La collaborazione tra Miche e Federazione Ciclistica Italiana prende il via nel 2018. Stagione in cui il brand veneto si pone l’obiettivo di portare ai massimi livelli di categoria la già affermata gamma di prodotti Pista. Un proposito pienamente raggiunto, sia in occasione delle Olimpiadi di Tokyo 2020 quanto alle rassegne mondiali di Roubaix 2021 e Parigi 2022. Contesti nei quali, come ben sappiamo, numerosi atleti ed atlete azzurre hanno letteralmente fatto incetta di medaglie. Senza dimenticare il mitico quartetto maschile, che si è imposto nelle prove ad inseguimento stabilendo anche il nuovo record del mondo.
Grazie a questa preziosa collaborazione e partnership con la Federazione Ciclistica Italiana, Miche ha potuto beneficiare di un vero e proprio banco di prova, a dir poco eccellente, per i prodotti realizzati specificamente per la pista e più in generale per le discipline di velocità. Un banco di prova fondamentale, è vero, ma anche un autentico laboratorio di sviluppo per nuovi componenti da collocare al vertice della propria gamma prodotto.
le novità tecniche portate nel settore pista sono state moltele novità tecniche portate nel settore pista sono state molte
Un banco di prova eccellente
Realizzare prodotti di qualità è da sempre la “mission” aziendale che Miche quotidianamente persegue. Una qualità del prodotto che necessariamente deve essere certificata da ripetuti test presso i laboratori interni all’azienda, nel pieno rispetto dei rigorosi standard che il sistema qualità Miche prescrive. Ciascun componente Miche viene difatti sviluppato utilizzando evoluti programmi CAD, prende forma su stampanti 3D, e – una volta realizzato – deve superare ripetuti collaudi nelle più gravose condizioni di utilizzo.
La collaborazione tra Miche e Federciclismo ha portato tanti successiLa collaborazione tra Miche e Federciclismo ha portato tanti successi
Un esempio concreto? Gli ingranaggi Seigiorni Oro, dedicati alle altissime prestazioni su pista e disponibili in dentature 64, 65, 66, 67 e 68 denti. Ottenuti dalla lavorazione a CNC della lega Ergal 7075-T6, questi specifici ingranaggi prodotti dalla Miche vengono trattati superficialmente con finitura “sandblasted” per incrementare la già ottima rigidità strutturale del materiale al fine di evitare torsioni indesiderate e trasmettere tutta la potenza in ogni singola pedalata. La finitura in anodizzazione nera, e la caratteristica marcatura dorata, rende poi questi ingranaggi Miche dei veri e propri pezzi unici in quanto celebrativi degli straordinari risultati ottenuti (e di quelli che ancora arriveranno…) dalla Nazionale Italiana su pista.
Ancora Jonathan Milan nei nostri discorsi. Un talento così non si può tenere fermo neanche “su carta”, in questo caso sugli schermi dei nostri device. L’ultima volta avevamo chiesto a Milan quale altra specialità del parquet gli sarebbe piaciuto fare.
Il friulano della Bahrain Victorious però era stato molto realista. Oltre al fatto che aveva ribadito che l’inseguimento, individuale e a squadre, non si toccavano, aveva sottolineato come per ogni altra disciplina servisse una certa dose di esperienza.
Martinello (classe 1963) è stato un pro’ per 15 stagioni, ma al tempo stesso un grande pistard (5 titoli iridati e un oro olimpico)Martinello (classe 1963) è stato un pro’ per 15 stagioni, ma al tempo stesso un grande pistard (5 titoli iridati e un oro olimpico)
Parola a Martinello
Abbiamo chiamato in causa Silvio Martinello, grande ex della pista e con un occhio sempre tecnico e preparato. E siamo partiti dalla questione “altra specialità in ottica Parigi 2024”, tanto più che Marco Villa in virtù dei nuovi regolamenti a Parigi potrà schierare cinque atleti e non più sei.
«Se parliamo di slot in chiave olimpica – dice Martinello – oltre all’inseguimento a squadre che non si tocca, parliamo di omnium e madison. Scartato l’omnium, troppo dispendioso, resta la madison.
«E dico subito che per me Jonathan ha la qualità per correre “l’americana” appunto. Ha lo spunto veloce che serve per quella prova. E’ chiaro però che l’aspetto legato all’esperienza in una specialità simile è fondamentale».
«E’ fondamentale non solo per il gesto tecnico del cambio, ma anche per la capacità di trovarsi al posto giusto nel momento giusto e lanciare il compagno al meglio. E per fare questo serve tanta esperienza».
