Europei pista, azzurri all’80 per cento. Parla coach Bragato

11.01.2024
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Il mare non è lontano e nemmeno il confine con la Germania. Fuori dalla Omnisport Arena di Apeldoorn il vento è gelido, ma non c’è l’umidità che in Italia renderebbe la temperatura impossibile da sopportare. Diego Bragato ha appena concluso un’altra sessione di allenamento in pista con gli azzurri e racconta che, quando a breve andrà verso l’hotel, fare quei pochi passi non sarà poi così drammatico.

Per il responsabile del settore performance della Federazione è iniziato l’anno più importante, quello per cui sinora si è lavorato, progettato, programmato: l’anno delle Olimpiadi di Parigi 2024. I campionati europei su pista sono il primo passo, anche se le grandi manovre sono riprese ufficialmente con il ritiro di Noto e sono andate avanti per tutto il periodo delle Feste

Europei a gennaio, come avete gestito l’avvicinamento?

Abbiamo lasciato che ragazzi e ragazze staccassero, perché la stagione 2023 è stata lunghissima. Con alcuni abbiamo fatto un primo periodo a Calpe, mentre altri erano in zona con le squadre e per questo ci siamo fatti vedere nei loro ritiri, per trovarci, programmare e parlare. Quindi abbiamo fatto due blocchi in pista: poco prima di Natale, fino al 23 dicembre, e poi dal 27 al 31, dove abbiamo cominciato a mettere insieme i vari pezzi.

In che modo hanno lavorato i ragazzi e le ragazze che erano con le squadre, perché la preparazione su strada fosse funzionale alla pista?

Ormai si inseriscono lavori specifici anche nei primi ritiri. Una parte di intensità non per forza in funzione pista, ma a quello abbiamo provveduto noi a Montichiari. Quello che ci premeva era che ci fosse lavoro in palestra, dall’inizio del programma e in maniera abbastanza decisa. Avevamo bisogno che quei volumi ci fossero e per questo ho seguito personalmente i ragazzi e le ragazze.

Si è trattato di uno strappo richiesto alle squadre oppure la palestra fa parte anche della loro routine?

In realtà tutte le squadre si stanno allineando su questi aspetti, anche se noi chiediamo qualcosa in più. Più che altro, nell’affrontare i lavori di intensità, abbiamo tenuto in considerazione il periodo dell’anno. Non potevamo fare i soliti volumi, non avendo il fondo delle gare, quindi li abbiamo ridotti prevedendo tempi di recupero adeguati.

La sensazione di Bragato era azzeccata: azzurre oro nel quartetto con Fidanza, Paternoster, Balsamo e Guazzini
La sensazione di Bragato era azzeccata: azzurre oro nel quartetto con Fidanza, Paternoster, Balsamo e Guazzini
Questo inciderà sulle prestazioni degli azzurri qui agli europei?

Ne risentiranno di sicuro, non abbiamo atleti al top ed è normale che sia così. Siamo intorno a un 80 per cento e misurarci con gli altri ci permetterà di raccogliere delle utili informazioni. Le nazionali che invece non devono programmare una stagione su strada fatta di Sanremo, Roubaix e Giro d’Italia e possono preparare solo eventi su pista, si troveranno avvantaggiate. Parlo dei danesi e altre squadre che non hanno un calendario su strada come Ganna, Milan oppure Balsamo e Guazzini, Paternoster e Consonni, fratello e sorella. Noi dobbiamo per forza mettere assieme strada e pista, quindi sappiamo cosa abbiamo fatto e vediamo quanto vale in gara.

La Francia a dicembre era già sul Teide…

Secondo me hanno fatto un blocco di lavoro importante, anche perché fino a domenica scorsa hanno avuto i campionati nazionali e ho visto prestazioni interessanti. Secondo me sono arrivati qui forti, probabilmente per costruire un primo picco e averne poi un altro per le Olimpiadi.

Dopo i mondiali si è dovuto mettere il punto sulla partecipazione delle ragazze ai vari stage di allenamento.

Il passo falso di Glasgow è servito a noi per aggiustare il tiro e a loro per capire a che punto fossero e dove possiamo andare. Ora c’è tutto un altro clima, sin dall’inizio della stagione e si è visto (le ragazze proprio stasera hanno vinto l’oro nel quartetto battendo la Gran Bretagna, ndr).

Viviani, Ganna e Moro sono in Australia e faranno la prima prova di Nations Cup: avrebbe fatto comodo averli qui agli europei?

Fare una corsa a tappe su quei percorsi, seguita da una da un full immersion in pista è un buonissimo lavoro. Mi dispiace non aver messo assieme qui i 5-6 Probabili Olimpici, come invece abbiamo fatto con le ragazze, però nel giro di un mese riusciamo a vedere quasi tutti sul campo, quindi va bene così.

Ad Apeldoorn ci sono anche i velocisti di Ivan Quaranta, il cui percorso di preparazione è a se stante
Ad Apeldoorn ci sono anche i velocisti di Ivan Quaranta, il cui percorso di preparazione è a se stante
Successivi momenti di verifica ci saranno nelle varie prove di Nations Cup?

Purtroppo le Coppe sono nel periodo delle classiche, quindi sarà difficile. Con le ragazze riusciremo a fare bene l’ultima prova a Milton, con i ragazzi invece no, perché tra il Belgio e la preparazione del Giro non si riuscirà a prevedere trasferte con il gruppo unito. Lavoreremo a Montichiari, con ritiri in altura e tutto quello che abbiamo programmato da Milton fino alle Olimpiadi. In ogni caso per tutti resta la necessità di mantenere la palestra: è troppo importante visti gli standard cui puntiamo.

A margine di tutto c’è il lavoro sui materiali, che compete anche a te, giusto?

Allo staff performance, esatto. Insieme a Pinarello, abbiamo fatto un gran bel lavoro di test sulle bici. Loro ci hanno proposto delle soluzioni e noi abbiamo scelto. Idem con Vittoria per le gomme, stiamo collaborando per capire quale sia l’assetto migliore per pressioni e scelta fra tubolari o tubeless. Si valuta soprattutto la scorrevolezza, che varia a seconda delle specialità. 

Quanto conta la sensazione dell’atleta da questo punto di vista?

Tantissimo, il feeling è fondamentale. Certe volte arriviamo a delle situazioni in cui dal punto di vista numerico le differenze sono minime ed è il loro feedback che guida la scelta. E dirò di più, se anche non partiamo dai numeri ma dalle loro sensazioni, una volta che si fanno i test scientifici, si scopre che i numeri confermano i feedback degli atleti. 

Tubeless o tubolari?

La teoria è la stessa che si usa su strada, ma qui ci sono masse, velocità e un terreno completamente diverso, quindi serve qualcosa che nasca appositamente per la pista. Stiamo ancora valutando, ma qui usiamo i tubolari, anche perché le ruote e i telai che abbiamo non permettono ancora il tubeless. E comunque sono test che si fanno in allenamento e non in gara.

Quindi ad Apeldoorn non si usano le bici nuove?

