Caro De Marchi, come stai? «Forse stasera torno a casa!»

25.05.2021
5 min
Salva

Forse stasera De Marchi lascerà l’ospedale e tornerà a casa. Va bene che il Giro va avanti, ma non si lascia indietro chi è caduto. E così qualche giorno fa, parlando con Roberto Bressan (grande capo del CT Friuli), venne fuori che si fosse messo di mezzo proprio lui per riportare in ambulanza il Rosso di Buia da Firenze a Udine. Come si passa dalla gioia della maglia rosa all’incubo dell’ospedale? E dove la trovi la voglia di ripartire da un infortunio, se ti sei appena ripreso da quello precedente?

E così nel giorno di riposo del Giro, dopo le tappe friulane in cui Alessandro avrebbe portato via amore e applausi in quantità impensabile, abbiamo deciso di rompergli un po’ le scatole. Essere tornato a Udine ha già riportato mezzo sorriso, la prospettiva di uscire è come essere nell’ultimo chilometro, con tante curve tolgono la vista del traguardo.

Caduta avvenuta nella tappa di Bagno di Romagna e corsa a Careggi
Caduta avvenuta nella tappa di Bagno di Romagna e corsa a Careggi
Come stai?

Bene, ma non benissimo. Il viaggio in ambulanza è stato impegnativo, ma adesso sono a Udine. Ho fatto altri esami. Il polmone ha preso una bella botta, che però si assorbe da sola. La frattura della clavicola è composta e per fortuna non serve operarla. Ci sono tre costole rotte che fanno male e due vertebre incrinate per le quali c’è solo da aspettare. Hanno parlato di sei settimane di stop, spero di scendere a quattro. E spero che magari nel frattempo possa fare rulli o palestra. Insomma, non vorrei proprio fermarmi.

Ti ricordi qualcosa della caduta?

Diciamo che negli ultimi due giorni ho cominciato ad avere ricordi più chiari. Hanno sbagliato due davanti. C’era una “esse”, loro sono entrati troppo larghi e di fatto mi hanno impedito di fare la curva. Mi sono reso conto che stavo arrivando alla curva troppo veloce e che sarei caduto. Il primo ricordo di cui sono sicuro è sull’ambulanza nei minuti successivi.

Ti resta in bocca il buono della maglia rosa?

Il buon sapore c’è ancora, ma più che altro adesso c’è il nervoso di dover ripartire. I tre giorni in Friuli dopo la maglia rosa sarebbero stati ossigeno. Se posso dirlo, sono proprio incazzato. Quando caddi in Francia, ero esausto, ora sono arrabbiato.

La maglia rosa conquistata a Sestola dopo la fuga e l’attacco nel finale
La maglia rosa conquistata a Sestola dopo la fuga e l’attacco nel finale
Sei settimane significano addio a Tokyo, con quattro forse cambia qualcosa…

Il sogno delle Olimpiadi… lo rimettiamo nel cassetto, ma lo lasciamo aperto. So che avrei dovuto conquistarmi il posto in questi giorni. Conosco Davide (Cassani, ndr), so come ragiona. Cercherò di rientrare e di andare forte, poi si vedrà.

Riesci a seguire il Giro in questi giorni?

Ieri ho dato un’occhiata alla tappa, ma quando capitano certe cose reagisco chiudendo il mondo fuori. Voglio tornare a casa, speriamo sia davvero stasera.

Più messaggi per la maglia rosa o per l’infortunio?

La verità è che si sono sovrapposti e sono tantissimi. E’ continuato quello che era iniziato a Sestola. Tanto affetto, che è molto gratificante. Significa che hai lasciato un segno, è come riceverne la conferma. Ci sono momenti in cui un atleta ha proprio bisogno di questo. Tutto quello che avrei voluti a quel punto era finire il Giro e godere del bello ricevuto in quei due giorni in Friuli. Ora non vorrei che la caduta nella mia testa restasse l’ultimo ricordo del Giro.

Che cosa vuoi dire?

Non voglio che si cancelli il bello di quei giorni. Vorrei che nella mia mente l’ultimo ricordo del Giro fosse la maglia rosa.

Prenderla è stato bello, come è stato perderla?

Per come sono fatto, mi è dispiaciuto, ma sono pronto a dire che tenerla uno o due giorni di più non avrebbe fatto una grossa differenza. Ho capito immediatamente che stava sfuggendomi. Ho scollinato, indietro. Ho visto che davanti stavamo facendo i ventagli e io non sapevo che ci fosse vento. Eppure ho trovato gente che ha provato ad aiutarmi a rientrare.

Altri corridori?

Peter Sagan, ad esempio. Ci ha provato anche lui a riportarmi in gruppo ed è stato un gesto bellissimo. Si vedono i corridori che vengono da qualche anno prima, dalla vecchia scuola, che hanno vissuto il bello della Liquigas.

Due giorni in maglia rosa, per fare il pieno di amore
Due giorni in maglia rosa, per fare il pieno di amore
Dobbiamo chiedertelo, proprio perché si parla della stessa tappa: ti sei accorto delle rovine del terremoto che avete attraversato? Perché la televisione non le ha mostrate…

Me ne sono reso conto bene. Anche perché quel giorno ero da solo, facendo la discesa in maglia rosa, ma staccato. Ho visto le case distrutte, le macerie. Mi era venuto in mente anche di parlarne nel podcast di Bidon, ma poi ho parlato di altro.

Come si sta in ospedale ai tempi del covid?

Che cosa ve lo dico a fare?! Non possono venirmi a trovare. Anna (sua moglie, ndr) si è affacciata un paio di volte, ma non è stato semplice. Abbiamo avuto due settimane di emozioni molto forti, prima nel bello e poi nel brutto.

Se non altro, dopo l’incidente in Francia, sai come si fa a ripartire…

Infatti sono quasi a mio agio. Conosco tutti i passaggi. Conto di tornare a casa e essere a posto per la Vuelta. A questo punto voglio correre e correre tanto. Non voglio un’altra stagione a metà.

VIDEO / Sesta tappa, quello che da casa non si è visto

19.05.2021
3 min
Salva
La 6ª tappa del Giro d'Italia ci ha fatto conoscere la grinta di Gino Mader, vincitore a San Giacomo, e ha consegnato la maglia rosa ad Attila Valter. E' stato il giorno dei ventagli di Ganna a Forca di Presta e dell'attacco di Ciccone con Bettiol. Doveva e poteva essere anche il giorno per raccontare agli italiani che nelle terre flagellate dal sisma del 2016 le cose stavano andando a posto. Purtroppo gli elicotteri non hanno inquadrato molto. Perciò, ecco quello che vi siete persi e che magari s'è preferito non mostrare. Sono passati 5 anni, valutate voi se si possa davvero parlare di ricostruzione. La foto dell'hotel Regina Giovanna di Borgo d'Arquata, così come le riprese aeree sono state gentilmente fornite da Francesco Riti. Il resto lo abbiamo semplicemente ripreso lungo il percorso.

