Ciccone senza mezze misure: «Punto al Giro»

15.12.2023
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CALPE (SPAGNA) – «Vado al Giro d’Italia come si deve. Da capitano. Per la classifica». Finalmente un corridore che parla senza mezzi termini. Senza troppi giri di parole, schietto, diretto, come la sua terra: l’Abruzzo. Giulio Ciccone ci ha accolto così nel suo ritiro dicembrino in quel di Calpe. La Lidl-Trek  è in fermento. Come più volte abbiamo già scritto c’è un sacco di personale che corre da una parte all’altra. Meeting, riunioni, visite, set up… interviste.

Prima di sedersi a parlare con noi, Giulio cerca qualcosa da sgranocchiare sul banco della sala a noi riservata. Ci sono tutti prodotti messi a disposizione da Lidl, che poco prima ci ha offerto un pranzo gourmet preparato da una graziosa e preparatissima chef.

«Dopo il finale di stagione un po’ movimentato – anticipa Ciccone – ora tutto va bene e siamo qua operativi. Pronti a ripartire». L’entusiasmo non manca. Così come non manca la passione per le grandi corse a tappe. Una passione mai sopita in “Cicco”.

Ciccone (classe 1994) si appresta ad affrontare la 9ª stagione da pro’, la quinta col gruppo di Guercilena
Ciccone (classe 1994) si appresta ad affrontare la 9ª stagione da pro’, la quinta col gruppo di Guercilena
Di colpo l’anno scorso arriva un nuovo coach e dice che hai un motore enorme. Al Tour vai forte fino alla fine. Il Giro 2024 offre un’occasione importante e tutto cambia. Quindi al Giro cosa farai?

E’ la prima volta che proverò in maniera seria a fare classifica. Cercherò di sfruttare i mezzi della squadra, dello staff e tutto ciò che vi ruota attorno. E’ una sfida, una nuova sfida per me. Mi fido delle persone che lavorano con me, mi conoscono bene e sono state anche loro non dico a convincermi, ma a dirmi che si può fare.

Non è la prima volta che sei capitano, ma come hai detto tu stavolta è diverso: pensi di essere pronto?

Credo di sì, anche perché c’è la fiducia da parte della squadra. Lo scorso anno, nonostante i problemi proprio prima del Giro, ho dimostrato una certa solidità per tutta la stagione. Siamo un gruppo ormai affiatato e il progetto è condiviso da tutti. Questo non è solo il progetto di Giulio Ciccone. Ci sono tante persone dietro che lavorano. Non ci siamo svegliati da un giorno all’altro e abbiamo detto: «Andiamo a fare classifica al Giro».

Di questi tempi poi…

Chiaro, siamo consapevoli che ci sono tante cose da migliorare. E la prima che mi viene in mente è la cronometro. In tanti dicono: «Eh, ma al Giro ci sono molti chilometri contro il tempo». Ma come ripeto, c’è un lavoro dietro di molte persone e la sfida è anche questa. Siamo una famiglia: può sembrare una frase fatta, ma non lo è.

Hai toccato il discorso della crono. Il prossimo Giro ne propone quasi 70 chilometri. Ci state già lavorando? Hai fatto dei test anche per il body?

Sì, sì… ci stiamo lavorando sotto forma di test per valutare tutti i miglioramenti. L’intera struttura è già all’opera. Ho già svolto dei test in pista e ne farò altri. Poi ci sarà la galleria del vento: tutte cose nuove che non ho mai fatto prima.

L’abruzzese sa bene che dovrà lavorare molto per la crono
L’abruzzese sa bene che dovrà lavorare molto per la crono
In quale galleria del vento?

Non so se andremo in Olanda o altrove, stiamo valutando. Per ora abbiamo fatto i test con gli ingegneri su pista. E lì si lavora su tutto: sui materiali, sui body, sui manubri, sulla posizione chiaramente. Poi è chiaro, 70 chilometri sono tanti.

E poi quel giorno il tuo avversario non sarà Ganna, dai…

No, no! Però dovrò comunque dare il massimo e cercare di rimanere in linea con i miei avversari. Non devo vincere la cronometro, non devo arrivare nei primi cinque o dieci. Ma il bello di questo progetto è anche questo, perché c’è qualcosa in più che mi stimola. L’anno scorso avevo l’obiettivo di tornare a vincere e ci sono riuscito. A dimostrazione che se sto bene, le cose girano. Voglio alzare l’asticella. Non voglio mettermi pressioni da solo, però non mi pesa neanche dirlo e non mi va nemmeno di nascondermi.

Il buon Tour dell’anno scorso ha spinto un po’ in questa decisione? Ricordiamo che nella terza settimana, per difendere la maglia a pois, eri sempre davanti e hai speso molto.

Un po’ sì, diciamo che quello è stato un momento importante. Non è stato solo il Tour ad influire, ma l’intero anno. Ho sempre ottenuto buoni risultati e buone performance. Ho vinto anche al Delfinato e al Tour, ero ancora competitivo, nonostante comunque abbiamo dovuto cambiare i piani all’ultimo perché, ripeto, per me l’obiettivo l’anno scorso era il Giro.

Avevi preso il Covid dopo la Liegi…

E nonostante tutto sono riuscito a fare quello che volevo. Quindi è stata l’intera stagione che ci ha dato fiducia.

La bella prestazione all’ultimo Tour, con tanto di maglia a pois, ha incentivato l’idea di dare l’assalto al Giro
La bella prestazione all’ultimo Tour, con tanto di maglia a pois, ha incentivato l’idea di dare l’assalto al Giro
Il giudizio del tuo allenatore quanto pesa in tutto ciò?

Quello è stato un motivo che mi ha spinto ancora di più. Alla fine mi rendo conto delle persone importanti che ho intorno. E se certe cose me le dicono il preparatore e il mio manager, allora vuol dire che siamo pronti per provare a fare quello step in più. Inoltre adesso ho anche l’età giusta. Io ho sempre detto che mi rivedo nella vecchia generazione. Ormai tutti siamo abituati a vedere i ventenni spadroneggiare. E a 28 anni mi dicono: «Ma che cavolo fai»? Ma io vengo dal vecchio percorso delle categorie giovanili e in quel percorso le cose belle iniziavano a 27-28 anni.

Indurain, vecchia generazione, ha vinto il suo primo grande Giro a 27 anni…

Ognuno vede il ciclismo a modo suo. Secondo me adesso sono abbastanza maturo per poter provare quel qualcosa in più. Prima non lo ero.

Con le nuove teorie della crono, in cui si sta un po’ più alti con le mani, secondo te lo scalatore è un po’ avvantaggiato rispetto al passato,  quando invece si stava schiacciati e distesissimi?

Qui si apre un mondo infinito, è qualcosa di incredibile e non si tratta solo di posizione. Basta pensare che un copriscarpe o un guanto, una manica lunga piuttosto che una manica corta, ti possono far vincere o perdere. Non riesci a sentire questi effetti, ma alla fine della prova sono i numeri che parlano. Ormai è tutto studiato. Abbiamo non so quanti ingegneri che fanno questo lavoro: chi si occupa solo dei manubri, chi del vestiario, chi fa degli scanner in 3D… Quindi più che il potenziale e la tipologia del corridore, che ovviamente contano, se oggi riesci ad avere dei buoni parametri, un buon “contorno”, riesci a spingere.

