Pellizotti si gode il giovane Zambanini, che cresce tanto e bene

01.03.2023
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Dal 2022 è uscito con delle prestazioni promettenti un giovane molto interessante: Edoardo Zambanini. Corridore della Bahrain Victorious, in cui è stato guidato, tra gli altri, da Franco Pellizotti. Passato professionista proprio l’anno scorso e già chiamato in causa nel suo primo Grande Giro: la Vuelta

Zambanini Zalf 2021
Pellizotti e Zambanini si sono incontrati per la prima volta nel 2021, quando il giovane trentino correva in Zalf
Zambanini Zalf 2021
Pellizotti e Zambanini si sono incontrati per la prima volta nel 2021, quando il giovane trentino correva in Zalf
Franco, che impressione hai avuto di lui?

L’ho conosciuto di persona nei primi mesi del 2021, quando era ancora alla Zalf e si preparava alla sua seconda stagione da under 23. Il nostro manager disse a me e Artuso di andare a conoscerlo, mi sorprese subito. 

In che senso?

Si presentò all’incontro da solo, insomma da un ragazzo giovane come lui non me lo aspettavo, è stata una bella sorpresa. Mi ha dato l’impressione di essere molto maturo, anche nel modo di porsi. 

La scorsa stagione non era iniziata nel migliore dei modi per Zambanini.

All’inizio ha avuto qualche problema fisico con un dolore al ginocchio che non lo ha fatto lavorare al meglio. Se si parte con qualche difficoltà, soprattutto ad inizio stagione, poi ci si trova sempre a rincorrere. 

Franco Pellizotti ha iniziato la sua terza stagione da diesse della Bahrain Victorious
Franco Pellizotti ha iniziato la sua terza stagione da diesse della Bahrain Victorious
Ha avuto il periodo più difficile ad aprile al Tour of the Alps e al Giro dei Paesi Baschi. 

Sì, i problemi si sono accentuati ad aprile, poi ha fatto un periodo di pausa ed ha ripreso al Giro di Ungheria. Dove ha portato a casa un bel quinto posto in una tappa e la quarta posizione in classifica generale. 

Nella seconda parte di stagione si è visto poi con l’esordio alla Vuelta, era in programma da inizio stagione?

In programma c’era l’idea di fargli fare un Grande Giro, e la Vuelta ci è sembrata la corsa migliore. Il Giro d’Italia, da corridore italiano, ha troppe pressioni a livello emotivo. La corsa spagnola era perfetta, anche per la sua collocazione a fine stagione, gli è servita molto a livello fisico ed emotivo. Disputare una corsa di tre settimane cambia il motore. 

Zambanini si è fatto notare, cosa non scontata.

Si è rivelato molto costante, caratteristica che da un corridore così giovane non ti aspetti. Non dico che ci siamo sorpresi, ma quasi. A livello mentale e fisico ha risposto molto bene.

Il miglior risultato per Zambanini è arrivato alla nona tappa della Vuelta, terzo sull’arrivo di Les Praeres
Il miglior risultato per Zambanini è arrivato alla nona tappa della Vuelta, terzo sull’arrivo di Les Praeres
Nella tappa di Les Praeres si è anche andato piazzato al terzo posto…

Oltre a quel risultato, che ovviamente ha fatto piacere, ci sono stati degli atteggiamenti molto propositivi

Quali?

Si è messo sempre a disposizione della squadra, ascoltando ed eseguendo quello che gli veniva chiesto. Ha fatto parte di due fughe, una delle quali ha portato al terzo posto che dicevamo poco fa. Vi faccio un altro esempio. 

Prego…

Alla 19ª tappa avevamo in programma di fare la volata con Fred Wright, era un arrivo che si sarebbe risolto a ranghi ristretti. Zambanini aveva il compito di guidare il suo compagno nella volata, era una giornata molto calda. Negli ultimi 15 chilometri gli sono venuti i crampi e nel momento in cui con l’ammiraglia gli siamo andati sotto era in lacrime perché non poteva aiutare il suo compagno. E’ un bel segno, dimostra quanto ci tiene alla squadra.

In uscita dalla Vuelta Zambanini ha dimostrato di avere una buona gamba, con un quarto posto al Gran Piemonte
In uscita dalla Vuelta Zambanini ha dimostrato di avere una buona gamba, con un quarto posto al Gran Piemonte
Avete sempre avuto l’idea di portarlo, nonostante l’inizio di stagione un po’ difficoltoso?

Sinceramente sì, era stato inserito nella lista più lunga, ma dalla seconda parte di stagione in poi abbiamo avuto solamente risposte positive. A partire dal Tour de Pologne, dove cresceva di condizione giorno dopo giorno. 

Quel terzo posto di tappa che sensazioni vi ha lasciato?

Di due tipi: la prima è una grande soddisfazione, perché alla prima Vuelta si tratta di un bellissimo risultato. 

E la seconda?

Che ha davvero ampi margini di crescita, com’è giusto che sia. Quel giorno ha lavorato tanto, forse troppo, così nel finale era un po’ spento. Tatticamente deve migliorare, ma solo correndo può crescere. E’ un ragazzo sul quale si può e si deve investire. 

Pellizotti ha trovato uno Zambanini diverso questo inverno, con maggior massa muscolare (foto Federico Bartoli)
Pellizotti ha trovato uno Zambanini diverso questo inverno, con maggior massa muscolare (foto Federico Bartoli)
L’hai visto diverso in questo inverno rispetto al 2022?

Si è inserito bene nel team e quest’anno conosce già i compagni ed è un bene. In più lo vedo più definito fisicamente, ha più muscolo, segno che crescerà ancora. 

La crescita passerà da altre esperienze importanti?

E’ inserito nella lista del Giro, se lo è meritato dopo la Vuelta dell’anno scorso. Ovviamente il percorso di avvicinamento è lungo e tortuoso, ma per il momento è parte della lista.

Con Tosatto nel debutto di Arensman: che cosa ha visto?

09.02.2023
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Alla Volta a la Comunitat Valenciana ha fatto il suo esordio tra le fila dei “Grenadiers” Thymen Arensman. Giovane e slanciato olandese che nel corso della passata stagione si è messo in mostra in più di un’occasione con il Team DSM. Dopo due anni e mezzi con la WorldTour olandese Arensman è passato alla corte britannica. Matteo Tosatto, diesse della Ineos, lo ha avuto tra le mani in questi primissimi assaggi di stagione. 

Matteo Tosatto (classe 1974) è sull’ammiraglia dal 2017
Matteo Tosatto (classe 1974) è sull’ammiraglia dal 2017
Che cosa hai visto in lui in queste prime uscite insieme?

Già dalla scorsa stagione – racconta il tecnico veneto – avevamo visto delle belle cose. E’ sempre stato un grande avversario, molto serio e preparato. Fin dalle prime pedalate dei vari ritiri invernali ho notato una grande professionalità ed un atteggiamento molto serio. 

