Guarischi, al Thuringen un’altra vittoria che vale tanto

03.06.2023
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«Dite che mi piace questa gara a tappe?» E’ la risposta divertita che ci manda via messaggio Barbara Guarischi dopo il suo sigillo al Thuringen Ladies Tour, dove ne aveva già timbrato un altro nel 2019. Questa regione nel cuore della Germania le porta bene e il successo di dieci giorni fa, come quello di allora, ha un sapore particolare per il suo morale.

Bisogna dire che il Thuringen Ladies Tour è stato letteralmente dominato dalla SD-Worx. Vittoria nella cronosquadre di apertura poi altri cinque successi in altrettante frazioni con cinque atlete diverse oltre, naturalmente, alla vittoria della generale con Kopecky. Vista così può sembrare tutto semplice, ma Guarischi sa che dietro c’è poco di scontato e tanto lavoro invernale che sta dando tanti frutti.

Doppia volata

A Schmolln sul traguardo della terza tappa Guarischi ha centrato la sua undicesima vittoria in carriera, con la sua capitana Wiebes accanto che esultava più di lei. Una felicità dilagante che ha abbracciato tutto il team.

«Se uno legge l’ordine d’arrivo o guarda la foto dell’arrivo – racconta la medaglia d’oro del Mediterraneo 2022 – può sembrare che sia stata una vittoria facile o concordata, invece non è proprio stato così. Nel finale erano fuori Alonso e Vanpachtenbeke (rispettivamente di Ceratizit WNT e Parkhotel Valkenburg, ndr) ed avevano ancora un bel margine di vantaggio. Lorena aveva detto fin dal mattino che la volata l’avrei fatta io e che loro avrebbero lavorato per me. Solo che a 5 chilometri dalla fine non riuscivamo a guadagnare e così sono andata da Lorena dicendole che avrei tirato io per portare lei alla volata. Così è stato per un po’ poi quando abbiamo messo nel mirino le due fuggitive, Wiebes e Kopecky mi sono venute vicine e mi hanno ribadito che avrei sprintato io».

Nelle prime tappe Guarischi ha goduto di più libertà d’azione. Un riconoscimento al suo lavoro (foto Aust)
Nelle prime tappe Guarischi ha goduto di più libertà d’azione. Un riconoscimento al suo lavoro (foto Aust)

«Lotte ha dato una trenata impressionante fino ai 400 metri – prosegue Guarischi – e a quel punto ho dovuto fare una prima volata per andare a riprendere la prima fuggitiva ed una seconda per saltare Alonso (poi terza, ndr) proprio negli ultimi cento metri che intanto aveva allungato. C’erano un paio di curve veloci ravvicinate nel finale e ho dovuto calcolare bene i tempi per non vanificare tutto. Per me è stato un grande onore poter sfruttare il lavoro di Lotte, Lorena e delle altre ragazze».

Significato profondo

Ci sono vittorie che aggiornano le statistiche e altre che valgono qualcosa più del primo posto. Quattro anni fa Guarischi in Turingia aveva festeggiato sotto la pioggia un successo importante dopo tre anni tribolati e incostanti. Alcune sfumature sono le stesse di allora anche se sono cambiate tante cose.

«Quando vinci – spiega la 32enne velocista – c’è sempre dietro un valore legato a qualcosa. Sono contentissima chiaramente, soprattutto per il significato che ha questo successo. Prima di tutto perché dopo aver disputato una bella primavera mi sono presa la bronchite a metà aprile. Ho fatto una settimana di febbre ed una di convalescenza che mi hanno buttato un po’ giù, sia fisicamente che moralmente. Pensavo di aver vanificato tutta la buona condizione che avevo».

La SD Worx ha vinto la cronosquadre inaugurale. L’affiatamento è alla base del gruppo
La SD Worx ha vinto la cronosquadre inaugurale. L’affiatamento è alla base del gruppo

«Sono stata in altura a Livigno per ventidue giorni – continua Guarischi – dove ho recuperato bene però sono rientrata alle corse un po’ tesa proprio perché credevo di non essere all’altezza come prima. Invece prima Anna (la diesse Van der Breggen, ndr) poi le mie compagne mi hanno dato fiducia. Anzi quella fiducia, più che la vittoria in sé, è stato un premio al lavoro che avevo svolto nei mesi precedenti. Questo è l’altro grande significato che ha quel risultato».

Spazio per tutte

Al momento il 2023 della SD-Worx è una cavalcata che fa impallidire le straordinarie annate precedenti quando erano protagoniste assolute Van der Breggen o Blaak (appena diventata mamma di Noa Brigitte). Finora sono trentadue le vittorie del team olandese, solo una in meno del 2021 e due del 2016, e l’impressione che il conto possa salire ancora. A parte il super trio Vollering-Wiebes-Kopecky, tutte possono ritagliarsi un proprio spazio sapendo di centrare il bottino pieno.

«Da fuori sembra facile correre nella SD-Worx – commenta Guarischi – ma nel ciclismo di oggi non c’è nulla di facile. Piuttosto mi sento di dire che siamo noi brave a fare in modo che sia così. La nostra squadra è unita e ci sacrifichiamo tanto affinché tutto sia o vada al posto giusto. Per noi ogni gara è importante, come abbiamo ampiamente dimostrato, poi è normale che qualcosa possa sfuggire. La Roubaix, un po’ sfortunata, oppure la Vuelta, persa per pochi secondi, sono due esempi ma nel complesso siamo davvero soddisfatte».

Una a testa. Wiebes, Uneken, Kopecky, Bredewold e Guarischi sono andate a bersaglio al Thuringen (foto Nowak)
Una a testa. Wiebes, Uneken, Kopecky, Bredewold e Guarischi sono andate a bersaglio al Thuringen (foto Nowak)

«Io come altre ragazze – conclude – sono stata chiamata per fare un certo tipo di lavoro per le leader. L’opportunità per noi di avere carta bianca c’è e ci sarà ma in gare di un gradino inferiore. Per ora io sono molto contenta dell’affinità con Lorena. E’ nata subito e in corsa dove vado io, lei c’è. E devo dirvi che anche con Lotte va benissimo. Inizialmente ero un po’ titubante perché abbiamo corso poco insieme poi alla Veenendaal Classic le abbiamo fatto un treno perfetto, ha vinto contro velociste più pure di lei ed è arrivata un’ulteriore iniezione di fiducia tra noi. Prossimamente farò la Hageland, il Lotto Belgium Tour, il Giro Donne poi tornerò a Livigno per tre settimane. Correre in queste condizioni in questo team è davvero bello, sembra che sia qui da sempre».

