Gli equilibri in un grande Giro: Pinotti spiega come si fa

20.09.2023
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Il ciclismo gioca su equilibri estremamente sottili, tutto si può vincere o perdere per un dettaglio. Nelle grandi corse a tappe tutto questo si amplifica: si passa dalla pianura alle montagne, fino ad arrivare alle cronometro. Chi vuole vincere deve unire prestazioni di alto livello in ognuno di questi settori. Ma come si trova l’equilibrio giusto? Pinotti ci aiuta a capirlo, prendendo spunto da diversi esempi. 

«Ci sono delle affinità – spiega il preparatore della Jayco AlUlatra una cronometro a lunga percorrenza e una salita da un’ora. Prendiamo l’esempio di Evenpoel, che ha pagato 27 minuti nel giorno del Tourmalet: secondo me è dovuto ad altri fattori».

Lo sforzo per conquistare la maglia iridata a Glasgow è costato a Evenepoel in termini di preparazione per la Vuelta
Lo sforzo per conquistare la maglia iridata a Glasgow è costato a Evenepoel in termini di preparazione per la Vuelta
Quali?

Lui è stato l’unico uomo di classifica a fare il mondiale, sia strada che cronometro. Quella decisione specifica può averlo penalizzato, perché tra il viaggio e le corse ha perso tra la settimana e i dieci giorni di allenamento. In quel periodo avrebbe potuto lavorare di più in altura e curare meglio la preparazione della Vuelta.

Come si trova il giusto equilibrio nella preparazione tra strada e cronometro?

Si basa tutto sul tipo di percorso. Al Giro di quest’anno le cronometro erano tre: due per specialisti e una cronoscalata. Le prime due erano anche posizionate presto, alla prima e decima tappa. Mentre alla Vuelta la sfida contro il tempo, individuale, era solo una.

Quindi ci si poteva anche concentrare meno sulla preparazione?

E’ chiaro che ci devi sempre dedicare del tempo. Ma tutto va in base agli obiettivi, alla fine devi essere in grado di esprimere la stessa potenza su una bici diversa e in modo più aerodinamico. 

I giorni successivi alla crisi del Tourmalet il belga ha fatto vedere grandi cose, a testimonianza che la gamba c’era
I giorni successivi alla crisi del Tourmalet il belga ha fatto vedere grandi cose, a testimonianza che la gamba c’era
Quante ore si dedicano alla cronometro nel preparare una Vuelta come quella appena conclusa?

Il corridore e i preparatori decidono insieme, ma si passa dalle due ore a settimana ad un massimo del 5 o 10 per cento delle ore di allenamento. Non è importante l’aerodinamica, ma lo sviluppo della potenza. 

Facci un esempio…

Kuss. Lui ha sempre affrontato le cronometro come un giorno di riposo, ma nel momento in cui è stato chiamato a fare la gara, ha tirato fuori una discreta prestazione (13° a 1’26” da Ganna, ndr). Non aveva una posizione super aerodinamica, ma era efficace. Secondo me Kuss ha vinto la Vuelta in quel momento specifico. 

Quanto conta la posizione aerodinamica per un uomo di classifica?

Meno del previsto. Alla fine, come dicevo prima, si tratta di un fatto di potenza e percezione della fatica. In preparazione a una gara a tappe la cronometro si cura sulla prestazione. All’atleta viene chiesto di esprimere una determinata potenza, diciamo 300 watt, per un determinato intervallo di tempo. Su una bici da strada a 300 watt hai una percezione della fatica di 7, mentre sulla bici da cronometro è 10. Allora in quel caso si cambia la posizione cercando una comodità maggiore. 

Kuss nella cronometro si è difeso molto bene nonostante una posizione poco aerodinamica
Kuss nella cronometro si è difeso molto bene nonostante una posizione poco aerodinamica
Evenepoel ha il vantaggio di avere una posizione quasi perfetta…

Lui e Ganna sono quelli che hanno un angolo tra coscia e busto praticamente nullo. Evenepoel potrebbe curare meno la cronometro in vista di un grande Giro proprio per questo. Ha talmente tanto vantaggio in termine di posizione e di aerodinamica che comunque porta a casa qualcosa. Abbiamo visto che a cronometro andrà sempre bene: ha vinto al Giro, poi il mondiale e ha fatto secondo nella crono della Vuelta.

Ma quindi è vero che allenarsi a cronometro aiuta a mantenere le prestazioni alte anche in salita?

Sì, dal punto di vista della potenza aerobica assolutamente. Si tratta di fare lo stesso lavoro di soglia o fuori soglia. Anzi in salita dovrebbe essere più semplice, perché sei meno estremo nella posizione, quindi respiri meglio e usi più muscoli. Vi faccio un altro esempio.

Per Evenepoel è arrivata la maglia di miglior scalatore, una magra consolazione per un corridore del suo spessore
Per Evenepoel è arrivata la maglia di miglior scalatore, una magra consolazione per un corridore del suo spessore
Prego…

I numeri che Evenepoel ha fatto vedere nelle tappe successive al Tourmalet fanno capire che stava bene. Non vinci il giorno dopo se non sei a posto, il “passaggio a vuoto” me lo aspettavo anche da lui. E’ arrivato nel giorno peggiore. 

Perché te lo aspettavi?

Ripeto, quel mondiale gli è costato tanto in termini di allenamento e di preparazione. Avrebbe potuto allenarsi di più in altura e reggere meglio ad una tappa del genere, giocandosi la Vuelta fino in fondo. 

Paternoster, la svolta c’è stata. Adesso si fa sul serio

16.09.2023
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MISANO ADRIATICO – In una pausa tra autografi e foto, Letizia Paternoster tira un po’ il fiato e si racconta. L’Italian Bike Festival ci inonda con le note basse, lo scorrere delle bici e il luccicare degli occhi di tanti appassionati davanti a biciclette come gioielli. La trentina ha il sorriso giusto e gli occhi che guardano fissi. La stagione volge al termine e la sensazione, questa volta più di altre, è che il personaggio e l’atleta comincino di nuovo a coincidere. Non è facile convivere con un’etichetta appioppata da altri che trovano più semplice sentenziare che capire, ma forse quello che serviva per scrollarsela di dosso era risollevare il capo e scoprire i denti. Letizia adesso vuole vincere. Sa che la strada per battere le prime della classe è ancora lunga, ma adesso è sulla strada giusta. Per togliersi di dosso tutto quello che in qualche modo le impediva di farlo ha avuto bisogno di qualche mese. Ed è lei a spiegarlo.

