A parte il fatto che si dorme poco e che sua figlia più grande ha portato a casa l’influenza, la ripresa della preparazione in casa Mohoric è ripartita nella giusta direzione. Ma siccome Matej è un uomo razionale, gli basta fare il confronto con la stagione iellata che si è lasciato alle spalle, per sorridere alle bimbe che intanto fanno baccano e guardare avanti.
Così, tornando per qualche minuto a parlare da corridore, il terzo sloveno per popolarità e prestigio dopo Pogacar e Roglic ma il primo per accessibilità e pragmatismo, ha le idee ben chiare.
«Ci sono degli obiettivi importanti nella prima parte di stagione – dice – dove ho corso molto bene l’anno scorso. Penso alle classiche al Nord, soprattutto alla Roubaix (nella foto di apertura è con Colbrelli in avvio dell’edizione 2021, vinta da Sonny, ndr). Mi è sfuggita qualche vittoria e vorrei riprovare a fare qualcosa di bello il prossimo anno».
La vittoria nella CRO Race ha confermato che i guai del 2022 erano alle spalleLa vittoria nella CRO Race ha confermato che i guai del 2022 erano alle spalle
Roubaix e Tour
Riprendersi quel che la cattiva sorte gli ha fatto lasciare indietro. Lo ha detto Marta Cavalli parlando del Tour: anche questa può essere una bella molla per la stagione che viene.
«Ci sono tante volte – spiega – quando trovi degli ostacoli e quando le cose non vanno, in cui è importante riprendersi. Io amo andare in bici prima di tutto ed è quello che mi dà la motivazione per continuare e rimettermi prima possibile in forma. Poi di sicuro ci sono le gare che vorrei vincere e quelle che non ho corso al mio livello, come il Tour di quest’anno. Questo di certo fa venire la voglia di tornarci e farlo quando stai davvero bene.
«Adesso va tutto bene, dopo la mononucleosi che mi ha fregato metà anno. Negli ultimi 10 giorni, ho preso gli antibiotici, ma non è stato un gran problema. Era una cosa che la piccola ha portato a casa dalla scuola ed è già passato. Sto già bene, tutto in ordine. E sono sicuro e convinto che il prossimo anno mi ritroverò al livello della scorsa primavera».
Mohoric ha corso il Tour con una mononucleosi addosso che l’ha fortemente limitatoMohoric ha corso il Tour con una mononucleosi addosso che l’ha fortemente limitato
L’aiuto di Sonny
La sfida della Roubaix avrà un sapore particolare, perché a seguirla da vicino ci sarà anche il vincitore del 2021. Colbrelli lo aspettavamo tutti alla conferma, poi la storia è andata come sappiamo. L’annuncio di pochi giorni fa sul fatto che continuerà nel Team Bahrain Victorious (anche) come consulente per quelle corse, darà all’avvicinamento e alla stessa vigilia un sapore diverso.
«Sonny – dice sicuro – sarà un valore aggiunto molto importante. Avere uno così alza lo spirito di tutto il gruppo, alza la motivazione e ci farà correre tutti più uniti. Più coerenti con un sogno che lui ha realizzato e molti di noi magari non otterranno mai. Avere lui accanto di sicuro ci darà qualcosa in più nel momento che serve.
«Convivere con quello che gli è successo è stato molto difficile anche per me, perché è un caro amico. Tante volte siamo stati insieme in camera alle corse ed è stato pesante vivere la sua storia pensando a cosa significava soprattutto per lui. Cercherò di stargli vicino come posso, perché so che lui ci è rimasto male. Di sicuro non è contento di non poter più correre, ma sono convinto che a breve si ritroverà e troverà nuove motivazioni per continuare la vita dopo il ciclismo».
Dopo la vittoria di Sanremo, Mohoric con la bici sollevata e l’evidenza meno attesa: aveva un reggisella telescopicoDopo la vittoria di Sanremo, Mohoric con la bici sollevata e l’evidenza meno attesa: aveva un reggisella telescopico
Il telescopico? Forse no
Perciò riavvolgiamo il nastro e riportiamolo al momento più bello del 2022. Alla vittoria di Sanremo con la sua Merida sollevata sopra alla testa e quell’insolito reggisella, la cui storia in pochi minuti fece il giro del mondo. Quanto c’è ancora da inventare nel ciclismo di Tadej?
«Il reggisella telescopico tirato fuori in quella maniera – sorride – è stato sicuramente un caso isolato. E’ stata una cosa abbastanza grave, tra virgolette, non era un piccolo dettaglio. Una cosa così grande non possiamo tirarla fuori tutti gli anni e usarla per vincere. Però sicuramente siamo sempre alla ricerca e sviluppiamo i materiali. Credo che siamo tra i migliori nel gruppo anche per questo. Penso che la nostra squadra abbia successo soprattutto nelle classiche, perché abbiamo dei materiali che ci permettono di fare davvero bene sulle strade del Belgio, dove la tecnologia conta davvero. Di sicuro non siamo fermi e stiamo testando già nuove soluzioni.
«Non credo che qualcuno andrà alla Sanremo col telescopico. Tanti corridori non credevano che permettesse di andare più forte. Forse qualcuno sì e magari qualcuno vorrà testarlo, ma non saprei. Io stesso non so se lo userò ancora».
Il passaggio di Alberto Bruttomesso al Cycling Team Friuli aveva dietro uno scopo più grande. Il corridore vicentino, infatti, come il suo nuovo compagno di squadra Buratti, è promesso sposo della Bahrain Victorious, con la quale passerà professionista nel 2024. Il CTF da quest’anno è diventato team di sviluppo della Bahrain. Questa stagione in Friuli servirà a Bruttomesso per prendere le misure con un mondo che lo aspetta a braccia aperte e con la clessidra in mano.
«A breve faremo il primo allenamento a Udine – racconta Bruttomesso – per iniziare a conoscerci, mentre a gennaio avremo il primo ritiro in preparazione alla stagione».
Il contatto con la Bahrain è arrivato prima del Giro d’Italia U23, dove Brutmesso ha conquistato la maglia rosa nella prima tappaIl contatto con la Bahrain è arrivato pochi giorni prima del Giro d’Italia U23
Una notizia, quella del tuo passaggio al CTF, che ha dietro uno scopo più grande…
Diciamo che questo è stato più un percorso intrapreso che mi porterà, alla fine del 2023, al passaggio nei professionisti con la Bahrain. Durante la stagione avrò modo di lavorare e di conoscere l’ambiente, a gennaio, per esempio, durante il ritiro di cui parlavo prima, ci sarà anche il team WorldTour.
Quale sarà il più grande cambiamento per questa stagione?