Scartezzini e Consonni nel momento del cambio. I due azzurri sono forse i nostri più esperti interpreti della madisonScartezzini e Consonni nel momento del cambio. I due azzurri sono forse i nostri più esperti interpreti della madison
Madison da sogno…
Esperienza dunque è la parole chiave. Lo ha detto Milan, lo ribadisce Martinello.
«Per forza – va avanti Silvio – il gesto del cambio lo puoi allenare. Ti metti dietro derny e ogni volta che lungo la pista ritrovi il compagno gli dai il cambio. A forza di ripetere affini il gesto. Ma un conto è farlo quando si è da soli e un conto è farlo in gara con altri 15 team.
«Quindi serve esperienza e questa si acquisisce solo correndo. Facendo le Sei Giorni. E vedo che non ne fanno, anche Villa lo sa visti i tanti impegni, e per questo per Parigi credo sia un po’ tardi».
Martinello aggiunge che in questa specialità l’Italia può fare un vero salto di qualità visti gli interpreti che ha. E fa i nomi di Viviani, Consonni, Ganna…
«Io però non conosco né i piani di Villa, né del ragazzo. Perché non dimentichiamo che Milan può essere molto forte anche su strada. Ma proviamo a pensare una madison Ganna-Milan…».
Martinello tira fuori dal cilindro il vero coniglio: una coppia così sarebbe mostruosa in quanto a potenza. Magari non sarebbero super agili rispetto ad un duo con un baricentro più basso e leve più corte, quindi potrebbero essere un filo più lenti nei cambi, ma una volta lanciati… Per non parlare della caccia al giro. Valli a prendere due così!
Ma Martinello è realista. Milan ha molti impegni anche su strada. Classiche…Sprint (può crescere anche in quelli di gruppo)…E chiaramente anche la pista. Dovrà calibrarli a dovereMa Martinello è realista. Milan ha molti impegni anche su strada. Classiche…Sprint (può crescere anche in quelli di gruppo)…E chiaramente anche la pista. Dovrà calibrarli a dovere
A tutto scratch
La scelta della madison è stata fatta in relazione alle Olimpiadi, il cui il programma della pista è fortemente limitato. Ma se invece Martinello con Milan avesse carta bianca, in quale altra specialità lo vedrebbe bene? Anche in questo caso l’ex pro’ veneto non ha dubbi: lo scratch.
«Uno come Milan – dice Martinello – può fare bene in tutte le specialità, ma se dovessi scegliere, e lo farei anche in base alle specialità che più piacciono a me, direi lo scratch.
«Jonathan ha le caratteristiche tecniche e fisiche che servono per questa specialità: è veloce, ha tanta potenza ed è resistente. Certo, non conosco il suo colpo d’occhio, perché noi lo abbiamo visto all’opera sempre in specialità di prestazione e non di situazione, ma con quel motore che si ritrova sarebbe funzionale allo scratch».
Non sarà ancora al livello di Harrie Lavreysen, ma Matteo Bianchista crescendo davvero bene. E’ il nostro miglior velocista per la pista. E’ stato quinto ai recenti mondiali sul parquet in Francia nella specialità del chilometro da fermo e quest’anno ha infranto il fatidico muro del minuto: 59”661 il suo tempo.
Bianchi veste i colori dell’Esercito e anche della Campana Imballaggi Geo&Tex Trentino, squadra diretta da Alessandro Coden, un ex della velocità su pista e vero appassionato.
«E infatti dico subito – attacca Matteo – che vorrei ringraziare tutti loro e anche la nazionale, Villa e Quaranta, che mi seguono e mi aiutano in questo percorso. In Italia di velocisti siamo pochi, è vero, ma stiamo crescendo e piano, piano anche noi stiamo diventando un bel gruppo».
In Italia abbiamo perso l’abitudine di seguire la velocità su pista e per questo a Matteo chiediamo di accompagnarci nella vita del velocista.
Su strada, il corridore di Laives (Bolzano) veste i colori della Campana Imballaggi Geo&Tex Trentino (foto Instagram)Su strada, il corridore di Laives (Bolzano) veste i colori della Campana Imballaggi Geo&Tex Trentino (foto Instagram)
Matteo, la vita del velocista, dicevamo. Noi siamo abituati a raccontare quella degli stradisti…
In effetti ci sono un bel po’ di differenze a partire dall’allenamento in generale e dai programmi specifici. Di certo noi velocisti non facciamo le 5 ore, può capitare ogni tanto di fare una distanza simile, ma solo per simulare il tanto tempo che si passa in pista in una gara, quel genere di fatica complessiva. Abbiamo molto più lavoro specifico: medio, SFR, volate e generalmente i nostri lavori non superano i 3’… almeno su strada. Poi c’è tutta la parte in pista.
