Olimpiadi e classiche, in arrivo De Marchi

10.11.2020
6 min
Salva

Alessandro De Marchi è indaffarato tra scatoloni, mobili e scartoffie. Il “Rosso di Buja” ha comprato una nuova casa e in questi giorni più che un corridore è un addetto ai traslochi. Ma come sempre, quando c’è da fare il Dema non si tira indietro. Da buon friulano, l’ormai ex corridore della CCC Sprandi, si tira su le maniche e si tuffa corpo e anima nel suo lavoro.

Come va il trasloco?

Sto tentando di finire casa. Ci siamo quasi, ma alla fine manca sempre sempre qualcosa. Poi mia moglie si è anche infortunata, gira con le stampelle, e tutto va un po’ a rilento. La nuova abitazione è sempre in zona di Buja. 

De Marchi tra gli scatoloni di casa, in pieno trasloco
De Marchi tra gli scatoloni di casa
Partiamo da questa folle stagione. Come è andata?

Non come pensavo. Almeno non sempre. Fino ad agosto anche bene direi, poi al Tour le cose si sono complicate, è arrivata della “foschia” e fino alla fine è stata così. Questa cosa del Giro che mi ha visto tagliato fuori all’ultimo mi ha colpito parecchio e di fatto la mia stagione è finita lì. Sì, ho fatto le classiche, ma senza mordente.

Come hai reagito? Se ci si ferma presto l’inverno può diventare molto lungo…

Con tutte le cose in ballo non mi annoio! La storia del Giro è stata una grossa delusione. A giugno i programmi erano di fare questa doppietta Tour-Giro e contavo molto sulla corsa rosa, tutto era in sua funzione, mi ispirava. Al Tour è sorto qualche problemino, anche qui a casa, e con la mente non c’ero, ma continuavo a pensare che mi sarei rifatto al Giro. 

Dopo la terribile caduta dello scorso anno, questo è stato un anno di “rodaggio”?

Sì, c’era parecchia emotività su questa stagione proprio perché avevo finito l’anno precedente in quel modo. Le prime gare mi avevano dato fiducia. Ero contento di quel secondo posto nel campionato nazionale a crono. Era un buon segnale, potevo non essere una delle tante pecorelle del gruppo. 

Cosa avresti fatto al Giro?

Che bella corsa è stata. Avrei puntato alle tappe. Già nella prima settimana ce n’era più di qualcuna adatta alle fughe. Senza contare quelle due in Friuli, ci tenevo molto. C’erano tappe lunghe, adatte alle fughe… insomma l’ideale per me. Al Tour non è stato così. Si è corso con un tatticismo esagerato. Bisognava essere al 101 per cento, perché al 99 sarebbe stato un bel problema.

Adesso però è già tempo di ripresa…

Dovrei ripartire la prossima settimana. Sono molto autonomo, ormai so cosa e come devo fare. Dalla Israel Start-Up Nation non abbiamo ricevuto notizie in merito ad eventuali ritiri. Ci sono delle cause di forza maggiore. Teoricamente si prospetta un inverno tranquillo a casa e tutto sommato la cosa non mi dispiace. Riprenderò con tranquillità visto che i miei obiettivi sono più in là.

E quali sono?

I grandi Giri e l’Olimpiade. Tokyo era il mio grande obiettivo 2020. Ero concentrato su questo e spero di riprendere il discorso nel 2021.

Il friulano nella crono tricolore 2020, conclusa al secondo posto
Il friulano nella crono tricolore 2020
Continuerai a lavorare con il gruppo friulano o con i nuovi tecnici della Israel?

Siamo liberi, loro hanno solo chiesto di condividere ciò che facciamo. Io continuerò con il mio gruppo di lavoro, con Andrea Fusaz e il CTF Lab e anche con due persone esterne al mondo del ciclismo che mi seguono dall’anno scorso. Sono Mauro Berruto (ex tecnico della pallavolo) e Giuseppe Vercelli (psicologo dello sport). Con loro ho gettato le basi per un lavoro individualizzato.

Come sei arrivato a queste due figure?

Nel 2014, tramite Cassani durante un camp. Mauro è venuto a presentare un libro. Da lì siamo rimasti in contatto. Poi i rapporti si sono intensificati l’anno scorso dopo la mia caduta. Mauro è l’head-coach. Ha una capacità incredibile di gestire la parte atletica, quella mentale e coordinare ogni aspetto della preparazione. Per esempio lui e Giuseppe mi hanno visto approcciare una crono. Per me c’è un iter consolidato dalla ricognizione al riscaldamento che però non mi portava in gara con il mood giusto. Qualcosa che solo chi è fuori dal ciclismo può vedere.

Invece alla Israel come ci sei arrivato?

In realtà sono stati loro i primi a contattarmi. E il ruolo a cui puntavano era l’ideale per me. Cercavano un corridore da utilizzare in più situazioni. Se prendi Chris Froome hai nelle corse a tappe i tuoi maggiori obiettivi e io chiaramente devo stargli vicino. Però loro volevano anche un uomo per le classiche, il mio profilo era quello giusto. E questa cosa mi ha fatto piacere. Io non sono mai stato una cosa o l’altra, ma ho sempre ricoperto più ruoli.

Hai già parlato con Froome?

In realtà no, perché abbiamo fatto calendari diversi. Ci siamo incrociati alla Liegi, ma entrambi eravamo presi ognuno nelle proprie cose. Ho il suo numero, ma non lo ho ancora “disturbato”. Siamo una squadra nuova. Spero ci si possa incontrare prima di entrare nel vivo, altrimenti saranno problemi.

De Marchi in ammiraglia CTF
De Marchi in ammiraglia CTF
Cambiamo discorso. I ragazzi del CTF ti adorano. Li segui molto?

In realtà non così tanto. Diciamo che quando posso cerco di essere presente. Qualche settimana fa li ho seguiti in ammiraglia in corsa. Purtroppo però non ci sono tante occasioni.

E non uscite insieme?

Se vengono alla “casetta” (il ritiro del CTF, ndr) ci proviamo. Abbiamo una chat e cerchiamo di organizzarci. In passato quando non conoscevano bene le strade uscivamo di più, adesso sono autonomi. Per assurdo Milan che abita a 300 metri da me è quello con cui esco meno. Lui è molto preciso con i suoi allenamenti e non sempre riusciamo ad “incastrarci” se non per brevi tratti. Il CTF è una bella realtà e a volte a forze di associarla a me si rischia che si parli più di De Marchi che non del team. Adesso tocca a Fabbro, Aleotti, Milan, i fratelli Bais dare il giusto merito a questo team.

Dema in versione scalatore!
Dema in versione scalatore!
Nel tempo libero cosa fai?

Tempo cosa? Avrei voglia di fare mille cose ma davvero ce n’è poco. Però devo dire mi sono avvicinato all’arrampicata. Ho iniziato a giugno e ho fatto altre sedute la settimana scorsa. Mi appoggio a delle guide alpine. Mi piace perché sei lì, in bilico, solo con te stesso. Ti devi concentrare solo su quello che stai facendo. Solo quando sono tornato a casa mi sono reso conto di aver staccato per davvero. Per questo mi piace.

Prima ti abbiamo sentito parlare del Giro in modo davvero appassionato: cosa ti ha colpito della corsa rosa?

Che si è corso in un periodo diverso dal solito. Ci ha dato paesaggi, colori e profumi insoliti. E’ stata una sorpresa. Ed era una delle cose che mi attirava: correre in Italia in un periodo nuovo. Dallo Stelvio innevato ai colori della Sicilia.