Tosatto alla Tudor Pro Cycling: ecco perché lo hanno voluto

07.11.2023
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Otto mesi dopo la prima intervista, siamo di nuovo con Ricardo Scheidecker, head of sports al Tudor Pro Cycling Team. A marzo fu per capire il suo percorso dalla Quick Step alla neonata squadra di Cancellara. Il manager portoghese ci raccontò parecchie cose, alcune ancora in divenire, e fra queste il possibile arrivo di Matteo Tosatto parve una suggestione piuttosto stuzzicante. Ora che il passaggio si è compiuto e che lo stesso tecnico trevigiano ce ne ha raccontato le fasi, sta nuovamente a Ricardo spiegare il perché della scelta.

Quando lo intercettiamo, Scheidecker si trova a Lisbona, appena rientrato da un viaggio di lavoro negli Stati Uniti. Avrà appena il tempo di tirare un po’ il fiato e poi sarà tempo del primo vero meeting che in qualche modo lancerà la stagione 2024.

Ricardo Scheidecker, portoghese, è head of sports al Tudor Pro Cycling Team (foto Anouk Flesch)
Ricardo Scheidecker, portoghese, è head of sports al Tudor Pro Cycling Team (foto Anouk Flesch)
Perché Tosatto?

Toso e io abbiamo lavorato insieme quando lui era corridore alla Saxo Bank (il trevigiano ha corso nel gruppo di Riis dal 2011 al 2016, ndr) e io sono arrivato là come responsabile tecnico. Ci conosciamo da una vita, era il 2012, cioè il mio secondo anno in questo lavoro dopo la Leopard. Col tempo si è creato un rapporto di amicizia e ho scoperto in lui una persona super seria. Professionista, veramente un professionista come pochi. Mi ricordo quando si è ritirato. Ho idea che volesse fare ancora un anno seguendo Contador, ma la cosa non è andata in porto. Amen. Ha smesso e la Ineos lo ha contattato subito, perché sapevano che lui è una buona persona.

Prima l’uomo e poi il tecnico?

Esatto, è una buona persona: nessuno lo sa meglio di me. Poi è diventato un direttore sportivo e i risultati sono evidenti, lo specchio della sua qualità. Penso a lui da un pezzo. Per darvi un’idea, volevo già portarlo in Quick Step. Ho sempre suggerito il suo nome, ma decideva Patrick (Lefevere, ndr) e non lo ha preso. Nel momento in cui sono arrivato qua e ho avuto la possibilità di decidere o comunque di avere un’influenza molto più importante, logicamente accanto a Fabian (Cancellara, ndr), ho pensato subito a lui.

Tosatto e Bennati, colonne per Contador alla Vuelta 2014. Dalla Saxo Bank sono usciti due grandi tecnici
Tosatto e Bennati, colonne per Contador alla Vuelta 2014. Dalla Saxo Bank sono usciti due grandi tecnici
Matteo ci ha raccontato che il contatto c’è stato già a marzo, giusto?

La prima volta ci siamo visti in Algarve e abbiamo chiacchierato. Poi siamo sempre rimasti in contatto. Gli abbiamo presentato il progetto in modo serio, come abbiamo fatto con tutti quelli che alla fine sono arrivati. E il progetto gli è piaciuto, credo sia contento. Perché Tosatto? Per la competenza e la sua personalità. Per me è una persona squisita, che con la sua esperienza di alto livello ci porterà al prossimo step importante: il WorldTour.

Vedi differenze fra Matteo corridore e Matteo direttore sportivo?

Era già una persona molto matura, adesso ha più esperienza. L’ho sempre visto coi piedi per terra, molto razionale e responsabile. Però la sua esperienza professionale è cresciuta. Ha dovuto imparare cose nuove, tutti impariamo qualcosa ogni giorno. Se invece abbiamo l’arroganza di pensare di sapere tutto, allora non sapremo mai niente. Toso è così, sa di dover imparare tutti i giorni, ma nel frattempo il suo bagaglio è diventato più grande. Per cui l’ho trovato migliorato nella capacità, sempre lo stesso per la personalità.

Il Tudor Pro Cycling Team ha debuttato nel 2023 e guarda lontano: il WorldTour non è un miraggio
Il Tudor Pro Cycling Team ha debuttato nel 2023 e guarda lontano: il WorldTour non è un miraggio
Un tecnico con questa esperienza e questa personalità verrà coinvolto anche nella scelta degli atleti e nella programmazione?

Avrà un ruolo centrale. Da noi non esiste la figura del capo dei direttori sportivi, puntiamo sul gruppo e i tecnici fanno riferimento a me. E’ vero però che il Toso verrà coinvolto nel gruppo di discussione per l’acquisto dei corridori e in quello che definisce il programma delle corse. Abbiamo una riunione già venerdì e sarà la prima dal suo arrivo. Inizialmente ho dato un po’ di giorni a tutti per respirare, anche se il telefono brucia. Siamo al 7 di novembre, abbiamo già il programma fatto e il calendario stilato, però lui è appena arrivato e non è stato ancora coinvolto. Per cui venerdì cominceremo a lavorare. Non sono dittatore (sorride, ndr), mi piace confrontarmi con i miei colleghi e poi decidiamo insieme.

Oltre a Tosatto arriva Bart Leysen dalla Alpecin e anche corridori come Trentin e Dainese: la campagna acquisti è salita di livello…

L’anno scorso si è capito che Fabian e “Raphi” (Raphael Meyer, CEO del team, ndr) hanno investito molto nella struttura attorno ai corridoi. Gli atleti sono stati scelti molto bene, ma quello è stato un processo in cui io non sono stato coinvolto perché non c’ero, quindi va dato merito a loro. Hanno fatto una campagna acquisti molto interessante, logicamente non costosa, e credo che con questi 20 ragazzi non troppo conosciuti abbiamo ottenuto dei buoni risultati (in apertura Arvid De Kleijn centra a Langkawi la sesta vittoria stagionale ndr). Però sappiamo che se vogliamo essere WorldTour, bisogna rinforzarsi in modo importante e anche intelligente. Non portare dei nomi tanto per portarli, ma ragionare a fondo in base alla conoscenza del gruppo. Così abbiamo scelto elementi in cui crediamo. Hanno talento, hanno capacità e magari nel team precedente erano anche sottovalutati. Noi crediamo di potergli creare le condizioni per dimostrare il loro valore. Ad esempio Trentin…

Dopo tre anni al UAE TEam Emirates, Trentin passa al Tudor Pro Cycling Team con un ruolo chiave
Dopo tre anni al UAE TEam Emirates, Trentin passa al Tudor Pro Cycling Team con un ruolo chiave
Cosa avete visto in Matteo?

Come Toso per i direttori sportivi, Matteo è stato la mia prima scelta come nome da prendere. La squadra ha bisogno anche del capitano affermato e sperimentato. Forte, ma molto esperto anche dal punto di vista dell’esperienza, dell’intelligenza in corsa e fuori dalle corse. Uno che sappia fare gruppo e aiuti a unire i corridori che avremo il prossimo anno. I nuovi acquisti sono stati importanti, ma io credo anche individuati in maniera razionale ed efficiente. Si lavora al 2024, ma siamo già con la testa al 2025. Non ci fermiamo e cerchiamo di pianificare in anticipo per arrivare a quell’obiettivo a medio termine, che è diventare una squadra WorldTour.

Tosatto è rimasto moto colpito da questa lunga prospettiva.

Nel 2023 si è pensato molto al 2024, perché bisogna creare le basi e ti devi concentrare anche in quello che stai facendo nel presente. Alla fine i risultati sono stati buoni, ma non riflettono la qualità della squadra. Non voglio sembrare assolutamente arrogante, però abbiamo avuto tanti corridori malati e bisogna fare meglio anche in questo. Bisogna crescere. Per cui abbiamo preso non solo corridori, ma anche più staff. Non c’è solo il Toso, c’è un altro nutrizionista, medici, c’è un altro allenatore. L’investimento è importante, ma non ci stiamo gonfiando, cresciamo in modo progressivo. Un mattone sopra l’altro, solo così potremo costruire un muro davvero solido. 

