Dopo colazione, due parole con Carapaz ancora assonnato

06.08.2022
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Il Tour de Pologne è la corsa dalla quale riprende la stagione di Richard Carapaz, dopo la delusione della maglia rosa persa alla penultima tappa del Giro d’Italia. Approfittiamo dell’hotel in comune e la mattinata tranquilla che precede l’ultima frazione, la settima, e chiediamo al suo diesse Tosatto di parlare con lui. Il campione olimpico accetta.

Carapaz scende dal camion cucina della Ineos Grenadiers alle 10,15. La sua faccia è ancora un po’ assonnata. La colazione è terminata e ha già lo zaino in spalla: tra poco si parte per Skawina.

Richard ha concluso la prova contro il tempo di giovedì scorso al 32° posto, a più di un minuto dal vincitore Arensman
Richard ha concluso la crono al 32° posto, a più di un minuto dal vincitore Arensman
E’ la prima corsa dopo tanti mesi, come ti senti?

La verità è che mi sento bene, dopo un po’ di riposo e di allenamenti sono venuto qui al Tour de Pologne per ritrovare le sensazioni della corsa. Ovviamente non posso essere al meglio, ma non mi posso lamentare.

Una buona corsa per prepararsi alla Vuelta…

Sì, sono tante tappe e molti chilometri. Non ci sono parecchie salite, ma alla fine devo riprendere il ritmo di corsa. E questo è quel che conta. Nell’unica tappa con arrivo in salita ho sofferto un po’ l’accelerazione di Higuita, ma sono riuscito a rimanere attaccato ai migliori.

Carapaz a colloquio con Lang, organizzatore dell’evento, prima della partenza della seconda tappa
Carapaz a colloquio con Lang, organizzatore dell’evento, prima della partenza della seconda tappa
Sei stato fermo per un po’ di tempo, che hai fatto?

Esattamente, sono stato a casa in Ecuador, non ho fatto competizioni. Me ne sono stato tranquillo in casa con la mia famiglia e dopo qualche giorno ho ripreso ad allenarmi.

Come ti sei preparato?

Dopo il Giro d’Italia mi sono allenato in altura a casa mia restando sempre sopra i 3.000 metri e sfruttando il tempo per recuperare mentalmente.

La Pinarello Dogma F dorata di Carapaz che celebra la vittoria olimpica di Tokyo
La Pinarello Dogma F dorata di Carapaz che celebra la vittoria olimpica di Tokyo
Quanto è importante tornare a casa per te?

Molto, soprattutto per l’altura, quello che è importante per me alle fine, dal punto di vista atletico è questo. Io sono un corridore che rende bene a certe altitudini e tornare ad allenarmi a queste quote mi serve per non perdere la qualità. Quando riesco a farlo mi sento molto meglio. Poi quando rientro alle corse ottengo sempre buoni risultati.

Sei riuscito anche a goderti la famiglia?

Dopo il Giro sì, ora penso di ritornarci dopo la Vuelta. Però alla fine siamo sempre in movimento, una volta vado io un’altra vengono loro qui.

Come hai vissuto la delusione del Giro?

Certamente perdere la maglia il penultimo giorno non è stata una bella sensazione. Però alla fine dopo qualche giorno guardo il bicchiere mezzo pieno. E’ stata una buona prestazione alla fine, sia per me che per la squadra. Si può dire che è stato un bel risultato anche per il mio Paese, soprattutto ed anche per me è stato un lavoro importantissimo.

Carapaz durante la presentazione dei team è stato fermato da tanti tifosi e dalla stampa locale
Carapaz durante la presentazione dei team è stato fermato da tanti tifosi e dalla stampa locale
Come detto prima tra pochi giorni arriva la Vuelta…

Sono molto motivato, è il primo anno che faccio la combinazione Giro e Vuelta. Sarà una corsa molto dura, ma questo mi dà ancora più carica. Abbiamo una grande possibilità di ottenere un podio e vogliamo coglierla.

Quanto è difficile preparare due Grandi Giri insieme?

In realtà non tantissimo, alla fine io devo concentrarmi sulle corse a tappe, quindi si deve costruire un calendario con metodo fin dall’inizio della stagione, così da avere i giusti giorni di corsa e di riposo proprio in funzione di quelle corse (Carapaz fino ad ora ha disputato 51 giorni di corsa, di cui 42 nella sola prima metà di stagione, Giro compreso, ndr). La verità è che negli ultimi anni riuscire a preparare Tour e Vuelta non è stato semplice perché la corsa francese è sempre molto serrata e recuperare tra l’una e l’altra non è facile.

Non hanno vinto, ma con nella crono gli Ineos si sono confermati in testa alla classifica a squadre
Non hanno vinto, ma con nella crono gli Ineos si sono confermati in testa alla classifica a squadre
Cosa pensi del percorso?

Sarà una corsa abbastanza dura, si parte in Olanda con tre tappe che saranno molto stressanti. Ci sarà molto vento probabilmente. E saranno frazioni importanti anche per la classifica generale, come quelle del Nord della Spagna: saranno dure. Nella parte finale della Vuelta farà anche molto caldo e questo è un fattore che va calcolato.

E il futuro?

Per il momento non vogliamo annunciare nulla, più avanti diremo tutto in un evento pubblico e lì faremo l’annuncio rispetto a cosa succederà la prossima stagione.