Manca una settimana circa perché ci arrivino tutte. Derivano dalla bici del record di Ganna, ma non posso dire altro perché Pinarello ci tiene a uscire con una sua comunicazione. Però i ragazzi hanno apprezzato molto la novità. Abbiamo fatto delle prove con gli accelerometri per vedere come si comporti il telaio in ogni situazione e siamo molto contenti. Telai e anche nuovi manubri: cambia tutto.

Guarniture ancora Miche?

Esatto, senza variazioni di lunghezza della leva, come invece so che accade su strada. Abbiamo lasciato la scelta alla sensazione dell’atleta, supportato anche dei dati della galleria del vento, ma tutti su questo fronte hanno confermato la loro scelta.

Giuliani non si arrende. Un altro anno per il team rumeno

11.01.2024
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Stefano Giuliani non è cambiato di una virgola rispetto al corridore che negli anni Ottanta vinse due tappe al Giro d’Italia e che dal 1996 è quasi sempre rimasto alla guida di varie squadre del panorama italiano e non solo. Il “quasi” si riferisce alla parentesi dal 2004 al 2011, quando ormai saturo di questo mondo, fece un passo indietro, ma poi la passione tornò a galla. Appena compiuti 66 anni, il dirigente abruzzese è alle prese con la costruzione della nuova stagione del team Sofer-Savini Due-Omz, formazione continental, diretta discendente della Giotti Vittoria, che ha trovato casa in Romania.

Non è più solo questione di licenza: la squadra ha ora una forte impronta rumena, tanto è vero che per metà sarà composta da corridori di quel Paese, poi due giapponesi, un marocchino, un ungherese e il riconfermato in extremis Marco Oliva, unica presenza italiana nel team, trentenne che aiuterà anche a dare un po’ di esperienza nel team facendo da collante tra corridori e tecnici. Se a prima vista questa scelta può stupire, parlando con Giuliani si comprende che è figlia di una situazione più complessa.

Stefano Giuliani ha lanciato il team nel 2018, cambiando sponsor e licenza. Ora rilancia la sfida
Stefano Giuliani ha lanciato il team nel 2018, cambiando sponsor e licenza. Ora rilancia la sfida

«Dico la verità – racconta – io avrei voluto mollare perché in questo ciclismo sono troppe le difficoltà da affrontare, è un mondo dove per rimanere a galla servono troppi soldi. Poi un po’ la passione, un po’ il desiderio di dare comunque ai ragazzi la possibilità di correre, di mettersi in mostra e trovare la strada per emergere, come hanno fatto in decine dai miei team nel corso degli anni, mi hanno spinto a continuare. Per questo ammetto che siamo un po’ in ritardo rispetto agli altri club, anche se tutte le formalità burocratiche sono state espletate».

E’ chiaro però che la squadra di oggi è ben diversa da quella degli anni scorsi…

Lo so bene, ma la scelta di affiliare la squadra in Romania non era stata presa per questioni fiscali. La nostra è sempre stata una squadra piccola, ma con impronta internazionale. Il nostro cammino dal 2018 ci stava portando a diventare una professional, poi la pandemia ha fermato tutto e il ciclismo da allora è diventato un’altra cosa. Per realtà come la nostra è difficile continuare, trovare chi sostiene l’attività è complicato. Soprattutto perché tutte le aziende chiedono la grande vetrina del Giro d’Italia e quindi le porte sono chiuse.

Il gruppo della Sofer-Savini Due-Omz, che quest’anno conterà una decina di elementi
Il gruppo della Sofer-Savini Due-Omz, che quest’anno conterà una decina di elementi
Come sei arrivato in Romania?

Ho avuto la fortuna di conoscere un imprenditore come Savini, abruzzese come me, che ha il suo mercato in Romania e in tutti i Balcani, dov’è un riferimento nel campo dell’arredamento di bagni. Figurarsi che non aveva neanche tanta passione per il ciclismo, alla fine gliel’abbiamo instillata noi. E la sua carica, la sua brillantezza nel campo industriale ha coinvolto anche noi, spingendoci a insistere.

Analizzando la scorsa stagione, hai affermato che il 2023 è stato avaro di soddisfazioni. A cosa è stato dovuto?

Quando corri gare di calendario di alto livello come facciamo noi, in giro per l’Europa, ti trovi contro vere corazzate che hanno mezzi a disposizione molto superiori ai nostri. Noi però consentiamo ai ragazzi di crescere e imparare affrontando competizioni di livello adeguato e infatti qualche risultato è arrivato. Con noi abbiamo avuto Nikiforos Arvanitou, corridore greco laureatosi campione nazionale con i nostri colori e capace di altri buoni risultati anche al Giro di Sicilia. Ma proprio perché è cresciuto non potevamo tenerlo.

Il giovane greco Arvanitou si è messo in evidenza. Nel 2024 correrà per la Novaspor Speedbike (foto DirectVelo)
Il giovane greco Arvanitou si è messo in evidenza. Nel 2024 correrà per la Novaspor Speedbike (foto DirectVelo)
La vostra diventa quindi una squadra di lancio per giovani…

Non potremmo fare altro. Non c’è un reale progetto di base perché ogni anno dobbiamo fare i conti con budget estremamente risicati, muoverci contando il centesimo. Per avere più libertà di movimento non basta che io trovi lo sponsor danaroso che in Italia neanche c’è, servirebbe proprio una nuova impostazione che tenga conto delle esigenze di formazioni come la nostra, dia un supporto a chi è la base del movimento, riempie gli ordini di partenza rimettendoci di tasca propria. Perché ad esempio non dare privilegi di defiscalizzazione a chi investe nel ciclismo, nelle categorie giovanili? Si farebbe il bene del movimento e le aziende sarebbero maggiormente invogliate a intervenire.

Secondo te perché non avviene?

Sarebbe facile dire che è un problema politico, la realtà è che dovremmo noi, intesi come società continental e di under 23, a muoverci di comune accordo invece di farci continuamente la guerra. Questo sistema mi piace molto meno di com’era prima che ero più giovane, ma il mio carattere mi porta a ributtarmi nella mischia e mettercela tutta, pensando ai ragazzi.

Oliva insieme al suo tecnico Alberati. Nel 2024 sarà l’unico italiano del team, almeno per ora… (foto Instagram)
Oliva insieme al suo tecnico Alberati. Nel 2024 sarà l’unico italiano del team, almeno per ora… (foto Instagram)
Quando iniziate?

A fine febbraio faremo un ritiro per poi iniziare le gare a marzo. Per ora abbiamo 10 elementi, ma conto di inserirne almeno un altro paio, magari anche italiani, per poi iniziare la stagione e so che, grazie anche allo staff tecnico a nostra disposizione, sapremo farci valere.

Orbea Orca e Orca Aero per Lotto Dstny, l’alba di una nuova storia

11.01.2024
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Ci sono storie destinate ad avere un seguito e percorsi pensati per incontrarsi grazie ai valori condivisi. Lotto Dstny e Orbea hanno siglato un accordo di collaborazione, fondato sull’ambizione per entrambi i soggetti di raggiungere nuovi traguardi sia nello sport sia a livello commerciale. 