«Bene – risponde – sto molto bene. In questa stagione sono cresciuta tanto, ho ritrovato veramente me stessa e sogno le Olimpiadi per il prossimo anno. Quindi continuo a lavorare a testa bassa. Il 2023 è stata una stagione dove veramente avevo bisogno di fare tanta strada, come ho fatto quest’anno. Ho lavorato molto e la mia squadra mi ha veramente supportato tanto. Sono andata al Simac Ladies Tour, ho finito con un quarto e un sesto posto. Comunque ho ritrovato i miei numeri, i miei livelli e so che ho ancora tanto da dare, lavorando con Dario Broccardo e con Marco Pinotti come supervisore».

Nel 2022 per Paternoster appena 21 giorni di corsa, quest’anno nel nuovo team è già a 32
Nel 2022 per Paternoster appena 21 giorni di corsa, quest’anno nel nuovo team è già a 32
Che cosa mancava a Letizia all’inizio dell’anno?

Per tanti anni ho messo la strada un po’ da parte, ma sicuramente mi mancava soprattutto la serenità giusta per poter affrontare la stagione. Cambiando squadra ho veramente ritrovato un team intorno a me, che mi ha supportato tanto. Ho iniziato a lavorare con Paola Pagani, una mental coach che mi ha fatto crescere e mi ha fatto fare una svolta. Sicuramente avere un team intorno mi ha aiutato ad uscire un po’ dalla gabbia. E’ stato fondamentale e ora ho finalmente la serenità e la cattiveria giusta.

La strada resta funzionale rispetto alla pista oppure è un terreno su cui vuoi fare bene?

No, la strada è un obiettivo fondamentale. Sicuramente in vista del prossimo anno e delle Olimpiadi, la pista è l’obiettivo più grande, poi però voglio continuare a crescere in questa squadra. E’ un posto in cui sto bene.

Foto e autografi, soprattutto sono state tante ieri le piccole cicliste che hanno cercato Paternoster
Foto e autografi, soprattutto sono state tante ieri le piccole cicliste che hanno cercato Paternoster
Hai parlato di gabbia, puoi descrivere cosa intendi?

Sicuramente non ero in un momento super felice, super sereno. Non avevo la tranquillità giusta. E sicuramente aver costruito un team intorno a me mi dà sicurezza, mi ha aiutato semplicemente per aver creduto in me. Sicuramente avere persone che credono in te ti dà la forza per risalire.

Bene le gambe, insomma, ma la testa fa la vera differenza?

La testa e l’ambiente, passa tutto per questo.

Che effetto fa stare in mezzo ai tifosi in questo mare di bici?

E’ sicuramente bello. Sono veramente felice di vedere tanti appassionati e la cosa che mi rende ancor più felice è vedere tante ragazze, tante donne appassionate della bici. Quello del ciclismo femminile è sicuramente un ambiente in crescita e questo è davvero bello.

Paternoster e Chiappucci sono testimonia rispettivamente fi Giant e LIV: due marchi dello s tesso gruppo
Paternoster e Chiappucci sono testimonia rispettivamente fi Giant e LIV: due marchi dello s tesso gruppo
Stagione finita o si corre ancora?

Ho ancora l’Emilia, la Tre Valli Varesine, poi la Cina. Forse la nota meno bella di questa bella annata sono stati i mondiali. Li ho chiusi con un po’ di amaro in bocca dopo l’omnium, ma non facevo una gara di gruppo così da due anni. E’ stato bello poter ripartire con la corsa a punti giocandomi una medaglia. Ci ho creduto fino alla fine, purtroppo c’è stata quella caduta nel momento più sbagliato. Ma sento di essere sulla strada giusta e questo finalmente mi dà tanta serenità. 

Il ritorno di Zana. Per la prima volta due grandi Giri in stagione

23.08.2023
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Filippo Zana è pronto a rimettere il numero sulla schiena dopo l’incidente – frattura della clavicola – che gli aveva impedito di difendere il titolo nazionale a giugno. L’atleta della Jayco-AlUla non corre in pratica dal Giro di Slovenia, gara che aveva vinto.

Zana torna in corsa alla Vuelta. La sua prima Vuelta. C’è emozione, voglia di tornare a fare bene e continuare a crescere, perché questa per lui è una stagione probabilmente cruciale per la sua carriera, tanto più con il secondo grande Giro nello stesso anno.

E’ il 18 giugno e Zana conclude, vittorioso, il Giro di Slovenia. Da allora non ha più corso
E’ il 18 giugno e Zana conclude, vittorioso, il Giro di Slovenia. Da allora non ha più corso
Filippo, come stai?

Abbastanza bene ora. La spalla non mi dà più troppo fastidio, quindi si può partire per la Vuelta con serenità.

Non corri da un bel po’ però…

Da qualche giorno prima del campionato italiano. Mi sono fratturato due giorni prima. Ma mi hanno operato subito. Avrei comunque dovuto osservare un periodo di stacco e tutto sommato è capitato nel momento giusto. Infatti il mio calendario non ha subito chissà quali modifiche. Quindi dopo dieci giorni di stop ho ripreso con i rulli e dopo una settimana ancora ero in bici. All’inizio a casa e poi sono salito in quota a Livigno per tre settimane di altura. Ci sono stato con il mio ex compagno di squadra, Alessandro Tonelli. Abbiamo preso una casa. Cercavamo di coordinarci con le uscite, ma poi ognuno faceva i suoi lavori.

Senza quell’intoppo avresti dovuto fare qualche gara prima della Vuelta?

Semmai avrei fatto Burgos, ma abbiamo preferito fare le cose per bene e con calma per recuperare al meglio. Magari alla Vuelta, senza ritmo gara, faticherò un bel po’ nella prima settimana, ma spero di stare meglio dalla seconda in poi.

Giro 2023: Zana lavora per Dunbar. Rivedremo queste scene anche alla Vuelta?
Giro 2023: Zana lavora per Dunbar. Rivedremo queste scene anche alla Vuelta?
Hai dovuto fare delle fisioterapie?

Soprattutto la magnetoterapia (che agevola il recupero delle fratture, ndr) durante la notte e poi gli esercizi per la mobilità del braccio. Fisioterapia per la mobilità e bici sono iniziate insieme.

