La posizione tutta avanti è figlia della palestra. Ecco perché

01.02.2025
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Tornato da Calpe, dove aveva fatto un mini giro sulla bici di Velasco che ha le sue stesse misure, Filippo Lorenzon ha continuato a raccontare per giorni il modo in cui il bolognese pedali con tutto il corpo buttato in avanti. La famosa posizione di una volta per cui, stando in sella, la piega del manubrio dovesse coprire la vista del mozzo anteriore, è andata a farsi benedire. La faccia è sopra al mozzo, la piega resta indietro (in apertura, Rafal Majka in azione all’AlUla Tour). Guidare la bici è nervoso e complicato.

E’ la tendenza di tutti i corridori, al pari delle leve curvate verso l’interno. E siccome lo stupore del collega continuava a risuonarci nella testa, abbiamo pensato di sentire uno che della ricerca della miglior posizione in sella ha fatto la sua ragione di vita e il suo mestiere. Alessandro Mariano, genovese, che negli anni ha messo in sella decine di professionisti e che da qualche anno collabora con il Fisioradi Medical Center di Pesaro.

«Quando vengono da me gli amatori – sorride – si lamentano perché metto i corridori in una posizione diversa dalla loro. E io gli rispondo che quelli sono professionisti e so anche che gli sto facendo un po’ male. Però è il loro lavoro e può capitare che a fine carriera dovranno farsi operare alle ginocchia, come il camionista da grande soffrirà di ernia discale».

Alessandro Mariano Fisioradi
Alessandro Mariano è il biomeccanico di riferimento del Fisioradi Medical Center di Pesaro
Alessandro Mariano Fisioradi
Alessandro Mariano è il biomeccanico di riferimento del Fisioradi Medical Center di Pesaro
La posizione del corridore deve essere efficace o anche comoda?

Comodo è un concetto relativo, quando ti abitui è comodo tutto. Se invece andiamo a vedere il benessere, con questo tipo di posizione sovraccarichi tanto le articolazioni. E quindi bisogna trovare un equilibrio tra non fargli male e portarli il più vicino possibile al massimo della performance. E’ cambiato tutto, come per le pedivelle corte

Una moda?

Se Pogacar montava le 200, montavano tutti le 200. Non è che sia sbagliato accorciarle, ma non vanno bene per tutti. Nel 2023 seguivo Fortunato, poi è arrivato in Astana e gli hanno detto che avrebbe dovuto attenersi alle loro indicazioni. Quest’anno invece è tornato, perché arrivando Bettiol e Ulissi, che seguo da sempre, anche lui si è fatto forza. E mi ha detto di aver provato le pedivelle più corte, ma che in salita non la muoveva più. Perché ha caratteristiche diverse, c’è anche una questione di fibre muscolari. Per chi ha la frequenza molto elevata, la pedivella corta va bene. Ma se non è elevatissima, non serve a niente, anzi…

L’assetto tutto sull’anteriore incide nella guida e sulla sicurezza?

Sicuramente il peso è tutto sulla ruota anteriore e di conseguenza la bici è un po’ meno guidabile, però il professionista riesce comunque a farlo bene. Il fatto che si cada di più dipende un po’ da quello, ma soprattutto dalla velocità, dallo stato delle strade e dal fatto che fanno passare gente troppo giovane, che non ha l’esperienza giusta. Una volta passavi professionista che avevi fatto due o tre anni da under 23, adesso passi direttamente dagli juniores: una categoria in cui l’imperativo non è più imparare, ma limare.

Velasco pedala con il corpo proiettato verso l’avantreno, sfruttando quadricipite e gluteo (foto XDS-Astana)
Velasco pedala con il corpo proiettato verso l’avantreno, sfruttando quadricipite e gluteo (foto XDS-Astana)
Il sovraccarico alle ginocchia è inevitabile o si potrebbe avere una posizione ugualmente redditizia, però meno estrema? Si guadagna tanto con queste posizioni estreme?

Come aerodinamica, non guadagni così tanto, in realtà. Diciamo che è più una conseguenza di un altro cambiamento, di cui mi accorgo facendo la posizione e non guardando solo l’aspetto scheletrico, ma anche quello muscolare. Vedo che è cambiato il tipo di preparazione, la muscolatura è diversa. Gente che io seguo da una vita, parliamo ad esempio di Ulissi con cui lavoro da quando ha vinto i due mondiali da junior. Negli anni è cambiato muscolarmente, quindi il fatto di averlo avanzato è la conseguenza del lavoro su alcuni distretti muscolari. Non avrebbe senso lavorarci e non usarli.

Parliamo di lavoro in palestra?

La preparazione è cambiata a monte. Una volta la palestra non si faceva come si fa adesso, semmai era limitata all’inizio di stagione e poi ai momenti di scarico. Adesso c’è gente che la fa tutto l’anno e non è sbagliato, però questo implica un cambiamento muscolare. Se rafforzi i quadricipiti e poi non li usi, perché lavorare con la pressa? Allora cambi la posizione, avanzi per sfruttare i quadricipiti, ma non riesci a lavorare con gli altri. Il bicipite femorale non dico che lo isoli, ma dai la precedenza al quadricipite, che è il muscolo più forte che abbiamo. Solo che pedalando così avanzato, la cartilagine rotulea soffre e con gli anni può dare problemi.

Il discorso delle leve girate è collegato a quest’ultimo aspetto?

E’ una conseguenza, ti appoggi meglio. Ricordate gli Spinaci, le appendici manubrio che poi furono vietate? Li hanno rifatti, si è scoperta l’acqua calda. Secondo me è giusto tenere le leve piegate così e non condivido il discorso di certi regolamenti, per cui vieti una posizione per impedire che l’amatore si faccia male adottandola. Come mettere il limite di piega in Moto GP. Le leve girate servono per avere un appoggio, perché stando così avanti non è facilissimo impugnare la parte bassa del manubrio. E anche il fatto della limitazione ha trovato l’eccezione. Si misura da fine piega, ma loro hanno iniziato a fare i manubri larghi sotto come nel gravel e le leve le girano lo stesso come preferiscono. Fatta la legge, trovato l’inganno…

I tanti lavori di forza in palestra hanno cambiato la morfologia dell’atleta: la posizione in sella va di seguito
I tanti lavori di forza in palestra hanno cambiato la morfologia dell’atleta: la posizione in sella va di seguito
A fronte di questi cambiamenti di assetto, qualcuno ha mai chiesto di cambiare la geometria del telaio?

Di quelli che ho, viste le bici in commercio che hanno tutte la stessa geometria, nessuno ha chiesto una cosa del genere.

Quindi in tutto questo il discorso, l’aerodinamica c’entra ma fino a un certo punto?

Diciamo che essendo più raccolto hai un po’ meno turbolenze, però sei anche più alto. Secondo me è più un discorso muscolare che aerodinamico. E poi comunque, sembra che il ciclismo l’abbiano inventato adesso. Ma se alle medie di una volta, quelle di Gotti e Cipollini, trovaste il modo di togliere le resistenze di bici più pesanti, ruote che scorrevano meno, abbigliamento che svolazzava e un’alimentazione completamente diversa, vedrete che la prestazione dell’uomo non risulterebbe così inferiore.

Visto che segui Ulissi da quando era junior, anche lui negli anni ha cambiato posizione?

Sì e di parecchio. Un po’ perché non esiste la posizione della vita e un po’ perché anche lui sta assecondando le ultime tendenze. Anche Diego è cambiato muscolarmente per effetto della preparazione, ma non è estremo. Se lo mettessi come certi altri, non andrebbe avanti. Anche perché comunque non è un ragazzino e ricondizionare uno che è professionista da 15 anni non è facile. In più Diego ha una muscolatura importante, quindi è più difficile da modificare rispetto a uno più esile.