Il programma prevederà delle gare all’estero, il Cycling Team Friuli è una delle squadre under 23 con il calendario più ampio. Tutti i passi che muoverò quest’anno serviranno per arrivare il più pronto possibile al salto con i professionisti.
Chi ti ha contattato prima, la Bahrain o il CTF?
La Bahrain, mi hanno telefonato poco prima del Giro d’Italia Under 23 (dove ha vinto la prima tappa, ndr). L’argomento della telefonata era proprio il passaggio tra i professionisti nel 2024.
Alberto Bruttomesso, classe 2003, al suo primo anno tra gli under 23 ha vinto 6 corse (foto Instagram)Alberto Bruttomesso, classe 2003, al suo primo anno tra gli under 23 ha vinto 6 corse (foto Instagram)
E quando è arrivato il CTF?
La decisione di correre con loro la prossima stagione è stata presa i primi di settembre, è stata una proposta nata in virtù del fatto che sarebbero diventati team development della Bahrain. Ci ho pensato a lungo ed ho concluso che sarebbe stata una buona scelta.
Hai già avuto modo di vedere il mondo che c’è dietro al CTF?
La prima settimana ho parlato con Alessio Mattiussi, il preparatore, ma non ci siamo detti nulla. Oggi l’ho incontrato per la prima volta. Così come ho visto un po’ di sfuggita il CTF Lab, solo per prendere la misura della bici.
L’unica tua esperienza all’estero è arrivata al Tour de l’Avenir, non è andata bene però…
E’ stata un’esperienza difficile, il mio obiettivo era imparare e mettere un mattoncino in più nella mia crescita. Purtroppo non sono stato neanche molto fortunato. Nella seconda tappa sono caduto e mi sono portato dietro un dolore al polso che mi ha limitato. Nella tappa precedente alla crono abbiamo preso tanta acqua, il giorno dopo ho pagato tutte queste cose, insieme ad una buona dose di inesperienza e mi sono ritirato. Però meglio che mi sia successo al primo anno piuttosto che più avanti.
Ci avevi già detto che preferivi fare esperienza nella categoria e poi guardare più in alto, al professionismo…
Dell’anno fatto con la Zalf sono soddisfatto, alla fine il mio obiettivo primario era la maturità. Poi abbiamo partecipato a gare di alto livello: come il Giro d’Italia e il Giro del Friuli.
Bruttomesso ha partecipato in maglia azzurra al Tour de l’Avenir (foto Alexis Dancerelle/Direct Velo)Bruttomesso ha partecipato in maglia azzurra al Tour de l’Avenir (foto Alexis Dancerelle/Direct Velo)
Confrontarsi però costantemente con altri percorsi e squadre differenti sarà un passo in più?
Sì, la proposta è quella di fare 3-4 corse all’estero, ma per il momento il calendario è un’incognita. Sicuramente di attività fuori confine ne faremo molta. Ci confronteremo con altre squadre development legate a team WorldTour e faremo anche più gare internazionali. Come detto, sarà tutto un lavoro di preparazione al professionismo.
Non siete l’unica squadra satellite della Bahrain, c’è anche il Cannibal Team.
L’affiliazione con il Cannibal Team è importante anche per noi, perché dovrebbe diventare il nostro appoggio in Belgio, così da ampliare il range di gare all’estero.
Avere un contratto da professionista già firmato come ti fa approcciare alla nuova stagione?
Mi mette tranquillità, perché l’accordo (triennale, ndr) c’è già. Ovviamente quando sarò in corsa penserò solo a fare bene e dare il massimo, come al solito. Questo contratto mi porterà ad avere una maggiore serenità e lucidità in gruppo.
Quando Colbrelli ha annunciato la svolta della vita, Claudio Marra era seduto al suo fianco, anche lui toccato dal momento. Aveva ancora addosso il sole dell’ultimo viaggio a Taiwan e da buon padrone di casa ha subito messo a disposizione gli uffici di FSA per organizzare la conferenza stampa del 15 novembre.
Da FSA per Sonny una targa, consegnata da Marra, per ricordare le conquiste comuni nelle classicheDa FSA per Sonny una targa, consegnata da Marra, per ricordare le conquiste comuni nelle classiche
Testimonial e tester
Le parole di quel giorno sono ancora nell’aria. I social pullulano dei racconti del pomeriggio milanese, ma intanto il tempo passa e Marra fa il punto della situazione, ricordando le ore assieme a Colbrelli parlando di sviluppo dei prodotti e immaginando quale potrà essere il seguito della storia.
«Con Sonny c’è un rapporto particolare – racconta – di amicizia, ma anche di estrema collaborazione. Lui è un tester importante, ci ha aiutato a sistemare anche dei piccoli dettagli sulle ruote. Quelle che ha usato alla Roubaix sono state realizzate ad hoc per lui. Avevano una scorrevolezza particolare e hanno debuttato con lui. Ci ha vinto l’italiano, l’europeo e la Parigi-Roubaix. Non voleva mollarle più».
Colbrelli sarà uomo del Team Bahrain Victorious, ma sarà coinvolto direttamente nel lancio delle 71 Merida Reacto customizzate col suo nome e il nuovo logo che lo contiene. Le bici saranno equipaggiate con gli stessi sponsor tecnici della squadra, per cui Sonny metterà la sua esperienza certamente al servizio dei corridori, ma anche degli sponsor tecnici che vorranno riscontri tecnici da un campione che comunque continuerà ad usare la bicicletta.
Colbrelli, spiega Marra, ha sviluppato da sé le ruote Vision Metron con cui ha ottenuto i suoi successi più importantiColbrelli, spiega Marra, ha sviluppato da sé le ruote Vision Metron con cui ha ottenuto i suoi successi più importanti
E’ importante avere nelle squadre una figura così?
Quando abbiamo collaborazioni di questo tipo, con le squadre cerchiamo di non essere solo sponsor, ma collaboriamo perché la fornitura di materiale sia per noi un punto di inizio e non di arrivo. Da loro impariamo tantissimo e poi cerchiamo di migliorare sempre attraverso i loro consigli o le esigenze. Ci tirano matti, ma è sempre uno stimolo a migliorare.
Il fatto che Colbrelli resti nell’orbita della squadra e dei suoi partner è anche un bel segno di umanità.
Il nostro obiettivo non è solo fornire prodotti, ma è anche diffondere la cultura del ciclismo, essere amici, vivere insieme emozioni, gioie, fatiche e sacrifici. Quello che alla fine è il sale della vita. Avere corridori che condividono questo nostro pensiero anche fuori dalle corse per noi è il massimo e cerchiamo di sostenerli sempre, quando è possibile, anche dopo che scendono dalla bicicletta.
Come hai vissuto personalmente quel giorno di marzo?