E’ molto alto e slanciato, un fisico da corridore moderno…

Fisicamente è ottimo, si tratta di un atleta giovane e forte. La cosa più importante è che si tratta di un corridore completo, questo grazie alle sue caratteristiche. E’ molto bravo a cronometro ed in salita ha un bel passo, tant’è che ha vinto la tappa regina della Vuelta a Sierra Nevada. 

Il suo arrivo fa parte di quello che è un ricambio generazionale?

Beh sì. Con la partenza di Carapaz abbiamo deciso di prendere corridori giovani sui quali lavorare. Thymen (Arensman, ndr) ha tanti anni davanti dove può crescere e fare bene. 

Arensman ha già avuto modo di confrontarsi con Evenepoel, i due potrebbero incontrarsi al Giro quest’anno
Arensman ha già avuto modo di confrontarsi con Evenepoel, i due potrebbero incontrarsi al Giro quest’anno
Anche perché c’è il dubbio sulla ripresa di Bernal?

Lui è un punto interrogativo per tutti, fin dall’anno scorso ha lavorato molto per riprendersi e tornare ai suoi livelli. Sta facendo e farà delle corse che potranno darci delle risposte. Alla Vuelta a San Juan si è rivisto poi, vista la botta al ginocchio subita nella prima tappa, abbiamo deciso di fermarlo. Non deve avere fretta, ha davanti a sé un percorso da fare. 

Tornando a Arensman, come si è ambientato nel vostro gruppo?

Sono stato un po’ di tempo con lui. Due settimane nel ritiro di dicembre e poi a quello di gennaio. Più la sua prima corsa con noi, la Valenciana appunto. Si è visto anche dalla corsa a tappe spagnola la sua voglia di mettersi in mostra dando una mano anche ai compagni, come Geoghegan Hart.

Cosa gli manca secondo te?

Un po’ di consapevolezza in più sulla sua forza, è giovane ed ha paura di sbagliare, deve trovare un po’ più di coraggio. 

L’olandese è molto forte a cronometro gran parte dei suoi risultati migliori sono arrivati nelle prove contro il tempo
L’olandese è molto forte a cronometro gran parte dei suoi risultati migliori sono arrivati nelle prove contro il tempo
E’ un corridore che ha ottenuto gran parte dei suoi risultati a cronometro, voi avete una tradizione importante in quella disciplina. 

Già da dicembre ha lavorato molto con dei test in pista e sulla posizione. Era presto per fare dei lavori specifici, ma ha preso dimestichezza con il mezzo ed i materiali. E’ molto contento della bici, ha trovato subito un buon feeling e questo per lui è molto importante per trovare la consapevolezza che dicevo prima. 

Avere Ganna al suo fianco sarà un bel vantaggio…

Quando hai il due volte campione del mondo ed il detentore del record dell’Ora al tuo fianco sai già di poter contare su un grande aiuto. “Pippo” potrà essere di grande appoggio a Arensman sia per guidarlo al meglio nella scelta dei materiali ed anche per quanto riguarda la preparazione.

Su strada invece che tipo di scalatore hai trovato?

Si vede che gli piacciono le salite lunghe, anche se alla Valenciana ha fatto bene anche su distanze più brevi. Di certo lavora un po’ più sulla regolarità, non è un corridore che fa dieci scatti in due chilometri. Ma forse non esistono più scalatori di questo genere. In salita gli manca qualcosa e lavoreremo per limare qualcosa senza snaturarlo. Alla fine quel che perde in salita lo guadagna con gli interessi a cronometro. 

Lavorare con Bardet gli ha dato una mano nel percorso di crescita…

Al Tour of the Alps si è messo in gran mostra, anche su salite durissime come quelle che trovi lì. E’ arrivato terzo nella generale alle spalle di Bardet e Storer, ed ha vinto la classifica dei giovani. 

Arensman ha caratteristiche atletiche simili a quelle di Thomas, ma forse è più brillante in salita
Arensman ha caratteristiche atletiche simili a quelle di Thomas, ma forse è più brillante in salita
L’età è un fattore.

E’ un classe ‘99, fa parte della nuova generazione. Ricordiamo che Evenepoel è del 2000, Pogacar del ‘98. E’ sulla falsariga di questi corridori ed ha a disposizione tanti anni. 

Immaginiamo che l’obiettivo che avete con lui è quello di vincere.

Si tratta di un ragazzo sul quale si può fare affidamento, vincere dei Grandi Giri non è facile, soprattutto al primo anno in una nuova squadra, sarebbe sbagliato partire con questo obiettivo. Quel che giusto è prendere le misure, soprattutto quest’anno, si deve essere elastici.

Quest’anno che calendario farà?

Ora andrà alla Volta ao Algarve, poi la Tirreno-Adriatico. La Corsa dei due Mari potrà essere un primo banco di prova. Ci sono delle salite lunghe con l’arrivo a Sassotetto che potrà dire molto. 

Il Giro potrà essere un obiettivo al suo primo anno con la Ineos?

E’ un obiettivo di questa stagione. Non partiremo per vincere ma andremo alla giornata, il primo Grande Giro con una squadra nuova è sempre pieno di incognite. Credo, tuttavia, che Arensman possa fare due Grandi Giri in un anno. Non Giro e Tour, piuttosto Giro e Vuelta. Una volta prese le misure per tutta la stagione potremo alzare l’asticella in Spagna. 

Assomiglia molto a Thomas, vero?

Sì. Sono entrambi molto forti a cronometro, se devo trovare una differenza direi che Arensman è più scalatore di Geraint. Non è un segreto che il britannico sarà al via della Corsa Rosa e farli correre insieme è un bel modo per insegnare al giovane olandese qualcosa. Non è da escludere che le cose possano cambiare nel corso di una gara di tre settimane, lo insegnano la stessa Sky e Thomas (il riferimento è al Tour de France del 2018 vinto dal britannico quando il capitano designato era Froome, ndr). Sono convinto che si trovi nella squadra giusta al momento giusto.

Fabbro, lavori in corso per un 2023 di rivincite

16.01.2023
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Il suo contratto è in scadenza al termine di questa stagione. Per Matteo Fabbro la Bora Hansgrohe ha rappresentato una svolta nella carriera che lo ha portato al ciclismo WorldTour al fianco di campioni e con responsabilità mai banali. L’anno scorso, complice una bronchite arrivata in un momento delicato, subito dopo la Tirreno-Adriatico, non è riuscito a disputare corse al livello delle sue aspettative. Il 27enne friulano nel 2020 e 2021 ha dimostrato di essere un ottimo gregario con anche tanto margine di crescita personale.

In cerca del giusto spazio per cogliere l’occasione giusta, viene da sé che il 2023 sarà un anno spartiacque sia per l’età che per la sua carriera. Così Matteo ha accettato di darci qualche spunto e aspettativa sulla stagione alle porte.

A dicembre Matteo Fabbro è stato in ritiro con la squadra a Mallorca
A dicembre Matteo Fabbro è stato in ritiro con la squadra a Mallorca
Sei già stato al caldo per il ritiro invernale?

