grande sloveno.

«Morgado ha perso veramente per poco – sorride il padovano – forse un paio di centimetri. Sono andato a vedere il photofinish perché la Giuria tentennava. Rex ha vinto, anche se ha rischiato, perché alzando le mani all’ultimo si è piantato e Antonio ha fatto un bel colpo di reni. In ogni caso è lì e a vent’anni ha dimostrato che può essere protagonista. Si è adattato bene alla categoria. Questi ragazzi non hanno tante paure di buttarsi e di farsi valere, quindi alla fine il talento e la bravura vengono fuori. Magari deve ancora capire i meccanismi, quando è importante star davanti a lottare per la posizione, ma questo valorizza ancora di più il suo talento. Si è adattato bene alla fatica e al tener sempre duro. E alla fine, considerando i corridori che c’erano e la selezione che c’è stata, ha fatto un grande sprint».

Ayuso e Hirschi hanno fatto doppietta nel weekend francese
Ayuso e Hirschi hanno fatto doppietta nel weekend francese

Una grande opportunità

Il ritorno a casa insomma ha lasciato in bocca un buon sapore. Ci sarà il tempo per ricaricare le batterie e poi Marcato preparerà la prossima valigia che porterà alla Parigi-Nizza e di lì nuovamente sulle strade del Nord fino alla Freccia del Brabante. Così, approfittando del tempo a disposizione, rileggiamo con lui l’inizio di stagione in attesa che sabato alla Strade Bianche il padrone torni al volante.

«Quando c’è Tadej – spiega – logicamente la squadra è incentrata su di lui. Comunque stiamo parlando del numero uno al mondo, quindi dobbiamo dargli sicuramente tutto il nostro supporto. Questo i compagni lo sanno e anzi sono ben felici di aiutarlo. Quando lavori per un leader così, sai che alla fine il lavoro viene ripagato. Secondo me lo spazio che si sta liberando adesso è un’opportunità anche per loro. Sicuramente hanno più responsabilità, però sono contenti di poter fare la corsa ed essere protagonisti. Insomma, non è solo il fatto di avere più responsabilità, ma maggiori opportunità. Almeno io la vedo così».

Jay Vine, leader de UAE Tour a partire dalla terza tappa, crolla sulla salita finale di Jebel Hafeet
Jay Vine, leader de UAE Tour a partire dalla terza tappa, crolla sulla salita finale di Jebel Hafeet

Tutti capitani

Per lo stesso motivo e per la rincorsa ai punti, quest’anno i piani di tanti ragazzi sono cambiati: non più tutti al servizio del capitano, ma ciascuno con lo spazio per assecondare il proprio talento. Non è un mistero che il UAE Team Emirates abbia reclutato alcuni fra i migliori atleti in circolazione e tenerli solo per tirare sarebbe un vero uno spreco. La differenza fra tirare e fare la corsa sta però nell’impatto psicologico. Jay Vine è stato leader del UAE Tour fino all’ultima tappa con arrivo in salita e ha perso in un solo colpo 4 minuti e la maglia.

«Quelle sono dinamiche – spiega Marcato – che non tutti i corridori gestiscono allo stesso modo. L’anno scorso Vine per esempio ha vinto il Tour Down Under, anche se è una corsa un po’ diversa. Quest’anno al UAE Tour, un po’ di pressione in più l’ha sentita senza dubbio. Abbiamo una squadra forte, non è per caso che l’anno scorso abbiamo vinto la classifica WorldTour e i nostri corridori migliori, se li prendi singolarmente, potrebbero andare tranquillamente in altre squadre a fare i capitani. Quindi a volte non è neanche semplice gestire la corsa avendo tanti talenti tutti insieme. La parte bella però è quando si aiutano fra loro, come nel giorno in cui Ayuso ha vinto la Faun-Ardeche Classic e il giorno dopo ha aiutato Hirchi a vincere la Faun Drome Classic.

«E con gli italiani sarà la stessa cosa. Covi avrà il suo spazio facendo gare su misura e anche Ulissi, un uomo su cui si può contare sempre. Diego avrà un calendario diverso dal solito, non facendo grandi Giri. Questo almeno è il programma, però le cose cambiano e se serve sappiamo che lui è comunque pronto».

