Johannessen 2021

Tra fondo e ciclocross, Johannessen pensa al 2022

25.11.2021
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Non bastasse tutto quel che ha fatto in questa stagione fra gli Under 23 (vittoria al Tour de l’Avenir, secondo al Giro U23, terzo alla Liegi-Bastogne-Liegi), Tobias Halland Johannessen si è messo a vincere anche nel ciclocross… Il giovane talento di Drobak, per nulla stanco dopo una stagione concentrata soprattutto nella seconda parte e che lo ha visto anche impegnato ai Giochi di Tokyo, è tornato a competere sui prati e ha portato a casa il titolo nazionale, il terzo dopo quelli del 2017 e 2018.

Durante l’anno c’era già stato modo di parlare di lui, corridore che esce un po’ dai consueti canoni del ciclismo attuale. Corteggiato da molti grandi team visti i suoi risultati, ha scelto di continuare a rimanere nell’Uno-X Pro Cycling, la formazione guidata dalla vecchia conoscenza italiana Kurt Arvesen, passando semplicemente dalla formazione Development alla prima squadra Professional, una sorta di nazionale con qualche innesto danese, non solo per rimanere in un ambiente familiare, ma per crescere con calma.

Johannessen Uno-X 2021
Nel 2022 Johannessen farà il passaggio dalla formazione Develpment alla prima squadra Uno-X
Johannessen Uno-X 2021
Nel 2022 Johannessen farà il passaggio dalla formazione Develpment alla prima squadra Uno-X

Una persona solare

Il resto è lui stesso a raccontarlo, con quella solarità che traspare dalle foto e un entusiasmo contagioso, espresso già alla semplice richiesta di un po’ di tempo per chiacchierare partendo dai suoi inizi: «La mia passione per la bici è nata praticamente con me, ma agli inizi per me è stato soprattutto un mezzo di trasporto, per andare a scuola e girare con gli amici. Pian piano ho visto che andavo bene e ho pensato di provare a farne qualcosa di più, perché era divertente e potevo allargare i miei orizzonti».

Nel tuo Paese d’inverno quasi tutti vanno sugli sci di fondo, in maggior modo nella tua zona geografica. Lo fai anche tu e lo ritieni utile per la preparazione invernale?

Sì, assolutamente perché qui fa molto freddo e non è sempre facile, quando sono a casa, poter andare in bici sia per la neve che per le temperature rigide. Lo sci di fondo è davvero utile per tenermi in forma, ma è anche un modo per fare sport in maniera più rilassata.

Johannessen fondo 2021
Tobias sugli sci di fondo, molto usati d’inverno come alternativa alle pedalate
Johannessen fondo 2021
Tobias sugli sci di fondo, molto usati d’inverno come alternativa alle pedalate
Quest’anno sei tornato ad affrontare il ciclocross, come mai?

Il ciclocross non ho mai potuto praticarlo molto anche se mi piace. In Norvegia non ci sono molte gare e per me resta una disciplina subordinata alla strada, non voglio impegnarmi troppo seriamente in un’altra disciplina. Sicuramente sarebbe utile avere qualche occasione di confronto d’inverno, in un ambito nazionale che non sarebbe troppo competitivo. Diciamo che può essere un valido aiuto alla preparazione invernale, ma senza finalizzarlo.

Che tipo di corridore pensi che diventerà Tobias Johannessen?

Bella domanda, devo ancora scoprirlo. Sicuramente mi trovo bene in salita, è il terreno che preferisco, ma non so dire se sia un corridore più adatto alle classiche o alle grandi corse a tappe. Devo ancora scoprirmi e per questo voglio procedere con calma, so che devo migliorare molto su tutti i terreni per essere competitivo. Quel che è certo è che le salite anche quelle più dure, non mi spaventano…

Johannessen ciclocross 2021
Il podio dei campionati nazionali di ciclocross (foto Federazione Norvegese)
Johannessen ciclocross 2021
Il podio dei campionati nazionali di ciclocross (foto Federazione Norvegese)
E’ indubbio però che nelle brevi corse a tappe di quest’anno hai messo in mostra grandi possibilità, anche quando ti sei trovato a competere con i pro’, facendo pensare a un tuo futuro nei grandi giri…

Sicuramente il 2021 è stato positivo nelle gare a tappe brevi, che per il momento sono la mia dimensione ideale, anche se Giro U23 e Avenir sono gare che arrivano a 10 giorni e quindi proprio brevi non sono. Ma se parliamo delle prove che hanno fatto la storia fra i pro’ è un altro discorso, intanto bisognerebbe affrontarle e capire come vado in gare di tre settimane. Ci arriveremo, ma voglio procedere per gradi e so già che nel 2022 ci saranno tante occasioni per mettermi alla prova.

Tutti ti aspettavano protagonista agli Europei di Trento e ai Mondiali di Leuven, che cosa è successo?

Sono state due gare davvero sfortunate. A Trento tutto è stato vanificato da una caduta, era una gara molto veloce che non dava spazio né tempo per recuperare. Anche il mondiale è stato contraddistinto da una caduta in un momento fondamentale, è stato davvero un peccato perché stavo bene e avevamo una grande nazionale (ha chiuso 83° a 6’20” da Baroncini, ndr). Ci riproverò il prossimo anno, sperando di avere più fortuna.

Johannessen fratello 2017
Johannessen in maglia di campione nazionale ciclocross 2017 con il fratello Anders (foto profilo Twitter)
Johannessen fratello 2017
Johannessen in maglia di campione nazionale ciclocross 2017 con il fratello Anders (foto profilo Twitter)
Di te si è parlato molto in stagione anche per le tue sfide con Filippo Zana, al Sazka Tour e al Tour de l’Avenir. Che cosa ne pensi di lui?

Sono state davvero belle battaglie. E’ un gran corridore e soprattutto un’ottima persona, ho avuto modo di parlarci prima di qualche tappa. Fra noi non puoi mai dire prima chi la spunterà, sicuramente nel 2022 avremo altre occasioni per sfidarci, forse ancora di più che in passato e so che sarà sempre dura batterlo.

Quanto è importante avere tuo fratello Anders Johannessen al fianco, soprattutto ora che sali di livello entrando in un team Professional?