Sì, abbiamo fatto un ritiro a dicembre a Mallorca e a gennaio siamo liberi. Io andrò per conto mio a Gran Canaria e poi andrò diretto alla Volta a la Comunitat Valenciana il 1° febbraio. 

Come sta andando la preparazione?

Buone sensazioni, tutto nella norma. Abbiamo affrontato una preparazione diversa dall’anno scorso perché nel 2022 era più incentrata sul Giro d’Italia. Quest’anno mi preparo lo stesso per il Giro, ma sto cercando di avere un po’ più spazio nelle corse prima e quindi farmi trovare pronto

Quali obiettivi ti ha indicato la squadra?

Essere di supporto al Giro per Vlasov e, se ci sarà l’opportunità, di giocare le mie carte magari con attacchi da lontano oppure su alcune tappe diciamo che mi lasceranno un po’ più di libertà. Siamo i vincitori uscenti con Hindley quindi avremo gli occhi puntati addosso. Ci ripresentiamo con una squadra forte, ma riconfermarsi non è mai facile. Vedremo a ridosso quale sarà la condizione. A me basta non ammalarmi prima e dover dare forfait come ho dovuto fare l’anno scorso a causa della broncopolmonite dopo la Tirreno-Adriatico.

Per questo il tuo 2022 non ha brillato?

E’ stato un brutto anno. Ho fatto uno stop di tre settimane post Tirreno appunto senza toccare la bici. Una battuta d’arresto così lunga in quel periodo è cruciale per tutta la stagione. Infatti ho iniziato ad avere buone sensazioni e andare forte a fine 2022 come al Lombardia, ma ormai le occasioni erano sfumate. 

Matteo Fabbro è del 1997, è passato pro’ nel 2018. Al termine del 2023 scadrà il contratto con la Bora-Hansgrohe
Matteo Fabbro è del 1997, è passato pro’ nel 2018. Al termine del 2023 scadrà il contratto con la Bora-Hansgrohe
Quali sono i tuoi appuntamenti importanti del 2023?

Dovrei fare Giro e Vuelta, però manca ancora tanto, le variabili sono infinite, quindi mi pongo degli obiettivi più vicini che sono andare forte al Giro e al Catalunya. 

Quindi al giro sarete presenti con altre punte?

Hindley non difenderà la maglia rosa, ma ci saranno Vlasov e Kamna che punteranno alla classifica. Noi saremo tutti di supporto e qualora ci fosse l’occasione saremo pronti a giocarci le nostre carte. 

Ti sei già fatto un’idea dei percorsi?

Quello della Vuelta non è un brutto percorso, ma secondo me il Giro è ancora più duro. Penso che sarà simile a quello del 2020. Ci sono tappe lunghe e specialmente l’ultima settimana non perdonerà. Specialmente quello che verrà sprecato nella prima parte, si pagherà alla fine. Ci sono due crono da non sottovalutare. Sulla carta è a mio avviso più impegnativo del 2022. 

Il tuo contratto scadrà a fine stagione, come vivi questa situazione?

Sicuramente da una parte è uno stimolo. Io sono motivato a riscattarmi dalla stagione scorsa penalizzata dagli infortuni e vicende varie. Ho passato un anno a rincorrere la condizione e sicuramente proverò a farmi vedere nella prima parte. Non farò a malincuore la Tirreno, perché è una corsa cui tengo particolarmente. Però sarò al Catalunya e vedendo il percorso, non è semplice nemmeno quello. 

Fabbro alla Vuelta ha visto crescere la sua condizione dopo un 2022 in salita
Fabbro alla Vuelta ha visto crescere la sua condizione dopo un 2022 in salita
Tornando alla tua preparazione, hai fatto modifiche durante l’inverno?

Ho modificato un po’ la posizione in ritiro e mi sono arretrato leggermente. Poi sono passato al manubrio aero della Roval, perché quello che usavo era un modello precedente. 

Come mai questo arretramento?

Mi sentivo un po’ scomodo. La mia sensazione era quella di non riuscire a chiudermi specialmente quando mettevo le mani basse. Da quando ho iniziato a pedalare questo inverno in ritiro, con i tecnici Specialized abbiamo deciso di fare questa piccola modifica. 

Sono cambiamenti di posizione naturali o è dovuto ad altro?

Ero molto estremo prima, al limite in avanti. Un altro elemento che ha forse inciso è l’aver cambiato le scarpe. Avevo le S-Works ed essendo andate fuori produzione da quest’anno sono passato alle Ares. Siamo arrivati a questa conclusione. Ogni tanto ci sta fare qualche piccolo cambiamento. Poi si parla di millimetri, finezze che a livello mentale rappresentano accortezze che possono aiutare. 

Rivoluzione e durezza. Garzelli: «Vuelta spettacolare»

11.01.2023
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Quando presentammo il Tour 2023 parlammo di rivoluzione, ebbene per la Vuelta non possiamo che ripetere questo termine. Aso, la società che organizza i due grandi Giri, ha stupito ancora. Magari qui in Spagna la rivoluzione è stata un filo meno accentuata per il semplice fatto che da anni si erano fatti degli “esperimenti” sull’anello iberico, ma le novità 2023 ci sono. E non sono piccole.

Stefano Garzelli lo coinvolgiamo spesso, specie quando di mezzo c’è la Spagna, visto che da anni vive lì. Lì ha una squadra, conosce strade e corridori. E soprattutto perché la Vuelta l’ha anche fatta. E anche lui dice: «E’ una Vuelta spettacolare. Molto, molto dura. La più dura degli ultimi 20 anni. Prima, seconda e terza settimana: non ti puoi rilassare mai. Devi stare sempre attento».

Calano i chilometri

Ma quali sono queste novità che ci fanno parlare ancora di rivoluzione? La disposizione delle tappe, in primis. Un arrivo in quota alla terza tappa, poi un altro in salita alla sesta e così via… Tappe decisive che sono molto corte. E poi il finale: l’ultima frazione di montagna tosta è la 17ª. Il che non sarebbe una novità assoluta, se non fosse che alla penultima o ultima frazione in questi casi c’è una crono potenzialmente decisiva. Ma la crono non c’è! Al suo posto una tappa che potrebbe ribaltare tutto.

Insomma, la Vuelta Espana 2023, in programma dal 26 agosto al 17 settembre, propone 21 tappe per un totale di 3.153,8 chilometri con partenza da Barcellona e arrivo a Madrid. Nel mezzo: due crono (una a squadre in apertura e una individuale), 10 frazioni con arrivo in salita, 7 delle quali in montagna.

Mentre è vita dura per i velocisti: solo 5 tappe e in un paio si dovranno sudare l’arrivo allo sprint. Due i classici giorni di riposo: dopo la tappa 9 (prima della crono individuale) e dopo la tappa 15.

E sempre in termini di rivoluzione, il chilometraggio scende parecchio. Dal 2021 la gara spagnola ha perso 264 chilometri (3.417 nel 2021; 3.283 nel 2022 e 3.153 nel 2023). In pratica ben oltre una tappa, quasi due, visto che la distanza media del 2023 è di 150,1 chilometri a frazione.

