Questi primi nove giorni di Vuelta hanno fatto parlare tanto, anche per situazioni extra corsa. Per Lorenzo Germani è la prima volta in un grande Giro, e la sua squadra, la Groupama-FDJ, ha deciso di farlo partire proprio dalla Spagna. Un esordio lontano dai riflettori di casa, ma che per il giovane ciociaro ha comunque un grande significato. Oggi era il primo giorno di riposo, nove fatiche alle spalle, che Germani è pronto a raccontarci tutte d’un fiato.
Riposo completo
«Domani – racconta dalla stanza dell’hotel Germani – si ripartirà con una cronometro. Di conseguenza oggi non ho preso la bici, nessuna sgambata, riposo totale. Ieri siamo partiti tardi, nonostante fossimo sul primo volo (la corsa si è spostata dalla zona di Murcia a quella della Castilla, ndr). Siamo arrivati in hotel prima di altre squadre, ma comunque non presto. La sveglia era alle ore 10 e oggi mi sono diviso tra massaggi e un controllo dall’osteopata».
Queste prime fatiche che cosa ti hanno lasciato nelle gambe?
All’inizio muscolarmente ero più rigido, con il passare dei giorni mi sono sbloccato, me lo ha detto anche il massaggiatore che i miei muscoli sono più “molli”. Gli ultimi 3 giorni sono stati particolari, la tappa di Oliva (la settima, ndr) è stata tranquilla. Le due successive no, siamo andati davvero forte.
Riavvolgiamo il nastro fino a Barcellona, che effetto ti ha fatto partire per la tua prima Vuelta?
Fino a quando non sono salito sulla passerella di partenza, non sono stato del tutto tranquillo. Avevo un po’ di ansia che potesse succedere qualcosa, l’imprevisto è sempre dietro l’angolo. Sapevo di far parte della squadra da inizio luglio, quindi ho avuto il modo giusto di avvicinarmi e approcciare questo impegno.
E gli attimi prima di salire sul trampolino? Eri nervoso?
No, da quando sono salito sui rulli per fare riscaldamento fino alla fine della prova ho mantenuto alta la concentrazione. Sono entrato in quella che possiamo definire una sorta di bolla. In quel momento ero più concentrato che emozionato.
Com’è partecipare al primo grande Giro?
Davvero molto bello. Abbiamo avuto modo di creare il nostro gruppo piano piano. E’ dal Polonia che lavoriamo insieme, anzi dal ritiro di Tignes. I compagni li conosco bene, considerando che su 8 corridori siamo in 5 della generazione 2000 (i francesi Martinez e Gregoire, gli inglesi Askey e Watson, ed infine il nostro Germani, ndr). La squadra è super tranquilla e non ci mette pressione, l’ambiente è super familiare.
Come squadra siete partiti bene…
Bisogna dire che siamo partiti subito forte, anche nella cronometro di apertura siamo stati davanti. Abbiamo ottenuto il quinto tempo, a pari con la Education-Easy Post, terzi. Lenny Martinez ha indossato la maglia bianca, anche se non ne era il detentore ufficiale (spettava a Evenepoel, che però indossava la roja, ndr).
Avete anche indossato la maglia roja, con Martinez, che effetto fa scortarla in gruppo?
Trovarti in gruppo a tirare davanti agli squadroni come Jumbo e Soudal Quick-Step fa “strano”. Prima li vedevi solamente in televisione, poi però ci parli e ti accorgi che sono persone come te. Scherzi, ridi e scambi qualche battuta. Il giorno dopo aver preso la maglia sono stati loro i primi a farci le congratulazioni. Sono stati molto rispettosi.
A Martinez hai detto qualcosa?
Che l’unico modo che aveva di farmi tirare per lui era prendere la maglia, ci è riuscito! Però dai, non ho dovuto lavorare nemmeno così tanto (dice con una risata, ndr).
In gruppo con chi ti è capitato di parlare?
Durante una tappa Roglic mi ha passato in un tratto di discesa e mi ha detto: «Il problema è che vado forte in discesa, ma piano in salita». Mi ha strappato una risata, se lui ha questo problema figuriamoci noi altri.
Il tifo com’è? Caldo?
Sì, fin dalle prime salite senti una grande emozione nel pedalare con tutta questa gente a bordo strada. Poi arrivi nei chilometri finali e diventa ancora di più, senti una spinta incredibile.
Avete già affrontato tante difficoltà: salite, cadute e ventagli. Il momento più importante?
Nove giorni intensi. Nella frazione di ieri, ero contento di essere rimasto nel primo gruppo davanti durante i ventagli. Peccato che Martinez non sia riuscito a seguirmi ed è rimasto dietro. Ad un certo punto non sentivo la radio e non capivo cosa fare.
Trovate il tempo per vivere un po’ di “vita comune”?
Poco ad essere sinceri. Le tappe finiscono tardi, e non siamo mai a cena prima delle 21. Non è semplice, anche perché i trasferimenti sono davvero lunghi, i momenti in comune sono principalmente in pullman, dove ridiamo e scherziamo.
E con chi sei in stanza?
Gregoire. Mi trovo bene con lui, siamo in stanza insieme dal ritiro di febbraio e spesso condividiamo la stanza. Per caso, credo, visto che il mio cognome viene prima del suo nell’elenco della squadra. Durante il ritiro di febbraio avevamo un letto matrimoniale, abbiamo cercato di cambiare stanza e prendere due letti singoli, ma non ci siamo riusciti. Diciamo che una volta dormito nello stesso letto, abbiamo abbattuto tutte le barriere (altra risata, ndr).
Come vi trovate?
Benissimo. Parliamo, ci confrontiamo, ed in più abbiamo trovato un nostro equilibrio che ci permette di vivere sereni.
La notte prima dell’esordio hai dormito?
Ho fatto fatica. Le notti successive, soprattutto le ultime, arrivava la stanchezza a chiudermi le palpebre.
Questo riposo ci voleva, insomma, cosa ti viene in mente se pensi che ci sono ancora due settimane di gara?
Mi pongo più dei mini obiettivi. Non posso pensare a tutto insieme, altrimenti diventa ancora più dura. So bene che arriveranno le tappe toste e cercheremo di fare il massimo per mantenere la buona posizione di Lenny Martinez.