Vollering 2022

Demi Vollering: la delfina si sta facendo strada…

25.05.2022
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A ben guardare, l’atleta più in evidenza in questa fase della stagione femminile, di intermezzo fra le classiche del Nord e l’inizio delle grandi corse a tappe con Giro e Tour in rapida sequenza, è Demi Vollering. L’olandese della Sd Worx ha portato a casa l’Itzulia Basque Country conquistando tutte le tappe e poi ha chiuso terza nella Vuelta a Burgos dopo aver vinto l’ultima tappa. Una bella risposta a chi, a fronte delle tante vittorie italiane nella primavera e delle conseguenti sconfitte olandesi, l’aveva definita non all’altezza delle grandi stelle del ciclismo arancione.

Se dobbiamo parlare di Demi Vollering, da tutti indicata come la futura guida del ciclismo di Amsterdam quando Annemiek Van Vleuten si deciderà a chiudere la sua fantastica carriera (ma considerando com’è ancora capace di fare la differenza come all’ultima Liegi-Bastogne-Liegi, non è cosa imminente…), non possiamo prescindere da un’altra campionessa, Anne Van Der Breggen, perché i loro destini sono fortemente legati.

Vollering Itzulia 2022
Itzulia Basque Country, prima tappa. Demi batte la Rooijakkers, avversaria e grande amica
Vollering Itzulia 2022
Itzulia Basque Country, prima tappa. Demi batte la Rooijakkers, avversaria e grande amica

Un piazzamento che vale il futuro

Demi ha iniziato tardi a correre nel 2015, quando aveva già 19 anni. Ha fatto la sua gavetta, correndo prima nelle gare nazionali e poi facendosi sempre più vedere all’estero finché nel 2019 non strappa un contratto alla ParkHotel Valkenburg e che ci sappia fare è subito evidente, con il 7° posto all’Amstel e soprattutto il 3° alla Liegi vinta per distacco, ma guarda un po’, dalla Van Vleuten. In quel gruppetto in lotta per le piazze d’onore c’è anche Anna Van Der Breggen, che rimane colpita da quella ragazza. Si informa per capire chi è, come è arrivata a quei livelli. Insomma inizia a seguirla.

Anna vorrebbe staccare la spina, ma arriva il lockdown che sposta le Olimpiadi di un anno e quindi le tocca tirare avanti una stagione in più rispetto alle aspettative. La grande campionessa olandese però, già in procinto di “saltare la barricata” e diventare dirigente del team, pensa al futuro e cerca un’erede. Chiama Danny Stam, il diesse della Sd Worx e gli dice di fissare un incontro con quella ragazza: «Se devo tirare avanti un altro anno – è il succo del discorso – facciamo che sia produttivo e possa gettare le basi per quando non correrò più. Portiamola qui, poi ci penso io».

Vollering Breggen 2021
Con Anna Van Der Breggen subito una strettissima intesa, prima in gara e ora fra diesse e atleta
Vollering Breggen 2021
Con Anna Van Der Breggen subito una strettissima intesa, prima in gara e ora fra diesse e atleta

«Sei partita troppo presto»

A quei giorni, Demi pensa spesso: «Mi avevano contattato diversi team, ma nessuno mi ha fatto sentire desiderata come la Sd Worx. Non potevo proprio rinunciarvi. Mi sono sentita protetta, importante e soprattutto ho trovato in Anna una vera guida. Mi diceva che alla mia età andava come me, bene in salita ma con un ottimo sprint, ma questo non basta, per vincere serve tanto altro. In ogni corsa mi ha detto dove avevo fatto bene e dove meno. Sa anche essere dura: ricordo che alla Freccia Vallone 2020, dove ero finita terza mentre lei aveva vinto, la prima cosa che mi ha detto è stata “sei partita troppo presto, altrimenti potevi vincere tu”. Mi aveva già preso sotto la sua ala…».

Le due sono diventate quasi inscindibili. Nel suo ultimo anno di attività, Anna ha provato a insegnarle tutto quel che poteva stando con lei in corsa, facendole capire che presto sarebbe toccato a lei gestire la squadra, finalizzare le azioni. Nel 2021 il salto di qualità era stato evidente, con podi in serie fino alla conquista della sua prima “Monumento”, la Liegi, a cui sarebbero seguite altre due vittorie nel World Tour, in due corse a tappe: «Aver vinto la Liegi a inizio stagione mi ha tranquillizzato, mi ha liberato – affermava a fine anno – ma so che devo essere almeno a questi livello per altri due anni prima di poter dire veramente che sono tra le migliori del mondo». Gli insegnamenti della Van Der Breggen erano stati recepiti…

Vollering Liegi 2021
L’olandese alla Liegi 2021, fra la Van Vleuten e la Longo Borghini
Vollering Liegi 2021
L’olandese alla Liegi 2021, prima con la Longo Borghini, terza

Un successo per Amy

Anna era a quel punto tranquilla, lasciava la squadra in buone mani. Ora è dall’altra parte, ma con Stam sa che a Demi serve una rete intorno di cicliste in grado di supportarla, per questo pensa già alla campagna acquisti per il prossimo anno. Demi da parte sua ha vissuto l’inizio di stagione, il primo da capitana unica, non senza patemi e quei risultati che non arrivavano la rendevano sempre più nervosa.

Lo si era capito già all’Omloop Het Nieuwsblad, alla sua prima uscita stagionale, battuta nello sprint a due dalla Van Vleuten. Sul traguardo non poteva nascondere le lacrime: «Volevo vincere, volevo dedicare questa gara ad Amy (l’ex campionessa europea Amy Pieters in coma dopo una terribile caduta nel ritiro della nazionale olandese a Calpe in dicembre, ndr) che sta correndo una gara ben più difficile delle nostre».