“Mentalità Belga”, la chiave di Bramati per il cross in Nord Europa

07.11.2023
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«Avete presente quelle magliette con su scritto “mentalità belga”? Ecco, quello è ciò che serve e che si troverà andando ad un ciclocross nel Nord Europa». Luca Bramati ci porta subito nel cuore dell’articolo. Tra pochi giorni saremo in Belgio anche noi e ci tufferemo nel cuore di catini storici del cross come Niel e Dendermonde.

«Lassù è un altro sport – spiega Bramati, oggi tecnico della Alé Cycling Team – E la dimostrazione l’abbiamo avuta anche l’altro giorno al campionato europeo: un percorso veloce, con l’acqua è cambiato del tutto ed è diventato un percorso da ciclocross vero. E i nostri, a parte qualche caso, sono naufragati perché non siamo più abituati».

Il grande pubblico, componente fondamentale nei ciclocross del Nord Europa
Il grande pubblico, componente fondamentale nei ciclocross del Nord Europa
A Pont-Chateu abbiamo visto rettilinei lunghi, dislivelli, sezioni ampie, noi abbiamo anelli di fettucciato. Lassù anche questo aspetto è diverso?

Con quei percorsi del Nord se hai gamba in qualche modo emergi. Da noi c’è questa abitudine di fare le gimkane, perché di questo si tratta. Però le gimkane le fanno i bambini e quando poi vai nei percorsi veri è normale che fai fatica. Purtroppo da qualche anno è così in Italia.

Prima era tanto diverso?

Sì, decisamente. Prima c’erano i percorsi, percorsi veri. Per dire, anche Milano ai tempi della Montagnetta si correva su un percorso vero. Adesso vogliono concentrare tutta la gara in un campo da calcio ed è normale che fai le gimkane.

“Torniamo in Belgio”. Tu ci hai corso lassù. L’atleta cosa sente? Percepisce l’idea che sta disputando un evento di serie A? 

Sicuramente sì, perché correre davanti a 20.000 persone o anche di più è emozionante. Però questo dipende anche dalla freddezza dell’atleta. Ci sono degli atleti che patiscono tutto ciò, perché comunque si è anche intimoriti da una cosa del genere. E ci sono invece atleti che si esaltano a correre in mezzo alla bolgia.

Luca Bramati (classe 1968) lassù ci ha anche vinto: «Bisognava essere anche sfrontati»
Luca Bramati (classe 1968) lassù ci ha anche vinto: «Bisognava essere anche sfrontati»
A te piaceva personalmente?

Sì, sì! Mi è sempre piaciuto, anche perché ero un tipo esuberante. Non avevo paura di niente ed mi buttavo nella mischia.

E poi cambiano gli avversari: Li ci sono i “cavalli veri”, con le cosce grosse, i motori potenti e grandi abilità: com’è l’approccio mentale? Si studiano anche i corridori?

In realtà non fai in tempo a studiarli, poi dipende anche dal livello a cui sei. Se vai bene, tutto sommato qualcosa puoi fare, ma purtroppo il livello attuale degli italiani è veramente basso. Quella gente neanche la vedi in corsa.

Ma nel contesto magari sì: la preparazione, i momenti prima e dopo la gara. La ricognizione…

Ma sono attimi troppo piccoli. In quei momenti tu stesso cerchi di capire il più possibile quello che ti serve. Come affrontare quella curva, dove spingere… Io continuo a dirlo ai miei atleti che il corridore vero deve essere anche intelligente. Non può essere superficiale, perché poi non si ricorda la curva, la staccata… Uno intelligente memorizza tutti i punti dove deve mettere la ruota. Ha una certa memoria fotografica. Fateci caso: Van Aert, Van de Poel…  ogni volta che passano mettono la ruota sempre in quei 5 centimetri. Vuol dire che tu hai lucidità, che sei sveglio.

Scegliere l’abbigliamento è fondamentale secondo Bramati
Scegliere l’abbigliamento è fondamentale secondo Bramati
Ma questi sono i campioni, tutto ciò che abbiamo detto sin qui vale anche per i più giovani? Gli under 23 o gli juniores?

Loro corrono più allo sbaraglio. Non si conoscono tutti, perché corrono poco assieme… In generale sono un po’ disorientati.

E quindi sono al parco giochi o all’inferno?

Dipende… È un inferno nel parco giochi! Spesso li ho visti sballottati, spaesati. Ci sono avversari che ti passano da tutte le parti, con un’altra foga. Ci sta che sei frastornato, che non riesci a capire cosa fare. Non abbiamo sicuramente un leader neanche negli under 23.

E nella valigia cosa si mette? Giacche a vento, copriscarpe gomme da fango.

Devi avere un programma ben chiaro di ciò che devi mettere, anche in base alle tue caratteristiche. Guanti da freddo o guanti intermedi, in base a quanto lo soffri. Body pesante, body leggero sapendo di essere pronto ai cambiamenti del tempo ogni 30 secondi. Ma trenta secondi veri! All’europeo ero sull’arrivo che c’era il sole e 200 metri più in là era “buio” e pioveva. Per quanto riguarda invece i materiali, le gomme su tutto, ci pensano i meccanici. Ma come detto all’inizio serve la mentalità belga per stare lì in mezzo. Bisogna essere sfrontati.

La leggenda di Bahamontes, una vita da scalatore

07.11.2023
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Toledo, 1938. La guerra civile spagnola divampa e la fame è tanta. Alejandro ha 10 anni, da qualche giorno fa la posta a un rivenditore di frutta. O meglio, alla sua bici: darebbe qualsiasi cosa per salirci su e volare via. Un giorno non resiste più, la prende al volo e inizia a pedalare. Il proprietario urla, richiama l’attenzione. La gente ferma quel ragazzino, lo porta da lui, tutti si aspettano quantomeno un sonoro ceffone. Invece avviene quel che non ci si attende: «Vuoi questa bici? Ok, potrai usarla per portare le casse di frutta. E ti pagherò, anche». Alejandro carica casse di frutta sulla bici, anche 100 chili alla volta per guadagnare di più per la sua famiglia e intanto si diverte. Per il negoziante è stato un buon affare: niente più faticosi giri per la città e soprattutto niente più rischio di furti…

Quell’uomo non sapeva, non poteva sapere che stava cambiando le sorti del ciclismo spagnolo, perché quel ragazzino era Alejandro Martin Bahamontes, chiamato ben presto Federico. Un uomo con un destino nel nome, perché Bahamontes significa “scavalcamontagne”. Ed effettivamente nessuna carriera prima della sua era stata così legata alle sue capacità di scalatore. Bahamontes iniziò così la sua carriera.

Un inizio di rapporto con la bici molto originale e lontano dagli stereotipi di oggi (foto BDC Mag)
Un inizio di rapporto con la bici molto originale e lontano dagli stereotipi di oggi (foto BDC Mag)

Tu tiri, io vinco…

Già, perché ben presto scoprì che con la bicicletta si poteva guadagnare anche senza caricarsi addosso le pesanti casse di frutta. C’erano le gare, si guadagnava cibo e anche denaro. C’era un amico, Manuel Lopez, che aveva anche lui la passione per il ciclismo. Tanto Alejandro era lungo e mingherlino, tanto l’altro era grosso e possente. Un muro in pianura, così raggiunsero un accordo: in salita avrebbe tirato Alejandro, in pianura Manuel e alla fine si sarebbero spartiti i soldi. Su 20 gare ne vinsero 16. Bahamontes non si sarebbe dimenticato di lui, richiamandolo anche come suo aiutante da professionista.