Moltissimo, per me è la cosa più importante averlo con me, abbiamo uno splendido rapporto, entrambi possiamo correre le stesse gare e questo per me è importante perché i cambiamenti sono sempre un’incognita.

Pensi che le cose cambieranno molto nel 2022?

Sì, anche se il team resta lo stesso e quindi mi sento a casa, ma ci saranno più impegni e giustamente verrà chiesto di più per migliorare. Io sono pronto.

Verre all’Arkea. «I tempi cambiano, ho colto l’occasione»

28.08.2021
3 min
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La notizia era arrivata durante il Tour de l’Avenir, quando anche noi eravamo in Francia: Alessandro Verre passerà professionista con l’Arkea Samsic. Un passaggio, quello del corridore della Colpack Ballan, che ci ha sorpreso visto che non si tratta una destinazione consueta per i giovani italiani, ma potremmo dire per i corridori nostrani in generale, visto che solo Diego Rosa ne fa parte (ed è in scadenza di contratto). Pertanto, se vogliamo, c’è ancora più curiosità.

Alessandro Verre vince il Trofeo Città di Meldola, il suo primo trionfo stagionale
Alessandro Verre vince il Trofeo Città di Meldola, il suo primo trionfo stagionale
Alessandro, cosa ci dici di questo passaggio?

Non è che ci abbia pensato più di tanto: ho scelto e via. Adesso la priorità è finire la stagione. Ora però sono più tranquillo e il prossimo anno si vedrà. E’ tutto da scoprire.

Come mai hai scelto l’Arkea?

Perché è stata l’unica squadra che mi ha fatto una proposta convincente in merito alla mia crescita personale. Penso sia la squadra giusta per me: né troppo grande, né troppo piccola. Un team dove potrò avere i miei spazi. Assieme al mio procuratore Acquadro abbiamo scelto quello che crediamo essere il meglio. 

C’è già qualcuno che conosci?

A dire il vero no. Barguil, Quintana… i grandi nomi sì, ma personalmente non conosco nessuno.

Che ambiente ti aspetti di vivere?

Sicuramente sarà tutto un altro mondo, si ricomincerà tutto da zero. E se all’Avenir mi è sembrato che volavano dal prossimo anno sarà sempre così! 

Hai già parlato con qualcuno della squadra?

Sì. Con il team manager (che in realtà sono due: Emmanuel Hubert e Guillaume Letanneur, ndr). Io parlato con Hubert e con gli addetti stampa. Poi ripeto, adesso sto pensando a finire la stagione e restare concentrato.

Come è andata la trattativa?

Abbiamo concluso tutto prima del del Tour de l’Avenir e sono sincero: alla fine l’Arkea è stata l’unica squadra tra le tante che si sono proposte a mettere nero su bianco. Sì, tante proposte, tante parole… io ho cercato di cogliere l’occasione. Anche perché, sapete, adesso in Italia sta cambiando un po’ il movimento. Vedi gli juniores che passano direttamente al professionismo, passano tutti molto giovani e magari fare un altro anno tra gli under poteva quasi diventare rischioso. Metti un infortunio in inverno, una caduta o una mononucleosi per dire… poteva diventare un bel problema per il futuro.

Verre, classe 2001, è un ottimo scalatore e anche a crono si difende
Alessandro Verre, classe 2001, è un ottimo scalatore e anche a crono si difende
Hai detto di aver avuto più offerte, come mai non hai scelto una WorldTour?

Perché mi piace il progetto dell’Arkea e a volte è meglio andare in squadre piccole, che poi piccole non sono visto il calendario che fa l’Arkea, che in una WorldTour vera e propria. Posso crescere meglio.

Quando dici progetto cosa intendi?

Eh – ride Verre – non posso dirlo…

Beh, proviamo a rispondere noi stessi. Si vocifera, come ormai succede da un po’, che il team francese possa fare il salto nella prima fascia, il WorldTour appunto. E che, a prescindere da questo salto o meno, possa finalmente prendere parte al Giro d’Italia, tanto più che quest’anno ci è andata molto vicina. In tal senso la presenza di un italiano fa gioco alla squadra transalpina.

Noi intanto aspettiamo il lucano di Marsicovetere tra i grandi. Siamo curiosi di vederlo all’opera. Il motore c’è, la grinta anche, ex biker e ciclocrossista sa guidare anche molto bene… Forse gli manca un po’ di costanza, ma magari senza l’assillo di dover dimostrare tutto subito la potrà trovare. Intanto in tasca ha un biennale. Verre è un bel patrimonio del nostro ciclismo: speriamo che l’Arkea lo tuteli bene.

L’Avenir ci consegna uno Zana internazionale

23.08.2021
4 min
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Ieri siamo stati rapiti dal duello sul filo dei secondi fra Johannessen e Rodriguez, ma non ci siamo dimenticati del nostro Filippo Zana, bravissimo terzo sul Piccolo San Bernardo e nella classifica generale dell’Avenir.

Il corridore della Bardiani Csf Faizanè è stato autore di un Tour davvero buono, corso con “spalle larghe e petto in fuori”. Un’esperienza così ti fa maturare, ti dà consapevolezza e ti lancia ancora di più sul piano internazionale. Con lui partiamo dalla fine, dall’incredibile epilogo del Tour dell’Avenir sul Piccolo San Bernardo.

Zana al termine della 7ª sul Grand Colombier dove è stato secondo
Zana al termine della 7ª sul Grand Colombier dove è stato secondo
Filippo è fatta…

Ieri quando ho superato quota 2.500 metri ho un po’ accusato e quando è scattato Rodriguez non ne avevo proprio per andargli dietro. Ho cercato di stare con la maglia gialla e ho attaccato ai 4,5 chilometri dalla fine. Dai, alla fine è stato un bellissimo terzo posto. Siamo sempre stati lì, segno che stavo bene. Sono molto contento.

Che sei contento si vede dagli occhi…

E’ mancata la vittoria ma ci accontentiamo. E’ stata una bellissima stagione sin qui e spero di continuare e di finirla così. 

Col senno del poi c’è un qualcosa di questo Avenir che non rifaresti?

Sì. Nella tappa dei ventagli ho dormito un po’. Ero riuscito a prendere il ventaglio giusto, ma poi ho sbagliato e sono rimasto con il secondo gruppo. Quel giorno ho perso un minutino. E’ questo il più grande rammarico che ho di questo mio Tour de l’Avenir. 

