Rotta a sud, riposo e crono: inizia la vera Vuelta di Remco

29.08.2022
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Secondo giorno di riposo della Vuelta e Remco sembra veramente molto rilassato. Come un corridore molto fresco o che non abbia niente da perdere. Finora ha controllato e fatto quel che voleva. Non ha vinto, ma la superiorità sui rivali diretti è parsa abbastanza netta. Solo Mas sembra al suo livello, ma fino a un certo punto. La prima settimana è stata dura e il trasferimento dalle Asturie all’area di Valencia ha portato un caldo asfissiante e umido. In queste condizioni domani la Vuelta ripartirà con una cronometro di 30,9 chilometri, che per il belga potrebbe essere la prima occasione di vincere una tappa: il suo obiettivo di partenza.

Soltanto Mas finora ha dato la sensazione di riuscire a seguirlo
Soltanto Mas finora ha dato la sensazione di riuscire a seguirlo

Un nuovo Wolfpack

La situazione nell’hotel della Quick Step-Alpha Vinyl è strana. Raramente finora, forse solo al tempo di Rigoberto Uran e poi con Alaphilippe al Tour, la squadra belga si è ritrovata ad affrontare il riposo di un leader. E se nei casi precedenti era abbastanza chiaro che si trattasse di primati a orologeria, stavolta la sensazione che il bimbo possa sorprendere e tenere sino in fondo si va facendo largo.

«La squadra è forte e ha fiducia – dice lui – e anche se per noi è una situazione nuova, cerchiamo di fare del nostro meglio ogni giorno. Le ultime tappe sono state durissime, ma la squadra le ha gestite bene. Siamo rimasti concentrati. Ogni cosa che abbiamo fatto sinora cercheremo di ripeterla nelle due settimane che restano. E alla fine tireremo le somme».

Finora anche Alaphilippe è stato a disposizione di Remco, in attesa di giocare la sua chance
Finora anche Alaphilippe è stato a disposizione di Remco, in attesa di giocare la sua chance
Alaphilippe sta facendo un lavoro meraviglioso…

Raramente ricordo un campione del mondo mettersi così a disposizione. Sembra di salire su un taxi e aspettare che ti dicano di scendere. Ma tutta la squadra sta facendo grandi cose. Siamo un diverso tipo di Wolfpack rispetto ai giorni delle classiche, ma se ci fate caso siamo la squadra col maggior numero di uomini sulla salita finale, assieme forse alla Ineos. Dries Devenyns è un maestro nel posizionamento, per portare i rifornimenti, per guidarmi nelle situazioni più complicate. Anche Pieter Serry finché c’è stato (è stato costretto al ritiro per positività al Covid, ndr) ha fatto la sua parte. Potrei parlare per ore dei miei compagni…

Sei tiratissimo, ieri sulle pendenze estreme del finale sei parso a tuo agio oltre ogni previsione…

Sono il figlio di allenamenti diversi. Sono dimagrito e ho lavorato tanto su salite più ripide. Ho modificato anche il mio assetto sulla bici, per quei tratti in cui non conviene alzarsi sui pedali. Ho odiato il mio allenatore per quei lavori, non sono stati facili, ma stanno funzionando. E se vedi che la fatica ripaga, poi è più facile avere fiducia in se stessi.

Remco ha raccontato di aver lavorato sodo per andare forte sulle pendenze più ripide
Remco ha raccontato di aver lavorato sodo per andare forte sulle pendenze più ripide
Per contro si fa un gran parlare della tappa di Sierra Nevada di domenica prossima. Scalata lunga e arrivo in alta quota…

Conosco bene quella tappa, chiunque si sia allenato da queste parti sa di cosa parliamo. L’Alto del Purche è ripido. Poi arriva la salita finale, che inizia ripida, poi è lunghissima, regolare e con l’arrivo sopra i 2.500 metri. L’altitudine rischia di essere l’aspetto più difficile da gestire, ma ci sto lavorando da tutta l’estate. A Livigno ho dormito a 2.300 metri e poi all’hotel Syncrosphera anche più in alto, ma non ricordo i numeri. Domenica però è lontana, pensiamo prima alla crono di domani.

Non è tanto frequente la crono all’indomani del riposo: la tua routine quotidiana è cambiata?

Non tanto, in realtà. Avrò tempo domattina per riscaldarmi e tutte le cose che si fanno prima della crono. Oggi era importante recuperare le fatiche dei giorni scorsi e semmai mangiare un po’ di più, perché la bilancia dice che sono un po’ sceso.

La crono di domani, 30,91 chilometri da Elche ad Alicante, potrebbe dare la svolta alla Vuelta di Remco
La crono di domani, 30,91 chilometri da Elche ad Alicante, potrebbe dare la svolta alla Vuelta di Remco
Che crono ti aspetti?

E’ completamente piatta. Trenta minuti da fare a tutto gas, con qualche strappetto nel finale e l’arrivo in discesa. Conosco il percorso. Sono partito dicendo di volere un posto nei primi 10 e vincere una tappa. Domani potrebbe essere il giorno per vincere, la classifica invece andrà conquistata un po’ ogni giorno.

Che effetto fa essere davanti?

Non cambia il mio obiettivo. La Vuelta è il primo grande Giro cui punto con consapevolezza, non si può paragonare al Giro dello scorso anno. A volte guardo la maglia rossa e mi rende orgoglioso. Sono contento di averla, è come una promessa, qualcosa che devo guadagnarmi ogni giorno. Cerco di non guardare gli altri come rivali, per evitare che diventino una trappola per la mente. Nei giorni scorsi ho anche chiesto qualche cambio, però Mas non me l’ha dato. Vado avanti giorno per giorno. Se avrò buone gambe, potrò provare a incidere. Sono abbastanza sicuro che ci saranno dei momenti duri. Spero di recuperare nei prossimi 2-3 giorni per essere pronto per le tappe del weekend. E lo stesso nella terza settimana, per arrivare in forma per quelle più dure.

Al Giro 2021, le grandi pendenze dello Zoncolan hanno fatto capire quali fossero i fronti su cui Remco potesse migliorare
Al Giro 2021, la crisi di Remco sullo Zoncolan ha messo nel mirino le pendenze elevate
Quanto pesano le formalità del dopo tappa?

Per fortuna prima di cominciare avevamo studiato una strategia con la squadra. In caso di qualche maglia o di vittorie, l’obiettivo è ridurre al minimo il tempo perso fra l’arrivo e il ritorno in hotel. Per cui rulli, podio, mini conferenza stampa in zona mista, antidoping e via in hotel per iniziare a recuperare il prima possibile.

Qual è la raccomandazione che ti fanno più spesso in squadra?

Una sola, ma me lo dicono in continuazione. Mi dicono tutti di stare calmo. Per ora ci sono riuscito, nelle prossime tappe di montagna chissà…

Nella nebbia la prima “maglia” di un Evenepoel molto cattivo

25.08.2022
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Se l’ex amatore Jay Vine si porta a casa, con una mega prestazione, la tappa del Pico Jano, Remco Evenepoel per la prima volta veste la maglia di leader in un grande Giro. Ma soprattutto fuga i dubbi sul suo ruolo alla Vuelta

Nella nebbia a cavallo tra Cantabria e Paesi Baschi, quasi in un clima da Belgio, spunta guarda caso un belga! Cinque salite, tre Gpm, l’arrivo in quota, la pioggia… i primi, grandi, decisivi scossoni alla classifica generale. D’altra parte Stefano Garzelli era stato chiaro: «Occhio alla tripletta di tappe al rientro in Spagna».