Nei suoi 38 anni di storia, la squadra belga è diventata un punto di riferimento e Lotto detiene la sponsorizzazione più longeva del mondo del ciclismo. Orbea, con i suoi 183 anni di esperienza e le gare nel sangue, persegue costantemente l’eccellenza attraverso il miglioramento. Scopriamo insieme i modelli Orca e Orca Aero dati in dotazione al team belga, che da oggi sono disponibili all’acquisto nella rete di distribuzione del brand spagnolo e sul suo sito Orbea. 

Salite e volate

L’alba di una nuova collaborazione. Orbea e Lotto Dstny hanno presentato ufficialmente la dotazione tecnica per la stagione 2024. La proposta è costituita dai modelli da strada tecnologicamente più avanzati del marchio: l’Orca, caratterizzato dalla massima leggerezza e la Orca Aero come opzione aerodinamica.

Gli scalatori daranno sfogo alle proprie potenzialità sul modello Orca, che si distingue per l’estrema leggerezza. Con solo 6,7 chili, sarà tra le biciclette più leggere del gruppo e la sua efficienza la renderà protagonista sui grandi passi di montagna. Per i velocisti invece, la Orca Aero sarà la scelta più congeniale. Questo modello combina in un equilibrio ideale il massimo guadagno aerodinamico, il miglior rapporto peso/rigidità e una manovrabilità da manuale. 

Ricerca dell’eccellenza

Il marchio e la squadra condividono un profondo legame con il ciclismo, basato sull’impegno sociale nei rispettivi territori. La loro unione mira all’eccellenza attraverso il miglioramento continuo.

«Come per Lotto Dstny – afferma Ander Olariaga, direttore della comunicazione di Orbea – siamo un marchio con una forte presenza a livello globale. Grazie a questa collaborazione, aspiriamo ad ampliare il nostro impatto e a rafforzare il riconoscimento a livello mondiale». 

Lotto Dstny trova in Orbea un alleato ideale per continuare a migliorare le prestazioni della sua intera struttura. «L’adattamento alle nuove biciclette – ha dichiarato Stéphane Heulot, CEO di Lotto Dstny – è stato veloce e la volontà di continuare a lavorare sul loro sviluppo è sempre presente. Sono certo che insieme potremo raggiungere grandi traguardi».

Lotto Dstny e Orbea sono pronti a unire le forze per dare inizio a una nuova tappa che vuole ispirare le persone che amano il ciclismo a sognare in grande come alla vigilia di una grande corsa. 

L’obiettivo è vincere

Il marchio e la squadra hanno lavorato sull’adattamento di ciascun ciclista alle biciclette, per ottenere il massimo rendimento in ogni corsa. I due modelli sono caratterizzati dai colori rosso e blu tipici di Lotto Dstny e da una finitura nera e lucida in carbonio. Una delle grandi novità della collaborazione tra Orbea e Lotto Dstny è la possibilità di acquistare l’edizione replica di entrambe le biciclette.

Sarà infatti, possibile utilizzare gli stessi modelli in dotazione al team belga. In particolare, Orbea ha già reso disponibili per la vendita nella sua rete di distribuzione e sul suo sito i modelli Orca M10i LTD Replica e Orca Aero M10i LTD Replica, nonché il solo telaio di entrambe le biciclette. L’allestimento per entrambe le opzioni vede il telaio personalizzato nei colori ufficiali della squadra, insieme al manubrio Vision 5D integrato, alla trasmissione e ai freni Dura Ace con una combinazione di guarnitura FSA Powerbox K-Force Team Edition e ruote Oquo (con cerchio tubeless) di profilo diverso a seconda che si tratti della Orca o della Orca Aero. Sarà Vittoria a fornire gli pneumatici.

Il kit telaio della Orca M10i LTD Replica viene venduto a 4.249 euro, mentre la bici completa ne costerà 11.499. Per quanto riguarda la Orca Aero M10i LTD Replica, il kit telaio ha un prezzo di 3.749 euro, mentre 10.999 euro è il costo della versione completa. 

Orbea

Come si prepara una stagione senza grandi Giri?

11.01.2024
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Samuele Battistella (foto Instagram in apertura) è pronto a mordere l’asfalto torrido dell’Australia, per il quale serve un adattamento specifico. Il corridore dell’Astana vuole riprendere il feeling con la vittoria e tanto passerà dai suoi obiettivi della stagione. Battistella stesso in una nostra precedente intervista ha usato parole molto chiare. 

«Non credo di fare grandi Giri – ha detto – ma mi concentrerò solo ed esclusivamente su gare di un giorno e brevi corse a tappe. Ho visto che con i mostri sacri che ci sono, anche andare in fuga e fare risultato è sempre meno possibile. In questo modo, senza partire con la classica preparazione per il Giro d’Italia, eviterò di sacrificare delle corse di primavera che si fanno nel periodo dell’altura». 

Battistella avrà come primo obiettivo di stagione la campagna delle Ardenne
Battistella avrà come primo obiettivo di stagione la campagna delle Ardenne

Tre macrocicli

Come si prepara, nello specifico, una stagione senza grandi corse a tappe? Cosa varia nella preparazione? Nella gestione della condizione e nella cura dei dettagli? Di tutto questo parliamo con il suo preparatore: Maurizio Mazzoleni, che si trova in Spagna per il secondo training campo dell’Astana Qazaqstan Team

«A livello generale – ci dice il preparatore – si modificano i macrocicli. Quando si corrono uno o due grandi Giri si fanno due macrocicli di lavoro. Con una fase di recupero tra l’uno e l’altro. Per quelli che sono gli obiettivi di Battistella nel 2024, quindi senza grandi Giri all’orizzonte, cambiano delle cose. I macrocicli saranno tre: uno che parte dall’Australia e termina con le Ardenne. Il secondo con il focus del Giro di Svizzera e del campionato italiano ed il terzo previsto per settembre».

Battistella passerà comunque dal Giro di Svizzera, tappa fondamentale del suo cammino
Battistella passerà comunque dal Giro di Svizzera, tappa fondamentale del suo cammino
Tante corse a tappe di una settimana o corse di un giorno…

Servono per far crescere la condizione. Battistella dopo il Tour Down Under andrà all’Algarve e poi alla Parigi-Nizza. Da lì si fermerà per andare in altura e preparare le Ardenne. Successivamente faremo una fase di recupero, a maggio saremo ancora in altura per preparare Svizzera e campionato italiano. Samuele è segnato come riserva al Tour de France, quindi fare il Giro di Svizzera è utile qualora dovesse essere chiamato in causa. 

Poi come prosegue la stagione?

Finito il campionato italiano, ci sarà la fase più lunga di recupero, per poi iniziare il terzo ed ultimo macrociclo di lavoro. In quel caso prepareremo al meglio il finale di stagione: tra settembre e ottobre. 