L’approdo alla Uae, per Morgado i tempi sono giusti

09.10.2023
5 min
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Con l’ottavo posto alla Coppa Città di San Daniele e dopo aver sfiorato il podio al Lombardia di categoria, Antonio Morgado ha chiuso la sua stagione. La prima fra gli under 23, ma anche l’unica. Il portoghese già in estate aveva infatti deciso di fare il grande salto e approdare alla corte di Pogacar all’Uae Team Emirates. A vent’anni il lusitano accede subito al professionismo dalla porta principale e qualcuno ha un po’ storto il naso, pensando che sia una scelta affrettata e che si poteva ancora aspettare almeno una stagione, per continuare a crescere, perché no, aumentare il proprio curriculum, d’altronde già sostanzioso con due argenti mondiali in due categorie diverse.

Morgado non è uno che si tira indietro. In attesa di prendersi qualche giorno di vacanza prima di rituffarsi nel lavoro, questa volta insieme ai nuovi compagni del team arabo, ha accettato di sottoporsi all’analisi della stagione anche davanti a qualche obiezione non propriamente gradita, rispondendo sempre con schiettezza. Il corridore di Caldas da Rainha è convinto di quel che fa, come sempre.

Uno dei momenti più alti nella stagione di Morgado, la vittoria nella tappa finale dell’Orlen Nations Cup (foto organizzatori)
Uno dei momenti più alti nella stagione di Morgado, la vittoria nella tappa finale dell’Orlen Nations Cup (foto organizzatori)
Come giudichi questa tua stagione fra gli Under 23?

Non è stata una grande stagione per me. Mi aspettavo di meglio e potevo fare meglio, alla fine ho portato a casa meno di quel che mi aspettavo, ma è quello che è.

Le corse a tappe come Giro Next Gen e Tour de l’Avenir non sono state fortunate, che cosa ti è mancato?

Non ero nelle condizioni di salute giuste per poter ottenere il meglio da me stesso, quindi mi sono messo a disposizione della squadra e dei compagni. Il Tour de l’Avenir l’ho interpretato più come preparazione per il campionato del mondo, quello era il mio obiettivo stagionale, per il quale sono anche andato in quota, lo avevo messo nel mio mirino e almeno nell’occasione giusta ero pronto.

Ripensando al mondiale, è più la soddisfazione per la medaglia d’argento o pensi che Laurance si poteva prendere?

Per mia natura non sono uno che si accontenta. Sono contento del mio secondo posto ma voglio sempre di più. Penso che ho lavorato così duramente per il mondiale e sono arrivato secondo: va bene, ma per me ha sempre un po’ il sapore della sconfitta, significa che qualcosa di meglio si poteva sempre fare.

La volata vincente per il secondo posto a Glasgow. Ma Laurance si poteva anche prendere…
La volata vincente per il secondo posto a Glasgow. Ma Laurance si poteva anche prendere…
Che cosa porti con te di questo anno all’Hagens Berman Axeon?

Penso che sia una grande squadra, ideale per affrontare la categoria. Mi sono divertito molto quest’anno con la squadra e i miei compagni, da questo punto di vista è stato davvero un buon anno.

E com’è stato lavorare con Axel Merckx?

Sì, è stata una grande opportunità, è un grande nome. Ho imparato molto con Axel ed è un ragazzo davvero gentile, mi piace molto e l’opportunità di lavorare con lui mi ha fatto sicuramente crescere, le mie decisioni sono anche frutto di quel che ho potuto apprendere in un anno di lavoro con lui.

Una sola stagione all”Hagens Berman Axeon, con la perla del successo al Tour of Rhodes (foto team)
Una sola stagione all”Hagens Berman Axeon, con la perla del successo al Tour of Rhodes (foto team)
Dal prossimo anno sarai già professionista con la Uae. Con che spirito affronti questa nuova avventura?

Sono davvero emozionato adesso, tanto che già mi sento mentalmente coinvolto. La situazione sta diventando seria, ora lavorerò davvero sul serio per i massimi obiettivi. Questo è il mio sogno, quindi lavorerò duro per questo. Da un lato mi sento arrivato, sono alla corte dei grandi, dall’altro so che il vero lavoro inizia adesso e ho tutto da dimostrare.

Ma un anno in più fra gli Under 23 poteva servirti per aumentare le tue vittorie e la tua esperienza. Ti sei mai pentito della scelta?