Si fa fatica a distinguere la sagoma di Jay Vine (classe 1995) sull’arrivo del Pico Jano
Si fa fatica a distinguere la sagoma di Jay Vine (classe 1995) sull’arrivo del Pico Jano

Aru non è sorpreso

Lo stesso Garzelli e come lui Fabio Aru non hanno dubbi: il fuoriclasse della Quick Step-Alpha Vinyl, con una dimostrazione di forza balza in testa alla classifica generale. E se ci fosse stato qualche centinaio di metri in più chissà come sarebbe andata a finire.

«Remco – dice Fabio Aru – non lo scopriamo certo adesso. E’ andato davvero forte. Ha rifilato dei bei distacchi e proverà a tenere. E’ giovane e l’esperienza se la sta facendo. E’ vero che anche lo scorso anno al Giro d’Italia era partito molto bene nelle prime frazioni e poi si è perso. Però era al rientro dopo l’infortunio, non correva da molto tempo. Stavolta invece ha un’altra situazione, ha più gare nelle gambe e appunto un po’ di esperienza in più.

«Per la prima volta si ritrova leader in un grande Giro, ma non è la prima volta che affronta una situazione simile. Ha già gestito la squadra in corse di una settimana e per me saprà muoversi bene anche sotto questo punto di vista. E poi per come ha vinto San Sebastian…. un’azione d’altri tempi significa che ne ha».

Corsa “tranquilla” nella prima parte, con la Groupama-Fdj della maglia rossa, Rudy Molard, che controlla
Corsa “tranquilla” nella prima parte, con la Groupama-Fdj della maglia rossa, Rudy Molard, che controlla

Quick Step forte?

E da questo assunto riparte Stefano Garzelli, anche se con una sfumatura diversa.

«Per me – dice il varesino trapiantato in Spagna – Remco e la Quick Step non si danneranno per tenere la maglia adesso, ma di certo proverà a fare classifica. Poi magari salterà, perché comunque è ancora giovane, ma ci proverà.

«La sua squadra non è fortissima. E Lefevere lo sa. Nei prossimi anni dovrà senza dubbio rinforzarsi per anche per i grandi Giri. Un Evenepoel così merita uomini forti al suo fianco».

Per Garzelli l’azione di Evenepoel e della squadra era programmata. Hanno lavorato con la consapevolezza di non lasciare troppo spazio alla fuga. 

«Oggi quando alla tv spagnola hanno intervistato Bramati e gli chiedevano perché avesse piazzato un uomo lì davanti, Davide ha risposto che era solo perché volevano mantenersi nelle prime posizioni per evitare rischi. Allora Purito Rodriguez, che faceva il commento tecnico, si è messo a ridere. Non ci ha creduto neanche un po’. Si trattava di un’azione programmata».

Tuttavia su questo ultimo punto Evenepoel a fine tappa confermerà quanto detto dal suo diesse.

Remco Evenepoel in azione verso il Pico Jano. Notate la smorfia di fatica di Enric Mas alla sua ruota
Remco Evenepoel in azione verso il Pico Jano. Notate la smorfia di fatica di Enric Mas alla sua ruota

Meteo (ormai) insolito

«Il meteo ha inciso parecchio – continua Garzelli – ci si muoveva verso la Cantabria e quelle strade con la pioggia e il “freddo” (18° gradi, ndr) cambiano molto, perché sono scivolose e molto strette. E infatti i corridori non piegavano le bici in curva. In più dopo un’estate così torrida non c’erano più abituati a quelle temperature… di certo ha inciso.

«Poi ai piedi della salita grazie al lavoro della Quick Step-Alpha Vinyl la fuga è stata ripresa. Vine è stato bravissimo perché se è vero che anticipato un po’, è pur sempre uscito dal gruppo dei leader. E a fine scalata rispetto ad Evenepoel non ha perso molti secondi».

Lo show di Remco

Ed è lì, a poco meno di 7 chilometri dal traguardo che inizia lo show di Remco. Il belga senza alzarsi sui pedali scava un solco importante su (quasi) tutti i migliori.

«Incredibile – spiega Garzelli – ha fatto come a San Sebastian. Senza neanche uno scatto, senza alzarsi sui pedali. Si è messo giù e controllava costantemente il computerino. Lo vedevi proprio in volto che era in controllo.

«Mas a parte, bravissimo a resistergli, ha rifilato distacchi importanti. Quasi un minuto e mezzo a Roglic non è poco. E penso che nella crono potrà rifilargli altri 50”, almeno a lui. E tre minuti agli altri. Uscirà da quella tappa con 4 minuti e sarà un bel vantaggio. Cambierà la corsa. Ammesso che non ci arriverà già prima, visto le tappe insidiose del fine settimana».

Per Garzelli oggi è emerso anche il livello di questa Vuelta: tanti nomi, ma poche energie.

«Siamo a fine stagione, c’è stanchezza. Ho visto tanta gente faticare parecchio. Carapaz si è staccato quasi subito. E dopo Roglic sono arrivati 20 corridori quasi tutti insieme e sfiniti. Non ci sono tante energie. E invece Ayuso: ma quanto è stato bravo?».

Un paio di chilometri dopo l’affondo di Remco, Ayuso si è liberato di Roglic e degli altri big rifilandogli oltre 40″
Un paio di chilometri dopo l’affondo di Remco, Ayuso si è liberato di Roglic e degli altri big rifilandogli oltre 40″

Parla Evenepoel

Ma forse a fugare i dubbi su questo benedetto bivio fra tappe e classifica generale è Remco stesso. Già solo per il fatto che appena dopo l’arrivo è salito sui rulli a sciogliersi. Azione che di solito fa chi punta alla classifica o che comunque ogni giorno deve essere pronto.

«Sono molto felice e orgoglioso di essere leader – ha detto il belga a fine tappa – è un sogno che si avvera. E’ uno dei miei più grandi successi. Quella fatta in salita è una prestazione solida. Siamo qui per questo».

“Siamo qui per questo”: parole che magari a caldo possono anche essere fraintese. Però poi ha continuato.

«Volevo provare qualcosa – ha aggiunto Evenepoel – perché avevo le gambe. Spero di aver sollevato i dubbi che alcuni potevano avere su di me. Ma La Vuelta è tutt’altro che finita. Cercheremo di fare in modo che domani sia una tappa più tranquilla, perché ci aspetta un weekend molto intenso… Spero di riuscire a mantenere queste belle sensazioni».

Cosa può fare Remco alla Vuelta? Ecco il parere dei colleghi

23.08.2022
6 min
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La Vuelta riparte oggi dalla Spagna. La prima tappa in terra iberica, la quarta in assoluto, si snoda nei Paesi Baschi. Proprio da queste parti un mese fa più o meno, Remco Evenepoel sbaragliava la concorrenza alla Clasica de San Sebastian. Una prova di forza incredibile. Tanto che titolammo: Remco passeggia a San Sebastian.