E’ stato tragico. Una volta avuta la conferma che Sonny fosse fuori pericolo, ho avuto subito la sensazione che da lì sarebbe cambiato tutto. Innanzitutto abbiamo sperato che tutto andasse bene, però abbiamo capito che la sua vita non sarebbe stata più la stessa e ci siamo promessi di aiutarlo in questo progetto. Averlo voluto qui da noi per il suo annuncio è stato il modo di fargli sentire che noi siamo con lui.
Questo il nuovo logo di Colbrelli, con cui saranno personalizzate le sue future iniziativeQuesto il nuovo logo di Colbrelli, con cui saranno personalizzate le sue future iniziative
Ci siete voi, c’è Merida, c’è la squadra: non è tanto comune, in un mondo che a volte si dimentica dei valori.
E’ vero, però devo dire che il ciclismo è un mondo diverso e migliore. Siamo persone con una filosofia, cioè che le persone positive, che riescono sempre a portare avanti una missione, chissà perché si ritrovano sempre insieme e condividono lo stesso tipo di idea. E per questo siamo contenti di poterlo sostenere al meglio.
Il 27 novembre alle 14,30, Palazzo GIureconsulti di Milano ospiterà la 4ª edizione del convegno “Come corre la Bike Economy”. Ecco i temi e come iscriversi
«E’ un momento molto importante – inizia Colbrelli – come avrete sentito e letto, sono qui per confermare il mio ritiro. Dopo tanti mesi a pensare e riflettere. Dopo aver parlato con la mia famiglia e vedere se valesse la pena continuare…».
La voce si strozza di colpo. Sonny guarda in alto. Il momento è arrivato, ma non è facile ammetterlo davanti alle tante persone accorse, almeno quanto lo è stato ammetterlo con se stesso. Giornalisti. Parenti. Addetti ai lavori. Una conferenza stampa a invito. E’ il pomeriggio del 15 novembre. L’anno scorso in questi stessi giorni, il bresciano era nella sede di Merida per celebrare la vittoria di Roubaix, oggi è in casa FSA per dire che è tutto finito.
Sonny raggiunge la scrivania alle 14,40. E’ rimasto a lungo in un ufficio a parlare con Cassani e altri amici, fra cui Luca MazzantiSonny raggiunge la scrivania alle 14,40, dopo aver parlato a lungo con Cassani e altri amici, fra cui Luca Mazzanti
Salvataggio Cassani
Interviene Cassani, accanto a Sonny come amico più che come tecnico. E Davide prende il microfono, sollevando Sonny dal momento difficile. Racconta delle avventure in azzurro. Ripete le parole che in questi mesi tanti gli hanno sentito ripetere, quasi a scacciare anche lui la malinconia e lanciare un salvagente di speranza all’uomo seduto accanto a lui.
«Abbiamo fatto una chiacchierata – dice – prima di venire davanti a voi. Mi ha detto di non aver ancora metabolizzato quest’idea. Ha raggiunto tanto nella sua carriera e ora ha voluto questo incontro. Da tanto tempo non parlava. E’ una persona che ha seminato tanto e bene. E adesso – voltandosi verso Colbrelli – se hai finito di piangere, tocca di nuovo a te…».
La sala scoppia in una risata e un applauso. La commozione ha invaso i pensieri di tutti, ma questo non è il momento di deprimersi. Questo è il momento per guardare avanti. Le malinconie hanno già popolato e forse popoleranno ancora le sue notti. Avere un pensiero felice da coltivare sarà il balsamo migliore.
In prima fila i genitori di Sonny, la moglie Adelina e i figli, oltre al fratello Tomas. Subito dietro giornalisti e addetti ai lavoriIn prima fila i genitori di Sonny, la moglie Adelina e i figli, oltre al fratello Tomas. Subito dietro giornalisti e addetti ai lavori
La chiamata con Eriksen
«Dopo quel 21 marzo – riprende Sonny rinfrancato – la mia vita è cambiata. Capisci quello che è successo e devi essere realista. Non tornerai mai più a fare la vita di prima. E’ stato difficile guardare le corse, ma il giorno dopo ero già col mio telefono a vedere Bauhaus che faceva secondo al Catalunya. La bici mi ha dato tanto e mi ha tolto tanto, ma ultimamente mi ha fatto capire che la vita è una sola.
«Non sono Van der Poel o Evenepoel, ci ho messo 32 anni per arrivare al mio livello migliore e sul più bello mi tocca smettere. Ho fatto tanti esami. Ho usato come riferimento Eriksen (il calciatore danese dell’Inter rianimato in campo durante la partita fra Danimarca e Finlandia agli europei 2020, ndr). Tramite alcuni amici, ho trovato il suo numero. Gli ho mandato un messaggio e mi ha chiesto se poteva richiamarmi dopo la doccia, perché aveva appena finito l’allenamento. Abbiamo parlato, ma ho capito che il ciclismo non è il calcio. E se mi succedesse di nuovo in una discesa, potrei farmi molto più male. Perciò smetto. Spero di dare ancora tanto al ciclismo. Ringrazio la squadra, che mi ha tranquillizzato per il futuro…».
Miholjevic, al tavolo con Marra, Colbrelli e Cassani, ha raccontato l’importanza di Sonny per il teamMiholjevic, al tavolo con Marra, Colbrelli e Cassani, ha raccontato l’importanza di Sonny per il team
L’abbraccio di Miholjevic
Accanto a lui c’è Miholjevic, il team manager del Team Bahrain Victorious. E’ un tipo tosto Vladimir, di poche parole. Più tosto adesso da manager che quando era corridore, eppure anche lui è commosso. Non è solo un momento di Colbrelli, in qualche modo è il momento della sua squadra.
«Abbiamo conosciuto Sonny – dice – quando arrivò dalla Bardiani. Era un ragazzo fortissimo, con un grande potenziale e lo stesso entusiasmo dei suoi bimbi qua davanti. Siamo riusciti a incanalare le sue forze e abbiamo fatto la gioia della nostra squadra e del ciclismo italiano, con la vittoria della Roubaix, la classica più bella. Il Catalunya è stato uno choc anche per noi. Anche noi che abbiamo smesso per età non abbiamo metabolizzato facilmente il fatto di non essere più corridori, per Sonny sarà ancora più dura».
Due anni con il team
«Abbiamo pensato di aver perso qualcosa – prosegue Miholjevic – invece ora pensiamo di aver in qualche modo guadagnato. Avreste dovuto vederlo nel bus, motivare la squadra con le sue parole spontanee. Per questo abbiamo prima sentito l’obbligo di stare accanto a lui e alla sua famiglia. Ora però sappiamo quale potenziale abbiamo in mano, con uno che ha vinto la corsa più importante per la squadra. Sonny scenderà con noi nella… miniera (sorride, ndr) che lavora dietro le quinte. Abbiamo 28 corridori e 68 persone. Diventerà una persona più completa. Nel frattempo i bambini crescerano e Tommaso (dice ridendo mentre indica il figlio di Sonny, ndr) comincerà a vincere le corse. Sarà con noi per altri due anni».