Bahamontes ha sempre avuto un soprannome, “l’aquila di Toledo”, ma probabilmente un altro si attaglia meglio alla sua storia: “Sisifo al contrario”. Se il mitologico personaggio greco odiava le salite dove doveva spingere il simbolico masso che poi rotolava giù, Bahamontes agognava le stesse, dove andava a velocità doppia degli altri e odiava con tutte le sue forze le successive discese.

In salita lo spagnolo aveva un passo irresistibile. I problemi arrivavano dopo… (foto Facebook/SportMediaset)
In salita lo spagnolo aveva un passo irresistibile. I problemi arrivavano dopo… (foto Facebook/SportMediaset)

Lo sgarbo a Gaul

Una paura che non lo ha mai lasciato e che anzi era aumentata a dismisura dopo una caduta alla Vuelta Asturias, dove atterrò su un cactus. Risultato: 140 dolorose spine conficcate nel suo corpo. Bahamontes spesso in discesa frenava puntando i piedi. Singolare a tal proposito quanto successe nella tappa del Passo Cento Croci al Giro d’Italia 1958.

Serve un preambolo, legato alla precedente frazione da St.Vincent a Superga. Bahamontes è gregario di Charly Gaul. Il francese Geminiani detta il ritmo in salita e rimangono solo in una decina, a quel punto il lussemburghese dice a Bahamontes di tirare per fare selezione. Lo spagnolo ha un ritmo altissimo, solo Gaul regge, ma fa fatica. Il capitano gli chiede di rallentare, non c’è più bisogno di spingere così. Federico non lo sente. Non lo vuole sentire. Tira dritto e va a vincere con 27” di vantaggio. Gaul dopo il traguardo è furioso e si avventa contro il compagno di squadra, il diesse lo trattiene a stento e in conferenza stampa accamperà la scusa di un problema meccanico che ha frenato il lussemburghese.

Il giorno dopo c’è il Cento Croci. Appena si sale, Bahamontes si libra in volo. Arriva in cima con 1’30” di vantaggio su tutti. Ma la tappa non finisce lì: c’è la discesa e si palesano tutti i suoi fantasmi. Lo passano tutti. Scollina con oltre un quarto d’ora di distacco. Quel Giro lo vincerà Baldini con Gaul e Bahamontes dispersi in classifica e alla fine separati, giustamente.

Bahamontes in trionfo al Tour ’59, con Coppi al suo fianco. Anche per lui fu un riscatto… (foto Facebook/SportMediaset)
Bahamontes in trionfo al Tour ’59, con Coppi al suo fianco. Anche per lui fu un riscatto… (foto Facebook/SportMediaset)

Un’aquila e un airone…

C’è qualcuno però che crede in quello spagnolo trentenne, nelle sue possibilità e non pensa tanto alla discesa. Si chiama Fausto Coppi. Il Campionissimo è a capo del team Tricofilina ed è convinto che con le sue possibilità si possa anche andare al Tour de France del 1959 e far saltare il banco. Soprattutto se i francesi si faranno la guerra in casa loro.

E’ quel che accade. Anquetil non tiene a bada le ambizioni dell’emergente Riviere, Bobet cerca l’ultimo acuto prima del ritiro, il semisconosciuto Anglade (in forza alla squadra del Centro-Sud e non alla nazionale) è un elemento disturbatore. Bahamontes ha perso tanto nella prima parte della Grande Boucle, ma poi arrivano le frazioni a lui favorevoli. Vince la cronoscalata del Puy de Dome, poi sfrutta alla meglio il tappone di St.Vincent andando a vincere la maglia gialla e diventando un eroe per il suo Paese: «E’ vero, ho sfruttato la guerra fra i francesi – afferma davanti ai giornalisti – ma devi essere davvero forte per approfittarne».

Il campione iberico nella sua bottega sotto l’Alcazar, chiusa purtroppo nel 2004 (foto Blogciclismo)
Il campione iberico nella sua bottega sotto l’Alcazar, chiusa purtroppo nel 2004 (foto Blogciclismo)

Le salite in processione

Bahamontes ha sempre avuto una lingua tagliente, non le mandava certo a dire. Quando nel 2013 L’Equipe lo premiò come miglior scalatore nella storia del Tour, l’iberico più che festeggiare ebbe molto da dire sul fatto che secondo risultò Richard Virenque, l’uomo che con le 7 maglie a pois conquistate gli aveva sottratto il suo record di 6.

«Se lui è uno scalatore – disse – io sono Napoleone Bonaparte. Non mi arriva neppure alle caviglie. Dove sono oggi le sfide faccia a faccia, i confronti veri? Ogni salita sembra la processione della Settimana Santa…».

Lo spagnolo se n’è andato lo scorso agosto, a 95 anni. Nel 2004 aveva chiuso il suo negozio di bici che a Toledo era considerato una delle vere attrazioni della città, nascosto tra le viuzze sotto la fortezza dell’Alcazar, tanto da essere segnalato anche nelle varie guide turistiche della città e molti ancora oggi vanno a cercarlo. Federico intanto continua a guardare tutti dall’alto, come faceva al termine delle salite.

Il monumento dedicato a Bahamontes nella sua Toledo (foto Ansa)
Il monumento dedicato a Bahamontes nella sua Toledo (foto Ansa)

In attesa su un paracarro…

Un giorno, Tour de France 1954, sul Galibier staccò tutti infliggendo distacchi abissali. Ma c’era la discesa… Federico si fermò, prese un gelato da un venditore locale e si sedette su un paracarro, a gustarselo in attesa degli inseguitori, per mettersi alle calcagna e farsi guidare in discesa. Così magari non avrebbe dovuto puntare i piedi per terra…

CPS Professional Team: ottimo 2023 e spunta l’idea continental

07.11.2023
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Terzo nella classifica a squadre degli juniores, il CPS Professional Team è stato un interessante esperimento di squadra multipla che ha unito tre gruppi: quello ligure, quello campano e quello toscano. Clemente Cavaliere ne è il team manager. 

I numeri dicono: 26 vittorie, 80 top 5. Con Cavaliere tracciamo il bilancio: quello che ha funzionato, quello che ha funzionato meno e cosa bolle in pentola per il 2024.

Clemente Cavaliere con con Matthias Schwarzbacher
Clemente Cavaliere con con Matthias Schwarzbacher
Clemente, che stagione è stata?

I numeri sono stati sicuramente positivi. Abbiamo fatto quel che avevamo programmato per questa stagione “diversa”, chiamiamola così. Abbiamo fatto delle esperienze all’estero e ne sono soddisfatto. Qualcosa di più avremmo potuto fare se i ragazzi ci avessero ascoltato fino alla fine. Saremmo potuti arrivare a 35 vittorie.

Cosa significa “se i ragazzi ci avessero ascoltato fino alla fine”?

Fattori esterni. Matthias Schwarzbacher, per esempio, ad un certo punto è stato avvicinato da un procuratore, il quale gli ha dettato il calendario che doveva fare. La cosa assurda è che poi è “rimasto a piedi”. Ho provato ad aiutarlo, ma siamo pur sempre a novembre e non è facile trovare squadra adesso.

Dicevamo un 2023 diverso per il CPS Professional Team con la fusione di tre ceppi. Che esperienza è stata?

Nel complesso direi positiva. Abbiamo fatto questo esperimento di unire un team toscano, uno ligure e uno campano coi colori CPS. Fino a luglio le cose hanno funzionato bene, ma poi ci sono stati quei fattori esterni e il giocattolo si è rotto. Parlo di genitori che si sono messi nel mezzo, procuratori, gli impegni con la nazionale… In certe occasioni è stato un po’ complicato avere i ragazzi per allestire una squadra da schierare. Ma ritengo di essere stato bravo a mantenere dei buoni rapporti con tutti e di concludere la stagione.