Chiaramente Carapaz non può dire nulla, ma è praticamente certo che dal prossimo anno vestirà la maglia della EF Education EasyPost. Finito di parlare con Richard ci mettiamo in macchina e ci lasciamo alle spalle i prati verdi e le colline di Bukowina, la strada davanti a noi sembra una lingua che si srotola dalle montagne verso la città. Davanti a noi il bus della Ineos che, probabilmente, ancora per poco porterà con sé il campione ecuadoriano.

Padun: «I problemi sono alle spalle, ora guardo avanti»

05.08.2022
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Mark Padun si era lanciato in questa nuova avventura in maglia EF Education EasyPost con tutta la voglia di riscattarsi. Le prospettive hanno sempre parlato di un buon corridore che però difficilmente ha trovato la continuità necessaria per emergere del tutto. Tutto sembrava iniziato per il meglio con la WorldTour americana, uno dei team a rischio “retrocessione”

Una buona preparazione ed un debutto in Spagna al Gran Camino che aveva dato riscontri più che positivi: terzo posto nella classifica generale e vittoria di tappa nella cronometro conclusiva.

Poi, da marzo ad aprile solamente due corse: Tirreno-Adriatico e Giro dei Paesi Baschi con un DNF (un ritiro) a sancire che qualcosa non stesse andando nel verso giusto. Tra maggio e giugno ha corso al Delfinato e la Route d’Occitanie, finendo solo la prima ma in maniera completamente anonima.

La stagione di Padun era inizia bene: una vittoria (a crono) e il podio finale al Gran Camino
La stagione di Padun era inizia bene: una vittoria (a crono) e il podio finale al Gran Camino

Ennesimo stop

Incontriamo Padun al bus del team alla partenza della quinta tappa del Tour de Pologne. Volto magro e squadrato e poca voglia di scherzare, un paio di brevi battute con i meccanici e risale sul bus a sistemare le ultime cose. Quando scende ha addosso spessi occhiali neri che non lasciano trasparire alcuna emozione. 

«Ora sto bene – dice subito – ma nel mezzo sono stato malato, per un lungo periodo non riuscivo a stare bene. Ho avuto l’influenza, con quattro giorni di febbre alta, ma non era Covid, ho fatto dei tamponi ed erano tutti negativi. Fatto sta che nonostante mi fossero passati i sintomi mi sono sentito debole per le 3-4 settimane successive. Ero comunque motivato a ricercare la condizione migliore, avevo voglia di rifarmi e di essere di nuovo competitivo».

Padun (classe 1996) ci è apparso molto magro, come non si vedeva da tempo (foto Instagram)
Padun (classe 1996) ci è apparso molto magro, come non si vedeva da tempo (foto Instagram)

Altura a doppia faccia

Quando un corridore è in cerca della condizione va in altura per lavorare in maniera serena e senza distrazioni. Ma quando ti alleni senza essere al cento per cento della condizione fisica e mentale rischia di farsi del male.

«A maggio non ho corso – racconta appoggiato alla sua Cannondale bianca – sono andato in altura per quattro settimane perché volevo riprendermi ed allenarmi forte, ma quando vai in ritiro e stai male poi le cose vanno anche peggio, questo è stato un errore di valutazione mio.

«Quando sono tornato alle corse ero finito. Sono andato al Delfinato e l’ho finito per miracolo. Nei miei programmi, concordati ad inizio stagione con la squadra c’era il Tour de France, una gran bella occasione che però è sfumata a causa dei continui problemi».

Nella crono del Polonia l’ucraino si è piazzato al decimo posto
Nella crono del Polonia l’ucraino si è piazzato al decimo posto

Il prossimo futuro

Al Tour de Pologne Padun ha ritrovato compagni e corse, il sorriso arriverà, si spera. Ora Mark si gode il ritorno alle corse e qualche certezza in più e guarda ai prossimi impegni con fiducia. L’ora della partenza si avvicina e il corridore ucraino si allontana lentamente in sella alla sua bici, ma prima ci scambiamo ancora qualche battuta.

«In questi ultimi due mesi sono stato sempre meglio. Non ho fatto viaggi, sono rimasto a casa e mi sono allenato in maniera adeguata.

«Alla EF sto bene, con i compagni mi sento a mio agio e questo è un buon punto. Sono qui perché nonostante tutto potrei fare la Vuelta, ma sarà la squadra a decidere ovviamente. Spero in una buona seconda parte di stagione, è ora di avere un po’ di fortuna».

Arensman di forza. E adesso non è più il delfino di Bardet

04.08.2022
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Thymen Arensman è alto e magro, viso pallido e gote rosse, battuta pronta e sorriso che invoglia a parlarci assieme. La sesta tappa del Tour de Pologne è una cronometro di poco meno di 12 chilometri che dal paesino di Gronkov porta alla stazione sciistica di Rusinski.

Su queste estese colline ricoperte da verdi prati l’occhio si perde verso l’orizzonte, dove si trovano le vette più alte. Inizia a fare caldo in Polonia, dopo sei giorni di nuvole e temperature al di sotto dei 20 gradi, finalmente, esce il sole

La prima da pro’

I giovani olandesi vanno forte, sono venuti qui in Polonia e stanno facendo vedere grandi cose. Prima la volata di potenza e classe di Olav Kooij, poi la cronometro di Arensman, in forza al Team DSM. Una prova di forza da parte di un ragazzo che è nato nel 1999 e che promette un gran bene. Che la cronometro potesse essere il momento decisivo lo si sapeva. E nessuno si è mai nascosto dal dirlo.

