UAE Emirates e il Tour: dream team o troppi galli?

02.11.2023
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Se la Jumbo-Visma è alle prese con indiscrezioni di stampa che vorrebbero Van Aert al via del Giro rinunciando al Tour per puntare poi alle Olimpiadi, in casa UAE Emirates (foto Fizza in apertura) si ragiona di futuro con il possibile coinvolgimento nella sfida francese di Juan Ayuso e di Joao Almeida. Il tutto mentre Pogacar è impegnato nei criterium d’Oriente del Tour de France e rilascia dichiarazioni a briglia sciolta, dando una sensazione di vero divertimento: «Il miei obiettivo per il 2024? Divertirmi e togliere quella maglia arcobaleno a Van der Poel».

E’ possibile che per contrastare la squadra olandese (che perdendo Roglic ha comunque ridotto la sua capacità offensiva, ma ha pur sempre Vingegaard, Kuss e Van Aert), il team degli Emirati decida di puntare su una sorta di dream team, affiancando a Pogacar e Yates, anche Ayuso e Almeida?

Da due anni la sfida del Tour sorride alla Jumbo-Visma, con la UAE Emirates a inseguire
Da due anni la sfida del Tour sorride alla Jumbo-Visma, con la UAE Emirates a inseguire

Pogacar e il Tour

Delle parole dello sloveno sugli equilibri del Tour abbiamo raccontato nell’ultimo editoriale: non sarà più un duello fra Jumbo-Visma e UAE Emirates, ma ci saranno da considerare anche la Bora-Hansgrohe di Roglic e la Ineos Grenadiers che si sta rinforzando.

«Sono molto soddisfatto del percorso del prossimo Tour – ha aggiunto lo sloveno – le due cronometro sono interessanti come pure la tappa su sterrato, ma ci sarà molta competizione anche negli ultimi giorni nei dintorni di Nizza. Mi dicono che Vingegaard ha dato un 8 al Tour del 2024, io darei un 9, soprattutto perché finiamo nella zona dove vivo e mi alleno».

Quarto alla Vuelta e miglior giovane, Ayuso ha voglia di misurarsi col Tour senza troppi timori
Quarto alla Vuelta e miglior giovane, Ayuso ha voglia di misurarsi col Tour senza troppi timori

Ayuso e il Tour

Contemporaneamente, del Tour ha parlato Juan Ayuso, che nella stessa UAE Emirates appare come un predestinato. E che ora, dopo essersi fatto le ossa per due stagioni alla Vuelta, vuole misurarsi con le strade francesi. In realtà farebbe un gran bene a lui e anche al Giro se venisse a misurarsi da queste parti, ma pare che per adesso il discorso non faccia minimamente breccia.

«L’idea – ha detto lo spagnolo nello stesso Criterium di Madrid vinto da Van der Poel – è di fare il mio debutto al Tour l’anno prossimo e vedere come va. Pogacar attualmente è il numero uno ed è normale che vada al Tour da leader. Ma come abbiamo visto alla Vuelta, è intelligente avere più corridori in classifica. Devo ancora fare altra esperienza, il mio corpo deve continuare a svilupparsi. Miglioro ogni anno e non mi sento come se fossi in una fase di stagnazione nel mio sviluppo. Se continuo così, alla fine arriverò al livello dei migliori».

Dopo il terzo posto del Giro e il nono della Vuelta, per il 2024 Almeida vorrebbe provarsi al Tour
Quarto alla Vuelta e miglior giovane, Ayuso ha voglia di misurarsi col Tour senza troppi timori

Almeida e il Tour

E Almeida? Il portoghese si era espresso dopo il Giro, quando seppe di dover fare anche la Vuelta. E proprio nel momento in cui raccontò l’orgoglio per aver conquistato il podio di Roma dietro Roglic e Thomas, dichiarò la sua voglia di Tour. Non è affatto escluso che nel 2024 Joao possa tornare al Giro, ma poi la UAE Emirates potrebbe assecondare il suo desiderio di affrontare un grande Giro al fianco di Pogacar.

«Penso di dover salire ancora di un livello per essere lì con i più forti – ha ribadito di recente tornando sul tema – ma bisogna prendersi tempo, le cose richiedono gradualità e penso di essere sulla strada giusta. Nel 2023 ho fatto Giro e Vuelta, il prossimo anno sarebbe bello fare il Tour».

L’ultimo scontro fra Pogacar e Van der Poel si è avuto al mondiale, con lo sloveno 3° dietro Mathieu e Van Aert
L’ultimo scontro fra Pogacar e Van der Poel si è avuto al mondiale, con lo sloveno 3° dietro Mathieu e Van Aert

I piani di Tadej

Chissà se per Pogacar tutto ciò si traduca in pressione o se lo sloveno riesca a farsela scivolare addosso con la solita leggerezza. Sta di fatto che, con la solita grande eleganza, Tadej si guarda bene dal dichiarare che nel suo orizzonte ci sia soltanto il Tour de France.

«Se facessi da me il mio calendario – dice – probabilmente non vincerei molte gare, perché vorrei partecipare a tutte. Per questo è un compito che spetta ai dirigenti della squadra. Io vorrei vincere il Giro e anche la Vuelta, ma non conosco ancora il mio programma per il 2024. Del resto, il mio momento più bello dell’anno è stata la vittoria al Giro delle Fiandre contro Van der Poel. Mathieu è molto simpatico, un amico, ma anche un grande rivale. Se ci incontrassimo nelle stesse gare, fra noi potrebbe accendersi una rivalità come quella fra lui e Van Aert. E’ uno dei migliori corridori del mondo, anzi il migliore visto la maglia che indossa. Se fossi bambino adesso, Van der Poel sarebbe il mio eroe».

Europei al via, ma Pontoni guarda più lontano

02.11.2023
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Sono 20 i ragazzi che da venerdì saranno impegnati a Pontchateau negli europei di ciclocross e l’evento ha quest’anno un sapore particolare, soprattutto in casa italiana, perché a differenza di quanto avveniva negli scorsi anni, non ci sono state prove introduttive. Questa è la prima uscita della nazionale impostata da Daniele Pontoni, che finora si è mosso attraverso un raduno con i suoi ragazzi e valutando le loro apparizioni, scarne, nelle gare d’inizio stagione.

Va subito detto che si tratta di una scelta forzata. In Coppa del mondo si sono disputate due sole prove, di cui una negli Usa disertata dai più e anche in Italia la stagione sta entrando ora nel vivo, dopo le prime tre gare del Giro d’Italia e il classico appuntamento di Brugherio. Per questo Pontoni parte per la Francia con tanta curiosità.

Tommaso Cafueri, appena passato U23 è subito in nazionale, dopo una buona stagione su strada (foto Billiani)
Tommaso Cafueri, appena passato U23 è subito in nazionale, dopo una buona stagione su strada (foto Billiani)

«Non posso negarlo – dice il tecnico friulano – arrivo a quest’evento con uno spirito diverso rispetto a quello dello scorso anno. E’ come un nuovo inizio: abbiamo un gruppo rinnovato, soprattutto nella sua componente giovanile. La metà degli junior che sono del primo anno e gli altri, salvo rarissimi casi, all’esordio internazionale. Sono 10 ragazzi e potevano essere di più, ma ci saranno occasioni per rifarsi con le tappe europee di Coppa, ci saranno opportunità per tutti».

Come tuo costume hai scelto di puntare soprattutto sulle categorie giovanili…

Sì, anche fra gli under 23 abbiamo Filippo Agostinacchio, Paletti e Cafueri che sono tutti fra i più giovani della categoria. Ho le idee chiare non solo su questi europei, ma su tutto il cammino da compiere. I convocati sapevano già da un paio di settimane di questa opportunità proprio perché voglio che non ci siano fraintendimenti e che ci si possa concentrare completamente sull’obiettivo.

Per Sara Casasola buoni risultati nelle sue uscite internazionali. L’obiettivo è almeno una top 10
Per Sara Casasola buoni risultati nelle sue uscite internazionali. L’obiettivo è almeno una top 10
Che cosa ti aspetti da loro?