Il rampollo della Quick Step-Alpha Vinyl è appunto in gara e in tanti, noi inclusi, si chiedono cosa può fare: punterà alla classifica? Vorrà fare incetta di tappe? Questa domanda è circolata spesso tra media belgi e non solo… Oggi si entra nel vivo della corsa (la Vitoria Gasteiz-Laguardia propone oltre 2.300 metri di dislivello) e prima che la classifica possa subire degli scossoni, sentiamo cosa dicono i colleghi in merito alla Vuelta di Evenepoel.

Sivakov (a destra) con Carlos Rodriguez all’inseguimento di Evenepoel a San Sebastian
Sivakov (a destra) con Carlos Rodriguez all’inseguimento di Evenepoel a San Sebastian

Come Van Aert

«Un corridore come Remco Evenepoel potrebbe fare un po’ come Wout Van Aert al Tour – ha detto Pavel Sivakov – Lui può davvero essere un jolly. E’ in grado di attaccare ovunque e mettere la corsa in disordine».

E non è una constatazione banale, specie se magari dopo le prime frazioni dovesse ritrovarsi, come è presumibile, in classifica. Ad uno così non puoi lasciare spazio. Anche se la sua esperienza con i grandi Giri non è andata bene. Ricordiamo che lo scorso anno Evenepoel si ritirò dal Giro d’Italia.

Simon Yates ed Evenepoel a San Sebastian: l’inglese meglio di tutti ha saggiato il “nuovo Remco scalatore”
Simon Yates ed Evenepoel a San Sebastian: l’inglese meglio di tutti ha saggiato il “nuovo Remco scalatore”

Yates non si fida

Il capitano della Bike Exchange-Jayco, Simon Yates, è uno dei pretendenti più solidi alla maglia rossa finale. E forse, visti suoi alti e bassi, il corridore che più somiglia e può capire Remco stesso. I due si contesero San Sebastian e l’inglese ne uscì con le ossa rotte.

«Non scherziamo – ha detto Yates a Rtbf – Evenepoel è uno dei contendenti alla vittoria finale. Se guardiamo la sua prestazione a San Sebastian sarebbe stupido non tenerne conto. Certo, è ancora molto giovane. Tutti dicono che ancora non ha le tre settimane nelle gambe, ma ad un certo punto succederà che le avrà. Magari non sarà quest’anno… ma succederà».

Reagire alle giornate no come quella di Montalcino al Giro 2021: sarà questa la sfida più grande per Remco secondo Froome
Reagire alle giornate no come quella di Montalcino al Giro 2021: sarà questa la sfida più grande per Remco secondo Froome

Parola a Froome

Non è venuto meno a questo dibattito Chris Froome, uno che di grandi Giri se ne intende. L’esperto inglese era parecchio tempo che non pedalava spalla a spalla con il giovane belga, ma non si è perso i suoi “show”.

«Remco – ha detto Froome – ha dimostrato di avere il livello per competere per la vittoria assoluta. Nessuno lo dubita. Non io almeno… Ma non lo ha ancora mai dimostrato in una gara di tre settimane. E’ questa è la vera sfida per lui.

«In un grande Giro infatti non basta essere bravo in una tappa e risparmiare il resto del tempo. Devi saper gestire gli alti e bassi. Devi esserci anche, e soprattutto, nelle giornate brutte. Chi sa superarle meglio vince questa Vuelta».

Velasco impegnato a San Sebastian dove ha visto un super Evenepoel
Velasco impegnato a San Sebastian dove ha visto un super Evenepoel

Il parere di Velasco

Simone Velasco è stato forse l’italiano che più è stato vicino a Remco nel giorno della “passeggiata” di San Sebastian. Al contrario di Froome lo ha visto pedalare da vicino e l’elbano non ha dubbi: il belga può fare bene anche nella generale.

«Secondo me – dice Velasco – a livello di classifica può entrare in una top ten, ma per il podio ancora non è pronto, ancora fa fatica. Non è una questione fisica e neanche dei “fantasmi” del Giro, perché ha un carattere forte, ma solo una questione di esperienza. E posso confermare che non è mai andato così forte in salita».

«Credo che nella crono farà molto bene, ma nel complesso è una Vuelta molto dura e già oggi nei Paesi Baschi si potrà vedere qualcosa: in queste tappe ci sarà una prima selezione».

Per Carapaz il giovane belga può puntare alla vittoria finale
Per Carapaz il giovane belga può puntare alla vittoria finale

Carapaz: «Remco in condizione»

Sulla falsariga del compagno Sivakov, anche Richard Carapaz non sottovaluta Evenepoel e soprattutto la sua forma. Però visto il modo di correre del capitano della Ineos-Grenadiers  quasi, quasi Remco potrebbe essere un buon alleato.

 

«La condizione di Evenepoel – ha detto l’ecuadoriano a Het Nieuwsblad – è incredibile. Per me lotterà sicuramente per la vittoria finale. Molto dipenderà dalla condizione di Roglic. Se Primoz dovesse stare bene allora la gara probabilmente sarà un po’ più controllata. Ma se così non dovesse essere c’è Evenepoel che potrebbe fare confusione e correre in modo molto offensivo e imprevedibile».

Remco si è allenato moltissimo in Italia a luglio, lontano dai media del Belgio (foto Twitter)
Remco si è allenato moltissimo in Italia a luglio, lontano dai media del Belgio (foto Twitter)

E Remco cosa dice?

Anche Roglic ed Almeida, più o meno all’unisono hanno detto che Remco non va sottovalutato e che è forte. Landa ha detto che da uno così ci si può attendere di tutto e non si possono fare previsioni.

E il diretto interessato cosa dice? Il corridore di Lefevere aveva parlato prima del via della corsa spagnola. La pressione c’è e probabilmente lui stesso la sente, anche se cerca di negarlo. 

In una conferenza alla vigilia del via ha subito tenuto a dire che era rilassato, salvo poi aggiungere che era stato tutto luglio lontano dal Belgio proprio per evitare le pressioni dei media.

«Questa scelta – ha detto Evenepoel – mi ha fatto bene, così ho potuto essere più lontano dai commenti e le opinioni che si fanno su di me. Mi sento molto calmo e molto rilassato. Prepararmi lontano dal Belgio è stata la scelta migliore che potevo fare».

Intanto un primo obiettivo l’asso di Schepdaal lo ha già raggiunto: uscire dall’Olanda senza problemi. Dopo la cronosquadre era contento sia per il risultato, che per non essere incappato in nessun incidente.

«Cercheremo di mettere insieme le vittorie di tappa per la squadra e un buon posto assoluto nella generale – aveva dichiarato alla vigilia Evenepoel – ma la priorità restano le tappe. Se a fine Vuelta dovessimo avere anche una buona classifica sarà un bonus…».

Evenepoel è fortissimo a crono: già campione nazionale, sfrutta al meglio la sua potenza grazie ad una grande efficienza aerodinamica
Evenepoel è fortissimo a crono: già campione nazionale, sfrutta al meglio la sua potenza grazie ad una grande efficienza aerodinamica

Crono spartiacque

«Ovviamente – ha aggiunto Remco – ho anche ambizioni per una buona classifica finale. In salita non sono mai andato così forte. Vedremo come saremo messi dopo la decima tappa. E’ vero, ci sono frazioni come San Sebastian ma anche altre tappe con salite più lunghe e ripide». 