No, sono scelte che uno fa pensando al futuro. Io mi sento maturo e pronto, scelgo di andare subito nel WorldTour. Non è stata una scelta avventata, ne ho parlato con il mio allenatore e il mio manager e pensiamo che io sia pronto per la massima avventura, con l’umiltà di imparare e la convinzione di potermi ricavare un ruolo. Quindi sono emozionato e ora posso lavorare davvero sodo per vedere dove posso arrivare.

La Uae è un team con tanti capitani, uno su tutti Pogacar. Che spazi vuoi ritagliarti in questo tuo primo anno?

Penso che sia davvero un privilegio per me imparare con i migliori ragazzi del mondo. Sono semplicemente super felice perché posso imparare da chi vince, da chi sa come si fa. Quindi l’anno prossimo si tratterà solo di imparare e aiutare la squadra e i compagni.

Il lusitano ha ottenuto i suoi migliori risultati stagionali in nazionale. All’europeo ha chiuso 14°
Il lusitano ha ottenuto i suoi migliori risultati stagionali in nazionale. All’europeo ha chiuso 14°
Pogacar, Hirschi, Ayuso: a chi di questi pensi di essere più simile come caratteristiche?

Questo non lo so, ogni corridore è fatto a modo suo, non mi piace essere paragonato a questo o quello, voglio essere Morgado e basta. Penso che ogni appassionato ami Pogacar, impossibile fare altrimenti, io voglio imparare da lui il più possibile e avere l’opportunità di corrergli accanto.

Per il tuo primo anno che obiettivi ti poni?

Non ho segnato alcun obiettivo sulla mia agenda, si tratterà solo di sfruttare ogni occasione per imparare il più possibile. Spero solo di avere più opportunità possibili per correre nel WorldTour, perché sono le massime gare del calendario, dove affronti il meglio che c’è. Non starò tanto a guardare il mio bilancio in termini di risultati personali, voglio solo aiutare la squadra a ottenere il più possibile e accrescere il mio bagaglio di esperienze.

Il peso del cognome. Axel Merckx sa cosa significa

26.09.2023
6 min
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Nella sua intervista/confessione, Ben Wiggins, uno degli astri nascenti del ciclismo mondiale aveva parlato della fortissima pressione derivante dal fardello del suo cognome. Per gestirla aveva scelto appositamente di accettare l’invito dell’Hagens Berman Axeon per lavorare con Axel Merckx, che più di ogni altro sa che cosa significa confrontarsi con un passato importante.

Per questo abbiamo voluto sentire il manager belga, considerando che nel suo team militano molti prospetti di grande interesse, dei quali ci siamo anche occupati e che ha una grande capacità nel gestire situazioni difficili ma con tante prospettive interessanti come quella del britannico iridato su pista e protagonista della stagione juniores su strada.

Axel Merckx, 51 anni, bronzo olimpico nel 2004 e dirigente all’Hagens Berman Axeon dal 2012
Axel Merckx, 51 anni, bronzo olimpico nel 2004 e dirigente all’Hagens Berman Axeon dal 2012
Il prossimo anno arriverà Ben Wiggins: che idea ti sei fatto del britannico?

La prima cosa che mi ha colpito è che in fatto di esperienza è molto più giovane, direi quasi acerbo rispetto alla sua età. E’ solo il terzo anno che interpreta il ciclismo in maniera convinta, ma la sua anche per questo è una bella storia. Non è mai facile fare lo stesso mestiere del padre, nel ciclismo ancora meno. Ne abbiamo parlato a lungo, io con la mia esperienza personale posso sicuramente aiutarlo a trovare la propria strada.

Ben ha detto ripetutamente di essere stato attratto dalla possibilità di lavorare con te perché sai bene che cosa significa avere il peso di un cognome tanto importante.

La pressione negativa c’è, inutile negarlo. Ogni volta che il risultato non arriva – afferma Merckx facendo riferimento al proprio passato – è normale che tutti dicano “non è come suo padre”. Fa parte dei rischi del mestiere. E’ importante che trovi la sua strada, che riesca piano piano a far capire di essere diverso, un altro corridore rispetto a suo padre. Deve riuscire a emergere per quello che è, senza guardare a chi c’era prima, a dimostrare quel che vuole e può fare. Capisco che senta la pressione, cercherò di aiutarlo a sentirla sempre meno.