Partiamo un po’ al buio non avendo avuto occasioni di confronto, ma io sono ottimista. E’ chiaro che altre Nazioni, soprattutto quelle di riferimento come Belgio e Olanda sono più rodate, ma anche i nostri ragazzi hanno potuto gareggiare più volte e, grazie al nuovo calendario internazionale in Italia, raccogliere punti utili per partire più avanti. Cominceremo venerdì con la novità del Team Relay e i ragazzi sanno quanto io tenga a questa prova, che testimonia lo stato di salute del movimento.

Che idea hai del percorso?

Io lo conosco bene, sono sempre andato molto bene su quel tracciato francese, arrivavo sempre primo o secondo, anzi paradossalmente l’ultimo mio mondiale, nel 2004 disputato proprio a Pontchateau è stata la volta dove ero andato più forte. Bucai appena fuori dal box e mi feci mezzo giro con la ruota sgonfia, eppure risalii dal ventesimo al quarto posto. Fu un legno che aveva un sapore davvero particolare… Tornando ai ragazzi, conoscono bene le particolarità e insidie del tracciato, abbiamo visionato più volte le gare disputate negli scorsi anni, sanno come devono interpretarlo.

Per Francesca Baroni un importante ritorno in azzurro, il primo con Pontoni cittì
Per Francesca Baroni un importante ritorno in azzurro, il primo con Pontoni cittì
C’è una variabile che può influenzarlo?

Sicuramente il vento. Da quelle parti – siamo nella Francia del nord, particolarmente vicini all’Atlantico e al Belgio – il vento c’è sempre e cambia continuamente direzione, quindi farà la sua parte.

Sarà anche la prima volta per Francesca Baroni sotto la tua guida…

Sono molto contento che ci sia, se lo è meritato. Dopo due anni di gare in Belgio, ho trovato una ragazza più matura, conscia delle sue possibilità. La sua stagione è iniziata presto, si è avvicinata alla gara continentale nella maniera giusta, sono molto confidente che possa far bene. Questa oltretutto è una tappa fondamentale per tutto il lavoro che stiamo facendo. Ad esempio con me ci sarà un tecnico del gruppo performance, Marco Decet con cui stiamo lavorando specificamente su tutta la parte del riscaldamento pregara.

Pontoni con Silvia Persico. Possibile un suo ritorno in gara per dicembre
Pontoni con Silvia Persico. Possibile un suo ritorno in gara per dicembre
L’impressione è che si parta per questa trasferta con una formazione “work in progress”…

E’ vero in parte, nel senso che non andiamo certo solo per figurare. Questo lavoro è proiettato molto in avanti, verso il prossimo biennio. Ci sono tanti esordienti e l’aspetto psicologico, l’impatto emotivo ci sarà, ma dovranno essere bravi a saperlo gestire, anche quello fa parte del gioco. Se facciamo tutto bene però, so che possono arrivare anche buoni, anzi ottimi risultati, ma non mi sbilancio sui pronostici, non è mia abitudine.

A questa nazionale mancano atlete di spessore come Corvi, Venturelli senza dimenticare Silvia Persico. Hai una road map su quando e come saranno impiegate nel corso della stagione?

Ho avuto frequenti contatti con ognuna di loro e con i loro team, il mio compito è assecondare i programmi stabiliti dalle squadre e in base ad essi studiare come e quando potrò averle a disposizione. Ci sarà chi inizierà fra poco e chi più avanti, nel pieno della stagione internazionale, ma è obiettivo di tutte loro, e anche mio, essere presenti al suo culmine, ossia nella parte di fine gennaio-inizio febbraio coincidente con i mondiali. Strada facendo vedremo come arrivarci al meglio.

Bertolini sarà con Ceolin l’unico italiano al via tra gli elite, dove Iserbyt, Nys e Van Der Haar sono i favoriti
Bertolini sarà con Ceolin l’unico italiano al via tra gli elite, dove Iserbyt, Nys e Van Der Haar sono i favoriti
Un cenno finale sulla gara clou, quella elite maschile che sarà naturalmente priva dei “tre tenori”…

Noi saremo al via con Bertolini e Ceolin. Che cosa mi aspetto? Innanzitutto attaccamento alla maglia e ai colori. Sono professionisti, so che hanno tutte le possibilità per una gara di alto livello, poi i risultati verranno di conseguenza se sapranno tradurre il loro valore sul percorso. Ma questa è la base della nostra attività, non sto dicendo nulla di nuovo.

Marta Cavalli e l’Alpe d’Huez: ricognizione in gran segreto

02.11.2023
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L’effetto sorpresa ha funzionato alla grande. Così, quando ha sollevato lo sguardo sul megaschermo del Palazzo dei Congressi di Parigi, Marta Cavalli si è riconosciuta sull’Alpe d’Huez assieme a Evita Muzic. E a quel punto è stato chiaro che nel grande pentolone del Tour de France Femmes bollisse qualcosa di importante. La strada che da Bourg d’Oisans porta diritto nella storia sarà il teatro dell’ultima tappa. Si concluderà tutto lassù e chissà se a partire dal prossimo anno sui vari tornanti della celebre salita cominceranno a spuntare i nomi delle donne che avranno saputo conquistarla.

Marta in questi giorni è a casa, come già lo scorso anno ha scelto vacanze mordi e fuggi facendo base fra le mura domestiche.

«Ho deciso di non andare via – sorride – perché alla fine, tra una cosa e l’altra, preparo una valigia e ne sto ancora smontando un’altra. Così mi sono detta: rimaniamo qui, mi godo le vacanze a casa. Un paio di weekend in giro e a me alla fine piace anche così».

Marta Cavalli ha svolto la ricognizione sull’Alpe d’Huez assieme alla francese Muzic
Marta Cavalli ha svolto la ricognizione sull’Alpe d’Huez assieme alla francese Muzic
Come è venuta fuori la scalata dell’Alpe d’Huez? Da quanto sapevi che saresti andata a farla?

Non lo abbiamo saputo con troppo preavviso. Sono andata a fare la ricognizione il 13 ottobre e l’ho scoperto il 10. Mi hanno detto: «Guarda, invece di partire il 14 ottobre per la Crono delle Nazioni, parti il 12. Ti fermi, fai la ricognizione e poi raggiungi il team per l’ultima gara». Ce l’hanno svelato all’ultimo e anche da organizzare non è stato proprio semplicissimo. Il Frejus è ancora chiuso per i treni, così ho dovuto fare un viaggio della speranza. Però è stato bello, perché abbiamo avuto l’occasione di fare una ricognizione in più. E poi perché comunque i ragazzi di Aso ci sanno fare veramente, anche se ci hanno vietato di fare foto (le immagini dell’articolo sono state ricavate dal video social di ASO, ndr).

Sapevi che sarebbe stata l’ultima tappa del Tour?

No, non sapevamo che sarebbe stata l’ultima tappa. Sapevamo solo che al Tour de France ci sarebbe stata l’Alpe d’Huez, ma non ci avevano detto se sarebbe stata un arrivo o un passaggio e tantomeno a che punto della corsa l’avremmo trovata.

Era la prima volta che provavi l’Alpe?

Una prima assoluta. Non ho mai fatto grandi montagne, me ne mancano tante all’appello. Mi manca il Mortirolo, mi manca lo Zoncolan. Alla fine corriamo, facciamo ritiri e non è mai facile avere il tempo per andarle a vedere. Anche lo Stelvio non l’ho mai fatto, pur essendo anni e anni che vado a Livigno. Un obiettivo del futuro potrebbe essere quello di aggiungere alla lista più salite che posso.

Altrimenti quando dici che sei uno scalatore non ci crede nessuno…

Me ne mancano veramente tante (sorride, ndr). L’Alpe d’Huez l’avevo fatta qualche volta su Zwift durante il lockdown, quando l’hanno aggiunta sulla piattaforma. Solo che non è minimamente paragonabile. Quello che mi ha impressionato è l’inizio.

Subito cattiva?

Vedi il cartello e ti trovi 2 chilometri proprio duri, impegnativi, che non danno respiro. Mi immagino proprio che in gara, quando solitamente l’inizio delle salite si fa sempre molto forte, quel pezzo lì possa essere se non decisivo, di certo determinante nel mettere tanta fatica nelle gambe.