Anche Ulissi sta assecondando il cambiamento, ma con molta più gradualità
Anche Ulissi sta assecondando il cambiamento, ma con molta più gradualità
Non esiste la posizione della vita?

Volendo essere pignoli, ci sarebbe da rivederla anche nella terza settimana di un Grande Giro, perché tanti giorni di corsa ti danno un diverso adattamento. Invece al massimo durante un Giro si può modificare la posizione sulla bici da crono, se la crono è l’ultima tappa. Nel 2012 a Purito Rodriguez cambiammo tutto alla vigilia dell’ultima tappa a cronometro. Non vinse il Giro per appena 16 secondi, ma fece la crono della vita. E vi posso giurare che era messo in bici in modo davvero sovversivo.

Malori e il no iridato di Ganna: «Crono assurda, giusto non andare»

01.02.2025
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La lista delle defezioni di atleti e federazioni al mondiale in Rwanda è iniziata da diverso tempo ed è in continuo aggiornamento. Al netto del recentissimo e riemerso conflitto nella parte orientale della confinante Repubblica Democratica del Congo, tenuto sotto osservazione dall’UCI che ha già diffuso una nota ufficiale sulla (per ora) regolare organizzazione della rassegna iridata, i forfait verso il centro dell’Africa avevano anche radici espressamente tecniche. In particolare in casa azzurri sono già arrivati l’irritazione di Marco Velo e i “no” di Ganna e Guazzini per la crono e l’impressione che altri specialisti puri del “tic-tac” si accoderanno ai due azzurri (in apertura, Ganna nella crono di Perugia del Giro: veloce fino alla salita finale in cui Pogacar ebbe la meglio).

Già l’anno scorso il tracciato di Zurigo era risultato un po’ border line, soprattutto per la pericolosità di una lunga discesa ripida, stretta e veloce, anche se poi accontentò tutti e ne uscì una crono da oltre 52 chilometri di media oraria. Stavolta invece non appena sono usciti i dati delle prove contro il tempo, è parso abbastanza evidente che le altimetrie del Rwanda strizzassero l’occhio a uomini da Grandi Giri o corridori piuttosto completi. Cosa scatta quindi nella mente dello specialista? La molla per prepararsi a puntino per una sfida nuova e stimolante oppure la volontà di puntare ad altri obiettivi senza snaturarsi? Abbiamo chiesto tutto ad Adriano Malori, ormai nostro consulente per le cronometro.

Altimetrie e planimetrie

Il percorso che si snoda attorno all’altopiano di Kigali assume la forma di una Y molto tortuosa, con poca pianura ed un arrivo all’insù. Quattro le ascese previste: Côte de Nyanza all’andata (2,5 km al 5,8%) e al ritorno (6,6 km al 3,5%), Côte de Peage (2 km al 6%, che non verrà fatta dalla donne) e Côte de Kimihurura (1,3 km in pavè al 6,3%) prima degli ultimi 600 metri tutti a salire. Gli uomini si confronteranno su 40,6 chilometri per un dislivello di 680 metri, le donne faranno 31,2 chilometri per un dislivello di 460 metri.

Per ritrovare un tracciato contro il tempo piuttosto anomalo, bisogna tornare al 2017 quando a Bergen in Norvegia la crono maschile si concluse in vetta a Mount Floyen e diversi atleti scelsero di cambiare la bici ai piedi della salita finale. Vinse Dumoulin davanti a Roglic (l’unico del podio a fare il cambio) e Froome al termine di una prova di 31 chilometri con 660 metri di dislivello chiusa a 41,6 km di media oraria.

Scelta condivisa

Alla luce di quanto detto sopra, Malori va subito al sodo senza troppi giri di parole come sa fare lui. «I forfait già annunciati di Ganna e Guazzini – parte il preparatore parmense – sono state le scelte giuste, le stesse che avrei fatto io. Onestamente credo e spero che possano fare altrettanto anche atleti come Kung, Affini, Tarling o simili. Per me è un percorso assurdo. Lo dico da cronoman che ama quel tipo di esercizio proprio nella sua essenza. In questa crono manca il punto in cui lo specialista possa davvero spingere con una certa continuità e tenere alta la media.

«A parte i primi 8,3 km pianeggianti – prosegue il “Malo” – poi sono tutte salite ravvicinate e altrettante discese. E’ come una mini gara in linea, ma da fare singolarmente. Questa crono è adatta a gente da gare a tappe. Roglic, Evenepoel se non soffrirà in discesa, Vingegaard e Pogacar sono i favoriti. Ci metto però pure Van Aert, che secondo me sta tornando quello del 2022 quando vinse tre tappe diverse al Tour e fece terzo ad Hautacam. Tra gli italiani potrebbero andare molto forte Cattaneo e Tiberi. Anche tra le donne vedo favorita una da Grandi Giri come Longo Borghini, che per noi sarebbe un bene».

Vittoria Guazzini ha già annunciato che non farà la crono mondiale in Rwanda per il percorso poco adatto a lei
Vittoria Guazzini ha già annunciato che non farà la crono mondiale in Rwanda per il percorso poco adatto a lei

Strategia mediatica

Malori conosce bene il mondo del ciclismo, avendo visto da dentro come funzionano certi meccanismi per le manifestazioni più importanti. Un’idea sul perché di una crono così se la è fatta.

«La morfologia del Rwanda – spiega – probabilmente non offre alternative a percorsi da specialisti o magari non ne hanno voluti trovare in altre zone del Paese lontano dalla sede principale, come invece è successo in altre edizioni. La prendo però un po’ da lontano. Se andiamo a rivedere i percorsi dei mondiali precedenti, abbiamo visto come ci sia stata la tendenza a rendere le crono sempre meno semplici dal punto di vista altimetrico. Il caso del 2017 è più unico che raro e a mio modo di vedere incomprensibile. Nel 2023 in Scozia si arrivò su uno strappo secco in pavé, però alla fine era una crono veloce. Insomma è come se l’UCI ci volesse abituare a quest’anno perché hanno un interesse ben preciso».

Nel 2023 la crono mondiale terminava al Castello di Stirling dopo uno strappo secco sul pavè di circa un chilometro
Nel 2023 la crono mondiale terminava al Castello di Stirling dopo uno strappo secco sul pavè di circa un chilometro

«Tutto ciò – va avanti Malori – potrebbe essere una mossa ad hoc per avere l’ennesima sfida tra Pogacar e Vingegaard con Evenepoel terzo incomodo come all’ultimo Tour. Anche adesso che è inizio stagione, sui social si parla solo di loro. La gente vuole un confronto ovunque tra questi fenomeni. La sfida del Tour riportata al mondiale sia in linea che a crono. Forse l’UCI vuole un corridore che sia in grado di vincere tutto e gli importa molto poco dei cronoman puri.

«Attenzione però al rovescio della medaglia. Se vince tutto sempre il solito, anche le cronometro di mondiali o europei, gli stessi appassionati possono perdere interesse. Per me il Pogacar del 2024 in Rwanda può fare doppietta senza nemmeno faticare troppo. E potrebbe arrivarci dopo aver già vinto tantissimo in stagione. Se la strategia dell’UCI è quella di sfruttare il monopolio vincente di Pogacar, deve mettere in conto che la gente possa poi stancarsi di seguire le corse».