Puoi consolarti però: a conti fatti non sarebbe cambiato niente vista la classifica finale…

Esatto, non sarebbe cambiato niente, però si cerca sempre di fare le cose al meglio.

Alla fine ha chiuso ha terzo posto con 2’05” di ritardo da Tobias Johannessen
Alla fine ha chiuso ha terzo posto con 2’05” di ritardo da Tobias Johannessen
Il tuo futuro è ancora nella Bardiani?

Penso di sì. Questa settimana farò un po’ di riposo e poi deciderò. Vedremo cosa succederà. Comunque quasi sicuramente resterò.

Quali saranno le tue prossime gare?

Penso quelle in Italia. Dobbiamo ancora vedere esattamente quali, ma più o meno tutte quelle fino al Lombardia che, credo, sia la fine della mia stagione. Perché ci sono altre corse quest’anno, tipo quelle organizzate da Pozzato, il Giro del Veneto, però non so se si faranno. E poi sarà che adesso sono così stanco che fino ad ottobre inoltrato è lunga!

Questo Avenir ti dà una grande visibilità. Inizi ad essere un corridore appetibile per il WorldTour: ci pensi oppure c’è la voglia di poter costruire qualcosa in una squadra tutta italiana?

Io lo spero. Credo sia il sogno di tutti quando iniziano a correre in bici di fare il Giro d’Italia e il Tour de France. Ma penso anche che bisogna crescere. Ho ancora tanto da imparare, quindi non bisogna fare il passo più lungo della gamba. Bisogna farne uno per volta ed essere pronti quando sarà il momento giusto.

Azzurri compatti intorno a Filippo e sempre sul pezzo. Baroncini (in primo piano) presente su ogni terreno
Azzurri compatti intorno a Filippo e sempre sul pezzo. Baroncini (in primo piano) presente su ogni terreno
Cosa ti ha impressionato di più di questo Avenir? E cosa ti aspettavi prima di partire?

Impressionato niente: si sapeva che c’era gente forte e il fatto che in salita sia sempre stato con i migliori mi è piaciuto. Rivedendo i dati siamo andati veramente forte e di questo sono soddisfatto. Sono arrivato pronto, penso nella miglior condizione dell’anno, e pertanto sapevo che potevo far bene. Poi non c’è niente di scontato. La squadra, la nazionale, ha sempre lavorato al meglio. Anche ieri Frigo, Garofoli, ma anche gli altri che erano nella fuga, mi sono stati vicino. E se non ci fossero stati loro non so come sarebbe andata. E devo ringraziare anche la famiglia Reverberi che mi ha dato tantissime possibilità quest’anno. Come ho già detto, mi ha permesso di fare un calendario super.

A proposito di squadra, ti sei sentito con i compagni? “Zio” Visconti ti ha dato qualche dritta?

Sì – ride Zana – mi sono scritto con loro. E anche con Visconti. Da quando c’è lui in squadra c’è una bella differenza. Mi scrive sempre e ci prendiamo anche un po’ in giro. E’ bello così: si scherza. Giovanni ci dà quelle indicazioni in più che possono fare la differenza. Io e i miei compagni più giovani non possiamo che ringraziarlo perché quest’anno ci ha fatto crescere molto. Ed è anche merito suo se stiamo facendo una bella annata.

Solo 7″. All’Avenir Johannessen batte Rodriguez (e Lemond)

22.08.2021
7 min
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Neanche il migliore degli sceneggiatori avrebbe potuto scrivere un finale così. Un finale thriller. Nella sua tappa regina, l’ultima, il Tour de l’Avenir ha regalato emozioni da mordersi le unghie. Vi diciamo che solo che Tobias Johannessen e Carlos Rodriguez hanno battuto persino Lemond e Fignon.

Eh sì, perché questo Avenir è finito con un distacco inferiore ai famosi 8” che separarono l’americano dal francese in quel Tour del 1989. Tra il norvegese e lo spagnolo i secondi sono stati 7”. Ma stavolta tutto è stato più incerto e non solo per quel secondo in meno. Quel giorno a Parigi c’era il cronometro in diretta a parlare, qui non è stato così.

La quiete prima della tempesta 

Si parte presto a La Toussuire. Gli azzurri escono dall’hotel poco dopo le 8. L’obiettivo, poi centrato, è di mandarne in fuga almeno un paio, così che Filippo Zana possa avere dei compagni sull’Iseran o magari anche dopo.

La maglia gialla è tranquilla. Carlos Rodriguez è concentrato. Con una lentezza estenuante mette il numero sulla sua maglia a pois. I colombiani scalpitano: i 2.770 metri dell’Iseran li fanno sentire a casa. E’ la quiete prima della tempesta. Quando si abbassa la bandierina la classifica recita: Tobias Johannessen primo, Carlos Rodriguez a 2’18” e Filippo Zana a 2’24”.

Il colpo inatteso

Sul Iseran è proprio la Colombia a menare. Però scattano Arrieta e Garofoli. Poco dopo ecco Rodriguez. Vorrà suggellare la maglia a pois, tutti pensano. Invece, al Gpm lo spagnolo tira dritto e si butta come un falco sulla Val d’Isere. Dietro è lo scompiglio. La maglia gialla è sola. Il fratello Anders è dietro. Zana non c’è. «Dopo i 2.500 metri di quota ho un po’ pagato», ammetterà a fine corsa. Garofoli si ferma in cima ad attenderlo e lo riporta dentro. E la stessa cosa fa più tardi Anders per aiutare il fratello in giallo. 

Nervi saldi per Tobias che vedeva a forte rischio la sua maglia verso il Piccolo
Nervi saldi per Tobias che vedeva a forte rischio la sua maglia verso il Piccolo

Johannessen freddezza da campione

Inizia la scalata finale del Piccolo San Bernardo: Rodriguez in testa e 12 uomini a seguire. Anders tira a più non posso ma quando inizia il tratto duro si sposta. Passa tutto nelle mani, nelle gambe e nella testa di Tobias. Che infatti appena resta solo tocca qualcosa sul computerino. Dovrà gestirsi e intanto il vantaggio dello spagnolo inizia a farsi pericoloso. E manca tanto, troppo.

