La Freccia di Bartoli: vinta a Huy, nata sul Grammont

12.04.2021
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Vincere una Freccia Vallone per distacco con un attacco da lontano? Oggi sembra fantascienza, ma sì può fare, si è fatto… A riuscirci, forse l’ultimo dell’era moderna, è stato Michele Bartoli. L’asso toscano quel 14 aprile del 1999 mise a segno una delle sue più belle imprese. Di quelle che mescolano gambe, rabbia, attributi, tattica. In una parola: un ca-po-la-vo-ro.

Il freddo, la neve e il vento imperversavano nel cuore del Belgio. Da Charleroi ad Huy, 201 chilometri tremendi. In molti neanche presero il via, battuti in partenza. Quando mancano circa 90 chilometri dall’arrivo, Michele Bartoli che quell’anno corre nella Mapei, scatta e se ne va. Con lui l’olandese Den Bakker.

Dalla “beffa” di Bartoli del Grammont è nata l’impresa della Freccia Vallone
Dalla “beffa” di Bartoli del Grammont è nata l’impresa della Freccia Vallone
Michele, un’altra grande impresa. Come mai decidesti di partire così presto?

Ah guarda è tanto facile. Ero rimaso “bloccato” al Fiandre. Davanti c’erano Museeuw, mio compagno, Van Petegem e Vandenbroucke. Museeuw era rientrato da poco dall’infortunio e non era al massimo. Così chiesi di scattare sul Grammont. Li avrei ripresi e nel finale noi della Mapei saremmo stati in due. Ma mi fu proibito. Alla fine Museeuw fece terzo, si sapeva che non stava bene, e io quarto vinsi la volata del gruppetto. E così alla Freccia mi sono detto: vedrai che stavolta non mi anticipa più nessuno.

Insomma c’era un po’ di “dente avvelenato”…

Sì! Appena vedo il momento giusto – mi dissi – prendo e vado. Il meteo mi venne in aiuto, perché con quel vento, la neve, la pioggia e il freddo era più difficile organizzare il lavoro di squadra per un inseguimento. Meno uomini, mantelline, fondo scivoloso… avrei avuto più possibilità. Sinceramente quando sono scattato speravo venisse via un gruppetto più numeroso, ma poi quando vai… vai.

E quale fu il momento buono?

Feci tirare forte la squadra sul penultimo passaggio sul Muro di Huy. E spingemmo forte fino alla salita successiva: a quel punto andai. Se avessi fatto tutto da solo sul muro magari li avrei messi in fila ma non li avrei staccati. Dovevo stancarli un po’ prima.

Com’è affrontare quel terribile muro dopo 90 chilometri di fuga?

Io stavo bene, avevo già studiato la mia tattica e non volevo aspettare l’uno contro uno negli ultimi metri. Sarebbe stato inutile. Sapevo che ne avevo di più. Den Bakker lo avevo “testato” sulle salite precedenti e avevo visto che faceva un po’ fatica. Quindi nel finale ero tranquillo. In quelle condizioni il muro mi consentiva di fare quel che volevo. Potevo partire ai 100 metri o ai 500.

Bartoli in azione in quella Freccia, stile impeccabile
Bartoli in azione in quella Freccia, stile impeccabile
Come ti eri vestito?

Io tendevo a partire abbastanza leggero, non mi coprivo troppo. Quel giorno però ero ben riparato, poi prima dell’attacco un po’ mi sono “spogliato”.

La Freccia Vallone si correrà tra nove giorni. Pensi che nel ciclismo di oggi si possa ancora arrivare da soli in questa affascinante classica?

Per me sì. In questi primi mesi di gare spesso è stato così. Ci sono stati attacchi da lontano. E’ successo alla Strade Bianche e anche al Fiandre il gruppetto dei migliori si è selezionato a parecchi chilometri dal traguardo, poi man mano si è assottigliato. Si sono dati battaglia, insomma. Tutto sta alla volontà delle squadre e dei corridori. E poi se ne giova molto anche lo spettacolo televisivo, cosa alla quale gli stessi corridori dovrebbero pensare. E’ il pubblico che si appassiona a sostenerli. Non dovrebbero dimenticarlo.

Però oggi i lavori dei team sono sempre organizzatissimi e forse il muro “blocca” la gara nella sua stessa attesa, imponendo di fatto un certo andamento tattico…

Per la gara che è la Freccia, proprio con quel muro finale non puoi aspettare gli ultimi 250 metri e non può farlo soprattutto chi non ha le qualità per scattare nel finale. Questa gente è già battuta. Se ai miei tempi fossimo arrivati ai 250 metri sempre compatti ne avrei vinte sei di Freccia. E dico questo non perché voglia fare lo sbruffone, ma perché io avevo le caratteristiche per fare la differenza nel finale. Quelle che oggi hanno Valverde, Alaphilippe E se c’è questa gente in corsa e aspetti, significa che parti per portare a termine la corsa, per un piazzamento, per un terzo, quinto o sesto posto. E sinceramente lo trovo illogico.

Hirschi fa sua l’edizione 2020, davanti a Cosnefroy
Hirschi fa sua la Freccia Vallone 2020
Hai nominato Alaphilippe, con quel muro finale la Freccia è forse “la” corsa per il finisseur e lui in questo momento rappresenta al meglio questa figura. Come si batte?

Alaphilippe è anche un fondista però. E se la corsa dovesse essere dura, potrebbe anche attaccare da lontano. Uno per esempio che mi viene in mente e che potrebbe vincere la Freccia, ma non ha le caratteristiche del finisseur, è Dylan Teuns, ma deve sperare in una gara dura, dare battaglia. Se uno come lui aspetta gli ultimi 150 metri, ci sono appunto Hirschi, Alaphilippe, Valverde che lo battono. Il discorso è questo: se si arriva compatti sotto al muro, ce ne sono due o tre che possono vincere la Freccia. Se si scatta da lontano ce ne sono venti.

Hirschi, il campione uscente, che corridore è? Lo abbiamo visto poco quest’anno…

Si deve riconfermare. Un conto è essere andati forte un anno, un conto è riandarci. Ha una grande squadra, è un giovane di spessore ma deve continuare a mostrarlo.