COMO – Mentre nelle strade della provincia di Bergamo e di Como, tra salite e discese si è disegnato il 118° Giro di Lombardia, ai pullman parcheggiati dietro lo stadio Sinigaglia c’era un gran via vai di persone e curiosi. Sul bus della Lidl-Trek Paolo Barbieri ha ripercorso insieme a noi i suoi anni nel ciclismo, nei quali ha curato la comunicazione e i rapporti con la stampa per grandi campioni. Pochi metri più avanti, invece, seduto nel vano dei bagagli del mezzo della Polti-Kometa c’era Paul Double. Occhiali a goccia alla Top Gun, giubbino da aviatore, un largo sorriso e tanta voglia di raccontarsi. Il britannico parla un italiano praticamente perfetto, frutto degli anni trascorsi da noi a gareggiare.
E’ arrivato nel lontano 2017 alla Zappi’s Racing Team, con la quale ha gareggiato per due stagioni. Nel 2019 è passato nella bergamasca Colpack-Ballan, poi ancora alla Zappi, che nel frattempo era diventata Holdsworth Zappi Team. Nel biennio 2021 e 2022 invece è arrivata la MGKVis, ultima squadra continental della sua carriera. E’ passato professionista con la Human Powered Health nel 2023, ma alla chiusura della professional americana ha dovuto cercare una nuova sistemazione. Ecco che spunta la Polti-Kometa, ennesima realtà italiana del suo cammino lungo e tortuoso. Un anno alla corte di Basso e Contador e per Paul Double è arrivata la chiamata nel WorldTour, a 28 anni.
«Il 2024 – racconta – è stato un anno bellissimo per me. All’inizio la squadra non mi conosceva bene, ma dal primo training camp mi dicevano che andavo forte e mi sono guadagnato la loro fiducia. La prima parte di stagione è andata bene, sono arrivato terzo nella classifica generale del Presidential Tour of Turkey ad aprile. Non sono ancora riuscito a vincere una gara da professionista, ma in Slovenia ci sono andato tanto vicino. Sono sempre stato accanto ai primi, corridori che da anni sono nel WorldTour, e questo mi ha reso fiero. Penso sia stata la gara più bella per me nel 2024».
Facciamo un salto indietro, raccontaci il tuo percorso da corridore.
Non è stato normale (dice con una risata contagiosa, ndr) è stato davvero difficile. Ho iniziato tardi, correvo come amatore in Inghilterra, ma più per divertirmi. Poi ho vinto una gara di club e Flavio Zappi mi ha detto di provarci, di venire in Italia perché aveva visto qualcosa in me.
Com’è stato l’approccio con il nostro Paese e il ciclismo?
All’inizio è difficile, il gruppo è doppio. Nelle prime gare ero sempre in fondo, ma Flavio non ha perso la volontà. Era convinto che in me ci fosse qualcosa, mi ha convinto a restare. Però ogni anno a fine stagione mi trovavo sempre nel mondo delle continental e pensavo che il ciclismo non facesse per me. Ero lì che mi dicevo «Okay, voglio fare professionista però forse non sono adatto».
Poi però è arrivata la Human Powered Health.
A 26 anni, è stata una bella iniezione di fiducia. Ero davvero contento di passare professionista con loro, però a fine 2023 dopo un anno la squadra ha chiuso. E ancora mi sono trovato a chiedermi se ne valesse la pena, fare tutti questi sacrifici per non avere certezze. Il destino era contro, ecco.
E invece la Polti-Kometa ti ha dato una grande mano…
Fortunatamente mi hanno preso e dai, è stato, come ho detto, un bell’anno. Adesso provo una sensazione un po’ strana perché mi piace tanto qui, però a 28 anni volevo provare il massimo livello del ciclismo e vediamo che riuscirò a fare. Penso che la Jayco-AlUla sia una bella squadra.
Come ti hanno contattato?
Stavo lavorando con il mio procuratore Gary McQuaid di Altus e abbiamo detto che se fossi dovuto andare in un team WorldTour avrei dovuto farlo con una squadra che potesse andare bene per me. Non voglio andare nel WT solo perché arriva un’offerta. La Jayco ha mostrato interesse nei miei confronti e nel parlare abbiamo trovato diversi punti in comune.
Perché pensi che possa essere giusta per te?
Parlo italiano, è vero, però andare in una squadra in cui la lingua principale è l’inglese mi piace. Non è che lo preferisco, però forse capisco di più. Tornare in un ambiente dove si parla la mia lingua d’origine sarà bello, però lì ci sono tanti italiani quindi è perfetto.
Se ti guardi indietro quanto pensi sia stato importante l’insistere di Flavio Zappi?
Per la mia carriera è stato importante, senza di lui non sarei arrivato qui. Mi ha aiutato tanto e ho parlato spesso con lui negli anni in cui ho corso nella sua squadra.
Come hai vissuto il fatto di ripartire ogni anno da zero?
Forse ho avuto un po’ di stupidità, però alla fine eccomi qui. Penso di essere una persona resiliente e adattabile e questo è importante. E poi perché mi piace davvero quello che faccio, questa vita è bella, uno spettacolo. Quando sei in gara c’è sempre tanta emozione, una sensazione che non puoi trovare in altro.
In che modo ti sei appassionato così tanto alla bici?
Probabilmente quando ero piccolo ho usato la bici qualche volta, ma non ricordo. Mio padre era un amatore molto forte, però non mi ha trasmesso questo interesse. Un giorno mi hanno detto di andare a fare una cronometro, in Inghilterra fanno tante gare del genere, sono andato forte. E da qui ho iniziato a usare la bici, ma come hobby. Solo alla Zappi ho pensato che sarei potuto diventare un ciclista professionista.
Con la Jayco hai fatto dei test?
Abbiamo parlato un po’ dei miei numeri, penso sia un mio punto forte. Vero che anche se i tuoi dati sono buoni devi fare i risultati, però quest’anno sono andato bene e mi sono meritato una posizione così. Questo è un forte punto per me. Dal 2017 a ora sono cresciuto anno dopo anno ed è questa la motivazione che mi ha spinto a continuare. Non c’è ancora un limite, ora magari sono ad un punto in cui mi sono posizionato ma penso ci sia ancora spazio per migliorare.
Allora non resta che farti un grande in bocca al lupo per i prossimi due anni.
Grazie, a presto!