CPS Professional Team a Villemur sur Tarn, nel Sud della Francia: l’avventura è iniziata da qui, con una vittoria e due podi in altrettanti giorni
CPS Professional Team a Villemur sur Tarn, nel Sud della Francia: l’avventura è iniziata da qui, con una vittoria e due podi in altrettanti giorni
E per il 2024 cosa bolle in pentola?

Si va avanti con il Cps Professional Team, ma senza plurima. Ci sarà un’unica affiliazione in Campania. Abbiamo inglobato il gruppo Regia Congressi Seiecom Valdarno di Leonardo Gigli, con i direttori sportivi Francesco Sarri e Fabio Frontani. Pino Toni sarà ancora il nostro preparatore e ci affiancherà negli eventi internazionali.

Quanti ragazzi avrete?

Ne avremo 14, otto di primo anno e sei di secondo. Tra di loro anche due ucraini e un ragazzo canadese. E’ arrivato a noi tramite mie conoscenze. Doveva finire al Cannibal Team, ma lui ha origini italiane, e infatti parla bene la nostra lingua, e aveva piacere di venire in Italia. Per il resto materiali nuovi, bici sempre Colnago… le stesse della UAE Emirates.

Finn vince sul Ghisallo, per la gioia e l’orgoglio di Cavaliere (foto Emanuele Piazza)
Finn vince sul Ghisallo, per la gioia e l’orgoglio di Cavaliere (foto Emanuele Piazza)
Clemente, sappiamo quanto tu sia appassionato della “tua creatura”, il CPS appunto: c’è qualche vittoria in particolare che hai sentito dentro?

Devo essere sincero e dico di no. Non l’ho sentita del tutto mia, ma non lo dico in tono polemico, semplicemente perché gli altri anni ogni cosa passava da me, la tessevo io. Quest’anno c’era un progetto diverso, con più persone. Perciò non ho avuto le stesse sensazioni di quando magari ai tempi di Verre vincevamo 5-6 corse… Però, aggiungo anche, che sono stato particolarmente orgoglioso dei successi di Sestriere e Ghisallo (entrambi a firma di Lorenzo Finn, ndr).

Ci può stare, era una cosa più intima…

E’ così… Sono soddisfatto anche delle esperienze all’estero e di come abbia gestito certe momenti difficili. Il prossimo anno saremo una squadra campana, ma senza un corridore della Campania e questo mi dispiace. Anche per questo sto pensando, anzi mi sto già muovendo, per provare a fare una continental per il 2025. Il rischio è di avere una squadra con un buon budget, ma senza corridori, perché poi al Sud non vogliono venirci a correre. E la continental che ho in mente io, non è una continental di nome. Sarà una squadra che corre all’estero, che fa attività internazionale…

Juniores, il mondo ci guarda. Ma Salvoldi alza l’asticella

07.11.2023
5 min
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Qualche giorno di vacanza per ricaricare le batterie e Dino Salvoldi ha cominciato a sfogliare l’album dei ricordi per progettare la prossima stagione degli juniores, di cui è tecnico azzurro. Che sia per merito o qualche casualità, i migliori azzurri visti in pista e nelle gare internazionali su strada, hanno spiccato il volo verso i Devo team stranieri. Qualche eccezione c’è, come ad esempio Fiorin appena approdato al Team Colpack. Dato che il passaggio del tecnico bergamasco dalle donne agli juniores serviva per risvegliare la categoria e conferirle uno spessore superiore, sentire cosa pensi della… migrazione ci è parso un passaggio interessante, prima di chiedergli che cosa ci sia nell’immediato futuro della sua nazionale.

Salvoldi agli europei con Fiorin, autore di uno splendido omnium chiuso al secondo posto
Salvoldi agli europei con Fiorin, autore di uno splendido omnium chiuso al secondo posto
Che cosa ti pare del fatto che i tuoi azzurrini finiscano quasi tutti nei Devo team all’estero?

E’ difficile dare delle opinioni personali, perché potrebbero innescarsi delle critiche per tutte le motivazioni di cui si discute in questo periodo. Però sono osservazioni che hanno una base di verità, per cui mi viene da dire che, al netto delle opinioni personali, bisogna lavorare per mettere queste generazioni nella condizione di avere una prospettiva. Se le loro scelte siano giuste o sbagliate lo scopriremo nel futuro. Le loro prospettive in questo momento di carriera, di ambizioni e di sogni passano per l’attività nei Devo team, che in Italia in questo momento non ci sono. Poi si entra chiaramente nelle valutazioni personali. Vanno solo per il nome oppure c’è sostanza?

Tu cosa pensi?

Dal punto di vista dei ragazzi, quella è la prima scelta, un’evoluzione. Cinque anni fa il massimo obiettivo per uno junior erano la Zalf e la Colpack, adesso non è più così. Una cosa mi incoraggia nel modo di scegliere da parte di queste squadre.

Delle Vedove corre nella Circus-ReUz, ma prosegue l’attività su pista (foto Instagram)
Delle Vedove corre nella Circus-ReUz, ma prosegue l’attività su pista (foto Instagram)
Quale?

I parametri di valutazione che adottano nei Devo team sono le prestazioni correlate ai risultati nell’attività internazionale. Non esclusivamente il risultato e tantomeno le valutazioni funzionali, che trovo tanto limitative. Devo dire che già rispetto all’anno scorso, quest’anno nell’attività che abbiamo fatto nella Nations Cup, ad esempio, ho visto regolarmente gli osservatori di squadre del WorldTour. C’è uno scouting che in tutti gli altri sport è la normalità da 15 anni, cui noi stiamo arrivando in ritardo.

Per te è gratificante che questi ragazzi abbiano acquisito valore anche grazie all’attività in maglia azzurra?

La percezione di quest’anno mi farebbe di sì. Abbiamo la sensazione di essere seguiti dall’intero movimento. Poi penso che si deve provare a cambiare o anticipare i tempi per quello che dipende direttamente da noi. Se non ci sono i soldi e non c’è una squadra WorldTour, che effettivamente farebbe da traino per il movimento, bisogna provare a cambiare l’atteggiamento in allenamento e conseguentemente i regolamenti in gara. Sono convinto, come ho letto da qualche parte, che sia prematuro passare nel ciclismo WorldTour a 18 anni, mentre solo due anni prima eri un allievo. Non tanto per la gara singola, perché questi atleti vengono gestiti bene e i risultati lo dimostrano. Mi sembra prematuro per quanto riguarda l’attività su strada, non assolutamente su pista. E allora forse bisognerebbe cambiare le regole. Per cui alla domanda se per me sia gratificante, rispondo “ni”, perché vorrei fare di più. Vorrei avere più di tempo per prepararli anche a questa prospettiva.

Il quartetto azzurro iridato con Favero, Fiorin, Grimod e Sierra: battuta in finale la Germania (foto Uci)
L’Italia ha vinto vinto il mondiale del quartetto con Favero, Fiorin, Grimod e Sierra (foto Uci)
Servirebbe il terzo anno da juniores di cui si parlava un tempo?

Quello, oppure rivedere la categoria under 23. Studiare una soluzione per modificare le categorie attuali ed evitare che in futuro, cambiando qualche regola, si ritrovino professionisti a 16 anni come già accade nel calcio. Se andiamo avanti così, verranno a pescarci gli allievi, anche solo per portarli a fare gli juniores nelle loro squadre under 19.

Come sostituirai l’ottima infornata di juniores che passano fra gli under 23?

