Dall’Italia al Belgio, la scelta di Fenix che crede nel ciclismo

01.01.2025
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MILANO – In quel costante arrovellarsi sull’assenza di grandi sponsor (italiani) nel ciclismo italiano, il fatto che in Belgio ci sia una squadra WorldTour femminile di primo nome italiano come Fenix provoca una serie di prevedibili riflessioni. Poco aiuta aver scoperto che alle spalle di Fenix ci sia una holding olandese. Al contrario, la consapevolezza di ciò amplifica il senso di disagio. In Olanda il ciclismo è percepito così tanto come un terreno su cui investire, da aver spinto una società italiana controllata a metterci il nome e le risorse. Chissà quante aziende ne avrebbero i mezzi, ma non lo fanno perché nessuno sa spiegargliene i vantaggi.

Per questo incontrare Sandro Marini, Art Director presso Arpa Industriale e riferimento di Fenix per il marketing, aiuta a far luce su ciò che rende appetibile il ciclismo per l’azienda di Bra che ha iniziato nel 2023 e fino al 2027 sarà primo nome della Fenix-Deceuninck. Nel 2020 e nel 2021 era stata anche il secondo nome sulla maglia di Mathieu Van der Poel. Lo abbiamo incontrato in occasione della presentazione di Annemiek Van Vleuten come coach della squadra olandese e ci ha colpito, come abbiamo già raccontato, assistere alla presenza numerosa di giornalisti venuti dal Belgio e dall’Olanda in casa di uno sponsor italiano

Il nostro interlocutore per questo articolo è Sandro Marini, Art Director di Arpa Industriale (immagine Instagram)
Il nostro interlocutore per questo articolo è Sandro Marini, Art Director di Arpa Industriale (immagine Instagram)
Perché il ciclismo?

Abbiamo iniziato questo interessante viaggio nel 2020 insieme alla allora Alpecin-Fenix. Fenix produce un materiale che riveste le superfici per gli elementi d’arredo, delle cucine, dei tavoli, di tutto quello che si può coprire. La Fenix ha sede a Bra, quindi è un’azienda italiana, ma condividiamo i valori della squadra di Philip Roodhooft. Il fatto di arrivare a loro è dipeso dalla holding, ma anche dalla passione e dall’aver scoperto in loro i nostri stessi valori aziendali. Ci siamo piaciuti e abbiamo voluto mettere il nostro marchio sulla squadra.

Un’esperienza che funziona a livello di conoscenza del marchio?

Molto, molto. Più di tutto ci piace il fatto di essere associati a una squadra che ha un percorso molto bello di successi. Ci dà grande soddisfazione e permette di incrociare mondi che possono sembrare totalmente diversi, totalmente avulsi. Sui social abbiamo ricevuto commenti da persone che hanno una cucina Fenix e si sono accorte che i loro ciclisti preferiti corrono con Fenix e di conseguenza trovano la loro cucina ancora più bella. Poi c’è anche l’aspetto della comunicazione più pura, ma noi siamo molto contenti anche del riscontro immediato del semplice accostamento del nome alla squadra.

Puck Pieterse ha portato il marchio Fenix sulla maglia bianca di miglior giovane al Tour 2024
Puck Pieterse ha portato il marchio Fenix sulla maglia bianca di miglior giovane al Tour 2024
Fino al 2028 con le donne, prima con Van der Poel: c’è una grossa differenza di impatto?

Ovviamente sì, sono due cose diverse, ma devo dire che con la squadra femminile c’è ancora più partecipazione. C’è più empatia e troviamo le porte aperte. Quella di affiancare le ragazze è stata una bella scelta ed è il nostro solo impegno nel ciclismo. Al momento siamo con loro con questa sponsorizzazione. Uno dei nostri valori è essere focalizzati sul progetto e ora vogliamo dare loro il nostro supporto affinché possano fare risultati migliori e diventino delle atlete bravissime. E poi c’è l’aspetto umano e sociale.

Vale a dire?

Quando ci coinvolgono anche in gare completamente diverse, tipo la Gran Fondo Bra-Bra, è un momento di festa. Si incrociano persone, è venuto Adrie il papà di Van Der Poel. Sono venute le ragazze e si crea sempre un bel clima.

Nel catalogo del marchio piemontese, cucine, soggiorni… tutto ciò che richiede un rivestimento (foto Fenix)
Nel catalogo del marchio piemontese, cucine, soggiorni… tutto ciò che richiede un rivestimento (foto Fenix)
Quando nasce il marchio Fenix?

Come prodotto nasce nel 2013, abbiamo festeggiato dieci anni lo scorso anno. E’ un prodotto che ha rivoluzionato il mondo dell’interior design grazie alle sue caratteristiche di opacità, soft touch, riparabilità e anti-impronta. Il nome Fenix viene proprio dall’araba fenice che col calore si rigenera, proprio come le superfici che produciamo. Grazie a queste caratteristiche Fenix ha dettato un nuovo standard che in dieci anni ha avuto un notevole successo in tutto il mondo dell’interior design, dalle cucine agli elementi di arredo con le marche più prestigiose.

L’azienda è nata a Bra?

L’azienda che c’è alla base di tutto, Arpa Industriale, è nata nel 1954, quindi quest’anno ha festeggiato i 70 anni. L’anno scorso i 10 anni di Fenix, quest’anno i 70 anni di Arpa. E’ nata a Bra perché i proprietari e i fondatori erano di Bra. Inizialmente produceva laminato, che era il materiale smart, anche se era fatto con tanti strati di carta. Quindi è nato tutto da una famiglia braidese, ma nel 2008 è avvenuta l’acquisizione da parte della holding olandese e da lì è iniziato un nuovo percorso di azienda, con lo sviluppo di prodotti come Fenix.

Ceylin Del Carmen Alvarado ha già vinto nove prove di cross in questa stagione: qui a Namur
Ceylin Del Carmen Alvarado ha già vinto nove prove di cross in questa stagione: qui a Namur

Nella Fenix-Deceuninck corre Puck Pieterse, campionessa del mondo U23 e miglior giovane all’ultimo Tour. C’è Ceylin Del Carmen Alvarado, star del ciclocross e c’è anche Pauliena Rooijakkers, terza all’ultimo Tour de France. La squadra corre con bici Canyon ed è vestita da Alé Cycling, altra eccellenza italiana. Per ora le ragazze stanno correndo nel cross, ma presto sarà tempo di tornare su strada. Portando in giro per il mondo il marchio di un’azienda piemontese che ha scelto di crederci.