Filippo, è un anno importante per te. Esci da un gran bel Giro d’Italia: quanto sei cresciuto rispetto all’estate scorsa?

Io sto bene e in generale credo di essere cresciuto molto. Non mi ero mai sentito così bene, almeno fino al Giro d’Italia. Anche per questo ho cercato di non buttare via tutto, ma ho puntato a riprendere il fondo, la base… e poi nell’ultima settimana dell’altura ho aumentato l’intensità. Ed è qui che mi sono reso conto che rispetto ad un anno fa spingo un po’ di più. Ora che sono tornato a casa sto facendo anche dietro motore, qualche lavoretto più esplosivo… per trovare un po’ di ritmo gara.

Si va alla Vuelta per…

Cercheremo di fare classifica con Dunbar come al Giro d’Italia e io cercherò di supportarlo al meglio. Poi vediamo di avere un po’ di spazio per me. Magari cercherò di tenere duro anche io pensando alla classifica.

Filippo spera di portare via dalla Vuelta una buona gamba per fare bene al Lombardia. Eccolo sul Ghisallo l’anno scorso
Filippo spera di portare via dalla Vuelta una buona gamba per fare bene al Lombardia. Eccolo sul Ghisallo l’anno scorso
Ti appresti ad affrontare per la prima volta la seconda grande corsa a tappe in stagione: che ne pensi?

Che sono curioso! Ho chiesto io alla squadra di poter fare la Vuelta o comunque due grandi Giri nello stesso anno. C’è stata la possibilità ed eccomi qui. Vediamo come andranno le cose. E’ qualcosa che si fa anche in ottica futura, credo serva per crescere ancora.

In questa estate in cui non hai corso, un po’ di ciclismo in tv lo hai guardato?

Ho guardato il Tour, che era nel periodo di recupero post incidente e anche l’italiano…. ma quella corsa, a cui tenevo moltissimo, ho cercato di prenderla nel modo migliore possibile. E poi ho visto il mondiale. Direi che Van der Poel se l’è meritato, no? Sinceramente non pensavo venisse una corsa tanto dura. E’ stato spettacolare. 

Nitrati e vasodilatazione: davvero fanno andare più forte?

15.08.2023
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Una parola tira l’altra. Così quando qualche giorno fa abbiamo parlato con Laura Martinelli del bicarbonato, l’attenzione è caduta su un altro termine di cui negli ultimi tempi si parla parecchio in gruppo: i nitrati. Le squadre più grandi, che hanno alle spalle delle equipe di ricerca, aprono spesso la strada per le altre, creando delle mode e dei miti che gli anni poi collocano nella giusta dimensione.

Così, allo stesso modo in cui qualche tempo fa si parlava diffusamente dei chetoni, oggi l’attenzione si è spostata sui nitrati. Pare siano un modo naturale per andare più forte e di conseguenza se ne fa un gran parlare. Di cosa si tratta? Lo abbiamo chiesto nuovamente alla nutrizionista del Team Jayco-AlUla, riprendendo il discorso interrotto l’ultima volta.

Nel 2021 Laura Martinelli ha lavorato per il Team Novo Nordisk, da quest’anno è alla Bike Exchange
Laura Martinelli, veneta, è da due stagioni nutrizionista al Team Jayco-AlUla
Nel 2021 Laura Martinelli ha lavorato per il Team Novo Nordisk, da quest’anno è alla Bike Exchange
Laura Martinelli, veneta, è da due stagioni nutrizionista al Team Jayco-AlUla
Che cosa sono i nitrati?

I nitrati sono dei precursori dell’ossido nitrico, che il nostro corpo produce in maniera autonoma. L’ossido nitrico è fondamentalmente un vasodilatatore di base, che quindi favorisce il flusso di ossigeno. Così da un lato migliora l’ossigenazione a livello muscolare, dall’altro riduce la pressione sanguigna, perché appunto vasodilata. I capillari si ampliano e indirettamente si riduce il consumo di ossigeno durante l’esercizio.

Che cosa vuol dire?

Vuol dire che praticamente per fare la stessa strada o produrre lo stesso lavoro, consumo di meno. Il corpo diventa più efficiente e quindi i vantaggi in uno sport di endurance come il ciclismo sono notevoli. Non sono pratiche antiche come il bicarbonato, però mi sono laureata ormai 15 anni fa e si studiava già il nitrato, ritenuto in classe di evidenza B. Tutti gli integratori sono classificati per classe di evidenza. La A è quella con più evidenza e attualmente sia il bicarbonato sia il nitrato sono in classe di evidenza A: ce ne sono solo sei in quella categoria. Quando studiavo io, il nitrato era in classe evidenza B, per dire che negli ultimi 15 anni si è guadagnato la pole position fra le evidenze. Quindi non è più un… giovanotto neanche il nitrato, tutto sommato.

I nitrati sono presenti anche nel rabarbaro, il cui succo viene usato al pari di quello di barbabietola
I nitrati sono presenti anche nel rabarbaro, il cui succo viene usato al pari di quello di barbabietola
La ricerca ha avuto degli avanzamenti di recente oppure siamo fermi alle conoscenze di 15 anni fa?

Siamo fermi a 15 anni fa, perché si somministra sotto forma di estratto o succo concentrato di barbabietola (foto Salus, in apertura). Perché costa meno rispetto ad altre verdure che contengono nitrato e quindi l’industria ha scelto fondamentalmente la barbabietola o il rabarbaro, perché sono due verdure particolarmente economiche. Però non ci sono stati, come nel caso del bicarbonato, tentativi o reali miglioramenti a livello tecnologico. Cioè gli “shottini” di barbabietola c’erano 15 anni fa e sono gli stessi che ci sono adesso.

Quando nel 2010 arrivò il Team Sky e fece ridere tutti con i suoi succhi, fra cui la barbabietola, in realtà puntavano già a questi vantaggi?

Sì, perché appunto 13 anni fa il Team Sky fu il primo ad avere accesso diretto alla letteratura scientifica, avendo capito i vantaggi dell’innovazione in questo ambito. I primi studi risalgono a una ventina d’anni fa e loro ci sono arrivati subito.

Il Team Sky fu il primo ad aprire la porta sull’uso dei nitrati nei suoi succhi (foto Team Sky)
Il Team Sky fu il primo ad aprire la porta sull’uso dei nitrati nei suoi succhi (foto Team Sky)
I nitrati danno vantaggi durante la quotidianità o vi si fa ricorso anche in gara?