Wiggins è stato protagonista su strada e su pista. Ma sente la pressione legata al suo nome
Wiggins è stato protagonista su strada e su pista. Ma sente la pressione legata al suo nome
Come si lavora con un corridore che ha avuto un genitore campione?

Non è più difficile, è solo diverso perché bisogna confrontarsi con una pressione mediatica differente rispetto a qualsiasi altro corridore, una pressione che c’è a prescindere dai risultati. Ben sa che senza quel cognome non avrebbe i giornalisti che si interessano a lui, le tante interviste, i tanti articoli. Con quel cognome sarà sempre sotto i riflettori dei media ma soprattutto della gente. E’ un fastidio certe volte, lo so bene, ma se vai forte diventa qualcosa di molto meno impattante.

Come giudichi questa stagione per il tuo team?

Una buona stagione – risponde Merckx – abbiamo fatto 7 vittorie, conquistato una corta importante come il Giro della Val d’Aosta, una tappa al Giro Next Gen. La nostra è una squadra molto giovane, sapevamo che avere la stagione perfetta è praticamente impossibile, ma possiamo dirci soddisfatti perché nel complesso i nostri ragazzi sono cresciuti.

Per Morgado una prima stagione da U23 ricca di impegni e soddisfazioni. Ora approda all’Uae Team Emirates
Per Morgado una prima stagione da U23 ricca di impegni e soddisfazioni. Ora approda all’Uae Team Emirates
A inizio stagione avevamo parlato con te dell’ingresso di Herzog e Morgado nel team. Come sono andati finora?

Morgado è partito subito bene, con la vittoria al Tour of Rhodes e da lì ha vissuto un’ottima stagione a dispetto di un problema al ginocchio che gli è costato in pratica quasi tutto aprile e maggio. E’ tornato in forma per il Giro ed è stato molto importante per la vittoria di Rafferty in Val d’Aosta, andando poi a conquistare l’argento ai mondiali che per un primo anno fra gli U23 è una gran cosa. Ora farà il salto nel WorldTour, avrà bisogno di tempo ma penso che potrà fare molto bene anche in tempi brevi.

L’impressione che si è avuta è che Morgado si sia ambientato più in fretta nella nuova categoria. Merito suo o Herzog ha avuto più problemi?

Il tedesco non ha avuto una buona stagione – sottolinea Merckx – ma certamente non per colpa sua. Ha sempre avuto problemi di salute che gli hanno impedito di raggiungere la miglior forma. Infatti ha corso molto meno e si è fermato a fine luglio. Anche questo fa parte del mestiere, io credo che sia stata da questo punto di vista una stagione utile perché ha imparato tanto. Non penso che abbia sofferto la tanta pressione derivante dal fatto di essere un campione del mondo juniores, ha solo bisogno di tempo per trovare la sua dimensione. Anche lui passerà nel WorldTour, sono sicuro che alla Bora Hansgrohe gli daranno il tempo necessario.

Annata difficile per Emil Herzog, ma in Germania credono molto in lui e passa già nel WorldTour
Annata difficile per Emil Herzog, ma in Germania credono molto in lui e passa già nel WorldTour
La vittoria di Rafferty al Giro della Val d’Aosta ti ha sorpreso, lo ritieni un corridore con un futuro nelle corse a tappe?

Sicuramente per le corse brevi è già un ottimo prospetto. E’ un corridore che ha grinta, non ha paura di attaccare, ha vinto il Val d‘Aosta proprio perché ha corso d’istinto, ha preso la corsa di petto, senza aspettare le fasi finali. Ha un modo di interpretare le gare che mi piace tanto, ma si vede che da un paio d’anni l’irlandese è in netta crescita e trova nelle corse a tappe la sua dimensione. Andrà all’Education EasyPost e credo che proprio nelle brevi stage race potrà già distinguersi.

Nel tuo team non ci sono corridori italiani, come mai?

La storia dice così, ma dal prossimo anno ne avremo due, provenienti dall’attività junior, che vogliamo far crescere e che annunceremo nei prossimi giorni.

Rafferty protagonista assoluto al Giro della Val d’Aosta. Anche lui entra nel 2024 fra i grandi
Rafferty protagonista assoluto al Giro della Val d’Aosta. Anche lui entra nel 2024 fra i grandi
L’ingresso di Jayco nel vostro team che cosa cambierà?