Dopo le lacrime delle prime parole, Colbrelli è parso commosso a tratti, ma sempre più consapevoleDopo le lacrime delle prime parole, Colbrelli è parso commosso a tratti, ma sempre più consapevole
Il ciclismo dei giovani
Scorrono le immagini delle vittorie. Poi viene presentato il logo con il cobra e il nome Sonny Colbrelli, disegnato da Johnny Mole per una linea di 71 bici Merida volute da Sonny, perché 71 era il numero sulla maglia nella Roubaix vinta. Intervengono Claudio Marra, il padrone di casa, che gli consegna un premio. Interviene Dario Acquaroli, per Merida Italy. E intervengono anche due pezzi grossi di Merida Europe: il direttore del marketing Andreas Rottler e il general manager Wolfgang Renner. E Sonny, già più disteso parla del progetto e della sua idea di lavorare per il ciclismo dei bambini.
«Quando ero piccolo – dice – avevo una pista in cui pedalare al sicuro. Ora nella zona di Brescia vedo i bimbi nel parcheggio di un supermercato e mi mette tanta tristezza vederli in mezzo ai vetri. Vorrei fare qualcosa, non so quando. Dipende da quanto mi farà lavorare Miholjevic (ride a sua volta, ndr). Un impianto in cui possano provare tutte le specialità e poi semmai scegliere. I più giovani bisogna farli innamorare del ciclismo, non proporglielo come un’ossessione».
Claudio Marra ha premiato Colbrelli con una targa che vale anche come promessa di collaborazione futuraClaudio Marra ha premiato Colbrelli con una targa che vale anche come promessa di collaborazione futura
I pensieri pericolosi
Poi prende una pausa di silenzio. Di colpo Colbrelli torna Sonny, il ragazzo che sognava di diventare campione sulla sua bicicletta e di colpo vengono avanti i fantasmi delle prime notti.
«Ho pensato di togliermi il defibrillatore – dice davanti a tutti e poi approfondirà a quattr’occhi – fare due anni al top e poi di rimetterlo. L’ho pensato subito, quando ho scoperto che è removibile. In bici senti magari di poter fare quello che facevi prima, ma poi hai paura di spingerti al massimo. E allora penso che comunque non sarei più il Sonny di una volta. Hai paura, non vai allo sfinimento. Non doveva succedere quel giorno, non era il mio turno. Sono stato fortunato. Di 10 persone che hanno avuto un arresto cardiaco come quello, 8 non sono qui a parlarne. Bisogna essere forti e intraprendere una cuova carriera.
«Ho capito di non essere più un corridore quando è arrivata la mail con l’organico della squadra e il mio nome non era più nella lista. Ma se ho fatto un cambio di marcia lo devo a Paola, la mia mental coach. Mi ha fatto capire quanto valgo e che sono più forte di quanto pensassi. Ho capito che posso fare cose importanti anche non essendo più un corridore. Ora la vedo così, magari domani mi chiudo nei miei silenzi. Non è facile. Potrebbe esserci il rimpianto del Fiandre e di non aver fatto sempre la vita che ho imparato negli ultimi tempi, ma non è questo il tempo dei rimpianti».
Notevole l’afflusso dei media. La decisione di Colbrelli era già nota, ma quasi tutti hanno voluto essere presenti per raccontarloNotevole l’afflusso dei media. La decisione di Colbrelli era già nota, ma quasi tutti hanno voluto essere presenti per raccontarlo
Il futuro è già una vittoria
Il futuro è con la squadra e con i suoi sponsor. Con i giovani da osservare e i materiali da provare. Poi forse il futuro passerà attraverso una tessera da direttore sportivo. Zero elucubrazioni su soluzioni ardite per aggirare il divieto di correre. Ancora una volta Sonny è l’uomo maturo che nel 2021 ha fatto sognare l’Italia del ciclismo.
«Non ero solo un corridore – sorride – come ha detto Miholjevic. Mi mancheranno i miei compagni e il mio posto sul bus. Con Caruso ci sentiamo sempre. Mi ha detto: “Sonny, sono con te”. Ci facciamo delle grandi risate. Mi mancherà anche il diesse che la sera porta il numero da attaccare sulla maglia. Non mi mancheranno quelle giornate di fatica a 40 gradi a chiedersi chi me l’ha fatto fare. Però adesso che lo dico, invece mi mancano. Bisogna pensare al bello…».
Immancabile la foto con la bici, Merida Reacto, che lo ha condotto alla conquista della RoubaixImmancabile la foto con la bici, Merida Reacto, che lo ha condotto alla conquista della Roubaix
I figli che crescono
«Ora vado in bici per divertirmi, mentre prima avevo l’assillo dei lavori e del peso. Ora la sosta al bar è prolungata. Mi godo la bici come mi diceva tanta gente, che per loro è il modo di scaricarsi la mente dopo giornate impegnative. E’ così davvero. Prima cominciavo la giornata dicendo: “Sonny, alzati, vestiti e vai ad allenarti”. Ora mi alzo e mi dico: “Sonny, alzati, vestiti e prepara la colazione ai bambini”. Parto subito con quattro caffè, ma è una cosa bella, perché noi corridori vediamo i figli crescere nel telefono.
«E per il resto – conclude – ho davanti tutta la vita e tanti progetti. L’importante è che sono qui e che non tutti possono dire che la loro ultima vittoria è stata una Roubaix. Ma vi dico subito che c’è già il mio erede. Si chiama Jonathan Milan, abbiamo visto tutti di che pasta è fatto. E magari avermi accanto lassù lo aiuterà a crescere un po’ più in fretta».
Dopo la conferenza stampa, Colbrelli ha concesso qualche minuto ai giornalisti presenti. Qui con bici.PRODopo la conferenza stampa, Colbrelli ha concesso qualche minuto ai giornalisti presenti. Qui con bici.PRO
Sorride. Si alza. Si presta ad altre interviste. Sky va in diretta. Ci sono Rai e Mediaset. Ci sono Eurosport e la Gazzetta. C’è la sala stampa degna di un grande campione. C’è soprattutto il senso consapevole di una seconda occasione. E davanti alla vita, tutto il resto si ferma. Buona vita, Sonny. Ci vediamo alle corse.
Nicolò Buratti non passa professionista. Quando la notizia si è sparsa grazie all‘intervista con Franco Pellizotti pubblicata giovedì scorso su bici.PRO, lo stupore ha iniziato a circolare fra messaggi, telefonate e vari social.