Vollering Strade Bianche 2022
Demi Vollering, nata il 15 novembre 1996, è numero 2 del Ranking Uci
Vollering Strade Bianche 2022
Demi Vollering, nata il 15 novembre 1996, è numero 2 del Ranking Uci

E ora un sogno giallo…

Il fatto che la Vollering stia emergendo nelle corse a tappe non è un caso. Quel che ha fatto nei Paesi Baschi resterà nella storia, mai una ciclista era riuscita a fare filotto di successi senza lasciare nulla alle avversarie: «Sono stata fortunata – ha affermato dopo l’ultima delle tre vittorie – mi sono ritrovata con la possibilità di vincere e l’ho fatto. Ora posso cancellarlo dalla mia lista dei desideri, ho più fiducia per il Tour».

Già, il Tour. Ci sta pensando da tempo e la stessa Van Der Breggen non ha mai nascosto che, non potendo lei competere (troppo tardi la corsa francese è stata reintrodotta nel calendario, lei che non era stata selezionata per l’ultima edizione della precedente gestione, nel 2009) ha identificato per la sua squadra il Tour come obiettivo privilegiato del 2022. «Il Tour passerà vicino casa mia in Svizzera – ha affermato la Vollering – La Planche des Belles Filles è una salita che mi piace molto e che mi si addice. E anche il giallo mi si addice molto…».

Van Der Breggen 2021

La Van Der Breggen ha detto basta: «Era ora di cambiare»

17.02.2022
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C’è voluto un bel po’ di tempo per raggiungere Anna Van Der Breggen. Dopo la chiusura dell’ultima stagione, la campionessa olandese aveva deciso di tagliare un po’ i ponti con i media, prendersi un po’ di tempo per se stessa per assimilare un grande cambiamento. La “vincitrice di tutto” aveva infatti deciso di chiudere la sua carriera agonistica e rimettersi subito in gioco, salendo sull’ammiraglia della Sd Worx, un cambio non facile per il quale bisognava prendere le misure.

Anna è troppo innamorata di questo mondo per staccarsene, ma molti sono rimasti stupiti dalla sua scelta, considerando che a 32 anni e visti i risultati ottenuti c’era ancora margine per allungare la sua enorme striscia di successi, ma non ha avuto ripensamenti rispetto a quanto già si era prefissata a inizio 2021, né dalle sue parole si percepisce qualche rammarico.

«Penso che fosse il momento giusto – dice – avevo voglia di fare qualcos’altro, cambiare qualcosa nella mia vita. In fin dei conti con la chiusura del ciclo olimpico era tempo di farmi un esame generale, oltretutto l’ultima è stata nel complesso una buona stagione e per me era tempo di fermarmi».

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Anna Van Der Breggen, qui a Imola 2020, vanta 3 titoli mondiali, 2 europei, 1 oro e 2 bronzi olimpici e ben 64 vittorie
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Anna Van Der Breggen, qui a Imola 2020, vanta 3 titoli mondiali, 2 europei, 1 oro e 2 bronzi olimpici e ben 64 vittorie
Come hai avuto l’idea di passare dall’altra parte e diventare team manager?

Chiusa la mia carriera ho pensato che fosse giusto restituire qualcosa a questo mondo che mi ha dato tanto. Il ciclismo non mi ha dato solo vittorie, ma anche un enorme bagaglio di esperienze che sarebbe stato un peccato non sfruttare, non trasmettere alle altre. Penso che sia il modo giusto per continuare a coltivare la mia passione stando in ammiraglia, condividendo con le ragazze le vigilie e i dopo corsa. In un grande team come il nostro posso fare tanto, trovo questa nuova sfida molto eccitante come se fosse la partenza di una grande corsa.

Allarghiamo un po’ il discorso: quanto pensi influirà il ritorno del Tour de France nell’evoluzione del ciclismo femminile?

Credo che i cambiamenti siano sempre una cosa buona. Non c’è solo il Tour, sono state introdotte molte nuove gare, il calendario è decisamente migliorato. Chiaramente l’introduzione di una prova come il Tour è un grande passo, molta gente lo chiedeva, è una grande opera di promozione e credo che darà molta più immagine al nostro mondo.

A te dispiace non esserci?

No, ho vissuto il mio tempo e fatto le mie gare. Quando ho deciso di smettere sapevo che ci sarebbero state nuove corse, del Tour si parlava da tempo, ma credo che vada bene così.

Il Giro d’Italia dura 10 giorni, il Tour sarà di 6, la Vuelta di 4: pensi che il ciclismo femminile sia pronto per gare più lunghe, non come quelle degli uomini, ma di un paio di settimane?

Io credo che gare fino a 10 giorni di durata siano attualmente il limite giusto, non va dimenticato che i team femminili non hanno la profondità di quelli maschili, c’è una gestione ben diversa del calendario. I big preparano uno, al massimo due eventi, noi dobbiamo essere sempre al massimo, per le classiche come per le corse a tappe, proprio perché i team hanno a disposizione poche ragazze. E’ un sistema molto diverso. Magari in futuro si potrà cambiare, ma servirà un movimento molto più ampio.

Senza Anna Van Der Breggen in corsa, cambiano gli equilibri all’interno della squadra?

Penso che sia logico che accada. La nostra è una squadra forte e competitiva, ben costruita, che penso si farà valere anche al Tour. E’ chiaro che con me in un altro ruolo bisogna ridisegnare gli equilibri, ma ad esempio abbiamo gente d’esperienza come Chantal Van Den Broek-Blaak e Christine Majerus che saranno una valida guida in corsa. Poi penso che Demi Vollering potrà avere buone chance anche in una gara complicata come il Tour. Sarà un bell’affare, abbiamo comunque gente veloce e per tutti i traguardi. Credo che la mia assenza poco a poco non si sentirà. E poi, anche se in altra veste, io ci sarò…

Van der Breggen Mondiali 2018
La gioia incontenibile per l’oro mondiale 2018, dopo 5 anni di argenti
Van der Breggen Mondiali 2018
La gioia incontenibile per l’oro mondiale 2018, dopo 5 anni di argenti
Per anni sei stata l’emblema del ciclismo femminile olandese dominante quasi quanto l’Africa del mezzofondo in atletica. Avete lasciato ben poco agli altri Paesi: qual è il segreto di un successo così schiacciante?