A inizio ottobre abbiamo fatto delle valutazioni. Non è il periodo ideale per farlo e guardare i numeri in assoluto, dato che si è a fine stagione. Però chiaramente, rapportati tra loro e con lo storico che abbiamo, mi sono accorto da subito che c’è un margine enorme sull’allenamento, rispetto a quando passano da allievi. Perciò dico che su strada, se si riconfermeranno i 2006, avremo una squadra molto forte, con gli inserimenti dei 2007. Su pista invece dobbiamo ricominciare. Se vengono ad allenarsi a Montichiari con continuità, perché quello è l’unico segreto, magari non faremo i tempi o i risultati di quest’anno, ma non ci arriviamo lontano.

Ai mondiali di Glasgow, Sierra ha conquistato il quarto posto nella prova su strada
Ai mondiali di Glasgow, Sierra ha conquistato il quarto posto nella prova su strada
Sai se nei Devo team consentiranno ai ragazzi di proseguire con la pista?

Il fatto che Fiorin sia stato inserito nel gruppo pista è un bel segnale di continuità. Sinceramente non so se Villa abbia preso contatto con le squadre in cui andranno gli altri. Non so se gli permetteranno di continuare, mentre magari Fiorin, che andrà alla Colpack, questo permesso ce l’ha. E’ un passaggio che mi manca. I cinque che avevo saranno under 23 per quattro anni, quindi sono un investimento. Li ho visti l’altro ieri e non sapevano ancora quasi nulla dei programmi della squadra. Di conseguenza credo che per sapere se continueranno con la stessa frequenza a fare pista bisognerà aspettare che vengano fuori i programmi.

Quando ricomincerete con gli allenamenti a Montichiari?

Mercoledì e giovedì di questa settimana ci saranno i primi incontri per avere le indicazioni sul programma che vorrei svolgere il prossimo anno. Poi la mia idea sarebbe quella di cominciare a Montichiari nella settimana dell’11 dicembre. A quel punto saremo lì per due pomeriggi alla settimana. Chi vuole può venire a farci visita…

Ragusa alla Human, per riscattarsi con una gamba “nuova”

06.11.2023
6 min
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Ancora qualche giorno di tranquillità poi il suo 2024 sarà davvero dietro l’angolo. Katia Ragusa è appena passata alla Human Powered Health e fra poco inizierà la rincorsa alla nuova stagione con grandi stimoli, dopo aver risolto un delicato problema fisico.

Nella migrazione di staff e atlete che dalla Liv sono confluite alla Jayco-Alula, la 26enne vicentina (in apertura foto ilciclistafotografo) ha preso un’altra strada seguendo nel team statunitense Giorgia Bronzini, sua diesse e mentore di questi ultimi anni. Anche Ragusa non rientrava più nei piani della sua ex squadra, ma ha dovuto chiudere largamente in anticipo lannata. Un 2023 che prometteva bene dopo lo splendido secondo posto alla Roubaix e che invece si è arenato a causa di una noia alla gamba destra. Ora che è tutto risolto, ci siamo fatti raccontare da lei come si sta preparando alla sua nuova avventura.

Giorgia & Katia, atto terzo

Per la terza stagione consecutiva Ragusa sarà guidata da Bronzini. Si ritroveranno in una Human molto “italiana” grazie al nuovo arrivo di Zanardi e alla già lunga presenza di Malcotti. Ecco cosa ci aveva detto la diesse piacentina quando non era stato ancora ufficializzato il passaggio di Ragusa.

«Katia ora deve vincere con me in ammiraglia (sorride, ndr). Lei è stata una scommessa vinta parzialmente perché l’ho seguita meno di quello che volevo. E’ anche per questo che ho cercato di volerla ancora con me in squadra. In base al calendario che offriremo al team, che sarà più completo rispetto al passato, sono certa che Katia avrà i suoi spazi e le sue opportunità rispetto ad un lavoro da gregario fisso. Può ricalcare il percorso che ha fatto lì Barbara (Malcotti, ndr)».

Prosegue il vostro rapporto lavorativo. Come ti trovi con Bronzini?

Sono contenta di aver stabilito un filo diretto con lei. Devo solo ringraziare Giorgia perché è un tecnico che ti coinvolge tanto. Di persone come lei ce ne sono poche, soprattutto nel nostro ambiente. Uno dei suoi grandi pregi è che, essendo stata una grande atleta e avendo smesso da poco, riesce ad immedesimarsi in ognuna di noi. Capisce le esigenze e trova la soluzione giusta per ogni singola ragazza. Poi è stata preziosa anche in questo mio trasferimento.

In che modo?

A luglio la Liv mi aveva fatto intendere che non ero più nei loro progetti, così il mio procuratore (Lorenzo Carera, ndr) si è subito messo in moto per cercare altrove. Sapendo che Giorgia si stava accordando con la Human, abbiamo chiesto se c’era la possibilità di raggiungerla. E loro ci hanno ben accolto.

Ragusa a spasso in montagna con i suoi cani Moky e Benny durante la convalescenza dall’operazione alla gamba destra
Ragusa a spasso in montagna con i suoi cani Moky e Benny durante la convalescenza dall’operazione alla gamba destra
Cosa ti hanno detto alla Human?

Ho parlato con Kenny Latomme (uno degli altri diesse del team, ndr). Ho avuto subito un’ottima impressione. Anche se è un po’ meno sotto i riflettori rispetto alle altre, la Human è un team molto ben organizzato, con una persona dedicata ad ogni compito specifico. Hanno in mente un buon programma. Non vedo l’ora di iniziare il 2024, anche perché questa stagione è stata molto condizionata dal problema alla gamba destra.

Spiegaci cosa ti è successo.

La mia ultima gara è stata a Plouay ad inizio settembre e qualche giorno dopo ho fatto un accertamento medico. Era già dal Tour de Suisse (metà giugno, ndr) che sentivo la gamba destra molto più affaticata dell’altra. Sempre un formicolio al piede e la sensazione di avere un laccio all’altezza della coscia. La sintomatologia era simile a quella dell’arteria iliaca, ma facendo una TAC abbiamo scoperto che geneticamente ho due arterie, anziché una, che vanno ad irrorare il quadricipite. Facendo ciclismo questa seconda arteria si è ispessita causandomi una stenosi, ovvero una chiusura all’inizio dell’arteria stessa che non mi faceva arrivare il giusto flusso di sangue alla gamba.

Il secondo posto alla Roubaix è il miglior risultato di Ragusa nei due anni di Liv. Nel 2024 vuole confermare quel tipo di prestazione in più corse
Il secondo posto alla Roubaix è il miglior risultato di Ragusa nei due anni di Liv. Nel 2024 vuole confermare quel tipo di prestazione in più corse
Come lo hai risolto?

A fine settembre ho fatto un’angioplastica. Un intervento minimamente invasivo, fatto in day-hospital, che mi ha liberato l’arteria di quella strozzatura grazie ad una sonda e un palloncino. La visita di controllo di qualche giorno fa è andata bene. Avevo comunque fatto camminate in montagna e anche uscite in bici senza problemi. Infatti non avevo preso paura, perché mi avevano detto che era tutto sotto controllo. Certo, facendo uno sport intenso come il ciclismo ora dovrò tenere monitorata la situazione, ma sono molto serena. Anzi visto che la gamba destra è andata in decifit in questi mesi, sto facendo esercizi mirati per recuperare il giusto tono muscolare. Fra poco si parte.

Cosa prevede il tuo programma?

So già che correrò il Down Under in Australia. Ho chiesto io di poterlo correre per iniziare forte il 2024. Quindi dal 12 al 26 novembre andrò ad allenarmi a Calpe per fare una buona parte di fondo. Tornerò a casa per qualche giorno poi il 3 dicembre ripartirò, stavolta con la squadra, per andare tre giorni a Minneapolis dove c’è la sede della Human. Laggiù faremo i test e proveremo i materiali. Infine torneremo a Girona per il ritiro fino al 18 dicembre.