Una stagione da record per Canyon

27.12.2024
4 min
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Gli ultimi giorni di dicembre sono solitamente dedicati a stilare i bilanci dell’anno che si sta concludendo e ad impostare i programmi dell’anno che verrà. Guardando in casa Canyon, l’azienda tedesca non può che ritenersi molto soddisfatta per i risultati sportivi ottenuti in questa stagione. Il 2024 passerà infatti alla storia di Canyon come uno degli anni di maggior successo mai registrati. Grazie a campioni del calibro Mathieu Van der Poel, Jasper Philipsen, Kasia Niewiadoma, Chloé Dygert, Puck Pieterse, Laura Phillip e Patrick Lange, solo per citare i più famosi, sono arrivati 17 titoli mondiali UCI, 2 campionati del mondo Ironman, una vittoria in un grande giro e un oro olimpico. A questi titoli prestigiosi vanno ad aggiungersi oltre 180 vittorie tra strada, cronometro, pista, gravel, cross-country, enduro e downhill.

In sella alla sua Canyon Gravel CFR Mathieu Van Der Poel è diventato campione del mondo in Belgio lo scorso ottobre
In sella alla sua Canyon Gravel CFR Mathieu Van Der Poel è diventato campione del mondo in Belgio lo scorso ottobre

Da Mathieu a Kasia

Il vero mattatore della stagione è stato senza dubbio Mathieu Van de Poel. L’asso olandese ha saputo conquistare la maglia di campione del mondo nel ciclocross e nel gravel. Due successi arrivati rispettivamente sui modelli Inflite CFR e Gravel CFR. Non vanno poi dimenticati i successi alla Parigi-Roubaix e al Fiandre ottenuti in sella alla Aeroad CFR

Un’altra stella nella stagione di Canyon è stata sicuramente Kasia Niewiadoma con la sua vittoria al Tour de France Femmes avec Zwift, ottenuta con la sua Canyon Aeroad CFR.

Uno dei successi più importanti per Canyon è arrivato dal ciclismo femminile con la vittoria del Tour de France da parte di Kasia Niewadona
Uno dei successi più importanti per Canyon è arrivato dal ciclismo femminile con la vittoria del Tour de France da parte di Kasia Niewadona

Padroni della pista

Non sono mancati anche i successi in pista. Chloé Dygert, Jennifer Valente, Lily Williams e Kristen Faulkner del Team USA hanno portato a casa l’oro olimpico nell’inseguimento a squadre femminile. Tobias Aagaard Hansen, Carl-Frederik Bevort, Niklas Larsen e Frederik Rodenberg Madsen della Danimarca hanno vinto i titoli di campione del mondo nell’inseguimento a squadre, nel madison, nella gara a punti e a eliminazione. Tutti questi risultati sono stati ottenuti grazie al supporto della Speedmax Track CFR di Canyon.

Nel mondo del triathlon, Laura Philipp ha vinto il campionato mondiale Ironman femminile a Nizza. Ai campionati mondiali Ironman maschili a Kona, Patrick Lange ha conquistato il suo terzo titolo mondiale. Ad accompagnarli nei loro trionfi mondiali la Speedmax CFR.

Il modello Speedmax Track CFR è stato protagonista alle Olimpiadi di Parigi 2024
Il modello Speedmax Track CFR è stato protagonista alle Olimpiadi di Parigi 2024

Pieterse…e non solo

Il futuro di Canyon è sicuramente in buone mani quando si pensa alla poliedrica Puck Pieterse, capace di ottenere vittorie su strada, nel ciclocross e nella mountain bike, queste ultime ottenute sulla Lux World Cup CFR.

La Pieterse non è la sola promettente stella in casa Canyon. Accanto a lei troviamo altri giovani ciclisti che nel 2025 faranno sicuramente parlare di sé. Ci riferiamo a Zoe Bäckstedt, Tibor Del Grosso, Ivan Romeo, Antonia Niedermaier e Cat Ferguson, tutti campioni del mondo nel 2024 fra under 23 e junior.

La giovane olandese Puck Pieterse, infine, è stata capace di vincere sia su strada che fuoristrada
La giovane olandese Puck Pieterse, infine, è stata capace di vincere sia su strada che fuoristrada

Sempre vicino ai professionisti 

Fin dalla sua nascita avvenuta nel 2002, Canyon ha visto il mondo del professionismo come parte integrante della sua storia. Nel corso degli anni dai professionisti che hanno corso su bici Canyon sono infatti arrivate innumerevoli informazioni per il reparto di ricerca e sviluppo dell’azienda tedesca. 

Andreas Walzer, Pro Sports Director di Canyon, ha così commentato lo straordinario 2024 a livello di successi ottenuto dalla sua azienda: «Il 2024 passerà alla storia come un anno in cui le nostre affermate stelle dello sport hanno dimostrato ancora una volta perché sono le migliori al mondo. Siamo incredibilmente orgogliosi di lavorare in partnership con alcuni dei migliori ciclisti della loro generazione. Le preziose intuizioni che ci danno consentono a Canyon di creare nuove innovazioni che possono spingere i confini di ciò che è possibile nel ciclismo professionistico, alcune delle quali portano direttamente alle nuove bici che vedrete nel 2025».

Canyon

Belgi e olandesi in massa a Milano, per Fenix e Van Vleuten

21.12.2024
6 min
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MILANO – Per avere l’idea di quanto sia popolare il ciclismo fra Belgio e Olanda, basti pensare a quanto è accaduto ieri a Milano. Ci era arrivato un invito da parte di Nico Dick, il press officer della Alpecin-Deceuninck, per la presentazione a Milano della Fenix-Deceuninck. Appuntamento alle 10,30 nello showroom di Fenix in via Quintino Sella, alle spalle del Castello Sforzesco. Alle 12, a due fermate della “metro verde”, ci sarebbero stati la conferenza stampa del presidente federale Dagnoni e poi il Giro d’Onore.

Quando alle 10,20 il locale si riempie degli inviati belgi e olandesi, che di solito incontriamo nelle grandi corse, ci viene il sospetto di qualcosa di grosso. Uno di loro infatti, giornalista di Wielerfiets, ci dice di sfuggita che sarà presente un grosso nome, ma non sanno chi. E per questo sono partiti in blocco da casa. Poi aggiunge che il grosso nome magari è tale per loro e non per noi. Incuriositi continuiamo ad aspettare, ma convinti di fargli una gentilezza diciamo a tutti che di lì a poco ci saranno a disposizione della stampa personaggi come Ganna, Viviani, i fratelli Consonni, Guazzini, Balsamo e tutto il ben di Dio del Giro d’Onore. Credete che uno solo di loro si sia mosso da lì?