«Ho cercato di restare tranquillo – ha detto Johannessen – Ma la scalata finale è stata folle. Il ragazzo spagnolo è stato super forte. Speravo si stancasse un po’ dopo la discesa da solo, ma ha fatto un qualcosa di grande. Ho cercato di prendere il mio passo, di andare per la mia strada. Fino ai 10 chilometri sono rimasto nella mia “comfort zone”, ma poi ho spinto e lui continuava a guadagnare sempre un po’. Ho pensato che potevo perdere tutto. Negli ultimi cinque chilometri avevo perso la mia “extra power”per seguire Zana e ho solo spinto più che potevo. Dopo l’arrivo non sapevo ancora come fosse andata».

Rodriguez ha gestito in modo magistrale la scalata finale. La sua pedalata? Potente e non troppo agile
Rodriguez ha gestito in modo magistrale la scalata finale. La sua pedalata? Potente e non troppo agile

Che duello…

Lo avevamo scritto in questi giorni: la tappa finale è diversa dalle precedenti. Le certezze dei giorni prima potevano essere vanificate in un lampo. Ed è su questo che hanno puntato gli spagnoli. 

«L’azione di Rodgriguez è stata programmata questa mattina – ci dicono i massaggiatori iberici mentre si mangiano le unghie sull’arrivo – il nostro cuore ora batte forte».

A un chilometro dall’arrivo Johannessen e Rodriguez erano alla pari. Ma un conto sono i distacchi del Gps e un conto quelli reali. Lo spagnolo taglia il traguardo. I massaggiatori lo accolgono, lo coccolano, ma restano in trepidante attesa. Sfilano Zana e Steinhauser che nel frattempo hanno staccato il vichingo. Passano i secondi. Nel rettilineo finale Tobias richiama ogni singola goccia di energia e quando taglia il traguardo anche lui non sa come è andata.

La grande attesa

Ed è qui che va in scena il momento più bello di tutto il Tour de l’Avenir. La gara è finita, ma ancora non si sa chi è il vincitore.

Sulle transenne a sinistra, lo spagnolo. Su quelle a destra il norvegese. I due corridori e rispettivi staff sono in religioso silenzio. Si sente solo il fiatone dei due corridori e qualche bisbiglìo di conforto. Gli sguardi cercano risposte nell’infinito. Passano i minuti. Tutto tace. Anche noi facciamo di qua e di là. Poi all’improvviso la risposta arriva. La porta un ragazzo dell’organizzazione che si dirige verso Tobias. E’ il momento della verità. «Sette secondi, hai vinto tu». E scoppia la gioia. Adesso finalmente può lanciare un urlo al cielo. Un urlo potente, da vero vichingo

«E’ la mia vittoria più importante – dice il norvegese – sono super contento. Voglio ringraziare la squadra, mio fratello… tutti loro mi hanno aiutato sin dalla prima tappa. E adesso? Adesso vediamo cosa fare al campionato europeo. Poi c’è il mondiale che si corre in Belgio, dove ci sono corse che mi piacciono, e magari troverò un team WorldTour per il prossimo anno, insieme a mio fratello».

Onore a Rodriguez

Se da una parte regna la gioia, dall’altra non è così. Rodriguez ha già le caratteristiche British della Ineos: serio, composto (anche nella pedalata), pacato. Solo la sua espressione lo tradisce (e ci mancherebbe). La maglia a pois e la vittoria di tappa non bastano. Voleva l’impresa totale e per poco non ci è riuscito.

«Sono contento, ho fatto un ottimo Avenir, ma è chiaro che torno a casa con un po’ di rabbia». E tanto per non fargliene mancare dell’altra, gli chiediamo se forse non era meglio risparmiare le energie e scattare solo sull’ultima salita visto che è stato nettamente il più forte.

«Io volevo vincere la generale – risponde lo spagnolo – ho pensato di attaccare a poco più di un chilometro dalla vetta dell’Iseran, per far faticare anche gli altri e magari isolare la magia gialla. Ho sfruttato il lavoro fatto dalla Colombia. E così ho raggiunto Arrieta (e Garofoli, ndr). In discesa Arrieta era vicino, ma non chiudeva, e così ho deciso di fare una cronometro fino alla fine. Se avessi attaccato nel finale avrei potuto vincere la tappa, ma non credo la generale. Serviva molto spazio per riuscire a fare un grande distacco». Una risposta da vero campione, da uno che non si accontenta di fare secondo, neanche se è al secondo anno tra gli U23. 

Zana nella morsa norvegese. E’ dura, ma non è finita…

21.08.2021
6 min
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Se la tappa di ieri era corta, quella di oggi era cortissima: appena 71,3 chilometri ma quasi 3.000 metri di dislivello. In molti la temevano, soprattutto i nostri. Alessandro Verre, Gianmarco Garofoli e capitan Filippo Zana. Persino Filippo Baroncini e Marco Frigo i due giganti dell’Italia. Ma in qualche modo alla fine i ragazzi di Marino Amadori si sono salvati dalla morsa norvegese e non solo…

A Saint Jean d’Arves, paesino assolato sulle gigantesche montagne della Maurienne, ha vinto ancora la maglia gialla. Il Tobias Johannessen del Tour de l’Avenir è l’Ayuso del Giro U23. E’ stata un corsa ad eliminazione: prima in 40, poi in 18, poi in 8 e alla fine si sono presentati in quattro sull’arrivo, dove la potenza del norvegese, e anche la sua palese freschezza, sono state devastanti.

Colnaghi a casa

Le cose non erano partite bene per gli azzurri. Nella notte Luca Colnaghi era stato male. Il mal di stomaco e lo sforzo violento di ieri lo avevano costretto ad alzare bandiera bianca. Il dispiacere è tanto, ma per “fortuna” il danno è “poco”. Le ultime due frazioni, infatti, non erano adatte alla ruota veloce di Lecco.

Per questa particolare frazione, tutto (e tutti) avevano messo in campo le conoscenze all’avanguardia che ormai siamo abituati a vedere nei pro’. Alimentazione differenziata, con un pasto più leggero del solito, solo dei gel nelle tasche e un bel po’ di riscaldamento prima del via. Si partiva infatti subito in salita, sul Col du Chaussy. Sorrisi sui volti dei ragazzi, ma anche quel velo di tensione, assolutamente comprensibile. Una tensione che per molti era lo spettro del tempo massimo: meno di 30′. E infatti sono andati a casa in 16.