E’ difficile rispondere a questa domanda. Abbiamo avuto una grande generazione di atlete che hanno vinto per un lungo periodo, la nostra vecchia guardia è stata un esempio e dietro di noi sono cresciuti nuovi talenti che garantiscono il ricambio, ma credo che gli equilibri si stiano riassestando e che ora ci siano atlete valide in molte Nazioni. Il professionismo sta facendo crescere nuovi nomi un po’ dappertutto: qualche anno fa chi avrebbe pensato che un’ungherese come la nostra Blanka Vas sarebbe arrivata ai vertici? Il fatto è che se sei una donna e vuoi fare del ciclismo una professione, oggi puoi farlo più facilmente di quando ho iniziato io.

Fra le tante vittorie che restano nel tuo curriculum, quale ti è rimasta di più nel cuore?

Difficile sceglierne una, ma credo sia l’oro mondiale in linea di Innsbruck 2018. E’ stata la mia prima vittoria iridata, è arrivata dopo ben 5 argenti, credevo davvero che quella maglia fosse stregata. Poi c’è l’oro olimpico di Rio de Janeiro, perché è una vittoria che ha valicato i confini ciclistici, l’Olimpiade è qualcosa di unico.

Vos, the Queen: benedizione per Elisa e commiato per Anna

27.09.2021
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Marianne Vos ha un’eleganza a suo modo regale. Mentre sabato le attenzioni della stampa si concentravano su Elisa Balsamo che l’aveva appena battuta, l’olandese aveva sul volto un sorriso composto e attento. E mentre seguiva le risposte della giovane azzurra, annuiva e ne approvava semmai le risposte. Forse davvero il suo palmares immenso le consente di vivere con distacco anche le sconfitte cocenti. Ma se ti fermi a pensare che quello di Leuven è stato il quarto mondiale perso per mano di un’azzurra, la sua calma assume contorni quasi mitologici. Marianne ha conquistato 2 ori olimpici, 3 mondiali su strada e 2 su pista, oltre ai 7 nel ciclocross (più altre 10 medaglie fra argento e bronzo).

«Non ho perso la corsa a causa del treno – dice – l’ho persa quando non sono riuscita a superare Elisa. Dispiace arrivare così vicina a una grande vittoria e doversi arrendere, ma quando ho lanciato la volata, dopo le prime pedalate ho capito che non potevo tenere la sua velocità. Sapevo che il finale sarebbe stato duro e che io sarei dovuta restare in attesa fino alla fine. Ero sulla ruota giusta, ma lei è stata più giusta di me».

Nel finale, Marianne Vos ha dovuto chiudere da sé un paio di buchi, lasciata sola dal team
Nel finale, Marianne Vos ha dovuto chiudere da sé un paio di buchi, lasciata sola dal team

Balsamo predestinata

Le ragazze di classe imparano a riconoscersi, probabilmente facendo parte dello stesso club in cui si insegnano il talento e il modo migliore di educarlo. E così se grande e motivata è l’ammirazione di Elisa Balsamo per l’olandese, a Marianne non erano sfuggite le prove dell’azzurra. Lo ammette con onestà.

«Nei giorni di vigilia – racconta – ho detto a tanti che mi chiedevano di fare un nome, di stare attenti al suo. L’avevo vista molto concentrata nelle corse di avvicinamento e mi ero accorta di quanto fosse a suo agio nelle classiche, sulle stradine di qui. Soprattutto il quarto posto alla Gand e il terzo alla Freccia del Brabante su queste stesse strade. L’Italia arriva ai mondiali sempre con delle belle squadre e nel finale anche questa volta sono state in grado di fare un grande treno. Qualcosa che a me è mancato. Gli attacchi nel finale sono stati fiacchi, erano tutte stanche. Tanto che nonostante dovessi restare coperta per la volata, per riprendere Mavi Garcia ho dovuto lavorare anche io».

Agli europei di Trento, Marianne Vos aveva lavorato per la vittoria di Van Dijk e si era poi fermata
Agli europei di Trento, Marianne Vos aveva lavorato per la vittoria di Van Dijk e si era poi fermata

Saluto ad Anna

L’ultimo pensiero di sua maestà Marianne, 34 anni, è stato per Anna Van der Breggen, 31 compiuti ad aprile. L’ha vista arrivare e diventare professionista. Ha partecipato alle sue vittorie e ne ha avuto anche l’aiuto. E ora che l’iridata di Imola è a un passo dal ritiro, il saluto è sincero.

«E’ una grande campionessa, ma anche una grande persona – ha detto – ed è strano parlare come non ci fosse già più. E’ sempre stata molto concentrata e insieme rilassata, trovando il miglior equilibrio. Ha raccolto i frutti che meritava, ma non si è mai comportata come la regina del ciclismo, anche se negli ultimi anni lo è stata. Anna è sempre stata Anna e resterà ancora Anna. Abbiamo avuto una grande campionessa e un grande modello per il ciclismo, ora si trasformerà in un grande tecnico».

Sorrideva davvero e dopo l’ultima… benedizione alla connazionale, Marianne se ne è andata portando la sua eleganza fuori dalla stanza. Dopo i suoi anni bui, lei al ritiro non pensa. Del resto, se arrivi seconda al mondiale, perché non pensare di poterlo vincere ancora?