Il team manager Philip Roodhooft ha fatto il punto sulla squadra e spiegato il ruolo di Van Vleuten
Il team manager Philip Roodhooft ha fatto il punto sulla squadra e spiegato il ruolo di Van Vleuten

Sorpresa Van Vleuten

Il grosso nome effettivamente c’è ed è quello di Annemiek Van Vleuten. L’olandese si è ritirata alla fine del 2023 a 41 anni. Si è data un gran da fare nel gravel e alla fine ha accettato l’offerta di Philip Roodhooft, team manager della squadra belga, perché ne diventi un po’ coach, un po’ ispiratrice e un po’ anche talent scout. Con quattro titoli mondiali, un oro olimpico a crono, la vittorie del Tour, di 4 Giri d’Italia e di 2 Vuelta Espana, oltre a 2 Fiandre, 2 Liegi, 2 Strade Bianche e 2 Omloop Het Nieuwsblad, Annemiek è considerata una delle dei migliori cicliste di sempre.

«E’ soprattutto un investimento – dice Roodhooft, presente a Milano – per raggiungere risultati migliori. La squadra ha lottato, ma manca qualcosa perché arrivi dove vorremmo. Il ruolo di Annemiek è difficile da inquadrare, ma non è indefinibile. Ad esempio, nella nostra squadra abbiamo un’atleta come Carina Schrempf, che due anni fa correva gli 800 metri. Non ha parenti che le abbiano insegnato ad andare in bicicletta, per cui si tratta di un processo per il quale se va bene servono cinque anni. Con Annemiek in squadra ad esempio, possiamo accelerare questo processo di apprendimento. In più può insegnare alle ragazze a correre in modo più intuitivo, prendendo l’iniziativa e fiducia in se stesse. Finora tutte le tattiche sono affidate al direttore sportivo, sarebbe bello che durante un’intervista l’atleta fosse capace di dire di essere scattata perché ha visto un’occasione».

Chiamata a primavera

Lei è rimasta per tutto il tempo seduta e silenziosa. Ha scattato foto quando Alessia Piccolo ha presentato le maglie in tre colori e anche quando lo stesso Roodhooft ha raccontato gli obiettivi di un team che ha consolidato il rapporto con Fenix fino al 2027. Solo quando lo chiamano sullo sgabello, inizia a raccontare la sua versione.

«Dopo la primavera, che è stata un po’ deludente in termini di vittorie – dice – ho ricevuto una telefonata da Philip Roodhooft. Mi ha detto: “Sentiamo che abbiamo ancora bisogno di qualcosa per aiutare le ragazze a fare il passo decisivo. Pensiamo che tu possa aiutarci”. Questa è una grande opportunità per me. Sapevo di non voler fare il direttore sportivo, perché penso che altri siano tatticamente più bravi. E non volevo nemmeno essere un allenatore. Quindi questo ruolo libero mi piace molto.

«Credo che la squadra abbia delle individualità molto forti – dice – di cui ancora non c’è consapevolezza. Prendo il mio esempio. Ho scoperto casualmente che potevo essere uno scalatore. Volevo andare ai Giochi di Rio ed è per questo che ho iniziato ad allenarmi forte in salita. Se qualcuno avesse espresso prima la sua fiducia nelle mie qualità, per me avrebbe fatto una grande differenza. Sarò una sorta di performance coach, sarà un viaggio di scoperta per me e per la squadra. Sicuramente ne ragionerò insieme alle atlete e vedrò come ottenere il meglio da ciascuna di loro e da tutta la squadra».

Nel 2022, Van Vleuten ha vinto la prima edizione del Tour Femmes e a seguire il mondiale di Wollongong
Nel 2022, Van Vleuten ha vinto la prima edizione del Tour Femmes e a seguire il mondiale di Wollongong

Tre atlete al massimo

Andando avanti con le domande, viene fuori però che il suo non sarà un impegno ad ampio raggio, ma piuttosto focalizzato su due atlete: Puck Pieterse e Pauliena Rooijakkers, la giovanissima star del fuoristrada ma vincitrice di una tappa al Tour e la terza dell’ultima Boucle.

«L’idea è di lavorare specificamente con tre ragazze – specifica però Van Vleuten – ma non è ancora del tutto noto quali saranno. Mi unirò alla squadra al ritiro di gennaio e conoscerò tutti. Potrei certamente lavorare con Puck, ma prima dovrà concludere la sua stagione di cross, per cui per ora la lasceremo in pace. Certamente in lei vedo una potenziale vincitrice del Tour. Ha molto talento, che però deve essere instradato. Deve scoprire se stessa. E penso che lo farà scegliendo dove vuole veramente eccellere. In questa squadra la priorità è che sia il corridore a fare la scelta e che riesca anche a divertirsi».

Con Van Vleuten due atlete della Fenix: Marthe Truyen e Yara Kastelijn
Con Van Vleuten due atlete della Fenix: Marthe Truyen e Yara Kastelijn

Più o meno una mental coach

Due parole Van Vleuten le riserva anche a Pauliena Rooijakkers, che ha 31 anni e non avrebbe mai immaginato di essere all’altezza di un podio al Tour de France.

«Da quando sono stata contattata nella scorsa primavera – spiega Van Vleuten – ho iniziato a seguire Pauliena con un po’ più di interesse. Mi rivedo molto in qualcuno che ha iniziato a scoprirsi come corridore di classifica già da grande. Parlandone e ragionando con lei, potremmo essere in grado di accelerare il suo processo. A volte questo significa semplicemente darle fiducia. Negli ultimi anni di carriera, mi è capitato di sedermi con il mio allenatore, cercando di capire quale potesse essere il mio ruolo. Ho anche studiato psicologia dello sport, perché penso che in questo momento sia la parte più interessante e quella in cui il mio contributo possa essere maggiore. Sono stata in gruppo per 18 anni, sarebbe brutto perdere la mia esperienza, vorrei trasmetterla alle ragazze più giovani».

Attirati da altri grossi nomi decisamente più azzurri, alle 11,45 abbiamo lasciato lo showroom Fenix, proprio nel momento in cui stavano arrivando i primi piatti del pranzo. La giornata era ancora lungi dal finire, gli amici del Nord stavano ultimando le loro interviste e si avvicinavano al buffet.

A tu per tu con la Pieterse, con un obiettivo leggendario

19.11.2024
7 min
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Una stagione sempre a tutta, saltando da una bici all’altra. Perché nella carriera di Puck Pieterse nulla è normale. Diciamoci la verità: nessuna è ciclista come la 22enne di Amersfoort, che dal ciclocross passa alla strada, poi alla mtb, poi al gravel, con un denominatore comune: vincere. Quest’anno ha vinto il titolo mondiale nella mtb insieme a quello europeo e a 3 successi in Coppa del Mondo (di cui 2 nello short track), 3 tappe di Coppa nel ciclocross con il bronzo iridato, una tappa al Tour de France su strada e il 4° posto ai mondiali gravel.