«E’ la prima vittoria da professionista e ne sono estremamente felice – i suoi occhi non mentono, dice Arensman – è il primo passo di una carriera che è iniziata da davvero poco tempo. E’ veramente un giorno speciale, la prima vittoria da professionista coincide con la prima nel WorldTour.

«Questa sera avrò qualcosa da festeggiare con i miei compagni, considerando che sono salito anche in seconda posizione nella classifica generale».

Incontro ravvicinato

Mentre ci spostiamo velocemente dal traguardo alla mix zone, notiamo una bici nera che brilla sotto il sole di Rusinski. E’ il mezzo, la Scott Plasma con il quale il giovane olandese ha appena vinto la crono a 40,075 di media oraria, ma con 337 metri di dislivello! Così chiediamo di visionarla ed il meccanico accetta volentieri e ci spiega anche qualche dettaglio. 

«Thymen – ci dice – ha scelto di montare il 56 davanti, la strada era sì in salita ma nella prima parte, ed in alcune sezioni, bisognava fare tanta velocità. Poi lui ha le leve lunghe e quindi ha più facilità nello spingere un rapporto del genere. Al posteriore siamo andati sul classico 30, non servivano altri rapporti (era un percorso da “rapportone” diremmo noi, ndr)».

Terzo nella classifica generale al al Tour of the Alps e miglior giovane, l’olandese corre forte e il futuro lo attende
Terzo nella classifica generale al al Tour of the Alps e miglior giovane, l’olandese corre forte e il futuro lo attende

Crono che passione

Thymen Arensman lo abbiamo visto correre bene, soprattutto in Italia: due secondi posti al Giro d’Italia, il terzo posto nella classifica generale della Tirreno-Adriatico ed il secondo al Tour of The Alps. Una grande passione anche per le cronometro: nelle quattro disputate quest’anno non è mai uscito dalla top ten.

«Le cronometro – dice l’olandese- mi piacciono e le curo bene, per essere un corridore completo da Grandi Giri serve andare forte anche lì. Generalmente percorsi brevi come questo, o quello di Budapest al Giro, non mi piacciono molto. Preferisco avere “minutaggi” più lunghi, anche se oggi ci ho messo 18 minuti, quindi direi che va bene».

La squadra lo ha affiancato a Bardet. Al Tour of the Alps, i due si sono aiutati moltissimo. Soprattutto, Thymen aveva aiutato Romain, il vecchio, il capitano. Ricoprire certi ruoli è importante per crescere e formarsi. Questa vicinanza, che si stava ripetendo anche al Giro lo aveva etichettato come il “delfino di Bardet”: sarà ancora così dopo questo Tour de Pologne?

Una lunga giornata per Arensman che viene via da Rusinski solamente al calar del sole
Una lunga giornata per Arensman che viene via da Rusinski solamente al calar del sole

Verso Cracovia

Arensman ha 23 anni e quest’anno ha corso la sua terza grande corsa a tappe: il Giro, supportando, fino a quando è rimasto della partita, Romain Bardet. Il suo debutto lo ha fatto alla Vuelta, nel 2020, quando è stato prelevato dalla Seg Racing Academy (dove ha corso per 6 mesi con Marco Frigo) e “trasportato” alla Sunweb, poi l’anno successivo diventata DSM. 

«Alla Vuelta sono andato bene già dalla prima esperienza – spiega Arensman – ho ottenuto un terzo posto a Sabinanigo ed un sesto a Ourense. Nel 2021 sono tornato alla Vuelta, facendo prima qualche corsa a tappe sempre in Spagna (Volta a Catalunya e Vuelta a Burgos, ndr).

«Le grandi corse a tappe sono tutte difficili e impegnative, ho fatto prima più gare in Spagna per imparare. Ho un buon recupero tra una tappa e l’altra e la resistenza nell’arco delle tre settimane mi soddisfa, vedremo cosa potrò fare, per ora sono contento così».

Thymen si ferma a parlare con altri colleghi della stampa locale, lo ringraziamo e torniamo a scrivere. Oggi ha vinto un altro olandese, mentre Ethan Hayter si prende la maglia di leader. Domani si arriva a Cracovia, e si chiuderà il 79° Tour de Pologne, probabilmente con una volata di gruppo e pochi sconvolgimenti nella classifica generale. Ma mai dire mai nel ciclismo di oggi.

Evenepoel, l’apprezzabile arte dell’autocritica

20.06.2022
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Remco Evenepoel si è tolto di dosso i panni di Superman, ma sta lavorando (bene) per indossarli nuovamente. La vittoria della Liegi gli ha ridato fiducia. Il Tour of Norway, con tre tappe vinte su sei, ha confermato che la strada è giusta. Mentre in Svizzera (11° a 4’04” da Thomas) il belga ha conquistato l’ultima crono, ma ha capito che il livello WorldTour in mezzo a quelli che lavorano per la maglia gialla è un’altra cosa. Il suo obiettivo è la Vuelta e sarebbe stato preoccupante essere già al pari di chi fra dieci giorni sarà in lizza per il Tour.