Dopo il mondiale…

Garzelli palava di attenzione massima. Vedendo i profili delle frazioni non può che essere così, ma anche le planimetrie incideranno. 

«Le tappe di Tarragona e Zaragoza – spiega la maglia rosa del 2000 – sono pianeggianti sì, ma anche molto ventose. In quelle zone il vento non manca quasi mai. A mio avviso è una Vuelta che si può perdere in qualsiasi giorno, regola che vale sempre, ma stavolta più che mai.

«Io credo che il fatto che venga dopo il mondiale abbia spinto gli organizzatori a “metterci dentro” di tutto. Vero che magari questa scelta non riguardava tanto gli uomini di classifica, ma in parte anche loro… se non altro perché qualche momento di respiro c’era.

«Vista la durezza, anche della terza settimana, non credo che chi farà il Tour potrà pensare di fare bene anche alla Vuelta, specie se nel mezzo dovesse partecipare anche al mondiale. Vedo molto più fattibile l’accoppiata con il Giro d’Italia. Si avrebbe il tempo di recuperare e di riprepararsi».

Non solo Angliru e Tourmalet

Ma Vuelta fa rima con salite. Dicevamo di dieci arrivi con la strada che sale.

«Angliru e Tourmalet sono due icone. Il Tourmalet soprattutto. Da quel versante non l’ho fatto in gara, ma lo conosco chiaramente. Ricordo che stavo facendo una ricognizione per la Rai, finimmo alle 22,30 e in cima c’era ancora il sole. Tra l’altro in vetta incontrai anche un bimbo che fa ciclismo nella scuola valenciana. E’ una salita selvaggia teatro da sempre di grandi sfide come quella tra Contador e Schleck. Ma io non penserei solo a queste due scalate».

«Già la terza tappa ad Andorra è durissima. Il finale è parecchio tosto. I corridori conoscono bene quelle strade perché molti ci vivono. L’Alto de Javalambre anche è duro: va su a strappi e sfiora i 2.000 metri di quota.

«Ma soprattutto occhio alla scalata di Xorret de Catì, tappa 8. L’arrivo è 3 chilometri dopo, in discesa, ma ci sono pendenze micidiali. Gli ultimi 3 chilometri di scalata sono al 18 per cento. Se ricordate è la salita in cui Roscioli andava su a zig-zag. Bella anche la tappa 14, ideata da Indurain. Erano le sue terre. Ieri l’hanno presentata con lui e Delgado».

Finale e squadre

Come avevamo anticipato se le grandi salite finiscono con l’Angliru (17ª frazione), le difficoltà no. E forse tutto può rimettersi in gioco.

«E poi – sottolinea Garzelli – c’è la ventesima tappa, quella di Guadarrama: 208 chilometri la più lunga (e unica sopra i 200 chilometri, ndr) con 4.300 metri di dislivello e salite di terza categoria su un circuito da ripetere cinque volte. Una frazione così, se la classifica dovesse essere ancora aperta, rischia di cambiare tutte le carte in tavola. E’ durissima e la squadra conterà molto. Ma dubito che alla ventesima tappa i capitani avranno ancora tutti e sette i compagni.

«Non a caso ieri alla presentazione quando hanno intervistato Mas, Soler e Juan Pedro Lopez tutti sono rimasti impressionati da questa frazione».

Infine un occhio sui favoriti. La squadra conterà moltissimo e in teoria UAE Emirates, Ineos Grenadiers e Jumbo-Visma sarebbero ancora le favorite, ma questa potrebbe essere la volta buona di Enric Mas secondo Garzelli.

«Per me – conclude Stefano – ci sono solo 25 chilometri a crono e immaginando che gli altri grandi siano al Tour, Mas può e deve puntarci molto. Poi alla Movistar non hanno molti leader per un grande Giro e non so chi porterebbero al Tour oltre a Mas. Questa è la sua occasione».

Tris nei grandi Giri: brava Van Vleuten, ma non fate paragoni

22.09.2022
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Annemiek Van Vleuten si lecca le ferite della spaventosa caduta nel Team Relay. Sabato l’aspetta la corsa mondiale ed è chiaro che anche se non è proprio un percorso per lei ideale, il sogno di conquistare l’ennesima maglia iridata c’è, perché sarebbe la ciliegina su una torta incredibile, formata dalla conquista delle tre grandi corse a tappe nello stesso anno: Giro, Tour e Vuelta.

Un’impresa alla quale nessun uomo si è neanche mai avvicinato, prima del 1995 perché Vuelta e Giro erano troppo vicine, poi perché il ciclismo è diventato talmente competitivo ad altissimi livelli che è diventato arduo anche provare a lottare per la vittoria in solo due di esse. Quale valore va attribuito allora all’impresa dell’olandese? Paolo Slongo, preparatore della Longo Borghini e profondo conoscitore di entrambi i mondi ha idee precise al riguardo.

«Un paragone per me non è proponibile – afferma con nettezza – basta solo guardare il totale delle tappe disputate: 10 per il Giro, 8 per il Tour, 5 per la Vuelta. Il totale è di 23, quanto una sola delle grandi corse a tappe al maschile. Inoltre c’è una profonda differenza per il periodo: al maschile le gare sono lontane fra loro e la programmazione al massimo può contemplarne due, fra le donne era tutto racchiuso in meno di due mesi e mezzo».

Quanto influisce anche il numero di atleti dei rispettivi ambiti?

Moltissimo, mettiamo a confronto team di 30 corridori con 14 cicliste quando va bene. E’ chiaro che il calendario così ricco impone alle squadre di schierare le ragazze quasi sempre, questo porta anche a un maggiore livellamento. Ciò non toglie che va dato merito all’olandese di essere almeno una spanna sopra tutte: in salita è troppo superiore alle altre, fa la differenza e su quella costruisce i suoi successi, quando attacca non le resiste nessuno.

Per Slongo parlare dei tre grandi Giri in relazione a uomini e donne è molto diverso
Per Slongo parlare dei tre grandi Giri in relazione a uomini e donne è molto diverso
Da che cosa nasce questa enorme superiorità?

E’ difficile dare una risposta non essendo nel suo entourage. Sicuramente la Van Vleuten ha una resistenza notevole unita a una grande attitudine per questo tipo di gare. Su di lei calza a pennello un ritornello che si sente spesso: un grande talento naturale affinato con l’allenamento…

Van Vleuten a parte, un’impresa del genere nel ciclismo femminile è ripetibile?

Il calendario lo permette: magari non ci sarà più una dominatrice così netta, ma quel che è certo è che tra una corsa e l’altra potremo assistere a confronti ripetuti. Se guardiamo le classifiche delle tre corse, ben 6 atlete oltre la Van Vleuten sono finite sempre nelle prime 13 posizioni (Longo Borghini, Ludwig, Labous, Persico, Garcia e Chabbey, ndr) il che significa che si può sicuramente fare con l’attuale struttura della stagione.