Tra tante discipline proprio la strada è risultata quella più penalizzata, con poche apparizioni che hanno però dimostrato chiaramente come abbia mezzi straordinari che possono portarla a emergere, tanto da chiudere alle porte della Top 10 nella Grande Boucle pur con una preparazione specifica quanto mai sommaria. Ora però l’olandese è di fronte a un bivio: in apertura di quadriennio olimpico, come orientarsi?

Su strada la Pieterse ha corso solo per 17 giorni, ma centrando la Top 10 ben 12 volte con un successo
Su strada la Pieterse ha corso solo per 17 giorni, ma centrando la Top 10 ben 12 volte con un successo

Dopo una stagione così stressante ha avuto bisogno di un po’ di tempo per rilassarsi e riflettere, chiudendo i ponti con tutti, ma poi, prima di tornare in sella e iniziare la preparazione, ha accettato di sottoporsi a una serie di domande, senza nascondere nulla.

Sei forse la più poliedrica fra le cicliste internazionali: fra ciclocross, strada, mtb, gravel qual è la disciplina che ti piace di più?

È davvero difficile scegliere. Mi vedo più come una ciclista in generale, senza distinzioni. Magari con un focus su mountain bike e ciclocross che per ora mi si addicono di più. La mountain bike è quella che mi ha dato i migliori risultati, ma per ora. E’ una lotta serrata tra tutte e devo dire che fare gravel è stato sicuramente divertente, ma penso che non ci sia abbastanza tempo nella stagione per farne molto di più di quanto ho fatto l’anno scorso.

Il trionfo iridato di mtb ad Andorra, la ciliegina sulla torta della sua stagione (foto Boris Beyer)
Il trionfo iridato di mtb ad Andorra, la ciliegina sulla torta della sua stagione (foto Boris Beyer)
Hai vissuto una stagione lunghissima e ricca di soddisfazioni: qual è stata la più grande?

Sicuramente ai campionati del mondo di mtb ad Andorra. E’ stato davvero speciale vincere quella maglia iridata. Ma nel cuore porterò sempre le emozioni vissute alle Olimpiadi. Quella è stata l’esperienza più grande da provare.

Su strada hai potuto gareggiare solo per 17 giorni ma con una costanza di risultati eccezionale: che cosa hai appreso dalla tua esperienza su strada?

E’ una specialità completamente diversa dalle altre. Ho capito che serve essere un po’ più paziente, non giocare troppo con la mia potenza all’inizio della gara. Lasciare che anche gli altri facciano un po’ di lavoro. Mi rendo conto che ho ancora molto da imparare perché su strada bisogna dosare le proprie energie, sfruttare i momenti giusti, non si va sempre a tutta. Bisogna saper guidare, sfruttare il lavoro degli altri, conservare sempre un po’ di energia per un potenziale sprint.

La vittoria della Pieterse nella tappa del Tour a Liegi, battendo Vollering e Niewiadoma
La vittoria della Pieterse nella tappa del Tour a Liegi, battendo Vollering e Niewiadoma
Nel 2025 quali discipline farai oltre alla strada?

Non cambierà molto rispetto al 2024, penso di combinare di nuovo mountain bike, ciclocross e strada, quindi inizierò l’anno 2025 con il ciclocross, poi alcuni giri in bici su strada, in seguito mi dedicherò alle classiche primaverili e poi tornerò alla mountain bike per il resto della stagione con probabilmente il Tour de France nel mezzo. E’ una formula che in fin dei conti mi ha portato bene, perché cambiare?

Quanto è importante essere in un team come la Fenix Deceuninck che permette di fare altre specialità? Non è una cosa comune in tutti i team WorldTour…

Sì, e penso che il “rimescolamento” sia davvero uno dei segni distintivi di questa squadra. È davvero bello poter fare tre discipline diverse e come anche loro supportino davvero questa scelta originale, per me come per altri. Come se conoscessero le mie ambizioni e volessero davvero aiutarmi nell’ottenere i miei obiettivi e questo mi dà molta libertà e meno pressione. In altri team so che non è così. Per me è qualcosa di speciale, che funziona, che mi dà stimoli di cui ho bisogno. Loro hanno un background diverso, interpretano il ciclismo in maniera globale, apprezzano che i loro corridori facciano più discipline.

Nel ciclocross l’olandese viene dal bronzo iridato Elite. Ai prossimi mondiali correrà forse fra le U23
Nel ciclocross l’olandese viene dal bronzo iridato Elite. Ai prossimi mondiali correrà forse fra le U23
Nel 2025 ci si attende molto da te, soprattutto nelle Classiche del Nord: quali sono quelle che si addicono più alle tue caratteristiche?

Non so ancora quale mi si addice di più perché ho conosciuto solo quelle delle Fiandre, credo che per dare una risposta compiuta ho bisogno di fare più esperienza. Sicuramente mi sono trovata bene nelle prove che ho disputato, finire sesta al Giro delle Fiandre non è cosa da poco. Forse il percorso della Liegi mi si addice di più con salite più lunghe, ma non troppo perché per durata e intensità ricordano molto gli sforzi che si compiono in un cross country. Io mi ritengo abbastanza uno scalatore, quindi dovrebbe essere un tracciato che mi si adatta bene.

Ti vedi più forte nelle corse d’un giorno o anche nei grandi giri?

Finora ho fatto solo un grande giro, quindi non so cosa mi riserverà il futuro, ma ho capito che per competere al più alto livello in quel tipo di corse bisogna concentrarsi solo su quello. Quindi adattare alcune cose in allenamento e prepararmi di conseguenza. Ma penso che è sicuramente possibile per le mie caratteristiche emergere in una grande corsa a tappe. Per ora e penso anche per i prossimi anni mi concentrerò sulle gare di un giorno per fare davvero bene lì.

L’olandese nella gara olimpica di Parigi è stata medaglia virtuale a lungo, cedendo però nel finale
L’olandese nella gara olimpica di Parigi è stata medaglia virtuale a lungo, cedendo però nel finale
Anche tua sorella Isa corre su strada e nel ciclocross: chi ha influenzato l’altra e anche lei seguirà le tue orme approdando nel WorldTour?

In realtà abbiamo iniziato un po’ nello stesso periodo, pedalando nella foresta con mio padre quando eravamo ragazzine. Così ci siamo iscritte al club ciclistico locale. Io ho iniziato prima a competere, ma anche lei vuole farlo. Anche se ha due anni più di me, ma ci alleniamo spesso insieme. E già il fatto che se ne parli mi fa piacere… Lei comunque ha altri obiettivi, lavora per diventare un agente immobiliare. Quindi per lei il ciclismo è più una seconda attività.