«Tre secondi di vantaggio su Thomas e undici su Kung – ha commentato dopo la vittoria di ieri – sono un bel risultato, l’importante è aver vinto, non il distacco. Tuttavia il più grande avversario è stato il caldo. Terribile. Non sono nemmeno stato in grado di seguire la tabella che ci eravamo dati. Nelle crono, ero già arrivato secondo alla Tirreno e ai Paesi Baschi: vincere è meglio. Soprattutto dopo una settimana faticosa, in cui non ho pedalato al mio massimo livello e ho subìto parecchie lezioni lungo la strada».

A lezione da Thomas

Qualcuno non lo sopportava, perché dopo ogni bel risultato “sbruffoneggiava” da calciatore qual è sempre stato, senza considerare che avesse appena vent’anni. E il belga, che nel frattempo ne ha compiuti 22, ha rimesso i piedi sulla terra.

«Mi riferisco principalmente alla tappa di Novazzano (foto di apertura, ndr) – ha spiegato ai giornalisti il campioncino belga – quando ho perso più di due minuti, su un percorso che ricordava le corse delle Ardenne. Ero troppo rilassato. Pensavo che gli uomini di classifica avrebbero tenuto la corsa e poi Matthews o uno come lui avrebbe vinto lo sprint. Abbiamo sbagliato tutto. Ci siamo concessi un giorno di riposo totale, mentre avremmo dovuto prendere l’iniziativa, così io non avrei perso due minuti e sarei salito sul podio.

«Sotto questo aspetto devo ancora imparare molto da un corridore come Geraint Thomas. Ha sempre la corsa in pugno, è aggressivo e vigile, mentre io quel giorno non ero nemmeno preparato per sopportare il caldo. Ho persino sbagliato a scegliere il casco: dopo l’arrivo ci si poteva friggere sopra un uovo. Non ho nemmeno chiesto di avere del ghiaccio, perché non pensavo fosse necessario. Lo sbaglio più grande della mia carriera. Fortunatamente, imparo velocemente. Non commetterò più gli stessi errori».

Geraint Thomas è sempre stato fra i primi 4 dello Svizzera e nella crono ha conquistato la vittoria
Geraint Thomas è sempre stato fra i primi 4 dello Svizzera e nella crono ha conquistato la vittoria

Le energie sprecate

Zero scuse. Qualcuno avrebbe potuto intervenire, ma il ragazzo si è preso tutte le responsabilità e guarda avanti. Pagina voltata, il giusto atteggiamento. Lucido anche nel commentare il distacco sui traguardi in salita di Mosaalp e Malbun: rispettivamente 3’06” da Denz e 2’30” da Pinot.

«Quei tre minuti – ha spiegato – non mi preoccupano molto. Era la prima volta che salivo sopra i 2.000 metri in gara dopo il ritiro in altura. Questa volta sono stato anche abbastanza intelligente da portare impacchi di ghiaccio (ridendo, ndr). Mi sono accorto però che sopra i 1.800 metri non ho avuto l’accelerazione di corridori come Thomas e Higuita. Forse dopo il Giro di Norvegia sono arrivato al Giro di Svizzera un po’ stanco. Ho recuperato completamente solo alla fine della settimana ed è un’altra lezione. Se mai vorrò vincere queste corse, dovrò gestirmi diversamente

Dopo il Tour of Norway, Evenepoel ha fatto show alla Gullegem Koerse, buttando via un bel po’ di energie
Dopo il Tour of Norway, Evenepoel ha fatto show alla Gullegem Koerse, buttando via un bel po’ di energie

«Devo risparmiare quanta più energia possibile. Sempre e ovunque. Per Thomas è automatico, io devo impararlo. Dopo la Norvegia ho vinto la Gullegem Koerse. Ho esagerato. Ho fatto una cronometro di 170 chilometri e solo dopo mi sono reso conto di aver corso per ore a wattaggi folli. E’ stato stupido, uno spreco di energia. Per questo, visto il passaggio a vuoto di Novazzano, abbiamo deciso di togliere la Vuelta a Burgos dal programma. Voglio essere il più fresco possibile per la Vuelta».

Obiettivo Vuelta

Ora lo aspettano il campionato belga a cronometro, in cui l’anno scorso fu bruciato da Lampaert nonostante pochi giorni prima avesse vinto lui la crono al Giro del Belgio. Poi verrà il campionato belga su strada, quindi Remco tirerà i remi in barca, per preparare l’assalto alla Vuelta.

«Stacco per una settimana – ha riso – nulla di troppo. Starò accanto a “Oumi” (Oumaima Rayane, la sua compagna, ndr) durante gli esami. Durante l’ultimo stage in altura, lei ha cucinato per me, temo che ora sia arrivato il mio turno. Poi farò un altro ritiro in quota, quindi San Sebastian, un altro breve ritiro, e poi finalmente sarà tempo della Vuelta».

Simon Yates e un’ossessione chiamata Giro d’Italia

19.02.2022
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Per Simon Yates passano gli anni, ma non cambia l’obiettivo. Nel 2022 lo scalatore britannico punterà ancora al Giro d’Italia. Quello tra Simon e la Corsa Rosa è un conto aperto che va avanti ormai da 4 anni, quello che sta per iniziare è il quinto alla ricerca della vittoria. Quando a metà della scorsa stagione, dopo il terzo posto conquistato alle spalle di Bernal e Caruso, avevamo chiesto a Vittorio Algeri se quella di Yates non fosse diventata un’ossessione la risposta fu un timido: «Potrebbe essere». 