Nel 2017 in Norvegia andò in scena una crono iridata anomala. Arrivo in salita e per qualcuno (qui Kelderman) la scelta di cambiare bici
Nel 2017 in Norvegia andò in scena una crono iridata anomala. Arrivo in salita e per qualcuno (qui Kelderman) la scelta di cambiare bici

Obiettivi diversi

Il ragionamento di Malori torna comunque all’inizio immedesimandosi a quando si infilava nei body aerodinamici del club e della nazionale per vincere dove sa che poteva.

«Ci sono gare in cui ti devi preparare meglio o più approfonditamente – finisce la sua analisi Adriano, che da pro’ ha vinto 14 crono su 16 successi totali – altre invece dove è inutile farlo. Per essere veramente competitivo e considerando la iper specializzazione del ciclismo attuale, Ganna per questo mondiale, dovrebbe stravolgere la sua preparazione e forse anche snaturarsi un po’. Ne vale la pena?

«Lui ha già vinto due mondiali a crono e tanto altro, non ha bisogno di fare i salti mortali per questa gara. Anche perché rischierebbe di impostare una stagione su questa crono e magari raccogliere un piazzamento nei dieci o nei cinque se va bene. Già l’anno scorso ha dimostrato su un percorso poco incline a lui e dopo un periodo fuori forma, di aver fatto una grande prova. Fossi in lui mi concentrerei su altri appuntamenti per vincere. Che siano a crono o altre gare, lui ha le carte in regola per farlo».

La curiosa storia di Contessa, da diesse a massaggiatore

01.02.2025
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Ilario Contessa continua a rinnovarsi. Corridore, massaggiatore, direttore sportivo e di nuovo massaggiatore. Solo che stavolta il “pesce” è grosso. Il veneto infatti è approdato nella fila della Bahrain-Victorious, uno dei maggiori team del WorldTour.

Dopo una carriera passata tra ammiraglie e corse giovanili, Contessa ha deciso di cambiare prospettiva, tornando ad una mansione che di certo non gli era mai stata del tutto estranea. E così, dopo aver chiuso il capitolo da direttore sportivo alla Work Service, si è ritrovato ad avere tra le mani le gambe dei campioni della Bahrain-Victorious. Una storia di ciclismo, di amicizie e di legami che resistono nel tempo.

Adesso Contessa si trova a Lievin per i Mondiali di ciclocross, chiamato dal commissario tecnico Daniele Pontoni a prendersi cura degli azzurri. Un attestato di stima che dimostra quanto il suo ruolo, sia riconosciuto e apprezzato nell’ambiente. Ma come è nato questo nuovo capitolo della sua carriera?

Contessa (classe 1984) fra i suoi ragazzi alla Work Service lo scorso anno in veste di direttore sportivo
Contessa (classe 1984) fra i suoi ragazzi alla Work Service lo scorso anno in veste di direttore sportivo
Ilario, inizia una bella avventura…

Sì, sono molto contento. Ho cambiato mansione, ma sempre nel ciclismo, che è il mio mondo. Sono felice di essere rientrato da un’altra porta, grazie a tanti amici. Durante gli anni ti fai delle conoscenze e a volte si concretizzano in opportunità importanti.

Quali conoscenze?

Grazie a Pontoni, che mi ha fatto entrare nel giro già lo scorso anno al Mondiale gravel. E a Renzo Boscolo, che ha creduto in me e mi ha aiutato a firmare il contratto con Bahrain, tanto più ora che il Cycling Team Friuli e la development della Bahrain sono divenute una cosa sola.

Qual è il tuo ruolo adesso nella Bahrain-Victorious? Sei nella Devo o anche nel WorldTour?

Sono massaggiatore della Bahrain Victorious. Siamo tre ragazzi che seguono la devo, ma facciamo anche dei giorni con la WorldTour. Ho già un calendario stabilito con entrambe le squadre: principalmente seguo la devo, ma avrò anche una bella fetta di giorni con la WorldTour. In Spagna abbiamo fatto il primo ritiro tutti assieme, massaggiatori della prima squadra e della giovanile, con lo stesso metodo di lavoro. Adesso la stagione è iniziata e ci alterniamo tra le due formazioni.

E sempre Contessa in veste da corridore. Ilario ha corso fino al 2006, nella categoria U23
E sempre Contessa in veste da corridore. Ilario ha corso fino al 2006, nella categoria U23
Certo questo cambio di ruolo è curioso…

Ho fatto il direttore sportivo per 22 anni, ma ho sempre praticato anche la parte di massaggiatore. Già nei primi anni con il Cycling Team Friuli, 15 anni fa, andavo con Renzo Boscolo. Non ho imparato quest’inverno, ecco! E’ una competenza che ho sviluppato nel tempo. Come direttore sportivo non ho trovato una soluzione che mi convincesse e sono rientrato nel ruolo di massaggiatore.

Ilario, ti aiuta aver ricoperto gli altri due ruoli? Pensiamo al “giro delle stanze” che faceva il diesse, a come ti interfacciavi con lui quando eri un atleta e quando al contrario il giro delle stanze lo facevi tu. E ancora, a come t’interfacciavi con il tuo massaggiatore…

Ve lo confermo. Da corridore hai sempre un po’ di timore nel parlare con il direttore sportivo, mentre col massaggiatore ti confidi di più. Durante un’ora di massaggio racconti tutta la giornata. Il direttore lo vedi a cena o in ammiraglia, ma è difficile avere lo stesso tipo di rapporto. Il massaggiatore ha un ruolo più manuale, non decisionale, quindi i corridori si aprono di più. Però i ruoli vanno distinti: ora sono massaggiatore e basta. Conosco tanti ragazzi che seguo nel team di sviluppo e anche qualcuno nella WorldTour, come Edoardo Zambanini, che avevo alla Zalf. Queste connessioni aiutano.

Il WorldTour che hai trovato è come te lo aspettavi?

No, è ancora più grande di quanto pensassi. Io ho fatto tutte le categorie, dai giovanissimi alla continental all’alto livello, quando in Work Service avevamo Rebellin e Lucca, ma qui siamo due o tre spanne sopra. L’organizzazione, i mezzi, gli atleti, tutto è curato nei minimi dettagli. Abbiamo fatto un ritiro in cui devo e WorldTour erano insieme in tutto: allenamenti, massaggi, pasti, rifornimenti. Una sinergia incredibile.

Come una grande famiglia: WorldTour, devo, management e tutto lo staff insieme ad Altea, in Spagna. Contessa è parso entusiasta
Hai già incrociato Zambanini in ritiro allora?

Purtroppo no, quando sono andato in Spagna lui era già al Teide per un ritiro. Gli avevano cambiato i programmi. Ci siamo sentiti per telefono, così come con Pasqualon, che è della mia zona, ma non ho ancora avuto modo di rivederlo. Spero di incontrarli presto. Erano contenti che fossi lì.

Chi hai massaggiato tra i tuoi vecchi amici?

In Spagna ho seguito la devo e ho ritrovato ragazzi con cui ho già lavorato lo scorso anno al Giro d’Italia e al Tour Alsazia, come Capra, Olivo e Borgo. Proprio Borgo era alla Work Service, non con me, ma comunque l’ho incrociato nel percorso.

Da CTF a devo team Bahrain: cosa cambia?