Non molto, se non il nome della società. E’ una collaborazione con il loro team WorldTour che non ci trasforma in un Devo team, continuiamo ad avere rapporti anche con altre squadre. Servirà però ai ragazzi per avere una strada privilegiata verso la massima serie, ci confronteremo spesso con i direttori sportivi della Jayco AlUla ma la squadra continua ad essere completamente in mano mia. E’ un investimento per crescere, noi come struttura ma soprattutto i ragazzi.

Morgado è pronto per la caccia alla maglia rosa

10.06.2023
5 min
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Strano destino, quello di Antonio Morgado. Portoghese di 19 anni, da almeno un paio sta ottenendo grandi risultati, eppure finora è passato un po’ sotto traccia. Basti pensare allo scorso anno: seconda piazza alla Corsa della Pace e al Trophée Morbihan, vittoria alla Vuelta Ribera de Dueno, ma di lui si ricorda soprattutto la piazza d’onore alle spalle di Herzog e il passaggio con quest’ultimo all’Hagens Berman Axeon. Quasi fosse un valletto…

Eppure parliamo di un signor corridore, che al suo primo anno da under 23 si sta mettendo in luce come grande specialista delle corse a tappe tanto che molti lo accreditano come il grande favorito del Giro Next Gen in partenza. Proprio alla vigilia della corsa rosa, Morgado ha aperto le porte ai suoi pensieri, partendo dalle differenze riscontrate al passaggio di categoria.

«Le differenze ci sono, si sentono perché la concorrenza è maggiore e soprattutto è cresciuto il livello. Ci si trova ad affrontare salite più grandi e maggiori chilometraggi, ma mi pare di essermi adattato subito nella maniera migliore, il successo al Tour of Rhodes in Grecia mi ha dato molta consapevolezza».

Morgado è al primo anno all’Hagens Berman Axeon, qui con Herzog e il connazionale Tavares
Morgado è al primo anno all’Hagens Berman Axeon, qui con Herzog e il connazionale Tavares
Ti ritieni uno scalatore?

Forse adesso no, o almeno non come vorrei, ma in futuro il mio obiettivo è essere un bravo scalatore, di quelli che riescono a fare la differenza nelle corse a tappe.

Proprio nelle gare di più giorni ti stai mettendo in particolare evidenza. Quali pensi siano le tue doti che ti permettono di emergere?

Diciamo che sto mostrando di avere potenza per le salite brevi e resistenza agli sforzi e questa è una parte di me che mi piace davvero tanto. Ma come detto c’è ancora molto da fare.

Morgado con Herzog: rivali agli ultimi mondiali, ora sono compagni di squadra e buoni amici
Morgado con Herzog: rivali agli ultimi mondiali, ora sono compagni di squadra e buoni amici
Tu sei nello stesso team di Herzog che lo scorso anno ti tolse il titolo mondiale: come sono i rapporti fra voi?

Sono molto buoni, siamo entrati in confidenza e c’è una buona amicizia. Per ora abbiamo programmi diversi, lui sta correndo più nelle prove d’un giorno perché io vengo da un infortunio ad aprile che mi ha tenuto fuori dalle corse per un paio di mesi e passando per le corse a tappe la condizione arriva prima, comunque devo dire che in queste ultime mi trovo più a mio agio.

Come ti trovi nel team di Axel Merckx?

Mi sento benissimo. Mi piace molto questa squadra, credo sia quella giusta per crescere e arrivare dove voglio. I miei compagni di squadra sono davvero amichevoli e comprensivi, soprattutto coloro che hanno più esperienza e fanno un po’ da guida. Il primo anno fra gli under 23 non è facile perché ci sono tanti cambiamenti, anche come impostazione e mentalità, ma in un team simile tutto diventa più semplice da affrontare.

La posizione in bici del lusitano non è delle più accattivanti, ma è molto efficace, a cronometro e in salita
La posizione in bici del lusitano non è delle più accattivanti, ma è molto efficace, a cronometro e in salita
Come sei arrivato al ciclismo, quando hai iniziato?