Da un anno e mezzo, il corridore della Bike Exchange Jayco, è seguito anche da Marco Pinotti che vuole aiutarlo a conquistare il suo personale santo Graal, a forma di trofeo senza fine. Come un saltatore in alto Yates cambia la rincorsa ma non l’altezza dell’asticella…

Il Giro d’Italia 2018 sembrava poter incoronare il britannico, ma alla fine la spuntò Froome
Il Giro d’Italia 2018 sembrava poter incoronare il britannico, ma alla fine la spuntò Froome
L’obiettivo del 2022 rimane il Giro?

Sì, cambia però l’avvicinamento. I giorni di corsa rispetto al 2021 non variano, è differente però la distribuzione. Il grande obiettivo dei primi mesi di gare è la Parigi-Nizza, corsa che non è mai riuscito a vincere (arrivò alle spalle di Soler nel 2018 per soli 4 secondi, ndr). 

L’anno scorso fece Tirreno-Adriatico, Catalunya e Tour of the Alps…

Sì, infatti al Tour of the Alps era troppo avanti di condizione e al Giro d’Italia non ha mai avuto un picco di forma, è stato costante. Questo lo si intuisce anche dai risultati, fece bene dopo l’ultimo giorno di riposo a Sega di Ala, sintomo che avesse bisogno di riposo per assimilare gli sforzi fatti. Analizzando i dati e le sue sensazioni abbiamo capito che forse gli mancasse anche un po’ di base per il recupero, quindi si è deciso di cambiare approccio.

Nel 2021 il principale obiettivo dei primi mesi fu il Tour of the Alps, poi vinto
Nel 2021 il principale obiettivo dei primi mesi fu il Tour of the Alps, poi vinto
Ora Simon è impegnato alla Ruta Ciclista del Sol, il suo debutto per il 2022, poi cosa farà?

Questa prima corsa serve per assimilare i lavori fatti in preparazione invernale. All’arrivo della seconda tappa si è visto come negli ultimi 200 metri abbia mollato, vuol dire che è ancora un po’ appesantito dal carico di lavoro fatto in altura fino a pochi giorni fa. I prossimi impegni saranno Parigi-Nizza e Volta a Catalunya, poi un periodo di altura ed infine una corsa proprio a ridosso del Giro.

La Corsa Rosa non rischia di essere un’ossessione? Soprattutto dopo così tanti anni di tentativi? Anche Simon soffre il freddo e il Giro non è mai clemente con il tempo.

Sono tutte considerazioni giuste, però, alla fine è una corsa che non ha vinto, come la Parigi-Nizza. Simon è un campione e come tale vuole tentare dove non è riuscito. 

Cambiare obiettivo?

Alla fine la Vuelta, che è una corsa non adattissima alle sue condizioni, l’ha vinta. Cambiare obiettivo vorrebbe dire andare al Tour de France (pausa di silenzio, ndr). Non dico che non sia alla sua portata, ma corridori come Pogacar e Roglic sono difficili da battere. Soprattutto se si considerano le lunghe cronometro che ci sono. Per come è disegnato il Giro, direi che è più alla sua portata.

La seconda tappa a Budapest è una cronometro, avete lavorato anche in questo campo?

Si è lavorato molto anche in galleria del vento perché abbiamo visto che in questi anni si è allontanato dai suoi diretti rivali. Stiamo lavorando molto con lui, alla fine il Giro d’Italia di quest’anno anche per parterre è davvero più abbordabile…

L’anno scorso è arrivato al Giro con la condizione non al meglio, dopo aver raggiunto il picco al Tour of the Alps
L’anno scorso è arrivato al Giro con la condizione non al meglio, dopo aver raggiunto il picco al Tour of the Alps
Simon quest’anno farà 30 anni, quali sono i parametri e i campi su cui lavorare per migliorare, se ancora possibile?

Più si va avanti con l’età più aumenta la resistenza, a discapito della forza nel breve periodo. Lui a differenza del fratello (Adam, dal 2021 alla Ineos, ndr) non è uno che può far bene nelle corse di un giorno. Nelle corse a tappe di una settimana ha dimostrato di essere stra competitivo. Potrebbe concentrarsi su quelle e fare il cacciatore di tappe ai grandi Giri. 

Quante stagioni potrà ancora lottare per la classifica generale?

Penso che per un paio d’anni, minimo, potrà ancora lottare per le corse a tappe. Alla fine con il passare dell’età migliori sotto alcuni aspetti, vedi Caruso che l’anno scorso ha fatto la sua miglior stagione a 34 anni…

Santini al fianco di Cure Leukaemia per “The Tour 21”

25.01.2022
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La sponsorizzazione del Tour de France ha aperto a Santini la strada per costruire nuove collaborazioni, anche con finalità benefiche. Tra queste merita una particolare citazione il sostegno a Cure Leukaemia, ente britannico che si propone di raccogliere fondi per la lotta alla leucemia. Santini realizzerà le divise ufficiali dei partecipanti alla prossima edizione di “Tour 21” in programma da venerdì 24 giugno a domenica 17 luglio. 25 amatori affronteranno tutte le tappe dell’edizione 2022 del Tour de France con l’obiettivo di raccogliere fondi da destinare alle attività promosse da Cure Leukaemia.

