Elisa Longo Borghini ha ritrovato le sensazioni, il morale e di conseguenza il sorriso. La conseguenza di tutto ciò sono stati tre vittorie e nove podi, compresi quelli del Giro e dei mondiali. Il dato che più piace sottolineare alla vigilia della stagione olimpica, è che pur avendo davanti un paio di mostri sacri come Van Vleuten e Van der Breggen, la piemontese ha ridotto il gap che da loro la divide.
«Il lockdown le ha fatto bene – disse scherzando Paolo Slongo commentando il suo ritorno ad alto livello – perché finalmente non ha potuto allenarsi troppo».
«Credo in effetti di aver lavorato meno – disse lei – ma non di aver lavorato poco. Con Paolo abbiamo pianificato di fare una media di 18-20 ore a settimana, con un programma per ripartire tranquilli senza perdere troppa condizione. Nelle prime tre corse sono arrivata, seconda, terza e quarta. Poi sono stata in ritiro con la Trek-Segafredo, nello stesso agriturismo dei professionisti con altre due compagne, Ragot e Plitcha. Il bello è che Slongo ha potuto seguirci ogni giorno. Quel ritiro mi ha cambiato la stagione, l’ho vissuto bene e ne sono uscita meglio».
Il gap scende
Abbiamo ripreso il discorso con il tecnico trevigiano, cercando di capire quale Elisa vedremo sulla strada verso Tokyo
«Secondo me – dice Slongo – Elisa ha trovato la vera dimensione, negli anni scorsi si era persa anche lei. Quest’anno si è messa a pari ed è tornata al suo livello. Certo, anche lei ha davanti l’Eddy Merckx delle donne. Lei va forte, però quando trovi la Van Vleuten che fa quello che ha fatto… Però la cosa buona è che a partire dall’europeo il gap si è ridotto. Elisa si è avvicinata molto ed è positivo per il 2021».
Sin da junior
La collaborazione tra i due è di vecchia data, ma quando Slongo è passato al Team Bahrain era stato costretto a interromperla.
«Ho lavorato con lei da juniores – spiega – quando è passata fra le elite. Era alla Fassa Bortolo, a Spresiano, e io ho un ufficio a Treviso. E a quelli della zona do sempre una mano. In più avevo lavorato col fratello in Liquigas, così abbiamo cominciato a lavorare insieme. Al primo anno con il Bahrain sembrava che il progetto dovesse essere diverso anche per noi, che fossimo parte in causa in modo più importante. Per cui le ho detto: “Se vuoi io ti seguo, ma mi secca che un’atleta di alto livello come te sia seguita così poco”. Eravamo costretti a rimandare i test, perché magari io non c’ero e non era giusto. Le ho detto che se voleva guardarsi attorno… Così è passata con con Mattia Marcellusi, che sta a Vicenza e lavora con la Ntt. Hanno collaborato per un anno e mezzo, poi non si è trovata bene e ha interrotto».
La svolta del 2017
Slongo tornava dalla Vuelta del 2017, quella di Froome davanti a Nibali. E quando Paolo Longo Borghini lo chiama e gli dice che la sorella non vuole nemmeno andare al mondiale di Bergen, perché non sta in piedi, i due ricominciano a sentirsi.
«Mi aveva chiamato prima il fratello – conferma – dicendo che Elisa non andava avanti. Diceva di essere in overtraining. Non voleva andare (in realtà la piemontese parteciperà, ma si ritirerà, ndr). Siccome avevo capito che il progetto del Bahrain non aveva le promesse iniziali, le proposi che avremmo potuto ricominciare a collaborare. E dall’anno successivo abbiamo ricominciato. Quest’anno poi la squadra ha anche il femminile ed è stato più facile lavorare insieme. Al primo ritiro ora in Spagna ci sono anche loro. Una cosa è avere l’atleta con te, altro è dire cose e basta. Ha più qualità viverci assieme, fare dietro moto, fare i test. sono cose che pagano. Il suo programma prevede di correre di più e, per come sta andando, potrebbe andare subito forte. Ma fatto un periodo di stacco dopo le classiche, il clou della stagione per lei ci sarà fra Giro d’Italia e Olimpiadi. Vincere di più? Le sue fibre sono rosse, grandissima resistenza e poca velocità, anche se ci lavoriamo. Si deve lavorare sulla tattica di corsa, dovremo staccarle tutte. E la forza davvero non le manca».