Nello specifico in che modo si lavora senza l’obiettivo di un grande Giro?

La differenza vera e propria sta nei microcicli dove si tende a privilegiare l’intensità prestativa e la freschezza, così da poter fare tanti lavori specifici. Si faranno meno triplette (tre giorni di carico, ndr) ma si faranno due giorni di allenamento intensi intervallati da un recupero. 

I periodi di altura saranno più intensi e dedicati a lavori di qualità (foto Instagram)
I periodi di altura saranno più intensi e dedicati a lavori di qualità (foto Instagram)
Che differenza ci sarà per Battistella?

Quando ha fatto i grandi Giri, andava a caccia di tappe oppure era a supporto del leader. In questi casi si lavora nelle settimane prima della corsa cercando la condizione. Si fanno gare minori come Tour of the Alps o Svizzera per definire la condizione, lasciando comunque un margine di crescita. Per obiettivi secchi come le Ardenne si fanno blocchi di lavoro più intensi e si passa da gare di avvicinamento come Giro di Sicilia o Paesi Baschi. Il prima non cambia, l’obiettivo sì.

Serve maggior freschezza per essere competitivi…

Le quattro o cinque settimane alla fine dell’altura non avranno uno sforzo unico, ma più gare singole. Le tipologie di allenamento fatte in precedenza, quindi, variano. Faremo lavori più intensi e intervallati e tanto dietro motore. 

La stagione si concluderà a ottobre dopo il terzo e ultimo macrociclo di preparazione
La stagione si concluderà a ottobre dopo il terzo e ultimo macrociclo di preparazione
Il recupero come viene gestito?

La fase di recupero è più corta, abbiamo bisogno di meno tempo. Una settimana di scarico e poi si comincia a costruire la condizione. 

E l’altura?

Faremo due o tre periodi. La prima in preparazione alle Ardenne, la seconda pre Svizzera. Se Battistella, come previsto, non dovesse fare il Tour de France, faremo una terza altura a luglio. Ma la gestiremo diversamente: sarà un’altura di recupero, senza lavori specifici. 

Ehi Scarte, com’è andata la 100KM Madison di Copenhagen?

11.01.2024
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Da ieri sono di scena i campionati europei su pista. Tra gli azzurri impegnati sul parquet di Apeldoorn c’è anche Michele Scartezzini, che giusto ieri sera è stato 11° nell’eliminazione. Il corridore delle Fiamme Azzurre sotto le feste non solo si è preparato col resto degli azzurri a Montichiari, ma insieme a Simone Consonni ed Elia Viviani ha preso parte ad un’insolita prova sul finire del 2023: la 100KM Madison di Copenhagen.

Già Adriano Baffi ci aveva parlato di questa particolare sfida: 400 giri, cento chilometri in pista, 12 volate in quattro “blocchi”, roba da uomini duri.

Sedici coppie, la 100KM Madison di Copenhagen può partire, davanti alla consueta ottima cornice di pubblico (foto Jesper Skovbolle)
Sedici coppie, la 100KM Madison di Copenhagen può partire, davanti alla consueta cornice di pubblico (foto Jesper Skovbolle)
Michele, cosa ti è sembrata questa 100KM? Era la prima volta che vi partecipavi?

Non sapevo come andasse affrontata, cosa mi aspettasse. Se devi fare 100 chilometri di allenamento su strada dici: «Cavoli, sono almeno tre orette». Non sapevo del rifornimento, se e come si potesse fare. Sia io che Simone ed Elia eravamo tutti un po’ prevenuti, avevamo un minimo di “paura”. Poi però i danesi ci hanno dato qualche dritta e tutto è andato subito meglio.

La questione rifornimenti era una delle note più curiose di questa particolare madison in effetti. Tu come ti sei gestito?

Ho bevuto una sola volta, un goccio d’acqua, e ho preso un gel per tutta la gara. Pensavo fosse una cosa più “tragica”. Alla fine ci siamo detti che non è stata impossibile come ci sembrava all’inizio.

Come prendevate questi rifornimenti?

Si rallentava un po’ e si finiva nella parte interna della corsia di rallentamento. C’era del personale nel rettilineo opposto a quello dell’arrivo. Il rifornimento si prendeva dopo aver dato il cambio al compagno, nei giri di recupero. Alla tornata prima rallentavi, davi una voce al massaggiatore a bordo pista e al giro dopo prendevi la borraccia o il gel. 

A che velocità si rallentava?

Credo sui 30 all’ora. Davi un sorso alla borraccia e quando ripassavi gliela gettavi cercando di dargliela vicino e stando attento che non finisse in pista. Alla fine è andata bene. L’unica differenza è che di solito su strada il rifornimento si prende con la destra, qui si faceva tutto con la sinistra. 

Accorgimenti tecnici: pista lunga 250 metri, che rapporti avete utilizzato?

Avevo un 62×16. Forse ero un pelino più duro degli altri, ma di poco. Però nel finale stavo bene, quindi significa che il rapporto era azzeccato. 

C’è stato un momento di crisi?

Siamo stati la prima coppia a prendere il giro dopo 40 tornate (Scartezzini correva con il danese Matias Malmberg, ndr). Poi, appena rientrati, lui ha avuto un problema alla bici. Si è dovuto fermare e ho continuato io da solo. Ho dovuto spingere per altri 4-5 giri, facendo uno sforzo ulteriore. E in quel momento hanno attaccato così ho preso il buco. Sono rientrato con gli altri, ma è stato un lungo tirarsi il collo. Dopo che Malmberg è rientrato ho cercato di recuperare, ma non è stato facile. Ho pensato che avrei dovuto dosare bene le energie. Ma qualcosa abbiamo perso chiaramente. Per il resto poi è filato via tutto abbastanza regolare.

Quindi è stata gara vera…

Sì, sì, assolutamente. C’è stata tanta bagarre soprattutto nella prima parte, poi dopo metà bene o male le coppie che erano davanti non ti lasciavano andare via e tornare alla pari coi giri. In più bisogna considerare che non era come a Gand: la pista qui era lunga.

Spiegaci meglio…

La velocità rimaneva sempre abbastanza costante, ma elevata. Non riuscivi a fare quel buco e a prendere subito metà pista. Riagganciarsi dietro al gruppo era molto dura. Bastava che due o tre coppie dietro si alleassero e… ti lasciavano lì. Ti facevano “morire”. Ho guardato la media finale: abbiamo fatto 100 chilometri in un’ora e 47′ chiudendo a quasi a 57 all’ora di media (i primi l’hanno superata di poco, ndr).

Elia Viviani e Simone Consonni. I due italiani hanno concluso la loro prova in 6ª posizione (foto Jesper Skovbolle)
Elia Viviani e Simone Consonni. I due italiani hanno concluso la loro prova in 6ª posizione (foto Jesper Skovbolle)
E hai visto anche gli altri dati?

Certo e tutti erano buoni. Di certo meglio che a Gand. Anche il cuore era buono. Nel finale ho provato ad accelerare un pochino e non avevo crampi o affaticamenti vari e questo ha creato una bella condizione per questi Europei.