Per la cronaca, la decima tappa è quella della crono di Alicante. La delicatissima frazione contro il tempo di cui tanto ci ha parlato Stefano Garzelli. E sappiamo come va Remco a crono. A quel punto la classifica sarà definitivamente delineata e anche lui non potrà più nascondersi.

Una cosa è certa: uno che parla così alla maglia rossa magari non ci punta… ma ci pensa eccome.

Raccani, la Quick Step e lo stage finito all’ospedale

21.08.2022
5 min
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Lo stage di Simone Raccani con la Quick Step-Alpha Vinyl, la Vuelta a Burgos (foto Instagram in apertura), si è concluso durante la terza tappa contro una parete rocciosa e poi all’ospedale della città della Castilla y Leon. Da lì il vicentino è volato a Herentals per un intervento al polso e ora è a casa in attesa di poter ripartire. Il malumore, dice, è durato anche poco. A fargli compagnia resta la consapevolezza delle buone cose fatte vedere e l’interessamento della squadra belga. Simone alla Quick Step non c’è arrivato per la magia di qualche procuratore, ma per una chiamata di Bramati e del loro talent scout. E questo a 21 anni è un bel pensiero da coltivare.

«Sto guarendo – dice con voce serena – inizio a muovere la mano. Poteva andarmi peggio. La settimana prossima comincerò a fare qualcosa, sperando di poter riprendere ad allenarmi per settembre. Mi piacerebbe fare una corsa per ottobre, giusto per non dover rincorrere tutto l’inverno e rientrare a febbraio dopo sei mesi senza gare».

Raccani si è affacciato sul 2022 forte di due successi 2021, fra cui Capodarco su Piccolo e Tolio
Raccani si è affacciato sul 2022 forte di due successi 2021, fra cui Capodarco su Piccolo e Tolio

Dopo i due successi del 2021, fra cui il Gp Capodarco, la sua stagione, in sintesi, parla di due vittorie (Trofeo MP Filtri a Pessano con Bornago e Memorial Trocchianesi a Monte Urano), un Giro d’Italia sotto le attese e due terzi di tappa al Giro della Valle d’Aosta che hanno portato anche al terzo in classifica finale.

Torniamo a momenti più felici, come è nato lo stage con la Quick Step?

E’ successo che Bramati si è messo in contatto con il mio direttore sportivo Gianni Faresin e poi su Instagram mi ha scritto Johan Molly, un loro talent scout, e hanno curato tutta l’organizzazione. Quando l’ho saputo è stata una notizia bellissima. E’ una delle squadre che ho sempre seguito, ero molto contento. Al momento non so se passerò con loro, ma c’è interesse.

Peccato che lo stage sia durato poco…

Troppo poco. Il terzo giorno sono caduto ed è finita la stagione.

Raccani è rimasto in corsa per tre tappe della Vuelta Burgos, ma nella terza è caduto (foto Instagram)
Raccani è rimasto in corsa per tre tappe della Vuelta Burgos, ma nella terza è caduto (foto Instagram)
Che effetto fa andare alle corse sul pullman della Quick Step?

E’ bello. C’è un ambiente molto professionale, la sensazione di essere in una grande squadra. Mi hanno dato tutto tranne le scarpe. Ho portato la Pinarello e hanno fatto il copia e incolla delle misure sulla loro Specialized. Ho tenuto la mia bici come scorta, casomai ci fossero dei problemi, ma non ce ne sono stati.

Hai cominciato subito in una corsa WorldTour.

Ho scoperto che almeno nelle prime fasi era molto controllata, non c’era la confusione delle nostre corse U23, che sono ingestibili. Poi nel finale si andava veramente a tutta.

Che voto possiamo dare a questa stagione?

Avevo l’obiettivo di portare in alto la maglia della Zalf Desirée Fior. L’avvicinamento al Giro d’Italia U23 è andato bene fino a due settimane prima. Terzo alla Strade Bianche di Romagna. Sesto al Recioto e al De Gasperi, ero sulla strada giusta. Invece appena è partito il Giro, non sono riuscito a trovare la condizione e l’ho finito 15° senza mai aver dato un segnale. Così sono andato al Val d’Aosta per puntare a qualche tappa ed è venuto fuori un terzo posto inaspettato. Ma è anche vero che se punti alle tappe di salita, di solito viene anche la classifica.

Ricordi la caduta?

C’era una curva che in uscita stringeva. Davanti c’è stato uno sbandamento. Io ero tutto all’esterno, mi sono toccato con un altro e sono finito su una parete rocciosa. Mi sono rialzato, ero pieno di abrasioni. Poi ho guardato il polso e ho visto che era gonfio e storto.

Così sei finito all’ospedale.

Prima quello di Burgos, dove mi hanno dato 15 punti per le ferite aperte, al braccio sinistro e al palmo della mano destra. Poi sono andato in Belgio, nella clinica di Herentals cui fa riferimento la squadra. E lì mi hanno operato, perché la frattura era pluriframmentaria e molto instabile. C’era l’osso aperto e così hanno riattaccato le parti inserendo una placca che resterà lì. E’ ancora un po’ gonfio, ma almeno ora muovo le dita.

La Quick Step-Alpha Vinyl ha continuato a seguirti?

Fino all’ospedale e poi nei giorni successivi, Bramati ha continuato a chiamarmi tutti i giorni. Di qui a qualche settimana parleremo, pare che mi faranno una proposta. Credo e spero di aver fatto una buona impressione.

Un tutore e magnetoterapia, sarà così fino alla ripresa degli allenamenti
Un tutore e magnetoterapia, sarà così fino alla ripresa degli allenamenti
Com’era il tuo umore dopo l’incidente?

Ero tranquillo. L’unico pensiero era di andare in mano a persone esperte per l’intervento. Ma quando ho saputo che era lo stesso chiururgo che ha operato Alaphilippe alla mano e Remco (Evenepoel, ndr) dopo il Lombardia, mi sono tranquillizzato. La mano è perfetta.

Hai un tutore?

Un tutore che tolgo per fare magnetoterapia. Sono fermo da 15 giorni in attesa che l’osso si saldi e che si chiudano bene tutti i tagli. E poi ci vorrebbe davvero una corsetta. Questo sarebbe il mio prossimo obiettivo.

Asgreen e la sindrome da fatica cronica: cosa dice il dottore?

19.08.2022
5 min
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«Dopo una prima parte di stagione movimentata che lo ha visto affrontare l’intera campagna delle classiche – recita il comunicato della Quick Step-Alpha Vinyl del 15 agosto – Kasper Asgreen è stato coinvolto in un brutto incidente al Tour de Suisse, che ha messo in dubbio la sua partecipazione al Tour de France. Lo stress della caduta e i successivi tentativi di prepararsi per il Tour hanno purtroppo portato Kasper a sviluppare una sindrome da stanchezza, il che significa che il suo corpo non si sta più riprendendo da sforzi anche di bassa intensità. E’ stato quindi deciso che smetterà di correre per il resto di questa stagione e si prenderà un periodo di recupero, prima di concentrarsi sulla preparazione per il 2023».