31.01.2025
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In ordine cronologico una delle ultime novità per la nuova stagione è stata la conferma che da quest’anno il CTF Victorious avrebbe cambiato nome. La squadra coordinata da Bressan e da Boscolo era entrata nel panorama della Bahrain Victorious qualche anno fa e ora ne è diventata ufficialmente il devo team. Si tratta di un ultimo passaggio, quasi di una formalità, ma che cambia comunque le carte in tavola. Di fatto la formazione friulana cambia affiliazione e diventa un team continental registrato presso il Regno del Bahrain

Renzo Boscolo è diesse del team da quando era Cycling Team Friuli, qui al Trofeo Piva nel 2022
Renzo Boscolo è diesse del team da quando era Cycling Team Friuli, qui al Trofeo Piva nel 2022

Tutto vecchio, tutto nuovo

I ragazzi del devo team hanno appena terminato il loro ritiro in Spagna, nel quale hanno gettato le basi per la stagione che sta per aprirsi. La prima novità è che Boscolo e i suoi ragazzi non saranno presenti alla Coppa San Geo, la gara nazionale che apre il calendario under 23 italiano. Questo perché alle gare nazionali non sono ammessi i team registrati presso Paesi diversi dal nostro.

«Il ritiro è andato bene – racconta Boscolo – siamo contenti di come abbiamo lavorato e del tempo trascorso insieme. Anche per noi, tra poco, sarà ora di cominciare e direi che non vediamo l’ora. Partiremo con una novità, ovvero delle corse nell’isola di Rodi a inizio marzo: due brevi gare a tappe e una di un giorno. Poi il calendario sarà simile a quello degli scorsi anni con le gare internazionali in Italia e Belgio. Ci sarà da lavorare per organizzare le varie trasferte tra staff e corridori, anche se non sarà tanto diverso dagli altri anni».

Boscolo e i suoi ragazzi frequentavano già le classiche under 23 in Belgio (foto Koksijde – Oostduinkerke)
Boscolo e i suoi ragazzi frequentavano già le classiche under 23 in Belgio (foto Koksijde – Oostduinkerke)
Il vostro modo di lavorare quindi non sarà diverso?

Da quando siamo entrati nella sfera del team Bahrain abbiamo preso questo respiro internazionale. Ora sicuramente sarà ancora più ampio e organizzato, direi che per noi è un ulteriore passo in avanti. Dal primo giorno che Bahrain ha iniziato a lavorare con noi il cammino di crescita è stato continuo.

Siete parte di una struttura che avete già avuto modo di conoscere…

La forza di una squadra WorldTour è diversa e farne parte al 100 per cento è diverso, in qualche modo. La struttura e il metodo di lavoro già lo conoscevamo, nel tempo siamo cresciuti e il team Bahrain da questo punto di vista ci ha dato una grande mano. Ora ci troviamo ancora con più forza, personale e mezzi.

Nel devo team correrà anche Jakob Omrzel, entrato nel panorama Bahrain già da junior (photors.it)
Nel devo team correrà anche Jakob Omrzel, entrato nel panorama Bahrain già da junior (photors.it)
La gestione della squadra è diversa?

Dal punto di vista di come lavoriamo con i ragazzi, no. Sia per quanto riguarda la selezione che per il metodo di allenamento e la mentalità di lavoro. Il ritiro in Spagna è un bel segnale, ma ormai lo fanno in tanti, anche formazioni continental più piccole della nostra. Quello che è cambiato è ciò che non si vede, ci sono tante figure nuove: il massaggiatore in più, il nutrizionista, ecc…

Per la scelta dei corridori, si lavora allo stesso modo?

Già gli anni scorsi il team Bahrain ci segnalava dei ragazzi che erano nel loro panorama di interesse. Da noi sono passati corridori come Van Der Meulen, Erzen, Bruttomesso, Buratti, Skerl… Il Bahrain negli anni ha fatto una scelta molto intelligente, ovvero quella di avere una filiera che parte dagli juniores. Da questa sono usciti Borremans e Omrzel, per citarne due che quest’anno correranno con noi. 

Uno dei corridori osservati dalla Bahrain e che hanno corso con la maglia del CTF è Max van Der Meulen (foto Direct Velo/Florian Frison)
Uno dei corridori osservati dalla Bahrain e che hanno corso con la maglia del CTF è Max van Der Meulen (foto Direct Velo/Florian Frison)
La rosa rimane comunque ricca di corridori italiani, dalla categoria juniores ne sono arrivati tre: Consolidani, Andreaus e Basso. 

Non abbiamo il vincolo di prendere ragazzi italiani, ma di selezionare dei profili interessanti e che abbiano delle potenzialità. A nostro modo di vedere il confronto con i migliori apre panorami di crescita per i corridori e per le squadre. Una cosa che ci dispiace è rinunciare alle corse nazionali.

Un prezzo da pagare se si vuole fare il salto in una categoria internazionale, no?

Da un lato sì, ma ci sono tanti ragazzi italiani che corrono nei devo team che non potranno partecipare a queste gare. Sarebbe bello vedere più spesso il campione del mondo juniores (Lorenzo Finn, ndr) correre nel nostro Paese. Ma visto che fa parte di un devo team non potrà farlo. 

Il devo team della Red Bull-BORA-hansgrohe non ha magari interesse nel correre le nostre gare nazionali…

Vero. Però aprire le gare nazionali anche agli atleti italiani tesserati all’estero permetterebbe a questi ragazzi di correre nel nostro Paese e di confrontarsi con i loro coetanei. A mio modo di vedere sarebbe anche un modo per alzare il livello generale in Italia. 

Si troverebbero a correre contro ragazzi di squadre continental o di club che non hanno i mezzi di un devo team.

Il discorso è ampio, questo potrebbe essere uno stimolo per tutti a migliorare. Poi a noi non cambia tanto. Ma avere dei ragazzi italiani al primo anno da under 23 e non poterli far correre alle gare nazionali lo considero un peccato. A noi farebbe piacere e per loro sarebbe un modo di approcciare la categoria in maniera progressiva.

Quinto capitolo per Cecchini, colonna della SD Worx

31.01.2025
6 min
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Sei ragazze in uscita, otto in entrata, tra cui un eclatante ritorno. Nel vorticoso transito delle porte girevoli in casa SD Worx-Protime, c’è il punto fermo rappresentato da Elena Cecchini al quale tutte possono aggrapparsi (in apertura foto Getty Sport).

Con la quinta stagione che si appresta a vivere, Cecchini è una delle colonne portanti della formazione olandese. A parte Chantal Van den Broek-Blaak arrivata nel 2015 e Anna Van der Breggen giunta due anni più tardi, la trentaduenne friulana è l’atleta con la militanza più lunga (e più presenze). Quest’anno il suo ruolo di “equilibratrice” della squadra, che la rende qualcosa più di una regista in corsa e fuori proprio come le capita in nazionale, potrebbe essere maggiormente determinante considerando il grande livellamento del panorama femminile. Cecchini ha ben chiaro ciò che possono fare le sue leader e pure lei stessa.

Elena Cecchini è dal 2021 alla SD Worx, con cui ha disputato 143 gare (foto Getty Sport)
Elena Cecchini è dal 2021 alla SD Worx, con cui ha disputato 143 gare (foto Getty Sport)
Elena manca poco all’inizio agonistico. Com’è andata la preparazione?

Come sempre abbiamo lavorato bene nei due ritiri, nonostante il meteo non sia stato sempre buono. Rispetto al passato dove eravamo in una villa gestita da noi, stavolta eravamo in un hotel completamente a nostra disposizione. Abbiamo avuto più tempo e spazio. E’ stato importante per conoscerci meglio e non avere certi obblighi.

Quale sarà il tuo calendario?

Esordirò al UAE Tour Women. Sono felice di farlo visto che sarà la prima volta. Successivmente correrò Het Nieuwsblad, Hageland, Strade Bianche, Trofeo Binda e Sanremo Women. Poi ci sarà la solita campagna del Nord. Attualmente farò Giro e Tour, mentre dovrei saltare la Vuelta. In realtà vedrò come finirò le classiche. In alternativa potrei correre Itzulia o Burgos prima di preparare i campionati italiani.