Buratti, per chi non lo sapesse, è probabilmente l’under 23 italiano più forte del 2022, con 9 vittorie di peso fra cui Poggiana, Capodarco, il GP Colli Rovescalesi e il Del Rosso. Ed è anche quello che senza una serie di problemi meccanici da mani nei capelli, avrebbe lottato per la maglia iridata di categoria.
La notizia non è da lasciar correre e ci spinge a una riflessione più approfondita, distaccandoci per un momento dall’automatismo vittorie = passaggio, che negli ultimi anni ha condannato alla disoccupazione parecchi atleti che non erano pronti per il salto.
Una foratura e poi la ruota storta e il mondiale di Buratti è sfumato mestamenteUna foratura e poi la ruota storta e il mondiale di Buratti è sfumato mestamente
L’approccio frettoloso
Il primo impatto è stato lo stesso di coloro che hanno puntato il dito: se non passa Buratti, allora chi? Il ragazzo ha 21 anni e corre nel Cycling Team Friuli che da quest’anno è vivaio del Team Bahrain Victorious. Quale messaggio arriva ai corridori che volessero approdare nella squadra di Bressan e Boscolo, se persino i più forti non vengono fatti passare?
Parrebbe che il mancato debutto di Buratti fra i grandi dipenda dal fatto che il team WorldTour avesse già chiuso il budget 2023 ad agosto, poco prima che Buratti mettesse la quarta e iniziasse a volare. Miholjevic avrebbe cercato le risorse per tirarlo dentro, ma alla fine si sarebbe arreso.
Il tema è delicato e soltanto i dirigenti della squadra del Bahrain conoscono la situazione. Se infatti bastassero i conti della serva, si potrebbe pensare che grazie al risparmio di cinque mesi di stipendio di Dylan Teuns (passato alla Israel) ce ne sarebbe stato in abbondanza per il giovane italiano. Ma noi non siamo serve e ci concediamo una riflessione meno frettolosa.
Buratti rimarrà per un altro anno con il CT Friuli, con cui ha vinto il tricolore cronosquadre, con Olivo, Debiasi e MilanBuratti rimarrà per un altro anno con il CT Friuli, con cui ha vinto il tricolore cronosquadre, con Olivo, Debiasi e Milan
L’approccio ragionato
Buratti ha bisogno di crescere ancora. Dov’era l’anno scorso di questi tempi? Aveva finito il secondo anno da U23 con il secondo posto al Trofeo Chianti Sensi di Lamporecchio (corsa di 134 chilometri) come miglior risultato. L’anno precedente, al debutto nella categoria, aveva portato a casa una vittoria con la maglia del Pedale Scaligero, dopo due anni fra gli juniores con una vittoria e due podi. Bastano le vittorie del 2022 per dire che Buratti sia pronto per il professionismo? Forse sì, ma forse anche no.
Il messaggio che dovrebbe passare, quindi, dovrebbe essere legato a un ragionamento tecnico tutto volto al suo interesse. E all’interesse di tutti i corridori che saltano subito sul treno, costi quel che costi.
Buratti potrebbe non essere pronto, come tanti alla sua età: deve confermare agli altri e soprattutto a se stesso che l’oro del 2022 non è stato per caso. Un team WorldTour non è il posto migliore per farlo, andate a leggere cosa ha detto su questo Matteo Trentin.
Avrebbe potuto puntare su una professional, tuttavia rinunciando alle occasioni che una squadra superiore potrà dargli quando sarà pronto. Parrebbe infatti che per lui si stia scrivendo un biennale 2024-2025 proprio con il team Bahrain.
Forte di vittorie come Capodarco, nel 2023 Buratti potrà alzare l’asticella e puntare al mondialeForte di vittorie come Capodarco, nel 2023 Buratti potrà alzare l’asticella e puntare al mondiale
Il ferro caldo
Una volta, quando i corridori facevano 4 anni al top fra gli under 23, si tiravano in ballo le motivazioni mancanti, ma probabilmente nel caso di Buratti c’è ancora tanto da scoprire e da costruire. Farà attività qualificata con la nazionale e con il suo team. E soprattutto, a causa di una situazione che non avrebbe sperato di vivere, avrà la possibilità di affrancarsi dalla ricerca spasmodica di nuovi fenomeni imberbi, come Evenepoel, Ayuso e Pogacar, che restano eccezioni.
Per cui ripartiamo dalla domanda d’esordio. Rimanere al CT Friuli potrebbe essere descritto come una scelta intelligente, anziché una disgrazia. Ese non passa Buratti, forse non dovrebbero passare tanti altri meno solidi di lui, convinti in prima persona o da altre voci che il ferro vada battuto finché è caldo.
Stiano attenti. Il ferro caldo si plasma molto facilmente. Ma quando si raffredda e la forma non è quella che si sperava, poi raddrizzarlo è difficile. E niente sarà più come prima.
Con 7 vittorie in stagione, Dusan Rajovic ha visto schiudersi le porte del WorldTour, approdando alla Bahrain Victorious. Per il serbo rappresenta un passo importante, il chiudersi del cerchio che si era aperto un paio di anni fa, quando sembrava lanciato da buoni risultati nel Team Delko. Era tranquillo, Dusan, nel 2021, ma il fallimento della squadra professional francese lo ha improvvisamente gettato nella disperazione. Accettando il Team Corratec, ha fatto un passo indietro e sembrava che il sogno di diventare pro’ rimanesse tale. Invece è stata la scelta giusta.
Una delle 7 vittorie del serbo nel 2022, la volata vincente al Tour of AntalyaUna delle 7 vittorie del serbo nel 2022, la volata vincente al Tour of Antalya
Rajovic però ha imparato che non ci si può mai adagiare sugli allori, né sentirsi appagati e soddisfatti: «La stagione è andata bene – dice – sarebbe strano criticare ben 7 vittorie, ma sono convinto che potevo fare molto meglio. Dopo il problema avuto con il fallimento della Delko, è venuta fuori una stagione valida, grazie anche a un buon calendario in giro per il mondo. Purtroppo è finita presto, ad agosto ho preso la mononucleosi e ho dovuto chiudere la stagione anzitempo».
Che cosa rappresenta per te entrare nella Bahrain, c’è anche un po’ di rivalsa dopo la vicenda Delko?
E’ sempre stato il mio obiettivo entrare nel WorldTour e per com’erano andate le cose nel 2021 temevo davvero che rimanesse tale. Ho trovato un contratto con una delle squadre più forti del panorama mondiale, so che davanti a me ci sono le gare più importanti e questo mi dà molta voglia di rimettermi in gioco. Quello della Delko è stato un incidente di percorso che ha allungato i tempi: sono convinto che stavo ottenendo i risultati per proiettarmi nel “mondo dei grandi”, per fortuna ci sono riuscito altrimenti. Non posso però dire che sia una rivincita, piuttosto un filo che si è riannodato con il passato.
