Sui canali social della Ciclistica Rostese abbiamo notato che durante uno degli ultimi ritiri di dicembre, oltre ai vari diesse e tecnici, era presente anche una figura differente. Abbiamo così indagato e chiesto a Beppe Damilano, scoprendo che si tratta di Mario Silvetti ed è un esperto in psicologia dello sport (nella foto di apertura assieme ai ragazzi del team Rostese). Alla richiesta di poter parlare con il dottor Silvetti per capire e comprendere che tipo di lavoro si può fare in una squadra di giovani con ragazzi juniores e under 23 la Rostese ci ha spalancato le porte.
Tre incontri
Quello che si è tenuto pochi giorni fa era il secondo di tre incontri, tutti programmati e pensati per sviluppare il gruppo e creare uno spirito di coesione.
«Sono 3 incontri informativi di sport coaching e di crescita personale in gruppo – ci spiega il dottor Silvetti – momenti e incontri ai quali partecipano anche i tecnici ed il presidente in compresenza. Ciascuno di 3 ore, meno non è possibile, gli argomenti sono molti e il tempo necessario deve essere preso tutto. Mi occupo da anni di psicologia dello sport entrando in contatto con tanti operatori sportivi in vari contesti: da quelli agonistici a quelli dilettantistici. Sabato ci aspetta il terzo ed ultimo incontro, mentre dal 2023 l’obiettivo sarà incontrarsi una volta al mese per continuare il nostro percorso».
Il singolo parte dal gruppo
La squadra, in qualsiasi sport, è parte integrante della nostra vita e quando si è giovani diventa un laboratorio di quello che è il mondo là fuori. Nello sport si imparano valori e principi che sono importanti nell’attività agonistica quanto nella vita di tutti i giorni.
«L’obiettivo – riprende Silvetti – è costruire un gruppo condividendo lo spazio ed il tempo dove ogni atleta possa trovare la propria centratura. Dove possa capire chi è ma soprattutto cosa vuole diventare non solo dal punto di vista sportivo. Dobbiamo mettere ordine e trovare equilibrio, questa società in cui viviamo mette sui ragazzi molta pressione, gli impegni nella vita sono tanti ed incalzanti. Da questi incontri capiamo che chi ci circonda può esserci di sostegno, possiamo dare e ricevere, ma si riesce a farlo solamente quando impariamo a conoscere chi abbiamo accanto».
Le parole di Bragato
«Proprio sul vostro sito – ci dice ad un certo punto Silvetti – ho letto una bellissima intervista a Bragato. Gli spunti, soprattutto per chi fa un lavoro come il mio sono molteplici. L’obiettivo delle squadre giovanili è costruire degli atleti che siano pronti a maturare. Bisogna crescere con una mentalità costruttiva, mirando a degli obiettivi, imparare ad ascoltarsi e capire le proprie esigenze che non sono uguali tutto l’anno. Bisogna formare dei ragazzi sensibili alla loro performance e non solo alla prestazione, non si deve perdere il contorno».
In un mondo che della comunicazione ha fatto il suo centro ci si è forse resi conto che si è perso il calore umano. Le nostre vite si sfiorano freddamente con quelle degli altri e, abituati a vedere tutto da dietro uno schermo, non siamo più in grado di riconoscere le sfumature e le emozioni che ci circondano.
«Fin dal primo giorno – prosegue – ho voluto creare delle condizioni relazionali e comunicative affinché i ragazzi possano essere ben integrati e ognuno possa portare il proprio contributo. Non è una lezione, ma un lavoro di inclusione, di integrazione, per fare in modo che ogni ragazzo si senta parte di un gruppo. Si deve creare una consapevolezza di azione a partire dal sentire che il gruppo nel contesto è capire ciò che io voglio e di cui ho bisogno. Gli altri mi valorizzano e mi stimolano non facendomi sentire solo».
La scuola
L’istruzione e l’apprendimento sono parte di qualcosa che fa parte sempre più della nostra vita e quotidianità, anche nello sport diventano importanti. Lo aveva detto recentemente anche Cassani: «E’ finita l’epoca degli atleti con i paraocchi».
«La scuola – conclude lo psicologo – non può essere messa in standby o sottovalutata. Si tratta di un contesto e di un laboratorio dove allenare il rispetto verso gli altri e la concentrazione. Ti costringe a prestare attenzione e capire dove sei. E nel momento in cui impari a sentirti bene con te stesso e con quello che stai facendo, ti permette di esprimere il meglio di te. Da come parlano mi rendo conto che i giovani soffrono di nevrosi di ansia e fanno lavorare tanto il cervello. Attraverso questo lavoro, riescono a condividere aspetti della vita che esulano dallo sport, ma che li aiutano ad essere sereni».
Le esigenze della Rostese
Beppe Damilano ha voluto fortemente che questa figura professionale collaborasse con la squadra. Si tratta di un’esigenza nata dopo anni di esperienza.
«Il dottor Silvetti deve aiutarmi nel mio lavoro – esordisce Damilano – per capire certe situazioni e certe dinamiche. Ci siamo incontrati all’aggiornamento per il tesserino da direttore sportivo e parlandoci mi ha subito incuriosito. La cosa interessante, che la nostra squadra ha sempre fatto, è quella di voler partire dal gruppo per arrivare al singolo. Il tutto attraverso il confronto e la condivisione delle varie esperienze e sensazioni. Alla fine di questo incontro abbiamo chiesto ai ragazzi di fare un gesto per capire come si sentissero. Loro si sono alzati e si sono abbracciati coinvolgendo anche noi tecnici ed il presidente: è stata una cosa che ci ha fatto piacere e che ci ha fatto capire che la strada intrapresa è quella giusta».