Anche in gara, infatti come dicevo ci sono gli “shottini”, per quanto magari per alcuni siano un po’ scomodi perché sono rigidi. Comunque vengono utilizzati anche in gara, perché anche in questo caso l’effetto dura 2-3 ore, quindi anche se li prendo prima, soprattutto nelle gare maschili, devo prenderli anche a metà.

Funzionano allo stesso modo per tutti?

Dipende, perché bisogna valutare la risposta individuale. Si prendono prima e durante per le gare più importanti. Si fanno anche cicli di 2-3 giorni di carico nel periodo precedente la gara.

Nell’ambito delle tre settimane di un grande Giro, il vantaggio è sensibile? In cosa consiste?

Secondo me, niente fa la differenza da solo. Invece queste piccole cose, se messe assieme, possono dare un reale vantaggio. Quindi mentre il bicarbonato va sicuramente preso nelle tappe chiave, perché ha un effetto in acuto sulla performance, nel caso del nitrato va preso per dare un sostegno quando si è particolarmente stanchi. Quindi magari non nelle tappe cui si punta, ma al contrario nei giorni di maggiore affaticamento, in modo da aumentare il supporto. Premettendo che secondo me tutto va periodizzato, perché se lo prendo tutti i giorni, il corpo si impigrisce e si perde efficacia.

Uno degli esempi di shot di barbabietola presenti sul mercato in boccettine
Uno degli esempi di shot di barbabietola presenti sul mercato in boccettine
Queste sono prassi adottate ormai in tutte le squadre?

Secondo me, chi prima chi dopo, ci si arriva tutti. Anche se la squadra ha medici e nutrizionisti preparati, ogni volta che un corridore cambia squadra, diffonde le competenze del team da cui proviene. Lui racconta, il nuovo team si informa e alla fine tutti fanno le stesse cose.

Nella tua dimensione di ricercatrice c’è questa voglia di andare a scovare questo tipo di supplementi?

Sicuramente sì, tuttavia serve un contatto col mondo scientifico, nel senso che l’intuizione può arrivare dal campo, perché spesso la pratica arriva prima della teoria, però per comprovare l’intuizione serve il mondo accademico. Un aspetto che secondo me manca tanto nel ciclismo attuale, che invece alcune squadre hanno. L’appoggio del mondo accademico potrebbe essere lo step che ti fa fare il salto di qualità e di farlo prima degli altri.

In un grande Giro i succhi contenenti nitrati si usano prima delle tappe, ma anche durante
In un grande Giro i succhi contenenti nitrati si usano prima delle tappe, ma anche durante
La differenza fra chi innova e chi si allinea, insomma…

Quando 13 anni fa Sky ha iniziato a usare i nitrati, aveva un vantaggio che gli altri ancora non avevano. Poi ci sono arrivati anche gli altri. Noi abbiamo alle spalle l’Università australiana e stiamo lavorando a una collaborazione che ci permetta di avere vantaggi nei prossimi anni. Stiamo cercando di creare una sinergia che al momento è ancora parziale, perché gli australiani sono più concentrati sul ciclismo su pista che sulla strada. Ma questo è un fronte cui Brent Copeland (team manager della Jayco-AlUla, ndr) tiene moltissimo, perché ne ha capito proprio l’importanza.

Il monte ore annuo del cronoman: numeri da capogiro

15.08.2023
5 min
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All’inizio dell’anno viene decisa gran parte della stagione, sia quella agonistica (il calendario) sia quella relativa alla preparazione. Sempre più spesso si sentono parlare coach ed atleti di ore di allenamento, non solo nel ciclismo, e non di chilometri. Questo approccio dà un quadro d’insieme di quanto siano grandi i volumi di attività nel corso dell’anno.

In questa suddivisione colpisce moltissimo la differenza di ore di sella fra chi è anche un cronoman e chi no. Possono esserci differenze pari a dieci volte, tra chi vi pedala per 10-12 ore e chi per 100-120 ore. Quando si entra in tema di cronometro e di preparazione va quasi da sé che l’interlocutore sia Marco Pinotti, coach della Jayco-AlUla.

Una bici da crono (da allenamento) per Foss. L’ex iridato ci fa anche le distanze in quota
Una bici da crono (da allenamento) per Foss. L’ex iridato ci fa anche le distanze in quota
Marco, davvero si parla di quelle quantità di ore e di quelle differenze?

Magari 120 ore sono effettivamente molte, anche se non è un numero impossibile, tuttavia può starci specie se ci si include le gare.

Il monte ore si stabilisce ad inizio stagione?

Non del tutto. Non si pongono delle percentuali di ore a crono e di ore su strada. Diciamo che ad un cronoman si cerca di fornire prima di altri la bici “da tempo” e la prende almeno per un’uscita a settimana. Sempre. Che diventano due prima di un grande Giro o di una gara in cui c’è una crono e tre prima di un evento come un mondiale, un’Olimpiade, un campionato nazionale… Tutte cose che lo stradista in linea non fa e che chiaramente contribuisce a spostare il monte ore di allenamento verso la crono.

E a fine stagione, in percentuale, quanto tempo del suo monte ore uno specialista passa sulla bici da crono?

Si va dal 10 al 50 per cento, per i super specialisti. Io credo che una quantità di ore più concreta sia tra le 80 e le 100 ore l’anno per un cronoman sulla bici da crono. Mentre gli altri si attestano al di sopra delle 20 ore.

Quanto può dare in più lo stare in sella alla bici da crono? Ammesso che si possa stabilire…

E’ difficile, dipende molto da come si passano quelle ore sulla bici da crono e anche dalla posizione che ha quello specialista, cioè se è più o meno estrema. Diciamo che può esserci una differenza di miglioramento del 5 per cento. Ma è un dato molto grossolano.

Chi era un atleta che passava davvero tante ore sulla bici da crono?

Mi viene in mente Kung, ma forse più di tutti Rohan Dennis. Lui ci fa anche i lavori specifici e forse anche per questo è uno dei pochissimi atleti in grado di esprimere gli stessi watt, se non di più, sulla bici da crono che non su quella da strada. Perché va ricordato che la vera differenza il cronoman la fa con l’efficienza biomeccanica. E’ una questione muscolare.

Sin qui abbiamo parlato dei cronoman. Ma quanto è importante che su quella bici ci passi del tempo anche lo scalatore?