Nel 2014 a Ponferrada, Besnati divenne medico della nazionale di Cassani
Nel 2014 a Ponferrada, Besnati divenne medico della nazionale di Cassani

Una sindrome contro corrente

Notizie che danno da pensare. Come è possibile, ci siamo chiesti, che in questa epoca di preparazioni personalizzate e infallibili, un atleta di vertice di una squadra di vertice cada nella sindrome da stanchezza? Di cosa si tratta? Ha a che fare con l’overtraining? Asgreen ha sfidato i migliori alle classiche, poi è andato al Tour, ma si è fermato dopo l’ottava tappa.

Serve un dottore, la parola sindrome non lascia spazio a dubbi. E il dottore è Massimo Besnati, medico di lungo corso fra club e maglia azzurra, che quest’anno segue le nazionali giovanili. E’ stato agli europei di Anadia ed è in partenza per i mondiali juniores su pista a Tel Aviv. Il momento storico non è dei migliori per volare laggiù, ma il ciclismo non si ferma.

Dottore, cominciamo dall’inizio: cos’è questa sindrome?

Esiste in letteratura, si chiama sindrome da fatica cronica e viene studiata e descritta con maggior attenzione da un paio d’anni. Compare con sintomi ben precisi, anche senza grosse cause scatenanti. Non è un overtraining, che di questi tempi è cosa rara, vista la precisione degli allenamenti e preparatori che difficilmente sbagliano

Al Tour Asgreen ha provato la fuga, ma si è fermato sfinito dopo l’ottava tappa
Al Tour Asgreen ha provato la fuga, ma si è fermato sfinito dopo l’ottava tappa
Ci ha anticipato: le avremmo chiesto proprio questo. Come si fa a caderci vista la precisione delle preparazioni?

Parto dal presupposto che questi scienziati conoscano bene il loro lavoro. Tuttavia vanno su tabelle, cui ognuno risponde diversamente. A norma vengono considerate le abitudini di vita e i carichi di lavoro, ma siamo certi che accada sempre? Quello che vedo è che l’UCI aumenta i giorni di gara, le squadre portano i corridori a farne un numero spesso molto elevato e alla fine ti presti al… gioco di sindromi come questa. Serve più tempo per recuperare e per allenarsi. Servirebbe fare meno corse. La cura per la sindrome da fatica cronica è il riposo, non ci sono alternative. Se Asgreen ci ha corso sopra, capisco bene che lo abbiano fermato.

L’incidente in Svizzera, la rincorsa della forma e poi il crac…

Inseguire la forma in poco tempo è uno dei fattori scatenanti. Semplicemente perché il fisico non regge certi ritmi. I fattori ambientali possono incidere, il caldo ad esempio. In teoria hai tutto quello che serve per integrare, ma se il caldo perdura e non hai saldato il conto con il tuo fisico, non vai più avanti.

Mark Cavendish, BinckBank Tour 2020
La fretta di riprendere è la peggior consigliera: a causa sua, Cavendish si trascinò la mononucleosi per più di un anno
Mark Cavendish, BinckBank Tour 2020
La fretta di riprendere è la peggior consigliera: a causa sua, Cavendish si trascinò la mononucleosi per più di un anno
Saldato il conto?

Non esiste una gradazione di questa malattia, perché è molto soggettiva. Evidentemente il caso di Asgreen è piuttosto serio. Si arriva a determinarne la gravità proponendo una serie di domande su sonno e alimentazione, ad esempio. I parametri bioumorali sono molto variabili. Però è chiaro che se sei in debito di condizione e non hai una grande salute, è dannoso lavorare come se non ci fossero problemi. Il corpo non è in equilibrio e si peggiorano le cose.

Come si arriva alla diagnosi di questa sindrome?

Fai una serie di esami del sangue e magari viene fuori che i valori sono nella norma. Solo che l’atleta ha dolori muscolari, crampi, dorme male e allora ti viene il dubbio. Così verifichi che in bici i battiti non salgono e dopo un quarto dell’allenamento sei stanco come se l’avessi finito. L’errore di tanti è correre dietro al recupero e al rientro in tempo brevi, perché sono ancora in debito.

A fine Tour, accoglienza da re per Vingegaard in Danimarca. Fra gli invitati c’erano anche Asgreen e tutti i pro’ danesi
A fine Tour, accoglienza da re per Vingegaard in Danimarca. Fra gli invitati c’erano anche Asgreen e tutti i pro’ danesi
Par di capire che fermarsi subito permetta di rientrare prima.

Esatto. Se ti fermi dopo i primi segni e recuperi, allora è tutto più rapido. Come la mononucleosi, che di per sé sarebbe poca cosa. Sapete invece quanti atleti se la portano dietro per mesi? Cavendish è l’emblema, lui si è trascinato per un anno e mezzo. Ripartono. I valori sono ancora sballati. E non capiscono che devono fermarsi, altrimenti non recuperano.

Fermarsi è tuttavia un verbo impopolare, visto il numero delle gare e la necessità di fare punti…

Ma è necessario. Si dovrebbe dare una regolata al calendario, in modo da permettere ai corridori di recuperare. Le corse sono belle lo stesso, anzi forse lo sono di più. Adesso ci sono in giro 4-5 corridori hors categorie, che sembrano non doversi fermare mai. Può darsi che la specie si stia evolvendo, può darsi che siano davvero superuomini. Però starei attento, spesso in certi problemi si cade dando per scontato di essere invincibili.

Le fatiche di Jakobsen, dal calvario del Tour all’oro di Monaco

17.08.2022
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Fabio Jakobsen non è il velocista più resistente del gruppo, i suoi 78 chili gli rendono indigesta la salita. Tuttavia al momento è indiscutibilmente il più veloce. Il perché soffra così tanto le montagne ha una spiegazione ben precisa. Fabio ha 25 anni e tutto ciò che riguarda la sua maturazione si è fermato contro l’incidente del Polonia. Anziché lavorare per migliorarsi, Jakobsen ha infatti trascorso l’ultimo anno e mezzo a ricostruirsi da quella caduta. E’ facile intuire che i suoi margini siano ampi, ma serve ancora tempo. Ai campionati europei di Monaco conquistati con una volata quasi di sufficienza, a tenerlo in apprensione sono state addirittura le salitelle del tratto in linea.

«Mi sono sentito bene – ha detto dopo la vittoria – sono sopravvissuto sulla prima salita, poi ho faticato un po’ sulle pendenze della seconda, ma l’ho superata mentre la squadra si assicurava di tenere sotto controllo il vantaggio della fuga. Negli ultimi 200 metri ho solo dovuto fare il mio sprint e sono felicissimo di questa vittoria, della medaglia d’oro e di avere questa bella maglia sulle spalle per i prossimi dodici mesi».

A Monaco una volata autorevole tirata da Van Poppel, nonostante le difficoltà in avvio
A Monaco una volata autorevole tirata da Van Poppel, nonostante le difficoltà in avvio

La lezione del Tour

Nella sua testa il Tour ha lasciato un segno profondo, come capita la prima volta che ti spingi oltre il limite. Se l’olandese non è riuscito a sprintare a Parigi, è stato per l’immensa fatica dei Pirenei. Impossibile dimenticare infatti il giorno di Peyragudes, quando Fabio tagliò il traguardo con appena 15 secondi di margine sul tempo massimo. Fu a suo modo un’impresa, sia pure a 36’48” da Pogacar, vincitore di giornata.