I giapponesi, di fronte al caravan dell’Italia, avevano iniziato a scaldarsi già un’ora prima del via. E gli spagnoli appena dopo di loro. Il cittì Amadori un po’ ci scherzava: «Vorranno attaccare subito!», ma un po’ li temeva. E buttava un occhio su tutti, pur cercando di far restare tranquilli i suoi corridori.

Pochi chilometri dopo il via e Marco Frigo è nelle prime posizioni a controllare la gara
Pochi chilometri dopo il via e Marco Frigo è nelle prime posizioni a controllare la gara

Frigo presente

La partenza è stata fulminea. Dopo neanche un chilometro c’erano già alcuni corridori staccati. In testa la Colombia. Ma davanti a controllare c’era Marco Frigo, oggi uno dei più brillanti.

«I colombiani – racconta Marco Frigo – hanno attaccato forte e poco dopo sono rimasti davanti in 40. Io mi sono staccato nella prima discesa per i miei soliti problemi (era caduto violentemente ad inizio stagione ed ha preso paura, ndr). E dentro c’era anche tutta la nazionale norvegese. Dell’Italia restava solo Zana. Purtroppo abbiamo perso Verre abbastanza presto. Io ho provato a rientrare, ma non c’è stato nulla da fare e ho dato una mano a Zana finché ho potuto. I norvegesi sono davvero forti. Però io Pippo lo vedo bene. Ci conosciamo, non abitiamo lontano e so che ha preparato al meglio questo appuntamento. E’ vero che Johannessen ha una squadra forte, ma c’è ancora tanta salita e la classifica si deciderà domani a fine tappa.

«Io? Sto bene. Mi spiace un po’ per i miei problemi in discesa. Forse in salita ho perso qualcosa, ma credo che nelle prime tappe e nella cronosquadre sia riuscito a dare un aiuto alla squadra».

Frigo sta disputando un buon Avenir e quando gli facciamo notare che non è poco visto che è stato chiamato quasi in extremis in sostituzione di Omar El Gouzi, infortunato, lui chiarisce: «No, no… sapevo da tempo che avrei fatto l’Avenir. Anzi, ringrazio Amadori che mi dà sempre tanta fiducia».

Rischi e progetti

Un rischio enorme per Zana e per gli azzurri, restare senza uomini. C’è mancato tanto così che tutto il lavoro fatto fosse vanificato. Per fortuna il corridore della Bardiani Csf Faizanè se l’è cavata da solo.

«Sì – commenta Zana – sono rimasto sempre con il gruppetto di testa». A queste parole anche noi tiriamo un sospiro di sollievo, in quanto ad un tratto “radiocorsa” non lo dava più nelle prime posizioni. «Questa – riprende Filippo – non era una tappa troppo adatta a me. Le preferisco più lunghe. Era una frazione particolare: salita e discesa, salita e discesa. Abbiamo visto che il norvegese è difficile da attaccare, ma domani c’è un’altra tappa durissima… e non ci accontentiamo.

«Ho studiato molto bene la frazione di domani e vedendo l’altimetria mi piace. Quelle salite non le conosco, ma ormai ho visto che le salite qui in Francia sono lunghe e abbastanza pedalabili. Io spero di avere la gamba per attaccare e far fare un po’ di fatica agli avversari.

«Se sento Reverberi? Sì – ride- lui ma anche tutti gli altri ragazzi della Bardiani mi scrivono, mi sostengono. Devo ringraziarli perché mi hanno permesso di fare un calendario super. Mi hanno dato un’opportunità grande. Sono fortunatissimo e cercherò ripagarli al meglio».

Tobias Johannessen è sempre più in giallo. Adesso vanta 2’18” su Rodriguez e 2’24” su Zana
Tobias Johannessen è sempre più in giallo. Adesso vanta 2’18” su Rodriguez e 2’24” su Zana

Italia compatta

E poi Zana aggiunge una frase che ci è piaciuta moltissimo: «Speriamo che i ragazzi oggi siano riusciti a recuperare un po’ e magari domani possano darmi una mano per stancare i norvegesi e gli altri uomini di classifica. Una classifica che vorrei continuare a risalire». 

“Speriamo che i ragazzi abbiano recuperato”. Amadori la sa lunga. Una volta “sistemata” la corsa di oggi, la testa era già rivolta a domani per gli altri. Non per Zana chiaramente. Sotto la cenere gli azzurri covano qualcosa. Speriamo che le gambe siano buone per far divampare l’incendio. Domani, l’ultima tappa è lunga (151 chilometri) e prevede la Madelaine, l’Iseran (ad oltre 2.700 metri di quota) e l’arrivo sul Piccolo San Bernardo.

Il clima in squadra è buono. I ragazzi scherzano, si cercano. E a tavola l’umore è buono. «I massaggiatori, Luigino Moro e Alessandro Capelli – racconta Frigo – non ci fanno mancare niente. Sono molto bravi. Non ci fanno sentire la mancanza dell’Italia. Sappiamo che quando siamo fuori è sempre un po’ complicato e che in Francia non è mai facile con gli hotel e la cucina, ma loro ci stanno aiutando moltissimo. E tutti noi ci crediamo».

A Johannessen il primo round in salita. Ma Zana non molla

20.08.2021
5 min
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L’aria sarà anche cambiata, ma il vento soffia sempre da Nord al Tour de l’Avenir. Prima gli olandesi e da ieri, e oggi ancora di più, tanti norvegesi. Sul primo vero grande arrivo in quota, ai 1.501 metri du Grand Colombiere trionfa, anzi domina Tabias Johannessen. 

Senza Ayuso e Umba, il secondo classificato del Giro d’Italia U23 sta mettendo in campo e in mostra tutto il suo valore. Ma lui non è sbruffone affatto, sia chiaro. Disponibile, sorridente… ma con due gambe e due polmoni che per ora sono d’acciaio

Ancora uno Johannessen

Il vichingo ieri aveva fatto secondo in volata dietro al gemello Anders, oggi eccolo vincere in solitaria nel più classico dei “tappa e maglia”. Giusto il tempo di asciugarsi il sudore e raggiungere la tensostruttura dove c’è il controllo antidoping, che Tobias inizia a mangiare il riso (condito con pomodoro e parmigiano). Un piattone gigante, mentre risponde già ai messaggi che gli stanno arrivando. 