E’ importante, ma questo non deve togliere nulla alla sua attività principale che è andare forte in salita. Poi è chiaro che è importante, specie nel ciclismo super livellato (in alto) di oggi, ma gli obiettivi per cronoman e scalatore sono diversi.

Grazie all’aumento del monte ore sulla bici da crono, Kristen Faulkner è migliorata molto anche nella guida di questo mezzo
Grazie all’aumento del monte ore sulla bici da crono, Kristen Faulkner è migliorata molto anche nella guida di questo mezzo
Cioè?

Il cronoman si allena a crono per andare forte in quella disciplina. Lo scalatore soprattutto perché il giorno dopo la tappa contro il tempo non deve accusare troppo a livello muscolare il cambio di bici. Si chiama transizione. Simon Yates (nella foto di apertura, ndr) per esempio, ci ha lavorato parecchio e non a caso al Tour il giorno dopo la crono ha fatto secondo. Ovviamente quando dico che è importante per lo scalatore, mi riferisco a quello che deve fare classifica.

Marco, prima hai detto che a grandi linee usare molto la bici da crono può dare un 5 per cento in più rispetto a chi la usa di meno in termini di prestazione, di efficienza biomeccanica, e in termini di guida?

Chiaramente serve, ma con i fenomeni e i materiali che ci sono adesso conta un po’ meno che in passato. Oggi ci sono dei super specialisti e qualche fenomeno tra gli uomini di classifica: basta. Tanti corridori per svariati motivi (traffico, tempistiche, certezza di rispettare determinati wattaggi…) utilizzano la bici da crono sui rulli. In questo modo magari migliorano sul piano muscolare e della posizione, ma non su quello della guida. Tuttavia questo tipo di miglioramento è strettamente legato alle capacità di guida del singolo atleta. Matteo Sobrero per esempio è molto bravo e, parlando di guida, non avrebbe così necessità di passarci tante ore. Kristen Faulkner, al contrario, ne aveva tanto bisogno. Da quest’anno ha aumentato il suo monte ore con la bici da crono ed è migliorata parecchio.

Bicarbonato, i pro’ lo usano ancora: serve davvero?

09.08.2023
4 min
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Due indizi fanno una prova. Così, dopo averne sentito parlare da Malori e averlo sentito ancora ieri dalle parole di Bragato, si sono riaccese le luci sull’uso del bicarbonato.

I meno giovani ricordano di certo i dilettanti degli anni 80-90 che ne bevevano un’intera borraccia prima delle corse, dato che, per convinzione generale, aiutava a prevenire i crampi. La soluzione era così satura, che l’effetto immediato erano dei veri… ruggiti, seguiti a volte da violenti attacchi di vomito. A quel punto si partiva per le corse, convinti di avere in corpo tutto il necessario. Pertanto, quando la moderna nutrizione prese il sopravvento, si smise di farne uso bollandolo come pratica primitiva. A ben guardare però, il bicarbonato non è mai sparito del tutto.

Ne abbiamo chiesto ragione a Laura Martinelli, nutrizionista del Team Jayco-AlUla, ma anche docente di Nutrizione Sportiva e Fisiologia dell’Esercizio presso la Scuola di Nutrizione e Integrazione nello Sport di Padova. Entriamo pertanto (in punta dei piedi) nel suo terreno.

«L’interesse per il bicarbonato – conferma Laura – è nato 30-35 anni fa. Il fatto che funzioni è indubbio, però da sempre c’è stata una problematica gastrointestinale. E’ ancora oggi un supplemento efficace, però difficilmente utilizzabile. Per cui si sta cercando di applicare la tecnologia moderna per risolvere le problematiche che lo rendevano poco pratico».

Al Giro, opportunamento dosato, il bicarbonato era nelle borracce del Team Jayco-AlUla
Al Giro, opportunamento dosato, il bicarbonato era nelle borracce del Team Jayco-AlUla
Che cosa significa che il bicarbonato funziona?

Il bicarbonato è il sistema tampone per eccellenza. Anche il nostro corpo lo produce, nel principale meccanismo grazie al quale l’organismo mantiene un determinato livello di PH nel sangue. Quindi a livello sportivo, si può dire che tampona l’acidosi, ritardando l’insorgenza della fatica. E’ come se, in qualche modo, permettesse di alzare un po’ l’asticella della soglia. Si è visto che mediamente può portare a miglioramenti della performance di circa un 2-3 per cento, che a certi livelli è comunque tanto.

Esiste un dosaggio ottimale o i benefici sono direttamente proporzionali alla quantità assunta?

Esiste un dosaggio, assolutamente, oltre il quale si rischiano problemi gastrointestinali, senza un reale beneficio. Di base se ne calcolano 0,3 grammi per chilo di peso corporeo.

Sembra di capire che non sia mai stato abbandonato del tutto…

Qualcuno l’ha sempre usato, però si trattava di una mosca bianca, proprio perché pochi riuscivano a tollerarlo dal punto di vista gastrointestinale. So ad esempio che Rohan Dennis lo usava in quantità importanti prima delle crono. Insomma, qualcuno che lo usava c’era, ma adesso hanno trovato delle modalità per renderlo più tollerabile.

Rohan Dennis lo ha sempre usato, senza avere problemi di stomaco
Rohan Dennis lo ha sempre usato, senza avere problemi di stomaco
In che modo?

Utilizzandolo in determinati dosaggi e con determinate tempistiche oppure associandolo ad alcuni alimenti per esempio ricchi in carboidrati. Per renderlo più tollerabile, ci sono delle strategie nutrizionali a disposizione fondamentalmente di tutti. Basta avere la necessaria competenza.

Quando si prende: prima o durante la gara?

Dipende dalla tipologia di prova. Se è molto corta, tipo una crono, ovviamente lo prendo solo prima. Se invece ho una gara in linea, posso prenderlo anche durante, perché comunque l’effetto tampone si esaurisce mediamente entro le tre ore. Magari per le donne il discorso è diverso, perché le corse sono più corte. Gli uomini prendono il bicarbonato anche durante la corsa.

Al Giro d’Italia lo avete usato?