Immaginiamo che l’acido lattico sia il tuo compagno di allenamento…
Dipende, ma è chiaro che nel mio programma non ci saranno sessioni da un’ora in salita. Solitamente più si è vicini alla gara e più si lavora in pista, altrimenti lavoro su strada quando sono a casa.
E la tua bicicletta da strada ha qualche accorgimento particolare? Non so una catena più massiccia, un telaio più robusto… Dovrà sopportare wattaggi alti…
No, in realtà è una bici normale, anche perché su strada non si esprimono wattaggi allucinanti. Certi lavori come partenze da fermo si fanno su pista e lì ci sono le sollecitazioni maggiori.
Quindi quali sono i lavori che fai su strada?
Dei 30”-15”-30” rispettivamente a 800 watt, recupero, 800 watt. Oppure un minuto a 500 watt, volate da 20”… In tutto sto fuori un paio d’ore, due e mezza. Sostanzialmente su strada si lavora sulla resistenza, sul riuscire a fare più sprint ravvicinati. La velocità su pista infatti non è fare solo una volata. Si vince quando nell’arco del giorno, in pista devi fare 10 volate e la prima volata è uguale all’ultima.
Bianchi cura anche la parte alta del corpo, come si può vedere dalle spalle massicce. In fase di lancio la spinta deve essere completaBianchi cura anche la parte alta del corpo, come si può vedere dalle spalle massicce. In fase di lancio la spinta deve essere completa
Capitolo palestra. Come ti gestisci?
Solitamente quando si fa palestra, si fa la doppia sessione, quindi palestra alla mattina e bici al pomeriggio. E’ una formula che quest’anno ho eseguito di più. Trasformare al pomeriggio il lavoro del mattino vuol dire molto. Prima era tutto più rallentato.
Che lavori esegui in palestra?
Principalmente ci sono due esercizi per le gambe: lo squat e gli stacchi… Poi ci sono tutte le varianti del caso: monopodalico, box squat, blocchi, velocità di esecuzione… Il numero delle ripetute e il carico varia in base al periodo. Quando si fa forza pura al massimo di fanno 4 ripetizioni, ma con grandi pesi. Si lavora anche sulla parte alta e sulla schiena.
Matteo, passiamo all’alimentazione…
Di certo siamo meno vincolati rispetto agli stradisti, una pizza ogni tanto ce la possiamo fare, ma un po’ attenti doppiamo esserlo.
Colazione, pranzo e cena…
A colazione mangio del porridge, delle uova sode, ma anche delle fette da biscottate e da bere una spremuta o dell’acqua. A pranzo, dominano i carboidrati: pasta o riso, carne o pesce bianco e delle verdure. Niente pane. A cena, la parte di carboidrati la prendo tramite le patate, ma è una razione di carbo più bassa. C’è poi la carne, ancora bianca o anche rossa o del salmone. Questo è un piano alimentare che attuo anche quando faccio la doppia sessione giornaliera.
La dieta di Bianchi, chiaramente, prevede molte proteine: uova al mattino e carne (o pesce) due volte al giorno La dieta di Bianchi, chiaramente, prevede molte proteine: uova al mattino e carne (o pesce) due volte al giorno
Passiamo alla pista: lì come accennato i lavori sono molto specifici…
Certo, molti lavori di forza, esplosivi, partenze da fermo. Su strada utilizzo un 52×11 e con le velocità che si sviluppano, vanno bene.
Chiaro tu dovrai puntare molto anche alla cadenza…
In realtà guardo molto i watt e meno le rpm, a meno che non si debbano fare dei lavori sulla frequenza e in quel caso di va dalle 95 alle 105 rpm.
In pista invece che rapporti utilizzi? E come li scegli?
Il rapporto viene scelto durante le prove e anche nei mesi prima. Ci sono delle giornate in cui si fanno delle prove gara. Si fanno un paio di giorni di scarico e si fa una simulazione della gara: riscaldamento, setup, “gara”. In questo modo impari a conoscerti e sai di cosa hai bisogno. Parlando del chilometro, a Monaco e a Parigi ho scelto il 59×14, agli europei U23 il 58×14.
Come mai questa differenza?
Perché la pista era meno scorrevole, per questo dicevo che bisogna comunque fare delle prove di setup. A Cottbus, per esempio, pista all’aperto, dove l’aria non è così ferma come al chiuso e il fondo era su cemento ho usato il 56. Ne risente la velocità, ma non ne dovrebbe risentire la cadenza.