Cavalli e Muzic corrono insieme dal 2021, da quando Marta è arrivata alla FDJ in cui la francese corre dal 2018
Cavalli e Muzic corrono insieme dal 2021, da quando Marta è arrivata alla FDJ in cui la francese corre dal 2018
L’hai scalata avendo ancora una buona condizione?

L’abbiamo fatta tranquillamente, perché partendo con le riprese non abbiamo spinto più di tanto, però comunque la condizione era buona. Un’idea me la sono fatta, diverso sarà capire come andrà in corsa e se ai piedi dell’Alpe arriveremo numerose oppure no. Se la corsa verrà molto dura, in quel punto probabilmente ci sarà già un piccolo gruppo, altrimenti nei primi 2 chilometri avere la squadra accanto sarà decisivo. E’ una salita che si fa rispettare, ma non credo che serviranno scelte tecniche particolari. Al massimo si può mettere un 36×34 giusto per sicurezza, però non è una salita estrema. Si arriva a punte del 15 per cento, ma con un 36×34 si va su pendenze fino al 18 per cento, quindi basterà.

Pensi che il Tour resterà aperto fin lì e ci si giocherà tutto quel giorno?

Non sono sicurissima. Anche la penultima tappa, con l’arrivo a Le Grand Bornand, è abbastanza impegnativa. Però c’è da dire che quest’anno il Tour si è impegnato veramente molto per fare un percorso molto duro. L’ultima tappa sono 3.900 metri di dislivello, non sono pochi. Considerati i 150 chilometri, saranno più di 5 ore.

Hai qualche ricordo di corridori sull’Alpe d’Huez?

In realtà ho ricordi recenti, ad esempio quando l’anno scorso ha vinto Pidcock. Altri non ne ho, perché quando ero piccola facevo fatica a localizzare le salite. In generale, ho sempre guardato il ciclismo, ma per guardarlo e non con la prospettiva di riconoscere le varie salite.

La tappa finale del Tour de France Femmes 2024 prevede la scalada del Glandon prima dell’Alpe
La tappa finale del Tour de France Femmes 2024 prevede la scalada del Glandon prima dell’Alpe

Sette tappe, quasi 1.000 km

Il Tour de France Femmes by Zwift 2024 partirà dall’Olanda. Il secondo giorno proporrà due frazioni: una in linea e una crono. Poi la corsa sfiderà le cotes della Liegi, quindi arriverà in Francia, con le ultime due tappe sulle Alpi. Un percorso impegnativo, con il finale di immensa suggestione sull’Alpe d’Huez.

TappaDataLocalitàChilometri
1ª tappa12/8Rotterdam-La Haye124
2ª tappa13/8Dordrecht-Rotterdam67
3ª tappa13/8Rotterdam-Rotterdam, cronometro individuale6,3
4ª tappa14/8Valkenburg-Liegi122
5ª tappa15/8Bastogne-Amneville150
6ª tappa16/8Remiremont-Morteau160
7ª tappa17/8Champagnole-Le Grand Bornand167
8ª tappa18/8Le Grand Bornand-L’Alpe d’Huez150
tot. 946,3
Come prosegue il tuo inverno? Quando si riparte?

Ho ancora una settimana piuttosto tranquilla, in cui farò soprattutto un po’ di uscite con gli amici. Poi si inizia pian piano fino al 9 dicembre, quando andremo in ritiro con la squadra per i classici 10 giorni in Spagna. Faremo come al solito la presentazione della squadra e poi sarà tempo di cominciare.

Come stai?

Sto bene. Non ho voluto mollare completamente, ho cercato di rimanere sempre piuttosto attiva. Non mi sentivo mentalmente e fisicamente così stanca e provata dalla stagione, come poteva essere negli anni corsi. Quindi ho cercato di godermi la bici con un’altra ottica. Fisicamente sto bene e non ho accusato particolarmente la stagione, forse perché essendo stata un po’ sottotono, non mi sono mai sentita realmente ai miei livelli. Questo mi ha aiutato, ho già la condizione alta per l’anno prossimo.

Thibau porta il decimo Koppenberg in casa Nys

01.11.2023
6 min
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Il fango e il Koppenberg da affrontare subito dopo la partenza hanno fatto la differenza nella gara più iconica del cross fiammingo, alle porte di Oudenaarde. E’ scivolato Thibau Nys ed è stato costretto a mettere il piede a terra. E’ scivolato Michael Vanthourenhout e ha perso venti posizioni. E’ rimasto chiuso anche Lars van der Haar  e lo stesso Iserbyt si è trovato a inseguire. Poi però è iniziata la rimonta.

Il 2023 di Thibau Nys lo ha visto vincere in Coppa del mondo a Waterloo e arrivare 7° a Maasmechelen
Il 2023 di Thibau Nys lo ha visto vincere in Coppa del mondo a Waterloo e arrivare 7° a Maasmechelen

Un muro di fango

All’inizio del secondo dei cinque giri, Nys si era già scrollato di dosso Ronhaar e Loockx. Vanthourenhout ha portato a termine il suo inseguimento insieme a Iserbyt e si è avvicinato a Ronhaar, circa 10 secondi dietro Nys. E quando sembrava tutto incanalato nella giusta direzione, Iserbyt ha commesso l’errore che gli è costato il cross più prestigioso delle Fiandre.

Nys sembrava avere la situazione sotto controllo, pur essendo scivolato a sua volta in una curva molto tecnica. E quando all’inizio del terzo giro Iserbyt lo ha ripreso, è stato proprio l’entusiasmo a tradirlo.

Il corridore della Pauwels Sauzen-Bingoal ha voluto affrontare in bici un tratto di salita. Tuttavia il passaggio era così ripido, che il piccolo scalatore è stato costretto a fermarsi e la sua bicicletta è rotolata indietro di alcuni metri. Corsa chiusa (in apertura il podio, foto Belga/Het Nieuwsblad).

Koppenberg di famiglia

Nys ha ripreso vantaggio e centrato la sua vittoria più bella. Van der Haar gli ha guardato le spalle e Iserbyt ha dovuto accontentarsi del terzo posto a 13 secondi. Sul traguardo Nys ha mostrato le dieci dita: nove come le vittorie di suo padre Sven sul Koppenberg, una per la sua prima.

«Avrei potuto anche dare a Lars la vittoria oggi – ha detto Thibau Nys – ma certo preferisco vincere da solo. Se però la vittoria resta all’interno della squadra, è un bene anche per me. Ad esempio, domenica scorsa dopo la gara di Maasmechelen, ero felice per la vittoria di Lars. Si vede che abbiamo creato un ottimo gruppo».

Sven Nys guida la Baloise-Trek Lions in cui corre suo figlio Thibau (foto Belga/Het Nieuwsblad)
Sven Nys guida la Baloise-Trek Lions in cui corre suo figlio Thibau (foto Belga/Het Nieuwsblad)

Spirito di squadra

Almeno nella corsa del Koppenberg si è avuta infatti la sensazione che gli equilibri in gruppo siano cambiati. Se fino a poco tempo fa i corridori di Nys si lamentavano per la superiorità numerica degli atleti della Pauwels Sauzen-Bingoal, questa volta le parti si sono invertite. Ed è stato il controllo fra Iserbyt e Van der Haar a spianare la strada per Nys. La spiegazione l’ha offerta l’orgoglioso Sven davanti alla vittoria di suo figlio.

«Abbiamo molto più controllo rispetto agli ultimi anni – ha detto il grande belga a Het Nieuwsblad – e la ragione deriva dall’ultima estate. Abbiamo lavorato bene, ma la cosa più importante è che i ragazzi vogliono che la vittoria resti in squadra. Lo vedi anche durante la gara. Stanno molto bene insieme e questo non è un punto da allenare: c’è o non c’è. Ma so che un giorno le cose non funzioneranno e allora vedremo come la gestiranno».