Tra le altre la migliore “stakanovista” è stata la Longo Borghini: quarta al Giro, sesta al Tour, seconda in Spagna
Tra le altre la migliore “stakanovista” è stata la Longo Borghini: quarta al Giro, sesta al Tour, seconda in Spagna
Parlavi prima della lunghezza delle corse, secondo te sono ampliabili?

Sì, ma senza esagerare. Credo che una dozzina di giorni sia una proporzione giusta, ma si dovrebbe mettere mano non solo alla lunghezza dei Giri, quanto anche alla loro struttura, renderli più vari ed equilibrati. Non dovrebbe mancare una cronometro individuale che quest’anno era solo al Giro, per dare possibilità anche a chi scalatore non è di competere per la classifica finale.

In campo maschile una simile impresa è inconcepibile. Negli ultimi anni qualcuno ha provato la semplice presenza, ultimo l’australiano Adam Hansen nel 2017. Secondo te non puntando alla classifica, si può pensare a effettuare tre corse di tre settimane nello stesso anno?

Dipende da che cosa ci si prefigge. Essere presenti per dare una mano in squadra è possibile, se vai come velocista anche e gli esempi di Baffi, Poblet e Petacchi che vinsero una tappa in tutti e tre i grandi Giri nello stesso anno lo dimostra. Pedersen ad esempio se quest’anno avesse provato il Giro, magari non facendolo tutto, magari centrava una vittoria. La classifica richiede attitudine e soprattutto una preparazione che non si adattano al ciclismo odierno. A meno che…

Adam Hansen, un caso a parte: ha disputato 20 grandi giri di seguito, dalla Vuelta 2011 al Giro 2018
Adam Hansen, un caso a parte: ha disputato 20 grandi giri di seguito, dalla Vuelta 2011 al Giro 2018
A meno che?

Anni fa Tinkoff lanciò una provocazione: una sfida nello stesso anno fra tutti i big delle corse a tappe nelle tre gare, preparando solo quelle. Forse potrebbe anche essere fattibile, ma bisognerebbe studiare bene la cosa, anche un regolamento ad hoc e adattare la preparazione affrontando comunque terreni sconosciuti. Per ora resta un’utopia…

Mori gongola: «Per noi è stata una Vuelta da sogno…»

15.09.2022
5 min
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«Alle premiazioni di Madrid non facevamo che salire e scendere dal palco. Per la prima volta era presente il presidente del team, Matar Suhail Al Yabhouni Al Dhaheri che era visibilmente soddisfatto. Non viene mai alle corse, vederlo in quest’occasione così felice è stato davvero bello». La voce di Manuele Mori, di ritorno dalla Vuelta, è stanca ma ricca di quelle emozioni vissute per tre intense settimane. La corsa spagnola passerà sì alla storia per il trionfo di Remco Evenepoel, ma è indubitabile che è stato l’Uae Team Emirates quello che ha raccolto il bottino più pingue.

Juan Ayuso sul podio, Joao Almeida nella Top 10 (e Jan Polanc poco distante), i successi di tappa di Marc Soler e Juan Sebastian Molano proprio nell’ultima tappa, il trionfo nella classifica a squadre con oltre un’ora di vantaggio. La Vuelta è stata un viaggio fortunato e il fatto che la sua conclusione sia arrivata in contemporanea con il trionfo di Pogacar a Montreal ha un che di simbolico.

Mori 2022
Manuele Mori, uno dei diesse della Uae. In Spagna la squadra ha fatto incetta di premi
Mori 2022
Manuele Mori, uno dei diesse della Uae. In Spagna la squadra ha fatto incetta di premi

«Quando hai in squadra il migliore del mondo è normale correre per lui – dice – ma la Uae non è solo Pogacar. Siamo competitivi sempre e con chiunque, abbiamo almeno 20 corridori che hanno vinto quest’anno e senza il Covid al Giro che ha costretto Almeida al ritiro, avremmo potuto centrare il podio in tutti e tre i grandi Giri».

La Vuelta è coincisa con l’esplosione di Ayuso, non era certo partito pensando al podio…

La nostra punta era Almeida, ma la corsa si decide sempre in corso d’opera. Che Ayuso fosse un fuoriclasse non lo abbiamo scoperto alla Vuelta, ma la corsa ci ha detto molto delle sue qualità. Intanto ha doti di recupero fuori del comune, più passavano i giorni e più andava forte. Inoltre ha la testa da campione, molto più matura dei suoi 19 anni. Quando ha forato nella parte finale di una tappa non si è fatto prendere dal panico, ha pensato a quel che doveva fare e si è saputo gestire. I campioni li vedi anche da queste cose. Quello della Vuelta era un test e l’ha superato con la lode…

Almeida ha chiuso quinto a 7’24” da Evenepoel, confermandosi uomo da grandi giri
Almeida ha chiuso quinto a 7’24” da Evenepoel, confermandosi uomo da grandi giri
Su Almeida c’è qualcosa da dire: il portoghese sembra sempre accusare gli scatti nelle tappe più dure, ma nell’ordine d’arrivo lo trovi sempre davanti…

E’ il suo modo di correre, per certi versi originale. La sua grande forza è che si conosce benissimo, sa quel che può chiedere al proprio fisico. Sale col proprio passo e alla fine ha sempre ragione lui, segno di grande autostima. Lo avevo capito all’ultima giornata della Vuelta a Burgos, mi aveva detto che voleva fare qualcosa di buono e quando ho visto che all’inizio perdeva mi ha detto di non preoccuparmi. Alla fine ha avuto ragione lui…

Considerando la sua giovane età, va cambiato qualcosa nella sua impostazione?

Secondo me no, è giusto che corra così proprio in base agli anni che ha. Io ad esempio alla sua età ero solito correre sempre davanti, ma dipende dalla propria indole. Anche Ulissi a inizio carriera correva così, poi ha cambiato, magari con gli anni anche Joao rivedrà qualcosa, ma per ora deve continuare sulla sua strada.

Per Soler una Vuelta da protagonista: una vittoria, quattro top 5 e premio per la combattività
Per Soler una Vuelta da protagonista: una vittoria, quattro top 5 e premio per la combattività
Chi è stato protagonista è stato Soler, con una vittoria di tappa e altri due podi di giornata…

Ma non ha fatto solo questo. E’ stato premiato come corridore più combattivo e per noi è stato un vero jolly, eccezionale nell’arco delle tre settimane. Nell’ultima tappa è stato decisivo per la vittoria di Molano, lanciando il treno della Uae a velocità folle fino ai 400 metri. Di fatto ha messo sia Molano che Ackermann nelle condizioni di vincere.

Proprio a questo proposito, la vittoria del colombiano ha un po’ sorpreso considerando che era il tedesco quello deputato alla volata. Che cosa è successo?

E’ semplice: quando Molano ha tirato era l’ultimo uomo. Il rettilineo era in leggera salita, lui sapeva che Pascal era dietro, ma su quel rettilineo è difficile rimontare, allora ha tirato dritto ed è andata bene. Nessuna polemica fra i due, sanno bene che i progetti vanno bene, ma poi è la strada che decide.