Nel 2021 Rajovic aveva “assaggiato” la Roubaix, chiudendola anzitempoNel 2021 Rajovic aveva “assaggiato” la Roubaix, chiudendola anzitempo
Tu hai vinto 7 corse, spesso allo sprint, ma dici di non essere un velocista. Che corridore sei allora?
E’ vero che molti pensano che sia uno sprinter, ma chi mi conosce e ha visto le mie gare sa che mi difendo bene in salita, in particolare su quelle corte e che la mia dimensione ideale è quando entro in una fuga con un gruppo ristretto, allora sì che posso far valere le mie doti veloci. Io penso di essere un corridore da classiche, anche abbastanza impegnative.
In Serbia le tue vittorie ti hanno reso popolare?
Il ciclismo dalle mie parti resta uno sport di nicchia. In Serbia da sempre si guarda agli sport di squadra: basket, calcio, quelli sono i più visti e l’obiettivo dei ragazzi. Poi c’è il tennis: da quando è arrivato Novak Djokovic tutti giocano a tennis e guardano le sue partite che hanno uno share enorme. Il ciclismo è uno sport piccolo anche se in ambito dilettantistico e giovanile e anche nella mtb c’è stato un aumento dei praticanti.Io non sono ancora molto conosciuto, le mie vittorie non hanno avuto grande risalto, spero però che le cose cambino presto…
Un giovanissimo Rajovic sulle strade serbe. Il ciclismo da quelle parti è ancora poco consideratoUn giovanissimo Rajovic sulle strade serbe. Il ciclismo da quelle parti è ancora poco considerato
Che cosa ti rimane dell’esperienza al Team Corratec?
L’ho detto, se sono passato pro’ è grazie al team italiano. Ho trovato un grande gruppo, persone eccezionali. In Italia mi sono fatto tanti amici, ho anche imparato un po’ la lingua insieme allo spagnolo e al francese. Mi è dispiaciuto lasciare quel gruppo, anche perché avrei voluto restare in Italia di più, ma con gli amici, gli altri corridori siamo rimasti in contatto, si è costruito qualcosa di duraturo.
Sappiamo che il tuo sogno è correre il Tour de France, che cosa rappresenta per te?
Il Tour è qualcosa di speciale perché nessun serbo lo ha mai corso. Da noi è visto come qualcosa di alieno, ma resta l’evento principale del ciclismo e io voglio davvero essere il primo del mio Paese a disputarlo e magari anche a lasciare il segno. In generale comunque voglio “assaporare” anche gli altri grandi Giri, spero di averne presto la possibilità.
La vittoria al GP E3 di Harelbeke junior nel 2015, quando Dusan si è innamorato delle corse belgheLa vittoria al GP E3 di Harelbeke junior nel 2015, quando Dusan si è innamorato delle corse belghe
La Bahrain è squadra molto forte nelle classiche. Ce n’è una che ti piace particolarmente e vorresti un giorno vincere?
Io credo che nel loro complesso le classiche belghe siano tutte abbastanza adatte a me. Le ho disputate da junior, ho visto quelle strade, ho anche vinto e soprattutto ho visto il calore della gente intorno. E’ un qualcosa di speciale, non nascondo che il primo pensiero che ho fatto approdando alla Bahrain Victorious è stato proprio quello delle opportunità che mi si aprono davanti per gareggiare da quelle parti. E magari fare anche qualcosa di importante…
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Quando torni a casa con due argenti mondiali dovresti essere soddisfatto, eppure nella voce di Jonathan Milan, diretto verso le sospirate e meritate vacanze, si nota sempre quella leggera increspatura. Quella minima punta di rammarico che fa parte della crescita di un atleta che punta il più in alto possibile e che ha davanti a sé un orizzonte smisurato.
Sui media nazionali, ma soprattutto sui social dove molto si è dibattuto sui risultati degli azzurri in Francia, è emerso un tema molto interessante: un Milan così forte su strada e su pista, dotato di potenza assoluta al punto da essere scelto per il lancio del quartetto ma capace anche di grandi sprint (il Cro Race docet con due vittorie di tappa) potrebbe emergere anche in altre specialità oltre all’inseguimento?
Per Milan un argento nell’inseguimento individuale, la prova che più amaPer Milan un argento nell’inseguimento individuale, la prova che più ama
Noi abbiamo affrontato il tema con il diretto interessato, ma le risposte sono state complicate, come aveva anticipato Villa parliamo di un corridore assolutamente privo di esperienza nel settore e questo è un fattore da considerare, almeno quando l’appuntamento olimpico è già imminente essendo a meno di due anni.
A mente fredda come giudichi il tuo mondiale?
Non posso non essere contento, due podi non li conquisti tutti i giorni, ma è chiaro che quando arrivi lì vuoi sempre di più. Aver perso l’oro nel quartetto dispiace perché eravamo i campioni uscenti, ma abbiamo dimostrato di essere comunque sul pezzo e questo varrà anche per i prossimi anni. Nell’inseguimento individuale quando perdi in finale, senti che ti manca sempre qualcosa, ma sono andato contro un campione enorme come Filippo…
Per Milan a Parigi è arrivato il secondo argento consecutivo nell’inseguimento, dopo quello 2021 dietro LambiePer Milan a Parigi è arrivato il secondo argento consecutivo nell’inseguimento, dopo quello 2021 dietro Lambie
Si è parlato molto di che cosa farebbe Milan in altre discipline che non sono l’inseguimento…
Anch’io ho letto i social, capisco quel che vorrebbero i tifosi, ma se mi chiedi se le affronterei la risposta è un “ni”. Qualcosa ho fatto, ma solo quando ero esordiente e allievo, troppo tempo è passato e troppo diverso è il livello. Non ho esperienza, non saprei proprio come gestirmi. Sono sempre rimasto legato all’inseguimento e preferisco fare quel che mi riesce meglio. Sarebbe bello provare qualcosa di nuovo, ma specialità così importanti non si inventano.
Anche Villa ha sottolineato questo aspetto, comprendendo i tuoi crescenti impegni su strada nella Bahrain Victorious. Parliamo però a livello utopistico: quali sono le discipline extra inseguimento dove pensi che potresti emergere?
E’ una bella domanda, ma mi è davvero difficile dare giudizi non avendole mai corse. Posso dire da profano che mi piacerebbe provarle tutte, ma veramente ne so troppo poco. Quando ho iniziato con la pista in maniera seria, mi sono subito dedicato al quartetto ed è stato un lungo percorso per capire tutti i meccanismi.