Finora Iserbyt ha vinto due prove di Supeprestige, è arrivato secondo a Maasmechelen e terzo sul Koppenberg
Finora Iserbyt ha vinto due prove di Supeprestige, è arrivato secondo a Maasmechelen e terzo sul Koppenberg

I dubbi di Iserbyt

Anche Iserbyt si è accorto che la musica sta cambiando, anche se il suo atteggiamento di fronte alla supremazia dei corridori della Baloise-Trek Lions è tutto fuorché una tregua.

«Lars e Thibau sono stati molto forti – ha riconosciuto il fiammingo – per noi è importante rimanere forti e continuare a crescere durante la stagione. Ci hanno dato la sveglia. Ci manca un terzo corridore? Non proprio. Se Michael e io corriamo bene, abbiamo le stesse possibilità degli altri. In passato, abbiamo gestito la corsa soltanto in due. Ma lo ammetto: sul Koppenberg ci hanno dominato. Credo che se Lars Van der Haar si fosse davvero impegnato e non avesse dovuto fare gioco di squadra, avrebbe tenuto il passo di Thibau».

Sul Koppenberg, Van Empel ha centrato la sesta vittoria consecutiva (foto Belga/Het Nieuwsblad)
Sul Koppenberg, Van Empel ha centrato la sesta vittoria consecutiva (foto Belga/Het Nieuwsblad)

Van Empel fa sei

Fra le donne, nelle ultime corse si è registrata la supremazia di Fem van Empel e le cose non sono andate diversamente nel Koppenbergcross, anche visto il campo partenti ridotto. Oltre a Puck Pieterse e Shirin van Anrooij, mancava anche Ceylin del Carmen Alvarado.

A causa delle forti piogge degli ultimi giorni, il percorso è parso subito estremamente difficile e ci sono voluti due minuti prima che Van Empel riuscisse a stacare Denise Betsema e Annemarie Worst.

Nel terzo e ultimo giro, l’atleta della Jumbo-Visma ha potuto gestire il suo sforzo e ha tagliato il traguardo con la bici al cielo per celebrare la sesta vittoria consecutiva.

«E’ stato davvero difficile – ha commentato – metti tanta potenza nei pedali e non vai avanti. La ruota posteriore slitta continuamente, quindi è importante cercare i bordi erbosi, che però sono insidiosi. Sono stata contenta che fossero solo tre giri, altrimenti sarebbe stata dura».

Van Empel aveva vinto anche a Maasmechelen in Coppa: non ha avversarie?
Van Empel aveva vinto anche a Maasmechelen in Coppa: non ha avversarie?

Direzione Pont Chateaux

Adesso bussano alla porta i campionati europei del prossimo fine settimana a Pontchateaux. E se fra le donne appare difficile che il titolo sfugga a Van Empel, fra gli uomini gli equilibri sono più indefiniti.

«In che misura – ha commentato la giovane olandese – questa condizione continuerà in vista degli Europei di sabato prossimo? Adesso è importante che mi riprenda bene. Un campionato è sempre qualcosa di diverso, ma davvero non vedo l’ora che arrivi».

«Vincerà il più forte del gruppo – dice Thibau Nys – e se Eli Iserbyt domenica sarà più  forte, allora gli cederò la maglia. A lui, come a Laurens Sweeck o Michael Vanthourenhout. Anche se ovviamente preferirei vincere io stesso».

Cav vuole la 35ª vittoria al Tour. Zanini studia la “missione record”

01.11.2023
4 min
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Il Tour de France 2024 ha classificato otto frazioni come “piatte”, adatte quindi ai velocisti. Sono le otto occasioni di Mark Cavendish per battere il record assoluto di vittorie nella Grande Boucle e staccare così Eddy Merckx. Sono le tappe che gli hanno fatto decidere di rimandare l’addio alle corse. Otto occasioni di cui non solo Cav, ma anche il suo direttore sportivo Stefano Zanini, sono ben consapevoli.

Stefano Zanini (classe 1969) è uno dei direttori sportivi dell’Astana-Qazaqstan
Stefano Zanini (classe 1969) è uno dei direttori sportivi dell’Astana-Qazaqstan

Meno velocisti?

L’Astana-Qazaqstan  ha tenuto gli occhi puntati sulla presentazione del Tour. Più che altro per capire quanto potesse essere reale questa possibilità del record. E il terreno c’è, per i dettagli magari ci sarà tempo, ma intanto si può iniziare a mettere giù la “missione record”.

«Qualcosina – spiega Zanini – abbiamo visto. Di certo nel complesso si tratta di un Tour impegnativo, anzi bello duro direi. Quest’anno poi, guardandola dal punto di vista dei velocisti, manca Parigi e quindi non c’è il classico arrivo sui Campi Elisi. Il gran finale di Nizza avverrà con una crono. Questo fattore magari potrebbe scoraggiare qualche velocista. Qualcuno potrebbe tagliare la corda anzitempo senza l’obiettivo finale. Poi è chiaro, se è in lotta per la maglia verde no, però qualcun altro potrebbe pensare di non tenere duro fino in fondo, specie con le Olimpiadi a seguire».

Quest’ultimo aspetto potrebbe essere una piccola carta a favore di Cavendish. Qualche ruota veloce potrebbe gestire in modo differente il Tour de France, tanto più che l’Olimpiade parigina sembra essere abbastanza veloce. 

Tour 2013: Cavendish vince a Saint-Amand Montrond precedendo Sagan e una lunga lista di scalatori
Tour 2013: Cavendish vince a Saint-Amand Montrond precedendo Sagan e una lunga lista di scalatori

Otto tappe

Le frazioni veloci iniziano dalla terza e si concludono alla 16ª. E quelle in mezzo chiaramente non sono tutte per gli sprinter.

«Penso – riprende Zanini – che le tappe adatte allo sprint possano essere queste: la terza, Torino; la quinta, Saint Vulbas; la sesta, Dijon; l’ottava, Colombey; la decima, Saint-Amand Montrond; la dodicesima, Villeneuve sur Lot; la tredicesima, Pau, e la sedicesima, Nimes».

Alle otto piatte individuate dal Tour noi aggiungeremmo anche le frazioni di Troyes (9ª tappa) e quella di Barcelonette (18ª tappa). Il Tour le classifica come ondulate, ma nel complesso sembrano essere veloci… almeno su carta. Poi si sa: la corsa la fanno i corridori e magari arriva la fuga anche in una di quelle otto tappe piatte.

«Per Cav già la terza tappa è un’opportunità importante. La Piacenza-Torino. E’ totalmente piatta. E potrebbe essere l’obiettivo. Ma ogni occasione di tappe veloci è buona e va sfruttata. Per il resto dobbiamo studiarle bene, oggettivamente non abbiamo ancora un quadro preciso degli arrivi e delle altimetrie. Magari faremo qualche sopralluogo in occasione della Parigi-Nizza se ci sarà qualche tappa che arriva in prossimità delle sedi di arrivo del Tour. Vediamo…».

Cavendish ha già vinto in due località in cui si arriverà il prossimo anno: Nimes (nel 2008) e Saint-Amand Montrond (nel 2013). Magari è un piccolo segno del destino, magari quegli arrivi sono ancora ideali per lui e per la sua squadra. 

La vittoria di Nimes fu la quarta in assoluto delle sue 34 e l’ultima di quel Tour de France. Mentre è interessante quella di Saint-Amand Montrond. Quella infatti non era una frazione del tutto piatta. E infatti quel giorno Mark precedette Sagan (che non era solo un velocista) e una corposa serie di scalatori: Mollema, Fuglsang… Pensate che Contador fu settimo!

Chiaro. Non è più il Cav che tiene in quel modo sugli strappetti, ma occhio a tagliarlo fuori prima del previsto. Manzoni, altro diesse dell’Astana, pochi giorni fa ci ha detto che l’inglese col peso non era messo male.

La vittoria di Cav a Roma al Giro è stata importantissima per l’assalto a questo record
La vittoria di Cav a Roma al Giro è stata importantissima per l’assalto a questo record

Motivazione e serenità

Questo record in ogni caso “acchiappa”. Anche in gruppo se ne parla. E anche in gruppo l’ex campione del mondo ha dei fans. Elia Viviani per esempio è convinto che Cav possa farcela. Che è motivato.