Come tanti sono stato invogliato dalla famiglia, da mio padre che ogni fine settimana prendeva la sua bici per qualche giro, io a 5 anni ho cominciato a seguirlo in qualche gara e volevo fare come lui. Inizialmente mi piaceva la mountain bike, mi divertivo di più, poi dopo qualche anno mi ha preso la bici da strada e non ho più cambiato, infatti non pratico altre specialità, mi dedico solo a questa.

Che cosa sai della storia del ciclismo portoghese?

Non così tanto, ma conosco il ciclista più grande, so quanto Joaquim Agostinho abbia influito sull’evoluzione del ciclismo del mio Paese, ma non vado molto in là, non ne so tantissimo.

Un piccolissimo Morgado alle sue prime armi, seguendo la passione del padre
Un piccolissimo Morgado alle sue prime armi, seguendo la passione del padre
Quanto è popolare il ciclismo in Portogallo adesso?

E’ molto cresciuto nell’attenzione dei media e della gente, siamo molto seguiti. La cosa importante è che più persone vedono il ciclismo e soprattutto più persone lo praticano. Penso che sia anche frutto dei buoni risultati che Almeida sta ottenendo fra i professionisti in mezzo a così tanti campioni.

C’è un corridore che è per te un modello al quale ti ispiri?

Mi piacciono le abilità di Almeida, è un ragazzo davvero in gamba ed anche una bella persona, molto amichevole quindi, sì, diciamo che vorrei arrivare ai suoi livelli, lo vedo come un obiettivo più che come un idolo.

Ma considerando le tue caratteristiche e facendo riferimento sempre ai corridori lusitani, pensi di essere più simile all’ex iridato Rui Costa o ad Almeida?

Probabilmente il mio modo di correre è più vicino a quello di Rui Costa ma in futuro il mio obiettivo è essere come Joao, raggiungere i suoi risultati e se possibile fare anche meglio.

Antonio con la maglia del CC de Bairrada, con cui è emerso come uno dei migliori junior al mondo
Antonio con la maglia del CC de Bairrada, con cui è emerso come uno dei migliori junior al mondo
Tu hai già vinto in Italia il Lunigiana, ora ti attende il Giro Next Gen: che cosa ti aspetti?

Veniamo in Italia con molte ambizioni perché abbiamo una squadra forte e penso che abbiamo la possibilità di provare in alcune tappe a fare la differenza e finire tra i primi cinque. Chiaramente spero di essere io l’uomo da classifica, so che molti mi danno addirittura per favorito, ma di partenza non abbiamo capitani, sarà la corsa a definire le gerarchie, siamo tutti forti e quindi vengo innanzitutto per aiutare la squadra.

Ultima domanda. Qual è la gara che sogni di vincere?

Una sola, il Tour de France. E’ quella che fa davvero la differenza.

Herzog e Morgado, gioielli appuntiti nella mani di Axel Merckx

11.10.2022
4 min
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E’ un po’ come se Pantani e Simoni si fossero ritrovati nella stessa squadra. Forse era l’unico modo per farli smettere di prendersi per i capelli. E lo stesso vale per Emil Herzog e Antonio Morgado. I due più forti juniores della stagione (senza dimenticare Vlad Van Mechelen) si ritroveranno fianco a fianco nella Hagens Berman Axeon di Axel Merckx. La squadra che tanto bene abbiamo conosciuto quest’anno al Giro under 23.

Entrambi infatti passano di categoria ed entrambi non intendono limitare le loro ambizioni. Ma di certo se in corsa se le sono date, come è stato anche a Wollongong, dovranno più spesso trovare il modo di darsi la mano, come hanno fatto sempre a Wollongong ma dopo l’arrivo. Una mano invece se la dovranno dare in gara.

Axel Merckx con Leo Hayter dopo l’impresa dell’inglese a Santa Caterina Valfurva che ha deciso il Giro U23
Axel Merckx con Leo Hayter dopo l’impresa dell’inglese a Santa Caterina Valfurva che ha deciso il Giro U23

Il lavoro di Axel

E’ di certo una bella sfida per Axel, ma il direttore sportivo belga ha mostrato un grande “savoir faire” con i suoi ragazzi. Sempre pacato, sempre tranquillo lo abbiamo potuto ammirare dal vivo come si comportava alla partenza e all’arrivo delle tappe del Giro U23. Alcune voci danno Merckx come team manager della nuova Lotto Soudal, che si chiamerà Lotto-Dstny. Ma per ora sono solo voci. E pertanto ragioniamo su ciò che è concreto.