Era il 20 luglio e sul traguardo dell’aeroporto in quota si era radunata una piccola folla, composta da compagni di squadra e tifosi. Mentre lui, con grande dignità e il cuore in gola, si arrampicava precedendo il camion scopa, fino a crollare sulla transenna dopo il traguardo.

Penultimo già all’Alpe d’Huez, ma nel tempo massimo per oltre 4 minuti
Penultimo già all’Alpe d’Huez, ma nel tempo massimo per oltre 4 minuti

Un giorno da martire

La tappa non era lunga, appena 129,7 chilometri e quattro salite da leggenda. Ma come ogni giorno nell’ultima Boucle, è stata affrontata a tutto gas sin dai primi chilometri, vista la voglia di Pogacar di riguadagnare terreno su Vingegaard.

Brutta vita in questi casi per i velocisti, soprattutto se il caldo è un carico supplementare. Era il giorno in cui sarebbero andati a casa Majka, Wellens e Felline. Il limite era stato fissato al 18 per cento, per cui essendo andati tutti molto forte, il margine per i velocisti sarebbe stato poco superiore ai 37 minuti.

Giorni prima il team belga aveva perso Morkov, l’uomo che forse a Parigi avrebbe potuto guidare Jakobsen a un piazzamento migliore. Questa volta invece rischiava di perdere proprio il velocista. I suoi compagni Lampaert, Sénéchal e Honoré si sono avvantaggiati, tagliando il traguardo fra 32’03” e 32’16” di ritardo. Poi, raggiunto il traguardo, si sono fermati per aspettare il compagno. 

«Ho visto dalla sua faccia mentre saliva – ha raccontato Senechal con gli occhi rossi – che era davvero messo male. Davvero non si arrende mai. Lui è mio amico. Sono stato con lui oggi, come cerco di fare sempre. Voglio dare il massimo per lui. Gli ho detto di spingersi ai suoi limiti per la famiglia e per i suoi compagni di squadra. Questo è il Tour. Ora Fabio potrà correre sugli Champs Elysées».

Ecco il famoso arrivo di Peyragudes, con Jakobsen salvo dal tempo massimo per appena 15 secondi
Ecco il famoso arrivo di Peyragudes, con Jakobsen salvo dal tempo massimo per appena 15 secondi

Un fatto di grinta

La corsa contro il tempo massimo fa parte dell’essere un velocista e non più tardi di un anno fa la dura legge del cronometro colpì Arnaud Demare nella tappa di Tignes e quella volta finì a casa anche Guarnieri, che non si sognò di lasciare solo il suo capitano.

«Oggi Fabio è andato per tutto il giorno al massimo – ha commentato Tom Steels – non c’era da fare molti calcoli. Ha pedalato sempre al limite. Ora sappiamo su cosa lavorare per migliorare. Fabio ha molto carattere e oggi lo ha dimostrato. Riuscire a stare nel tempo massimo era qualcosa di cui aveva bisogno. Ha messo tanta grinta per recuperare dall’infortunio e ora l’ha dimostrata anche nel sopravvivere nelle tappe di montagna».

Nel Tour del debutto, Jakobsen ha vinto la seconda tappa. Nei giorni successivi ha pagato la durezza della corsa
Nel Tour del debutto, Jakobsen ha vinto la seconda tappa. Nei giorni successivi ha pagato la durezza della corsa

La gabbia Quick Step

Forse essendosi accorti del rischio, il giorno dopo verso Hautacam la Quick Step-Alpha Vinyl ha costruito una gabbia attorno al suo velocista. E appena Jakobsen si è staccato, Bagioli, Cattaneo, Honoré, Lampaert e Sénéchal si sono sfilati dal gruppo e si sono stretti intorno all’olandese.

«Questa mattina non sapevo cosa aspettarmi dopo le due dure giornate precedenti – ha commentato Jakobsen – non sapevo come avrebbe reagito il fisico. Ma sono rimasto calmo e fiducioso, sapendo di poter contare su questa squadra incredibile. Abbiamo lottato ancora duramente e siamo riusciti a superare un’altra dura prova. Non ce l’avrei fatta senza di loro. Come velocista, non sei niente senza una squadra, quindi devo tutto a questo gruppo».

Il prossimo inverno e le fatiche della stagione saranno cruciali per i miglioramenti di Jakobsen
Il prossimo inverno e le fatiche della stagione saranno cruciali per i miglioramenti di Jakobsen

Grazie a Van Poppel

Anche a Monaco, Jakobsen ha ringraziato la squadra, soprattutto Danny Van Poppel, che lo ha pilotato nel finale, servendogli la volata sul piatto d’argento.

«Non ci capita spesso di correre insieme – ha detto – ma ognuno ha fatto il suo lavoro per mettermi in una buona posizione. Danny Van Poppel è stato l’ultimo uomo a fare un ottimo lavoro per farmi superare Merlier. Danny ha dimostrato di essere uno dei migliori leadout del gruppo. E io sono incredibilmente felice! Essere campione d’Europa è qualcosa che sognavo solo. Tutti nel team olandese hanno fatto un lavoro straordinario e mi hanno messo in una posizione perfetta per l’ultimo chilometro, un grande sforzo per il quale sono grato a tutti i ragazzi».

Ritorno a Leuven. Per il campione del mondo iella alle spalle

08.08.2022
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Da Leuven a Leuven, Julian Alaphilippe è rientrato in corsa ieri proprio laddove un anno fa (11 mesi per la precisione) vinse il suo secondo titolo mondiale. Un segno del destino? Forse…

Forse è da qui che “Loulou” potrà definitivamente dare il via alla sua stagione 2022. Una stagione che sin qui non è mai decollata del tutto. Lo abbiamo visto soffrire (ma lottare come un leone) alla Tirreno. Lo abbiamo visto “distruggersi” alla Liegi. Rialzarsi questa estate, fermarsi di nuovo per Covid al Wallonie.

Prima del via eccolo ritratto con Campenaerts, vincitore della corsa
Prima del via eccolo ritratto con Campenaerts, vincitore della corsa

Che il 2022 inizi!

Finalmente adesso tutto sembra essere rientrato nei ranghi. Alahilippe dovrebbe aver ripreso la sua normalità. Sa che ha perso molto tempo, ma sa anche che c’è lo spazio per recuperare e per siglare un grande finale di stagione, magari coronato da un tripletta iridata.

«Certo – ha detto Alaphilippe – la tripletta mondiale è un obiettivo e un pensiero, ma la priorità è ritrovare la salute».

E’ realista Julian. Ieri ha concluso la sua corsa in 56ª posizione a quasi 2′ da Victor Campenaerts, ma quel che conta sono le sensazioni e quel che potrà fare.

Correrà parecchio per cercare la sua massima condizione il suo “cento per cento”, come spiega Julian: «Questo è il vero obiettivo, perché so che quando sono al top posso avere grandi giornate».

Quindi l’iridato correrà al Tour de l’Ain (9-11 agosto), farà la Vuelta e quindi il mondiale e tutte le classiche di fine anno.