L’ultima rosa di Anna Van der Breggen, regina del Giro

11.07.2021
5 min
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A Cormons si muore dal caldo. La pietra di cui è lastricata la strada dell’arrivo dell’ultima tappa del Giro d’Italia Donne ha l’effetto del refrattario e ha restituito con grande generosità il calore del sole ai piedi di chi aspettava l’arrivo. Come non succede mai fra gli uomini, la maglia rosa è stata in fuga per tutta la tappa. C’è stata una caduta, Anna Van der Breggen si è ritrovata davanti e invece di rialzarsi, vista l’ottima compagnia, ha tirato dritto. La tappa l’ha vinta Coryn Rivera, americana del Team Dsm, che ha avuto vita facile a imporsi sulle quattro ragazze in fuga. Fra le prime del gruppo, dietro, Yaya Sanguineti è stata la migliore delle nostre, settima, con Sofia Bertizzolo nona.

Una caduta sulla prima salita e va via la fuga. C’è anche Lucinda Brand
Una caduta sulla prima salita e va via la fuga. C’è anche Lucinda Brand

Nostalgia? Forse

Siamo dietro il palco quando alle ragazze del Team SD Worx viene consegnata una maglia rosa ciascuna e quando spuntiamo dall’altro lato la raffica di spumante Astoria ci investe con la gioia di una vittoria conquistata in partenza e poi amministrata con apparente facilità. La gioia delle ragazze sul palco è incontenibile, le altre brindano con più garbo per le briciole.

Lei adesso è davanti a noi, rosa, con la pelle pallida tutta arrossata. Anna non ha le movenze del maschiaccio, anche in bici è sempre compostissima, persino elegante. E adesso, senza mascherina, non sembra nemmeno abbia finito dieci tappe con questo clima torrido. La prima domanda è subdola, ma lei l’aveva preparata: tutto questo sta ancora accadendo, ma non credi che ti mancherà? Sorride, guarda dritto.

«Naturalmente sì – ammette – ma spero come direttore sportivo di ottenere ancora vittorie come queste con la mia squadra. Oggi è stata una giornata strana, caldissima. C’è stata una caduta sulla prima salita e Ashleigh (Moolman, sua compagna di squadra, ndr) ha allungato. Per questo mi sono trovata in fuga e a quel punto tanto valeva continuare…».

Rosa per tutte

Quando hai davanti un campione che smette, il tifoso che è in te cerca sempre la nostalgia, aspettandosi che sia pari alla tua pensando che non lo vedrai mai più. E’ successo con tanti. Non ti rendi conto che per loro si tratta dell’ultima tappa di un viaggio che è costato fatiche inimmaginabili. E certamente qualcosa le mancherà, ma forse solo i volti, le situazioni, i momenti, che però passando in ammiraglia ci saranno ancora.

«E’ stato un bel Giro – dice – sono molto stanca, ma abbiamo corso per dieci giorni. Ho avuto sempre buone sensazioni e come tutte ho fatto fatica sulle salite più dure. Non solo io, anche la squadra ha fatto un buon lavoro. Tutte meritano questa maglia gialla. Di solito nel ciclismo la maglia rosa può averla una sola. L’idea di darla a tutte le mie compagne la trovo incredibilmente gentile. E’ stato bello vivere una premiazione come questa».

Longo Borghini e Deigan si ritroveranno alle Olimpiadi da avversarie
Longo Borghini e Deigan si ritroveranno alle Olimpiadi da avversarie

Per Silvia

L’ultimo pensiero di Anna Van der Breggen è per Silvia Piccini. E’ parso strano a Mortegliano vederla sul palco accanto a Yanira, mamma della ragazza uccisa mentre si allenava.

«La sicurezza stradale – dice – è un problema serio. Dobbiamo allenarci tutti i giorni in strada e bisogna guardarsi il traffico. Ogni giorno può succedere qualcosa. Non conoscevo la storia di Silvia, ma Elena (Cecchini ndr) viene da queste parti e mi ha raccontato la sua storia. E’ molto triste».

Poi la carovana inizia a disperdersi, mentre Anna ammette salutando che ora recupererà qualche giorno e poi partirà per Tokyo, per difendere il titolo conquistato a Rio nel 2016. Nella piazza su cui il sole sta allentando la presa e in cui alcune birre ghiacciate allentano l’afa, si incrociano atlete e addetti ai lavori. Ancora due parole con Tatiana Guderzo, poi è il tempo di scrivere e partire. Pare che stasera l’Italia si giocherà una finale europea.

Al Giro d’Italia Donne una Cavalli in cerca di obiettivi

04.07.2021
5 min
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Marta Cavalli è stata ieri a Prato Nevoso la prima italiana al traguardo. Quarta a 1’53” dalla Van der Breggen. Di lei aveva parlato nei giorni scorsi Dino Salvoldi, dicendo che se si riprenderà dagli acciacchi degli ultimi tempi, potrebbe essere una delle quattro titolari per Tokyo. Una… robina da poco, insomma, anche se in realtà la prospettiva le toglie vagamente il sonno. Lei se la ride, ma la tensione sta salendo. E’ tutto un fatto di obiettivi. E il piazzamento di ieri si potrebbe dunque leggere in quest’ottica, al centro della prima stagione con la Fdj-Nouvelle Aquitaine, in cui avrebbe dovuto soltanto imparare, ma sta bruciando le tappe, con una serie di risultati che davvero lasciano ben sperare.

Alla presentazione delle squadre, la Fdj Nouvelle Aquitaine di Marta Cavalli, la 3ª da destra
Alla presentazione delle squadre, la Fdj Nouvelle Aquitaine di Marta Cavalli, la 3ª da destra
Complimenti, ma andiamo con ordine: quali acciacchi hai avuto?

Grazie, ma c’è l’imbarazzo della scelta. Praticamente da dopo il Fiandre non ho più trovato non tanto la condizione, quando piuttosto la continuità. Poi mi è venuto fuori il problema al ginocchio in Belgio. Quindi sono caduta in Spagna. E alla fine, prima dei campionati italiani, è saltato fuori un virus intestinale che mi ha debilitato non poco. Perciò sono al Giro d’Italia Donne senza obiettivi precisi, soprattutto non sapendo nulla delle Olimpiadi.

Cosa c’entrano le Olimpiadi?

Se sapessi di andare, mi metterei l’anima in pace e il Giro potrebbe essere un ottimo blocco di lavoro. Mi preme assolutamente far sapere al cittì e a chi segue questo sport che ci metto tutta me stessa nella preparazione e negli allenamenti. Poter avere chiari i propri obiettivi aiuta però a lavorare meglio.