Con i wattaggi estremi che si sviluppano nella velocità i setup specifici sono fondamentali come il cinghietto sui pedali oltre all’attacco Con i wattaggi estremi che si sviluppano nella velocità i setup specifici sono fondamentali come il cinghietto sui pedali oltre all’attacco
Del setup fanno parte anche le ruote?
Sì, e riguarda la scelta delle gomme. Il tipo di tubolare e le sue misure.
Spiegaci meglio…
La copertura dell’allenamento non deve essere così prestazionale, mentre quella da gara ha una mescola diversa che si consuma di più. Riguardo alle misure davanti si usa un 21 mm e dietro un 23 mm (questioni aerodinamiche).
E la posizione?
Per il keirin utilizzo un manubrio tradizionale e la bici è paragonabile a quella di un pistard endurance della corsa a punti. Per il chilometro invece sono più allungato e più basso. Io devo fare al massimo tre giri, loro 150, va da sé che il concetto di comfort è ben diverso. Però neanche possiamo chiudere eccessivamente gli angoli. Da alcuni test fatti devono essere “gestibili” per la spinta e la respirazione.
In che modo il quartetto si avvicina alle convocazioni olimpiche. Ce lo racconta Michele Scartezzini. Si lavora sodo e si parla poco. Lo stress è tanto
Francesco Ceci è stato l'ultimo azzurro a tentare la qualificazione per la velocità a Rio 2016. Si può ripartire, serve un tecnico che gestisca il settore
Lo avevamo lasciato ad aprile tra speranze e ipotesi di un futuro nel quartetto d’oro olimpico. A poco meno di una settimana dalla conclusione dei campionati del mondo di Saint Quentin en Yvelines, lo ritroviamo vice campione iridato insieme all’organico del “poker dei sogni”. Classe 2002, Manlio Moro, ha portato a termine una stagione che spazia tra vittorie su strada con la Zalf Euromobil Désirée Fior, medaglie su pista e tanta voglia di fare bene pensando al futuro. Sull’orizzonte vede arrivare il TGV che porta a Parigi 2024 e Marco Villa è pronto scrivere il suo nome sul biglietto. A sostenerlo, ci ha raccontato, un Pippo Ganna che lo ha preso sotto la sua alaprotettrice, sintomo che in questo giovane cronomen il potenziale c’è e in questo 2022 qualcosa ci ha già fatto vedere.
L’argento conquistato ai dietro alla Gran Bretagna per soli due decimi. Moro è il primo da sinistraL’argento conquistato ai dietro alla Gran Bretagna per soli due decimi. Moro è il primo da sinistra
Manlio, hai concluso la tua stagione?
Sì, ho staccato subito dopo il mondiale, ora mi godo un po’ di relax. Mi fermo due o tre settimane completamente poi riparto con palestra e bici.
Parliamo del mondiale francese appena concluso. Che voto ti dai?
Non saprei proprio, preferisco che siano gli altri a giudicarmi. Credo di essermela cavata bene, essendo anche alla prima esperienza con il quartetto dei grandi. Di sicuro è un punto di partenza, adesso posso solo crescere.
Com’è stato fare parte del quartetto oro olimpico?
Non è stato semplice, non tanto a livello fisico ma soprattutto a livello mentale perché comunque entrare a far parte di un quartetto con quattro campioni olimpici non è semplice. Soprattuto prima della qualifica, essendo per me l’esordio in gara con loro ero abbastanza teso. Comunque sono riusciti a tranquillizzarmi molto. Mi hanno fatto sempre sentire a mio agio fin dal primo momento. E’ stata un’esperienza indimenticabile.
A livello fisico ti sei sentito subito all’altezza?
C’è stato un cambiamento evidente nella mia prestazione. Fino a qualche mese fa, facevo il quartetto under con dei tempi più alti. Non è semplice di sicuro, ma essendo la mia prima volta, credo di essermela cavata bene. Sento che ho ancora tanti secondi nelle gambe. Non che sia andata male questa esperienza ma posso migliorare ancora molto.
Villa crede in Moro e gli ha dato la possibilità di essere protagonista nel quartetto del mondialeVilla crede in Moro e gli ha dato la possibilità di essere protagonista nel quartetto del mondiale
Per il 2023 la pista farà parte fin da subito del tuo calendario?
Sì, sarà un calendario parallelo. Stiamo già cercando di programmare il prossimo anno. Di sicuro parteciperò agli europei under ed elite. Poi per il mondiale lo spero e si vedrà chi andrà più forte.
Molti ti hanno già messo sul treno per Parigi 2024. Senti la pressione?