Ragusa ha subito un’angioplastica alla gamba destra per risolvere un problema genetico ad un’arteria
Ragusa ha subito un’angioplastica alla gamba destra per risolvere un problema genetico ad un’arteria
Quali saranno gli obiettivi di Katia Ragusa nel 2024?

Gli ultimi due anni in Liv sono stati fondamentali per la mia crescita e capire meglio il WorldTour. Vorrei ripetere la buona primavera di quest’anno, possibilmente però senza problemi fisici. Per il corridore che sono ho bisogno di trovare la condizione giusta col caldo, quindi l’Australia mi aiuterà ad arrivare in condizione per le classiche del Nord. Poi anche le gare a tappe sono un obiettivo in cui giocarmi le mie carte. Ma per ora penso solo ad iniziare bene la nuova stagione. Ho buoni presupposti.

Due corse e il ritiro: la storia di Sciortino può far riflettere

06.11.2023
5 min
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Come è possibile che di colpo si sia spento tutto è una delle domande con cui Carlo Sciortino fa i conti quasi quotidianamente. Il giovane siciliano ha restituito bici e maglia a Cesare Turchetti, come prima di lui aveva fatto Salvatore Florio. Tuttavia, mentre il compagno di squadra ha parlato di celiachia e di pochi soldi per i sacrifici richiesti, Sciortino usa altri argomenti.

«Soldi ne girano pochi – dice Sciortino da Palermo – lo sapevo e non avrebbe senso lamentarsene. Florio ha sbagliato a usare questo argomento, perché secondo me non è stata quella la vera motivazione, poi non lo so… In tutte le squadre ne girano pochi, nel ciclismo in generale è così. Ormai si campa solo di calcio. Io non ho smesso per i soldi o perché non avessi capacità, ho smesso perché quello che facevo non mi divertiva più. Non mi sentivo pronto. E’ difficile dire se sia dipeso dalla lontananza, ma di certo ha influito. Ancora ci penso e non riesco a darmi una spiegazione. Intanto però ho provato i test per Scienze Motorie e sono entrato. Sto studiando da un mesetto e mi sto appassionando…».

Sciortino correva nel Casano-Matec di Giuseppe Di Fresco, che aveva portato la squadra in Sicilia proprio per stare vicino ai suoi pupilli e concittadini. I risultati erano venuti, era arrivata la convocazione in nazionale e anche al Giro della Lunigiana la rappresentativa gialla e rossa si era messa in evidenza. Poi il passaggio fra gli U23, una delle uniche due vittorie 2023 della Gallina-Ecotek-Lucchini-Colosio (foto di apertura) e il black out, riaccendendo la luce sul ciclismo del Sud usato a fini elettorali e poi inesorabilmente abbandonato a se stesso.

Giro della Lunigiana 2022, Sciortino con la rappresentativa siciliana e il suo diesse Di Fresco
Giro della Lunigiana 2022, Sciortino con la rappresentativa siciliana e il suo diesse Di Fresco
Andiamo con ordine, ti va? Lo scorso anno hai finito gli juniores e hai firmato con Delio Gallina. Quando li hai incontrati?

Li ho conosciuti al primo ritiro di gennaio. Ero in vacanza da scuola, sono salito e ho partecipato al primo ritiro. Era tutto a posto, non avevo intenzione di mollare. Quindi studiavo e mi allenavo come ho sempre fatto. Solo che lentamente, continuando ad allenarmi qui in Sicilia, ho capito che ero svantaggiato rispetto a come si allenavano gli altri under 23. E a quel punto, ho iniziato a maturare la decisione di smettere. Quando ho finito la maturità non mi sentivo pronto e ho deciso di continuare gli studi.

Da junior hai fatto vedere belle cose, con quali obiettivi sei passato U23? Avevi in testa di passare?

Al primo anno da junior, mi sono divertito tanto, anche se magari le prestazioni erano inferiori a quelle del secondo. Nella stagione successiva, da maggio sono andato in ritiro a Massa e sono stato per quattro mesi lontano da casa, sempre in viaggio. Il divertimento è iniziato a mancare e ho cominciato a capire che quando una cosa non ti diverte più come prima, sicuramente c’è qualche problema. Per questo a inizio anno, pensavo che sarebbe stato molto difficile riuscire a passare. Non per le capacità, ma perché non riuscivo più a divertirmi come prima.

Di recente Michael Leonard ha ricordato la sua prima vittoria del 2022, battendo te. Avevi grandi numeri…

Mi ricordo bene quel giorno. Come numeri c’ero, è stato un fatto psicologico. Stare lontano da casa ha avuto il suo peso, rispetto a quando facevo avanti e indietro. Però devo dire che anche quando ero qua in Sicilia e di mattina andavo a scuola, il pomeriggio mi allenavo svogliatamente. Quindi non avevo più le prestazioni che magari mi avrebbero spinto a fare meglio e anche questo ha influito. L’anno scorso avevo la squadra qui in Sicilia che mi dava una mano, quest’anno ero solo. Quando ha smesso Florio, sono rimasto spiazzato. Non me l’aspettavo e anche quella è stata una botta. Però non ha influito, perché comunque il mio pensiero era quello di continuare a pedalare.

Nel 2022 Sciortino ha partecipato al Tour du Pays de Vaud con la nazionale juniores
Nel 2022 Sciortino ha partecipato al Tour du Pays de Vaud con la nazionale juniores
Hai sempre avuto Filippo Fiorelli fra i tuoi riferimenti: hai parlato con lui di questa decisione?

No, ho parlato solo con la mia famiglia, con nessun altro. Turchetti è rimasto male, ha detto che si aspettava di più da me. La cosa che noto è che comunque esco sempre in bici, mi alleno ogni tanto, per divertimento. Quando incontro Fiorelli, usciamo insieme, parliamo. Non ho tagliato i ponti, continuo a parlare con tutti. Mio padre c’è rimasto un po’ male i primi giorni, però mi ha lasciato libero di fare le mie scelte.

Si diceva che per te fosse difficile andare d’accordo con la bilancia e chi l’ha provato sa quanto questo conti nel ciclismo di adesso.

E’ tanto faticoso, tanto. Finché c’era il divertimento, lo facevo con piacere. Quando poi è venuto a mancare il gusto di uscire in gruppo con altri miei compagni, stando da solo ho mollato di testa. Già è difficile, da soli è difficilissimo.

Ti manca l’adrenalina della gara?

Diciamo che sono riuscito a compensarla perché l’anno prossimo penso di farmi qualche garetta con gli amatori, qualche circuito qui in Sicilia. Il ciclismo mi è rimasto addosso. Riesco ad allenarmi qualche oretta, due al massimo e diciamo che sono ancora un po’ competitivo.

Possiamo dire che se in Sicilia e al Sud in generale ci fosse un vero calendario, forse questa storia sarebbe stata diversa?

Penso proprio di sì. Si parla tanto del fatto che a una certa età bisogna lasciare la Sicilia e in genere le regioni dove il ciclismo non si mastica. Adesso che studio, la voglia è di restare nel ciclismo per diventare allenatore e portare un po’ di aria fresca. Questo è un bell’obiettivo, poi comunque è tutto da vedere: la strada è lunga.

Sciortino è arrivato alla Delio Gallina per l’interessamento diretto di Cesare Turchetti
Sciortino è arrivato alla Delio Gallina per l’interessamento diretto di Cesare Turchetti
Magari riuscirai tu a fare una squadra in Sicilia?

Per ora, onestamente, in Sicilia di movimento ce n’è pochissimo, veramente poco. Forse non siamo stati mai a un livello così basso, quindi mi sembra un po’ dura. Speriamo che da qui a 10 anni, la situazione migliori. Al momento ci sono più preparatori e biomeccanici che atleti. Ho letto la notizia che entro un mese dovrebbe riaprire il velodromo di Palermo, però è un anno che deve riaprire fra un mese. Vanno sempre posticipando.

Quante corse hai fatto quest’anno?