Cosa ti lascia una 100KM madison sul piano della condizione?

C’era gente capace di correre e questo ha aiutato, specie su una pista lunga. Due ore di americana ti fanno soffrire, ma ti danno anche tanto. Per me è stato un bell’allenamento, ne sono uscito con una bella gamba.

Cosa vi ha detto Marco Villa in proposito? Era contento di questo evento?

Sì, sì… L’altro giorno a Montichiari per esempio dovevamo fare dei lavori, ma a noi reduci dalla 100KM di Copenhagen ha detto di recuperare ancora un po’. Io l’ho ringraziato! Scherzi a parte, con questo format si fa un ottimo lavoro di tenuta e di brillantezza insieme.

Prima hai detto di aver preso il giro dopo 40 tornate, ma quando vedi il cartello che indica 360 giri al termine cosa passa nella testa?

Ho fatto i conti e mi sono detto: «Abbiamo fatto 10 chilometri, ne mancano 90… tanti». Però poi mi sono ritrovato a metà gara abbastanza presto. Ho poi in mente il cartello dei 120 giri al termine, quando c’erano da fare le volate. «Mancano solo 30 chilometri», mi sono detto. Quindi tutto sommato sono passati velocemente. La differenza con una madison normale è che i ritmi sono alti, ma non del tutto alla morte. Non avendo le volate ogni 10 giri ti potevi gestire. Le accelerate erano forti, ma i tempi tra un attacco e l’altro erano lunghi.

Albanese sbarca in Francia e nel WorldTour, cosa ci racconta?

11.01.2024
5 min
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Per Vincenzo Albanese il passaggio nel WorldTour ha il colore rosso della divisa dell’Arkea-B&B Hotels. La squadra francese ha prelevato il corridore classe 1996 dalla Eolo-Kometa (dall’1 gennaio Polti-Kometa) e lo ha portato tra i grandi. Un cambiamento radicale che ha riguardato anche il suo ex compagno alla corte di Basso e Contador, Lorenzo Fortunato, passato in Astana. 

Dopo 3 anni alla Eolo-Kometa Albanese è passato nel WorldTour all’età di 27 anni
Dopo 3 anni alla Eolo-Kometa Albanese è passato nel WorldTour all’età di 27 anni

Grande passo

Il mondo al di fuori di una professional è diverso, per certi aspetti lo è tanto, soprattutto se la squadra che ti accoglie di italiano ha solo le bici che utilizza per correre. Ma come sono andate queste prime settimane per Albanese

«Mi trovo molto bene – ci dice – la squadra mi lascia libero, anzi, parecchio libero. La differenza rispetto a prima si sente e si vede. In prima cosa dal numero di membri dello staff e dalla cura dei dettagli. Per ora sono contento di come sta andando. Ho il chiaro obiettivo di migliorare e di cercare di fare quel passo in più rispetto a prima. Voglio cercare qualche risultato di spessore, in precedenza ci sono andato vicino, ora voglio centrare il bersaglio».

Nella formazione francese Vincenzo si aspetta tante occasioni, grazie al calendario più folto
Nella formazione francese Vincenzo si aspetta tante occasioni, grazie al calendario più folto

Dall’alto della montagna

Albanese ora si trova a Sierra Nevada, in ritiro per quindici giorni in modo da preparare al meglio l’inizio della stagione (nella foto di apertura durante l’allenamento di oggi). 

«Sono qui da solo – racconta – la squadra è in ritiro a Gandia, ma hanno voluto che io andassi in altura. Vogliono che vada forte fin dalle prime gare a Maiorca. Sono arrivato in ritiro domenica 7 e riparto il 22 verso le corse. In altura mi trovo bene, riesco ad allenarmi al meglio e ad avere il tempo giusto per fare tutte le cose». 

Albanese correrà su bici Bianchi, qui durante i test effettuati in pista dai tecnici dell’azienda
Albanese correrà su bici Bianchi, qui durante i test effettuati in pista dai tecnici dell’azienda

Team francese

L’Arkea-B&B Hotels è una formazione a grande matrice francese, per Albanese, da sempre abituato a realtà italiane, il cambio potrebbe pesare…

«La differenza si sente – prosegue nel racconto – ma la lingua piano piano la imparo. Basta buttarsi e provare. Poi tra compagni di squadra ci si parla poco perché il tempo insieme è sempre limitato. Abbiamo fatto un ritiro a dicembre e ora sono qui da solo. La cosa importante è capirsi in corsa e lì in qualche modo si riesce sempre a comunicare».

L’Arkea-B&B Hotels è una squadra a grande trazione francese, ma questo non spaventa Albanese
L’Arkea-B&B Hotels è una squadra a grande trazione francese, ma questo non spaventa Albanese

Staff immenso

Il mondo del WorldTour mette in contatto tante persone. Dai corridori allo staff si contano spesso molte figure e trovare l’equilibrio non è sempre facile.

«Abbiamo tutto a disposizione – ci spiega Albanese – ed ogni cosa ha la sua figura responsabile. Bisogna trovare il ritmo ma nello sport non si inventa nulla e a volte bisogna anche avere l’esperienza per capire da soli certe dinamiche. Qui in Arkea siamo tanto seguiti con test e personale che ci guida al meglio.

«Prima mi sono confrontato con i nutrizionisti, ne abbiamo due. Abbiamo trovato una dieta da seguire con indicazioni per ogni parte della stagione. Per quanto riguarda il lavoro in bici è cambiato poco rispetto a prima. La differenza è stata nella cura della palestra, dove ho passato più tempo. Ho fatto un piano di miglioramento che mi permetta di crescere di qualità e non di massa, cosa di cui non ho bisogno».

All’orizzonte potrebbe anche non esserci un grande Giro, ma tante corse di un giorno
All’orizzonte potrebbe anche non esserci un grande Giro, ma tante corse di un giorno

Tante occasioni

Il calendario è forse il punto di svolta definitivo. Correre nel WorldTour permette di programmare gli impegni alla luce del fatto che si sa dove si correrà e quando.

«Aumentano le occasioni – conclude – Albanese – prima magari ne avevo 15 all’anno ora ne ho 50. La squadra guarda ai punti, come tutte d’altronde, è una dinamica nuova per me. Alle Eolo c’era questa necessità ma non così forte. Proprio alla luce di questo andrò a caccia di punti, è una cosa che la squadra mi ha anticipato subito. Quindi tante corse di un giorno, non escludo che potrei non fare nemmeno un grande Giro. Non è una cosa che mi destabilizza, anzi, mi sento di poter dare di più perché nelle corse di un giorno trovo tante occasioni. Dopo l’esordio in Spagna dovrei correre in Francia e poi in Belgio, avrò modo di testarmi in tante corse diverse e questo mi incuriosisce parecchio. Il fatto che la squadra faccia doppia o tripla attività mi permette anche di poter variare a seconda delle esigenze di ognuno».