Quello è il mio obiettivo. Sono contento e ringrazio Marco Villa che mi ha dato fiducia e credo che se lavorerò potrò farcela. Ovvio che non c’è niente per scontato e bisognerà guadagnarselo quel posto ma so che se mi metto d’impegno e lavoro posso arrivare in alto.
Anche su strada hai disputato un’ottima stagione, qual’è il tuo bilancio?
Positivo. Ho corso la maggior parte di inizio stagione su strada poi nella seconda metà con europei e mondiali mi sono dedicato di più alla pista. Nella prima parte posso ritenermi comunque soddisfatto perché ho fatto le mie quattro vittorie e sono contento. Diciamo che è stata una stagione rivolta a trovare gli equilibri senza sbilanciarsi troppo.
La vittoria a inizio stagione alla Due Giorni Alessandro Boris con un’azione da lontanoLa vittoria a inizio stagione alla Due Giorni Alessandro Boris con un’azione da lontano
A inizio anno ci hai dichiarato che anche le crono erano un tuo obiettivo…
Quest’anno ne ho fatte due, una l’ho vinta e dall’italiano sono uscito un po’ deluso perché non stavo benissimo. Sono partito che ero stanco e fiacco. Infatti una volta arrivato a casa ho scoperto di avere il Covid. Non voglio prenderla come scusa però di sicuro non mi ha aiutato. L’avevo preparato molto bene perché ero andato in altura con Pippo Ganna, e ci siamo allenati insieme. Purtroppo sono riuscito solo a fare quarto. Diciamo che non sono riuscito a dare il meglio di me.
Anche le cronometro avranno uno spazio importante nel programma 2023?
Sì, saranno un obiettivo e faranno parte del calendario, anche per qualche rivincita personale.
Hai detto di esserti allenato con Ganna, siete amici?
Sì, con lui ho solo da imparare. Mi ha sempre aiutato, dato consigli e lui crede veramente in me. Sono contento perché mi supporta e mi corregge se vede qualcosa che non va, anche perché ha un’esperienza tale che può dire tutto. Mi sto trovando molto bene. Su questo è davvero una persona fantastica.
Manlio Moro e Marco Villa ai mondiali di Roubaix un anno faManlio Moro e Marco Villa ai mondiali di Roubaix un anno fa
Quando vi siete conosciuti?
L’anno scorso, da quando abbiamo iniziato ad allenarci insieme in pista a Montichiari. Non da molto in realtà, ma ci siamo trovati fin da subito. E’ sempre stato il mio idolo. Cerco di imparare da lui e averlo lì che ti dà consigli è un’emozione assurda.
Visto che è un tuo idolo, facci un commento sui suoi due record…
Non ho parole. Rimarrà nella storia di sicuro. Ho avuto la fortuna di essere presente per entrambi i record ed è stata una cosa pazzesca. Ero sugli spalti e sarei voluto saltare giù in pista. Un’emozione assurda, da brividi.
Dove è finito Mozzato? E' diventata la curiosità di tutti e così siamo andati a cercarlo. Lavora per Demare e per Parigi. Ed è convinto di arrivarci bene
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
VENITE SU BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute
La stagione agonistica è ai titoli di coda, le gare che mancano da qui alla pausa invernale si contano sulle dita d’una mano. E’ quindi il momento, seppur cautamente, di guardare agli impegni futuri e a quel che succederà. Il tema dei giovani con la valigia in mano è caldo, è proprio questo il periodo dell’anno dove si viene a scoprire chi e perché cambierà Paese. Uno dei ragazzi che andrà oltre confine, almeno a correre, è Federico Savino: neo promesso sposo della Soudal-QuickStep Devo Team (in apertura al Giro della Lunigiana, foto Scanferla). Parlando con il suo procuratore Massimiliano Mori sono emersi dei dettagli interessanti, così ci è sembrato giusto approfondire il tutto anche con lui.
L’incontro tra Savino ed il suo procuratore Mori è avvenuto solamente ad agostoL’incontro tra Savino ed il suo procuratore Mori è avvenuto solamente ad agosto
Che stagione è stata?
Innanzitutto l’ho affrontata con la giusta mentalità, ovvero quella di voler far bene e divertirmi, senza l’assillo di dover trovare squadra. Ho corso con la mente libera tutta la prima metà dell’anno e buona parte della seconda, facevo il mio per andare alle corse e fare bene. Proprio per questo modo di fare sono arrivato nella parte finale di stagione con le squadre italiane abbastanza piene. Di conseguenza è emersa la necessità di trovare un procuratore.
Come mai le squadre erano già piene?