Milan con Mohoric alla Cro Race, trampolino dimostratosi ideale per i mondiali su pistaMilan con Mohoric alla Cro Race, trampolino dimostratosi ideale per i mondiali su pista
Molti sono convinti che potresti fare bene…
Chissà, c’è alla base un grandissimo forse. Sinceramente considerando quel che già affronto, le difficoltà nel conciliare due discipline non so quando sarebbe un bene farlo. Ci vorrebbe troppo tempo per imparare, non dimentichiamo che manca solo un anno e mezzo alle Olimpiadi. Magari per il prossimo ciclo olimpico… Ma non è tempo per parlarne.
Parlando da osservatore privilegiato stando in pista, qual è però la specialità che ti piace di più?
A occhio mi piace molto la corsa a punti, vorrei anche provarla qualche volta con la costruzione di tante volate una diversa dall’altra tenendo anche presente come si debbano guadagnare giri per poter emergere, ma poi magari facendola non mi piacerebbe più così tanto. Lo scratch effettivamente è la disciplina che più si avvicina alla strada, la madison invece non l’ho mai provata e mi affascina, so che è molto difficile tecnicamente, serve molta coordinazione con il compagno, perché basta un cambio nel momento sbagliato e potresti compromettere tutto. Ogni specialità è diversa, ognuna ha le sue prerogative.
Con la Bahrain resta grande feeling, ma la preparazione su strada potrebbe presto richiedere anche più attenzioneCon la Bahrain resta grande feeling, ma la preparazione su strada potrebbe presto richiedere anche più attenzione
Per imparare una soluzione potrebbe essere prendere parte a qualche 6 Giorni?
In teoria sì, soprattutto per quelle specialità del programma olimpico. Non ci sarebbe grande pressione per fare risultato e si potrebbe quindi utilizzare per studiare, ma ci sono delle difficoltà. Intanto si toglierebbe spazio alla preparazione invernale, che si sa essere alla base di tutta la stagione su strada. Poi non è che potrei andare alle 6 Giorni così, di punto in bianco, dovrei comunque avere un minimo di tempo per prepararle, c’è un ampio lavoro dietro. Un paio sarebbero una buona palestra, ma non è così semplice.
Almeno per ora sei uno spettatore: sono specialità che ti esaltano?
Altroché, quando c’è un italiano in gara divento matto, tifo come un forsennato. Se vince un italiano, un compagno d’avventura sono felicissimo, sono fatto così. Magari tra qualche tempo riaffrontiamo l’argomento, per ora preferisco continuare sulla “strada vecchia”…
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Matej Mohoric è tornato a vincere, non una gara in linea, bensì una classifica generale, più precisamente quella della CroRace. La corsa a tappe croata, che si è conclusa domenica 2 ottobre, ha permesso allo sloveno di riassaporare il piacere del gradino più alto del podio. Il vincitore della Milano-Sanremo di quest’anno però non si monta la testa e guarda cautamente agli appuntamenti di fine stagione. Lo abbiamo intercettato mentre era in viaggio con la sua squadra, il Team Bahrain Victorious, verso il Gran Piemonte (che si corre oggi, ndr). Sabato Mohoric correrà anche il Lombardia, ultima monumento della stagione.
Mohoric, uno degli uomini simbolo della Bahrain Victorious, al Tour non si è espresso sui suoi livelliMohoric, uno degli uomini simbolo della Bahrain Victorious, al Tour non si è espresso sui suoi livelli
Doppietta italiana? Rimandata
Dopo aver vinto la Classicissima di Primavera, Mohoric avrebbe potuto puntare alla doppietta, cercando di vincere anche la Classica delle Foglie Morte. Un successo che avrebbe risollevato una stagione fin qui a due facce. Con una prima parte ricca e vincente, mentre la seconda è stata decisamente più opaca.
«A mio modo di vedere – ammette – credo sia difficile una mia vittoria al Lombardia. Nonostante quest’anno sia cambiato il percorso, che non prevede più il Muro di Sormano ma la doppia scalata al San Fermo della Battaglia. A mio avviso, anche con questa variazione, rimane una corsa per scalatori, difficile che qualcuno con le mie caratteristiche sopravviva. Ci saranno Pogacar, che ha vinto pochi giorni fa la Tre Valli Varesine, eVingegaardche alla CroRace si è dimostrato già in un buono stato di forma. Devo ammettere che nella tappa con arrivo a Primosten ho fatto molta fatica a tenere la sua ruota. Come squadra arriveremo ben attrezzati: ci saranno Caruso, Landa, Poels, Mader».
Mohoric ad inizio stagione ha vinto la Milano-Sanremo, la prima monumento della stagioneLo sloveno è stato protagonista anche alla Roubaix, arrivando quinto nel velodromoMohoric ad inizio stagione ha vinto la Milano-Sanremo, la prima monumento della stagioneLo sloveno è stato protagonista anche alla Roubaix, arrivando quinto nel velodromo
Assenza mondiale
Mohoric era tra i corridori assenti al mondiale di Wollongong, una scelta dolorosa ma necessaria. D’altronde quando la condizione non c’è, è inutile rincorrerla arrivando ad esaurire le energie fisiche e mentali. Così, il (quasi) 28enne sloveno, è rimasto a casa ed ha lavorato per ritrovare il giusto colpo di pedale.
«Solo prima delle gare in Canada – spiega riferendosi alla mononucleosi che lo ha colpito al Tour – ho iniziato a sentirmi meglio. Quelle corse sono state utili per recuperare il ritmo gara e per rimettermi un po’ in sesto. Una volta rientrato in Europa, mi sono allenato per una decina di giorni, rinunciando al mondiale, per arrivare al meglio alla CroRace. Non disputare la corsa iridata mi è dispiaciuto molto, ma il viaggio era lungo e presentarsi lì fuori condizione mi avrebbe precluso tutto il finale di stagione. Passare per la gara a tappe croata mi ha aiutato a trovare condizione e continuità, caratteristiche utili anche in vista dell’inverno. Fossi uscito dal Tour con una buona gamba, in Australia ci sarei andato sicuramente, anche perché il percorso era molto vicino alle mie caratteristiche. Queste gare che vengo a fare in Italia, servono per non fermarmi, con grandi probabilità al Gran Piemonte sarò il leader della squadra visto che al 99 per cento ci sarà una volata».
La CroRace è stata una corsa fondamentale per la crescita di Milan, Mohoric ne è sicuroLa CroRace è stata una corsa fondamentale per la crescita di Milan, Mohoric ne è sicuro
Spazio a Milan
Alla CroRace abbiamo assistito ad una bella doppietta di Jonathan Milan. Il friulano ha indossato anche la maglia di leader, poi ceduta a Vingegaard alla quinta tappa e riportata alla Bahrain Victorious da Mohoric proprio nell’ultima frazione.