Il segnale di ieri è comunque incoraggiante, no?

Decisamente, dopo che il Giro era cominciato con un altro po’ di sfortuna. Nella cronosquadre ho bucato e per non perdere terreno, mi hanno lasciata indietro e ho perso 2’12”. Adesso si tratta di recuperare tappa dopo tappa. Anche perché sempre durante la crono la nostra leader, Cecilie Ludwig, è caduta, abbiamo beccato un ritardo di 1’46” e lei ha passato la serata in ospedale.

Come sta?

Adesso bene. Temeva di aver rotto la clavicola, solo che per fare tutti gli esami non ha potuto fare defaticamento dopo la crono, quindi è arrivata alla prima tappa di montagna un po’ in affanno (il ritardo della danese è stato di 5’53”, ndr).

Cosa ti pare di questa prima parte di stagione?

E’ vero che stanno venendo dei risultati migliori delle aspettative, ma questo non fa cambiare gli obiettivi, il team non ha alzato le pretese. Dopo la Course by LeTour, in cui non sono andata tanto bene (Marta si è piazzata 13ª a 8”, ndr), mi hanno detto che non era assolutamente un problema e che sono qui per imparare.

Ieri hai perso dalla Van der Breggen: lei davanti agilissima, tu dietro un po’ più dura: cosa ti manca per raggiungere quel livello?

Credo che sia una differenza soprattutto di maturazione fisica. Tecnicamente siamo simili. Anna non ha una progressione violenta, non è una scalatrice. Accelera e poi fa la differenza col passo, come me, facendo ovviamente le debite proporzioni. Lei ha 31 anni, io ancora 23 e so di dover crescere tanto anche atleticamente. Per fortuna a fine anno smetterà…

Nelle fasi di avvicinamento alla salita finale, era chiaro che avesse nelle gambe la forza giusta
Nelle fasi di avvicinamento alla salita finale, era chiaro che avesse nelle gambe la forza giusta
In realtà dice che lo farà dopo Tokyo ed è strano, con il mondiale in Belgio.

Ma infatti vedrete che si farà convincere…

La tappa di ieri era fra quelle cerchiate di rosso?

La prima di questo Giro, confermo. Poi è molto bella quella che fa il giro del lago di Como, sulla quale mi dicono che puntino in tante. Infine la penultima sul Matajur, anche quella ha un bel cerchio.

Tempo fa si parlava con il tuo ex tecnico Arzeni alla Valcar del fatto che per migliorare in salita tu abbia perso un po’ di spunto. Te la sentiresti di andare a Tokyo e garantire di poter fare la tua volata oppure, seguendo il ragionamento di Salvoldi, vedresti bene una Bastianelli in squadra?

Potrebbe essere, casomai andassi, la mia prima Olimpiade. Certo, se la corsa si mettesse in un certo modo, potrei buttarmi anche in volata. Però è vero che un po’ di spunto l’ho perso e che una come Marta è molto veloce dopo una corsa dura. Per cui per avere la sicurezza, lei sarebbe la carta giusta.

Van Vleuten Durango 2021

Salvoldi, pensi che le olandesi si faranno la guerra?

02.06.2021
4 min
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Chiamiamo in causa il cittì azzurro Dino Salvoldi perché una decina di giorni fa è successo qualcosa di particolare nel mondo del ciclismo femminile. Ultima tappa della Vuelta a Burgos, prova del WorldTour. Tutto si decide lì, nell’unica frazione con qualche asperità di rilievo. A giocarsi la vittoria in un appassionante testa a testa sono le due grandi olandesi del momento, l’iridata Anna Van der Breggen e la campionessa europea Annemiek Van Vleuten.

Non è accaduto spesso di vederle lottare spalla a spalla (nella foto d’apertura la vittoria della Van der Breggen sulla rivale alla Emakumeen Saria), ma ancor meno volte è accaduto che le due si siano messe d’accordo per collaborare e scavare un solco con le avversarie, giocandosi la vittoria in volata (andata alla Van Der Breggen, con annesso successo finale).

Van Der Breggen Burgos 2021
Olandesi sugli scudi a Burgos: la volata vincente della Van Der Breggen, con la Van Vleuten seminascosta a sinistra
Olandesi sugli scudi a Burgos: la volata vincente della Van Der Breggen

Il fatto ha riportato alla luce la rivalità fra le due olandesi e a quel punto la domanda è quella che tutti gli appassionati si fanno, a due mesi dalle Olimpiadi: le due sono in grado di collaborare per un obiettivo comune o la loro rivalità è troppo forte? Salvoldi ha in proposito idee molto chiare: «Tutte le voci che mi arrivano dal gruppo mi dicono che, al fianco della normale rivalità, c’è molto rispetto. In tutte le occasioni che hanno gareggiato per la stessa maglia, non si sono fatte la guerra…».

A Tokyo ti attendi una nazionale olandese spaccata in due?

Mi attendo la solita Olanda: le arancioni hanno una sola regola, la prima delle due campionesse che si avvantaggia, viene coperta dall’altra e dalle compagne di squadra, finché il vantaggio non è talmente ampio da permettere anche alla seconda di giocare le sue carte per l’argento. Imola è stata esemplare in tal senso, ma anche l’altro mondiale ad Harrogate. Da questo punto di vista Van Der Breggen e Van Vleuten non hanno mai trasgredito questa regola.

Bertizzolo Burgos 2021
Sofia Bertizzolo in azione in Spagna: anche per lei buoni piazzamenti, senza però acuti
Bertizzolo Burgos 2021
Sofia Bertizzolo in azione in Spagna: anche per lei buoni piazzamenti, senza però acuti
Quindi il lavoro delle altre nazionali è più difficile…

Molto, perché si sa benissimo che si parte una spanna al di sotto – risponde Salvoldi – Bisogna essere umili, intelligenti e consapevoli. Anche in questo l’ultimo mondiale ha detto cose importanti. Chiaro che quando una delle due scatta provi a seguirla, ma poi devi capire quando sarebbe stupido insistere, bisogna correre sempre col cervello come ha fatto la nostra Longo Borghini.