Ciccone ha corso 11 grandi Giri, il miglior risultato è il 16° posto nel Giro 2019 (in foto), quando fu anche miglior scalatore
Ciccone ha corso 11 grandi Giri, il miglior risultato è il 16° posto nel Giro 2019, quando fu anche miglior scalatore
L’obiettivo è esprimere tutto il proprio potenziale, insomma.

Servono uno staff adeguato, il materiale giusto che ti permetta di esprimere quei numeri. Come succedeva a me in passato: i numeri in termini di potenza erano buoni durante le crono ed era inspiegabile che perdessi così tanto. Io spingevo, il problema è che la mia spinta non rendeva: mancava il contorno. 

Dopo quest’ampia parentesi sulla crono, che comunque avrà il suo bel peso, torniamo alla corsa rosa. Quale sarà il tuo avvicinamento?

Abbiamo inserito l’altura ad aprile sul Teide e in generale farò qualche gara di meno. Sarà tutto improntato sul Giro: preparazione, corse, altura, corse… Dovrei però fare la Liegi. L’ho chiesto io, perché mi piace molto. E’ anche un modo per arrivare già belli “cattivi” e rodati per per la partenza del Giro. Tanto più che sarà subito duro. C’è Oropa alla terza tappa.

Hai dato uno sguardo al percorso? Andrai a vedere delle tappe?

Sì, gli ho dato una bella occhiata. Molte salite le abbiamo già fatte, le conosco. Di certo andremo a vedere le crono. Il problema è che adesso con con le gare, i ritiri, le trasferte è difficile trovare il tempo. Ma piano, piano faremo tutto.

Matej Mohoric: «Il ciclismo secondo me»

14.12.2023
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ALTEA (Spagna) – Vince su strada. Classiche e tappe. Da solo e al colpo di reni. Nel memorabile attacco in discesa dal Poggio e persino nel gravel. Per conquistare il Giro di Polonia ha dovuto difendersi in un traguardo volante e nella crono aveva lavorato sui centesimi di secondo per mantenere il primato. Fa ogni cosa con cognizione di causa, ogni cosa con la massima intelligenza: è Matej Mohoric.

Lo sloveno della Bahrain-Victorious è in Spagna con i compagni. Si sta avvicinando alla sua undicesima stagione da professionista. Sempre con la stessa voglia, la stessa serietà e la stessa grinta. Anche se magari non lo lascia vedere, quella in lui non manca mai.

Matej Mohoric (classe 1994) con l’addetta stampa del suo team, Simona Mazzoleni
Mohoric (classe 1994) con l’addetta stampa del suo team, Simona Mazzoleni
Matej cos’è per te il ciclismo?

E’ la mia passione, soprattutto… E lo è da quando ero piccolo. Adesso è anche il mio lavoro e ogni giorno sono grato di poter dire che la mia passione è anche il mio lavoro.

Sei sempre molto meticoloso, su ogni cosa, preciso in ogni aspetto: ma c’è una parte che curi di più?

Presto molta attenzione ai dettagli, perché magari fisicamente ci sono atleti un pelino più forti di me. Però il nostro sport sta diventando sempre più tecnico, uno sport in cui i dettagli assumono maggior peso e non mi riferisco solo ai materiali, ma anche alle strategie, al modo di correre, all’efficienza durante una gara. Io sono forse più bravo degli altri a curare questi aspetti che influiscono sulla performance.

Ed è proprio qui che volevamo arrivare. Perché, come detto, Mohoric vince al colpo di reni al Tour, gesto che non tutti sanno fare così bene? Perché Mohoric vince un Polonia con un traguardo volante, curando alla perfezione quella volata?

Come detto, curo gli aspetti tecnici e tattici, ma anche quelli della bici e quelli psicologici. Sapete, non tutti sono sicuri di se stessi al 100 per cento. Nel corso di questi anni, ho capito che non riesco a fare di più del mio massimo, quindi ogni giorno provo a dare il meglio di me stesso e cerco di sfruttare al meglio tutto il resto. Sono stato battuto tante volte e mi va anche bene… Ma mi va bene finché sono convinto che ho fatto tutto il possibile. Pertanto cerco di restare concentrato su me stesso. Di essere sicuro. Magari altri hanno delle “fisse”, sono meno sicuri e commettono degli errori.

A “fionda” giù dal Poggio con il reggisella telescopico. Un tipico colpo alla Mohoric: gambe, coraggio, intelligenza, furbizia. La Sanremo 2022 è sua
A “fionda” giù dal Poggio con il reggisella telescopico. Un tipico colpo alla Mohoric: la Sanremo 2022 è sua
Hai parlato anche di aspetti psicologici, cosa pensi quando sei in bici? Sia quando ti alleni che quando invece sei in corsa…

Sento la felicità di poter fare questo lavoro. Ma cerco sempre di migliorare ogni aspetto della mia performance. Non guardo tanto gli altri, anche perché so che alcuni sono molto più forti, quindi non è quella la mia motivazione. La mia motivazione è migliorare me stesso. E credo che prendere le decisioni giuste aiuti molto più di quel che si possa pensare. E questo vale anche come squadra. Spesso non siamo i favoriti, ma siamo pronti a sfruttare gli errori dei numeri uno e in qualche occasione siamo riusciti a batterli.

C’è un posto del gruppo che preferisci? Che senti il “tuo”?

Sì c’è ed è correre sempre davanti, nel posto che credo essere meno pericoloso. Voglio sempre vedere la strada, anche se spreco qualcosa in più. Ma preferisco così, preferisco avere il controllo che non averlo e risparmiare qualcosa. E poi è sempre meglio che essere dietro e dover inseguire.

Hai parlato di dettagli e materiali: hai cambiato qualcosa sulla bici? Stai lavorando su qualcosa in particolare?

Lo sta facendo la squadra. Abbiamo grande supporto dai partner. Oggi quando si parla di migliorare c’è sempre un lavoro di squadra, non è mai personale, ed è così in ogni cosa. Sì, io do parecchi feedback delle cose nuove che stiamo provando, ma poi il lavoro concreto spetta a loro. 

A Pieve di Soligo, lo sloveno ha conquistato il mondiale gravel. Anche quel giorno se l’era studiata bene
A Pieve di Soligo, lo sloveno ha conquistato il mondiale gravel. Anche quel giorno se l’era studiata bene
Quest’anno al Polonia, ci dicevi delle ore che passavi sulla bici da crono. Pensi di incrementare ancora il monte delle ore?

No, perché vorrei essere più efficiente possibile sulla bici da strada. Ho dei grandi obiettivi nella primavera. Prima e dopo il Tour… e non sono obiettivi a crono. Quello che dissi al Polonia fu una constatazione relativa a quel momento. Se io passassi più ore sulla bici da crono, chiaramente migliorerei contro il tempo, ma non su sulla bici da strada. Ed è lì invece che voglio essere efficiente. Quindi: 110 per cento sulla bici da strada.

Quali sono questi grandi obiettivi di Matej Mohoric?