Non è che fossero piene nel senso di non avere spazio. Dovete sapere che in Italia abbiamo un regolamento che non permette alle squadre under 23 o continental di prendere più di 3 corridori che hanno realizzato più di 35 punti. Io, purtroppo o per fortuna, ne ho fatti più di 35 e quindi mi sono trovato a non poter andare nelle squadre che avevo in mente.
Quest’anno Savino ha gareggiato con la maglia della nazionale alla Corsa della Pace vincendo anche una tappaHa corso anche i mondiali di Wollongong, un’altra esperienza utile per la sua crescitaSavino ha gareggiato con la maglia della nazionale alla Corsa della Pace vincendo anche una tappaHa corso anche i mondiali di Wollongong, un’altra esperienza utile per la sua crescita
Una regola un po’ strana questa dei 35 punti…
Non saprei, le squadre, in virtù di questa regola, scelgono quelli che secondo loro sono i tre migliori che possono prendere. In più possono accaparrarsi qualche straniero, per loro questa regola dei 35 punti non vale. Mi sono trovato a piedi, in realtà se avessi voluto una squadra l’avrei anche trovata, ma in cuor mio avevo un po’ di ambizione e mi sono trovato bloccato.
Da qui la necessità del procuratore?
Ho cercato la figura del procuratore quando ho capito che il mio futuro, ciclistico, non sarebbe stato in Italia. Il procuratore, Massimiliano Mori, l’ho trovato ad agosto. Lui mi aveva già contattato prima, ma io avevo la scuola da finire e poi ci sono state un po’ di complicazioni che hanno fatto slittare il tutto fino ad agosto.
Che tipo di attività ti aspetti di fare?
Mi aspetto di crescere, un conto è correre solo in Italia con gente che conosci, un conto è andare all’estero dove le cose sono completamente diverse. Sono pronto a farlo e mettermi in gioco.
Tu hai fatto anche pista quest’anno, continuerai?
Fare attività su pista non è il mio obiettivo principale, mi trovo bene a correre su strada e penso che sia il mio habitat naturale. E’ anche una questione di passione, sono 12 anni che corro su strada, mentre la pista ho iniziato a farla solamente da quest’anno.
Per il giovane pisano non è facile coordinare tutti gli impegni e probabilmente abbandonerà l’attività su pistaPer il giovane pisano non è facile coordinare tutti gli impegni e probabilmente abbandonerà l’attività su pista
Come è entrata nel tuo mondo?
Ho fatto un test a Montichiari, sono stato selezionato per formare la squadra. Sono andato un po’ di volte ad allenarmi ed ho partecipato all’europeo su pista, è stata un’esperienza davvero unica che rifarei volentieri.
La pista può insegnare molto, sei sicuro di volerla accantonare?
Sicuramente potrebbe insegnarmi ancora tanto, ma la pista toglie tempo all’attività su strada, sia in ore di allenamento che psicologicamente. Io abito a Pisa e per andare al velodromo di Montichiari, l’unico al chiuso vicino a casa mia, ci metto 6 ore di macchina tra andata e ritorno. Se avessi una pista vicina non avrei abbandonato questa disciplina così a “cuor leggero”. Paradossalmente – dice ridendo Savino, anche se la cosa è preoccupante non tanto per lui ma per le condizioni del ciclismo italiano – ci metto meno ad andare e tornare in giornata dal Belgio piuttosto che andare a Montichiari.
Anche per questo non ti trasferirai definitivamente?
Ho parlato anche con i diesse della Quick Step, andrò su in Belgio per dei brevi periodi, soprattutto in prossimità delle corse. Trasferirsi da solo non è semplice, farlo gradualmente è la cosa più giusta da fare, ed anche loro sono d’accordo con questa scelta. Anche perché per il momento ho ancora la scuola da finire, ci sarà tempo per fare tutto.
Tre chilometri all’arrivo. Il gruppo è lanciato sul filo dei 60 all’ora. C’è tensione. Si gomita per prendere la posizione che si reputa migliore: chi deve fare il treno, chi l’apripista, chi la volata, chi magari deve proteggere un compagno davanti. E in quei frangenti il dispendio energetico è massimo. Ma è lì che il pistard è avvantaggiato.
Jonathan Milan, l’altro giorno raccontandoci con lucidità i finali delle sue vittorie in volata alla CRO Race, disse che c’era molto della sua attività in pista. «Quei 4′ oltre il limite sul parquet te li ritrovi tantissimo su strada».
E qualche mese prima Paolo Alberati parlando di Fiorelli ci disse come il dispendio energetico massimale incidesse sulla prestazione. Lo stare a ruota. Il limare. E, sempre parlando di Fiorelli, ci disse come il suo atleta di volate negli ultimi due chilometri ne “facesse tre”. Troppe. Per dire che basta un spendere un po’ di più e tutto va a monte.