“The Tour 21” a Brest, città di partenza del Tour de France 2021
Santini The Tour 21 edizione 2021

Un ex calciatore alla guida

A guidare il gruppo ci sarà Geoff Thomas, ex calciatore professionista di Crystal Palace e Nottingham Forest, con nove presenza nella nazionale maggiore dell’Inghilterra. Nel 2003 gli è stata diagnosticata una leucemia mieloide cronica. Thomas è riuscito a guarire attraverso un trapianto di cellule staminali da sua sorella Kay e grazie alle cure avute dal professor Charlie Craddock, co-fondatore di Cure Leukaemia.

Una volta guarito ha deciso di sostenere i medici e gli infermieri che hanno contribuito a salvargli la vita. Nel 2005 Thomas ha percorso, prima del passaggio dei professionisti, le 21 tappe del Tour de France di quell’anno con l’intento di raccogliere fondi. Nel 2017 ha pedalato tutte le tappe del Tour de France, del Giro d’Italia e della Vuelta di Spagna riuscendo a raccogliere un milione di sterline destinate all’ampliamento di uno dei più grandi centri europei per cure ematologiche presente in Inghilterra.

Il gruppo di “The Tour 21” che festeggia a Parigi la conclusione della loro attività benefica
Il gruppo di “The Tour 21” che festeggia a Parigi la conclusione della loro attività benefica

La sfida del 2022

Quest’anno, esattamente 17 anni dopo la prima volta, Thomas percorrerà nuovamente le strade del Tour in compagnia di altri 24 ciclisti amatori. L’obiettivo finale è raccogliere un milione di sterline da destinare a Cure Leukaemia per finanziare il Trials Acceleration Program (TAP). Composto da 12 centri dislocati in tutto il Regno Unito, il TAP permette ad un bacino potenziale di circa 20 milioni di pazienti di poter accedere a trattamenti potenzialmente salvavita per tutte le forme di cancro del sangue.

Monica Santini, amministratore delegato di Santini, ha commentato così l’iniziativa che vede parte attiva la sua azienda: «Siamo lieti di essere partner di “The Tour 21” e di unire le forze con Cure Leukaemia. I 25 ciclisti indosseranno uno speciale kit Santini dedicato all’evento. Speriamo che questa partnership aiuti ad aumentare la raccolta fondi e ad accelerare la ricerca sulla leucemia».

Da sinistra: James McLaughlin, Jonathan Sangan e Geoff Thomas
Da sinistra: James McLaughlin, Jonathan Sangan e Geoff Thomas

James McLaughlin, L’amministratore delegato di Cure Leukaemia, si è così espresso sulla nuova partnership con Santini.

«Siamo lieti di – ha detto – accogliere Santini nella famiglia di Cure Leukaemia. Hanno una storia leggendaria nello sport come uno dei marchi di ciclismo più prestigiosi al mondo. Con questa partnership speriamo che non solo aumenti la notorietà di Cure Leukaemia e dell’evento Tour 21 a livello globale, ma che si possa avere l’opportunità di garantire un maggiore potenziale di raccolta fondi e ampliare la nostra gamma di eventi ciclistici. Grazie a Geoff Thomas il ciclismo ha svolto un ruolo chiave nella crescita di Cure Leukaemia e siamo immensamente orgogliosi di essere ora ufficialmente associati a Santini».

Santini

Cure Leukaemia

The Tour

Marc Soler alla UAE per sposare il progetto Pogacar

24.01.2022
3 min
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Dopo sette stagioni corse nel Movistar Team si è chiusa l’esperienza di Marc Soler con la squadra spagnola. Il corridore catalano, nato ad una cinquantina di chilometri da Barcellona, inizia la sua nuova avventura nel UAE Team Emirates (foto apertura Fizza). Sarà il fido scudiero di Tadej Pogacar al Tour de France ed alla Vuelta di Spagna, i due grandi Giri su cui punterà il giovane talento sloveno.

L’ultima vittoria di Soler risale alla terza tappa del Giro di Romandia la scorsa stagione
L’ultima vittoria di Soler risale alla terza tappa del Giro di Romandia la scorsa stagione

Un’accoglienza calorosa

Marc Soler, 28 anni compiuti due mesi fa, si lancia in una nuova sfida in un team ambizioso, esigente e che vuole rimanere per molti anni al top. Marc prenderà il posto di gregario al Tour del nostro Davide Formolo, che si giocherà le sue carte al Giro d’Italia affiancando Joao Almeida

L’ex Movistar si è detto entusiasta e felice di questa nuova avventura. Anche se non ha mancato di sottolineare alla stampa presente al Media Day online del team di come voglia ritagliarsi le sue occasioni. Le corse per mettersi in mostra non mancheranno: partendo proprio dalla corsa di casa, la Volta Catalunya.

Negli anni alla Movistar Soler ha affiancato campioni del calibro di Valverde
Negli anni alla Movistar Soler ha affiancato campioni del calibro di Valverde

Trovare il feeling

Soler ha parlato più volte del voler uscire dalla “comfort zone”. «Era un cambio di cui avevo bisogno – ha dichiarato – per trovare nuovi stimoli ed una motivazione che mi facesse mantenere alto il livello».

A questa età è un buon momento per lanciarsi in nuove ed appassionanti sfide.

«Il mio debutto – continua Marc – sarà alla Volta a la Comunitat Valenciana, passando per Parigi-Nizza e Catalunya. Correrò anche Strade Bianche e Tirreno-Adriatico. Le prime gare serviranno per prendere le misure con le esigenze di Tadej. Quando l’ho visto correre la prima volta alla Vuelta del 2019 sono rimasto colpito dalle sue qualità. Il futuro è suo ed aiutarlo a raggiungere grandi traguardi è una motivazione in più per iniziare questo nuovo progetto».