«Passare là in mezzo – diceva Alessandro Amadio, massaggiatore della Cofidis, facendo il pieno alle porte di Ascoli Piceno durante la sesta tappa del Giro – fa sempre male al cuore».

Già, là in mezzo. Ma chi l’ha visto davvero, da casa, che cosa ci fosse là in mezzo? E De Marchi (foto di apertura di Francesco Riti) si è accorto di quei muri squarciati? Al maltempo, che ha certamente impedito di mostrare a dovere le bellezze dei Sibillini, si è aggiunta infatti la singolare coincidenza di immagini non mostrate, per quale motivo non si è ben capito (difficile che gli operatori non si siano accorti di nulla). Sta di fatto che già nella sera della sesta tappa del Giro d’Italia, quella vinta da Mader a San Giacomo, sui forum e sui social di chi ha vissuto e fatto le spese del terremoto del 2016 è iniziato un aspro tam tam per le immagini non mostrate.

Paesi fantasma

Che cosa non si sarebbe visto? La condizione disastrosa dei paesi rasi al suolo dal sisma e non ancora ricostruiti.

Il passaggio del Giro d’Italia è spesso l’occasione per raccontare la meraviglia dei luoghi, ma poteva essere l’occasione di sottolineare lo stato di persistente emergenza. Noi però c’eravamo, ed essendo originari di quelle stesse zone e avendole molto a cuore, come forse qualcuno saprà, abbiamo documentato con una piccola videocamera e con l’aiuto del drone di Francesco Riti i paesaggi attraverso cui si è mossa la tappa.

Il peso dell’indifferenza

Questo video, montato con grande sensibilità da Federica Paglia, serve per mostrare a chi non se ne sia reso pienamente conto in quale scenario si è mossa la corsa.

Alla partenza da L’Aquila, 12 anni dopo il terremoto del 2009, si è parlato molto di come la città sia rinata. Nelle zone dei Monti Sibillini ancora non si può neppure parlare di ricostruzione. In un modo o nell’altro il Giro d’Italia porti la voce di queste persone, che dopo la distruzione continuano a sperimentare l’indifferenza.

Il primo giorno in rosa di Alessandro De Marchi

12.05.2021
4 min
Salva

Il giorno dopo di Alessandro De Marchi in rosa inizia la sera prima in hotel. Il Rosso di Buja è andato via dall’arrivo dopo una lunghissima conferenza stampa e la prima impresa è stata contattare sua moglie Anna, dato che non aveva con sé il telefono. Quando poi è arrivato in hotel, l’accoglienza l’ha fatto commuovere ancora.

Un uomo sensibile

Non dobbiamo meravigliarci per le lacrime, spiega il suo procuratore Raimondo Scimone, che vive a Modena e la maglia rosa con un suo corridore non la vedeva dal 2009 di Menchov.

«Alessandro è un duro – dice – nel senso che addenta la fatica, ma di base è un uomo sensibile. E questa maglia rosa è il premio per una vita di sacrifici a vantaggio degli altri. In squadra sono tutti contenti. Mi dicono che essendo abituato a grandi team, ha attenzioni a dettagli per loro impensabili, ma li sta aiutando a crescere. Non c’è un solo corridore che non ne sia contento. Dovevo passare in hotel a salutare Pozzovivo, ma gli ho mandato un messaggio, dicendogli che non ce la facevo e che sarei passato dal “Dema”. Mi ha risposto che non era un problema e, piuttosto, di fargli i complimenti».

Il gruppo è partito da Modena, in un giorno di sole, davanti all’Accademia Militare
Il gruppo è partito da Modena, in un giorno di sole, davanti all’Accademia Militare

Le… scuse al team

Alessandro racconta alla fine del primo giorno in rosa e scherzando annuncia che toglierà altre curiosità nei prossimi giorni, se ce ne saranno altri in rosa.

«Ieri è stato un giorno storico – dice – il rientro è stato emozionante, avevo tante cose per la testa. Ho fatto subito il giro dello staff, meccanici e massaggiatori. Poi mi sono concesso un’ora di massaggi e alla fine sono andato a cena. Quando ho preso la parola, ho detto ai ragazzi che avevo questo piano già da qualche giorno e mi sono quasi scusato per non averli avvisati, ma non credo che si siano offesi. E’ stata una serata carica di molte cose. E dopo il brindisi noi corridori siamo andati a dormire, mentre il personale è andato avanti a brindare ancora».

Da Ganna a De Marchi, lezioni di guida… in rosa
Da Ganna a De Marchi, lezioni di guida… in rosa

La notte bianca

Scordatevi però che una serata così, al termine di un giorno come quello di Sestola, porti con sé una notte di sonno ristoratore: sarebbe stato impossibile.

«Prima – ride – ho cercato di fare un po’ d’ordine nei messaggi whatsapp, ma credo che ne verrò a capo forse per la fine del Giro. Poi sono andato avanti a pensare e ripensare. Mi sono addormentato tardi e mi sono svegliato presto. Dire quale messaggio abbia apprezzato di più sarebbe ingiusto. Ma devo dire che quel che più mi ha fatto piacere è stato ricevere gli attestati di stima degli altri corridori, ex compagni, giornalisti, addetti di Rcs. E’ stato davvero molto gratificante».

Tappe in diretta integrale, l’elicottero è già lì
Tappe in diretta integrale, l’elicottero è già lì

Il test di domani

La tappa di domani si annuncia come un test piuttosto severo. Dombrowski è uscito malconcio a causa della caduta e quindi magari non sarà lui la minaccia più concreta del giorno, ma il dislivello stesso potrebbe diventare un avversario ostico.

«Dovrò lottare fino alla cima – dice – evitare che entri in fuga qualcuno troppo vicino a me in classifica. Continuo ad avere una strana sensazione di vertigine, di essere in un posto che non mi appartiene. Non ci sono abituato e forse questo accadrà, quando dovrò cedere la maglia. Per questo sto cercando di godermela il più possibile. Non so dire che sapore abbia, ma di certo non è amaro. E’ una maglia impegnativa, un peso. Ma un peso leggero».

Una maglia magica, capace di raddoppiare le forze. Scimone ne è sicuro, De Marchi lo scoprirà domani, attraversando le montagne marchigiane. E pescando la forza dalle terre terremotate che gli ricorderanno le sue. Quando la terra trema, non ci sono confini.

Caleb Ewan e un record che non ci piace (se lascia il Giro!)