Quanto ti ha fatto male perdere il podio olimpico per pochi secondi dopo essere stata protagonista per tutta la gara?

È stato un peccato, ovviamente e quel quarto posto mi ha fatto male. Ma non posso farci niente ora. Cose del genere succedono, fanno parte dello sport. E ovviamente fanno male, soprattutto quando è una gara così importante. Ma devi solo guardare avanti e prendere gli aspetti positivi. Infatti avevo una grande condizione per il Tour de France e ho potuto sfruttarla.

La sfida con la rivale Van Empel sarà nella tappa di Coppa a Namur, dove nel 2023 fu seconda
La sfida con la rivale Van Empel sarà nella tappa di Coppa a Namur, dove nel 2023 fu seconda
Nel ciclocross stanno un po’ mancando le emozioni delle tue sfide con la Van Empel: quando vi rivedremo a confronto?

Penso che la prima volta che ci incontreremo sarà a Namur, il 15 dicembre. Quella tappa di Coppa del Mondo è una gara piuttosto prestigiosa e difficile da fare, con un bel po’ di salita. Quindi non vedo l’ora di affrontare lei e le altre, anche Ceylin e Lucinda (Alvarado e Brand, ndr) che sono super forti in questo periodo. Essere parte di quella battaglia sarebbe già molto bello.

Pensi sia possibile ripetere il record della Ferrand Prevot, iridata nello stesso periodo in 3 discipline diverse?

Io dico di sì, già quest’anno, tuttavia va considerato che sono ancora Under 23, quindi sarà un po’ più facile o una versione in miniatura di quello che Pauline ha fatto qualche anno fa, ma è sicuramente un obiettivo interessante a cui pensare. Ed è nella mia mente che forse un giorno potrò riuscirci e magari fare anche meglio aggiungendo il gravel, ma penso che affinché accada qualcosa del genere, devi essere anche fortunata durante i campionati. Come si è visto per me alle Olimpiadi basta un nulla che cambia tutto.

Due chiacchiere con Ilenia Lazzaro sulle stelle del ciclocross

17.10.2024
5 min
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Con il Be-Mine Cross di domenica ha preso il via non solo il circuito Exact Cross, uno dei principali della stagione sui prati, ma tutta la stagione invernale, che racchiude molti temi che andranno affrontati nel suo corso. Uno riguarda precipuamente l’universo femminile del ciclocross, in grande evoluzione. Già nella sua prima telecronaca su Eurosport, la commentatrice Ilenia Lazzaro ha messo in luce come le gerarchie del settore possano cambiare, non solo per il valore intrinseco delle atlete, ma anche per le commistioni sempre più forti con la strada e quindi abbiamo voluto, attraverso di lei, introdurre l’annata.

«La prima prova ha visto la Van Empel (in apertura, ndr) fare la voce grossa, lasciando lontane Alvarado e Brand e io credo che non sarà un caso. Penso anzi che le due capofila dell’annata 2002, ossia la stessa Van Empel e la Pieterse caratterizzeranno tutta l’annata, dipende solo da quando quest’ultima inizierà a competere».

Ilenia Lazzaro, opinionista per il ciclismo su Eurosport
Ilenia Lazzaro, opinionista per il ciclismo su Eurosport insieme a Fabio Panchetti
Fra le due c’è però una certa differenza, perché la Pieterse, dividendosi anche con la mtb e conquistando allori un po’ dappertutto, ha uno stress maggiore rispetto alla connazionale…

La Van Empel ha gareggiato meno su strada, ma quando la Visma-Lease a Bike l’ha chiamata in causa ha sempre risposto presente. Non chiudi tra le prime 10 la Freccia Vallone o la Vuelta a Catalunya se non hai un valore anche nel mondo su strada. E’ chiaro che la Pieterse ha fatto una stagione molto più ricca perché ci sono anche mtb e gravel, ma tornerà presto e conoscendola sarà subito competitiva.

Parlavi della generazione 2002. Secondo te ci sarà un passaggio di consegne con le più anziane?

E’ inevitabile, anche se bisogna vedere che cosa deciderà di fare Marianne Vos. E poi c’è la Brand che ha sempre la zampata della campionessa. Il fatto è che le vedo molto competitive per gli appuntamenti singoli, magari per una specifica tappa di Coppa del mondo e sicuramente per i mondiali. Ma nel corso della stagione, negli appuntamenti praticamente senza soluzione di continuità delle varie challenge, emergeranno le più giovani. E tornando alla generazione 2002, mi dispiace che quest’anno non vedremo all’opera la Van Anrooij che ha deciso di operarsi quest’inverno per essere pronta per la stagione su strada.

Van Empel e Pieterse: protagoniste assolute anche in questa stagione sui prati?
Van Empel e Pieterse: protagoniste assolute anche in questa stagione sui prati?
Tutta Olanda quindi…

Qualcuno potrebbe dire che c’è sempre Blanka Vas, ma la magiara non ha la stessa continuità delle tulipane. Anche lei può rientrare più in un discorso estemporaneo e sono anche curiosa di valutare come si comporteranno le più giovani, ad esempio la slovacca Chladonova. Per loro ci sarà da considerare, nel passaggio di categoria la lunghezza maggiore delle gare, ma nella prima parte le vedremo protagoniste. Atenzione: io alle spalle delle due campionesse sopra citate ci vedo anche la Casasola.

Ti ha sorpreso la sua scelta di andare all’estero?

Io penso che sia qualcosa di storico al quale non è stata data la giusta considerazione. Non ha scelto un team a caso, perché entrando nella Crelan Corendon si è unita a una delle squadre di riferimento di tutto il movimento. Non è proprio la stessa cosa di quando la Arzuffi approdò alla 777, perché quella era sì una squadra forte, ma non spostava gli equilibri. Quella di Sara sì e i benefici io penso che li vedremo a breve. Già domenica, pur finendo decima, ha mostrato sprazzi di grande ciclocross.

Marianne Vos sarà ancora vincente anche sui prati? Attenzione a lei per i mondiali…
Marianne Vos sarà ancora vincente anche sui prati? Attenzione a lei per i mondiali…
Perché secondo te è così importante?

Perché è una scelta che coinvolge tutta la sua attività e che potrebbe essere un valido esempio anche per altri, non solo al femminile. Sara ha scelto un team che investe nel ciclocross senza dimenticare la strada. Questo le consentirà di investire in entrambe le attività ma senza considerare il ciclocross come la “gamba corta”. Io penso che sia la vera scelta che deve fare chi punta alla multidisciplina. E allora guardo anche quel che avviene al maschile dove abbiamo tanti ragazzi che sono cresciuti con questa idea. Viezzi e Stenico tanto per fare due nomi, ma che devono anche trovare la strada giusta per attuarla e restando in Italia questo non è possibile.