Marc Soler, Enric Mas, Vuelta Espana 2020
Dal 2020, dopo l’addio di Quintana ha corso accanto a Enric Mas
Marc Soler, Enric Mas, Vuelta Espana 2020
Dal 2020, dopo l’addio di Quintana ha corso accanto a Enric Mas

Un carattere acceso

Marc Soler è uno di quei corridori che ha sempre fatto della costanza il suo punto di forza, un gregario “sempre presente” ma con la licenza di provare a vincere. La comfort zone di casa Movistar per lui si era fatta forse un po’ stretta.  Qualcosa si era già intuito alla Vuelta del 2019 quando alla nona tappa si rifiutò di aspettare i capitani Valverde e Quintana per cercare di vincere la tappa.

Quello fu il momento clou e nelle due stagioni successive, quando gli si è dato lo spazio che tanto desiderava, i risultati non sono arrivati. Davanti alle evidenti superiorità degli avversari Soler si è forse “rassegnato” a fare il gregario di uno di loro, sposando un progetto che potrebbe accompagnarlo per un altro pezzo della sua carriera.

NAMEDSPORT: Andrea Rosso esce dalla società

26.11.2021
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Una notizia importante che arriva da NAMEDSPORT. Una news rilevante perché coinvolge direttamente uno dei fondatori del brand italiano operativo nel settore dell’integrazione alimentare sportiva, vale a dire Andrea Rosso. La società ha difatti ufficializzato la vendita dell’intero pacchetto azionario delle quote detenute da Rosso – fino ad oggi Amministratore Unico – a favore della GM Farma srl e della famiglia Canova.

Fabio Canova è il nuovo Presidente, con il “closing” relativo alla cessione della piena titolarità delle partecipazioni aziendali effettivo a partire dal 25 novembre.

Andrea Rosso, co-founder di Namedsport dal 25 novembre ha lasciato l’azienda
Andrea Rosso, co-founder di Namedsport

Una crescita vertiginosa

NAMEDSPORT è sinonimo d’integrazione sportiva. Il marchio è noto in tutta Italia e negli ultimi anni ha avviato una rapida espansione commerciale all’estero, “cavalcando” importanti attività di marketing e di sponsorizzazione. Ricordiamo su tutte il legame con le corse organizzate dall’ASO, incluso Tour de France e La Vuelta, di cui Andrea Rosso è stato il regista. Con una visibilità del brand davvero molto importante, raggiunta come detto in breve tempo. L’ormai ex CEO lascia in mano alla nuova proprietà una realtà consolidata e sicura.

«Nel 2015 ho iniziato questa incredibile avventura – ha dichiarato Rosso – fondando la NAMEDSPORT insieme alla famiglia Canova. Fin dall’inizio ci siamo dati un grande ed ambizioso obiettivo, ovvero quello di creare un marchio forte e riconoscibile nel mercato della nutrizione sportiva. Se ci fosse stato detto, fin dall’inizio, dove saremmo arrivati oggi, con una brand awareness davvero incredibile e il possesso del titolo di sponsor Ufficiale di tutti i più importanti eventi ciclistici al mondo, difficilmente ci avremmo creduto!

«Naturalmente questo era il nostro proposito e parte del mio piano. Ho dato tutto il possibile per questo progetto, ma adesso è giunto per me il momento di iniziare un nuovo percorso. Sono molto orgoglioso di quanto è stato creato e auguro alla NAMEDSPORT ogni miglior successo nel portare avanti quello che ho iniziato sei anni fa. Sono convinto che l’azienda saprà vincere ogni sfida che si proporrà da oggi in avanti».

Namedsport è partner di tutti e tre i grandi Giri, qui la Bike Exchange si rifornisce prima di una tappa al Giro d’Italia
Namedsport è partner di tutti e tre i grandi Giri

Fatturato 2021: +25 per cento

Le dichiarazioni di Andrea Rosso sono confermate dai numeri NAMEDSPORT, valori che consentono di guardare al futuro con grande ottimismo. Il fatturato della società al 31 ottobre è in crescita di ben il 25 per cento rispetto allo stesso periodo 2020. Rimanendo comunque superiore anche a quello del 2019.

Passione per lo sport, cura della salute e rispetto per la natura: sono da sempre questi i valori essenziali espressi da NAMEDSPORT. Così da offrire agli sportivi di tutte le discipline un’alimentazione completa e bilanciata. Presupposto fondamentale per garantire una prestazione atletica ottimale, per promuovere lo stato di benessere con prodotti mirati e di elevata qualità.

I “supplement” NAMEDSPORT nascono da un appassionato lavoro di ricerca condotto in collaborazione con una equipe di esperti: preparatori atletici, medici sportivi, ricercatori scientifici, fisioterapisti e nutrizionisti. Formulazioni efficaci e all’avanguardia, che vantano tra gli ingredienti materie prime d’eccellenza. Tutti i prodotti NAMEDSPORT sono notificati al Ministero della Salute e sono conformi alle normative nazionali ed europee in materia di integratori. Per una completa e trasparente tutela del consumatore in cerca di soluzioni equilibrate ed efficaci nel pieno rispetto delle regolamentazioni vigenti e della salute.

namedsport.com

Prima l’orgoglio e poi il corpo: la ripresa di Ciccone

19.10.2021
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Puoi fare tutti i programmi che vuoi, certe volte la cosa migliore è fermarsi e prendersi il tempo che serve perché tutto torni a posto. E’ il motivo per cui in estate si è fermato Giovanni Visconti ed è il motivo per cui ha dovuto farlo anche Giulio Ciccone, nell’anno in cui avrebbe dovuto lasciare i primi segni importanti. Causa di tutto è stata la caduta della Vuelta, che sembrava cosa di poco conto e invece ha innescato reazioni imprevedibili.