Paolo Artuso, è uno dei preparatori della Bahrain VictoriousPaolo Artuso, è uno dei preparatori della Bahrain Victorious
Base aerobica…
Paolo Artuso, che di Milan è il coach alla Bahrain-Victorious, ci aiuta a comprendere meglio cosa volesse dire Jonathan e perché avesse ragione.
«Tutto vero – spiega Artuso – ma prima ancora del finale di corsa farei un passo indietro. Per fare quei wattaggi massimali nel finale devi arrivarci fresco. E ci si arriva con due punti primari: l’efficienza di pedalata e l’efficienza lipidica. Devi avere una base aerobica super. Prendendo l’esempio di Milan lui ha vinto dopo 5 ore e mezza di corsa (prima tappa) e dopo 4 ore e passa (la seconda)».
Quando Artuso parla di efficienza di pedalata non si riferisce tanto allo stare ben messi in sella, quanto alla pedalata vera e propria, al rendimento e al dispendio energetico. C’è chi per fare cento pedalate spende “cinque” e chi spende “due”.
«E per questo ci si lavora, tanto più per un corridore alto (1,94 metri, ndr) come Milan. Una volta si faceva la ruota fissa. Jonathan raggiunge questa efficienza con il lavoro in pista».
«Quando invece parlo di efficienza lipidica, intendo la capacità di utilizzare la benzina dei grassi. Noi abbiamo il serbatoio lipidico che è enorme e quello degli zuccheri che molto più piccolo. Più abituo il fisico ad utilizzare il serbatoio dei grassi e più zuccheri avrò a disposizione nel finale.
«E come mi abituo a bruciare i grassi? Facendo parecchia base aerobica anche “intensa”, quindi Z2 e Z3».
Grazie anche all’agilità un pistard come Milan se l’è cavata in salitaGrazie anche all’agilità un pistard come Milan se l’è cavata in salita
Quell’agilità
«C’è un terzo elemento – continua Artuso – ed è l’agilità. Milan non è arrivato là davanti su percorsi del tutto piatti, ma superando anche delle asperità. Tra l’altro, faccio un inciso, nel giorno in cui ha perso la maglia mi hanno detto che sulla salita di 17 chilometri hanno fatto fatica a staccarlo. E le ha superate bene, senza spendere troppo, grazie all’agilità».
«A 60 rpm una pedalata dura un secondo, a 90 rpm dura 0,66”. La contrazione muscolare quindi più breve e ciò consente maggior ossigenazione ai muscoli. Questa resistenza alle alte cadenza sulle salite di 8′-12′ (oltre all’efficienza lipidica e di pedalata) ha fatto sì che Milan potesse arrivare fresco nel finalee sfruttare le sue doti di pistard».
Gli allenamenti in pista permettono di lavorare meglio sulla forza e le alte intensitàGli allenamenti in pista permettono di lavorare meglio sulla forza e le alte intensità
Pista e lattato
Ed è qui, che emerge appunto il pistard. Quando lo sforzo è massimo e si va in asfissia.
«A questo punto – va avanti Artuso – subentrano i lavori lattacidi e la pista in tal senso dà una grossa mano, in quanto si fa un lavoro di forza ad elevatissima intensità.
«Nello specifico, prima della CRO Race, in pista Milan ha lavorato su ogni tipo di forza e di resistenza lattacida: partenze da fermo da 125 metri, 250 metri… E lavori da 2.500 metri e fino ai 4.000 metri. Nel complesso un volume “piccolo” ma ad alta intensità. E se si fa un buon recupero succede che vince anche su strada».
«In questo modo per me è più facile allenare un Milan: devo fargli fare “solo” la base aerobica e poi in pista fa i lavori intensi. Ma quando si ha sottomano un atleta così potente e di una certa stazza bisogna stare attenti anche alla parte aerobica. Sapete cosa vuol dire far fare un’ora di medio a Milan? Significa che per 60′ deve fare 430-450 watt. Lì fa, ma fisiologicamente è devastante. Di conseguenza certi carichi devi ridurli un po’. Altrimenti il giorno dopo è stanco e salta tutto.
«Serve consistenza nell’allenamento. E per consistenza intendo l’allenarsi oggi, più domani, più dopodomani… Non è solo alternare carico e scarico. E’ dare continuità ai lavori».