La cultura da questo punto di vista non sta cambiando?

Non abbastanza per essere al passo con i tempi. Sono ancora troppi i dirigenti, le società, i tecnici che pensano solo alla strada, che hanno una visione vecchia. Li fanno gareggiare ogni domenica quando invece perché non pensare almeno un weekend al mese da dedicare ad altro, da impiegare magari per una gara di ciclocross d’inverno e di mtb nelle altre stagioni? Se ne gioverebbero tecnicamente e porterebbero poi più risultati, ma questo non riusciamo a capirlo.

Per Sara Casasola un trasferimento a sorpresa alla Crelan Corendon, team di spicco nel movimento
Per Sara Casasola un trasferimento a sorpresa alla Crelan Corendon, team di spicco nel movimento
Tutto ciò secondo te cambierebbe se davvero il ciclocross approderà al programma delle Olimpiadi invernali?

Aspettiamo con fiducia le decisioni che verranno prese il prossimo anno, ma io penso proprio di sì. Darebbe una prospettiva diversa, porterebbe molti corridori a continuare a fare doppia attività nella maniera più equilibrata, come ad esempio fanno i grandi. Non è che Van der Poel o Van Aert li vedi sempre, ma quelle 6-8 gare le fanno perché sanno che saranno utili. Invece chi molla il ciclocross magari il primo anno su strada va bene, forse anche il secondo, ma poi hanno un calo. Sicuramente bisognerà mettere mano al calendario: ci sono troppe gare, su strada ma anche nel ciclocross e non ce la si fa a far tutto.

Val di Sole a Pieterse, ma Persico ci fa sognare

17.12.2022
6 min
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«Non avevo i freni, non avevo i freni». Silvia Persico si lascia andare queste prime parole pochi istanti dopo l’arrivo. Il tempo di riempire i polmoni di ossigeno e poi la lombarda, accasciata sulla sua bici, si tira su. Il cross della Val di Sole si è appena concluso.

Quando si rialza, Vermiglio esplode in un applauso per la campionessa italiana. Silvia ha perso il podio proprio nelle curve finali, dalla Alvarado e dalla Bakker, ma il suo quarto posto non è assolutamente da buttare.

Un altro sport 

Questa mattina le condizioni erano totalmente diverse rispetto a ieri. La neve era durissima. Nella notte, contrariamente a quanto si pensasse, in alcuni tratti è stata ulteriormente grattata. E questo ha fatto emergere ancora più terra e sporco.

«Questa mattina era totalmente diverso – spiegava Martino Fruet – è quasi un altro sport. Ieri si affondava anche di 20 centimetri e per fare un giro ci volevano circa 11 minuti per gli uomini. Oggi invece le donne lo hanno fatto in poco più di 8 minuti. Le velocità erano molto più alte.

«In più lo sporco in superficie ha migliorato moltissimo la visibilità. Lo scorso anno senza sole e la pista completamente innevata, la luce era piatta. Non si distinguevano bene i canali. E questo incide molto nella prestazione, è un po’ il discorso della visibilità per gli sciatori».

Colpo di scena

La gara è filata via con un grande colpo di scena. La campionessa uscente, Fem Van Empel, era in testa. Ad un tratto è caduta e poco dopo è stata costretta al ritiro.

In quel momento la Val di Sole ha esultato, ma non per lo stop della olandese. La Persico infatti aveva agguantato e superato la Alvarado: Silvia era in testa alla corsa!

Ma in quello stesso momento iniziavano i problemi. L’azzurra mostrava una grandissima gamba però continuava a commettere tanti piccoli errori in curva, nei traversi e contestualmente perdeva del terreno.

Intanto Puck Pieterse da dietro rimontava forte. La belga guidava splendidamente e ben presto sfuggiva via tra le curve ad Alvarado e appunto alla nostra Silvia.

Freno galeotto

La medaglia di legno da una parte brucia, ma dall’altra lascia ottime speranze. Proprio la scorsa settimana il suo preparatore e direttore sportivo, Davide Arzeni, ci aveva detto che Silvia era ancora indietro con la preparazione e il fatto che andasse già così forte era un ottimo segnale.

«Non so cosa sia successo alla mia guida – dice Silvia – il freno anteriore era andato. Ho fatto una delle mie migliori gare. Però, e l’avevo già detto prima della corsa, la neve non è proprio il mio terreno. 

«La scelta delle gomme? Rifarei quella che ho fatto: ho usato quelle da fango e andavano bene. Purtroppo io non ho una guida molto leggera come sarebbe stato ideale sulla neve. Sono migliorata tanto, ma c’è ancora tanto da migliorare». 

Sognare… si deve

La sensazione è che Silvia atleticamente fosse la più forte in pista. E’ vero che commetteva parecchi errori, è anche caduta in partenza nonostante un super sprint iniziale, però nei rettilinei spingeva forte.

«Sono contenta per questo piazzamento – va avanti la Persico – anche se ci tenevo a prendere un posto sul podio. Speriamo di continuare così. Come prima prova di Coppa della stagione non è male.

«Sì, atleticamente sarò anche stata bene, però il ciclocross è fatto anche di tecnica. Vero anche che quella della neve non è una condizione che si trova spesso, pertanto sono molto fiduciosa in vista delle prossime gare». 

«Come diceva Arzeni non ho ancora cominciato a fare certi lavori. Magari quando inizieremo a farli speriamo di raccogliere una vittoria in Coppa del mondo. Intanto, l’obiettivo è quello di riconfermarmi in maglia tricolore. E poi di puntare in alto al campionato del mondo»

«Possiamo sognare, Silvia?», le chiediamo… «Esatto», ribatte lei mentre si allontana sorridendo.

Le bici di Van der Poel e Puck Pieterse per Vermiglio

17.12.2022
5 min
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Due Canyon Inflite CF SLX, quelle di Puck Pieterse e di Van der Poel pronte per la neve di Vermiglio in Val di Sole, settate in modo differente. Ruote da 50 per il campione olandese, da 36 per la campionessa del mondo in carica.

Entriamo nel dettaglio delle biciclette. Abbiamo chiesto direttamente al papà delle Pieterse, che opera in qualità di meccanico all’interno dello staff Alpecin-Deceuninck anche di spiegarci alcune scelte tecniche.