12.05.2021
4 min
Salva

«Qui al Giro – dice Stefano Oldani tutto d’un fiato – è difficile trovare finali facili. Noi però abbiamo il corridore giusto e abbiamo vinto. Ha mancato la prima, oggi non se l’è lasciata scappare. A Novara, Caleb era un po’ insoddisfatto. Un campione, un vincente come lui, quando non vince non è felice. Oggi si è preso la sua rivincita e questo è l’inizio di un’impresa che vuole tentare quest’anno. Vincere in tutti e tre i grandi Giri. Nel primo è andato a segno, mancano gli altri due. Lui è un bravo ragazzo, è simpatico anche se quando non vince non è felice. Oggi dovevo aiutarlo nel finale, non dovevo essere tra gli ultimi, ma un po’ prima. L’ho fatto, ho visto che era felice e questo mi gratifica. Così dai prossimi giorni potrò giocarmi le mie carte».

Caleb Ewan inaugura a Cattolica la serie delle tappe che vorrebbe vincere nei Giri 2021
Caleb Ewan inaugura a Cattolica la serie delle tappe che vorrebbe vincere nei Giri 2021

Più sicurezza

Caleb Ewan, già secondo alla Sanremo, ha vinto a Cattolica in uno di quei giorni in cui per le cadute si finisce col parlare d’altro. Nella conferenza stampa della maglia rosa, De Marchi dice parole che fanno riflettere.

«Si può sempre fare di più – spiega – in merito a sinergie fra chi organizza e noi che corriamo. In certi frangenti si potrebbe scegliere un percorso diverso. Si potrebbero adottare delle protezioni. Sono dettagli che contano. Andiamo davvero veloci, dobbiamo stare al passo coi tempi».

Il pasticcio si verifica ai 4 chilometri dall’arrivo. Un volontario coraggioso è fermo a centro strada per segnalare lo spartitraffico. Le radio da minuti non fanno che ricordare ai corridori di stare attenti proprio a certi ostacoli. Lo spiega bene Thomas De Gendt a chiunque glielo chieda. Passano tutti. Solo Dombrowski non lo vede, forse perché non è troppo concentrato, e lo centra in pieno. Di sicuro sono tutti troppo indietro, i 3 chilometri e la neutralizzazione sono ancora lontani. Il poveretto cade, senza coinvolgere nessuno. Mentre sulla destra della strada la peggio ce l’ha Landa, che nulla può per evitare l’americano vincitore ieri a Sestola. Lo portano in ospedale, il suo Giro finisce qui.

Il record di Caleb

L’altro lato della medaglia è la versione del vincitore, che ovviamente stava davanti e delle cadute non ha sentito nemmeno il rumore.

«E’ sempre difficile far passare il gruppo nei paesini – dice Ewan – ma nemmeno è immaginabile che ogni volta finiamo nel mezzo del nulla. Il finale è stato caotico, c’era vento frontale e tutti volevano stare davanti. Delle cadute non mi sono accorto, nemmeno avrei detto che fosse un arrivo pericoloso. Sono qui per vincere le volate e ho la squadra tutta a mia disposizione. Ne ho vinte tante, le ricordo tutte, ma non ricordo dove. A dire il vero, non so nemmeno dove ci troviamo stasera. L’obiettivo di vincere una tappa in ogni grande Giro è la mia sfida per il 2021, ma questo non significa che oggi lascerò il Giro, è ancora presto. Andrò avanti alla giornata e magari intorno alla 10ª-11ª tappa prenderemo una decisione che mi permetta di prepararmi al meglio possibile per il Tour».

Dombrowski passa sul traguardo. E’ stato il primo a cadere, ma non ha riportato fratture
Dombrowski passa sul traguardo. E’ stato il primo a cadere, ma non ha riportato fratture

Mentalità balorda, caro Caleb: il Giro merita ben altro rispetto. Oppure forse anche questo rientra nella necessità di adeguarsi ai tempi moderni? Sarebbe davvero un record quello di vincere tappe nei tre Giro, portandoli però tutti a termine. Vincere tappe al Giro, al Tour e alla Vuelta correndo una settimana ciascuno, è come vincere una tappa alla Tirreno, una al Delfinato e una al Giro di Svizzera. A pensarci, non un record così grande.

La favola in rosa del friulano con i capelli rossi

11.05.2021
6 min
Salva

Valentino Sciotti che gli corre intorno e gli grida che ce l’ha. Alessandro De Marchi che precipita fra le sue braccia. Che lo guarda. Che poi si butta sul manubrio, con la faccia fra le mani. Piove, ma nessuno sembra farci caso. Sciotti che continua a strattonarlo e abbracciarlo, mentre uno dopo l’altro arrivano gli altri componenti della Israel StartUp Nation. Il Rosso di Buja ha conquistato la maglia rosa. Non riesce a parlare. Pensiamo a Bressan e Boscolo a Udine, a quante bottiglie stapperanno stasera.

Un viaggio profondo

Il suo racconto è un viaggio profondo. Lo vedi che non si rende conto e che ha dentro qualcosa che lo scuote, ma non sa nemmeno lui con esattezza che cosa sia. Così parla, dando vita a un percorso interiore che sarà a volte perplesso, altre volte commosso.

«Per il modo di correre che ho io – dice – la percentuale dei tentativi che vanno a buon fine è sempre minore di quelli che riescono. Non credo di aver sbagliato o fatto delle scelte sbagliate in questi 11 anni, però è così. La generosità che ho sempre dimostrato era quasi scontato che finisse un po’ così, come ho detto anche altre volte. Alla fine però non bisogna mollare, perché le cose grandi a volte succedono anche a quelli come me».

Da soli non si beve, ma un brindisi a se stesso ci sta davvero tutto
Da soli non si beve, ma un brindisi a se stesso ci sta davvero tutto
Quelli come me?

Non lo so, una sensazione. Mi fa piacere che la gente possa essere contenta per la mia maglia rosa. Vuol dire che ho seminato bene in questi anni (trattiene a stento le lacrime, ndr). Forse questa cosa è ancora più gratificante della vittoria, dei risultati, magari addirittura più di questa maglia. Sapere che tante persone sono contente per quello che hai fatto e le cose che hai raggiunto… vuol dire che qualcosa di buono sono riuscito a fare».

Da bambino l’hai mai sognata?

In questi anni non avevo mai sfiorato e neanche mi era venuto in mente di pensarci. E’ un simbolo che quando un bambino inizia a pedalare è lì in alto. Non so esattamente perché, ma due giorni fa mi è venuta questa idea. E alla fine con una crono e due tappe in gruppo, siamo arrivati a oggi. Quello che ha fatto subito la differenza è stato capire nei primi chilometri che c’era battaglia. Non era una fuga a perdere, con la giusta situazione poteva crearsi questa opportunità.

Dombrowski lo attacca, Alessandro lo controlla: l’idea rosa prende corpo
Dombrowski lo attacca, Alessandro lo controlla: l’idea rosa prende corpo
Quando l’hai capito?