Simili a quelli dell’anno scorso (quindi classiche del Nord, Tour e finale di stagione, ndr) con la differenza che è l’anno olimpico. Penso di andare a Parigi. In più al calendario su strada aggiungerò anche qualche corsa di gravel. Questa è una disciplina che, oltre a piacermi, secondo me ha tanto, tanto potenziale. E anche i nostri partner spingono per farla diventare ancora più importante.

Al netto del risultato, mi sa che ti sei divertito parecchio al mondiale gravel… Hai guidato come un leone!

Sì, mi sono divertito, anche perché eravamo lì in quelle zone d’Italia. Da bambino sono cresciuto su quelle strade. Io da piccolo volevo iniziare a correre in mtb, però da noi in Slovenia non era sviluppata e così sono rimasto sulla strada, ma l’offroad è una passione che ho ancora. Mi piace andare fuoristrada anche negli allenamenti. Spero proprio che in futuro il gravel possa diventare più importante.

Longo Borghini e la corsa rosa che piace proprio tanto…

13.12.2023
5 min
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CALPE (Spagna) – Solo poche ore fa è stato presentato il Giro d’Italia Donne. Un Giro duro, entusiasmante, in cui l’Appennino in qualche modo è il protagonista e non solo per l’arrivo sul Blockhaus. Anche a vederla, la planimetria, ricalca la spina dorsale del Belpaese. Un percorso che fa sognare Elisa Longo Borghini.

La piemontese si accende letteralmente in volto quando nel corso dell’intervista si tocca il tasto del Giro Donne

Elisa è in ritiro con la Lidl-Trek, tutta. E’ incredibile quanto sia grande questa squadra. Non solo per il numero di corridori, ma anche dello staff. Ci sono le WorldTour maschile e femminile, ci sono la development e un indefinito numero di tecnici e personale appunto. Ma è bello tutto ciò. Ci dice di un ciclismo che cresce, che si evolve.

Dopo essere rientrata dalla sgambata, un’oretta facile facile, Longo Borghini viene da noi.

Nonostante la stagione poco fortunata, Longo Borghini ha vinto 5 corse in appena 30 giorni di gara
Nonostante la stagione poco fortunata, Longo Borghini ha vinto 5 corse in appena 30 giorni di gara
Vacanze finite, Elisa, hai recuperato?

Ho recuperato sin troppo! Scherzi a parte, ne avevo bisogno. Il mio corpo ne aveva bisogno, anche se fermarsi per un corridore è sempre difficile. Però avevo veramente la necessità di fare un periodo di reset perché è stato un 2023 abbastanza duro. Dopo la setticemia del Giro è stato difficile cercare di recuperare anche solo un po’ di forma nel corso dell’anno. Ma poi mi sono resa conto che proprio non c’ero fisicamente e ho dovuto staccare.

Quando hai ripreso ad allenarti?

Tre settimane e mezzo fa. Sono ancora nella fase di completo condizionamento. Sto facendo palestra e distanze, tutto incentrato sull’endurance. Non ho mai toccato neanche un secondo la soglia in questo periodo.

Beh, forse è anche piacevole pedalare così, specie con le temperature che ci sono qui in Spagna…

Un po’ sì, però da corridore ti piace sempre andare forte. Ti manca quel feeling dello spingere su una salita o di fare qualcosa di un po’ più brioso. A me piace andare in bici, quindi non ho particolari problemi, però quando sei in quella Z2 o Z3 e sulle salite vedi che non vai avanti… qualche domanda te la fai! Ma fa parte della preparazione, ci vuole pazienza e bisogna farlo: punto.

Si avvicina l’anno olimpico, le scelte saranno importantissime: hai già una bozza di programma?

Il programma verrà completato in questi giorni. Credo d’iniziare al UAE Tour e farò le classiche del Nord e quelle delle Ardenne. Per me le Olimpiadi chiaramente sono un obiettivo molto grande, quindi cercherò di arrivarci in una buona condizione sia per la squadra che per me. Ma adesso come adesso la mia aspettativa principale è un’altra.

Quale?

E’ quella di essere sana, di non avere alcun tipo di problema fisico per poi essere pronta per le competizioni. Se le gare le devo perdere, che le perda perché le altre sono più forti e non perché io non sia al 100 per cento. Non voglio rincorrere la forma per il Covid, per un’influenza o per qualsiasi altro problema. Ad ora quindi il mio più grande obiettivo è quello avere una stagione lineare.

In volata sei migliorata precchio, lo sprint con Van Vleuten al Giro Donne ne è la conferma. C’è altro da migliorare? Si lavora ancora su quello?

Sicuramente c’è tanto da migliorare. Sapete, mi fate ora questa domanda e sono in un momento in cui tutto è da migliorare. Se invece parliamo di una condizione top, per me continuare a lavorare sulla volata ha una grande importanza. Come avete detto: mi trovo sempre lì nel finale con tre o quattro ragazze, che alla fine hanno le mie stesse caratteristiche. Pertanto essere più veloce mi potrebbe dare qualche soddisfazione in più. Un’altra cosa da migliorare è l’efficienza, perché quando ti trovi sempre con quelle tre o quattro che, come ripeto, hanno le tue caratteristiche, alla fine vince anche chi ha le gambe più fresche e non per forza chi ha la punta di velocità maggiore. Quindi devo lavorare tanto sulla base, su questa maledetta o benedetta Z2!

Elisa, molti tuoi colleghi ormai utilizzano il termine efficienza, vogliamo definirlo?

Un ciclista diventa efficiente quando ad una determinata intensità spende meno e quindi produce meno lattato. Risparmia energie ed è risparmiando tante energie che poi nel finale è più fresco. Oggi siamo talmente tutte tirate all’estremo che le gare si vincono o si perdono per mezzi centimetri e la differenza la fa chi bada meglio ai dettagli. A me piace guardare i dettagli ed essere precisa. Questa è una cosa che mi affascina.

Ieri è stato presentato il Giro Donne e tu hai anche fatto un collegamento da qui, dalla Spagna, cosa ti è sembrato?

Mi sembra un bel Giro. Non ti permette di perdere la concentrazione in nessuna tappa, a parte forse una, la seconda mi sembra, che arriva in volata. Tutte le altre sono frazioni che magari sulla carta possono sembrare anche semplici, ma hanno sempre qualche insidia.

Longo Borghini con coach Slongo: Elisa si fida totalmente di Paolo
Longo Borghini con coach Slongo: Elisa si fida totalmente di Paolo
Tipo?

Un arrivo su uno strappo, un arrivo su un salita che dovrebbe essere pedalabile, ma che poi così pedalabile non è. E poi mi piace molto il fatto che ci sia questa crono iniziale.

Perché?

Perché è subito una tappa in cui puoi guadagnare tanto, ma anche perdere tanto se non ti fai trovare pronta. E anche questo è un aspetto molto interessante. Sinceramente mi piace: è un Giro che mi piace.

Tornando un po’ al discorso delle scelte oculate, il Giro Donne contrasta con le Olimpiadi o va bene?

Questo non lo so. Io mi affido a Paolo Slongo e lui di solito riesce sempre a prepararmi bene per gli appuntamenti. Si vedrà strada facendo cosa farò al Giro e se ci sarò. Ma sapete, io sono un’atleta un po’ sanguigna, nel senso che va bene la preparazione, vanno bene le Olimpiadi… Però a me il Giro piacerebbe farlo e farlo forte.