Cecchini e Guarischi sono ribattezzate scherzosamente la “italian mafia” della SD Worx. Sono state compagne anche alla Canyon-Sram
Cecchini e Guarischi sono ribattezzate scherzosamente la “italian mafia” della SD Worx. Sono state compagne anche alla Canyon-Sram
Come abbiamo chiesto a Guarischi, anche tu potresti avere più libertà?

Di base partirò sempre con lo stesso ruolo, ma penso che se ci saranno possibilità di entrare in fuga o in un gruppo ristretto, sicuramente avrò l’appoggio del team. Tuttavia la vedo più come un’occasione da sfruttare nel post classiche.

La SD Worx ha cambiato tanto. Qual è la tua impressione?

Il più grande stravolgimento è stato il rientro di Anna (Van der Breggen, ndr) come compagna di squadra. Siamo contente anche di avere a bordo Gianpaolo Mondini come diesse, che alza la percentuale di italianità in squadra. Ad esempio, avremo anche un bus nuovo. La cultura belga-olandese della società è sempre stata senza fronzoli, che guarda al sodo, però poco per volta stanno cambiando, tirando una linea nuova su tante cose.

Il 2021 è stata la tua prima annata in SD Worx e l’ultima da atleta di Van der Breggen? Hai notato differenza da allora?

Anna fisicamente è un perfetto copia e incolla di quattro anni fa. Quando aveva smesso inizialmente aveva perso un po’ di muscolatura, però si era sempre tenuta in forma e adesso l’ho rivista come allora. La differenza c’è a livello mentale. Ora è più forte e più felice. Ho sempre pensato che avesse smesso troppo presto, però forse le pesava lo stress delle corse. Ha riscoperto il piacere di pedalare. Torna per vincere e con una maggiore leggerezza, che le darà una spinta in più.

Quanto incideranno in corsa i suoi tre anni da diesse?

Quando correva Anna tatticamente è sempre stata una volpe, basta guardare i mondiali che ha vinto per fare un primo esempio. In ammiraglia è sempre stata coinvolta, capendo subito le situazioni. Anzi, da fuori leggi meglio le gare e quindi quest’anno in corsa saprà ancora meglio come muoversi o far muovere la squadra..

Incideranno invece i tre anni senza gare?

Certo, probabilmente potrebbe soffrire all’inizio, nelle prime corse. Bisogna vedere come torna in gruppo, ma, come dicevo prima, rientra con meno tensioni. Anna conosce bene le avversarie. E ripeto: torna migliorata. Onestamente avere Anna in squadra mi rassicura e credo che sia lo stesso pensiero delle altre nostre compagne.

Van der Breggen e Kopecky in certe gare potrebbero avere problemi di convivenza?

Conoscendo bene Anna e Lotte non penso che si pesteranno i piedi. Caratterialmente sono compatibili. Devono scoprirsi come compagne di squadra, ma credo che si divertiranno a correre assieme. Penso che possano fare grandi cose e averle entrambe nelle gare più dure sarà un bene per noi. Specie nei finali dove sarà importanti avere numeri maggiori rispetto alle avversarie.

Dopo i secondi posti a Tour 2023 e Giro 2024, Kopecky può puntare alla generale di queste corse?

Il secondo posto al Giro le brucia ancora un po’, ma ormai è acqua passata (risponde sorridendo, ndr). Lotte può trasformarsi in donna da Grande Giri, può fare tutto lei. L’anno scorso al Giro era libera mentalmente e ha capito che può vincere una gara del genere. Se farà una preparazione mirata, farà un ulteriore salto di qualità. Quest’anno vuole provare a vincere una corsa delle Ardenne.

Il Giro Donne 2021 è l’ultima vittoria di Van der Breggen. Terza arrivò Vollering che ora è la sua rivale principale (foto instagram)
Il Giro Donne 2021 è l’ultima vittoria di Van der Breggen. Terza arrivò Vollering che ora è la sua rivale principale (foto instagram)
Van der Breggen punterà al Tour?

Credo proprio di sì, potrebbe essere la nostra capitana in Francia. Potrebbe fare la Vuelta, magari confrontandosi con Vollering ed avere qualche riscontro. Loro due si conoscono bene, sono simili a livello atletico. Fra Anna e Demi c’è una sana rivalità, sarà una bella sfida.

Che effetto ti farà vedere Vollering come avversaria?

Se la vedo sotto l’aspetto lavorativo non ci faccio caso, come quando corri contro altre avversarie. Dal punto di vista umano invece Demi mi manca. La sento ancora spesso, avevamo un bel rapporto. Tuttavia credo che il trasferimento suo e di altre atlete, come quello di Longo Borghini alla UAE, renderanno la stagione molto frizzante.

Per Elena Cecchini la SD Worx sarà sempre la squadra-faro?

Dipenderà dalle gare. Credo che nelle classiche saremo ancora noi il riferimento, soprattutto quelle della prima parte. Già dalle Ardenne potrebbero cambiare un po’ di cose. Quest’anno però non saremo solo noi ad avere le responsabilità di chiudere una eventuale fuga, per esempio. Il peso della corsa non sarà solo sulle nostre spalle e noi potremmo beneficiarne, correndo in modo diverso dal passato. Nelle grandi gare a tappe ci sarà più equilibrio.

Cecchini e Van den Broek-Black, assieme a Van der Breggen, sono le atlete con la militanza più lunga alla SD Worx (foto Getty Sport)
Cecchini e Van den Broek-Black, assieme a Van der Breggen, sono le atlete con la militanza più lunga alla SD Worx (foto Getty Sport)
Avete fatto il solito prospetto delle possibili vittorie stagionali?

Quello è un compito principalmente di Danny (Stam, il capo dei diesse ndr) che fa durante i training camp. Lui e gli altri tecnici fanno un conteggio e si confrontano con noi. Io ho detto che partire forte già dalle classiche ci dà molto morale e soprattutto non ci obbliga ad inseguire. Corri più serena e non è un dettaglio. In ogni caso dopo i podi a Giro e Tour, quest’anno il nostro obiettivo sarà rivincerli.

Bronzini sicura: donne pronte per Giri di due settimane

31.01.2025
4 min
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Si vede che del tema hanno parlato e continuano a parlare. La durata esigua dei Grandi Giri delle donne tiene banco e poco convincono le obiezioni di chi fa notare il diverso livello fra le squadre WorldTour e le continental che ogni anno ricevono l’invito per prendervi parte. A tratti sembra di leggere fra le righe la stessa paura per cui si è deciso di non inserire più lo Stelvio nel Giro Next Gen, per evitare le figuracce delle squadre under 23 al cospetto dei devo team. Ma qui si parla di organici WorldTour e certe paure dovrebbero uscire dall’orizzonte.

Bronzini e la sua Silvia Zanardi hanno aperto la stagione in Australia
Bronzini e la sua Silvia Zanardi hanno aperto la stagione in Australia

Bronzini per le due settimane

E’ immediato rendersi conto che il raddoppio delle tappe rispetto alle 8 attuali giovi soprattutto alle atlete di grande cilindrata come Longo Borghini, Vollering e Van der Breggen. E non dimentichiamo la provocazione di tre anni fa quando Annemiek Van Vleuten si disse favorevole alle tre settimane di gara, ma venne sconfessata da tutte. Ma due settimane sono un tempo più ragionevole. Così, dopo aver sentito nei giorni scorsi Marta Bastianelli e Paolo Slongo, questa volta abbiamo suonato al campanello di Giorgia Bronzini. La piacentina, che ha iniziato dall’Australia la sua stagione con la sua Human Powered Health, è andata subito al cuore del problema.