«Sono molto felice di essere tornato a correre – ha detto Alaphilippe – e in particolare a Leuven dove ho molti ricordi. Non sapevo dove fossi con la condizione. Ho passato alcuni giorni senza allenarmi e nell’ultima settimana ho fatto solo lavori di endurance».

Ecco perché nel suo programma figurano parecchie corse. In questo momento trovare il ritmo è fondamentale. Specie per uno come lui che fa della brillantezza la propria arma.

Julian aveva vinto al Wallonie. Era la seconda corsa (ma un mese dopo il campionato francese) dopo l’infortunio della Liegi
Julian aveva vinto al Wallonie. Era la seconda corsa (ma un mese dopo il campionato francese) dopo l’infortunio della Liegi

Dalle stelle alle stalle

Al Wallonie, il rientro del corridore della Quick Step- Alpha Vinyl era stato ottimo. Dopo la discussa esclusione dal Tour (secondo Lefevere non dava garanzie di tenuta, ndr), Alaphilippe aveva subito siglato una vittoria. Ma quando le cose non girano… non girano.

«Ero felice – racconta Alaphilippe – sembrava che tutto fosse okay, le sensazioni erano buone. Poi il giorno dopo ero completamente fermo. Provavo davvero brutte sensazioni e ho dovuto lasciare la gara per il Covid.

«I sintomi sono andati via presto, ma sento che c’è ancora un po’ di stanchezza. Il morale però è buono. Spero solo che sfortuna mi lasci tranquillo!».

E tutto sommato per Alaphilippe questa è stata la prima stagione difficile. Vero, anche lo scorso anno fino al mondiale aveva fatto “poco”, ma almeno aveva corso. Quest’anno invece si ritrova ad agosto inoltrato con 28 giorni di gara (incluso ieri). Per dare un’idea di quanto abbiano fatto i suoi colleghi la media è di 55-60 giorni di gara, con la punta di 78 di Alberto Dainese.

Alaphilippe (vicino a Nizzolo) tra le stradine di Leuven che lo scorso anno lo aiutarono per conquistare la maglia che indossa
Alaphilippe tra le stradine di Leuven che lo scorso anno lo aiutarono per conquistare la maglia che indossa

Morale e obiettivi

E proprio dal discorso del morale bisogna ripartire. Un campione si vede anche, e soprattutto, quando naviga in cattive acque. Riesce a non perdere la bussola, a tenere la “barra dritta” e a riemergere… E se possibile più forte di prima.

«Quest’anno mi sento come se non avessi molto vento alle spalle – tanto per restare in termini marinareschi – Ho corso poco. E’ dall’inizio della stagione che non va assolutamente come vorrei. Ma non ho avuto scelta. E’ così. Devi riadattarti. E allora guardo avanti e vedo che ci sono tante gare in vista: la Vuelta, il mondiale, il Giro di Lombardia.

«So che non sono al top, ma come ho detto ci proverò. E sarò davvero felice se non avrò rimpianti».

Il dibattito è già aperto. Il terzo mondiale appare sempre più adatto a un corridore come Alaphilippe. Wollongong è duro ma veloce. Forse un po’ più duro di Leuven, ma di certo meno intrigato dal punto di vista planimetrico. Le stradine belga che lo scorso autunno lo hanno aiutato a nascondersi, con le curve che spezzavano il ritmo e che Julian è stato bravissimo ad affrontare, in Australia non ci saranno.

Favorito dunque? Può esserlo, ma come dice lui stesso prima deve trovare la condizione migliore, per trovare una super giornata delle sue.

Remco passeggia a San Sebastian. L’analisi del suo assolo

30.07.2022
5 min
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Ha passeggiato Remco Evenepoel. Una passeggiata magari un po’ impegnativa. Ma quando è tornato a San Sebastian per la seconda volta, quella del finale, si è avuto l’impressione di un “cicloamatore” che si stesse godendo la usa uscita su un bellissimo lungomare. Con il mare azzurro, il sole, le bellezze sulla spiaggia…

Invece era un pro’ che stava andando a conquistare per la seconda volta in carriera la Clasica di San Sebastian, appuntamento di fine luglio. Appuntamento dove si incontrano i reduci del Tour e coloro che ripartono per il finale di stagione. Di solito ne esce sempre una corsa combattuta e scoppiettante. Stavolta scoppiettante sì, combattuta no.

La Quick Step-Alpha Vinyl in azione sullo Jaizkibel
La Quick Step-Alpha Vinyl in azione sullo Jaizkibel

Duello rimandato

Combattuta no, perché di fatto al primo scatto, che poi neanche di scatto si è trattato, al primo forcing Remco Evenepoel ha fatto il vuoto. Mancavano esattamente 44,5 chilometri all’arrivo. Solo Simon Yates ha tentato di braccarlo per un po’. Poi, dopo 5’, ha alzato bandiera bianca anche lui.

L’attesissimo duello con Pogacar, davvero sfinito dopo il Tour, è quindi rimandato. Lo sloveno è rimasto indietro pochi minuti prima che l’ex calciatore desse inizio al suo show. Alla sua crono.

Perché di fatto poi ha intrapreso una crono. E in effetti certe doti e l’ottimo lavoro svolto in altura a Livigno si sono visti.

Remco spinge. Solo Simon Yates lo tiene per un paio di chilometri scarsi, poi resta solo
Remco spinge. Solo Simon Yates lo tiene per un paio di chilometri scarsi, poi resta solo

Cronoman e scalatore

Cerchiamo di andare dunque alla base di questo successo. Analizziamo l’azione di Evenepoel e prima anche la sua “nuova” personalità.

Remco è stato in ritiro con la sua Quick Step-Alpha Vinyl, o meglio, in parte con la squadra a Livigno. In realtà lui era a Trepalle, a circa 500 metri di quota più in alto rispetto ai suoi compagni. Quindi a circa 2.300 metri e vi è restato per oltre 20 giorni.

Si è spesso allenato da solo e qualche volta si è unito al gruppo guidato dal tecnico-preparatore Vasilis Anastopoulos, con il quale tra l’altro avevamo parlato.

Alla vigilia di San Sabestian Remco era davvero sereno. Aveva pedalato per un’ora e mezza. Era andato a rivedere lo Jaizkibel e l’Erlaitz (dove ha attaccato), ma soprattutto la sua discesa.

«Sono un atleta più completo rispetto a quello che ha vinto qui tre anni fa – aveva detto a Rtbf, un’emittente belga alla vigilia – Adesso sono più forte, anche fisicamente anche perché il mio corpo ha completato il suo sviluppo (all’epoca aveva 19 anni, ndr).

«Credo di essere anche più completo in tutto: vedo meglio la corsa, sono più intelligente in gara, sono cresciuto come uomo… E sono anche due chili più magro».

E poi aggiunge, sibillino: «Ma il peso dipende dagli obiettivi». Il che vuol dire che ha messo gli occhi sulla Vuelta. Ma questo è un altro capitolo.

E due! Evenepoel aveva trionfato qui nel 2019 a 19 anni, il vincitore più giovane di questa corsa
E due! Evenepoel aveva trionfato qui nel 2019 a 19 anni, il vincitore più giovane di questa corsa

Strategia riuscita

Alla luce di questa tranquillità, di questa sicurezza. Oggi Remco ha messo la sua squadra a controllare la corsa sin dalle prime battute. Si correva per lui senza se e senza ma. Tanto più che Alaphilippe era a casa con il Covid. Anche il fatto di essere il solo leader gli ha dato tranquillità! Magari per altri sarebbe un fardello… 

Non per lui che ha gestito tutto con lucidità.