Grande Elisa! Insomma hai “alzato la mano”?

Un pochino sì, poi è chiaro che sto agli ordini della squadra. Però il Giro è il Giro.

Due passi sulla spiaggia con Zambanini che racconta…

12.12.2023
4 min
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ALTEA (Spagna) – Fare due passi sulla spiaggia è uno dei modi migliori per parlare. Il suono dei ciottoli trascinati dalla risacca è rilassante e crea decisamente la giusta atmosfera perché Edoardo Zambanini metta in ordine le idee ai nostri “microfoni”.

Il corridore della Bahrain-Victorious si appresta ad affrontare la terza stagione da professionista. E quasi non se ne rende conto. «Il tempo – dice il trentino – sta veramente volando. Dico davvero, c’è da pensare: sono già all’inizio del terzo anno. Almeno posso dire che questi due anni sono passati come un fulmine, forse per l’emozione, forse perché mi sono divertito molto. Insomma l’ho vissuta in un bel modo».

Prima del ritiro e della totale ripresa, Zambanini si è goduto la neve dei suoi monti con lo sci alpinismo (foto Instagram)
Prima del ritiro e della totale ripresa, Zambanini si è goduto la neve dei suoi monti (foto Instagram)
Come archivi il tuo 2023?

E’ stato un anno di alti e bassi anche dal punto di vista fisico. Ho preso due volte la bronchite: la prima poco prima della Tirreno e poi nel finale di stagione. Quella prima della Tirreno ha scombussolato il programma per il Giro d’Italia. Ho saltato l’altura e ho fatto i Baschi anziché la Tirreno appunto. Però dai, alla fine è stata una stagione d’esperienza che mi ha fatto crescere. 

E cosa hai capito?

Che non è sempre tutto come si pensa. Bisogna mettere in conto anche qualche difficoltà. Diciamo che nel mezzo del viaggio, non ci sono solo i programmi e la bici, ma anche altri fattori.

Quest’anno da dove riparti?

Riparto da un passo più avanti. Difficile magari dire in percentuale quanto sia migliorato. Ma credo che in questi due anni abbia accumulato quell’esperienza che solo il correre con i pro’ ti dà. Sapere quando è il momento di stare più coperti, il momento in cui bisogna osare, quando bisogna aiutare la squadra… 

Zambanini (classe 2001) ha buone doti da scalatore e di recupero, caratteristiche ideali per i GT
Zambanini (classe 2001) ha buone doti da scalatore e di recupero, caratteristiche ideali per i GT
C’è qualcuno che ti ha tirato un po’ le orecchie in corsa? Qualche maestro?

Dopo le tappe facciamo sempre un breve “recap” e analizziamo il tutto. Ma avendo visto sempre il mio massimo impegno, le orecchie non me le hanno tirate! Ho sempre cercato di stare il più possibile vicino ai capitani e alla squadra. Poi magari qualcosa è andato anche storto, ma non mi sembra di aver fatto grandi errori.

Quale sarà il tuo programma per il 2024?

Di preciso ancora non lo so, ma spero più o meno un programma simile a quello del 2023: mi sono trovato bene. Sono partito alla Ruta del Sol, Paesi Baschi, Tour of the Alps, una gara che mi piace molto, e il Giro. Ricordo dopo il Giro non sono neanche tornato a casa, sono stato 4-5 giorni, da mia nonna a Padova e sono filato al Delfinato.

Poi però d’estate hai tirato il fiato?

Sì, ho ripreso a luglio con l’altura a Livigno, quindi Burgos, Plouay e Canada. Il Canada mi è piaciuto tantissimo. E’ stata una trasferta bellissima in cui mi sono divertito molto. Era la prima volta che andavo lì. Poi erano corse di un giorno e non sapevo bene cosa aspettarmi. Da lì, poi ho concluso la stagione con le classiche italiane e la Japan Cup.

Al Giro il trentino si è goduto l’abbraccio della sua gente, specie nella tappa del Bondone
Al Giro il trentino si è goduto l’abbraccio della sua gente, specie nella tappa del Bondone
E quindi questo è quel che ti piacerebbe fare l’anno che verrà. E alle Ardenne non ci pensi?

Sì, quello sarebbe un altro passo in avanti. E infatti coi diesse ho “alzato il braccio”! Non so se ci andrò quest’anno, ma nei prossimi mi piacerebbe. Quelle delle Ardenne sono gare belle e che mi si addicono. Sono anche per gli scalatori.

Scalatori: dopo due anni da pro’ sapresti definire meglio che corridore è Zambanini?

Un corridore da corse a tappe, quelle di una settimana ma anche per un grande Giro. L’anno scorso alla Vuelta, per esempio, mi sono trovato bene. Ero al primo anno e non pensavo di finirla. E invece non solo l’ho finita ma anche bene, specie negli ultimi giorni. E anche quest’anno al Giro è stato simile. Sono partito così, così per via di quell’avvicinamento non ideale, ma l’ultima settimana è stata quella in cui mi sono divertito di più. Quando sono arrivate le tappe alpine mi sentivo in forma. Ero in crescita.

Quale potrebbe essere un obiettivo concreto per il prossimo anno?

Cercare qualche buon risultato, strappare un podio o comunque avvicinarmi alla vittoria.

Magari al Tour of the Alps che è la corsa di casa…

Eh sì! Ci punterei molto. Essendo in casa ho anche quello stimolo in più. Ad esempio quest’anno al Giro d’Italia, la tappa del Bondone è stata un’emozione immensa. Io sono nato lì e a partire dalla prima salita ho avuto persone che mi hanno urlato, tifato. Ho un fans club, con amici, familiari, che sul Bondone ha fatto un “casino” micidiale. Salivo con la pelle d’oca. 

A Benidorm con i ragazzi di Reverberi. Ripetute e progetti

11.12.2023
7 min
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BENIDORM (Spagna) – Sono le 7,30 quando suona la sveglia dei ragazzi della Green Project-Bardiani-CSF-Faizanè (dal prossimo anno la squadra si chiamerà VF Group-Bardiani-Faizanè). I corridori dei Reverberi sono alloggiati in uno dei grattacieli della cittadina balneare della costa valenciana. Come molti altri team del resto. La “BIA” prima della colazione, prevista alle 8, e alle 10 tutti in sella sulle nuove De Rosa, presentate giusto qualche giorno fa.

Si pedala in gruppi da nove, non di più. Altrimenti scatta la multa. Qualche squadra l’ha già presa. Lampeggiante sull’ammiraglia, cartello “atención ciclistas” ben in vista e si va. Il menù di oggi prevedeva quasi 5 ore con dei lavori (in apertura foto di Gabriele Reverberi).

Col piede giusto

Fiorelli guida in sella il gruppo che seguiamo noi. L’altro, seguito da Alessandro Donati, è già partito. Noi seguiamo l’ammiraglia di Roberto e l’altro direttore sportivo, Luca Amoriello. Durante l’avvicinamento al Col de Rates si fa il riscaldamento. A turno i ragazzi fanno delle volate.

L’atmosfera sembra buona, così come il piglio dei ragazzi. La Green Project-Bardiani è cambiata pochissimo, solo quattro arrivi e tutti giovanissimi.