«Io penso che le ragazze – dice senza mezza esitazione – siano pronte a fare, come dice la Longo, due settimane di Giro e di Tour. E penso anche che non cambia niente tra fare 12 tappe, oppure 15. Alla fine, basta mettere un prologo, poi ci sarà sicuramente una cronometro e per il resto più tappe piatte. Il nostro problema, se fai tutto in una settimana, è che sarà per forza piena di salite…».

Vincitrice del Tour 2022 davanti a Vollering e Niewiadoma, Van Vleuten auspicò Giri di tre settimane
Vincitrice del Tour 2022 davanti a Vollering e Niewiadoma, Van Vleuten auspicò Giri di tre settimane

Più tappe, più chance per tutti

E’ il tema del prossimo Giro d’Italia Women, davanti al quale le velociste del gruppo hanno mascherato a stento un moto di stizza. La tappa per le ruote veloci è soltanto una, al massimo due se riusciranno a digerire il Tonale in partenza, e per il resto ci sarà da combattere.

«La gente vuole lo spettacolo – prosegue Bronzini – i Grandi Giri si vincono in salita e quindi fanno tutte tappe dure. Per esempio, il Giro d’Italia di quest’anno: che senso ha portare una velocista? C’è una tappa piatta (la quinta, Mirano-Monselice, ndr) e tutto il resto è durissimo, il nostro Giro d’Italia non ha veramente senso. Invece una corsa a tappe dovrebbe dare a tutti i tipi di atleti la possibilità di fare il loro exploit. Questa almeno è la mia idea e sono convinta che le donne siano pronte per fare le due settimane».

Nel Giro 2024 solo due tappe per le velociste: una vinta da Consonni e una da Kopecky, ma entrambe su percorsi impegnativi
Nel Giro 2024 solo due tappe per le velociste: una vinta da Consonni e una da Kopecky, ma entrambe su percorsi impegnativi

Squadre di livello più alto

Slongo, che ha seguito Elisa Longo Borghini al UAE Team Adq, ha detto che dal suo punto di vista l’aumento delle tappe richiederebbe l’aumento delle atlete per squadra, ma su questo punto Bronzini non sembra troppo d’accordo.

«Si potrebbe fare come ragionamento – dice – ma significherebbe un aumento dei costi per gli organizzatori, mentre per le squadre averne sette oppure otto cambierebbe poco. Tutto sommato quindi, lascerei a sette. Allo stesso modo non mi convince l’obiezione che l’aumento delle tappe svantaggerebbe le continental. Ci sono delle squadre continental che vanno meglio di alcune WorldTour, quindi eventualmente dovrebbe esserci una selezione opportuna da parte degli organizzatori nel prendere le continental in grado di fare un Grande Giro di 15 giorni. E starebbe alle squadre inserire nel proprio organico delle atlete all’altezza».

E sembra di leggere fra le righe che in questo ciclismo di livello così alto forse, al pari di quanto accade fra gli uomini, non è più tempo di portare ragazzine e ragazzini affinché facciano esperienza al Giro oppure al Tour. Per quello ci saranno semmai le corse più piccole.

NEGLI ARTICOLI PRECEDENTI

Con appena 8 tappe è giusto chiamarli Grandi Giri?

Grandi Giri donne da due settimane: parla Slongo

Partono i mondiali e Pontoni vuole fare il colpaccio

31.01.2025
5 min
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Iniziano i mondiali, tre giorni di gare a Lievin (FRA) che saranno la summa di una lunga stagione del ciclocross, iniziata a settembre e che in chiave italiana ha già detto molto. La nazionale azzurra si presenta in Francia con molte ambizioni, soprattutto legate alle categorie giovanili e questo è un trend che dura da tempo, in attesa che anche a livello elite (almeno al maschile) si possa recitare una parte importante.

Stefano Viezzi, iridato in carica juniores, cerca il podio al suo esordio nella categoria maggiore
Stefano Viezzi, iridato in carica juniores, cerca il compaccio al suo esordio nella categoria maggiore

Daniele Pontoni è pronto per la nuova avventura, anzi dalle sue parole si sente come ci sia la fremente attesa di cominciare e vedere se le premesse verranno confermate e si potrà aggiungere metallo prezioso al carniere. La spedizione azzurra è composta da 14 elementi, con una presenza in ogni categoria e questo è già un successo.

«I numeri sono quelli ormai soliti – dice il tecnico friulano – sin dalla mia prima edizione abbiamo sempre viaggiato fra i 13 e i 15 elementi, siamo nella media. Abbiamo scelto tutti coloro che lo hanno meritato, ma un accento lo porrei sulla presenza di Eva Lechner: è un tributo alla sua eccezionale carriera, a quel che ha fatto nel mondo dell’off-road, meritava di avere una vetrina simile per salutarla convenientemente, soprattutto ora che è attesa a gravosi compiti dirigenziali nell’Uci».

Per Eva Lechner l’ultima chiamata in nazionale, tributo a una grande carriera con l’argento iridato 2014
Per Eva Lechner l’ultima chiamata in nazionale, tributo a una grande carriera con l’argento iridato 2014
Che percorsi troveranno?

Non è un tracciato piatto, questo è sicuro e la sua interpretazione varia notevolmente in base al meteo, tanto è vero che da una settimana sono appiccicato alle previsioni per capire. C’è un dislivello di 170 metri che non è poco, anche se non c’è una vera e propria salita che fa la differenza, ma è tutto un saliscendi. E’ il tipico percorso francese, quindi con curve larghe e non molto angolate, dove è importante saper rilanciare subito e forte. Un percorso più fisico rispetto a quello degli europei, più impegnativo dove il clima può davvero cambiare tutto.

Hai una preferenza?

I ragazzi sono pronti per affrontare ogni tipo di situazione, percorso e meteo fanno parte del gioco. Siamo arrivati all’appuntamento dei mondiali carichi, con la consapevolezza che non si poteva fare di più. La preparazione, anche grazie al Gruppo Performance, è stata la migliore possibile e i risultati delle ultime prove di Coppa del Mondo sono molto confortanti.

Per Mattia Agostinacchio la delusione di Coppa deve trasformarsi in carica per i mondiali
Per Mattia Agostinacchio la delusione di Coppa deve trasformarsi in carica per i mondiali
Abbiamo una categoria, quella junior maschile, nella quale ci presentiamo con il campione europeo in carica e due atleti saliti sul podio di Coppa o finiti vicino. Quella quindi cui si guarda con maggiore interesse…

E’ stato importante ottenere quei risultati per salire nel ranking e partire più avanti possibile, anche se il percorso dei mondiali di Lievin ha una lunga salita iniziale nella quale anche chi è in seconda o terza fila ha tempo per guadagnare posizioni e ai ragazzi mi sono raccomandato su questo. Agostinacchio parte fra i favoriti, ma anche Pezzo Rosola e Grigolini hanno le loro chance, l’importante è cercare la corsia giusta in avvio ed entrare subito nel vivo della lotta. E’ una gara dove ci saranno tanti atleti che per valore così vicino potranno ambire al podio e i nostri ci sono. Confido molto nella voglia di riscatto di Grigolini, che a Benidorm è stato anche in testa alla gara, e nelle doti di recupero di Pezzo Rosola.