Alla fine. Primo ero concentrato su Oliveira e ovviamente sul riacchiappare i due fuggitivi. Nel momento in cui questo si stava sistemando, dalla macchina mi hanno detto di fare attenzione anche a Dombrowski, perché non potevo permettermi di farlo allontanare troppo. E quindi fino alla fine è stata una via di mezzo: ce l’ho, non ce l’ho. Una volta arrivato ho visto Valentino Sciotti che mi correva incontro e dalla faccia che mi ha fatto, ho capito che ero la nuova maglia rosa.

Cercavi qualcosa da dedicare a Silvia Piccini, la ragazza morta sulla strada poche settimane fa…

Sono pronto a portare qualcosa alla famiglia. Sarà un piccolissimo pensiero, ma è quello che possiamo fare noi, ora che lei non c’è più. Ho già risposto a tante domande, è il problema più vecchio del mondo. Siamo a volte molto incivili, non riusciamo ad avere il minimo rispetto per gli altri e ormai sulla strada questo è evidente. Silvia è l’ultima, ma purtroppo non lo resterà a lungo.

«Sono un padre, per questo mi espongo sulle questioni di diritto. Corro per Giulio Regeni»
«Sono un padre, mi espongo sulle questioni di diritto. Corro per Giulio Regeni»
Ci hai sempre messo la faccia…

Mi sono sempre espresso su temi che stanno al di sopra di ogni colore e schieramento. I diritti fondamentali, i diritti civili, cose che non hanno colore e non possono essere strumentalizzate. Più di qualcuno, anche persone care, mi hanno criticato su questo. Però prima che ciclista – ormai sono stufo di ripeterlo – sono un marito, un papà, un cittadino. Quindi domani vestirò ancora il braccialetto giallo per Giulio Regeni e parlerò ancora di sicurezza sulle strade, senza problemi. Non cambierò idea.

Resterai fedele anche al tuo modo di vedere il ciclismo?

Ho un modo di fare più romantico di quello che ti viene richiesto nel ciclismo attuale. Mi è sempre stato insegnato così, sin da quando sono passato professionista con il buon Gianni Savio. Forse c’è molto di quello stampo nel mio modo di fare. E’ anche vero però che il ciclismo va avanti e anche io mi devo scontrare con questo cambio di stile. Anche io devo fare attenzione a mangiare nel modo giusto, ad avere i vestiti giusti, a usare il body, ad avere il casco aerodinamico, ad avere una bicicletta leggera e veloce… Sono tutte cose che fanno parte delle regole del gioco di adesso. Probabilmente questo stile non è il più redditizio, utile a fare risultati e aumentare il numero di vittorie. Però…

Però?

Ci sono state tappe in cui ho passato la giornata in fuga e sono stato ripreso, in cui ero più soddisfatto di quando ho fatto un piazzamento. Io cercherò di continuare a interpretare il ciclismo in questo modo, fino a quando potrò farlo.

Taglia il traguardo, ma ancora non si rende conto dell’impresa
Taglia il traguardo, ma ancora non si rende conto dell’impresa
E intanto sei il faro per i ragazzi del Ct Friuli.

Sono stato il primo a sfruttare quello che è diventato un sistema e una squadra che non hanno niente da invidiare ai team professionistici. Lo dobbiamo a Roberto Bressan, Renzo Boscolo e ora Andrea Fusaz, Alessio Mattiussi e Fabio Baronti. Queste sono le persone che hanno dato il via a quella bellissima realtà che è il Cycling Team Friuli. E i ragazzi che arrivano adesso nel mondo del professionismo stanno sfruttando appieno questa squadra. Milan, Fabbro, Aleotti, Venchiarutti, i fratelli Bais. Ormai siamo in tanti ed è giusto che il mondo dei professionisti guardi sempre di più a questa realtà.

Non sarebbe male chiudere in Italia…

A parte i primi anni qua, ho subito intuito che purtroppo in Italia era difficile continuare a stare ad un certo livello. Sono felice di aver capito subito la necessità di partire. Ma è il segno che il mondo va in questa direzione, non possiamo essere troppo chiusi su di noi e le nostre piccole realtà. Ormai siamo interconnessi, siamo globali in tutto e anche il lavoro deve essere così. Spero di insegnare questo a mio figlio. Sono cresciuto in una famiglia che ha sempre avuto un occhio verso lidi diversi, mondi un po’ più lontani. Mio fratello vive in Nuova Zelanda da tanti anni ed è una cosa di cui i miei genitori vanno fieri, nonostante ci siano migliaia di chilometri. Avere sperimentato squadre di Paesi diversi è stimolante, ma sarebbe bello anche ritrovare una squadra italiana nel WorldTour in cui magari finire la carriera.

Lo sguardo di chi su quel palco rosa non c’è mai stato: che cosa mi aspetta?
Lo sguardo di chi su quel palco rosa non c’è mai stato: che cosa mi aspetta?

Ha raccontato. Si è commosso. Non ha avuto paura di mostrare le sue emozioni. Prima di lui, forse, soltanto Simoni era riuscito a entrare nel cuore della sua gente per la stessa cocciuta coerenza. Stasera si farà festa, magari con il vino dello sponsor. Da domani però il Rosso di Buja sarà sulla strada per difendere il suo sogno rosa e cercherà di portarlo il più avanti possibile. Ganna è passato con l’espressione sfinita ed è sfilato verso il pullman. Da stasera il Giro ha trovato un’altra storia da raccontare.

Ricordate la vecchia distanza? Oggi si fa così…

30.04.2021
6 min
Salva

C’era una volta la distanza, quel giorno senza limiti in cui il corridore passava più ore in sella che dentro casa. C’era una volta la distanza, ora non c’è più. Ne parliamo con Alessandro De Marchi, corridore della Israel Start Up Nation, che ha nelle gambe tanti chilometri, 13 stagioni di professionismo e abitudini che con gli anni sono andate via via cambiando. Nel nome della qualità, la quantità è andata scemando e anche il giorno più lungo, appunto quello della distanza, pur mantenendo un discreto numero di ore, ha cambiato faccia.

Alessandro è in Friuli, in quel buco di tempo fra il Tour of the Alps e il Giro d’Italia in cui si cerca di far stare tutto ciò che si è perso prima e che si perderà poi. E’ un privilegio avere questi minuti, scavati nei trasferimenti in auto tra una faccenda e l’altra.

«Distanza – dice – è il vecchio concetto di allenamento lungo, che però negli anni si è evoluto. Ora raramente si fanno tutti quei chilometri, ma si tende a metterci dentro tante cose. La distanza ora ha tante sfumature, che nel mio caso si possono suddividere in due tipologie. La distanza low carb, cioè un allenamento lungo senza apporto di carboidrati. Oppure un allenamento lungo con una serie di simulazioni, in cui i lavori specifici vengono inseriti nella seconda parte dell’allenamento, per mettere il corpo nelle condizioni di stress che vivrà in gara».