«I nostri senatori – dice Reverberi – ormai sono Tonelli e Gabburo. Siamo partiti abbastanza bene, credo. Vedo un bel gruppo, sono tutti ragazzi abbastanza giovani. Così come sono giovani e molto preparati anche i nostri medici, i preparatori… Anche loro sono fiduciosi: hanno visto che gli atleti si sono presentati in ottime condizioni rispetto all’anno scorso.

«Questo anche perché dopo un anno che lavoriamo con questo staff, i ragazzi hanno preso fiducia. Hanno capito che lavorano bene e quindi li seguono. E’ uno staff da WorldTour».

La squadra emiliana ha programmato anche un ritiro per gennaio, sempre qui. «Perché vogliamo davvero partire bene». Anche la scelta di venire in Spagna non è stata casuale. I “Bardiani” erano degli habitué del Cicalino in Toscana, posto al quale sono tuttora legati, ma certo il clima non è lo stesso. Oggi si sono toccati i 27 gradi, per dire…

Ripetute a go-go

La destinazione era il Col de Rates, dal versante di Altea. Roberto Reverberi, team manager, come tutto il resto dello staff è a bordo strada. Osserva i suoi atleti fare le ripetute: serie da 5′ ognuna con wattaggio crescente.

E’ un continuo saliscendi e non solo dei suoi ragazzi. Anche gli Uno-X stanno facendo lo stesso lavoro. Passano Kristoff, Magnus Cort… e così tante altre squadre. Oldani, ormai alla Cofidis, lancia un saluto. 

In questo giovane gruppo c’è anche qualche diamante, magari non ancora grezzo, ma certamente di valore. Pensiamo soprattutto a Pellizzari, Marcellusi che sono giovani, ma anche a certezze, tipo Fiorelli, Zoccarato… che garantiscono buoni rendimenti.

«Da questi ultimi due atleti ci si aspetta molto – va avanti Reverberi – a mio avviso sono atleti che non si sono mai espressi al loro massimo. Però vedo che quest’anno l’hanno presa con più serietà, come tutti. Mi sembra quasi che, contrariamente a quanto ci si possa aspettare, siano loro ad essere spronati dai più giovani. Oggi i giovani arrivano velocemente e vanno forte, sono nati con certe metodiche di allenamento».

Quasi per tutti il peso era buono, come si diceva, e anche la fase di lavoro che stanno svolgendo sul Col de Rates è stata redatta dai coach interni. Nessuno quest’anno ha protestato o ha detto la sua perché in contrasto con la preparazione indicata dal proprio coach. Sono tutti piuttosto allineati.

«E’ cambiato l’approccio dei corridori allo staff tecnico – sottolinea Roberto – hanno più convinzione e cognizione, soprattutto per quel che concerne i tempi di recupero in questa fase».

Verso il Giro

Si lavora e si programma pensando al Giro d’Italia, il grande obiettivo. La Green Project-Bardiani non è certa della partecipazione, però è anche vero che una professional italiana dovrà esserci per regolamento.

E la programmazione in vista del Giro è forse la novità maggiore. Non avendo un uomo da classifica o un velocista, si portavano gli uomini più in forma, con la conseguenza che per andare al Giro si scatenavano una sorta di trials interni. Una lotta che portava i ragazzi a dare tutto prima della corsa rosa e poi magari a non essere al top quando contava veramente. Le cose sembrano essere cambiate.

«Che dire – prosegue Reverberi – noi il Giro l’abbiamo sempre fatto. Non è mai scontato, però siamo stati la prima squadra italiana nella classifica mondiale e ci siamo da più di 40 anni. Abbiamo lanciato molti corridori nel WorldTour e credo che un po’ di riconoscenza dal mondo del ciclismo ci dovrebbe essere.

«Riguardo alla programmazione per il Giro, abbiamo 22 corridori in organico e all’85 per cento già sappiamo chi lo farà. O comunque chi è più papabile. E infatti per questi atleti abbiamo già programmato sia i ritiri qua in Spagna, che in altura, ma è anche vero che la convocazione è aperta a tutti. Abbiamo tanti giovani, ma se si dimostrano attrezzati siamo pronti a buttarli dentro.

«Sia per fargli fare esperienza che, magari, per portare a casa una tappa. Anche se siamo consapevoli che vincerne una è difficilissimo. Oggi nelle fughe da lontano ci sono nomi importanti o gente che è uscita di classifica. Insomma, alla Vuelta in fuga ci andava Evenepoel».

Reverberi e una suggestione

Si torna in hotel. La sala da pranzo è chiusa, ma non per i corridori. Patron Bruno brontola un po’, giustamente, per il ricco buffet di dolci che viene proposto sul banchetto della sala. Una tentazione forte per i ragazzi.

Si mangia. Poi riposo e tempo libero, tra massaggi, stretching. L’importante è che alle 19,30 ci si ritrovi puntuali per la cena.

«La classifica al Giro – prosegue Roberto – non l’abbiamo mai curata particolarmente. Però c’è Covili che ogni anno cresce un po’ e magari potrebbe arrivare tra i primi 10-12».

A questo punto, parlando di classifica, lanciamo una suggestione a Reverberi. C’è un certo Domenico Pozzovivo che è ancora libero e a 41 anni sogna di prendere parte alla corsa rosa.

Sarebbe un ritorno storico: il lucano che termina la carriera nella squadra che lo ha lanciato. 

«Credo – dice Reverberi – di aver conosciuto pochi corridori seri a livello atletico e tecnico come il Pozzo. Però noi siamo la squadra dei giovani. Vero, uno come Domenico potrebbe aiutarli comunque. Se n’è parlato, ma non credo verrà. E chiaramente non è per la persona, figuriamoci, ma appunto per il nostro progetto».

Damiano Caruso: parole da veterano, voglia da ragazzino

11.12.2023
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ALTEA (Spagna) – Un sole, che non diresti proprio essere di metà dicembre, scalda i lettini e la piscina dell’hotel dove alloggia la Bahrain-Victorious. Il riverbero è forte e spesso mentre Damiano Caruso parla dobbiamo chiudere gli occhi. Semmai ce ne fosse stato il bisogno, è facile capire perché le squadre vengono qui in ritiro.

Anche se proprio il siciliano, come vedremo, ci dirà che dalle sue parti, Ragusa, non è che le cose siano peggiori. Anzi…

Damiano Caruso, 37 anni, parlotta con il nuovo direttore sportivo, Sonny Colbrelli che, ironia della sorte, è anche più giovane di lui. Ma sappiamo come è andata. Sul volto e nel tono di Caruso quel che regna è la serenità. Lo stato di grazia di chi è qui e apprezza il fatto di esserci.

Caruso (classe 1987), si appresta ad affrontare la sua 16ª stagione da professionista
Caruso (classe 1987), si appresta ad affrontare la sua 16ª stagione da professionista
Damiano sedicesima stagione da pro’, se non erriamo…

No, non sbagliate. E’ proprio così!

Dal tuo primo ritiro nel dicembre 2008 ad oggi cosa è cambiato?