Parola al signor Pieterse

«In un contesto come questo, la differenza la possono fare le gomme e le loro pressioni, così come l’abilità di guida e la capacità di domare la bicicletta in alcuni frangenti. Puck proverà alcuni settaggi, ma la decisione verrà presa a ridosso della gara, in modo da valutare la consistenza della neve e del terreno sottostante. A prescindere dal modello, la pressione che adotteremo sarà intorno a 1,2/1,3 bar. Abbiamo un set di ruote pronto con gomme da fango e uno pronto con i tubolari da asciutto, una sorta di multipuntinato. Non sono state fatte variazioni sugli altri componenti, rispetto ad una gara classica».

Guarnitura da uomo

Quello che più colpisce è la rapportatura anteriore, con una doppia corona 46-39 (con il power meter incluso e pedivelle da 170). 11-34 invece per la cassetta posteriore. Il pacchetto è Shimano Dura Ace a 12v, ma con le ruote per i tubolari, sempre Dura Ace, ma da 36 e della versione più anziana.

«La combinazione delle corone anteriori è la stessa utilizzata dagli uomini, perché Puck è fortissima e potente. Sopporta uno sviluppo metrico importante e non è per tutti, ma questa è la soluzione che offre attualmente il sistema a 12 velocità. Per avere più di margine, Puck preferisce utilizzare i pignoni 11-34 posteriori».

Ci sono i tubolari Dugast, con sezione da 32 per la versione più artigliata, da 33 in quella più scorrevole e multipuntinata. C’è il manubrio integrato in carbonio, classico canyon e c’è la sella di Selle Italia X-LR, molto stretta e con foro centrale. Il reggisella è un tradizionale Canyon in carbonio con arretramento.

La bici rossa di Van der Poel

In questo 2022, Van der Poel usa una Inflite CF SLX tutta rossa, anche se non è molto chiaro se il suo parco includa anche un nuovo modello, ancora coperto da segreto. Limitiamoci ad argomentare quello che abbiamo visto a Vermiglio.

Rispetto alla Canyon Inflite CF SLX della Pieterse, Van der Poel non usa il power meter e normalmente non lo impiega sulla bici da cx. Usa delle pedivelle da 172,5. I rapporti anteriori sono uguali a quelli della Pieterse, mentre i posteriori hanno una scala 11-30. Il cockpit è il medesimo, mentre cambia la sella. Mathieu usa una Selle Italia Flite Boost Superflow kit carbonio personalizzata per lui.

Cambia completamente il comparto ruote e gomme. Per l’olandese un paio di Shimano Dura-Ace da 50 (tubolare) di ultima generazione e gomme Dugast Typhoon da 33 con tassellatura media, non da fango e non per i terreni secchi.

«Di sicuro correre sulla neve è particolare – dice Van der Poel – ma il setting della bicicletta non cambierà rispetto ad una gara tradizionale. Potremo fare solo alcune piccole variazioni in merito alle pressioni delle gomme, pur mantenendo le ruote con il profilo da 50».

Van Empel e Pieterse: i nuovi talenti del ciclocross in rosa

08.12.2022
5 min
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Hulst, 27 novembre: prima Pieterse e seconda Van Empel. Anversa, 4 dicembre: prima Van Empel e seconda Pieterse. Nel ciclocross la Coppa del Mondo al femminile non esce da questo entusiasmante dualismo che ha completamente sovvertito le gerarchie consolidate negli anni. Se la nazione guida non cambia essendo entrambe olandesi, stiamo assistendo a un profondo rinnovamento, in maniera repentina come solitamente nel mondo femminile offroad non capita spesso.

Siamo di fronte a due ragazze giovanissime, ancora U23, profondamente diverse e per certi versi anche contrapposte. Sembra che fra loro stia sviluppandosi quella rivalità in gara sulla quale il ciclismo olandese ha costruito le sue recenti fortune (ma anche qualche disgrazia…) nel mondo della strada. Sono due personaggi tutti da scoprire (nella foto d’apertura l’arrivo di Flamanville nel gennaio 2022, da sinistra Van Empel e Pieterse), una, la Van Empel profondamente concentrata sul suo mestiere, tanto che qualcuno la considera alla stregua di un robot. L’altra, la Pieterse, molto più naif.

Tra ciclocross e mtb

A tal proposito curioso un aneddoto raccontato tempo fa dal coach della nazionale offroad Gerben De Knegt: «Nel 2019 a marzo avevo già annunciato a Puck che a ottobre sarebbe stata parte della spedizione olandese ai mondiali di mtb in Canada. Lei mi guarda quasi incredula e dice: “No, coach, in quei giorni ho già prenotato una settimana di vacanza a Texel con le mie amiche…”. Naturalmente è venuta in Canada ed è finita settima».

Quello della mtb è un altro dei punti in comune fra le due ragazze: entrambe sono figlie della nuova generazione ciclistica che quasi non tollera più la specializzazione, ma vive della multidisciplinarietà. Entrambe svettano nel ciclocross, entrambe lo fanno anche nella mountain bike (la Van Empel iridata di categoria 2022, la Pieterse argento nel 2021), entrambe vogliono andare a Parigi 2024 e non solo per fare presenza e assaggiare le crepes… Con la differenza che la Van Empel vuole dire la sua anche su strada.

La Van Empel sta emergendo anche su strada: qui è bronzo in linea agli europei 2022 (a destra)
La Van Empel sta emergendo anche su strada: qui è bronzo in linea agli europei 2022 (a destra)

Alla corte di Marianne

Per questo nel 2023 seguirà la grande Marianne Vos nel team di riferimento del ciclismo olandese, la Jumbo Visma, puntando a far bene già nelle classiche di primavera. Molti la paragonano a Van Der Poel, invece ci sono riferimenti che l’assimilano a Evenepoel: come l’iridato belga, anche la Van Empel ha iniziato tardi ad andare in bici. Prima si dedicava al calcio, nell’RKSV Nuenen e ci sapeva anche fare, tanto che gli osservatori della sezione femminile del Bayern Monaco l’avevano già segnalata. Utilizzando la bici d’inverno per tenersi in forma, Fem si è però appassionata e ha scelto di cambiare, trovando nei genitori pieno sostegno.

Ecco un altro fattore che unisce le storie delle due ragazze: la passione di famiglia. In casa Van Empel suo padre Jean Paul è una vera guardia del corpo. Per Fem la gara inizia molto prima dello start, quando mette le cuffie alle orecchie e sale sui rulli per il riscaldamento. Lo sguardo è fisso e il padre provvede che non venga disturbata. D’altronde anche lui correva in bici come lo zio Micky, anzi l’allenatore di quest’ultimo, Aschmin Van Oorschot è quello che ora allena Fem e non esita a mettere un freno alla sua protetta.