Può capitare in corsa di trovarsi in debito di zuccheri: le distanze low carb educano il corpo a questo
Trovarsi in debito di zuccheri: le distanze low carb educano il corpo a questo

La distanza low carb

Siamo già nel vivo, affondiamo i denti incuriositi. Partiamo dalla distanza low carb, con più di qualche curiosità.

A cosa serve?

A insegnare al corpo a utilizzare le risorse di cui dispone, senza apporto di carburante dall’esterno. Per cui nella prima parte della giornata l’alimentazione sarà sbilanciata verso proteine e grassi. I carboidrati non a zero, ma in quota riadattata.

Si comincia dal mattino o dalla sera prima?

Tendo a fare una cena normale, mentre a colazione mangio omelette, affettato, bresaola. Niente avena né fette biscottate. Yogurt greco, noci, cioccolata con cacao all’85 per cento con pochi carboidrati. E in bici privilegio borracce con proteine e barrette proteiche, in linea con quello che ho mangiato al mattino.

La colazione senza carboidrati prevede anche un’omelette
La colazione senza carboidrati prevede anche un’omelette
Fa pensare alla dieta dissociata: come reagisce il corpo?

Dopo un paio d’ore che pedalo, ho la sensazione di essere molto… piatto, di poter continuare a lungo, ma senza i soliti picchi di rendimento. E’ un regime difficile da mantenere. Gli atleti evoluti riescono a durare così per 5-6 ore, ma le prime volte non riuscivo ad andare oltre le 3 ore e mezza. Adesso arrivo a 5 ore, ma è stato un adattamento graduale.

Riesci ad andare forte o si tratta di allenamenti lenti?

Dipende dalla giornata. Le prime volte era difficile fare grandi intensità, perché costringi il corpo a usare un carburante diverso rispetto agli zuccheri.

Quando torni a casa sei distrutto?

Non è detto. Le prime volte sei in sofferenza, perché il corpo non è abituato, ma col tempo si adatta. Il pranzo comunque è ancora privo di carboidrati, mentre la cena di solito è libera. Completamente free per recuperare.

Si riesce a fare anche del lavoro specifico durante queste uscite?

No, non ci riuscirei. Quando si va in questo modo, puoi allenare al massimo la resistenza. I lavori specifici richiedono gli zuccheri. E’ il motivo per cui allenamenti low carb come questi ne faccio al massimo uno a settimana.

La simulazione di gara

Lavori specifici si affrontano invece nell’altro tipo di distanza, quella in cui si cerca di proporre al corpo il carico di lavoro e di stress che incontrerà in gara.

Un altro tipo di lavoro…

Esatto, si tratta di un lungo con altri obiettivi, fare cose simili alla gara ovviamente con l’intensità che varia in base al periodo dell’anno. Più sei vicino alle corse e più cresci l’intensità.

Lavori specifici e dietro moto?

Se sono in fase di carico, il dietro moto lo faccio nella seconda metà dell’allenamento oppure in finale. Se sono vicino alla corsa, capita di fare dietro moto anche per 5 ore, sin da subito.

Che tipi di lavori specifici si fanno?

Tanto volume, per cui le classiche Sfr, interval training, lavoro intermittente. Tutto ciò che può dare al corpo lo stimolo della corsa.

Al rientro dopo il lungo “simulazione”, borraccia di proteine, poi riso e verdure
Al rientro dopo il lungo “simulazione”, borraccia di proteine, poi riso e verdure
In questi casi come varia l’alimentazione?

La colazione è tutta sbilanciata a favore dei carboidrati, come alle corse, perché il vero carburante sono loro. E in bici ci saranno maltodestrine, bevande energetiche e barrette ricche di carboidrati, perché davvero si fa sul serio a ritmi elevati.

Per quanto tempo si sta fuori?

Dipende dai lavori che devo fare, ma si può anche andare oltre le 5 ore, però sempre meno di 6, altrimenti diventa un’altra cosa. Dipende dalla resistenza che hai, io arrivo spesso sul filo delle 6 ore per il tipo di corridore che sono.

Capita di fermarsi durante queste maratone ad alta intensità o nella distanza low carb?

Dipende dalle abitudini, a me non piace, perché la sosta mi spezza il ritmo. Sul Teide, gli altri ci tenevano a fare la pausa caffè e allora mi fermavo anche io, ma se sono a casa e ho il mio lavoro da svolgere, parto e mi fermo solo quando ho finito.

Cosa porti di solito in tasca?

I rifornimenti, proprio per non fermarmi. Il telefono. La carta di identità. Due spiccioli casomai accada qualcosa. Il kit per riparare le forature è fisso sulla bici e di solito, per la tipica fortuna dei corridori, in queste giornate capita sempre di bucare.

Quasi due settimane fra il Tour of the Alps e il Giro: tempo per la famiglia
Quasi due settimane fra il Tour of the Alps e il Giro: tempo per la famiglia
Quando rientri dopo 6 ore salti il pranzo?

Cerco di non saltare mai i pasti, seguendo la disciplina della corsa, in cui dopo la tappa devi subito reintegrare. Per cui il recupero immediato, anche se sono le 16, si fa con una borraccia di proteine e poi un primo oppure un piatto di riso, per reintrodurre la quota di carboidrati, e un po’ di verdure. Il primo recupero si fa così.

E la cena?

Dipende dall’allenamento del giorno dopo, ma di solito è 50 per cento proteine e 50 carboidrati. Una distanza come questa di solito si fa alla fine di un blocco di lavoro, per cui il giorno dopo magari c’è un po’ di recupero.

E come si mangia alla vigilia di un Giro d’Italia?

Sto giusto facendo la spesa per la classica grigliata con gli amici, che si fa prima di partire per un grande Giro. Siamo a casa nuova da poco e ancora non siamo riusciti a godercela, verrà il tempo. Per cui carne, verdure e un bicchiere di vino. E poi saremo pronti per andare a Torino…

De Marchi, la squadra, il Giro e un bimbo in arrivo

21.04.2021
5 min
Salva

Alessandro De Marchi in fuga, sulla bici e nei pensieri. Ha cominciato il Tour of the Alps prendendosi la sua bella dose di vento in faccia, pedalando verso la condizione migliore, un posto per il Giro e per metabolizzare la fatica di due settimane sul Teide assieme a Chris Froome, che ha imparato a conoscere meglio. Tutto intorno la nuova squadra con cui prendere le misure e abitudini da resettare dopo anni importanti nel gruppo Bmc. E poi alla fine della stagione, che potrebbe portarlo al Tour e alle Olimpiadi, già si intravede un raggio di felicità che già scalda il cuore e le parole.