La tattica italiana sarà quindi figlia di questa oggettiva situazione in seno alle nostre avversarie?

Per forza di cose, anche perché sappiamo bene che la Longo Borghini è la nostra punta. Ci avrebbe fatto comodo avere un’atleta come la Vos, proprio per avere un’alternativa strategica, ma da parte delle altre italiane raccogliamo buone prestazioni, non al livello top, che invece ci permetterebbero di anche correre in maniera attendista.

Longo Borghini Burgos 2021
Per la Longo Borghini l’ennesimo piazzamento è sfumato all’ultima tappa, ma senza drammi
Longo Borghini Burgos 2021
Per la Longo Borghini piazzamento è sfumato all’ultima tappa, ma senza drammi
Parlando di Olimpiadi, ci sono però due fattori a nostro vantaggio: il fatto che il contingente per ogni nazione è fortemente ridotto e quindi non si possono fare grandi giochi di squadra e che a vincere sono veramente in tre perché un bronzo olimpico vale più di molte vittorie…

Verissimo – conferma Salvoldi – sono due principi che vanno tenuti sempre in mente. Sarà importante essere sempre sul pezzo, non distrarsi mai.

A proposito di Elisa, prima dell’ultima tappa della Vuelta a Burgos era quarta a 2” dalla vetta, alla fine ha chiuso 11esima a 1’27” dalla Van Der Breggen. Preoccupato?

Ci mancherebbe… Con Elisa ho parlato un paio di giorni dopo la gara per pianificare il lavoro delle prossime settimane. Lei aveva corso in Spagna per onorare gli impegni con la squadra, d’altronde ha iniziato la sua stagione prima delle due campionesse olandesi e non può sempre essere al massimo. Nell’ultima tappa non si è spremuta, proseguendo nel programma studiato all’inizio. Dalla Spagna non ci attendevamo nulla, né lei né io…

Van der Breggen sette volte regina d’Huy. Brava Elisa

21.04.2021
4 min
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Probabilmente ad Anna Van der Breggen daranno la cittadinanza onoraria di Huy, se non addirittura la faranno sindaco! La campionessa del mondo trionfa per la settima volta nella Freccia Vallone.

Che la si attacchi ai piedi del muro, in cima o da lontano, lei taglia per prima la riga dell’arrivo affianco alla chiesa di Notre-Dame de la Sarte.

Anna Van der Breggen (31 anni) nella mix zone a fine gara
Anna Van der Breggen (31 anni) nella mix zone a fine gara

Attacco alla favorita

Anche se in realtà è lei che attacca, almeno sulla rampa finale! E sì, perché le avversarie (forse ascoltando i consigli di Bartoli) hanno cercato di muoversi in anticipo, conoscendo le condizioni della portacolori della Sd Worx.

Sulla Côte de Chemin des Gueuses, penultima ascesa a circa 17 chilometri dal termine, l’eterna rivale e connazionale Van Vleuten ha smosso le acque con un affondo deciso. Con questa azione sono andate via in nove, quasi tutte le favorite. Tra le grandi non aveva risposto all’appello solo Marianne Vos.

L’azione della Van Vleuten era quindi giusta, a quel punto. Anche se non avesse staccato la Van der Breggen l’avrebbe comunque costretta a lavorare, a faticare o semplicemente le avrebbe stracciato il copione della sua corsa ideale: tutte insieme fino ai piedi del muro finale. Il problema è che su questo muro Anna si sente a casa.

La bici dell’iridata: da notare la catena sul pignone più grande
La bici dell’iridata: da notare la catena sul pignone più grande

E sono sette…

«Il fatto è che non abbiamo avuto il controllo della corsa – ha spiegato dopo l’arrivo l’iridata di Imola – e le cose non stavano andando secondo i piani. Ma le mie compagne sono state brave nel finale e sulla salita mi sono giocata le mie carte. E’ stata facile per voi? Io invece dico che ancora non ci credo».

La Van der Breggen saliva agilissima, ciò nonostante restava in controllo sulla Niewiadoma, la più pimpante e colei che di fatto ha sbriciolato il drappello nel finale.

Ma quando si procede così agili e si resta davanti si può fare quel che si vuole. E infatti negli ultimi 125 metri, che ad Huy sono infiniti, con quel filo di pendenza in meno, l’olandese ha buttato giù un dente e ha fatto la differenza. E così per lei sono sette vittorie, consecutive, ad Huy.

Però quando dice che non è stata così facile c’è da crederci. Appena tagliato il traguardo, Anna, stremata, ha subito ricercato il pignone più leggero (35×33). E lo testimonia la sua bici appoggiata ad una transenna in attesa che uscisse dal controllo antidoping.

Sul Muro d’Huy attacca la Niewiadoma (a destra), la Van der Breggen la bracca. Elisa fatica
Il momento chiave sul muro d’Huy. La Longo Borghini arranca ma non molla

La Longo c’è sempre

Merita poi un plauso Elisa Longo Borghini, come sempre “salvatrice della patria”. L’atleta della Trek-Segafredo chiude al terzo posto. E che terzo posto… per come andava nel finale c’è quasi rammarico.

Elisa infatti ha fatto il muro in modo speculare alla Van der Breggen. Loro due erano le più agili, solo che appena dopo la terribile “S”, il punto più duro, la Longo ha perso terreno. Tuttavia proprio in quel punto è stata molto intelligente e fredda. Ha perso contatto, l’hanno anche superata, ma negli ultimi 150 metri è stata forse la più veloce in assoluto. 

Come Anne davanti, anche Elisa ha innestato il “rapporto” ed ha riacciuffato la Garcia e la Van Vleuten, mostrando una grinta pazzesca e tanta energia. Quasi troppa verrebbe da pensare.

Però Elisa, che quest’anno sta cercando di cambiare le sue tattiche sin troppo generose (e per le quali è stata spesso criticata) non si può dire che non ci abbia provato. Quando la Van der Breggen a fine gara ha rivelato che le cose non stavano andando secondo i suoi piani, è proprio perché la Trek, la squadra della Longo Borghini, ha fatto corsa dura, attaccando da lontano, decimando le squadre e complicando la vita la vita alle favorite. 