Ma come potranno aiutarsi? Probabilmente un’idea Merckx già ce l’ha ed è quella di sfruttare, o meglio esaltare, le loro caratteristiche.

Più esplosivo e scalatore (che detta così potrebbe sembrare una contraddizione) il portoghese, più passista e resistente il tedesco.

E si è visto anche al mondiale. Morgado che esplode sulla salita, Herzog che lo riacciuffa in discesa. Entrambi sono comunque atleti davvero completi e che sembrano essere pronti per il salto tra gli under 23.

Magari con loro due in squadra, Merckx potrà correre da protagonista al Giro U23 o in altre corse a tappe rispetto a come ha fatto quest’anno, quando quel ruolo era nelle mani della Groupama-Fdj. Ciò nonostante si è portato a casa la maglia rosa con Leo Hayter.

Antonio Morgado e Emil Herzog sul rettilineo di Wollongong. primo il tedesco, secondo il portoghese
Antonio Morgado e Emil Herzog sul rettilineo di Wollongong. primo il tedesco, secondo il portoghese

Su Emil

Messo su carta, il lavoro con Emil Herzog potrebbe sembrare più facile, se non altro per affinità ambientali: climatiche e in senso stretto e culturali tra il mondo tedesco e quello belga del direttore sportivo. Ma in teoria questo non è un problema, visto che storicamente in questa squadra ci sono stati atleti di tante nazionalità differenti.

«Emil – ha detto Axel – è uno dei migliori corridori junior in circolazione. Penso che abbia avuto uno degli anni migliori nella categoria junior di sempre e non possiamo che essere entusiasti di averlo con noi.

«Ho parlato bene con Emil: ha capito che possiamo aiutarlo a progredire e questa consapevolezza è molto importante. È una grande speranza per il futuro e per ciò che è possibile».

Su Morgado

C’è poi Antonio Morgado. Il portoghese è campione nazionale. Il suo profilo ricorda molto quello di un altro portoghese che da qualche anno conosciamo bene: Joao Almeida. Non è la prima volta che Axel e il suo staff vanno a pescare da quelle parti. Anzi…

«Antonio ha ottenuto grandi risultati sia a livello nazionale che internazionale. E’ molto aggressivo quando corre (e il Lunigiana insegna, ndr) e i suoi risultati lo dimostrano. Non vediamo l’ora di aiutarlo a fare il prossimo passo nel calendario internazionale degli under 23».

Per entrambi quindi non c’è che iniziare a lavorare, ma come? O meglio: ma quanto? L’unica incognita che versa su quanto Axel, e il suo collega, l’ex pro’ Koos Moerenhout, è il tempo.

Sembra infatti che Morgado abbia già in pugno un contratto con la UAE Emirates per il 2024 e che Ralph Denk , il team manager della Bora-Hansgrohe, rivoglia al più presto il suo atleta. Scriviamo rivoglia in quanto la Auto Eder, la squadra juniores di Herzog, è la filiera giovanile della Bora.

Juniores: Herzog stronca Morgado. Scalco primo dei nostri

23.09.2022
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Chissà per quanto tempo Herzog e Morgado parleranno ancora dell’arrivo del mondiale juniores di Wollongong. I due infatti dal prossimo anno correranno insieme alla Hagens Berman Axeon di Axel Merckx: si conoscevano e non si fidavano l’uno dell’altro.

«Sapevo di essere più veloce – ha sorriso Herzog su una sedia della sala stampa – ma non mi fidavo e ho provato a staccarlo per essere tranquillo. Avrei preferito vincere con più margine per esserne sicuro. Invece non ho mai fatto uno sprint tanto tirato e incerto. Ancora non ci credo».

Il tedesco tanto atteso

Avevamo definito Emil Herzog il talento che i tedeschi aspettano da 20 anni. Il suo ruolino di marcia 2022 è notevole. Su 5 corse a tappe, ne ha vinte 4. Corre alla Auto Eder, vivaio della Bora Hansgrohe e al bottino di stagione vanno aggiunti due bronzi a crono: agli europei e qui ai mondiali.