«Il problema più evidente – ha spiegato il medico della squadra, Gaetano Daniele – nell’immediato sembrava il trauma contusivo al ginocchio destro e la ferita profonda, nella parte interna, causata dal dente di una corona, a cui si sono aggiunti altre contusioni, in particolare alla spalla destra. Gli accertamenti svolti in Italia hanno però evidenziato un trauma distorsivo, con conseguente risentimento a carico del legamento collaterale mediale. Un problema che, di fatto, ha imposto riposo assoluto per quasi tre settimane».

Il giorno prima di fermarsi, Ciccone era arrivato 5° a El Barraco, primo del gruppo dei migliori
Il giorno prima di fermarsi, Ciccone era arrivato 5° a El Barraco, primo del gruppo dei migliori

Punto e a capo

Punto e a capo, per questo la stagione si è fermata alla 16ª tappa della Vuelta, la prima corsa a tappe in cui sarebbe stato leader della Trek-Segafredo. Per lui, oltre al riposo, il programma alternativo alle corse ha visto trattamenti fisioterapici e una blanda ripresa degli allenamenti che da un lato hanno subito acceso le speranze di un ritorno alla piena efficienza, ma dall’altro hanno fatto propendere per la chiusura anticipata.

«Prima di pensare al 2022 – ha commentato l’abruzzese – il mio obiettivo è ristabilirmi completamente e conto di completare questa fase prima dell’inizio dell’off season, a novembre. Seguirà un lavoro più di testa, di programmazione e analisi, per rimettere insieme i pezzi della stagione conclusa e fissare i traguardi di quella nuova. Ho avuto la conferma di essere cresciuto, di aver fatto passi in avanti, ma soprattutto di avere ancora margine. Ho compreso meglio i miei punti deboli, sui quali devo lavorare, e quelli di forza, sui quali devo insistere».

Sfortuna anche a Tokyo per Ciccone, caduto e costretto al cambio di bici
Sfortuna anche a Tokyo per Ciccone, caduto e costretto al cambio di bici

Un nuovo inizio

L’anno prossimo sarà più importante di quello appena concluso e sulle spalle di Giulio, al netto delle tutele che gli si vorranno concedere, la partenza di Nibali e l’assenza di un grande leader per le corse a tappe, potrebbe fare di lui il riferimento del team Trek-Segafredo.

«Per preparare il Giro e la Vuelta – ha detto – c’è stato un grande lavoro di squadra, del quale vado orgoglioso e felice. In primis con Josu, il mio preparatore, e poi con lo staff medico. C’è stato un lavoro di analisi e comprensione per capire dove indirizzare la crescita. Questa sarà la mia forza, il mio stimolo più grande. Non ho chiuso la stagione solo con performance deludenti. Di questo siamo convinti. Sarà il nuovo punto partenza».

Un anno importante

Eppure nell’ambiente, in questo mondo che ha perso la capacità di aspettare, serpeggiano da un po’ voci di sfiducia su un ragazzo che non può fare altro che piegare il capo e promettere di rifarsi. I suoi dati non sono deludenti, i risultati sì, ma sono legati a episodi incontestabili. L’allenamento fatto male puoi coprirlo con una scusa, ma certe cadute come fai a negarle?

Quarto nel tappone di Cortina al Giro d’Italia, Ciccone con ottime sensazioni anche sul Giau
Quarto nel tappone di Cortina al Giro d’Italia, Ciccone con ottime sensazioni anche sul Giau

«E’ stata comunque una stagione importante – ha spiegato il coach Josu Larrazabal – perché il lavoro di analisi delle performance indica che ci sono stati progressi. Non siamo alla ricerca di alibi per la mancanza di risultati, un’analisi lucida e obiettiva deve tenere conto di tutti gli elementi. Al Catalogna ha avuto un problema alla schiena causato da un’infiammazione al ginocchio. Al Giro d’Italia, la caduta e l’infezione. Poi la trasferta a Tokyo, con la caduta. Infine la rincorsa della condizione alla Vuelta e un’altra caduta. Però sono emersi dei segnali positivi. Non vittorie né punti UCI, ma indicazioni fondamentali per un corridore che ancora non ha espresso il suo massimo potenziale. Ha imparato la gestione di un Giro come uomo di classifica ed è migliorato a cronometro, grazie all’aiuto di Trek. Questi sono dati misurabili che ci aiutano a comprendere la stagione e segnano il punto di ripartenza per il 2022».

Con le dita incrociate perché le cose prendano il corso voluto e sperando che la iella iniziata con il Covid nel 2020 si decida a lasciarlo in pace. I 27 anni bussano alla porta, l’età giusta per venire fuori e dimostrare che i margini ci sono e la sua non è una traiettoria in fase di stallo. Conoscendo il suo spirito, in questo momento di ripresa e riassetto, il dolore più grande gli arriva dall’orgoglio.