Ho corso qui in Sicilia e ho vinto (in apertura il podio al Memorial Francesca Alotta e Rosario Patellaro, vinto su Samuele La Terra Pirré, ndr). E poi una sola fuori regione. Ma devo dire che non ho il rimpianto di non aver fatto qualche corsa più importante, perché non avevo la testa necessaria. Ho preso questa strada, lo studio mi appassiona.

Allora buona vita, il ciclismo resterà comunque un’ottima scuola. Escludi che la passione possa tornare?

Grazie, magari ci vediamo a Palermo. Ma non penso proprio che la passione possa tornare.

EDITORIALE / Buon compleanno alla Lega commissariata

06.11.2023
7 min
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Il commissariamento di una Lega è un passaggio traumatico, reso necessario da una situazione di ingovernabilità. Una sorta di trattamento radicale e rapido in seguito al quale si possa tornare a definire obiettivi e strategie.

Quando il 4 novembre 2022 il Consiglio federale della FCI ha deciso di commissariare la Lega del Ciclismo Professionistico, pare avesse valutato anche la possibilità di scioglierla. Poi il tempo ha portato altre indicazioni e adesso fra le ipotesi ci sarebbe anche la possibilità di includervi le continental, gli juniores e le donne. Probabilmente modificando l’articolo 1 dello Statuto che, sin dalla sua nascita, ammette nella Lega soltanto gli atleti il cui rapporto di lavoro è professionistico, come previsto dalla Legge 91 del 23 marzo 1981.

E’ il 29 novembre 2022, i commissari Tognon e Di Cintio incontrano i gruppi sportivi pro’ (foto LCP)
E’ il 29 novembre 2022, i commissari Tognon e Di Cintio incontrano i gruppi sportivi pro’ (foto LCP)

Fronte comune

La Lega ha per obiettivo la tutela dei diritti dei suoi associati, che mai come oggi devono affrontare situazioni economiche molto difficili. Sarebbe auspicabile che facessero per questo fronte comune, invece la situazione appare spaccata e si fatica a comprendere se l’attuale gestione commissariale, che compirà un anno il 10 novembre (il commissariamento lo ha già compiuto il 4), sia improntata o meno a una scelta democratica.

Il ciclismo professionistico italiano è in crisi, con poche squadre e corse schiacciate dallo strapotere di RCS Sport. Il 26 ottobre, la Corte di appello federale ha invalidato l’elezione di Mauro Vegni a presidente della Lega, dopo che Moreno Argentin (cui già nella prima assemblea elettiva era stata contestata la situazione debitoria) e altri organizzatori avevano presentato ricorso ravvedendo un conflitto di interessi.

Non si può dire che l’elezione del patron del Giro rientrasse in un disegno più ampio, ma certo avrebbe posto il ciclismo di fronte a un bivio. Da un lato ci sarebbe stato l’appiattimento sulle istanze del Giro d’Italia (riteniamo di no, per la stima verso Vegni), dall’altro avrebbe visto il soggetto più forte alla guida del gruppo.

In ogni caso, vista la difficoltà nel trovare una soluzione, la FCI fa ricorso al commissariamento, con un doppio incarico. L’avvocato Tognon dovrà riscrivere lo Statuto, rispetto a quello in vigore. L’avvocato Di Cintio si occuperà della contrattazione per i diritti televisivi. Il primo è uomo delle Istituzioni e viene da 12 anni alla guida della Procura federale d’appello. Il secondo e il suo collaboratore Marcel Vulpis arrivano dal mondo del calcio.

Mauro Vegni è il direttore del ciclismo di Rcs Sport, la sua nomina in Lega è stata invalidata
Mauro Vegni è il direttore del ciclismo di Rcs Sport, la sua nomina in Lega è stata invalidata

Via Tognon

Al momento di illustrare il lavoro sullo Statuto, succede però qualcosa. Per metà marzo 2023 infatti, viene indetta una riunione per parlarne, ma poco prima la collaborazione con l’avvocato Tognon si interrompe. Il suo lavoro è durato quattro mesi, la bozza di Statuto è stata consegnata alla Federciclismo e alla Lega, ma pare che nessuno fra gli associati della Lega l’abbia ancora vista. Al posto di Tognon, che dunque non illustrerà il suo lavoro, viene nominato un sub commissario: avvocato Mauro Sferrazza. Arriva dall’Avvocatura generale dell’Inps ed ha avuto a sua volta degli incarichi nel mondo del calcio.

Niente di anomalo, formalmente. Se l’incarico era quello di riscrivere lo Statuto ed è stato portato a termine, si può benissimo chiudere la collaborazione con Tognon e tenere aperta quella altrettanto complessa legata ai diritti televisivi, che è ancora sul tavolo.

Argentin ha iniziato con l’Adriatica Ionica Race nel 2018
Argentin ha iniziato con l’Adriatica Ionica Race nel 2018

I diritti televisivi

Agli organizzatori viene chiesto di dare fiducia all’ufficio del Commissario, che procederà alla trattativa per loro conto. Inizialmente aderiscono tutti. Poi con l’avvicinarsi delle gare e vista l’assenza di risultati, a fine febbraio gli organizzatori si riuniscono in una videochiamata in cui chiedono ad Argentin e Pozzato di andare a parlare con il Commissario per ricevere informazioni. A causa di due spostamenti di data, tuttavia, alla riunione si presenterà soltanto Argentin, che non riceverà risposte, perché privo delle deleghe da parte degli altri.

A questo punto il veneziano cade nell’errore di perdere lucidità e, come conseguenza di quell’incontro e per le parole pronunciate, si espone probabilmente al rischio di essere deferito alla Corte federale. Mentre all’indomani dell’incontro e probabilmente a causa di quanto accaduto, si stabilisce che ciascun organizzatore potrà ricevere informazioni unicamente sulla propria corsa e non sulle altre.

Il Giro dell’Emilia, vinto da Roglic, è andato in onda sulla RAI per trattativa diretta con il GS Emilia
Il Giro dell’Emilia, vinto da Roglic, è andato in onda sulla RAI per trattativa diretta con il GS Emilia

Corse scoperte

A quanto si sa, le corse che a fine 2022 non hanno copertura per la produzione televisiva sarebbero Laigueglia, Per Sempre Alfredo, Coppi e Bartali, Larciano, Giro dell’Appennino, Giro della Toscana-Memorial Alfredo Martini, Coppa Sabatini, Memorial Pantani, Adriatica Ionica Race, Giro dell’Emilia Internazionale Donne, Giro dell’Emilia Uomini (che in realtà ha un’opzione con la RAI), Coppa Bernocchi, Giro del Veneto, Veneto Classic.

A febbraio, l’assegnazione del Giro Donne a RCS Sport priva il sopracitato pacchetto del fiore all’occhiello. La trattativa con la Rai si ferma a marzo quando Alessandra De Stefano, direttore di Rai Sport, dà le dimissioni. Si apre una fase di incertezza, in cui i singoli prendono l’iniziativa. Pozzato ad esempio decide per il secondo anno consecutivo di mettere mano al portafogli e pagare per le sue corse.

La Adriatica Ionica Race sarebbe dovuta partire il 21 settembre da Corropoli
La Adriatica Ionica Race sarebbe dovuta partire il 21 settembre da Corropoli

Il caso Argentin

Argentin è una spina nel fianco. Chiede incontri e copie di delibere, ottenendo più che altro rifiuti. Lui insiste, ma ha il difetto di non essere inattaccabile. Ha pendenze economiche verso vari fornitori e non tutti i passaggi nella sua organizzazione appaiono immuni da difetti. Pertanto, quando si decide che è la misura è colma, basta applicare i regolamenti e la sua corsa, come già raccontato più volte, viene cancellata. Moreno cede al suo temperamento e perde le staffe, sacrificando probabilmente anche uno spicchio di credibilità. Forse per questo quando convoca la conferenza stampa di Roma, in cui spiega le sue posizioni, è evidente che all’appello manchino le grandi testate, capaci di suscitare grande clamore.