«Dico che ha ragione Elia – incalza Zanini – Cav è super motivato e credo che quest’anno abbia qualcosina in più. Qualcosa che anche noi siamo riusciti a dargli. Penso al suo preparatore Anastopoulos, all’arrivo di Morkov come apripista e al fatto che è già con noi, mentre lo scorso anno è arrivato a fine dicembre e ha trovato quel che c’era. Non potevamo fare molto. Credo che tutto ciò, messo insieme, possa farlo stare più tranquillo e più sereno».

«Io penso che stia nascendo un treno non indifferente: oltre a Morkov, ci sono Bol, Ballerini… Gente importante, che quando ci saranno quelle occasioni si metterà a sua completa disposizione, come del resto abbiamo fatto quest’anno prima che cadesse. E ci potrà essere qualche rischio in meno nel controllare la corsa. L’unica cosa che vorrei, è riuscire a lavorare bene prima del Tour, facendo tante gare insieme».

BFT Burzoni devo team della DSM. Ecco come funzionerà

01.11.2023
6 min
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Le squadre WorldTour che fanno sempre di più la spesa in Italia stanno aprendo una nuova frontiera, quantomeno nel femminile. Non solo guardano ai migliori talenti di casa nostra, ma ora puntano direttamente ad accordi stretti con le società. Uno significativo nel panorama delle junior si è registrato pochi giorni fa. Nel 2024 la BFT Burzoni diventerà una formazione development del Team dsm-firmenich.

E’ una notizia che racchiude lati positivi e negativi al tempo stesso. Certamente è un bene per le società italiane che i maggiori team esteri vadano a pescare da loro, a testimonianza del loro buon operato. Il rovescio della medaglia certifica invece ciò che si sta verificando nel maschile. La mancanza di formazioni WorldTour italiane o, nel caso specifico del femminile, di team continental che possano garantire un certo di tipo di attività internazionale, porta le atlete più forti a cedere alle lusinghe straniere. E nel 2025 col la nascita delle “professional” tutto potrebbe essere stravolto, ma questo sarà un altro discorso. Tuttavia proprio in virtù di quello che succederà, l’accordo della BFT Burzoni col team olandese potrebbe essere stato fatto con estrema lungimiranza. Su questo abbiamo voluto sentire le impressioni di Gianluca Andrina (in apertura foto Piva) e Stefano Solari, rispettivamente presidente e team manager della formazione piacentina.

Eleonora La Bella quest’anno ha conquistato tre vittorie e l’oro europeo nel Mixed Relay. Nel 2024 sarà una delle juniores più seguite (foto Franz Piva)
Eleonora La Bella quest’anno ha conquistato tre vittorie e l’oro europeo nel Mixed Relay. Nel 2024 sarà una delle juniores più seguite (foto Franz Piva)

Inizia tutto con Barale

Non è un caso che la DSM abbia nuovamente bussato alla porta della BFT Burzoni. Il contatto fra le due società c’era già stato a maggio del 2021 quando gli osservatori del team olandese avevano preso informazioni su Francesca Barale alla fine del Tour du Gévaudan, chiuso al secondo posto. L’ossolana a fine di quella stagione passò alla DSM dove, dopo due anni di crescita graduale, ha rinnovato fino al 2025.

«Due anni fa – racconta il presidente Andrina – ci hanno conosciuti con l’operazione di Francesca e da lì hanno continuato a monitorarci. Siamo orgogliosi di essere entrati nella loro lente di ingrandimento. Loro sondano molto nelle gare juniores in giro per l’Europa, compresa l’Italia. Quello di Barale non è stato solo un trasferimento sportivo, ma anche di valori umani. Loro guardano molto al lato morale, pedagogico e sono molto rigidi nella disciplina. Sanno anche che le nostre ragazze arrivano preparate e preservate alla categoria superiore. Non mi stupisce che Francesca stia facendo un certo tipo di percorso alla DSM, quasi fosse la prosecuzione di quello iniziato da noi. E naturalmente sono felice per lei».

Il rapporto lavorativo tra BFT Burzoni e DSM è iniziato a fine 2021 col passaggio di Francesca Barale al team olandese
Il rapporto lavorativo tra BFT Burzoni e DSM è iniziato a fine 2021 col passaggio di Francesca Barale al team olandese

Scelte oculate

L’accordo siglato dalla BFT Burzoni permette anche di resistere ad alcune tentazioni che si incontrano lungo il cammino, soprattutto se porta risultati. Qualche anno fa Andrina si era trovato a dover prendere una decisione non semplice e forse anacronistica per qualcuno. Il tempo gli ha dato ragione.

«Quando nel 2016 è nata la nostra società (che di fatto andò a rilevare parte della struttura di un’altra in chiusura, ndr) – va avanti Andrina – avevamo l’intenzione di formare ragazze. I risultati importanti delle nostre atlete anche a livello internazionale furono una conseguenza. Ogni anno facevamo uno step importante che probabilmente aveva portato qualche persona a chiederci di diventare continental. Noi alle spalle abbiamo un’azienda molto importante che crede nel nostro progetto, ma non aveva senso sprecare il budget per una attività in cui saremmo andati in difficoltà. Riuscii a tenere duro».

«La progettualità e la pazienza – conclude il presidente della BFT Burzoni, che ha un passato tra i dilettanti negli anni ’90 – ci hanno portato a fare la scelta giusta. Non sono pentito, è stato meglio così. Continuare a lavorare bene con le juniores oggi ci consente di collaborare con un team WorldTour. E per noi è fonte di soddisfazione. Negli anni ci siamo guadagnati certe credenziali e puntiamo ad essere sempre di più una formazione di riferimento nella categoria».

Come funzionerà

Entrando nel concreto, bisogna capire come si svilupperà questo rapporto tra DSM e BFT Burzoni. Per intenderci sembrerebbe non ricalcare molto ciò che c’è stato negli ultimi due anni tra la Valcar e i team dell’orbita UAE, anche se qualche similitudine potrebbe esserci.

Per il team manager Stefano Solari l’accordo con la DSM è un punto di partenza che cambierà il modo di lavorare (foto Franz Piva)
Per il team manager Stefano Solari l’accordo con la DSM è un punto di partenza che cambierà il modo di lavorare (foto Franz Piva)

«Le condizioni tra noi e loro – spiega il team manager Solari – sono molto semplici. Non avremo alcun tipo di fornitura di materiale. Su questo fortunatamente siamo ben coperti da sponsor e azienda che ci supportano in tutto. Non avremo alcun logo DSM sulla nostra maglia, perché non è un accordo in esclusiva, anche se per l’Italia saremo noi la loro società satellite. Ne hanno una in quasi ogni Paese europeo. Su questo avremo molta libertà ed indipendenza. Piuttosto ci hanno dato diverse dritte su alcuni aspetti per le ragazze. Dai comportamenti da tenere ad alcuni protocolli da seguire».

«Con la DSM – prosegue Solari – gli accordi sono essenzialmente legati all’aspetto agonistico. Nel 2024 ci aiuteranno ad avere inviti alle varie gare del Nord, magari quelle che non abbiamo mai fatto. In quel caso potrebbero darci un supporto logistico presso il Keep Challenging Center, il loro campus a Sittard. Inoltre le nostre migliori ragazze potranno avere un canale privilegiato per passare elite con loro, benché, lo ripeto, non sia una esclusiva. Per ora questi accordi vanno bene così».

Nuovo modo di lavorare

Diventare un devo team di una squadra WorldTour rappresenta un grande stimolo sia per le atlete che per i dirigenti stessi. Gli obiettivi potrebbero andare oltre al semplice risultato. Magari anche quello di aver tracciato una nuova rotta per il movimento italiano.