Elisa Longo Borghini, Het Nieuwsblad 2019

Se la Longo sorride, per le altre sono guai…

30.10.2020
4 min
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Chi la incontra di tanto in tanto, si è stupito nel vedere che quest’anno Elisa Longo Borghini sia come sbocciata. La piemontese ha vissuto la ripresa con un sorriso nuovo e questa leggerezza le ha portato anche risultati eccellenti. Campionessa italiana a crono. Due tappe e terzo posto finale al Giro Rosa Iccrea. Seconda ai campionati europei, terza ai mondiali di Imola 2020. Perché ciò sia successo è quello che abbiamo cercato di scoprire con lei, alla vigilia dei campionati italiani per i quali è una delle favorite d’obbligo.

Elisa Longo Borghini, campionato nazionale cronometro, 2020
Quest’anno Elisa ha già conquistato la maglia tricolore della cronometro
Elisa Longo Borghini, campionato nazionale cronometro, 2020
Quest’anno già tricolore della crono
Quasi in vacanza?

Quasi. Dopo l’italiano ci sarebbe la Vuelta Espana, dal 6 all’8 novembre, ma per la situazione attuale mi chiedo se sia il caso di correrla.

Che stagione è stata?

Pazzesca, forse la parola giusta è balorda. Sono partita il 5 luglio per il ritiro al San Pellegrino e fino a settembre sono stata a casa a dir tanto 12 giorni. Uno stress fisico e mentale mai visto prima. Dal ritiro siamo andate in Navarra, poi alla Strade Bianche, quindi un ritiro a Isola 2000 e da lì il Giro dell’Emilia, gli europei, Plouay, Giro d’Italia e mondiali. Ste stai bene, vai liscia, se hai un intoppo butti via l’annata.

Secondo Giorgia Bronzini, il lockdown ti ha impedito di sfinirti in allenamento.

Credo in effetti di aver lavorato meno, ma non di aver lavorato poco. Con Paolo Slongo abbiamo pianificato di fare una media di 18-20 ore a settimana, con un programma per ripartire tranquilli senza perdere troppa condizione. Nelle prime tre corse sono arrivata, seconda, terza e quarta.

Ritiro di San Pellegrino con Nibali e compagni?

Ed è andata molto bene. Ero nello stesso agriturismo con altre due compagne, Ragot e Plitcha e il gruppo Giro degli uomini della Trek-Segafredo. Il bello è che Slongo ha potuto seguirci ogni giorno. Quel ritiro mi ha cambiato la stagione, l’ho vissuto bene e ne sono uscita meglio.

Giro d’Italia: frustrante essere sempre dietro Van Vleuten e poi Van der Breggen?

Non provo fastidio, semmai mi dispiace per la seconda tappa, dove per il caldo torrido ho perso qualche minuto di troppo. Da un lato la classifica è andata, dall’altro senza quel blackout non mi sarei divertita tanto nel resto della corsa.

Traduci, per favore?

Ho perso tanto tempo e ci è successo quello che al Giro degli uomini è capitato alla Ineos-Grenadiers dopo aver perso Thomas. Ci siamo guardate in faccia e ci siamo dette che avremmo puntato alle tappe. E’ iniziato per noi un Giro divertente, magari un po’ meno per le ragazze che hanno dovuto tirare. Non tutti i mali vengono per nuocere, ma intanto abbiamo vinto tre tappe con la musica a tutto volume e tante risate.

Può essere la chiave per affrontare le prossime corse importanti?

Di sicuro un po’ di leggerezza non guasta, anche se essere sempre controllati tende a disperderla.

Elisa Longo Borghini, campionati europei Plouay, 2020
Nel 2020 seconda agli europei e poi terza ai mondiali di Imola
Elisa Longo Borghini, campionati europei Plouay, 2020
Nel 2020 seconda agli europei
Davvero al mondiale non avresti potuto seguire Van der Breggen quando è partita?

Sono stata colta di sorpresa. Non avevo considerato Anna, perché avevo testa solo per Annemiek Van Vleuten, che mi ha mandato fuorigiri e poi ha bloccato la corsa. A quel punto ho aspettato la squadra, ma era già tutto scritto.

In che posizione collochi questa stagione?

Al netto del marasma generale, è strano, ma la metto in pole position. Non ci credo neanche io, per come si era messa. Ero serena, lo sono ancora. Amo correre, penso di essere fatta per correre. Essere stata per tanto tempo sui rulli, sia pure per una buonissima causa, mi ha fatto capire quanto io ami andare in bicicletta. Volevo correre e forse la paura di perdere ciò che più amo mi ha fatto cambiare anche stato d’animo.

Bello anche il tuo piglio al mondiale nel rispondere a Van Vleuten, secondo cui le olandesi vanno più forte perché sono più libere di scegliere il loro sport.

Semplicemente non la trovavo una ricostruzione congrua con la realtà. Loro hanno un maggior bacino di utenza, per cui vengono fuori più ragazze di talento. Non è un fatto di emancipazione e forse non era nemmeno quello che intendeva.

Che inverno sta per cominciare?

Metterei la firma ora per un buon periodo di preparazione e una stagione come l’ultima. Di sicuro mi allenerò il giusto e lo farò con leggerezza.

Come arrivi al campionato italiano?

Bene, con la testa leggera. Il tricolore è sempre una corsa particolare e so benissimo che mi guarderanno. Vado forte, forse c’è anche il terreno per fare selezione. Andrò a farci prima qualche giro per capire.

Cosa ti è parso del Giro di Ganna?

Del Giro e della sua stagione. La nostra provincia del Vco è tornata dai mondiali con due medaglie ed è stato bello seguire Pippo al Giro. Come ho già detto a Imola, siamo simili. Entrambi nati nella stessa terra, entrambi figli di sportivi, entrambi legatissimi alla famiglia. Lui ha vinto tanto, ma resta sempre uguale. E quando lo senti parlare in inglese, capisci che è di Vignone. Ed è bello anche questo…