L’approccio. Ai miei inizi, il primo ritiro era più un incontro per conoscere i compagni, i nuovi membri dello staff. Adesso è un ritiro più curato, anche dal punto di vista atletico. E infatti ci si arriva più preparati. Ma questo è normale, è conseguenza del fatto che bisogna arrivare alle gare se non proprio competitivi, con una base più che buona. Una base che ti permetta di crescere durante la stagione, altrimenti il rischio è di dover inseguire per tutto l’anno.

Per esempio tu arrivi qui ad Altea con quanti chilometri e quanti giorni di allenamento?

I chilometri precisi non li so. Ho chiuso la stagione praticamente subito dopo la Vuelta. Ho continuato a pedalare per 15 giorni, poi mi sono fermato tre settimane del tutto. Avevo bisogno di staccare, di rigenerarmi perché ho finito con 30.000 chilometri. Ora sono di nuovo in preparazione e quindi chiuderò l’anno solare con 33-34.000 chilometri.

Che di questi tempi non sono pochi…

Ho cominciato a riprendere seriamente a metà novembre, anche aiutato dal fatto che abito in un posto che non ha niente da invidiare alla Spagna. Di maltempo, per esempio, non ne ho mai preso. Esco con la divisa primaverile e in salita, quando salgo verso Ragusa, metto le maniche corte. Ho lo smanicato per le discese perché si suda. La scorsa settimana è stato incredibile: soffiava scirocco pieno e mi sono dovuto fermare 2-3 volte a prendere l’acqua. Era veramente caldo.

I quasi 70 chilometri a crono del prossimo Giro non dispiacciono affatto al siciliano…
I quasi 70 chilometri a crono del prossimo Giro non dispiacciono affatto al siciliano…
Insomma procede tutto bene?

Sì, ho fatto anche un po’ di palestra quest’anno per mantenere il fisico più tonico. Sin qui tutto sereno e senza particolari intoppi. In questo periodo basta un banale raffreddore, che perdi delle settimane importanti. E il rischio è di ritrovarsi ad inseguire a lungo.

E che stagione sarà quella di Damiano Caruso?

Una stagione che voglio vivere con la massima serenità. Chiaro, comincia una fase della mia carriera in cui bisogna navigare un po’ a vista. Ho già in mente dei periodi in cui mi piacerebbe essere competitivo. E non è un segreto, se dico che voglio farli corrispondere al Giro d’Italia. Ma  devo fare i conti anche con la mia età. Insomma, prima o poi il fisico chiederà il conto. Però di questa stagione mi piace anche il ruolo che sto avendo con i compagni giovani. Non tanto per insegnargli qualcosa, non sono un maestro, ma magari per trasmettergli la mia esperienza. Se qualcuno ha voglia di ascoltare o di avere punti di vista differenti, lo faccio volentieri.

Hai parlato di Giro. Noi l’abbiamo già scritto: Tiberi – Caruso è una è una gran bella coppia per la corsa rosa…

Ho avuto modo di conoscere Antonio durante l’estate e questo inverno abbiamo ricominciato. Ha tutte le carte per ambire a traguardi importanti. Non dobbiamo dimenticare però una cosa fondamentale: ha solo 22 anni. Qualche giorno fa ho letto un articolo così titolato: “Antonio, lo vedremo al Giro, ci dirà se è un campione o meno”. Questo non va bene. Perché mettere così tanta pressione a un ragazzo? Magari in quell’appuntamento dove tutti lo aspettano, per un motivo o per un altro, non va bene e cosa facciamo? Lo demoralizziamo.

Caruso in testa alla “sua” Bahrain (con le nuove divise e le nuove bici) e al suo fianco c’è già Antonio Tiberi (foto Instagram Bahrain)
Caruso in testa alla “sua” Bahrain (con le nuove divise e le nuove bici) e al suo fianco c’è già Antonio Tiberi (foto Instagram Bahrain)
Chiaro, serve il giusto equilibrio.

E noi abbiamo trovato un buon feeling. Ho cercato di spiegargli che il percorso di crescita, a meno che non sei Pogacar, più è regolare e meglio è. Gli servirà per la carriera, nel lungo periodo. Non deve avere l’assillo del risultato. Pensiamo a fare le cose per bene, poi eventualmente analizziamo gli errori e tutto il resto.

Damiano, parli proprio come un veterano e soprattutto con naturalezza. E allora ritorniamo al punto di partenza: chi era il Caruso di 16 anni fa al primo raduno? Come si sentiva dentro quel ragazzino?

Anch’io, come oggi tanti giovani, arrivavo al primo ritiro un po’ teso, ansioso, in punta di piedi. Ma anche con la voglia di far vedere che se ero lì, era perché avevo le qualità. Il mio primo ritiro da pro’ fu con la Lpr di Bordonali a Terracina. La sensazione era quella di un bambino che va al Luna Park. Cercavo di rubare con gli occhi. Oggi per me questo effetto sorpresa va a scemare. Però la voglia di venire al primo ritiro, di ricominciare, di conoscere i compagni… quella è identica. E poi anche perché questo primo ritiro ti lascia margine per fare due battute più del del normale. Questo fa sì che si senta meno il fatto che è il nostro lavoro. 

Capitolo Giro d’Italia. Si profila una gran bella occasione. Hai dato uno sguardo al percorso?

Mi piace. Per il corridore che sono, che ha sempre pagato nelle salite estreme, è un Giro che mi si addice e mi stuzzica. E infatti questo inverno ero indeciso col Tour. Sapete che a me piacerebbe entrare nel club dei corridori che hanno vinto al Giro, al Tour e alla Vuelta. Mi manca appunto la tappa in Francia. Ma sono consapevole del fatto che non posso andare al Tour avendo corso il Giro: non sarei abbastanza competitivo. Pertanto mi sono trovato a scegliere. La squadra è stata super onesta con me. Mi ha detto: «Damiano è una tua decisione, sentiti libero di prenderla». Alla fine ho optato per il Giro perché sento che il progetto che c’è mi può dare di più sia a livello personale che di crescita delle nuove leve.

Al Giro 2021 Caruso fu secondo alle spalle di Bernal e davanti a Simon Yates
Al Giro 2021 Caruso fu secondo alle spalle di Bernal e davanti a Simon Yates
E poi comunque sei il nostro miglior uomo per le corse a tappe…

Col Giro c’è un feeling speciale. E’ la corsa di casa e riesco a tirare fuori il meglio di me. Ad avere la giusta motivazione e la giusta cattiveria. Vedremo se la mia scelta pagherà. Ma a prescindere dal risultato, torno a dire che a 37 anni quello che verrà, sarà tutto di guadagnato. Per esempio quest’anno ho fatto ancora quarto e per me è stato un ottimo risultato. Non potevo chiedere di più, anche perché i tre corridori davanti a me erano palesemente più forti.

Discorso chiaro…

Non è una scusa, ecco. E’ consapevolezza. Io darò il massimo. Sono nella situazione che se Caruso va forte, bene. Se Caruso va piano, io in primis magari sarò dispiaciuto, però è una cosa che devo accettare, perché prima o poi la parabola comincia. Ma questo non significa che mi senta già battuto o appagato. Fosse così, smetterei subito. E invece sento che ho ancora qualche cartuccia da sparare.

Perché la gente vuole così bene a Caruso?