Anita Baima è iridata juniores dell’eliminazione. Ad oggi sarebbe difficile un suo passaggio in DSM perché il team olandese vuole atlete che facciano solo strada (foto FCI)
Anita Baima è iridata juniores dell’eliminazione. La DSM tuttavia vuole atlete che facciano solo strada (foto FCI)

«Quello tra noi e loro – chiude l’analisi Solari – è stato un corteggiamento reciproco. Nel finale di stagione Hans Timmermans (il capo dello scouting della DSM, ndr) ogni volta che è venuto in Italia con la sua squadra ha voluto vederci per parlare in modo approfondito. Lui è stato colpito non tanto dalle nostre vittorie, quanto più dal fatto che una ragazza che abita a 600 chilometri da noi, riferendosi a La Bella, sia voluta venire alla BFT Burzoni. Per lui è un segno di grande professionalità, che ci ha chiesto di mantenere.

«L’unico paletto tecnico che la DSM ha per il futuro è quello relativo alle ragazze che fanno doppia attività. Loro non vogliono pistard e chi vorrà passare alla DSM dovrà fare solo strada. Per noi tutto ciò è un punto di partenza che cambierà il nostro modo di lavorare. L’anno prossimo sarò meno preoccupato se non vinceremo una gara o l’altra. Mi importerà di accrescere l’esperienza internazionale delle ragazze e prepararle al grande salto».

Cavagna, la Movistar e il Wolfpack in crisi d’identità

01.11.2023
5 min
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Di Remi Cavagna si è sempre parlato abbastanza poco, sicuramente meno di quanto meriterebbe il suo palmarés. Ventottenne di Clermond Ferrand, ha sempre portato a casa vittorie nelle sue stagioni da pro’, soprattutto nelle sue amate cronometro. Inoltre ha sempre militato nella Quick Step, diventandone una colonna soprattutto per le corse a tappe. Ma ora cambia tutto.

Per certi versi il suo passaggio alla Movistar è qualcosa di clamoroso. Inizialmente, quando sono comparse le prime voci, era il periodo della paventata fusione con la Jumbo-Visma che avrebbe lasciato a piedi tanti corridori e ancor più maestranze. Sembrava quasi una fuga dalla barca che affondava. In realtà la fusione non c’è stata e la sua scelta ha radici ben più profonde, che vanno analizzate andando direttamente alla fonte.

Con il team francese ha conquistato a Drenthe il titolo europeo nel team realy
Con il team francese ha conquistato a Drenthe il titolo europeo nel team realy
Remi, vieni da una stagione comunque importante, con 5 vittorie e molti piazzamenti…

Sì, è stata una bella stagione. Anzi, guardando il numero di vittorie, la mia migliore, comprensiva del titolo nazionale a cronometro e di quello europeo nel team relay. Ho chiuso soddisfatto e soprattutto molto voglioso di cominciare la prossima.

Dopo tanti anni alla Soudal, che cosa ti ha portato a cambiare squadra?

E’ una decisione che ho preso nel corso di quest’anno, sulla quale ho ragionato molto. Avevo bisogno di più spazio, nuovi stimoli. Questo è stato il mio settimo anno nel team Quick Step, quando sono arrivato ero giovane, un altro uomo. Mi trovo bene in squadra, è sempre stato così, ma penso che sarei arrivato da un momento all’altro a guardarmi indietro e rimpiangere il non aver cercato altre strade. Nella mia carriera era il momento di vedere che cos’altro posso fare, di cambiare squadra, mettermi alla prova per capire dove posso arrivare. Avevo anch’io bisogno di un po’ più di libertà, è quello che cerco.

Il francese a tirare il gruppo: il passaggio alla Movistar è legato alla voglia di trovare più libertà
Il francese a tirare il gruppo: il passaggio alla Movistar è legato alla voglia di trovare più libertà
L’atmosfera nella squadra, nel Wolfpack, era cambiata negli ultimi anni?

Sì, trovo che la squadra sia cambiata rispetto al 2020, rispetto all’anno con il Covid che ha cambiato molto nel nostro mondo. Sentivo che non ero più a mio agio come prima. Era ancora il Wolfpack, ma era diverso, non c’era lo stesso ambiente. E se guardate bene tanti sono stati i corridori che sono andati via in questi ultimi anni. Non dico che si sia rotto qualcosa, ma non era più come prima. Gli anni dal 2017 al 2019 sono stati i più belli. Sia chiaro, non critico nessuno e non accuso nessuno, è solo una mia sensazione.

Andando alla Movistar il tuo ruolo cambierà, avrai più libertà di movimento?

E’ questa la mia speranza, poter tornare a fare quel che più amo. Io sono un corridore a cui piace attaccare, mi piacciono molto le grandi fughe, cose del genere. E’ vero che con la Soudal potevo vincere delle gare, lì ho fatto molto, ma ero ancora piuttosto limitato. Spesso ero il compagno di squadra, il ciclista in fuga come appoggio per chi era dietro, oppure l’uomo chiamato a percorrere lunghi chilometri davanti al gruppo per ridurre il distacco. Avevo davvero un ruolo di squadra. Ho avuto la mia occasione, ho avuto opportunità. Va bene, ma non ne avevo abbastanza. Volevo più di quello che la squadra poteva darmi.

Spesso in fuga, Cavagna è sempre stato molto ligio ai doveri imposti dal team
Spesso in fuga, Cavagna è sempre stato molto ligio ai doveri imposti dal team
La Movistar è una squadra con una forte identità spagnola e meno multinazionale rispetto alla Soudal, tu sarai il solo francese, che cosa ne pensi?

Effettivamente è meno internazionale, ha un’identità molto forte, nazionale e non nego che la cosa, quando si è resa realizzabile, mi spaventava un po’. Andare in una squadra che non parlasse molto inglese, figurarsi il francese. Ma alla fine mi sono detto: «Forza Rémi, è davvero il momento giusto della tua carriera per provarci… ». Ed ecco qua, sto imparando anche lo spagnolo, così posso comunicare bene. D’altronde è una squadra che da diversi anni cerca di internazionalizzarsi. Ciò significa che sta cercando di reclutare corridori stranieri, alcuni danesi, altri corridori svizzeri, per cercare di internazionalizzare la squadra.

Quali sono le tue origini italiane e quando vieni a correre qui ti senti un po’ a casa?

Cavagna è vero che è un cognome italiano, mio padre e mio nonno vengono dal bergamasco. Non ho ancora avuto occasione di raggiungere le terre dei miei avi, mi piacerebbe. E’ un piccolo legame, ma mi piacciono le gare in Italia, sono sicuramente gare fantastiche, ci vengo sempre con piacere.

La sua vittoria più bella, nella tappa di Toledo alla Vuelta 2019
La sua vittoria più bella, nella tappa di Toledo alla Vuelta 2019
L’anno prossimo ci sono i Giochi Olimpici, come pensi di preparare l’appuntamento e che ambizioni hai correndo in casa?

Avere i Giochi Olimpici in Francia, e soprattutto a Parigi, è incredibile, soprattutto per chi come me ha l’opportunità di avere nella propria carriera la partecipazione all’evento più magico al mondo proprio in casa. È qualcosa di unico, penso e partecipare sarebbe fantastico. Ma per farlo devo essere al 100 per cento della mia forma, essere superiore a quello che sono stato quest’anno. E’ stato un ottimo anno, ma ho notato che ho perso qualcosa della mia forza, il 5 o il 10 per cento, i dati numerici con i watt dicono che ero un po’ sotto. Da questo punto di vista il 2021 è stato il mio anno migliore e devo tornare a quel livello. Mi piacerebbe ritrovare alcune di quelle sensazioni l’anno prossimo e poter andare ai Giochi Olimpici con l’obiettivo di una medaglia.

A cronometro resta uno dei migliori interpreti mondiali, ma c’è ancora distanza dai big
A cronometro resta uno dei migliori interpreti mondiali, ma c’è ancora distanza dai big
Chi consideri in questo momento il cronoman più forte e favorito per Parigi, visto anche il tracciato?

Su un percorso del genere, direi i tre che hanno conquistato il podio ai mondiali: Ganna, Evenepoel e anche il giovane Tarling, che è un ragazzo molto forte e dai limiti inesplorati. Se però devo scegliere un nome dico… Filippo.

Olimpiadi a parte, che cosa chiedi al nuovo anno?