Un signore dell’organizzatore gli porta la maglia gialla. Con le normative anticovid deve indossarla da solo e non sul podio.

«Sono super contento – afferma Johannessen con un sorriso grosso così – Ieri mio fratello e oggi io. Io che aiuto lui e lui che aiuta me, come del resto ha fatto tutta la squadra. Una grande squadra. Come è andata? Ha attaccato Rodriguez e io l’ho seguito, poi poco prima che finisse il tratto duro ho aperto il gas a tutta e sono andato via. Non ho guardato neanche il potenziometro. Tutto a sensazione, pensavo solo al traguardo».

Da come parlava sembrava che il norvegese conoscesse la salita. Invece lui ci ha risposto che non l’aveva mai fatta, ma che l’aveva studiata e ristudiata sull’altimetria. E credeteci non era facile da interpretare. Era molto dura nei primi 8-9 chilometri, c’erano poi un tratto intermedio ondulato, un falsopiano e due strappate che portavano al traguardo dopo 15,3 chilometri di scalata. Segno che il ragazzo sa il fatto suo.

Ma Zana c’è…

Adesso è lecito pensare che Tobias potrà difendere questa maglia fino alla fine. Ha una squadra molto forte. E dire che hanno perso anche un elemento, Soren Waerenskjold, vincitore del prologo. Eh già, dopo questa dimostrazione di potenza chi potrà togliergliela? Beh, tra i più accreditati ci sono i nostri azzurri. A cominciare da Filippo Zana, oggi secondo, anche se a più di un minuto.

«Mamma mia – commenta ancora con i battiti a mille dopo l’arrivo il corridore della Bardiani Csf Faizanè – come è andato forte. Chapeau. Ne aveva di più. Io ci ho provato, ma era nettamente superiore, a quel punto mi sono messo di passo e sono andato su».

Zana sembra un po’ giù di morale. O forse è solo stremato. Ma l’Avenir non è finito. Anzi, è “iniziato” oggi. Ci sono due tappe molto dure, specie l’ultima, e certi sforzi si potrebbero pagare cari. E così gli facciamo notare che chi ha l’attivo due Giri d’Italia nelle gambe è lui. «Ma sì, sì – ribatte Filippo – non molliamo. Continueremo a lottare».

Gli azzurri oggi ci hanno provato. Sono stati tra i pochi a mettere in difficoltà i norvegesi. Baroncini è scattato nelle prime fasi iniziali in pianura e ha consentito agli altri di risparmiarsi un po’. Lungo la scalata ha poi dato una mano a Verre.

A proposito il corridore lucano appena ci ha visto ha commentato: «Il Tour non è il Giro. Vanno fortissimo».

Rodriguez deluso

E che il livello sia alto ce lo conferma anche la faccia dello spagnolo Rodriguez. Lui, che corre nella Ineos-Grenadiers su queste strade qualche mese fa stava tirando per il capitano Richie Porte al Delfinato. Oggi ha attaccato ma è stato respinto. Il suo volto è a dir poco scuro.

«Forse pensava di venire a prendere le caramelle – dice Amadori – ma qui le caramelle sono alto. Sia che corri tra gli U23 che nel WorldTour. Oggi comunque non era facile: tappa breve (98 chilometri, ndr) con la sola scalata finale. Tutto molto esplosivo».

Quest’ultima frase ci deve lasciare tanta speranza. Un percorso del genere strizza l’occhio ai più giovani, con più forza e meno fondo. E se Zana che è più “esperto” arriva secondo in una frazione così… 

Olandesi padroni e Alpi in vista: il punto sull’Avenir

19.08.2021
5 min
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In questi giorni si corre a più non posso in tutta Europa: Vuelta, Tour du Limousin, gare in Belgio, Giro di Norvegia… ma in tutto ciò non va dimenticato un altro importante appuntamento, il Tour de l’Avenir. Mentre ci stiamo dirigendo con un Frecciarossa verso la Francia per raccontarvi il gran finale sulle Alpi, è giusto iniziare a vedere cosa è successo sin qui. E scopriamo tante novità, che ci sorprendono, ma fino ad un certo punto, come gli olandesi che stanno dominando la scena (per ora): tre nei primi tre della generale e cinque nei primi otto a metà Tour.

Nelle prime cinque frazioni davvero tanta pianura all’Avenir 2021 (foto A. Flesch)
Nelle prime cinque frazioni davvero tanta pianura all’Avenir 2021 (foto A. Flesch)

Cadute e pianura

La “piccola Grande Boucle” rispetto a quella dei grandi si è corsa nel segno della tradizione, non solo per la pioggia e il cielo grigio del Nord della Francia, ma anche per le prime tappe molto pianeggianti. Un qualcosa che quest’anno aveva trasgredito proprio il Tour di Pogacar e colleghi. La corsa aveva proposto un avvio molto interessante dal punto di vista altimetrico già alla seconda tappa con l’arrivo sul Mur de Bretagne. All’Avenir invece tappe veloci, un prologo e una cronosquadre.

E come nel segno della tradizione, questa sì come i grandi, a fare la differenza sono state soprattutto le cadute. Sono andati a casa 32 corridori dei 174 partenti. E tra questi ci sono state vittime illustri, come Santiago Umba, e il primo e il terzo del Giro d’Italia U23: Juan Ayuso ed Henri Vandenabeele.

Juan Ayuso caduto nella quarta tappa ha dovuto lasciare la gara francese
Juan Ayuso caduto nella quarta tappa ha dovuto lasciare la gara francese

Ayuso, doppietta addio

In particolare Juan Ayuso era attesissimo. In Spagna erano anni che non seguivano l’Avenir in questo modo. C’era grande attenzione mediatica. Juan puntava alla doppietta Giro-Tour ed aveva tutte le carte in regola per riuscirci. Il fenomeno della Uae era ben messo in classifica, aveva 1’40” dal leader Marijn Van den Berg, ma era ad appena 53” dal primo vero uomo di classifica, Tobias Johannessen, il secondo del Giro U23. Aveva guidato la Spagna al secondo posto nella cronosquadre. A 25 chilometri dall’arrivo, nella quarta frazione, una grande caduta lo ha costretto al ritiro. Si temeva una frattura alla clavicola, poi fortunatamente l’allarme è rientrato.

