Kristian Sbaragli si sta godendo gli ultimi giorni di vacanza. In settimana tornerà in sella in vista della stagione che con la sua Alpecin-Deceuninck lo vedrà protagonista nel WorldTour (l’ufficialità in realtà non c’è ancora, anche se la promozione è ormai piuttosto evidente). Ed è proprio questo il nocciolo della nostra conversazione con il corridore toscano.
Se sul fronte dei mezzi e delle “infrastrutture” tutto resta invariato – ce lo disse qualche tempo fa il suo compagno Jakub Mareczko – cambierà qualcosa nei piani del team, nell’organizzazione, nel calendario?
Kristian, partiamo da te. Dicevamo ultimi giorni di vacanza…
E’ stata una stagione lunga quest’anno, la prima “normale” dopo due anni di Covid.
E come la giudichi?
A livello di squadra sicuramente è stata ottima, all’inizio dell’anno soprattutto. E abbiamo fatto anche un buon Tour. Personalmente, sapendo di dover fare il Tour de France, ho impostato l’intera annata per arrivare al meglio in Francia dove ho corso in supporto di Van der Poel, anche se poi si è fermato, e di Philipsen. Sinceramente speravo di fare meglio nel finale di stagione sul piano personale.
In parte già lo eravate grazie alle wild card, ma adesso siete ufficialmente un team WorldTour: cosa cambia?
Oggettivamente molto poco, anche sul calendario che per l’80% sarà lo stesso. Si farà qualche gara in più nel WorldTour, appunto, e bisognerà cercare di arrivare più preparati in queste gare per cercare di vincere e prendere i punti per la classifica a squadre. Adesso hanno riassegnato le licenze, ma da gennaio si ricomincia da zero e bisognerà essere sempre competitivi.
Quindi le differenze riguarderebbero soprattutto il calendario?
Sì, faremo qualche gara minore in meno. Ma è normale, avendo l’obbligo di partecipazione nelle gare WorldTour, con la doppia attività puoi fare una sola gara più piccola. l WorldTour è impegnativo: s’inizia a gennaio con il Down Under in Australia e si finisce a ottobre in Cina, senza contare che con la limitazione a 30 corridori, tra chi è malato e chi non è pronto, le rotazioni finiscono presto. L’obbligo di partecipazione credo sia l’unico svantaggio di stare in questa categoria. Però grandi difficoltà non dovrebbero esserci, una volta sistemati i tre grandi Giri poi si costruisce tutto il resto.
In quanto a spazi per un corridore come te cambia qualcosa?
Questo però non dipende dal WorldTour o meno, dipende dal ruolo che hai in quella corsa e anche dalla tua condizione. Io da quando sono in Alpecin ho sempre avuto le mie possibilità e lo stesso nei primi anni da pro’, ero più libero… ma ho vinto poco lo stesso, anche se ero spesso piazzato. Alla fine bisogna essere pronti per essere di supporto nei grandi appuntamenti e sfruttare le eventuali occasioni.
La condizione in primis, insomma…
Le possibilità le ho avute. A fine anno nelle gare in Italia avrei avuto spazio per me, purtroppo non ero in condizione per la vittoria, complice anche una caduta al Giro del Veneto. Speravo di trovare un po’ più di spazio, ma non tutto va secondo i piani. Fino al Tour ero a disposizione e quando ho avuto le mie possibilità ero io a non essere al top. Per questo sono poco soddisfatto personalmente. Ma non tutti gli anni sono uguali.
E un vantaggio del WorldTour?
Penso che con il WorldTour se vai forte hai più opportunità perché ci sono più gare. Pensateci: nella stessa settimana ti ritrovi alla Parigi-Nizza e alla Tirreno-Adriatico… E chi ha un buono spunto, una buona gamba ha delle buone occasioni per farsi vedere.
Avere un obbligo di partecipazione traccia già una buona fetta del calendario. Contestualmente oggi si dice che non si può andare alle corse per allenarsi. Questo aiuta dal punto di vista della programmazione?
La programmazione è un punto fondamentale. Naturalmente qualche cambiamento dell’ultimo minuto, perché un compagno è malato o viceversa, può esserci. A dicembre quando ci vedremo in ritiro stileremo i programmi, magari non per tutta la stagione, ma già sapere cosa andrai a fare nei primi tre mesi non è poco. E’ anche questo che fa la differenza nell’essere vincenti. Così come l’avere un determinato obiettivo per ogni corsa. Una cosa che ho imparato in Alpecin è che tutti, anche chi è di ausilio, devono essere al 100%.
Si concentrano le forze…
Se tutti sono al meglio, anche i gregari portano nella posizione giusta il capitano al momento opportuno. E in caso le cose non vadano secondo i piani, loro stessi hanno l’opportunità di giocarsi le proprie carte. Tutti al massimo per ogni corsa: è un dogma della Alpecin. Ed è ormai un metodo di lavoro consolidato.
Interessante e intelligente, Kristian. Per quanto riguarda te, c’è una corsa in particolare che ti piacerebbe fare il prossimo anno?
Vedremo come andrà in Spagna nel primo ritiro col discorso dei programmi, ma certo dopo due anni di Tour vorrei tanto tornare al Giro d’Italia. Magari in Italia potrei avere un capello di spazio in più rispetto al Tour, dove i ruoli sono fortemente prestabiliti. Se poi dovessi fare un altro grande Giro andrebbe bene lo stesso. Ma il Giro…
Prima hai detto che farete qualche gara minore in meno, e lì voi avete colto molti punti, però continuate ad essere una squadra da corse di un giorno anche col vincolo dei tre Giri e delle numerose corse a tappe presenti nel WorldTour?
Per le corse di un giorno abbiamo ottimi corridori e su quelle puntiamo, ma non credo che sia un grosso svantaggio. In un grande Giro ci sono 15 squadre che hanno il corridore che punta alla classifica, ma poi realmente chi se la gioca sono 3-4 atleti. Meglio fare bene dove si può. E poi non si sa mai…