Ho molti obiettivi: vincere gare con la maglia Movistar e ritrovare il mio livello nelle prove contro il tempo, quando esse contano di più, nei grandi giri e nelle gare titolate. Se poi fosse in quel fatidico giorno di luglio…

Fra i due litiganti spunta Roglic? Il pensiero di Gasparotto

01.11.2023
6 min
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Le recenti parole di Pogacar: al Tour non sarà più Jumbo contro UAE, ma ci sarà anche la Bora con Roglic. Le memorie del Giro 2019: Nibali e Roglic super favoriti che si marcano e alla fine vince Carapaz. Allora ci siamo chiesti se proprio Roglic non possa diventare il terzo incomodo fra Pogacar e Vingegaard, approfittando del fatto che il peso della corsa come al solito sarà tutto loro. E chi meglio di Enrico Gasparotto può guidarci in questa sorta di chiacchiera da bar, poggiata però su elementi molto concreti? Il friulano al momento si trova a Lugano. Dal primo ritiro della Bora-Hansgrohe a Soelden è iniziata la fase della programmazione, che lo vede coinvolto in prima persona e andrà avanti per tutto novembre.

Gasparotto è dal 2022 alla Bora-Hansgrohe, anno in cui vinse il Giro con Hindley (foto matthispaul)
Gasparotto è dal 2022 alla Bora-Hansgrohe, anno in cui vinse il Giro con Hindley (foto matthispaul)
Avete una squadra pazzesca, con Hindley, Vlasov, Kamna, Higuita e Uijtdebroeck cui si aggiunge Roglic. Potrete essere il terzo incomodo?

Dipenderà da come andrà Primoz prima del Tour de France. Ovviamente ha vissuto tutta la sua carriera nello stesso ambiente, quindi gli automatismi dopo tanti anni hanno sempre funzionato alla grande. Quindi credo che, nonostante “Rogla” sia un compagnone che riesce a farsi voler bene dal gruppo, anche lui dovrà capire i compagni e i compagni dovranno capire di cosa ha bisogno. Le gare che farà prima del Tour serviranno anche a questo. Quindi io presumo che magari possa arrivare al Tour vincendo meno del solito, proprio per queste dinamiche e non perché lui vada più piano.

Un necessario periodo di adattamento?

Quando si cambia ambiente dopo tanti anni, ci metti sempre un po’ perché tutto vada nella maniera migliore. Se poi saremo il terzo incomodo, vorrà dire che c’è qualcosa da migliorare e siamo pronti per farlo. Se saremo uno dei due litiganti, vorrà dire che l’avvicinamento al Tour è stato perfetto.

Per abitudine di squadra sarà meglio arrivare al Tour sotto traccia o gonfiando il petto?

Se la domanda la fate a me, io ho sempre preferito andare ai grandi appuntamenti con un profilo basso, preferendo semmai sorprendere positivamente. Magari dentro di me sono convinto delle potenzialità dei corridori, ma prima di fare grandi proclami, c’è la legge della strada che dà i suoi verdetti. Comunque sulla carta Pogacar e Vingegaard hanno più esperienza di corse con i loro compagni, conoscono l’ambiente in cui sono e tutto questo torna utile al Tour de France. Lo vince uno solo, ma l’importanza della squadra si è vista. Insomma, basso profilo e poi vediamo come va.

Giro d’Italia 2019: Nibali e Roglic si marcano stretto e alla fine la maglia rosa la conquista Carapaz
Giro d’Italia 2019: Nibali e Roglic si marcano stretto e alla fine la maglia rosa la conquista Carapaz
Sarà Primoz a doversi adattare alla squadra o viceversa?

Credo sia 50 e 50. Ogni leader ha il suo carattere e il suo modo di correre, quindi la squadra si deve adattare alle sue esigenze. Un esempio banale: Hindley ama correre sempre nelle prime posizioni del gruppo. E’ la sua indole, l’ha sempre avuta e ha chiesto ai compagni di aiutarlo. Quest’anno al Tour ci abbiamo messo un po’ di giorni prima che si adattassero a Jai, perché non avevano corso abbastanza gare in avvicinamento insieme a lui. Perché avevamo tanti ragazzi che hanno fatto il Giro e poi anche il Tour. Queste sono dinamiche importanti, che riguardano per metà il capitano e per metà la squadra.

Quando nascerà il gruppo Roglic?

E’ ovvio che noi in testa abbiamo già qualche idea. Questo è il periodo delle programmazioni, quindi abbiamo già delineato la nostra idea. Deciderà la squadra il momento in cui verrà resa pubblica. Il fatto che debba nascere un gruppo di lavoro è una necessità oggettiva. Cercheremo di farli correre quanto più possibile insieme, in base alle esigenze dei percorsi e in base alle esigenze dei ragazzi. Da un certo momento in poi, se ci sarà da correre assieme, si correrà assieme. Però è chiaro che le varie situazioni saranno progettate, analizzate e messe in funzione step by step, gara dopo gara.

Primoz sa essere spettacolare, mentre a volte aspetta la volata perché sa di avere un grande spunto. Nell’ottica di capovolgere un Tour, sono doti che funzionano?

Credo che nell’ultimo anno e mezzo abbia fatto un salto in avanti a livello tattico. Nelle gare dove c’ero io, per esempio alla Tirreno, mi ha colpito il giorno dell’arrivo in salita a Sassotetto con tanto vento. Lui ha corso molto in coda, consapevole di avere probabilmente una gamba atomica o comunque di essere sul pezzo. Ha corso in maniera intelligente anche al Lombardia, dove per sua stessa ammissione non si sentiva al top. Ha lasciato sfogare gli altri, ha lasciato loro tutto il lavoro, ha sempre corso di rimessa. Ha fatto uno sforzo unico per rientrare anziché rincorrere tutte le volte e alla fine ha fatto ancora il podio dietro Pogacar e Bagioli. Invece all’Emilia, quando è andato non l’hanno più preso.

Sa adattarsi alle situazioni?

Va in base alle sensazioni che ha in corsa. Ed è chiaro che lo spunto veloce sia a suo favore, quindi è normale che cerchi di usarlo nel miglior modo possibile. Ma alla fine, sono le situazioni di corsa che decidono la maniera migliore di correre.

Tu l’hai trovato migliorato tatticamente, alla stampa appare più solare e meno chiuso…

Questo onestamente non l’ho percepito. Ho smesso da poco e quando ero da solo sul Teide, c’era sempre anche lui, quindi bene o male con me è sempre stato molto aperto. E’ chiaro che più passano gli anni, più vinci e più diventi consapevole dei tuoi mezzi e acquisisci serenità. Le tante attenzioni dei media significano anche avere tante domande a volte scontate. E’ raro trovare giornalisti di ciclismo che facciano domande a cui noi non siamo pronti a rispondere. Mi metto dentro anche io come ex corridore. Alla fine più o meno sono sempre quelle, cosa vuoi che ti dicano?

Vlasov e il manager Ralph Denk: il contratto del russo scade nel 2024, ma potrebbe essere una spalla per Roglic
Vlasov e il manager Ralph Denk: il contratto del russo scade nel 2024, ma potrebbe essere una spalla per Roglic
Hai saputo che arrivava all’ultima ora oppure era un obiettivo che si è concretizzato in extremis?

E’ stata totalmente una cosa dell’ultima ora. Credo che primi contatti siano iniziati davvero tardi. Sono stato coinvolto per parlare dell’arrivo di nuovi corridori e il problema più grande era il budget, quindi non ho mai immaginato che potesse succedere una cosa del genere. Evidentemente, come si è letto sui media, è nato tutto dopo la Vuelta ed è stato molto veloce. Non è servito molto tempo per decidere. Onestamente non sono abituato a tutti questi movimenti a fine stagione di gente che ha già un contratto e cambia squadra. 

E’ ipotizzabile, visto lo schema di lavoro della Jumbo, che Hindley o Vlasov vadano al Tour a lavorare per Roglic?