Ultime regolazioni alla sua Factor e poi si può partire
Ultime regolazioni alla sua Factor e poi si può partire

In 4 sul Teide

«Froome… – inizia e fa subito una pausa – prima non lo conoscevo tanto, non era facile avvicinarlo oltre il limite del corrergli ogni tanto accanto. In queste due settimane sul Teide abbiamo diviso la stanza e ci siamo conosciuti meglio. D’altra parte eravamo in quattro, noi due e due ragazzi israeliani: il tempo per conoscerci non è mancato. Gli ho visto fare cose dure, lavorare sul corpo prima ancora che sulla bici, sull’equilibrio. Si vede che ancora ha dolore e nonostante tutto sta affrontando tanti sacrifici. E’ sicuro di quello che sta facendo, determinato da morire, pronto a prendersi quello che sarà senza troppa paura».

Che Froome soffra, si è visto bene nelle prime tappe e lo ha confermato Claudio Cozzi, direttore sportivo del team. Parte sempre con il bendaggio al ginocchio e a volte, come nella prima tappa a Innsbruck, ha dei momenti di disagio e altri in cui le cose si mettono a girare per il meglio. Proprio quel giorno, mentre Chris stentava nelle retrovie e si avviava a tagliare il traguardo con 5 minuti di ritardo, Alessandro concludeva la sua tappa in fuga a 3’27” da Moscon, cercando di recuperare e trasformare la fatica in condizione.

Il Tour of the Alps iniziato con una lunga fuga nel giorno di Innsbruck
Il Tour of the Alps iniziato con una lunga fuga nel giorno di Innsbruck

«Non si poteva fare di più – dice – eravamo a tutta. Anche avendo più collaborazione, il risultato sarebbe stato quello. Siamo qui per provarci e per farci vedere. Il posto va guadagnato».

Verso il Giro

La stagione, si diceva, è complessa e l’esclusione dal Giro lo scorso anno fu il chiaro segnale che il gruppo in cui aveva trascorso gli ultimi sei anni si stava sfaldando.

«Quella scelta è stata una grossa delusione – disse – contavo molto sulla corsa rosa, tutto era in sua funzione, mi ispirava. Al Tour andavo avanti sapendo che poi avrei corso in Italia. Avrei puntato alle tappe. Già nella prima settimana ce n’era più di qualcuna adatta alle fughe. Senza contare quelle due in Friuli, ci tenevo molto. C’erano giornate lunghe, adatte alle fughe… insomma l’ideale per me».

Averlo dato per scontato fu ciò che rese l’esclusione più difficile da digerire, per cui non c’è da stupirsi, conoscendolo, che ora parli con cautela.

Si parte presto, la temperatura è rigida: meglio coprirsi: Spicca il braccialetto per Giulio Regeni
Si parte presto, la temperatura è rigida. Il braccialetto per Regeni e lì…

«Lo so bene – dice – che ho uno dei due numeri già cuciti sulla schiena, ma è giusto anche dare qualche segnale. La squadra è nuova, ci sono equilibri da cercare e da creare. Una cosa però posso dirla: fra corridori c’è davvero uno splendido clima, anche lo staff si sta impegnando tantissimo per non farci mancare nulla».

Voglia di crescere

La squadra è il nodo, perché non è facile ritrovarsi nel WorldTour e dover colmare in poco tempo il gap da altri team organizzati da tempo. La scelta di puntare su corridori di esperienza come il friulano nasce proprio da questo.

«Percepisci la voglia di crescere – conferma Alessandro – e ti rendi anche conto di quanto sia difficile farlo avendo poco tempo a disposizione. Per questo siamo tutti contenti di dare i nostri feedback. Ci sono delle riunioni in cui partecipiamo anche noi più esperti. Ci viene chiesto di condividere il nostro punto di vista e devo dire che stiamo fornendo un bel numero di indicazioni, che vengono raccolte e spero che gradualmente siano messe in atto. Solo mi rendo conto che non è per niente facile a stagione iniziata. E mi rendo anche conto che il confine fra dare il proprio contributo e passare per rompiscatole è sottile, soprattutto per uno come me abituato ad avere tutto organizzato al dettaglio. In questo, la squadra in cui ero prima ci aveva abituato troppo bene, altrove non ce ne sono poi troppe che lavorano a quel modo».

Nel primo arrivo in salita, tutti attorno a Froome: con il Rosso di Buja, anche Daniel Martin
Nel primo arrivo in salita, tutti attorno a Froome: con il Rosso di Buja, anche Daniel Martin

Un raggio di sole

Con la tappa che si accinge a ripartire per fare rientro in Italia e ciascuno che si tiene stretto in tasca l’esito dell’ennesimo tampone, l’ultimo sguardo è alla stagione che sta per entrare nel vivo, con l’eventuale convocazione olimpica come discriminante per le scelte.

«Diciamo che adesso si pensa a Giro – spiega De Marchi – e poi per il seguito dell’estate andremo avanti un passo per volta. Ci sarebbe il discorso Tour, che per la squadra è importante. Non nascondo che con un buon recupero dopo il Giro d’Italia si potrebbe ragionare di andarci, ma bisogna anche vedere in quali condizioni arriverò a Milano. Il discorso olimpico sarebbe un tassello che, se collocato nel tempo giusto, permetterebbe di accelerare anche altri discorsi. Prima di Rio non feci il Tour, la Bmc non mi convocò e andai a prendermi la condizione al Giro di Polonia. E comunque sia, quando sarà ottobre e sarò sfinito come ogni anno al termine della stagione, la casa si rallegrerà per l’arrivo di un altro bimbo. Dopo un periodo nervoso e duro come quello che abbiamo vissuto e che ancora stiamo vivendo, questa notizia ci ha portato tanta felicità e tanta energia. Ci voleva proprio».

Alessandro De Marchi, Andrea, Anna, Artegna, dicembre 2020
Alessandro con Andrea e Anna, ad Artegna, durante la nostra visita dello scorso dicembre
Alessandro De Marchi, Andrea, Anna, Artegna, dicembre 2020
Alessandro con Andrea e Anna, durante la nostra visita di dicembre

Il tempo di pensare agli auguri per Anna e Alessandro e a quanto si divertirà con un fratellino o una sorellina il piccolo Andrea ed è già tempo di ripartire. Il via da Imst stamattina sarà dato alle 9,50. Da Imst a Naturno ci sono 162 chilometri e quattro salite. Sarebbe, a dire il vero, un altro perfetto giorno da fughe…

Israel Start-Up Nation: tutti al servizio di Chris Froome

20.04.2021
3 min
Salva

Con l’arrivo di Chris Froome, l’Israel Start-Up Nation cambia completamente i suoi connotati puntando senza mezzi termini a diventare un fattore almeno nelle gare a tappe. Si tratta di una grande scommessa che i dirigenti del team mediorientale hanno fatto. Il britannico, dopo il terribile incidente alla vigilia del Tour 2019, non ha mai dato l’impressione di aver recuperato, ma c’è una forte convinzione, in lui e nel suo entourage, di poter dare ancora qualcosa al mondo del ciclismo e riallacciare la sua storia che lo ha visto conquistare i più grandi successi nelle sfide di tre settimane.