Antonio Morgado di corse a tappe ne ha fatte 6, ne ha vinte 2 e per 3 volte è arrivato secondo. Fra le vittorie, ricordiamo il recente Giro della Lunigiana. Per questo nessuno si è stupito quando il portoghese ha attaccato all’inizio dell’ultimo giro e il tedesco si è messo in caccia sulla scalata rimasta di Mount Pleasant.

«Il mondiale era un obiettivo – racconta Morgado – ma sapendo di non essere il più veloce, ho provato ad arrivare da solo. Solo che Herzog è stato più forte. Quando mi ha preso, ci siamo detti di collaborare per andare insieme all’arrivo. Invece ha provato a staccarmi all’ultimo chilometro. Nonostante ciò, su quell’arrivo in pianura restava più veloce lui. Per questo ho provato a partire lungo, ma non c’è stato niente da fare».

Morgado, vincitore del Lunigiana, ha provato a prendersi il mondiale con la forza
Morgado, vincitore del Lunigiana, ha provato a prendersi il mondiale con la forza

A suo agio nella pioggia

Dopo aver vinto, Herzog ha continuato a urlare con le braccia larghe come Hulk. Nonostante le tante vittorie, è davvero parso lui il più incredulo per il risultato.

«Quando ho visto che Morgado era andato via – racconta – ho capito di dover chiudere da solo il buco. Appena l’ho preso, mi ha detto che aveva un principio di crampi, ma che ugualmente avrebbe fatto lo sprint. E’ partito lungo e sono subito scattato anche io e l’ho passato ai 15 metri. Mi piace quando piove, perché tutto diventa più tecnico. Si conquista vantaggio nelle discese e nelle curve».

Dopo l’arrivo Herzog era felicissimo, ma anche incredulo
Dopo l’arrivo Herzog era felicissimo, ma anche incredulo

Pesante per il Tour?

Nonostante tante vittorie e tanto talento, ma forse sapendo che è meglio essere cauti con programmi, sogni e promesse, quando gli chiediamo dove voglia arrivare, Herzog va cauto.

«Il mio sogno è vincere grandi corse – sorride – ma di certo non il Tour de France, perché sono troppo pesante (alto 1,83, per 74 chili, ndr). Penso alla Tirreno e semmai allo Svizzera, corse che mi si addicono di più e in questa direzione darò il meglio di me…».

Salvoldi è al primo mondiale da tecnico degli junior: il suo incarico è iniziato da meno di un anno
Salvoldi è al primo mondiale da tecnico degli junior: il suo incarico è iniziato da meno di un anno

Nodo azzurro

E l’Italia? I nostri sono ripartiti da Dino Salvoldi, chiamato prima di tutto perché insegni il metodo di lavoro a una categoria che gira a velocità differenziate. Il nuovo cittì alla vigilia ragionava sul fatto che attaccare un’etichetta sia sbagliato. Non si può dire a priori se sia giusto o meno assecondare certi passaggi. Qualcuno è pronto per diventare professionista a 18 anni, qualcuno no. Impedirgli di farlo significa privarli di una importante chance di carriera. E per tutti gli altri, ci sono comunque le altre gare del calendario.

Idem dicasi per l’attività, da noi troppo centellinata. Perché facciano certe esperienze, se i club non si muovono perché agli sponsor locali non interessa correre all’estero, deve intervenire la nazionale, ma potrebbero farlo anche i Comitati regionali. Come accade in Francia.

Ritmo subito alto

Il migliore dei nostri è stato Matteo Scalco, quattordicesimo, che a due giri dalla fine era ancora nel gruppo di testa e dal 2023 sarà con Reverberi.

«Già dai primi giri – racconta dopo l’arrivo – il ritmo della gara è stato veramente alto. Il gruppo si è rotto in vari tronconi e dopo tre giri eravamo rimasti solo Belletta e io. Abbiamo cercato di tenere in salita, finché le gambe hanno ceduto. Ero venuto con grandi aspettative, ma non è una novità che gli altri vadano così forte, li avevamo già visti. Tra noi eravamo belli uniti, con l’obiettivo di correre insieme perché era l’unico modo per difendersi. Ma con la partenza così veloce ci siamo subito disuniti. Lo strappo è duro, anche perché se scollini con soli 10 metri dai primi, ti trovi in fondo alla discesa che hai 10 secondi e quindi devi andare a tutta per cercare di rientrare. Un percorso che non si riesce a respirare».