«Sono andato vicino più volte a vincere una tappa – riprende a raccontare Mohoric – ma sono contento che ad alzare le braccia al cielo sia stato Jonathan (Milan, ndr). Vincere in Croazia o meno non mi avrebbe cambiato la stagione, mentre per un corridore giovane come lui è stato un passo importante. Correre da leader queste gare minori fa parte di un processo di crescita che Milan deve fare per puntare poi alle classiche. Secondo me lui in questi giorni ha fatto due bei passi in avanti».
Vingegaard è tornato a correre alla CroRace e ha vinto la terza tappa, un bel biglietto da visita in vista del LombardiaVingegaard è tornato a correre alla CroRace e ha vinto la terza tappa: bel segnale in vista del Lombardia
E poi c’è Vingegaard…
Mohoric ha visto da vicino il rientro alle corse di Vingegaard, uno dei favoriti per il Lombardia e l’unico che ha deciso di passare dalla CroRace per preparare quest’ultima classica monumento.
«Vingegaard andava già forte – spiega lo sloveno – è diverso fare le gare di un giorno o fare una corsa a tappe, seppur breve come la CroRace. Nel secondo caso hai più possibilità di sfruttare le tappe creando maggior fondo. Si tratta di una preparazione diversa, ma da un certo punto di vista migliore. Se fai le corse di un giorno in Italia, come Tre Valli o Giro dell’Emilia, dai tutto ogni volta e rischi di impiegare più tempo per recuperare. Dalla mia esperienza mi viene da dire che è meglio distribuire lo sforzo, sfruttando le gare a tappe per prepararsi al meglio».
Una delle principali novità è che questo rapporto viene ufficializzato, per certi versi istituzionalizzato. Renzo Boscolo, che del CTF è il responsabile tecnico, sottolinea però come dal punto di vista pratico poco cambi.
«E’ l’evoluzione naturale di un rapporto in essere da tempo – dice – e che sta dando buoni frutti. La nostra struttura non cambia, soprattutto perché noi principalmente continuiamo ad avere atleti di primo e secondo anno nella categoria, quindi impegnati ancora con la scuola. Questo significa che dobbiamo privilegiare, nella prima parte dell’anno, impegni regionali e nazionali. Poi si allargano i nostri orizzonti una volta che i ragazzi sono liberi dagli impegni di studio».
Boscolo con il suo ex allievo Jonathan Milan, esempio del rapporto con il Team BahrainBoscolo con il suo ex allievo Jonathan Milan, esempio del rapporto con il Team Bahrain
La filosofia non cambia
Il team sta infatti affrontando una serie di gare all’estero, ultimo il Giro di Slovacchia (in apertura i ragazzi del CTF a confronto dopo una tappa) e per la società friulana gare simili sono un passaggio obbligato.
«E’ il nostro modo di lavorare – spiega – ogni gara, ogni giornata di allenamento o impegno agonistico sono tasselli nella costruzione di quel puzzle che è l’atleta. Siamo contenti del lavoro fatto e andiamo avanti sulla stessa strada».
Il rapporto con il team Bahrain diventa però molto più strutturale e soprattutto va a coinvolgere anche un altro team, quella multinazionale chiamata Cannibal della quale avevamo già avuto modo di occuparci. Van Mechelen aveva annunciato grandi novità al riguardo. Queste non riguardavano solo l’approdo nell’orbita di team WorldTour come era logico fosse, ma anche l’inserimento in un discorso più ampio.
I ragazzi del Cannibal Team, provenienti da ben 17 Paesi. Ora lavoreranno in sinergia con il CTFI ragazzi del Cannibal Team, provenienti da ben 17 Paesi. Ora lavoreranno in sinergia con il CTF
Filiera da junior a pro’
Non è un caso se la Bahrain Victorious ha annunciato il coinvolgimento dei due team in contemporanea. Con loro si va a formare una vera e propria filiera. I migliori talenti del Cannibal Team (a meno che non abbiano deciso di percorrere nuove strade seguendo i dettami dei propri procuratori) andranno a proseguire la loro carriera nel CTF. Il team Bahrain Victorious avrà poi una prelazione sul loro passaggio al professionismo.
«E’ un ulteriore progresso – dice Boscolo – nel nostro rapporto con loro. Conosco bene il lavoro che ha fatto e fa Van Mechelen, la sua è una proposta interessante e innovativa. A livello junior c’è ad esempio l’Auto Eder che fa la stessa cosa per la Bora Hansgrohe».
Vero, ma la squadra tedesca ha un rapporto molto più stretto con quella madre e mantiene al suo interno uno zoccolo duro nazionale. Il Cannibal Team che Van Mechelen ha spiegato, nasce con intenti molto diversi, è forse più lontano come filosofia dal CTF di quanto sia la formazione teutonica.
«Il progetto di filiera – ragiona Boscolo – è qualcosa di nuovo, che andrà sviluppandosi nel tempo. Il nostro team diventerà più multinazionale e accoglieremo volentieri gli atleti che Van Mechelen o lo staff del team Bahrain ci indicheranno. Manterremo però una forte connotazione nazionale, ma direi anche regionale, visti i tanti talenti che escono dal Friuli».
Fran Miholjevic, protagonista nella stagione ha già staccato il biglietto per la Bahrain VictoriousFran Miholjevic, protagonista nella stagione ha già staccato il biglietto per la Bahrain Victorious
Ai vertici nel ranking Uci
«Non solo: continueremo a lavorare anche con quei corridori che riteniamo capaci ma con una maturazione più lenta. Saranno eccezioni, ma nel nostro team ci saranno anche corridori che magari, scaduta l’appartenenza agli under 23, potranno fare un’ulteriore stagione nelle nostre fila per giocarsi le proprie carte».
L’idea del nuovo progetto piace molto a Boscolo. Mantiene da un lato quella parte di incognita che rende attraente il futuro. Dall’altro rappresenta la fiducia che il team si è guadagnato anche al cospetto di una realtà importante come quella araba, tesa a una grande crescita.
«Molti parlano in queste settimane – dice – della Groupama come di un esempio da seguire a livello giovanile. In Italia però ci si dimentica che siamo fra il secondo e il terzo posto nel ranking Uci fra quelli Development, qualcosa vorrà pur dire. La nostra è una filosofia vincente che si sta sempre più sviluppando. Poi non dimentichiamo che starà sempre al corridore riuscire a crescere e a guadagnarsi il suo spazio fra i pro’. Noi possiamo solo dargli gli strumenti per riuscirci».