Puck con i genitori Pieterse, che non la lasciano mai nelle sue trasferte
Puck con i genitori Pieterse, che non la lasciano mai nelle sue trasferte

La presenza dei genitori

«Dopo che ha vinto le sue prime due gare di Coppa nel 2021 – raccontava all’inizio della stagione – ho deciso di cambiare la sua impostazione di allenamento, puntando più sulla resistenza anche a scapito dell’esplosività perché sapevo che in Fem la resistenza è una dote innata che va coltivata. Deve crescere con calma, per non fare la fine di Ceylin Del Carmen Alvarado che dopo l’iride del 2020 è andata in calando. Fe può scattare, osa mettere le mani sul fondo del manubrio, può variare il ritmo e pedalare da sola. Le altre non sono così versatili».

Anche i genitori di Puck sono sempre presenti, anzi. A Fayetteville, quando ha vinto il titolo mondiale under 23, suo padre Joost era ai box a lavare le bici a ogni giro, sua madre Ella gli consegnava la bici pulita. Anche la sorellina Isa va in bici, ma per sapere se sarà alla sua altezza bisognerà attendere, ha solo 4 anni… Intanto pedala con i genitori nelle loro escursioni nei boschi. Genitori che sostengono Puck in tutto e per tutto, come anche i suoi insegnanti al Municipal Gymnasium Johan Van Oldenbarneveld: più successi otteneva, più gli insegnanti avevano capito perché certe volte non finiva i compiti…

Prima vittoria per la Van Empel in Coppa, a Vermiglio 2021. Si ripeterà il 18 dicembre?
Prima vittoria per la Van Empel in Coppa, a Vermiglio 2021. Si ripeterà il 18 dicembre?

Imparare a perdere…

A inizio stagione la bilancia pendeva fortemente a favore della Van Empel, ora c’è più equilibrio ma, come detto, la rivalità fra le due cresce. A Hulst se n’è avuta la dimostrazione: la Van Empel era in testa, ma al terzo giro una caduta le ha storto il manubrio e manomesso il deragliatore che non tornava più indietro. Così Fem ha perso concentrazione e Puck l’ha sorpassata in tromba. All’arrivo era fuori di sé rifiutando inizialmente il contatto con i media con cui ha poca dimestichezza. Cosa che non è sfuggita al suo allenatore: «Deve imparare a perdere prima di vincere…».

Lampi d’Italia nel dominio belga

08.11.2020
4 min
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Un europeo nato tra mille difficoltà, nell’olandese s’Hertogenbosch, senza pubblico, dopo l’ottimo avvio, ha offerto molti motivi d’interesse per l’Italia anche nella seconda giornata. Nella gara under 23 femminile le padrone di casa hanno rischiato la clamorosa beffa da parte dell’ungherese Kata Blanka Vas, battuta per soli 8” da Puck Pieterse replicando così l’argento di categoria già vinto ai mondiali di Mtb, bronzo all’altra olandese Manon Bakker a 10”.

Jakob Dorigoni, Campionati europei 2020
Jakob Dorigoni ottimo 13° posto alla prima gara di questo livello
Jakob Dorigoni, Campionati europei 2020
Jakob Dorigoni ottimo 13° posto

Ma qui va sottolineata la splendida prova di squadra delle azzurre, presenti in tre e tutte nella top 10, con Francesca Baroni settima a 52” allo sprint su Sara Casasola, decima Gaia Realini a 1’31”.

Legge fiamminga

Tra gli uomini elite dominio belga, come si prevedeva: gara vissuta sulla fuga a due di Eli Iserbyt e Michael Vanthourenhout che non erano i più accreditati in casa fiamminga. Alla fine l’ha spuntata il primo, appena 23 anni, con 16” di vantaggio sul compagno di team che ha contenuto il ritorno dell’olandese Lars Van Der Haar a 22”. In una prova con ben 7 belgi fra i primi 10, ottima la prestazione di Jakob Dorigoni, 13° a 2’05”, più giovane di tutti coloro che l’hanno preceduto.

Azzurre crescono

Una trasferta, quella dell’Italia, nel complesso positiva con 6 piazzamenti nei primi 10, ma è soprattutto sui più giovani che il cittì Fausto Scotti pone l’attenzione.

«Si sono difesi anche oltre le aspettative – dice – guardate la gara della Realini, partita per quart’ultima, oppure la Casasola, che per due giri è stata a livello delle migliori, poi chiaramente è emersa la maggior abitudine ai grandi eventi delle olandesi. Nel complesso però il bilancio è molto positivo».

Puck Pieterse, Campionati europei, s'Hertogenbosch, 2020
Puck Pieterse prima fra le donne U23
Puck Pieterse, Campionati europei, s'Hertogenbosch, 2020
Puck Pieterse prima fra le donne U23

Dorigoni c’è

Chi è stato particolarmente convincente è stato Dorigoni, alla sua prima uscita fra gli elite.

«Era partito pure troppo forte – sorride Scotti – intorno al settimo posto, in mezzo a quei marpioni belgi si è preso qualche botta. Poi ha continuato a spingere, è rimasto in gruppo con gente molto accreditata, alla fine il 13° posto vale moltissimo perché in Italia non ha l’abitudine a gareggiare a quei livelli. Davanti andavano davvero fortissimo, ma nel complesso tutte le gare di questo europeo sono state molto valide ed è stato un bene esserci. Agli organizzatori e alla Uec va fatto un plauso speciale, perché allestire un evento internazionale di questi tempi non è semplice, i rischi ci sono e sono molti».

Non solo strada 

Una due giorni dominata nel medagliere dall’Olanda, ma che fra gli elite vede ancora il predominio belga. Si potrà interrompere un giorno questo dominio di due sole Nazioni?

«Lì il ciclocross è sport nazionale – prosegue Scotti – per un ragazzo vale una carriera e tanti soldi, ci sono interessi che non possiamo solo sognare. Casi come Van Aert non sono la regola, non si cerca su strada il successo, il ciclocross è già ricco abbastanza».

Italia al palo

L’europeo di s’Hertogenosch ha però anche confermato come a emergere siano corridori che hanno dimestichezza con varie discipline, vedi i casi della Alvarado e della Vas, titolate anche nella Mtb, riportando così d’attualità il tema della multidisciplinarietà.

«Qui tocchiamo un tasto dolente – commenta Scotti – perché in Italia ci si riempie spesso la bocca di questa parola, ma la realtà è che appena un corridore va forte viene subito portato alla strada e lì resta. Gente come Trentin e Aru andava molto forte anche nel ciclocross, abbinare le due discipline avrebbe fatto loro bene, ma quando approdi alla strada esiste solo quella. Siamo in Italia…».