Forse perché ho questo brutto vizio di dire sempre quello che penso. La gente non è scema, la gente percepisce quando una persona mente o parla col cuore. Quindi immagino sia per questa franchezza. Ed è così nelle interviste e nel quotidiano con chi mi sta attorno. Raramente in questi 15-16 anni ho avuto qualche problema con qualche compagno. Mi piace vivere sereno e mi piace pensare che riesco a trasmettere questa serenità.

La Rostese in Spagna alla Vuelta Hispania: com’è andata?

01.10.2023
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La Ciclistica Rostese è tornata da pochissimi giorni dalla trasferta in Spagna, dove ha corso la Vuelta Hispania. In Italia c’è il Giro Next Gen, in Francia il Tour de l’Avenir ed ora anche in terra iberica c’è una corsa a tappe dedicata agli under 23. La Vuelta Hispania è al suo secondo anno di vita, è giovane come gara, ma molto apprezzata e in grande crescita. I ragazzi della Rostese sono finiti a correrla grazie alla lungimiranza dei propri tecnici (foto apertura El Peloton).

«In Spagna, ad agosto, avevamo già corso la Vuelta a Zamora e la Vuelta a la Comunidad de Madrid – racconta Beppe Damilano, diesse del team – ed erano state esperienze molto belle. Proprio durante una di queste corse è nato l’invito per la Vuelta Hispania, così abbiamo colto l’occasione al volo. E’ una corsa a tappe meno famosa di quelle presenti in altri Paesi ma non si scherza».

«L’organizzazione ci ha trovato gli hotel mentre noi ci siamo arrangiati per il viaggio. I ragazzi in aereo e noi del team con i mezzi. 1.600 chilometri in macchina sono davvero tanti, fortuna che in Spagna e Francia il traffico autostradale non è come da noi. Anche se hanno una passione per le foto (dice ridendo in riferimento agli autovelox, ndr) speriamo che non ce ne abbiano fatte».

Corse a tappe

In Spagna di corse a tappe ce ne sono tantissime, il conto è davvero elevato, e se questo si paragona con quello delle gare a tappe italiane diventa tutto più estremizzato. 

«Da questo punto di vista – dice Damilano – sono davvero tanto organizzati, in Spagna ci sono tre o quattro gare a tappe ogni mese. E le squadre che partecipano sono spesse volte diverse. A Zamora, per esempio, c’erano tanti team continental con corridori elite. Mentre a Madrid la gara era dedicata agli under 23, così come alla Vuelta Hispania».

Alla Vuelta Hispania – riprende – i partecipanti non erano tantissimi: 109, considerando che due squadre, una inglese e una americana, non sono partite. Il numero di corridori sarebbe stato 120, il giusto a loro modo di vedere. Si tratta di una corsa privata, nel 2024 probabilmente entrerà a far parte dell’organizzazione anche la Federazione spagnola. Frequentare queste corse fa bene alla nostra squadra, considerato che ho conosciuto un esponente della Vuelta Portogallo U23 e abbiamo parlato di un invito per il prossimo anno».

Cinque tappe e tanto vento

La Vuelta Hispania conta cinque tappe, di cui una è una cronometro a squadre. Un numero ridotto di prove rispetto a Giro Next Gen o Avenir, ma anche da queste parti la strada si fa rispettare. 

«L’unica tappa piatta – racconta Damilano – doveva essere l’ultima e invece sono venuti fuori 1.500 metri di dislivello con un vento fortissimo in ogni tratto. Doveva essere la frazione più corta, con soli 109 chilometri, ed è uscita comunque durissima. In Spagna poi hanno questa passione per le salite, sono ovunque e molte non le segnalano nemmeno nell’altimetria, ma si sentono. Durante la prova della crono a squadre vedevo che i miei ragazzi facevano 40 di media in un rettilineo e ho pensato: “Se andiamo così prendiamo tanti minuti”. Invece una volta fatta la riunione mi hanno spiegato che la strada tirava all’insù ed il vento era costantemente frontale. Infatti poi una volta in corsa siamo arrivati quinti».

Tanti arrivi in cima a brevi strappi, nessuna volata di gruppo (foto esCuellar)
Tanti arrivi in cima a brevi strappi, nessuna volata di gruppo (foto esCuellar)

Poca pianura

La Vuelta Hispania ha attraversato la penisola iberica partendo da Andorra e spostandosi verso il centro. Poi ha virato verso nord in direzione di Santander, per terminare nella parte centrale: tra Valladolid e Madrid. 

«Le tappe erano davvero impegnative – spiega ancora – nella terza frazione c’erano in 120 chilometri tre salite. Una breve di 5 chilometri, nemmeno segnata sull’altimetria, poi una seconda da 12 chilometri e dopo una breve discesa la scalata finale fino a Alto Campoo a quota 2000 metri: 19 chilometri. In generale anche nella zona centrale del Paese di pianura non ne abbiamo vista molta. Sono tutti continui sali e scendi che tolgono il fiato, con arrivi in cima a strappi o brevi salite».

Aimonetto è stato il migliore dei suoi con un quarto posto come miglior piazzamento di tappa (foto Inma Conesa)
Aimonetto è stato il migliore dei suoi con un quarto posto come miglior piazzamento di tappa (foto Inma Conesa)

Buon livello

I nomi delle squadre non sono quelli che circolano nelle principali corse internazionali, ma il livello è alto. Proporzionato soprattutto al fatto che la Rostese ha molti ragazzi giovani, alcuni addirittura di primo anno.

«Si correva in sei atleti per squadra, uno in più rispetto al Giro Next Gen – racconta Damilano – non ci sono molte squadre internazionali, ma il livello in Spagna è alto. Di stranieri eravamo: la Uno-X Development, un team portoghese, uno francese e noi. Per i nostri ragazzi è stata una gran bella esperienza e si sono divertiti molto, imparando qualcosa. Non sarà stato il livello più alto che si poteva incontrare, ma per una squadra under 23 come la nostra è importante fare esperienze e fare in modo che i ragazzi crescano.

«Mi piacerebbe tornare qui a farli correre e allenare – conclude Damilano – ho visto i prezzi e fare la preparazione invernale in Spagna non è proibitivo. Poi a febbraio da quelle parti c’è una corsa a tappe di cinque giorni che si può sfruttare come rifinitura. Insomma, il materiale per divertirsi c’è eccome».

Germani e la Vuelta, ultimo capitolo: finalmente Madrid

18.09.2023
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Il capitolo finale di una grande corsa a tappe racchiude le emozioni più profonde e i sentimenti si amplificano. Lorenzo Germani (in apertura foto Instagram) a Madrid ha portato a termine il suo primo grande Giro: la Vuelta. In Spagna, per tre settimane, ha pedalato, sofferto e sorriso, soprattutto quando sotto le sue ruote ha visto sfilare la linea del traguardo di Madrid. L’ultima delle 21 tappe previste dal percorso della Vuelta

Dopo tre settimane di corsa ecco finalmente lo scenario di Madrid che si apre sulla corsa
Dopo tre settimane di corsa ecco finalmente lo scenario di Madrid che si apre sulla corsa

Atmosfera particolare

La soddisfazione di essere arrivato a Madrid per Germani è tanta, solo dopo l’ultima fatica ha potuto realizzare quanto successo in queste tre settimane. 