Sì, chi più chi meno e sempre in stretta collaborazione con il team medico, guidato da Carlo Guardascione. Lo usiamo regolarmente. Si tratta di un supplemento che, al pari dei nitrati, deve essere concepito come funzionale. Non importa che sia buono, deve funzionare. I corridori sono abituati a prendere cose che non hanno un buon sapore e forse anche questo in qualche misura li fa sentire più forti. Comunque la tolleranza migliora quanto più viene diluito e più aggiungo una buona quantità di carboidrati. Si vanno a ridurre le problematiche gastrointestinali e se ne migliora la stabilità. Però da qui a dire che sia buono, il passo è lungo…

Gli atleti lo usano anche durante le gare su strada, dato che l’effetto decade dopo circa 3 ore
Gli atleti lo usano anche durante le gare su strada, dato che l’effetto decade dopo circa 3 ore
Esiste la borraccia del bicarbonato?

Meglio due. Quei famosi 0,30 grammi per chilo di peso di solito si dividono in due borracce da mezzo litro, quindi in totale si ha un litro che l’atleta sorseggia nelle tre ore che precedono la partenza. Questo è il protocollo classico e ci aggiungo più o meno 20-30 grammi di carboidrati per borraccia.

Che cosa succede prendendone troppo?

Ecco, diciamolo chiaramente a uso degli amatori. C’è il rischio che se ne abusi e, se succede, si può anche morire. E’ importante che il messaggio passi: ci sono dei dosaggi definiti e non è vero che, se abbondo, faccio meglio.

Come abituarsi al grande caldo? Ce lo spiega “doc” Pollastri

02.08.2023
4 min
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OPOLE – Quando si va al di sopra dei 30 gradi le cose cambiano di netto per i corridori. E’ quel che abbiamo visto al Tour de France (il caso Pogacar è forse il più emblematico) e in molte gare di questo scorcio di stagione. Abituarsi al caldo pertanto è fondamentale per evitare il temuto calo di prestazioni.

Nell’era del ciclismo che nulla lascia al caso, i corridori curano anche questo aspetto. Il dottor Luca Pollastri, della Jayco-AlUla, ci spiega quali metodi applicano gli atleti della sua squadra per ovviare a questa problematica.

Luca Pollastri, medico della Jayco-AlUla
Luca Pollastri, medico della Jayco-AlUla
Dottor Pollastri, qui in Polonia non fa caldo, però veniamo da corse in cui il solleone si è fatto sentire. Lo abbiamo visto al Tour de France, dove c’è stato soprattutto un elevato tasso di umidità: ebbene come si abituano i corridori al caldo? Si fanno degli allenamenti specifici? 

C’è gente che in passato si è anche allenata in sauna, ma noi non l’abbiamo fatto. Tuttavia abbiamo impostato delle strategie che prevedono una sorta di acclimatazione, o comunque di adeguamento al caldo, utilizzando ad esempio la sauna nell’arco della giornata (ma senza bici, ndr) oppure utilizzando le ore più calde per uscire proprio per simulare le condizioni che si troveranno in gara. Si creano degli adattamenti i cui benefici poi si sentono durante la competizione.

L’abbigliamento gioca un ruolo sempre più importante sia per l’aerodinamica che per la termoregolazione. Ci sono maglie e pantaloncini sempre più sottili e traspiranti. Magari i corridori si allenano con qualcosa di leggermente più pesante per poi indossare appunto quei capi leggeri in corsa?

No, questo devo dire che non ci è capitato. Piuttosto si evita di avere tutte quelle accortezze che si hanno invece in gara. Quei comfort a vantaggio dell’atleta per il caldo appunto.

Quali?

Penso alle “ice socks”, le calze con i cubetti di ghiaccio, che il corridore posiziona normalmente nella regione cervicale dentro la maglia. Oppure all’attenzione che lo staff dedica alla temperatura delle borracce, che sono sempre fresche. Sono portate ad una temperatura tendenzialmente controllata all’interno dei frigo box che abbiamo nelle macchine. Penso alla temperatura sul bus… Tutte cose che non si curano durante gli allenamenti quando i ragazzi non hanno il supporto dello staff. Quindi in allenamento l’acqua sarà un po’ più calda, non avranno il ghiaccio da mettere sulla schiena, non riposano in ambienti ideali… Sono piccole cose che mettono il corpo sotto stress. Stress, che al contrario cerchiamo di evitare o ridurre al minimo durante la competizione.

Tutti i team, qui la Groupama-Fdj, quando fa caldo in corsa distribuiscono le borracce e le calze di ghiaccio
Tutti i team, qui la Groupama-Fdj, quando fa caldo in corsa distribuiscono le borracce e le calze di ghiaccio
Una curiosità dottore, perché quelle calze col ghiaccio si mettono nella zona cervicale? C’è una motivazione specifica?

Perché è una delle zone sicure, non reca danni all’intestino o ad altre parti sensibili. E’ anche una zona che fa percepire un maggior senso di freschezza. E poi la questione è anche molto pratica: questi ragazzi sono in bicicletta, quindi di fatto non abbiamo poi tutti questi punti dove metterle. La zona cervicale pertanto è una posizione comoda dove metterle. Senza contare che, banalmente, il ghiaccio che si scioglie cola verso la parte bassa della schiena e l’area interessata al fresco si allarga e quella gocciolina dà una piccola scossa. Talvolta queste calze vengono posizionate anche anteriormente, sul petto. Ma questo va parecchio a discrezione del corridore.

Quindi ci si abitua al caldo non tanto con allenamenti specifici, quanto togliendo quei rimedi che riducono lo stress.

Esatto.

E invece alla lunga per controbattere il caldo è importante recuperare bene. Vediamo spesso che si immergono nelle nelle vasche di ghiaccio…

Esatto, recuperare bene aiuta in tutto ciò. Per quel che riguarda le vasche di ghiaccio è importante farle nell’immediato post tappa. Basta immergersi per pochi minuti. Si tratta di un’immersione pressoché totale, lasciando fuori ovviamente solo la testa.

L’acqua a che temperatura è?

Le temperature sono basse ma non bassissime. Solitamente siamo un po’ sopra i 10 gradi. Il ghiaccio serve ad abbassare la temperatura dell’acqua che si ha a disposizione.

È molto importante per il recupero dal caldo trovare temperature adeguate al rientro negli hotel. I massaggiatori impostano l’aria condizionata sui 20 gradi
E’ molto importante per il recupero dal caldo trovare temperature adeguate al rientro negli hotel. I massaggiatori impostano l’aria condizionata sui 20 gradi
E quanto ci stanno?