La volata di Molano a Madrid, con Ackermann finito terzo dietro anche Pedersen
La volata di Molano a Madrid, con Ackermann finito terzo dietro anche Pedersen
I risultati di Vuelta e Montreal hanno portato una vagonata di punti alla Uae. Alcune squadre hanno deciso di non dare alcuni corridori alle nazionali. Voi come vi siete regolati?

Figuriamoci, noi ne avremo 10 al via a Wollongong… E’ chiaro che al ranking ci teniamo, come anche le nostre dirette concorrenti. Non è un discorso economico, non funziona come la Champions League di calcio, è semplicemente una questione di prestigio. Diverso è il discorso per chi lotta per non retrocedere, lì ci sono anche inerenze economiche legate al destino della stagione. Se investi tanto nella squadra, ti aspetti risultati e essere lì in cima è il miglior risultato che ci sia, perché sai che tutti vogliono arrivarci. Speriamo di avere altri weekend come quello passato, così restiamo in testa…

Cosa può fare Remco alla Vuelta? Ecco il parere dei colleghi

23.08.2022
6 min
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La Vuelta riparte oggi dalla Spagna. La prima tappa in terra iberica, la quarta in assoluto, si snoda nei Paesi Baschi. Proprio da queste parti un mese fa più o meno, Remco Evenepoel sbaragliava la concorrenza alla Clasica de San Sebastian. Una prova di forza incredibile. Tanto che titolammo: Remco passeggia a San Sebastian.

Il rampollo della Quick Step-Alpha Vinyl è appunto in gara e in tanti, noi inclusi, si chiedono cosa può fare: punterà alla classifica? Vorrà fare incetta di tappe? Questa domanda è circolata spesso tra media belgi e non solo… Oggi si entra nel vivo della corsa (la Vitoria Gasteiz-Laguardia propone oltre 2.300 metri di dislivello) e prima che la classifica possa subire degli scossoni, sentiamo cosa dicono i colleghi in merito alla Vuelta di Evenepoel.

Sivakov (a destra) con Carlos Rodriguez all’inseguimento di Evenepoel a San Sebastian
Sivakov (a destra) con Carlos Rodriguez all’inseguimento di Evenepoel a San Sebastian

Come Van Aert

«Un corridore come Remco Evenepoel potrebbe fare un po’ come Wout Van Aert al Tour – ha detto Pavel Sivakov – Lui può davvero essere un jolly. E’ in grado di attaccare ovunque e mettere la corsa in disordine».

E non è una constatazione banale, specie se magari dopo le prime frazioni dovesse ritrovarsi, come è presumibile, in classifica. Ad uno così non puoi lasciare spazio. Anche se la sua esperienza con i grandi Giri non è andata bene. Ricordiamo che lo scorso anno Evenepoel si ritirò dal Giro d’Italia.

Simon Yates ed Evenepoel a San Sebastian: l’inglese meglio di tutti ha saggiato il “nuovo Remco scalatore”
Simon Yates ed Evenepoel a San Sebastian: l’inglese meglio di tutti ha saggiato il “nuovo Remco scalatore”

Yates non si fida

Il capitano della Bike Exchange-Jayco, Simon Yates, è uno dei pretendenti più solidi alla maglia rossa finale. E forse, visti suoi alti e bassi, il corridore che più somiglia e può capire Remco stesso. I due si contesero San Sebastian e l’inglese ne uscì con le ossa rotte.

«Non scherziamo – ha detto Yates a Rtbf – Evenepoel è uno dei contendenti alla vittoria finale. Se guardiamo la sua prestazione a San Sebastian sarebbe stupido non tenerne conto. Certo, è ancora molto giovane. Tutti dicono che ancora non ha le tre settimane nelle gambe, ma ad un certo punto succederà che le avrà. Magari non sarà quest’anno… ma succederà».

Reagire alle giornate no come quella di Montalcino al Giro 2021: sarà questa la sfida più grande per Remco secondo Froome
Reagire alle giornate no come quella di Montalcino al Giro 2021: sarà questa la sfida più grande per Remco secondo Froome

Parola a Froome

Non è venuto meno a questo dibattito Chris Froome, uno che di grandi Giri se ne intende. L’esperto inglese era parecchio tempo che non pedalava spalla a spalla con il giovane belga, ma non si è perso i suoi “show”.

«Remco – ha detto Froome – ha dimostrato di avere il livello per competere per la vittoria assoluta. Nessuno lo dubita. Non io almeno… Ma non lo ha ancora mai dimostrato in una gara di tre settimane. E’ questa è la vera sfida per lui.

«In un grande Giro infatti non basta essere bravo in una tappa e risparmiare il resto del tempo. Devi saper gestire gli alti e bassi. Devi esserci anche, e soprattutto, nelle giornate brutte. Chi sa superarle meglio vince questa Vuelta».

Velasco impegnato a San Sebastian dove ha visto un super Evenepoel
Velasco impegnato a San Sebastian dove ha visto un super Evenepoel

Il parere di Velasco

Simone Velasco è stato forse l’italiano che più è stato vicino a Remco nel giorno della “passeggiata” di San Sebastian. Al contrario di Froome lo ha visto pedalare da vicino e l’elbano non ha dubbi: il belga può fare bene anche nella generale.

«Secondo me – dice Velasco – a livello di classifica può entrare in una top ten, ma per il podio ancora non è pronto, ancora fa fatica. Non è una questione fisica e neanche dei “fantasmi” del Giro, perché ha un carattere forte, ma solo una questione di esperienza. E posso confermare che non è mai andato così forte in salita».

«Credo che nella crono farà molto bene, ma nel complesso è una Vuelta molto dura e già oggi nei Paesi Baschi si potrà vedere qualcosa: in queste tappe ci sarà una prima selezione».

Per Carapaz il giovane belga può puntare alla vittoria finale
Per Carapaz il giovane belga può puntare alla vittoria finale

Carapaz: «Remco in condizione»

Sulla falsariga del compagno Sivakov, anche Richard Carapaz non sottovaluta Evenepoel e soprattutto la sua forma. Però visto il modo di correre del capitano della Ineos-Grenadiers  quasi, quasi Remco potrebbe essere un buon alleato.

 

«La condizione di Evenepoel – ha detto l’ecuadoriano a Het Nieuwsblad – è incredibile. Per me lotterà sicuramente per la vittoria finale. Molto dipenderà dalla condizione di Roglic. Se Primoz dovesse stare bene allora la gara probabilmente sarà un po’ più controllata. Ma se così non dovesse essere c’è Evenepoel che potrebbe fare confusione e correre in modo molto offensivo e imprevedibile».

Remco si è allenato moltissimo in Italia a luglio, lontano dai media del Belgio (foto Twitter)
Remco si è allenato moltissimo in Italia a luglio, lontano dai media del Belgio (foto Twitter)

E Remco cosa dice?