Il podio U23 di Hoogerheide con Del Grosso circondato da Sparfel e Viezzi, rivali anche a Lievin
Il podio U23 di Hoogerheide con Del Grosso circondato da Sparfel e Viezzi, rivali anche a Lievin
Per Mattia Agostinacchio aver perso la Coppa all’ultima gara può aver inciso sul morale?

E’ chiaro che a ogni gara vorresti il massimo, ma ci sono anche le giornate no. Quella di Mattia domenica a Hoogerheide è stata la peggiore in assoluto degli ultimi 3 anni: la classica gara dove tutto gira storto, ma finire secondo in classifica ha pur sempre un valore. Poi uno vuole sempre la parte della torta più grande, ma deve tradurre tutto ciò in voglia di rivalsa.

Al suo primo anno da under 23 Viezzi è già tra i favoriti, ti aspettavi questa crescita?

Sì, perché lo conosco, so quel che vale e poi è proprio la sua generazione che ha un passo in più. Domenica dietro Del Grosso c’erano lui e Sparfel, il suo rivale del mondiale juniores dello scorso anno. Stefano quando sente odore di grande appuntamento si trasforma e so che darà tutto per una medaglia, io dico che ne ha tutte le possibilità. Ma ci giochiamo carte importanti anche con la Pellizotti fra le juniores, dopo una stagione dove i risultati pur buoni non hanno reso giustizia al suo livello e la Casasola fra le elite, unica vera alternativa insieme all’ungherese Vas alle olandesi.

Sara Casasola a Namur. L’azzurra della Crelan Corendon punta al podio contro l’armata olandese
Sara Casasola a Namur. L’azzurra della Crelan Corendon punta al podio contro l’armata landese
Poi c’è la staffetta, tuo vecchio pallino…

E’ lo specchio del valore di un movimento, i ragazzi sanno che per me la prova inaugurale ha un significato speciale. Anche le altre nazioni, quelle che prima la sottovalutavano, ora ci tengono e lo si vede dagli schieramenti. La Francia è la favorita, noi però siamo lì per una medaglia e magari bissare l’oro europeo. L’importante è partire consapevoli di quanto è stato fatto. Abbiamo lavorato a lungo per stabilire la giusta strategia e quindi l’ordine di partenza delle frazioni, se i calcoli sono stati giusti…

Obiettivo punti, Fortunato pronto ad una stagione da duro

31.01.2025
5 min
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Lorenzo Fortunato si prepara ad affrontare una stagione particolare. Dopo un 2024 in cui è stato l’atleta del team ad aver racimolato più punti UCI, la squadra gli ha chiesto di continuare su questo filone. La XDS-Astana, ha necessità di risalire la china per restare nel WorldTour e Lorenzo è un profilo ideale per questo scopo. Cosa che ci ribadito anche Mazzoleni.

Questo non significa che il bolognese dovrà stravolgere il proprio stile di corsa, ma sicuramente dovrà puntare ancora di più sulla costanza e sulla capacità di ottenere piazzamenti importanti.

Attualmente Fortunato si trova sul Teide per un ritiro in altura insieme al gruppo degli scalatori e a qualche cacciatore di classiche. La voglia di allenarsi e fare sempre meglio non manca. Così come il buon umore. Ma soprattutto, parlando faccia a faccia con lui, possiamo dire che ormai è divenuto un corridore maturo, sicuro di sé. E un veterano del gruppo.

Fortunato in compagnia del massaggiatore Nicola Dini
Fortunato in compagnia del massaggiatore Nicola Dini
Lorenzo, un’altra stagione al via. Come hai passato l’inverno?

Sono stato bene, tranquillo. Ho fatto un mese completamente fermo perché la mia stagione era stata molto lunga, tra Giro d’Italia, Vuelta e l’ultima corsa in Cina. Di solito i corridori staccano per due o tre settimane, io invece ho preferito fermarmi un mese intero. Poi ho ripreso gradualmente e adesso sto bene. Il primo mese ho fatto fatica, soprattutto nel ritiro di dicembre, ma ora mi sento a livello degli altri.

Che stagione ci possiamo aspettare da te? Quale sarà il tuo calendario?

A grandi linee il calendario sarà simile a quello dell’anno scorso. Farò due grandi Giri, iniziando con il Giro d’Italia, e parteciperò a corse a tappe di una settimana come la Tirreno-Adriatico e il Catalunya. Quest’anno, prima del Giro, correrò il Romandia invece di andare alla Liegi. È stata una scelta condivisa con la squadra, per avere un avvicinamento più specifico.

È sempre più difficile vincere in questo ciclismo, soprattutto senza uno spunto veloce. Cosa ci si può inventare?

È complicato in effetti. E non poco. Basta guardare le corse che ho fatto l’anno scorso: la Tirreno l’ha vinta Vingegaard, il Catalunya Pogacar e lo stesso Pogacar ha dominato il Giro. Vincere in questo contesto è quasi impossibile, ma non si sa mai. Il focus per il 2024 sarà raccogliere punti, quindi cercherò di massimizzare i piazzamenti.

Fortunato (classe 1996) è alla seconda stagione nel gruppo Astana, oggi XDS (foto XDS-Astana)
Fortunato (classe 1996) è alla seconda stagione nel gruppo Astana, oggi XDS (foto XDS-Astana)
Avete pensato a strategie alternative, come puntare su corse più piccole per cercare la vittoria?

Sì, ma il calendario WorldTour è molto fitto e qualcuno deve comunque affrontare queste corse. Siamo una squadra di 30 corridori, non di 50, quindi bisogna fare delle scelte. Il mio compito sarà fare classifica o provare a vincere tappe nei Grandi Giri. La cosa importante è essere costanti, stare davanti, magari lottare anche per un piazzamento… ma fare punti.

E questo abbiamo visto che ormai vale per tutti, non solo per voi della XDS… Dove inizierai la stagione?

Partirò da Murcia, poi farò il Tour du Var e il Laigueglia. Sono corse di un giorno e il mio obiettivo sarà supportare i compagni, come Velasco e Scaroni, che hanno più possibilità di vittoria. Ci vuole anche qualcuno che lavori per loro.

La squadra è cambiata molto. Che impressioni hai?

È quasi una rivoluzione direi. Cambiare bici è stato un passo importante, ma soprattutto ci sono tanti nuovi compagni. Il gruppo italiano è cresciuto molto, con l’arrivo di Bettiol, Masnada, Ulissi, Malucelli e Conci. C’è un bell’ambiente, come già c’era lo scorso anno, ma ora siamo ancora più uniti.

Fortunato lo scorso anno è stato 12° al Giro e 16° alla Vuelta
Fortunato lo scorso anno è stato 12° al Giro e 16° alla Vuelta
Cosa portano corridori come Bettiol e Ulissi?

Hanno tanta esperienza. Diego Ulissi, in particolare, è un punto di riferimento. In corsa avere un compagno così è come avere un secondo direttore sportivo accanto. Anche Bettiol ha esperienza e talento, ma Diego, con qualche anno in più, può davvero fare la differenza.

Piccolo passo indietro, Lorenzo. Hai parlato di un mese di stop totale: più fatica all’inizio, ma anche più energie dopo?

A dicembre ho fatto tanta fatica, ma ora mi sento livellato come dicevo. Se confronto la mia condizione attuale con quella di un anno fa, a gennaio sto uguale. Ho staccato di più rispetto ad altri compagni perché ho corso di più. Era necessario recuperare dopo una stagione intensa (in più Fortunato si è anche sposato in autunno, ndr). Ma sì, sono convinto che questo piccolo bagaglio di riposo me lo ritroverò più in là.

Nel 2024 hai fatto il Delfinato dopo il Giro, e tu stesso ci dicesti che non fu una super scelta: quest’anno lo rifarai?