Sui 5′-6′. Quando non si ha la fortuna di avere una vasca di ghiaccio, è ancora più importante che sia ben accogliente il bus.

Ci spieghi meglio…

Al rientro sul bus i corridori devono fare una doccia non particolarmente calda, anzi… Oltre a questo il bus ha una temperatura abbastanza fresca e adottiamo una strategia simile anche negli hotel. Ai ragazzi viene fatta trovare una temperatura definita in modo che l’impatto iniziale sia di un certo tipo, fino a che non vanno a dormire. Per questo gli chiediamo di mantenere l’aria condizionata accesa. Aria che poi devono spegnere nel corso della notte.

Di che temperature parliamo?

Sui 20 gradi, anche se poi dipende un po’ anche dalla temperatura esterna (più è alta e più si alza quella interna, ndr). Quindi direi tra i 20 e i 22 gradi.

Bagioli e Sobrero, niente Tour. Ricordate le parole di Amadio?

13.07.2023
5 min
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L’Italia in questo Tour de France ha il record non proprio bello di annoverare al via soltanto sette atleti, che sono diventati sei dopo il ritiro di Jacopo Guarnieri. Riallacciandoci al discorso fatto qualche giorno fa con Roberto Amadio sul fatto della mancanza di una squadra italiana e dei pochi corridori nostrani nelle grandi gare, ci sono due casi emblematici. Stiamo parlando di Matteo Sobrero e Andrea Bagioli.

La squadra che non c’è

I due ragazzi erano stati entrambi precettati per la Grande Boucle dai rispettivi team. Si erano ben preparati, ci credevano e soprattutto per questo obiettivo che era stato loro “promesso” o quantomeno inserito nei programmi, avevano anche sacrificato il Giro d’Italia.

Invece sono rimasti a casa con il classico pugno di mosche in mano. 

Stiamo parlando di due buoni atleti, che senza una tutela, un’attenzione che può avere nei loro riguardi una dirigenza italiana rischiano di perdere mesi preziosi. E quando diciamo tutela, non intendiamo favoritismi, ma un modo diverso di lavorarci, nell’approcciare la loro professione.  

E parliamo di team, che in fatto di lavoro e programmazione sono tra i migliori in assoluto. Due come loro magari potrebbero fare il salto di qualità definitivo.

Sobrero (classe 1997) ha vinto la 4ª frazione del Giro d’Austria. Non ha mai disputato il Tour
Sobrero (classe 1997) ha vinto la 4ª frazione del Giro d’Austria. Non ha mai disputato il Tour

Sobrero, rabbia austriaca

Matteo Sobrero, in questo suo “non Tour” è persino riuscito a tirare fuori una vittoria. Il piemontese della Jayco-AlUla (che l’anno prossimo è indiziato di cambiare squadra) ha infatti conquistato la quarta frazione del Giro d’Austria, con uno sprint a ranghi ridotti in cui c’era tanta cattiveria agonistica.

Matteo, eri uno dei forti indiziati per il Tour della tua squadra. Poi cosa è successo?

Dovreste fare questa domanda allo staff o alla squadra! Diciamo che mi è dispiaciuto particolarmente non fare il Tour… però alla fine penso sia stata più una scelta legata al fatto che probabilmente andrò via e quindi hanno preferito puntare su altri che una scelta tecnica.

Una decisione tra virgolette politica. Anche perché poi hai dimostrato di andare forte, grazie alla vittoria in Austria.

Sì, esatto. Avevo comunque preparato il Tour quindi la condizione era buona per quella corsa. E’ logico che mentalmente e moralmente dopo una notizia così, dopo aver perso l’obiettivo per cui ti stavi allenando, ti rilassi un po’. Dici: e ora cosa faccio? Mi hanno proposto il Giro d’Austria e ho accettato. Ho preferito correre piuttosto che stare a casa. E ho fatto bene: alla fine la vittoria fa molto piacere e anche come squadra siamo andati bene nella generale.

A conferma che la preparazione per il Tour l’avevi fatta bene…

Ero in crescendo. Magari al Giro di Svizzera non ero ancora del tutto pronto, come agli italiani d’altronde. Ma stavo migliorando dopo il tanto lavoro accumulato.

Quando ti hanno detto che non saresti andato in Francia? L’hai capito strada facendo o c’è stata una comunicazione precisa?

Una comunicazione specifica, poco prima dell’italiano, che credo non sia stato il massimo anche per quello. 

Guardiamo avanti: adesso il programma cosa prevede?

Farò il Polonia e quindi la Vuelta.

E come ci arrivi alla Vuelta se stavi preparando il Tour?

Dopo l’italiano ho fatto quattro giorni di riposo totale, poi ho ripreso gradualmente. Da ieri sera sono a Macugnaga, in altura, dove vado sempre con Pippo (Ganna, ndr). Ci resterò una dozzina di giorni e poi appunto farò il Polonia e la Vuelta.

Andrea Bagioli (classe 1999) si era ben comportato al Delfinato. Tra l’altro è un ottimo supporto per Alaphilippe
Andrea Bagioli (classe 1999) si era ben comportato al Delfinato

Bagioli sogna l’azzurro

Molto simili a quelle di Sobrero, sono le parole di Andrea Bagioli. Il corridore della Soudal-Quick Step (in scadenza di contratto) credeva fermamente nel progetto Tour e tanto si era impegnato. Ma anche per lui a giugno, una decina di giorni prima del tricolore è arrivata la doccia gelata. E anche per lui la delusione c’è stata.

Andrea, come si fa con gli stimoli?

Ti crolla un po’ il mondo addosso dopo che ci avevi lavorato tanto. Dopo la Liegi avevo fatto una settimana di stop per riposare bene. Avevo ripreso ad allenarmi ed ero andato a Sierra Nevada, in altura (col gruppo del Tour, ndr). Al Delfinato ero in crescita secondo me, infatti sono uscito da quella corsa che stavo molto bene. Poi è arrivata la notizia e tutto si un po’ fermato.

Come te l’hanno giustificata?

Mi hanno detto che volevano portare una squadra tutta (o quasi) per Fabio Jakobsen, il velocista. E io non facevo parte di quel gruppo, di quella formazione.

Andiamo avanti Andrea. Stesse domanda fatta a Sobrero: adesso qual è il tuo programma?

