In questo periodo più di qualche volta abbiamo accennato come anche le continental e le squadre più grandi U23 vadano spesso a caccia di vittorie nelle gare regionali. E in parte è quel che è successo al Trofeo San Sabino a Canosa di Puglia, in provincia di Barletta-Andria-Trani.
Sia chiaro non siamo qui a puntare il dito contro nessuno, anzi… fa piacere che ci siano competizioni per tutta la Nazione. Il regolamento non impedisce a questi team di partecipare. Semmai c’è da rivedere il sistema dei calendari, come ci diceva Cazzaniga.
Semplicemente “fotografiamo” un aspetto del nostro settore giovanile più avanzato, appunto quello dei dilettanti-U23. Fotografiamo ciò che succede nella realtà a dispetto delle teorie che vengono decantate sull’attività all’estero, le corse a tappe…
Patrimonio U23
Ma andiamo a Canosa di Puglia. Come mai team quali Delio Gallina Ecotek, Mg.K Vis Colors For Peace o Campana Imballaggi Geo&Tex Trentino siano arrivate sin laggiù?
«La Coppa San Sabino va avanti da 71 edizioni – dice con orgoglio Cosimo Patruno, figlio dell’organizzatore Sabino – La mia famiglia organizza da tantissimi anni questa prova. E’ ormai un patrimonio del ciclismo italiano under 23. E’ un po’ il nostro bambino! Abbiamo una ditta di olio e quel che viene messo da parte, pensione compresa di mio padre, va per questa gara. Mio papà ha suonato la campana dell’ultimo giro alla prima edizione. Aveva sei anni. Tanto per dare un’idea di cosa sia questa gara per noi e per Canosa».
«Perché i team del Nord vengono da noi: perché è una tradizione che cerchiamo di portare avanti – continua Patruno – Siamo consapevoli della lunga trasferta e infatti noi offriamo vitto, alloggio ed anche un “piccolo” rimborso spese per il viaggio. Abbiamo pochi corridori qui al Sud e le squadre del Nord ci gratificano con la loro presenza. Le coccoliamo, ma neanche mettiamo le squadre del Sud in seconda fascia».
«Dalle Marche in giù abbiamo sempre avuto dei team. Anche per questo posso assicurare che la nostra gara anche se è regionale costa come una internazionale. E io sono un giudice, giro molto, conosco i costi».
Cesare Turchetti con i suoi ragazzi della Delio Gallina. La sua squadra ne ha piazzati tre nei primi dieci Tsarenko ha vinto precedendo Lorenzo Cataldo e Francesco Carollo
Cesare Turchetti con i suoi ragazzi della Delio Gallina. La sua squadra ne ha piazzati tre nei primi dieci Tsarenko ha vinto precedendo Lorenzo Cataldo e Francesco Carollo
Obiettivo vittoria
Patruno ammette che quando gli squadroni chiamano per partecipare vogliono vincere. Ma non si tratta, almeno in alcuni casi, di “sete di vittorie”.
«Ormai – dice Cesare Turchetti diesse e manager della Delio Gallina, team bresciano – sono 15 anni che vado alla Coppa San Sabino. Si è stabilito un rapporto di amicizia con Patruno e tornerò in Puglia anche a settembre con il trittico della Coppa di Ceglie Messapica e Polignano.
«Noi siamo andati al Sud è vero, ma non perché avessimo questa sete di vittorie. Quest’anno ne abbiamo ottenute. Loro danno vitto e alloggio e un piccolo rimborso, ma credetemi per affrontare un viaggio del genere, con nove persone (sei corridori e tre accompagnatori) i soldi ce li devi mettere. Questo per dire che non siamo arrivati sin lì perché ci pagano o per fare man bassa di premi e portare a casa 3.000 euro.
«I ragazzi che si trovano alla Coppa San Sabino per l’80 per cento sono gli stessi che più o meno si scontrano tutte le domeniche tra l’altro, pertanto vincere non è neanche così scontato. Tsarenko non ha vinto con chissà quale distacco».
«Ormai – riprende Paturno – i team conoscono questo circuito di 14 chilometri, con una salita all’inizio e poi un falsopiano a scendere e uno a risalire. Di solito portano passistoni, ma anche corridori che tengono in salita. Nel passato recente hanno vinto atleti come Moschetti, Riabushenko… E Vlasov fece ottavo».
Patruno parla di squadre dalle Marche in giù ma quest’anno venivano da più lontano ancora. Una ventina di team al via e le richieste sarebbero state di più, tanto più che in quella domenica non c’erano altre prove.
«Ma neanche volevamo girare le spalle alle squadre del Sud che ci sono state vicine negli anni – continua l’organizzatore – Per esempio c’è stato chi è venuto a correre da solo. Sapeva del palcoscenico e voleva esserci.
«Noi abbiamo gli chiesto: “Con chi vieni?”. Il ragazzo ha risposto: “Con mio padre”. Ebbene noi abbiamo dato l’ospitalità anche al papà che lo ha accompagnato. In tutto abbiamo ospitato oltre 220 persone nei vari alberghi e non è stato facile. Per questo prima dicevo che la Coppa San Sabino costa molto! Senza contare i costi per i premi. La medaglia del vincitore aveva un valore di 800 euro, per dire…».
Occasione per il Sud
Ma tornando al discorso delle gare regionali, la questione di una corsa piccola che attira squadre grandi si può leggere anche al contrario. Tanto più che questa era al Sud.
Può essere un’occasione per i corridori del meridione di confrontarsi con i colleghi del Nord, di correre a livelli più elevati.
«Vero – dice Patruno – è un’occasione importante anche per loro. Penso che vincere “nel giardino di casa” non porti soddisfazione, ma piazzarsi nei primi dieci alle spalle dei migliori atleti e in un palcoscenico importante ti consente di ambire ad altro. E’ come al Giro d’Italia con le professional che si ritrovano con le WorldTour. Una corsa come la Coppa San Sabino deve essere uno stimolo per i ragazzi del Sud, quasi un “training camp”.
«E se non fosse stata una gara regionale la partecipazione singola non sarebbe stata possibile».
Impegno e passione sono le parole d’ordine. Eventi così, ha ragione Patruno, sono un patrimonio del ciclismo dilettantistico italiano e vanno tutelati, specie a quelle latitudini.
La partecipazione del pubblico è buona. C’è curiosità ed è un’esperienza anche per i ragazzi del Nord.
«Dare una possibilità ai ragazzi del Sud: per noi è uno stimolo anche questo. Magari un ragazzo si mette in mostra, va in fuga, ottiene un buon piazzamento e può trovare una squadra del Nord… E l’anno dopo può tornare alla Coppa San Sabino e vincerla».