No, per ora il mio programma arriva fino al Giro, poi vedremo. L’anno scorso al Delfinato ho avuto due giorni in cui stavo molto bene e ho vinto la maglia della montagna, ma ho anche sofferto molto nell’ultima tappa. Quest’anno voglio valutare meglio dopo il Giro e programmare la seconda parte della stagione con più attenzione.

Un selfie dal Teide: Fortunato e Masnada stanno condividendo gran parte del loro tempo (foto Instagram)
Un selfie dal Teide: Fortunato e Masnada stanno condividendo gran parte del loro tempo (foto Instagram)
L’anno scorso hai corso spalla a spalla con Pogacar ed Evenepoel: cosa ti aspetti da loro nel 2024?

Pogacar è stato superiore a tutti e durante tutta la stagione. Se Tadej continuerà così o addirittura migliorerà, farà ancora più selezione e più storia. Mi aspetto che Vingegaard possa battagliare di più con lui. Evenepoel è un campione, ma Pogacar sembra avere ancora qualcosa in più.

In ritiro a Calpe, dove c’era quasi tutto l’immenso mondo dei pro’, vi siete incrociati con Pogacar?

Sì, abbiamo pedalato un po’ insieme. Lui è molto tranquillo, non si comporta come una superstar, ma come un corridore normale. Noi lo vediamo come Pogacar, ma lui si comporta come uno di noi.

Con chi dividi la camera in ritiro?

Sono sempre con Fausto Masnada. Già a dicembre eravamo in ritiro insieme e abbiamo più o meno lo stesso calendario. Stiamo condividendo anche la macchina del caffè in camera! E siamo diventati una coppia fissa di allenamento.

Con il “senatore” Brambilla: 16ª stagione e Pidcock da scortare

30.01.2025
5 min
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Non tutti i corridori possono vantare oltre tre lustri di professionismo, Gianluca Brambilla invece fa parte proprio di quella ristretta elite. L’atleta della Q36.5 Pro Cycling Team è pronto ad affrontare la sua sedicesima stagione da professionista. E lo fa con la consapevolezza di chi ha visto e vissuto tanto nel mondo del ciclismo. Ma non ha visto ancora tutto. E questo è un grande stimolo ed è quello che gli propone il suo 2025.

Brambilla si trova ad affrontare un’annata che potrebbe essere l’ultima (chissà?), ma che sicuramente sarà vissuta con l’entusiasmo e la dedizione che lo hanno sempre contraddistinto. L’arrivo di Tom Pidcock nella sua squadra rappresenta una sfida e uno stimolo in più.

Gianluca Brambilla (classe 1997) è alla sua sedicesima stagione da pro’
Gianluca Brambilla (classe 1997) è alla sua sedicesima stagione da pro’
Gianluca, innanzitutto come stai? Come affronti questa ennesima stagione?

Tutto bene, per il momento l’inverno è andato senza intoppi, senza acciacchi o malattie. Vediamo, magari arriveranno adesso! Scherzi a parte, mi sento pronto e motivato.

C’è ancora emozione alla prima corsa della stagione?

Più che emozione ormai è voglia di testarsi, di vedere se il lavoro svolto durante l’inverno paga. È importante capire a che punto è la condizione per poi adattare gli allenamenti e i programmi di gara ed eventualmente correggere il tiro.

Hai cambiato qualcosa nella preparazione rispetto agli anni scorsi?

Sì, ogni anno ci sono degli aggiustamenti. Bisogna stare al passo con i tempi. Nell’ultimo training camp abbiamo lavorato con maggiore intensità rispetto al passato. Meno ore in sella, ma più qualità negli allenamenti.

Il vicentino, a destra, è un riferimento per i compagni
Il vicentino, a destra, è un riferimento per i compagni
E come sono cambiati i tuoi allenamenti in termini di volume e intensità?

I chilometri sono più o meno gli stessi, ma ora si lavora diversamente. Si fanno meno uscite lunghe di 7 ore “a spasso” e si inseriscono più esercizi specifici. Magari si arriva a 6 ore, non di più. Il dispendio energetico è aumentato, anche se le ore di sella sono leggermente diminuite.

La tua squadra ha subito cambiamenti importanti. Come vivi il tuo ruolo di veterano? Insomma, tu ci sei da un bel po’…

Dal primo anno che c’è stata la squadra. Sono sempre stato un punto di riferimento per i compagni, anche al primo anno ero uno degli esperti e questo ruolo è confermato anche ora. Il team ha acquisito grandi corridori come Pidcock, che hanno portato un bel salto di qualità.

Hai toccato il punto. Che impressione ti ha fatto Pidcock?

Mi ha colpito la sua professionalità. E’ un vero campione che ha vinto Olimpiadi e mondiali, cura ogni minimo dettaglio. E’ attentissimo. Segue alla lettera ogni indicazione, che si tratti di allenamento o alimentazione, ed è molto preciso nel rispettare le tabelle. Durante il camp per esempio avevamo delle strategie alimentari per ogni allenamento: un giorno 90 grammi di carbo, un giorno 120… E dovevamo assumerli ogni tot tempo. Notavo che al minuto spaccato lui infilava la mano nella tasca e apriva un gel. Insomma massima professionalità. Si vede che sa il fatto suo.

Intanto ieri all’AlUla Tour, in Arabia, Pidcock ha vinto la sua prima corsa con la Q36.5
Intanto ieri all’AlUla Tour, in Arabia, Pidcock ha vinto la sua prima corsa con la Q36.5
Avete programmi simili?

Parecchio, anche se lui ha iniziato in Arabia Saudita (dove ieri ha anche vinto) mentre io sono partito da Mallorca. Poi però dovremmo incontrarci in gare come Ruta del Sol, Strade Bianche, Tirreno.

Siete fisicamente simili. Visto che correrete spesso insieme sarai tu a passargli la bici in caso di necessità?

Direi che è cosi, abbiamo misure molto simili, quasi al millimetro.

Quanto ti stimola avere un leader come Pidcock?

Molto. Avere qualcuno da supportare in corsa è uno stimolo importante. L’anno scorso mi sono trovato spesso da solo, quest’anno spero di essere sempre lì per aiutare chi può vincere.

Pidcock ti ha chiesto consigli sulla squadra o sul modo di correre?

Più che altro abbiamo parlato, poi spesso lui eseguiva le sue tabelle. Ci siamo allenati spesso insieme, ma lui sa già perfettamente cosa fare. Io posso, e spero, dargli consigli durante la gara, ma come detto ha le idee molto chiare.

Brambilla manca da un grande Giro dal 2021, la Vuelta. La voglia di tornare alle “tre settimane” non gli manca
Brambilla manca da un grande Giro dal 2021, la Vuelta. La voglia di tornare alle “tre settimane” non gli manca
Capitolo Giro d’Italia: siete tra i papabili. E tu ci sarai?

Sì, la squadra vuole esserci e anch’io penso di poter essere della partita. Aspettiamo le wildcard, ma c’è voglia di farlo. Tanta voglia sarebbe una grande cosa per tutti.

Che idea ti sei fatto delle prime corse stagionali?

Che gli equilibri sono sempre gli stessi, ma alcune squadre si sono rafforzate molto. La UAE Emirates è ancora dominante, ma ci sono altri team, come Red Bull-Bora, che hanno iniziato forte. E altre come la XDS-Astana che si sono rafforzate. Champoussin e Scaroni li ho visti bene. E poi c’è Hirschi che alla Tudor ha già dimostrato di essere un killer, come lo chiamo io: quando ha il numero sulla schiena, è difficile batterlo.