«Mi sono preso qualche giorno di riposo e nell’ultima settimana avevo fatto solo dieci ore di allenamento proprio perché oggi volevo essere fresco – ha detto Evenepoel dopo l’arrivo – E infatti penso che ciò che ha fatto la differenza oggi sia stata la freschezza. 

«Mi sono sentito bene e ho deciso di aumentare il ritmo sullo Jaizkibel con la squadra. Era un piano preparato in anticipo. È andata bene. Poi è stato un finale lungo e difficile».

Sul podio con il belga (con il classico basco) anche Sivakov e Benoot
Sul podio con il belga (con il classico basco) anche Sivakov e Benoot

Tre spunti tecnici

Che sia stato lungo sicuro. Sul difficile qualche dubbio lo abbiamo! Restando sull’analisi di questo successo. Tre cose ci hanno colpito di Remco: l’agilità, la posizione, l’approccio con la discesa.

Agilità sì, ma anche rapporto: in una parola forza. Remco mulinava, ma spingeva anche. E la riprova era vedere i suoi avversari, tra chi stava in piedi, chi cercava di tenerlo con rapporti “impossibili”. Quella è forza… espressa in modo agile: mettiamola così.

Tra l’altro si sarà alzato sui pedali 3-4 volte in 44 chilometri. Cronoman puro.

E da qui ci leghiamo al secondo punto: la posizione. Remco sembrava più lungo, più disteso con i gomiti. Come se avesse, complice questo dimagrimento, allungato l’attacco manubrio di un centimetro, di solito in corso di stagione non si va oltre. Il risultato: una posizione aerodinamica, stabile, composta e anche bella esteticamente. 

Secondo i dati, da quando è partito ha sviluppato una media di circa 2 km/h in più degli immediati inseguitori.

La discesa: come sappiamo non è il punto di forza di Evenepoel, però va detto che è migliorato. Nella planata successiva all’attacco è stato bravo. Ha spinto, ha persino guadagnato qualcosina sui primi inseguitori, ma certo non era una planata tecnica.

Nella seconda discesa invece, che era ben più tecnica, forte dei 2’30” di vantaggio (forse anche più) a cinque chilometri dall’arrivo, è sceso veramente piano ed in controllo. Non ha quindi rischiato nulla. Chissà se ha voluto attaccare così anticipatamente temendo questa discesa? In ogni caso ha gestito con maturità anche questo aspetto.

La corsa di Ballerini riparte dal Belgio e profuma d’azzurro

25.07.2022
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Ballerini è all’Ethias Tour de Wallonie assieme ad Alaphilippe e un bel gruppo di corridori al lavoro per la seconda parte di stagione. Nomi anche importanti che a vario titolo, per problemi o per programma, sono rimasti fuori dal Tour e adesso hanno motivazioni da vendere. Il contesto è speciale. Ieri si è corso sulle strade della Liegi, ma nell’arco della settimana non mancherà il pavé. L’unico problema, venuto a galla giusto ieri, è un’ondata di caldo che da quelle parti non è affatto usuale. Basti pensare che quando il Tour ha fatto tappa in Belgio, indossando la felpa per andare a cena leggevamo con sgomento dei 40 gradi che bagnavano l’Italia.

«Invece è arrivato anche qui – ammette il Ballero – parliamo di 35-36 gradi. Così la tappa di ieri è venuta durissima, non credevo tanto. Un po’ alcune salite della Liegi e un po’ il caldo, mi dispiace che abbiamo perso la maglia di leader (Alaphilippe, vincitore della 1ª tappa è arrivato a 8’28”, mentre oggi ha dovuto fermarsi per positività al Covid, ndr). E mi dispiace che abbiamo perso Dries Devenyns, che è caduto due volte. La prima volta ha battuto la testa ed è ripartito. Poi è caduto di nuovo e lo hanno portato all’ospedale».

La seconda tappa del Wallonie è appena partita, Alaphilippe (e dietro Ballerini) ancora di ottimo umore…
La seconda tappa del Wallonie è appena partita, Alaphilippe (e dietro Ballerini) ancora di ottimo umore…
E quindi si riparte da qui?

Esatto, dopo aver lavorato bene a Livigno. Non posso dire di essere soddisfatto della prima parte di stagione. Ho puntato ancora sulle classiche, ma fra acciacchi vari e Covid, ho sempre inseguito la condizione senza mai trovarla davvero. Quando è così, fai le cose di fretta e si complica tutto. Sono esperienze che ti porti dietro, ma è anche vero che in certi momenti è stato difficile fare la squadra, quindi magari rientri che non sei al top. E basta un colpo d’aria per ammalarti.

Adesso sei a posto?

Ormai è passato tutto (sbuffa, ndr). Il Giro è andato discretamente, ho avuto le mie chance. Poi a Livigno ho staccato. Eravamo un bel gruppo, tutti quelli che non sono andati al Tour, da “Loulou” (Alaphilippe, ndr) a Evenepoel. E così il Tour ce lo siamo guardati in tivù. Ieri speravo che vincesse Jakobsen, che sa muoversi bene anche senza Morkov. Ma Philipsen aveva già fatto vedere di essere più forte.

Andermatt, un bel muro in pavé, per dare al ritiro di Livigno il sapore di Nord… (foto Instagram)
Andermatt, un bel muro in pavé, per dare al ritiro di Livigno il sapore di Nord… (foto Instagram)
L’anno scorso eri uno degli uomini di punta al mondiale, ma finì con caduta e ritiro. Hai già parlato con Bennati?

Ci siamo sentiti, certo. Con Benna mi sono sempre trovato bene, il primo stage alla Tinkoff lo feci con lui. Abbiamo un grande rapporto, è una brava persona, con lui scherzo spesso. Vedremo come andrà questa volta con la nazionale. Gli europei sono piatti. Il mondiale invece sarà duro come l’anno scorso. Non ho visto le strade, non so se sono larghe. Però viene duro, Alaphilippe non lo tolgo dai favoriti, per cui si vedrà.

Ieri a Parigi, Bennati ha fatto un po’ di nomi…

Bisognerà vedere come staremo a settembre. Bettiol effettivamente sta andando forte, ma al mondiale mancano quasi due mesi. Dovremo essere bravi a essere forti in quei giorni lì.

Tu come ci arriverai?

Niente Vuelta. Dopo il Wallonie, farò Burgos, poi gli europei, quindi una corsa in Belgio, Plouay, poi altre due settimane in altura, lo Slovacchia e a quel punto, se sarò nella rosa, il mondiale.

Bramati dice che gli piacerebbe vederti vincere in questi giorni, c’è una tappa che fa al caso tuo?

L’ultima, che ha anche qualche chilometro di pavé. Ma se dovesse essere un’altra, andrà bene lo stesso. Essendo appena scesi dall’altura, sapevo che le prime sarebbero state dure, ma adesso le cose andranno sicuramente meglio. E… una cosa: anche a me piacerebbe vincere…