Nasce la Polti-Kometa: una botta di orgoglio italiano

10.01.2024
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MILANO – Hotel Principe di Savoia in piazza della Repubblica, nei salottini della hall ci sono procuratori di calciatori e direttori sportivi. Ariedo Braida (che in serata si intratterrà a lungo con Francesco Moser) e Oscar Damiani sono appena usciti, noi andiamo avanti a parlare con Alberto Contador. Fuori l’inverno si fa sentire, il cielo è grigio, ma per il ciclismo è una bella giornata. Si presenta il Team Polti-Kometa. Ne abbiamo viste le maglie. Abbiamo letto vari comunicati e apprezzato le immagini della Aurum Magma con cui correrà la squadra. Ma adesso Francesca Polti e Giacomo Pedranzini spiegano il perché abbiano scelto di sponsorizzare la squadra di Basso e Contador, presenti allo stesso tavolo. Il sorriso è coinvolgente, gli argomenti attaccano.

Francesca Polti ha parlato raccontando il suo entusiasmo e la sua visione
Francesca Polti ha parlato raccontando il suo entusiasmo e la sua visione

Le ragioni per partire

L’aspetto sportivo ci sta a cuore, ma quel che più ci piace sottolineare è il fatto che due grandi aziende italiane abbiano scelto di impegnarsi nel ciclismo. Fino a qualche tempo fa non sarebbe stato niente di strano (complici forse anche disinvolte abitudini fiscali), oggi è un’eccezione.

«Sono abituata a parlare in pubblico – dice Francesca Polti – ma è la prima volta che parlo della mia squadra e sono molto emozionata. La nostra squadra, la sento davvero mia. Quando si è trattato di scegliere se aderire o meno al progetto, ho riunito il mio staff ristretto e piuttosto che chiederci perché farlo, ci siamo chiesti se ci fosse un motivo per non farlo e non ne abbiamo trovati. Abbiamo visto solo opportunità e così siamo partiti.

«Ho trovato analogie di valori. Anche la squadra, come la nostra azienda, si fonda su rispetto, innovazione e sostenibilità. Abbiamo trovato nel ciclismo un bel veicolo di comunicazione, perché vogliamo che Polti si espanda nei Paesi in cui la squadra andrà a correre. Vogliamo tornare vicini al nostro pubblico, per fare vedere chi siamo e non solo per mostrare i nostri prodotti. Vogliamo far conoscere la nostra vivacità, anche se è una sfida in salita, al culmine della quale ci potrà essere grande soddisfazione. Quando ci siamo riuniti con le famiglie prima di Natale, mio padre si è avvicinato a me e Ivan (Basso, ndr) e ci ha chiesto se qualcuno ci avesse già dato dei pazzi. Noi abbiamo risposto di sì e lui ha sorriso, dicendo che allora questo progetto avrà successo. Perché anche a lui dissero che era pazzo per aver inventato la Vaporella e aver puntato quella prima volta sul ciclismo».

Il Team Polti-Kometa correrà con la Magma di Aurum, di proprietà di Basso e Contador
Il Team Polti-Kometa correrà con la Magma di Aurum, di proprietà di Basso e Contador

Il doping è una scusa

E quando le diciamo che è insolito vedere una grande azienda italiana fare ritorno al ciclismo e che tanti, in passato, hanno rifiutato la possibilità opponendo i casi di doping e il rischio per l’immagine, Francesca Polti si irrigidisce e sorride.

«Credo che i ragazzi siano tutti controllati – dice – e che la squadra sia la prima ad accorgersi se qualcosa non va. Ma se anche fosse il caso e trovassero un corridore positivo, il nostro compito non sarebbe quello di mettere in discussione il sistema, ma di stargli accanto per aiutarlo. Perché se ti dopi, hai un problema. E noi negli anni siamo stati accanto a donne maltrattate e persone con altri problemi. Perché abbandonare un corridore? Nel calcio i ragazzi con problemi di scommesse non li hanno abbandonati…».

Giacomo Pedranzini è arrivato dall’Ungheria, dove vive dal 1994.
Giacomo Pedranzini è arrivato dall’Ungheria, dove vive dal 1994.

Sport, cibo e salute

Lo stesso argomento fu utilizzato anni fa da Giacomo Pedranzini, cui al momento di entrare accanto alla Fundacion Contador fu posta la stessa obiezione. Il valtellinese di Ungheria lo abbiamo già sentito qualche settimana fa, ma il suo slancio conquista la platea.

«In bicicletta – dice – la salita non finisce mai. Noi siamo agricoltori di montagna, produciamo cibo e lo portiamo sul tavolo dei consumatori. Il nostro obiettivo è fare meglio di quanto fatto negli ultimi sette anni, ma soprattutto la squadra sarà al centro di un progetto di comunicazione. Kometa è la terza azienda alimentare in Ungheria e in Italia siamo presenti in tutte le più grandi catene di supermercati, da Conad a Coop, come Esselunga, Tigros ed Eurospin, però la gente non ci conosce. Questo è un limite che vogliamo superare.

«Crediamo che una vita sana e una sana alimentazione possano cambiare la vita degli italiani e costare meno al sistema sanitario nazionale. La scintilla è scattata quando Ivan Basso ci ha parlato di “ciclismo sociale” e di “cibo onesto”. L’Italia ha bisogno di gente che ci creda. Abbiamo pochi impianti sportivi rispetto alla media europea, siamo il fanalino di coda e questo si traduce anche in una inferiore pratica sportiva, che investe anche il ciclismo. Ho letto un articolo di Federico Fubini sul Corriere della Sera. Diceva che nel 1992, il reddito annuale pro capite di un italiano era il 19 per cento in meno rispetto a un cittadino degli Stati Uniti. Nel 2022, trent’anni dopo, l’italiano guadagna la metà. Se le famiglie perdono così potere di acquisto, tutto il resto va dietro, anche lo sport».

I tre fondatori del team, Alberto e Fran Contador e Ivan Basso
I tre fondatori del team, Alberto e Fran Contador e Ivan Basso

Una grande squadra

Basso annuisce. Sono stati presentati i corridori, i pochi che sono stati portati e che domani raggiungeranno il ritiro della squadra in Spagna. Maestri, definito il nuovo capitano dopo il ritiro di Gavazzi. I fratelli Bais. Matteo Fabbro. L’ungherese Fetter. E la speranza Piganzoli. Basso spiega.

«Ci riteniamo una grande squadra – dice – il comunicato che diffondemmo durante il Giro e che avevamo condiviso derivava dal fatto che credevamo di meritare più attenzione di quella che avevamo. Quello che vediamo qui oggi nasce dalla credibilità costruita negli ultimi anni. L’obiettivo è sempre stato mantenere quel che avevamo e rinforzarci per avvicinarci al livello delle grandi professional europee.