Giro d’Italia 2021, 5a tappa, Alessandro De Marchi in maglia rosa al via da Modena
Giro d’Italia 2021, 5a tappa, Alessandro De Marchi in maglia rosa al via da Modena

Super De Marchi

Il team non si è limitato a ingaggiare il britannico, anzi lo ha fatto già nel cuore della stagione 2020 pensando a come costruirgli intorno una rosa adeguata. Ecco così che sono arrivati Impey, sudafricano di lungo corso e ottimo interprete delle prove a tappe di breve durata, ma anche il canadese Woods, adatto ad alcune classiche e utilissimo nei grandi giri, ma soprattutto Alessandro De Marchi, unanimemente ritenuto uno dei migliori luogotenenti in circolazione.

Pattuglia belga

Con il suo nuovo assetto, la squadra israeliana è adatta a ogni contesto, anzi ci si aspetta qualche acuto anche al di fuori dell’obiettivo dichiarato, il Tour de France. La pattuglia belga, con Herman, Van Asbroeck e Vanmarcke può recitare un ruolo di primo piano nelle classiche del Nord senza dimenticare il norvegese Boasson Hagen, molto utile nella gestione di alcune situazioni tattiche.

Froome è impegnato nella sua rincorsa alla salute e alla condizione
Froome è impegnato nella sua rincorsa alla salute e alla condizione

Occhio a Martin

Poi c’è Daniel Martin, irlandese spesso un po’ troppo dimenticato quando si parla di corse a tappe, dove invece ha un’ottima costanza di rendimento. C’è modo di emergere anche a prescindere da Froome, la cui voglia di rivincita però contagia tutti.

L’ORGANICO

Nome CognomeNato aNaz.Nato ilPro’
Rudy BarbierBeauvaisFra18.12.19922014
Sebastian BerwickWishartAus15.12.19992019
Patrick BevinTaupoNzl15.02.19912016
Jenthe BiermansGeelBel30.10.19952017
Guillaume BoivinMontrealCan25.05.19892010
Matthias BrandleHohenemsAut07.12.19892009
Alexander CatafordOttawaCan01.09.19932017
Davide CimolaiPordenoneIta13.08.19892010
Alessandro De MarchiS.Daniele del FriuliIta19.05.19862011
Alex DowsettMaldonGbr03.10.19882011
Itamar EinhornModiinIsr20.09.19972019
Chris FroomeNairobi (KEN)Gbr20.05.19852007
Omer GoldsteinMisgayIsr13.08.19962018
André GreipelRostockGer16.07.19822005
Carl Fredrik HagenOppegardNor26.09.19912015
Ben HermansHasseltBel08.06.19862009
Hugo HofstetterAltkirchFra13.02.19942016
Reto HollensteinFrauenfeldAut22.08.19852009
Daryl ImpeyJohannesburgRsa06.12.19842008
Daniel MartinBirmingham (GBR)Irl20.08.19862008
Krists NeilandsVentspilsLat18.08.19942016
Guy NivMisgayIsr08.03.19942016
James PiccoliMontrealCan05.09.19912014
Alexis RenardSaint BrieucFra01.06.19992020
Guy SagivNamur (BEL)Isr05.12.19942015
Mads Wurtz SchmidtRandersDen31.03.19942017
Norman VahtraTartuEst23.11.19962020
Tom Van AsbroeckGansBel19.04.19902010
Sep VanmarckeCourtraiBel28.07.19882009
Michael WoodsOttawaCan12.10.19862013
Rick ZabelUnnaGer07.12.19932014

DIRIGENTI

Kjell CalstromFinGeneral Manager
Rik VerbruggheBelDirettore Sportivo
René AndrleCzeDirettore Sportivo
Claudio CozziItaDirettore Sportivo
Oscar Guerrero CelayaEspDirettore Sportivo
Dror PekatchIsrDirettore Sportivo
Cherie PridhamGbrDirettore Sportivo
Nicki SorensenDenDirettore Sportivo
Eric Van LanckerBelDirettore Sportivo

DOTAZIONI TECNICHE

La Israel Start-Up Nation corre su bici Factor, che sin dall’inizio sono risultate molto interessanti: prima per il loro look e successivamente per i contenuti tecnici. Il modello Ostro è l’arma dei corridori del team, mentre lo sponsor sta ancora lavorando sul modello da crono cui tanto tiene Chris Froome.

CONTATTI

Cycling Academy LTD, Or Towers Building B, 6th Floor. Hanechos Het. 4st, 69710 Tel Aviv (ISR)

info@cyclingacademy.org – www.israelcyclingacademy.com

Facebook: @IsraelCyclingAcademy

Twitter: @TeamIsraelSUN

Instagram: teamisraelsun

Alessandro De Marchi, Andrea, Anna, Artegna, dicembre 2020

A casa del Rosso, padre, marito e ciclista

25.12.2020
6 min
Salva

La dimora del Rosso non è più a Buja, ma dal giardino ne vedi il campanile. La famiglia De Marchi si è trasferita da pochi giorni nella casa nuova ad Artegna, in un campo su cui Stefania, amica e architetto di Udine, ha immaginato la struttura piena di finestre che la luce attraversa e scalda. Nel giardino in cui presto crescerà il prato, infagottato nella giacca a vento e gli stivali gialli, Andrea ha un gran da fare a spostare sassolini. Alessandro lo guarda e alza gli occhi al cielo, lasciando capire che è toccato a lui nei giorni scorsi sistemare il brecciolino lungo il perimetro. Anna spunta dietro il figlio, due anni il 2 novembre, con il sorriso più dolce e i capelli corti del colore degli occhi. Erano compagni alle elementari, poi si persero di vista. Di Alessandro ricorda che fosse un bambino davvero molto serio. Andrea ha lo stesso colore di capelli del padre, ma è una piccola furia.

Alessandro De Marchi, Artegna, dicembre 2020
Per il rosso, bici da allenamento Factor e ancora abbigliamento CCC fino al 31 dicembre
Alessandro De Marchi, Artegna, dicembre 2020
La nuova bici e la vecchia maglia, fino al 31 dicembre

Nuovi stimoli

Abbiamo bussato alla porta del Rosso in un giorno di fine dicembre. Il cielo è chiaro, la casa super luminosa. Il 2020 lo ha visto uscire di scena con un diavolo per capello per l’esclusione dal Giro. E adesso che le porte della Israel Start-Up Nation stanno per aprirsi, ripartire dalla giusta serenità sarà un utile esercizio.

«Sei anni nello stesso gruppo sono tanti – dice – un grosso pezzo della mia carriera. Già quando venne fuori che Bmc avrebbe chiuso, avevamo iniziato a pensare di cambiare aria. Poi arrivò la Ccc e decidemmo di restare. Però mi sono accorto che davo per scontate delle cose e la squadra ne dava per scontate altre. La routine può risultare utile, ma l’imprevedibilità porta nuovi stimoli. Per questo probabilmente avrò anche un diverso programma di corse».