Anche Roglic ed Almeida, più o meno all’unisono hanno detto che Remco non va sottovalutato e che è forte. Landa ha detto che da uno così ci si può attendere di tutto e non si possono fare previsioni.

E il diretto interessato cosa dice? Il corridore di Lefevere aveva parlato prima del via della corsa spagnola. La pressione c’è e probabilmente lui stesso la sente, anche se cerca di negarlo. 

In una conferenza alla vigilia del via ha subito tenuto a dire che era rilassato, salvo poi aggiungere che era stato tutto luglio lontano dal Belgio proprio per evitare le pressioni dei media.

«Questa scelta – ha detto Evenepoel – mi ha fatto bene, così ho potuto essere più lontano dai commenti e le opinioni che si fanno su di me. Mi sento molto calmo e molto rilassato. Prepararmi lontano dal Belgio è stata la scelta migliore che potevo fare».

Intanto un primo obiettivo l’asso di Schepdaal lo ha già raggiunto: uscire dall’Olanda senza problemi. Dopo la cronosquadre era contento sia per il risultato, che per non essere incappato in nessun incidente.

«Cercheremo di mettere insieme le vittorie di tappa per la squadra e un buon posto assoluto nella generale – aveva dichiarato alla vigilia Evenepoel – ma la priorità restano le tappe. Se a fine Vuelta dovessimo avere anche una buona classifica sarà un bonus…».

Evenepoel è fortissimo a crono: già campione nazionale, sfrutta al meglio la sua potenza grazie ad una grande efficienza aerodinamica
Evenepoel è fortissimo a crono: già campione nazionale, sfrutta al meglio la sua potenza grazie ad una grande efficienza aerodinamica

Crono spartiacque

«Ovviamente – ha aggiunto Remco – ho anche ambizioni per una buona classifica finale. In salita non sono mai andato così forte. Vedremo come saremo messi dopo la decima tappa. E’ vero, ci sono frazioni come San Sebastian ma anche altre tappe con salite più lunghe e ripide». 

Per la cronaca, la decima tappa è quella della crono di Alicante. La delicatissima frazione contro il tempo di cui tanto ci ha parlato Stefano Garzelli. E sappiamo come va Remco a crono. A quel punto la classifica sarà definitivamente delineata e anche lui non potrà più nascondersi.

Una cosa è certa: uno che parla così alla maglia rossa magari non ci punta… ma ci pensa eccome.

Matxin: «Vi spiego perché Ayuso farà la Vuelta»

16.08.2022
5 min
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«Ayuso non farà un grande Giro quest’anno», ci aveva detto Joxean Fernandez Matxin, il tecnico e diesse della UAE Emirates, solo qualche settimana fa. Poi la squadra di Mauro Gianetti ha divulgato la formazione che prenderà parte all’imminente Vuelta Espana e guarda chi c’è? Juan Ayuso.

Così abbiamo sentito di nuovo Matxin. Dal suo discorso non è emersa una contraddizione, ma una lucida spiegazione. Il tecnico spagnolo con chiarezza e passione, ci ha elencato il perché di questa “inversione di marcia”.

Ayuso Getxo
Ayuso vince il Circuito de Getxo. In quel momento l’ipotesi Vuelta era già concreta
Ayuso Getxo
Ayuso vince il Circuito de Getxo. In quel momento l’ipotesi Vuelta era già concreta

Cambio di rotta

«Vero, Ayuso non doveva fare un grande Giro in questa stagione – spiega Matxin – Questo argomento è stato frutto di un’evoluzione in corsa. Juan ha fatto quinto alla sua prima corsa a tappe WorldTour (il Catalunya, ndr) e quarto alla seconda (il Romandia, ndr) e pur uscendo dal Covid, non ha mostrato alcun cedimento.

«Poi al Delfinato è andato davvero forte. Se un giorno non avesse avuto un mal di testa fortissimo, che lo ha costretto al ritiro, avrebbe lottato per la vittoria».

E’ passata qualche settimana, il canonico recupero di metà stagione, e al rientro Ayuso si è mostrato ancora, subito, competitivo.

«Ad Ordizia, nella Prueba Villafranca, si è trovato a lottare alla pari con gente del calibro di Simon Yates. A Getxo ha vinto. In tutta questa fase non solo ha mostrato una buona condizione, ma numeri davvero importanti e soprattutto un recupero eccellente. Abbiamo valutato tutto questo e anche il desiderio del ragazzo».

Al Romandia il catalano ha chiuso al quarto posto nella generale
Al Romandia il catalano ha chiuso al quarto posto nella generale

Obiettivo Madrid

Alla luce di tutto questo bisognava prendere una decisione. Qualche giorno fa Matxin stesso aveva scritto sulle sue pagine social: “Il talento non si può fermare”. E se un esperto conoscitore dei giovani come lui decide di prendere questa decisione e addirittura di ribaltarla, la motivazione deve essere a dir poco valida.

«Abbiamo così deciso di anticipare quel che sarebbe stato il 2023 – riprende Matxin – crediamo che Juan sia pronto. Ha fatto i passi necessari ed è il momento giusto per farlo esordire. 

«Lui poi voleva farla. E’ stato contentissimo. Ne abbiamo parlato tutti insieme: Juan, il preparatore Inigo San Millan, lo staff, io… abbiamo deciso che si poteva provare senza pressione, ma al tempo stesso con il concetto di non fermarsi».

E questo è un passaggio chiave in tutto ciò. Matxin è sempre stato coerente quando ha parlato dei pezzi da 90 della sua squadra. E in particolare di Ayuso. Due sue frasi ci tornano in mente. «Ayuso non è un giovane. Ayuso è un campione e noi come tale lo abbiamo sempre trattato». E ancora: «Non si va alle corse per fermarsi o per allenarsi, specie un campione». Tutto torna.

«Questo – continua Matxin – non vuol dire che debba fare chissà cosa, parte comunque senza pressioni. La Vuelta per Auyso è un importante test per vedere come reagisce il suo fisico alle tre settimane. Come sarà la sua fisiologia, il suo recupero, come reagirà a sforzi ripetuti con corridori di livello mondiale». E anche per imparare: gestire pressioni, rapporti con la stampa, momenti di difficoltà, vittorie…

Al Delfinato solo il mal di testa lo ha battuto. Ayuso va forte anche a crono (quel giorno fu decimo)
Al Delfinato solo il mal di testa lo ha battuto. Ayuso va forte anche a crono (quel giorno fu decimo)

Cuscinetto mediatico

Matxin ripete più volte che Ayuso non doveva fare la Vuelta, che i programmi non erano questi, ma che sono state le circostanze a far pensare di cambiare le carte in tavola.

«Nella sua e nella nostra testa – dice Matxin – questa idea ha iniziato a frullare dopo il Delfinato, perché davvero ne è uscito benissimo. Ma tutto è rimasto volutamente sopito, anche perché dovete pensare che in Spagna c’era già una certa pressione mediatica. Lo volevano alla Vuelta».