«Sono cambiati gli sponsor – prosegue – ma la società continuerà a lavorare allo stesso modo. Siamo nati nel periodo del COVID. La squadra si è resa simpatica al mondo del ciclismo ed è credibile perché unisce la Fundación Alberto Contador, la reputazione dei due ciclisti che l’hanno creata e la storia di un marchio come Polti. E’ un progetto unico che unisce più generazioni. Quando si parla di ciclismo-impresa, questa è una squadra che produce le sue biciclette. Ci sentiamo in dovere di essere attori del cambiamento, con Alberto ne parliamo spesso, restituendo quello che il ciclismo ci ha dato. Abbiamo grandi ambizioni e un calendario importante. Il Giro d’Italia? Bisognerà aspettare gli inviti».

La sensazione è che quel biglietto sia stato già staccato. Il ritiro della Lotto Dstny, le due vittorie di tappa degli ultimi due anni e le tre giornate del Giro in Valtellina fanno pensare che le possibilità siano buone. Domani il gruppo si riunirà in Spagna e le bici torneranno a recitare da protagoniste. Qui si va verso il galà di stasera, fra occhi che luccicano e il senso della nuova avventura che sta per cominciare.

Plugge e la Superlega. Un progetto che può far paura?

10.01.2024
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Il progetto Superlega nel ciclismo va avanti, seppur a fari spenti. La sentenza della Corte Europea che ha di fatto legittimato quella del calcio ha certamente avuto ripercussioni anche su simili progetti in altri sport, anche se nel ciclismo non c’è quella spietata contrapposizione tra squadre e federazione che esiste nello sport più popolare al mondo. Non sarà qualcosa di immediato, ma un giorno sarà realtà tanto è vero che il progetto ha già un nome, One Cycling e un suo mentore: il patron della Visma-Lease a Bike Richard Plugge.

In un’intervista al media fiammingo De Tijd Plugge ha tracciato un po’ il futuro dell’iniziativa, partendo dal presupposto che non stiamo parlando di qualcosa di immediato: «Noi dobbiamo guardare a quel che vorremo essere fra 10 anni. Viviamo in un ambiente dove c’è una continua guerra fra squadre, con gli organizzatori, fra gli stessi corridori ma questo è sbagliato perché i nostri veri avversari sono al di fuori del nostro mondo. Sono le altre forme di intrattenimento che si contendono l’attenzione dello spettatore».

Pogacar è il ciclista più pagato al mondo, 6 milioni a stagione. Poco in confronto ad altri sport
Pogacar è il ciclista più pagato al mondo, 6 milioni a stagione. Poco in confronto ad altri sport

Gli sportivi più ricchi al mondo

Il discorso di Plugge è legato all’appetibilità televisiva e mediatica del ciclismo che genera grandi introiti. Nella sua analisi non è un caso se cita Champions League di calcio, golf, football americano, basket: tutti eventi e discipline che hanno venduto a caro prezzo la loro immagine generando un clamoroso giro d’affari. Secondo la classifica stilata da Forbes dei primi 50 sportivi più pagati al mondo, dove comanda Cristiano Ronaldo con 46 milioni annui provenienti dai contratti di gioco e 90 dall’indotto extra, non c’è un ciclista e questo la dice lunga…

«Voglio farvi un esempio – riprende Plugge – prendete Jake Paul, il campione di arti marziali fidanzato con la pattinatrice olandese Jutta Leerdam: è osannato dalle folle, i ragazzini si affollano intorno a lui, anche chi non s’interessa di sport sa chi è. A Vingegaard tutto questo non succede: sta a noi fare in modo che le cose cambino, trovare nuove prospettive».

Quanto è popolare Vingegaard fuori dall’ambiente? Tutto il ciclismo ha bisogno di farsi vedere di più
Quanto è popolare Vingegaard fuori dall’ambiente? Tutto il ciclismo ha bisogno di farsi vedere di più

Un calendario da rivoluzionare

L’idea di Plugge è che One Cycling vada a incidere pesantemente sul calendario, rivoluzionandolo di fatto: «Serve un profondo cambiamento del nostro mondo. Un calendario chiaro, con un numero limitato di eventi dove i migliori siano chiamati sempre a confrontarsi. Attualmente abbiamo 180 giorni di gare solo per il calendario WorldTour, sono obiettivamente troppi con un continuo afflusso e deflusso di corridori che non li rende immediatamente riconoscibili».

Il manager olandese intende rifarsi all’esperienza della Formula 1: «Le stelle devono essere popolari al 100 per cento, identificabili anche da chi non segue abitualmente il ciclismo. Un calendario strutturato in maniera chiara, uniforme permetterà anche di avere maggiormente sotto controllo il tema della sicurezza. Ci serve un calendario unificato che convogli e attiri grandi sponsor esterni al mondo delle due ruote».

Il Tour de France potrebbe risentire dell’inserimento in un circuito strutturato e altrimenti gestito
Il Tour de France potrebbe risentire dell’inserimento in un circuito strutturato e altrimenti gestito

Coinvolgere grandi sponsor

Plugge nella sua analisi prende ad esempio il coinvolgimento della Heineken, che ha prima investito tanto sulle coppe europee di rugby e poi sulla Champions League di calcio, oppure Aranco diventato sponsor del mondiale di Formula 1: «Noi dobbiamo fare lo stesso, coinvolgere grandissime aziende che non investano su un singolo team, ma sull’attività nel suo complesso, sviluppando un merchandising proprio, separato da quello delle squadre».

Idee rivoluzionarie, che non solo vanno un po’ contro la tradizione ultrasecolare di questo sport ma destano timore in tutto l’establishment: «L’ASO, ad esempio, teme di vedere il Tour de France perdere di valore. Non è improbabile che ciò avvenga – ammette Plugge – ma solamente in un primo tempo. Se guardiamo alla cosa con uno sguardo più ampio, sono certo che a lungo termine ne trarrà beneficio perché sarà tutto il ciclismo che sarà cresciuto. Altre gare, entrando nel circuito, guadagneranno un valore enorme».

John Malone, presidente di Liberty Media che gestisce gli enormi interessi e introiti della Formula 1 (foto Gentleman’s Journal)
John Malone, presidente di Liberty Media che gestisce gli enormi interessi e introiti della Formula 1 (foto Gentleman’s Journal)

Un manager super partes

A proposito invece degli eventuali dissidi con l’Uci, l’olandese non ha dubbi: «La federazione mondiale non è un’organizzazione commerciale e non credo che starebbe peggio di fronte a un circuito unificato. Guardate quel che è successo alla Fia: ha forse perso denaro quando ha affidato l’organizzazione commerciale prima all’azienda di Bernie Ecclestone e poi a quella di John Malone? Noi dobbiamo seguire la stessa strada».

Parole dette in un periodo ancora di relativa calma. Ora l’attività riprende e si riprenderà a parlare di vittorie e sconfitte, di programmi e ambizioni. Ma il progetto è lì e piano piano va avanti, destinato sicuramente ad avere un’evoluzione. Resta però da capire che cosa ne pensano gli altri attori di questo mondo, se al di là della mera attualità sono in grado di guardare più lontano e soprattutto se sono d’accordo su un’evoluzione che forse porterà più denaro nelle casse, ma sicuramente ridisegnerà la tradizione e le abitudini di questo sport.