Alessandro De Marchi, Artegna, dicembre 2020
Il numero rosso del Tour 2014, la combattività è il suo segno distintivo
Alessandro De Marchi, Artegna, dicembre 2020
Al Tour 2014 sul podio di Parigi con il numero rosso
Cosa si guarda nel cambiare squadra: solo i soldi o anche altro?

Dopo i 30 anni, l’aspetto economico diventa importante. Non mi voglio lamentare, ma in alcune occasioni ho acconsentito a fare un passo indietro. Però quello che ha fatto la differenza è che mi hanno cercato loro. Si sono rivolti a Raimondo Scimone, con cui lavoro dopo gli anni con Lombardi, mi pare a maggio, quando era già chiaro che la Ccc ci avrebbe mollato.

C’è Froome, c’è una nuova prospettiva di lavoro…

Ero scettico che lo avrebbero preso, invece hanno messo insieme delle belle prospettive. Non so se per me cambierà qualcosa, ma di fatto posso essere spalmato su più ruoli. Sarò di supporto, ma avrò il mio spazio. E anche questa è una sfida, subordinata a come starà Chris. Finora con il team ci sono stati pochi contatti. Telefonate con Karlstrom e Cozzi, che mi pare davvero una persona seria. Per ora le cose sono andate aventi in modo un po’ macchinoso, ma su questo sono abituato troppo bene dagli anni in Bmc.

Verità per Regeni

Il Rosso si è fatto una reputazione di sinistra, quasi che il colore dei capelli coincida con quello del cuore. Lui lo sa e dopo un po’ si scalda. E così, nonostante ci sia qualcuno come Roberto Bressan, tecnico ai tempi del Ct Friuli, che gli dice di non occuparsi di certi argomenti finché correrà, lui tira su la manica e mostra il braccialetto con cui si chiede la verità per Giulio Regeni.

«Su queste cose – dice – non arretro. Si identifica la giustizia per Regeni con un’appartenenza partitica, quando in realtà si tratta di una famiglia che chiede giustizia per il figlio. Io sono marito, padre e poi ciclista. E’ politica andare in bicicletta ed esporre un’opinione sull’ambiente, oppure partecipare al Consiglio comunale. I partiti sono un’altra cosa, in cui non mi trovo».

Alessandro De Marchi, Artegna, dicembre 2020
Zero traffico, strade in ottimo stato, pianura e montagne: c’è tutto per fare il corridore
Alessandro De Marchi, Artegna, dicembre 2020
Poco traffico e varietà di percorsi: il Rosso ha tutto
Certo però viene facile adesso punzecchiarti, vista la squadra in cui vai e quello che immaginiamo potresti pensare sulla condizione della Palestina…

Su questo argomento abbiamo scherzato con Trentin per tutto il Tour. Lui prendeva in giro me e io gli rispondevo che andrà con gli arabi e non potrà bere alcolici. Però sono ragionamenti troppo facili, non si può fare di tutta l’erba un fascio. Non vedo niente di oltraggioso nel fatto che una squadra voglia promuovere un Paese, che è ricchissimo di storia e cultura. Questo deve essere, a prescindere dalle mie convinzioni che mi tengo strette.

E’ vero che hai litigato con Matteo Fabbro per motivi politici?

Ci sono stati momenti in cui con Fabbro ho alzato la voce, richiamandolo al mestiere. Capita che esca con i ragazzi del Ct Friuli e capita che lo faccia anche lui. Una volta l’ho ripreso per l’uso del cellulare in bici, dicendogli che dobbiamo dare l’esempio e non va bene farsi i selfie mentre si pedala. Lui da quella volta ha chiuso i rapporti e mi dispiace. Ma mi viene da ridere che qualcuno vada in giro a dire che abbiamo discusso perché lui è di destra e io di sinistra.

Cambio della guardia

Ogni anno ha le sue sfide, ma nessuno avrebbe potuto immaginare che nel 2020 un’orda di ragazzini – animati dalla stessa furia con cui Andrea continua a lanciare la pallina contro la lampada – spazzasse ogni gerarchia dal ciclismo. Dove trovi la forza per controbattere sei hai già tante stagioni nelle gambe?

«Nel riaccendere ogni volta l’interruttore della testa – dice piano il Rosso – per rimettere in moto ogni cosa. Con gli anni devi esercitarti a selezionare gli obiettivi, imparando a capire cosa ti serve e su cosa devi concentrarti. Il fatto di avere un’età ti obbliga a scegliere».

Alessandro De Marchi, Anna, Andrea, cane Tennents, Artegna, dicembre 2020
E poi l’incontro con Anna, Andrea e la piccola Tennent’s, tributo alla birra preferita
Alessandro De Marchi, Andrea, cane Tennents, Artegna, dicembre 2020
Il figlio Andrea, la cagnetta Tennent’s, tributo alla birra
C’è da sentirsi vecchi a 30 anni?

Per la mentalità con cui siamo cresciuti noi, c’è stata una grossa accelerata. Difficilmente vedremo più atleti longevi come quelli di adesso. I tempi si accorciano. I corridori della mia generazione e quelli nati fino al 1990 potranno arrivare a una certa età, gli altri forse avranno una carriera distribuita diversamente.

Si anticipa tutto di 5 anni e il gioco è fatto?

Essere spremuti nelle categorie giovanili è ormai la regola del gioco. Lo vedo con i ragazzi del Ct Friuli, che pure è di quelli la lavora bene. Se non si adattano alla categoria, diventano elite e spariscono. Io sono passato a 25 anni, Ballan stessa storia. Non so quale sia la strada giusta.

Sei a tuo agio in questo frullatore?

Sta diventando difficile anche per me trovare un posto da occupare. E’ il nuovo stimolo, perché non si può pensare di cambiare il ciclismo. E la soddisfazione è ripartire per l’ennesima volta, avendo digerito tutti questi passaggi. La vita va avanti.

E la vita ora è anche una famiglia…

Un figlio aggiunge un elemento nella bussola che continua a girare. Ti condiziona tanto. Un cambiamento grosso, ma al netto di tutto, hai un sacco di soddisfazioni. Io fisicamente ero uguale a lui, ma forse ero più tranquillo. Ci sono foto mie alla sua età in cui fai fatica a riconoscerci.

Riesci a trovare il tempo per fare tutto?

Mi sveglio molto presto e faccio le mie cose, prima che lui cominci. Adesso sono in piena ripresa, sto attento a tavola perché sono sui 5 chili sopra. E’ difficile invertire la tendenza. Sto solo aspettando di sentire quel clic per cui il metabolismo si sbloccherà di colpo. Per adesso sto facendo ore in bici, ma piano. E invece della palestra ho spalato la ghiaia, portato scatoloni e bancali. Le prime due bottiglie che sono entrate nel frigo sono state due Leffe, ma sono ancora lì…