A questo ora non riesco a rispondere. Di sicuro, i ragazzi avranno le loro possibilità. Hindley, Vlasov e Kamna hanno il contratto in scadenza nel 2024, quindi ci sentiamo in obbligo di dare a tutti la possibilità di emergere, senza chiudergli le ali solamente perché c’è Primoz. Lui sicuramente è un corridore vincente, visto che nel 2023 ha vinto 15 gare e la Bora, senza campionati nazionali, ne ha vinte 17. Si capisce che è su un livello superiore, però è anche giusto dare spazio ai ragazzi che abbiamo.

Anche perché non c’è solo il Tour…

Non è un segreto che la Bora-Hansgrohe non sia abituata ad arrivare decima nel ranking. Sono sempre stati fra le prime cinque o sei, ma facendo l’analisi di quest’anno, purtroppo ci sono mancati i risultati degli atleti di punta. Dobbiamo ripartire da questa analisi e far sì che quando i ragazzi fissano un appuntamento, siano in grado di competere per una top 5. Credo che abbiano il talento per farlo.

Privitera alla Hagens, primo italiano nel team di Merckx

31.10.2023
7 min
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Che non veda l’ora di iniziare la sua nuova avventura appare evidente e non potrebbe essere altrimenti, visto che oltretutto il suo trasferimento di mercato abbatte un piccolo tabù. Dopo le due stagioni da junior nel Team Giorgi, nel 2024 Samuele Privitera correrà nella Hagens Berman Axeon-Jayco, una delle più importanti formazioni continental del panorama internazionale, che dall’anno prossimo sarà il Devo Team della Jayco-AlUla.

Il diciottenne ligure troverà anche Mattia Sambinello e il loro passaggio rappresenta un primato storico, perché mai prima d’ora alcun giovane italiano era stato ingaggiato dalla squadra statunitense diretta da Axel Merckx. Un rapporto lavorativo che si rinnova dopo il precedente di fine 2018 quando il diesse belga pescò Karel Vacek dalla società bergamasca. Privitera è un ragazzo attento e “sul pezzo”: ne abbiamo conferma ogni volta che parliamo con lui. L’impressione non è che sia solo smanioso di indossare la nuova maglia, ma che Samuele voglia fare lo stesso percorso degli atleti che lo hanno preceduto.

Grazie Team Giorgi

Nell’ultimo mese Privitera ha dovuto recuperare dalla caduta al Piccolo Lombardia dove si è fratturato il radio. Tuttavia è riuscito a pedalare, un po’ sia sui rulli e un po’ attorno alla sua Soldano, sfruttando il mite clima della riviera di Ponente. Prima di approfondire il suo trasferimento, è doveroso rendere merito al club che lascia.

«Nei due anni da junior – spiega Samuele – sono cresciuto moltissimo al Team Giorgi. Oltre all’aspetto tecnico-fisico, sono cambiato molto sul piano psicologico. L’ambiente mi ha concesso di non avere mai pensieri, ospitandomi nei lunghi periodi lontano da casa per le corse. L’anno scorso ogni gara era buona per fare risultato, anzi ognuna la vivevo come fosse un mondiale. Quest’anno ho lavorato diversamente. Ho puntato sul fondo, sull’aiutare volentieri i compagni e poi sulle prestazioni nella seconda metà di stagione. Sono riuscito ad ottenere due vittorie e altri bei piazzamenti. Chiudo molto soddisfatto. Grazie al Team Giorgi sono maturato e grazie a loro mi sento pronto per la Hagens».

Com’è nato il contatto con il tuo prossimo team?

Ci ha pensato il mio procuratore Alessandro Mazzurana a cavallo del 2023. Ero contento perché conoscevo già bene la Hagens per tutti i pro’ che sono stati lì. A febbraio poi ho fatto il ritiro da stagista con loro a Castagneto Carducci. Eravamo in due, l’altro ragazzo era Jarno Widar che però ha firmato per il Devo Team Lotto-Dstny. Ero arrivato in forma perché avevo fatto anche un ritiro con la nazionale a Montichiari. Alle fine di quei giorni in Toscana, penso di aver fatto bella figura.

Cos’è successo dopo?

Innanzitutto qualche settimana dopo mi hanno supportato con i materiali. Sulla Guerciotti della mia squadra infatti hanno montato il gruppo e altri componenti che usavano alla Hagens. Per questo devo ringraziare sia il mio team sia la stessa azienda produttrice che mi ha permesso di apportare queste modifiche. Poi ci sono stati i colloqui con Axel Merckx e Koos Moerenhout (che è anche il cittì dell’Olanda, ndr)

Cosa ti hanno detto i due diesse?

Mi hanno parlato, dicendomi che erano contenti di me. Ho già un buon rapporto con loro, li sto sentendo con una certa frequenza. Non posso che ascoltare e imparare da tutto quello che mi dicono. Axel per me è uno dei migliori tecnici al mondo nel lavorare con i giovani. Ne ha fatti passare almeno una cinquantina e tutti di alto livello. Koos guida gente come Van der Poel in nazionale, basta quello per me (sorride, ndr). Con lui ci siamo anche visti in estate, perché andava definito il contratto.

Raccontaci pure.

Ci siamo incontrati a Manerba del Garda durante la tappa del Giro NextGen. Abbiamo discusso su un po’ di cose senza che tuttavia io firmassi. Sono rientrato a casa però con la sua garanzia di avere il posto per i prossimi due anni. Insomma, rispetto a febbraio era un altro passo in avanti verso il mio passaggio con loro.

Hai avuto altre proposte?

Sì, ci sono state, anche altre Devo Team, ma io ho avuto le idee chiare fin da subito. Sapevo che sarei voluto andare solo in squadre estere, perché quasi tutti gli italiani sono cresciuti bene. E poi volevo arricchire il mio bagaglio culturale. Quando è arrivata la proposta della Hagens ho risposto immediatamente di sì. Il loro progetto si presenta da solo. Ne avevo parlato anche con Karel Vacek, che è stato con loro. Nel 2024 saranno il team di sviluppo per la Jayco-AlUla, però vogliono comunque mantenere una loro identità indipendente. Tant’è che ogni atleta della Hagens ha la facoltà di valutare offerte da altri team WorldTour.

In pratica quest’anno ti sei trovato a correre con l’animo più sereno perché eri già sicuro di accasarti. E’ stato più facile o difficile?

Devo dire che andare alle gare con una certezza del genere mi ha aiutato molto a livello mentale. Non avevo la pressione di dover fare risultato per forza. Quindi questa situazione mi ha permesso di crescere in modo più mirato anche negli allenamenti. Come dicevo prima, mi sono messo al servizio della squadra, però notavo che andavo alle gare con una mentalità più… da corridore. Nella seconda parte avevo gli appuntamenti più importanti. Qualcuno l’ho fallito, altri li ho fatti bene. Nelle gare internazionali ho dimostrato che posso andare forte. Il terzo al Buffoni o il sesto al Paganessi, dove sono stato il primo italiano, ne sono la prova.

A febbraio Privitera era stato in ritiro con la Hagens assieme a Widar. Il talento belga però andrà alla Lotto-Dstny Devo Team (foto instagram)
A febbraio Privitera era stato in ritiro con la Hagens assieme a Widar. Il talento belga però andrà alla Lotto-Dstny Devo Team (foto instagram)
Per il 2024 che obiettivi ha Samuele Privitera?

Spero di prendere tanti schiaffi a livello sportivo perché aiutano a crescere (risponde sorridendo e tutto d’un fiato, ndr). Facendo un discorso ampio, solo un illuso può pensare di non prendere batoste al primo anno da U23. Voglio arrivare alla fine del secondo anno nella categoria pronto per fare bene. Se ce la farò, bene, altrimenti significa che dovrò crescere ancora e impegnarmi di più. Guardando a breve-medio termine so già che tra collegiali e gare sarò in mezzo a ragazzi che hanno valori incredibili. In accordo col preparatore della squadra, sarò seguito anche da Pinotti (uno dei coach performance della Jayco-AlUla, ndr). Mentre dobbiamo definire ancora il calendario, anche se non nascondo che mi piacerebbe correre il Giro NextGen o il Val d’Aosta. Non vedo l’ora di andare in ritiro. Sempre a Castagneto Carducci, perché sia Merckx sia Moerenhout sono innamorati dell’Italia.