Ma sì dai, ormai è tutto passato, anche la delusione. Sto già pensando ai prossimi obiettivi. Dal 22 al 26 luglio disputerò il Tour de Wallonie e poi andrò alla Clasica de San Sebastian. E poi ancora spero che le cose vadano bene per ottenere una convocazione per i mondiali.

Al Wallonie avrai un po’ di spazio per te?

In teoria sì, dovrei avere un po’ di carta bianca. Anche perché il percorso è mosso, con salite brevi, dunque è adatto alle mie caratteristiche. Mentre a San Sebastian no. Lì ci sarà Remco e si lavorerà per lui. Il che, per uno così, fa anche piacere. Sai chi è, cosa può fare e lavori con un certo stimolo.

Come hai rivisto la programmazione atletica?

Dopo il campionato italiano mi sono fermato giusto quattro giorni per riposare, soprattutto mentalmente. All’improvviso, dopo l’obiettivo saltato, ero stanco. Ho ripreso gradualmente facendo principalmente ore di sella, in quattro giorni non perdi moltissimo la condizione. Non sono andato in altura ma mi sto allenando a casa.

Calo di rendimento, non è per forza mononucleosi

04.07.2023
4 min
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CHIANCIANO TERME – «Ho bisogno di un giornalista per far passare un messaggio sulla mononucleosi». Carlo Guardascione, medico del Team Jayco-AlUla, ci ferma prima della crono di apertura del Giro d’Italia Donne, quella che sarà annullata per maltempo. Solo che ancora non piove e ci prestiamo volentieri alla sua richiesta. Il varesino è uno dei medici più esperti e attenti, non è tipo da perdere tempo.

Qual è il problema?

Noto che negli ultimi tempi moltissimi atleti – parlo di categorie giovanili, quindi esordienti, allievi, juniores e le loro famiglie – sono allarmati in maniera spropositata e non troppo corretta per le conseguenze di un’infezione da mononucleosi. Fanno parecchia confusione fra avere la mononucleosi in atto, quindi in corpo, oppure averla fatta in passato.

Carlo Guardascione è varesino e lavora nel Team Jayco-AlUla con cui sta seguendo il Giro Donne
Carlo Guardascione è varesino e lavora nel Team Jayco-AlUla con cui sta seguendo il Giro Donne
In che senso?

E’ sufficiente che un corridore non renda per 15 giorni oppure abbia un calo di rendimento, che in quell’età è molto fisiologico, che subito scatta l’allarme (la foto di apertura proviene dalla pagina Facebook del Giro della Lunigiana). Avrà preso la mononucleosi? E così mi trovo a rispondere a moltissime telefonate, a moltissime mail, a fare moltissime visite, per spiegare che la mononucleosi è una malattia virale che non ha alcuna cura sulla specifica, ma soltanto terapie di supporto.

Quali sono i segni del calo di rendimento?

Non riescono più a finire le corse e non sono più brillanti come prima. Quelli bravi non sono più performanti e quello che prima andava più piano adesso va più forte. Potrebbero esserci tante motivazioni, invece vanno tutti diretti sulla mononucleosi.

Si sente spesso come motivazione, anche da parte dei diesse, il fatto che dalle analisi emerge che l’abbiano avuta in passato, ma senza accorgersene.

Una volta che sia stata contratta, anche anni prima, la mononucleosi lascia una memoria immunologica. All’esame di laboratorio risulta dalle immunoglobuline IgG per il virus di Epstein Barr, che è il virus della mononucleosi. Quindi se un giovane l’ha avuta nel passato, magari in maniera asintomatica e senza accorgersi, avrà sempre queste immunoglobuline positive per tutta la vita. Oltre ai genitori, anche i direttori sportivi dovrebbero farci sopra una riflessione.

Affinché si possa dire che la mononucleosi è in atto occorre un valore alto delle immunoglobuline (foto Mela Rossa)
Affinché si possa dire che la mononucleosi è in atto occorre un valore alto delle immunoglobuline (foto Mela Rossa)
E queste non sono il segno della malattia in atto, giusto?

Sono solo la memoria immunologica della malattia pregressa. La malattia in atto è determinata soltanto dalla presenza in maniera corposa di anticorpi IgM, che non trovo nel 90 per cento di questi atleti. Per cui l’allarme mononucleosi va sicuramente ridotto. Le motivazioni di un calo di rendimento possono essere molteplici, soprattutto nelle categorie giovanili.

Quali ad esempio?

La scarsità di recupero perché c’è troppo allenamento o magari, al contrario, si ha una preparazione insufficiente. C’è l’approccio con le temperature molto alte di questo periodo, che necessitano periodi di adattamento importanti. L’alimentazione non sempre corretta, anche e soprattutto sul piano dell’idratazione che è sempre sottostimata e sottovalutata da tantissimi atleti. Per cui talvolta le cause di questo scarso rendimento andrebbero cercate in ambiti che non c’entrano niente con la mononucleosi.

In ogni caso, di fronte a certe richieste, è obbligatorio fare degli esami?

Se non conosco lo storico del ragazzo, chiedo un controllo ematologico, anche se 99 volte su 100 non porta a grandi scoperte.

A Cavendish fu diagnosticata la mononucleosi nell’aprile 2017. Sfinito dopo le corse, impiegò un anno per uscirne e torno alla vittoria a inizio 2018
A Cavendish fu diagnosticata la mononucleosi nell’aprile 2017. Sfinito dopo le corse, impiegò un anno per uscirne e torno alla vittoria a inizio 2018
E’ possibile che il fatto di pensare subito alla mononucleosi sia una conseguenza degli anni del Covid?

Sì, sicuramente. C’è un po’ la paura del virus, la consapevolezza che esiste e può essere invalidante. Io però vorrei riportare il discorso in un ambito di logica, di correttezza e di razionalità. E’ come la varicella: se l’hai fatta una volta nella vita, non la fai più. Ci sono delle eccezioni, ma stiamo parlando veramente di un caso su un milione.

In che modo invece il calo di rendimento, anche in atleti di alto livello, può essere imputabile al virus preso di recente?

Ci sono tracce diverse. Se un individuo l’ha fatta in maniera molto importante, con della sintomatologia seria quindi non soltanto la stanchezza, ma anche con linfonodi gonfi ed epatosplenomegalia (ingrandimento simultaneo del fegato e della milza, ndr), il valore di immunoglobuline IgG rimane molto alto. Ma l’hai comunque superata, l’unica cosa è avere le attenzioni necessarie per non trascinarsela a lungo per tutta la stagione.