«La partenza – racconta – è stata davvero tranquilla, non scherzo quando dico che siamo andati a 20 all’ora. Poi a pochi chilometri dal circuito finale si sono alzati i ritmi, e non poco: siamo andati a tutta. Il circuito non è affatto semplice, c’erano tre curve dove si ripartiva da fermi e lì le gambe facevano male.

«Si respirava un’aria diversa – continua Germani – sia alla partenza che all’arrivo. L’emozione di attraversare Madrid, con la consapevolezza di aver portato a termine un grande Giro, non la provi tutti i giorni. Tutti noi della Groupama eravamo davvero contenti e non vedevamo l’ora di tagliare il traguardo perché fino a quel momento la corsa non era davvero finita».

Nella tappa dell’Angliru tanta fatica per Germani, la sua faccia dice tutto (foto Instagram)
Nella tappa dell’Angliru tanta fatica per Germani, la sua faccia dice tutto (foto Instagram)
C’è una foto della 18ª tappa, che probabilmente fa capire cosa hai provato in questa terza settimana…

E’ stata difficile, ma probabilmente mi sentivo addirittura meglio rispetto alla seconda settimana. Il fatto che per due volte sono andato in fuga è un dato indicativo. 

La prima delle due è arrivata nella tappa dell’Angliru, con Evenepoel.

In quella tappa ho seguito Cattaneo, che è uscito dal gruppo, insieme ad altri tre corridori. Poi a noi si è aggiunto Evenepoel e Cattaneo ha imposto un ritmo altissimo, la cosa che mi ha dato soddisfazione è aver resistito più degli altri compagni di fuga. 

Già dall’Hipodromo de la Zarzuela l’atmosfera era diversa, più allegra
Già dall’Hipodromo de la Zarzuela l’atmosfera era diversa, più allegra
Poi Remco è partito e ti sei trovato solo sull’Angliru, com’è stato?

Orribile! Per fortuna avevo un buon vantaggio e quindi ero tranquillo per il tempo massimo. Gli ultimi due chilometri di scalata erano durissimi, però era pieno di gente a bordo strada. 

Covi ci aveva detto che avere tanta spinta del pubblico aiuta, è vero?

Assolutamente sì, ti viene la pelle d’oca. Il tratto era davvero duro, ma anche a noi in fondo alla corsa non è mancato il calore. Trovi forza nuove e vai avanti di testa. 

Qual era l’obiettivo di queste due fughe?

L’intenzione era uscire e far venire con me uno scalatore: Martinez o Gregoire, ma il piano non è riuscito. Però sono stato contento comunque, ho fatto tanta fatica e in più mi sono sentito bene. Ritrovarsi in testa alla corsa è molto bello. 

Germani ha trovato un consigliere speciale in gruppo: Jacopo Mosca
Germani ha trovato un consigliere speciale in gruppo: Jacopo Mosca
Tre settimane quanto sono lunghe?

Infinite praticamente, da fuori sembra facile o comunque più semplice del previsto, ma è durissima. Avevo male ovunque, soprattutto al sedere (dice ridendo, ndr), ma per la mia professione e il mio futuro è una cosa ottima aver portato a termine uno sforzo del genere

Il momento migliore della Vuelta?

Le due fughe, senza ombra di dubbio. 

Il peggiore?

Il giorno del Tourmalet, sicuramente. Poi anche la tappa di sabato non è stata una passeggiata, anzi. La Jumbo ha tenuto la corsa chiusa, imponendo però un ritmo altissimo, per scongiurare attacchi. 

Le tre settimane di corsa hanno “piegato” Germani che però ha portato a termine il suo primo grande Giro (foto Instagram)
Le tre settimane di corsa hanno “piegato” Germani che però ha portato a termine il suo primo grande Giro (foto Instagram)
L’insegnamento che hai portato a casa?

Ce ne sono tanti, la grande esperienza di fare un grande Giro mi ha permesso di crescere e di capire in cosa devo migliorare. Ora ho sicuramente voglia di tornare, nonostante la fatica (ride ancora, ndr). 

Una squadra con 5 debuttanti, tutti soddisfatti?

Eravamo la squadra più giovane in corsa e fare questa esperienza tutti insieme ha fatto in modo di creare un grande gruppo. Ci siamo stretti ed uniti l’uno intorno all’altro, ora ci aspetta del meritato riposo.

Il meglio di Orbea in mostra a IBF

05.09.2023
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Manca ormai poco più di una settimana a Italian Bike Festival, l’evento in programma dal 15 al 17 settembre che per tre giorni renderà Misano Adriatico la “vetrina mondiale” della bicicletta. Saranno tre giorni intensi in cui le aziende presenti avranno l’opportunità di incontrare il pubblico, i propri rivenditori e raccontarsi ai media di settore presenti. Tra gli oltre 500 brand che hanno confermato la loro presenza a Italian Bike Festival non poteva certo mancare Orbea.

L’azienda basca sarà infatti presente al Misano World Circuit Marco Simoncelli con le ultime novità riguardanti il mondo strada e con gli importanti aggiornamenti che hanno interessato di recente l’intera gamma.

All’Italian Bike Festival sarà possibile provare gran parte delle bici esposte da Orbea
All’Italian Bike Festival sarà possibile provare gran parte delle bici esposte da Orbea

Ecco la nuova Orca

Allo stand Orbea i riflettori saranno sicuramente puntati sulla nuova Orca, presentata a fine luglio e che gli appassionati avranno l’opportunità di toccare finalmente con mano. Altri modelli in mostra saranno la Alma campione Europea di David Campos, la pluripremiata e ambita Wild, la Rallon di Martin Maes. 

Allo stand G50, quello di Orbea, sarà possibile provare anche la nuova Orca
Allo stand G50, quello di Orbea, sarà possibile provare anche la nuova Orca

Ecco i test

Anche quest’anno per chi lo vorrà sarà possibile testare le ultime novità di casa Orbea. Presso lo stand dell’azienda basca sarà infatti disponibile un parco bici di circa 30 unità messe a disposizione degli appassionati. I modelli in test saranno la nuova Orca, la Terra, e la Oiz.

Il test della nuova Orca verrà effettuato al di fuori del Misano World Circuit Marco Simoncelli su un percorso di 35 chilometri e 480 metri di dislivello. Si tratta di un percorso appositamente studiato per permettere di provare personalmente l’attitudine alla salita della nuova Orca. Ad accompagnare gli appassionati ci saranno gli ambassador del brand basco.

I test dei modelli Terra e Oiz verranno invece effettuati nella Off-Road Arena interna al circuito. Per gli amanti del gravel, durante il weekend saranno organizzate tre Pachamama Gravel Rides guidate da Virginia Cancellieri e da Stefano Udeschini, due degli ambassador Orbea presenti a Misano insieme a Erika Bianchi. Tutti e tre saranno a disposizione degli appassionati per tutta la durata di Italian Bike Festival.

Gli utenti interessati avranno l’opportunità di prenotare le bicicletta test al seguente link.

Ricordiamo che le novità Orbea saranno esposte allo stand G50. Per conoscere il programma completo degli eventi che l’azienda basca ha in programma nei tre giorni di fiera è possibile consultare il seguente link.

Orbea