Pensate, Ayuso spagnolo, classe 2002, alla Vuelta. Attesissimo, coi riflettori puntati su chi cerca l’erede di Contador. Il dualismo con Carlos Rodriguez. La “bomba perfetta”.

«Ma posso anche dire che dopo Ordizia (il 25 luglio, ndr), siamo anche andati a vedere qualche tappa. Ma non abbiamo voluto dirlo. Abbiamo pensato di far uscire la notizia comunicando la formazione e non con un comunicato specifico per Juan, proprio per attutire la pressione».

Matxin con Almeida all’Aprica. Un paio di giorni dopo il portoghese lascerà la corsa per Covid. Ora punta deciso alla Vuelta
Matxin con Almeida all’Aprica. Un paio di giorni dopo il portoghese lascerà la corsa per Covid. Ora punta deciso alla Vuelta

Almeida capitano

Con Matxin si parla di Ayuso, ma anche della squadra. La UAE Emirates alla Vuelta schiera una signora formazione, anche senza Pogacar. Joao Almeida parte con i gradi del leader, ma conoscendo la cattiveria agonistica e la forza di Ayuso, Juan finché potrà lotterà come un campione. Fa parte del suo Dna. E come ha scritto Matxin stesso: il talento non lo puoi fermare.

«Abbiamo una gran buona squadra – conclude Matxin – Almeida chiaramente è il leader. Soler conosce bene la Vuelta e sono convinto che potrà fare dei grandi numeri, così come McNulty. Poi c’è Juan appunto. E ci sono corridori di supporto come Polanc e Oliveira. Senza contare che abbiamo Molano come apripista di Ackermann (da vedere dopo la caduta all’europeo, ndr). E’ una squadra equilibrata».

«Joao è in crescita di condizione. Ha vinto a Burgos, contro nomi importanti, ha preso fiducia e soprattutto sta ritrovando il ritmo gara, che è ciò di cui aveva bisogno dopo il Giro d’Italia».

Gasparotto: «Higuita alla Vuelta, un cammino lungo 10 mesi»

11.08.2022
4 min
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Nella strada che portava da Kielce a Cracovia, cioè per tutta la durata del Giro di Polonia di ben 1.209 chilometri, c’è stato un solo arrivo in salita. Nella tappa numero tre, sulle colline di Przemysl Sergio Higuita danza e si porta a casa tappa e maglia. Leadership persa poi nella cronometro di Rusinski per mano di Ethan Hayter. Un buon biglietto da visita per il colombiano, che ha iniziato la sua preparazione alla Vuelta Espana già dall’inverno. 

«Abbiamo messo nel mirino la Vuelta già da novembre con Sergio – dice Gasparotto diesse della Bora Hansgrohel’idea ad inizio stagione era di switchare la squadra da velocisti a scalatori. Lo abbiamo fatto con successo al Giro, portando tre capitani, diventati poi quattro in corso d’opera. Non abbiamo portato nemmeno un velocista nei due Grandi Giri fatti fino ad ora. Inizialmente al Tour avremmo dovuto portare Bennet, ma la grande condizione di Vlasov (poi quinto finale a Parigi, ndr) ci ha convinto a puntare tutto su di lui».

Higuita ha iniziato la stagione vincendo il campionato nazionale su strada a febbraio
Higuita ha iniziato la stagione vincendo il campionato nazionale su strada a febbraio

Annuncio a breve

La squadra per la Vuelta non è ancora stata annunciata dalla Bora, i giorni si contano sulle dita d’una mano. Tuttavia, seguendo il metodo di lavoro usato nelle corse a tappe precedenti, viene da pensare che la squadra sia disegnata tutta intorno allo scalatore colombiano

«Non posso ancora dire nulla sulla squadra che ci sarà alla Vuelta – prosegue Gasparotto – ma che Higuita ci sarà è praticamente fuori discussione. D’altronde abbiamo messo il mirino su questa corsa già dall’inverno, Sergio è colombiano e noi dobbiamo considerare dei periodi nei quali lavora in Colombia e altri in cui è qui per correre. Avevamo già tre leader per il Giro e il Tour ci sembrava troppo impegnativo, così abbiamo mirato sulla Vuelta. Poi lui, ad inizio stagione, aveva espresso il desiderio di correre nelle Ardenne. Allora ci è sembrato naturale fare così. Anche perché se vuoi fare bene nelle Ardenne, è difficile poi fare altrettanto al Giro».

Higuita è andato forte anche al Catalunya, prima, e fino ad ora unica, corsa a tappe vinta in stagione
Higuita è andato forte anche al Catalunya, prima, e fino ad ora unica, corsa a tappe vinta in stagione

Un percorso netto

Se si guarda alle corse fatte da Higuita, si vede un percorso netto, pulito. Condito da periodi di allenamenti intensi, per lo più svolti a casa sua (alcuni seguiti da un nostro inviato laggiù) ed altri di corse, dove ha ottenuto ottimi risultati. 

«Da febbraio ad oggi – riprende Gasparotto – il percorso è stato netto, preciso. Ha iniziato con il campionato colombiano ed ha vinto, poi è andato alla Volta Algarve ed ha vinto una tappa. Poi ha riposato un paio di settimane ed è andato alle Strade Bianche (decimo, ndr) e dopo poco ha vinto il Catalunya. Ci sono stati dei piccoli problemi ad aprile ed è rientrato alle gare alla Liegi, suo obiettivo di inizio stagione e ha fatto quinto. A maggio ha lavorato tanto in Colombia e poi è tornato in Europa a correre il Giro di Svizzera e il Polonia. Dai nostri corridori ci aspettiamo il meglio, non posso dire che non mi sarei aspettato questo percorso da Higuita. La nostra squadra vuole eccellere e diamo tutto ai nostri ragazzi per farlo».

Il colombiano è stato vittima di una caduta nelle fasi finali della quarta tappa del Polonia
Il colombiano è stato vittima di una caduta nelle fasi finali della quarta tappa del Polonia

Le sue salite

Higuita, al termine della terza tappa del Tour de Pologne, ce lo aveva detto: «Queste sono le mie pendenze, qui mi trovo a mio agio, la salita si fa sempre più dura e serve forza per andare avanti». 

«Vero – conferma Gasparotto – al Giro e alla Vuelta troverebbe le sue salite: lunghe ma con pendenze aspre. Al Tour le salite non sono così dure e non hanno grandi pendenze, quindi lui soffre questo rispetto agli altri. Ce l’ho in squadra solo da quest’anno, ma devo ammettere che Sergio è una delle persone più facili con cui lavorare. E’ molto “colombiano” nel modo di fare – dice ridendo – non si lamenta mai. Per lui c’è sempre una soluzione, non si preoccupa troppo delle cose. Vi faccio un esempio: eravamo al Giro di Svizzera e non gli è arrivata la valigia dalla Colombia, quindi non aveva tutto il materiale, non ha fatto una smorfia. Non è una di quelle persone che vede problemi anche dove non ci sono, penso sia un fatto culturale, che aiuta molto la squadra».