«Il sogno è finito – ha commentato, tristissimo, Ayuso – è così e devo accettarlo. Nonostante sia difficile da assimilare è tempo di guardare avanti e prepararsi nel migliore dei modi per la fine della stagione. Ringrazio di cuore  chi mi ha supporto e auguro il meglio ai miei compagni di nazionale».

Olandesi impressionanti. Sin qui stanno dominando in lungo e in largo. Hanno vinto anche la cronosquadre
Olandesi impressionanti. Sin qui stanno dominando in lungo e in largo. Hanno vinto anche la cronosquadre

Olandesi volanti

E a proposito di Van der Berg. E’ stato questo olandese a dominare la scena. All’Avenir è con la maglia della sua nazionale, ma Marijn veste i colori della Groupama-Fdj Continental. Al Giro U23 ha chiuso al 41° posto e non dovrebbe dare troppi pensieri per la generale, ma certo nelle prime sei tappe ne ha vinte tre (la cronosquadre e due frazioni). E’ una ruota veloce. Ad inizio stagione aveva conquistato il Gp Adria-Mobil davanti al nostro Filippo Fiorelli. Tuttavia Lorenzo Germani, che corre con lui alla Groupama, parla di un ragazzo molto generoso in gara (a volte anche troppo), che sa farsi volere bene dai compagni e che in salita quando sta bene va molto forte.

Grazie anche al successo nella cronosquadre gli orange stanno dominando la classifica generale. In maglia gialla c’è Mick Van Dijke. Anche lui non dovrebbe tenere sulle grandi salite (è pur sempre un metro e 90 centimetri per oltre 70 chili), ma si sa: spesso la maglia di leader fa miracoli. In più corre per la Jumbo-Visma Development e il prossimo anno passerà in prima squadra. E qualcosa vorrà pur dire.

Da oggi però le cose potrebbero iniziare a cambiare e non solo per gli olandesi. All’orizzonte si profilano le Alpi (domani si arriva a la Gran Colombier) e oggi, nella sesta tappa, sono previste tante colline e tante salite: una frazione di 137 chilometri con ben 2.500 metri di dislivello. 

Per l’Italia del cittì Amadori un buon quarto posto nella cronosquadre di Laon
Per l’Italia del cittì Amadori un buon quarto posto nella cronosquadre di Laon

Garofoli scalpita, Zana sereno

E in casa Italia? Beh sin qui le cose non sono andate benissimo, ma neanche male. Il primo vero acuto lo ha dato ieri Luca Colnaghi, giungendo terzo nell’arrivo in volata a Bar-sur-Aube, alle spalle proprio di Van der Berg e al suo compatriota in maglia gialla.

Sapevamo che questo avvio non ci sarebbe stato troppo congeniale e tutto sommato la situazione è ancora sotto controllo. I nostri uomini di classifica, Alessandro Verre e Filippo Zana, sono rispettivamente 17° (a 2’02”) e 18° (a 2’05”). Bene anche Marco Frigo (19° a 2’09”), richiamato in extremis dopo la caduta di Omar El Gouzi a pochi giorni dalla grande partenza di Charleville. Ma chi è messo ancora meglio è Gianmarco Garofoli.

Il marchigiano zitto, zitto, è lì. Stavolta non ha dovuto tirare per chilometri e chilometri per il capitano di turno come è solito fare quando veste la maglia della Dsm Development. Garofoli è 13° a 1’55” da Van Dijke e abbiamo visto al Val d’Aosta che in salita può giocarsela con tutti. In più è sfrontato e senza paura. Zana invece si vede che è il più esperto. Sembra rilassato. Il suo volto è sempre tra i più tranquilli in gruppo ed è ben consapevole che due minuti, ma ben meno da Johannessen, sono un gap che si può colmare.

Un po’ più attardati, Filippo Baroncini, dal quale forse ci si attendeva qualcosa in più nel prologo visto che è campione nazionale a crono, e appunto Luca Colnaghi. Ma il vero Avenir inizia oggi.

Zana Sazka 2021

Zana, storia di una vittoria vissuta metro per metro

11.08.2021
4 min
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Ultima tappa del Sazka Tour. Siamo in Repubblica Ceka ma la partecipazione è davvero qualificata, molti soprattutto i giovani in gara per effettuare le prove generali dell’imminente Tour de l’Avenir, anche se l’Intermarché Wanty Gobert non fa mistero di voler portare a casa la corsa con due vecchi marpioni come Rein Taaramae (EST) e Jan Hirt (CZE). In classifica però comanda un italiano, Filippo Zana (Bardiani CSF Faizané) che nella frazione precedente aveva fatto il vuoto insieme al norvegese Tobias Halland Johannessen (Uno-X Dare Development Team). Zana ha un bottino di 22”, in altri momenti potrebbe essere sufficiente, ma alla partenza c’è un’aria strana…

I compagni di squadra di Zana gli sono tutti attorno: che correranno per lui è scontato, che lo proteggeranno altrettanto, ma il messaggio arrivato dall’ammiraglia è chiaro: «Filippo, devi stargli incollato alla sella, non perderlo mai di vista perché non si è rassegnato…».

Zana Bardiani 2021
Filippo Zana scortato dalla sua squadra: al Sazka Tour la formazione di Reverberi ha dato una bella lezione di ciclismo
Zana Bardiani 2021
Filippo Zana scortato dalla sua squadra: al Sazka Tour la formazione di Reverberi ha dato una bella lezione di ciclismo

Taaramae? Non è lui il nemico…

E’ vero che Taaramae ha ancora velleità, in fin dei conti è a 29” e l’estone sa come si corre una gara a tappe, eppure tutti puntano dritto sul norvegese, che all’Avenir dicono voglia sbancare e raccogliere il testimone dall’ultimo vincitore, il connazionale Tobias Foss per poi approdare in una grande squadra. Filippo ha capito fin troppo bene e non se lo farà sfuggire.