Cecchini, la vita da atleta è un mosaico di mille attenzioni

10.01.2024
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Prima Persico e Consonni. Poi Bertizzolo, Gasparrini e Bertogliati. Infine il cittì Paolo Sangalli. Ci serve un parere a confutazione: bussiamo alla porta di Elena Cecchini. Da più parti arriva la conferma di come il ciclismo femminile stia aumentando le intensità e le percorrenze, con crescente pressione sulle ragazze, spinte ad aggiungere attenzioni ed elementi alla loro professionalità. In qualche modo si ha la sensazione che mentre le più esperte siano pronte per fronteggiare l’incremento, le giovani rischino di scottarsi la mano. Bertogliati ad esempio non è certo che tutte le ragazze siano pronte per arrivi impegnativi come Tourmalet, Alpe d’Huez e Block Haus.

Fra le squadre il divario è palese e allora abbiamo chiesto un parere alla friulana, punto di forza della SD Worx che nel 2023 ha dominato in lungo e in largo, dimostrando di non avere problemi nel gestire alti carichi di lavoro. Per i quali peraltro, come ci avevano raccontato Barbara Guarischi e poi la stessa friulana, si allenano con attenzione certosina. Che cosa pensa Elena delle osservazioni che abbiamo raccolto?

«Oltre alla distanza e alle ore – ragiona ad alta voce – cresce anche l’intensità durante la gara. Le classiche di inizio stagione sono estenuanti, perché alle tre ore e mezza o anche quattro ore di gara si unisce il fatto che non c’è mai un momento tranquillo. Noi in squadra facciamo volume, ma ancora più importante è l’intensità. Puoi fare 5-6 ore in bici una volta ogni dieci giorni o due volte al mese, però sicuramente non deve essere quella la base dell’allenamento».

Guarischi, qui proprio con Cecchini e Wiebes, è arrivata nel 2023 alla SD Worx e ha notato subito la differenza nei carichi di lavoro
Guarischi, qui proprio con Cecchini, è arrivata nel 2023 alla SD Worx e ha notato subito la differenza nei carichi di lavoro
Sofia Bertizzolo dice che proprio a causa dell’indurirsi delle tappe, le atlete di classifica non potranno lottare ogni giorno anche per le tappe, lasciando via libera alle fughe. Secondo te è possibile?

Dipende tanto da come sono disegnate le gare a tappe. Al Giro del 2021, la Van der Breggen attaccò il secondo giorno, diede tre minuti a tutti e poi tirò i remi in barca fino all’ultima tappa, perché il percorso le permise di risparmiarsi. Al Tour dell’anno scorso invece non c’erano molte situazioni di risparmio, per cui la fuga può anche andare, ma se si muove una di classifica, non puoi restare a guardarla. Perlomeno, se anche non vuoi attaccare in prima persona, devi seguirla. E poi non dimentichiamo che certe dinamiche sono possibili per gli uomini perché loro hanno 20 giorni di gara. Noi nei grandi Giri ne abbiamo 7-8, per cui se sei in una condizione fisica impeccabile, qualche volta puoi anche permetterti di sprecare.

Hai la percezione dell’accelerazione di cui parla Bertogliati?

La percepisco e vedo che non è una crescita omogenea, come penso non ci sia quasi in nessun altro ambiente. Se guardiamo anche altri sport, vedi quelli super attrezzati e quelli che a livello individuale fanno più fatica. Probabilmente dipende dal fatto che il bacino è limitato, le ragazze non sono abbastanza. C’è una grande richiesta a livello di gare, ma fra le squadre c’è una forte disparità tra le migliori al mondo e quelle che stanno cercando di diventarlo. Non si può fare tutta l’erba un fascio, perché secondo me le donne si impegnano sempre, specie adesso che a livello salariale iniziamo ad avere buoni riscontri. Ora una ciclista sa che può vivere di quello e cerca di farlo al meglio. Per cui nella mia squadra vedo che le giovani iniziano a guadagnare e non hanno problemi a investire per andare in altura oppure al caldo d’inverno, per arrivare alle gare nella miglior condizione possibile.

Niamh Fisher-Black è arrivata alla SD Worx nel 2022 a 21 anni e si è subito ambientata. Qui vince allo Svizzera 2023
Niamh Fisher-Black è arrivata alla SD Worx nel 2022 a 21 anni e si è subito ambientata. Qui vince allo Svizzera 2023
C’è il rischio che per ampliare il bacino si rischi di premere troppo sulle più giovani?

Credo che le ragazze giovani vengano comunque rispettate, anche se chiaramente dipende dalla squadra. Se ha atlete esperte, può permettersi di non fare pressione sulle ultime arrivate. Ma io sono del parere che prima inizi a fare esperienza e meglio è. Per cui benengano i development team, però noi abbiamo avuto ragazze come Fisher Black o la Schakley che sono passate dagli juniores e dopo un solo anno erano con noi e si sono adattate benissimo. Hanno capito come funziona. Non abbiamo la fretta degli uomini, in cui a 18-19 anni devi essere già pronto e se non vinci, non sei nessuno, come purtroppo pensano in tanti. Nelle donne, visto il tipo di corse e di attività, prima di capire se una ragazza ha dato tutto oppure ha margini, si possono aspettare anche i 24-25 anni.

Tutto questo innalzamento di prestazioni ha avuto un impatto sulla quotidianità di Elena Cecchini?

Sicuramente, ma quella che è cambiata è stata in primis la vita a casa, non solo in ritiro. Le squadre si sono attrezzate, abbiamo tutte delle nutrizioniste, delle chef, abbiamo il dottore a casa. La cura del dettaglio e dell’alimentazione è fondamentale, ma anche quanto dormi. L’allenamento di per sé è l’ultima cosa ed è anche quella più facile per noi atleti. Sei talmente tanto abituato a stare in bici, che fare un’ora di più non ti pesa.

All’attacco ai mondiali di Glasgow, Cecchini riceve ordini dal cittì Sangalli, fermo a bordo strada
All’attacco ai mondiali di Glasgow, Cecchini riceve ordini dal cittì Sangalli, fermo a bordo strada
Questo rende più facile, tra virgolette, fare l’atleta o lo rende più impegnativo?

E’ un equilibrio. Secondo me ci sono delle giornate in cui te lo rende più facile, sei più predisposto e magari hai il piano alimentare o un protocollo da seguire. Per esempio io lavoro con Erica Lombardi e per me è molto facile avere questo equilibrio. Ma quando ci sono giornate in cui le dico che voglio fare di testa mia, lo faccio senza problemi. Non dimentichiamoci che la componente più importante rimane sempre la testa. E se ci sono giorni in cui una cosa non la vuoi fare, non la fai. E’ salutare e importante trovare sempre un equilibrio e soprattutto circondarsi di gente che capisca che non siamo delle macchine, ma siamo degli esseri umani. Nonostante le distanze superiori e le salite impossibili, rimaniamo degli esseri umani.

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