Figli e figliastri? Di situazioni complicate ce ne sarebbero anche altre. Ci sarebbero squadre (anche WorldTour) che avanzano migliaia di euro per rimborsi mai percepiti. Alcuni organizzatori li avrebbero affidati a società di intermediazione e pare che non siano mai stati versati. Si potrebbe intendere che quegli organizzatori siano inadempienti, eppure non se ne parla. Forse perché nel frattempo i soldi sono arrivati?

Il Consiglio federale si occuperà della situazione della Lega? L’immagine FCI è precedente alle dimissioni di Norma Gimondi
Il Consiglio federale si occuperà della Lega? L’immagine FCI è precedente alle dimissioni di Norma Gimondi

Il senso della Lega

La Lega, così com’è, ha ancora senso? Ci sono tante riflessioni da fare, almeno finché c’è un protagonista come RCS, che si ritrova nello stesso… recinto di realtà ben più piccole. Ripartire dopo l’annullamento dell’elezione di Mauro Vegni poteva essere il momento della svolta, invece la sensazione è che abbia peggiorato i rapporti.

Il Commissario della Lega è autonomo oppure la Federazione dà la rotta? Nel 2024 si chiude il primo quadriennio dell’attuale gestione e dopo le Olimpiadi si andrà a nuove elezioni. Per cui c’è da immaginare che presto o tardi il Consiglio federale prenderà in mano la situazione e che prima o poi lo Statuto della Lega sarà tirato fuori dal cassetto e votato, per come l’ha scritto Tognon o alla luce di qualche modifica.

Il commissariamento sta dando i frutti sperati? E’ di poche settimane fa la notizia che la Lega ha firmato un contratto con Warner Bros per “la distribuzione internazionale, a livello mondiale, delle gare professionistiche italiane su strada”. Non si parla però di produzione: a chi competerà?

Il 2023 è alle spalle, magari per l’inizio del 2024 ci saranno progetti e proposte ben definiti. Certe attenzioni, come quelle sui bilanci sono necessarie. Le vicende di cui si parla probabilmente risulteranno noiose, parlarne serve per offrirvi un quadro quanto più possibile completo. L’incontro necessario con il Commissario di Cintio permetterà finalmente a tutti di esporre la propria versione.

Fiorin sulla via di Parigi: un piccolo passo tra i grandi

06.11.2023
4 min
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Una delle novità in casa Colpack-Ballan per la stagione 2024 è l’arrivo, dalla categoria juniores, di Matteo Fiorin. Un profilo interessante, soprattutto perché lontano dai soliti canoni stradistici. Fiorin, infatti, è uno dei maggiori prospetti della pista, in particolare nel quartetto, disciplina regina del movimento del parquet italiano. Lui, insieme ai compagni Giaimi, Favero e Sierra ai mondiali di Anadia ha fatto registrare il record del mondo nell’inseguimento a squadre juniores.

A Cali in Colombia è arrivata la medaglia d’oro nell’inseguimento e il record del mondo della categoria juniores(foto Instagram)
A Cali in Colombia è arrivata la medaglia d’oro nell’inseguimento e il record del mondo della categoria juniores(foto Instagram)

Un pensiero a Parigi

Va da sé che l’arrivo di un profilo del genere in un team continental come quello della Colpack faccia discutere. Se a tutto questo poi si aggiunge la notizia che lo stesso Fiorin è stato inserito nel gruppo di lavoro guidato da Villa in vista delle Olimpiadi di Parigi 2024 la cosa diventa particolarmente interessante.

«Lo stesso Villa – racconta Fiorin – mi aveva accennato qualcosa alla Tre Giorni di Aigle. L’idea era che avrei potuto fare qualche spedizione, come qualche tappa di Nations Cup o, addirittura l’europeo di gennaio. Di quest’ultima opzione non c’è certezza, ma già da novembre sarò inserito nel gruppo di lavoro degli elite, complice anche il fatto che non ci saranno i mondiali U23.

«Ne parleremo sicuramente durante il ritiro in Sicilia, a Noto. Per il momento andremo giù per fare fondo e pedalare su strada, sfruttando il clima favorevole. Qui dalle mie parti piove da una decina di giorni e inizia a fare freddo. Andare a Parigi è impossibile, anche per il semplice fatto che il quartetto di Tokyo è rimasto intatto». 

Matteo Fiorin (in testa) è entrato nel programma di lavoro per Parigi 2024 (foto Instagram)
Matteo Fiorin (in testa) è entrato nel programma di lavoro per Parigi 2024 (foto Instagram)

Parola d’ordine: migliorare

Fiorin vola basso, conosce la sua forza, ma anche quella dei suoi compagni di nazionale. Le prospettive ci sono, ed essere inserito nel programma di lavoro in vista di Parigi 2024 certifica quanto fatto fino ad ora.

«Per quanto dimostrato quest’anno – continua Fiorin – entrare nel gruppo di lavoro del quartetto è davvero emozionante. Sarà un anno importante, per migliorare ulteriormente e per far questo mi allenerò spesso con il quartetto a Montichiari. Il primo obiettivo stagionale sarebbe quello di partecipare all’europeo elite, poi mi piacerebbe concentrarmi anche sulla strada. Il mio passaggio in Colpack è legato anche a questo, ad aumentare la performance su strada».

Un importante step da fare sarà legato alla strada, dove Fiorin vuole crescere in questo primo anno da U23 (foto Instagram)
Un importante step da fare sarà legato alla strada, dove Fiorin vuole crescere in questo primo anno da U23 (foto Instagram)

Scuola e strada

L’impegno della scuola, primario nei confronti di altro, sarà qualcosa da tenere in conto. Fiorin è il primo a non voler forzare i tempi, consapevole che per emergere serve tempo e fare tutti i passi necessari, compresi quelli scolastici. 

«Avendo ancora la scuola – spiega sempre con voce calma – penso di seguire il metodo usato fino ad ora: ovvero andare una volta a settimana a Montichiari. Devo essere sincero però, su pista riesco a fare bene i lavori specifici, ma la domenica sento che mi manca qualcosa. Con più appuntamenti su pista a disposizione (visto l’ingresso della Nations Cup, ndr) non escludo che potrei anche lavorare per programmi. Quindi andare maggiormente a Montichiari in vista degli appuntamenti su pista, sarà un qualcosa che decideremo più avanti. 

«Nella mia prima stagione da under 23 – ci confida – ho l’obiettivo di riuscire a vincere qualcosa, anche solamente a livello regionale. Per farlo dovrò imparare a sopportare tanti chilometri di gara, che con il cambio di categoria si faranno sentire. Il fondo è la prima cosa da allenare, a partire dal ritiro azzurro a Noto».

Fiorin in passato si è messo in evidenza anche nelle prove di velocità come madison ed eliminazione (foto Federciclismo)
Fiorin in passato si è messo in evidenza anche nelle prove di velocità come madison ed eliminazione (foto Federciclismo)

Accanto ai migliori

Il fatto di avere accanto a sé i migliori atleti al mondo in questa specialità è un modo per trovare la propria strada con più facilità. Ogni corridore è diverso, ma dall’esperienza dei più grandi è possibile imparare tanto, anche nel gestire questa specialità.

«In Italia – conclude – abbiamo il privilegio di avere dei grandi atleti e di poter costruire un gruppo che non guarda solo agli eventi più vicini ma anche a quelli futuri. In più in Colpack posso contare su Quaranta e Boscaro, anche loro si dividono tra strada e pista. Confrontarmi e capire come lavorano potrà aiutarmi a trovare il miglior equilibrio possibile per trarre il meglio da entrambe le specialità».