La tappa finale è in circuito e al penultimo giro Taaramae ha sparato la sua cartuccia, anche perché i compagni di squadra di Zana hanno fatto buona guardia. L’estone finirà presto le energie tanto da pensare poi solo a difendere l’ultimo gradino del podio. Johannessen però sembra il gatto pronto a tirare fuori gli artigli, tanto è vero che al traguardo volante batte tutti: ecco che un pochino di quel gruzzolo è già evaporato…

Hai voglia a dire che non è certo una gara del World Tour: sei lì, a un passo dalla vittoria, ma “quello” ci pensa eccome. Paura? Sì, perché negarlo? Un po’ c’è, ma è quella paura sana che ti mantiene concentrato, che ti dice che devi stare attento a non sbagliare. Incollato alla sua sella, così hanno detto e così bisogna fare…

Zana Adriatica 2021
Per Zana 4 vittorie nel 2021 e il quinto posto all’Adriatica Ionica Race, fra i “grandi”
Zana Adriatica 2021
Per Zana 4 vittorie nel 2021 e il quinto posto all’Adriatica Ionica Race, fra i “grandi”

La sfida uomo contro uomo

Ultimo giro e Johannessen parte. Una fucilata. Questa volta non ci sono i compagni, bisogna provvedere da soli. Filippo gli resta attaccato, dietro si fa il vuoto. Uno contro l’altro: la storia del ciclismo è piena di questi testa a testa. Quando Bertoglio e Galdos se le diedero di santa ragione nel finale del Giro ’76, oppure Hinault e Zoetemelk alla tappa conclusiva del Tour ’82 Zana non era ancora nato, ma sa bene che questi finali accrescono il pathos di una corsa e affascinano gli spettatori. Nel loro piccolo, i due stanno scrivendo una piccola pagina di storia.

Johannessen sembra un toro imbufalito, i chilometri scorrono sotto le ruote e sa che deve staccarlo. Il circuito presenta un breve strappo, il norvegese spinge come un forsennato sui pedali ma Zana resta lì, con la sua maglia gialla indosso, ribatte colpo su colpo e ogni metro che passa sente le sue energie crescere. Lo affianca, si guardano e quello sguardo dice tutto: tu vincerai la tappa come hai fatto ieri, sei il più veloce, ma io non cedo.

Zana Sazka Tour 2021
Il podio finale del Sazka Tour con Zana fra Taaramae (3°) e Johannessen (2°)
Zana Sazka Tour 2021
Il podio finale del Sazka Tour con Zana fra Taaramae (3°) e Johannessen (2°)

Ma la partita non è finita…

I due arrivano fianco a fianco. Per Zana è il trionfo, miglior viatico per la corsa francese non ci potrebbe essere. La squadra fa festa, dietro Luca Covili e Davide Gabburo hanno fatto buona guardia finendo anche davanti al gruppo. Sul podio, un nuovo sguardo che sa di avvertimento: la sfida non è finita, ci si rivede sulle Alpi.

Filippo è pronto, tornato a casa ha cambiato le valigie, messo da parte la maglia della Bardiani e ripiegato quella della nazionale. Correre in azzurro è un grande onore ed è pronto a gettarsi nella mischia: in Repubblica Ceka ha visto che la condizione è al suo apice, come doveva essere, ora però si sale di qualche gradino perché non ci sarà solo Johannessen: gente come Umba e Ayuso li conosce bene, ma è il norvegese quello che ha il dente avvelenato…

Ecco l’Avenir: grandi salite per i pro’ di domani (e di oggi)

10.08.2021
4 min
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Mancano 72 ore al via del Tour de l’Avenir. La corsa francese che da sempre lancia i talenti al professionismo, proprio come il nostro Giro U23, torna a disputarsi dopo un anno di stop… e vi lasciamo indovinare perché non si sia disputato!

Due crono e tre tapponi

Nove tappe più un prologo, quindi dieci frazioni in totale, per la 57ª edizione in scena dal 13 al 22 agosto. Si va da Nord (Ardenne francesi) a Sud (le Alpi) per un totale di 1.152 chilometri tutte nel quadrante orientale della Francia.  Nel complesso il tracciato si può dividere in due grandi blocchi: veloce e relativamente piatto fino alla frazione numero cinque (prologo incluso) e le ultime quattro con molta salita, in particolare le ultime tre frazioni.

Due le crono: una individuale di 5 chilometri che aprirà le danze a Charleville-Mézières e una cronosquadre di 27 nella seconda tappa. Le 29 formazioni al via, tante nazionali e alcune rappresentative francesi, hanno portato un bel mix tra corridori potenti e scalatori. 

La corsa salvo, sconvolgimenti, dovrebbe decidersi proprio nelle ultime tra frazioni. Si scalano cime storiche come la Gran Colombiere, l’Iseran (ad oltre 2.700 metri di quota) e gran finale sul Piccolo San Bernardo.

Tanti pro’ in gara

Non a caso su carta una delle formazioni più accreditate è la Colombia che schiera Santiago Umba, recente vincitore di una tappa in Alsazia e terzo al Tour du Mont Blanc. Che lassù a quelle quote si sentirà a suo agio.

Strapericolosa è la Francia con Valentin Paret-Peintre e Paul Lapeira, vincitore a San Vendemiano. E poi  ci sono il danese Hellemose, il norvegese Tobias Johannesen, il kazako Pronskiy e un certo Juan Ayuso, cannibale spagnolo che abbiamo imparato a conoscere al Giro U23. Tutti questi nome hanno più che assaggiato il professionismo. E come lo hanno assaggiato…

Zana tappa Pace 2021
Zana quest’anno ha già corso nelle nazionali di Amadori. Eccolo vittorioso alla Corsa della Pace
Zana tappa Pace 2021
Zana quest’anno ha già corso nelle nazionali di Amadori. Eccolo vittorioso alla Corsa della Pace

Zana leader

L’Italia ha una buona formazione. Forse meno agguerrita rispetto a quella francese: più giovane e più in linea a quello che dovrebbe essere lo spirito di questa gara: far crescere i corridori. In ogni caso Amadori non è rimasto con le mani in mano e anche noi abbiamo il nostro “espertone”: Filippo Zana, della Bardiani, che ha concluso due Giri d’Italia. Al suo fianco ci sono Garfoli, Verre, Baroncini, Colnaghi e Frigo, richiamato dopo l’incidente occorso a El Gouzi.

Sarà davvero interessante vedere come si sfideranno questi ragazzi. Vederli correre con maggior libertà rispetto a quando sono tra i pro’. 

E a proposito di nomi che scottano, sapete chi sono stati gli ultimi tre vincitori del Tour de l’Avenir? Tobias Foss, Tadej Pogacar ed Egan Bernal.