Una fase calda che precede la volata tra chi cerca di portare fuori il proprio leader e chi sgomita alla sua ruotaUna fase calda che precede la volata tra chi cerca di portare fuori il proprio leader e chi sgomita alla sua ruota
Quattro minuti
E torniamo al punto iniziale: quanto dà una specialità come quella dell’inseguimento (ma non solo) su pista alla strada. Mediamente un inseguimento dura 4′, un po’ meno se a squadra, un filo di più se individuale. Bisogna “dare del tu” all’acido lattico. Conviverci.
«La tolleranza al lattato – dice Artuso – è la capacità dell’atleta di mantenere una situazione non equilibrata (accumulo di acido, ndr) per il maggior tempo possibile. Lavorare sulla tolleranza fa sì che si migliori quando si è a tutta. Sostanzialmente si smaltisce meglio l’acido lattico.
«Come? Facendo alta intensità. Per esempio: 3 serie da 10′ di 30”-30”. Alla fine porti a casa 15′ di fuori soglia. Oppure 3×3′ a tutta in pianura».
L’iridato Viviani nell’eliminazione: è importante essere lucidi quando l’acido lattico avvolge ogni muscolo del corpoL’iridato Viviani nell’eliminazione: è importante essere lucidi quando l’acido lattico avvolge ogni muscolo del corpo
Ossigeno al cervello
In più c’è una cosa che Paolo Artuso conferma. Nei finali serve freschezza anche mentale e il pistard, che è abituato a limare o nel caso dell’inseguimento a tenere la linea migliore, ne ha da vendere.
«Di certo il pistard è avvantaggiato anche dal punto mentale e della lucidità. Tante volte vediamo delle cadute in discesa: ma perché? Perché “vedono doppio”. Non sono lucidi. Sono meno abituati alle punte di acido lattico e hanno meno ossigeno al cervello. Ne guadagna la guidabilità.
«Concludendo con Milan, il giorno in cui ha fatto la volata di quasi 400 metri non solo è stato bravo a tenerla, ma è stato bravo a tenere la posizione prima del via e a valutare la situazione (Mohoric, suo compagno era davanti e il gruppo rimontava, ndr)».
Alessio Magagnotti ha chiuso il suo primo anno da juniores con tante vittorie, compresi gli ori europei e mondiali col quartetto. Ecco cosa ci ha detto
Su Luca Giaimi, Dino Salvoldi è pronto a scommettere. Il 17enne di Alassio è una colonna portante del suo quartetto iridato juniores, ma anche su strada si sa ben difendere, anzi. Tra quelli che non sono partiti per l’Australia è quello che si è maggiormente messo in vista, collezionando nello spazio di una settimana due successi importanti a Massa e Arcore. Ma quel che colpisce di più parlando con il giovane ligure è la sua grande maturità, che lo porta a valutare con obiettività ogni singolo passo della sua carriera.
All’indomani della sua doppietta, Giaimi è già pronto a fare un bilancio della stagione, anche se ci sono ancora traguardi da raggiungere e questo non può essere che positivo: «E’ un’annata da 10 in pagella anche perché non mi sarei mai aspettato risultati simili. E’ andato tutto oltre le mie previsioni, sia su strada che su pista».
Il quartetto iridato a Tel Aviv, da sinistra Raccagni (riserva), Giaimi, Delle Vedove, Fiorin e Favero (foto Uci)Tre componenti del quartetto iridato a Tel Aviv, da sinistra Raccagni, Giaimi e Delle Vedove (foto Uci)
Tu sei sempre andato avanti attraverso questo doppio binario, ma in cuor tuo hai preferenze?
No, amo entrambe le specialità. Quest’anno ho fatto più pista per preparare i grandi eventi internazionali, trovando un bellissimo ambiente nel quale ho imparato tanto e gli effetti mi pare che si vedano: una maglia continentale e una iridata non si conquistano a caso…
Nel quartetto che ruolo hai?
Un ruolo semplice e allo stesso tempo delicato. Sono il terzo uomo, quello che dopo il lancio e l’accelerazione del secondo deve dare il ritmo giusto e costante, tenere l’andatura alta per lanciare l’ultimo uomo.
Quanto differisce dall’inseguimento individuale dove sei giunto quarto ai mondiali?
Sono due sforzi diversi: quello individuale è più lungo, con un’intensità più alta a scapito dell’esplosività. Nel quartetto devi dare tutto quando sei chiamato in causa, ma poi puoi recuperare e la scia su pista è davvero importante. A me piacciono entrambe le specialità proprio perché sono così diverse.
Finora il ligure ha vinto 5 gare su strada di cui una nazionale. Qui la volata al GP Ucat (foto Rodella)Finora il ligure ha vinto 5 gare su strada di cui una nazionale. Qui la volata al GP Ucat (foto Rodella)
Il lavoro su pista ti ha portato benefici su strada?
Enormi, anche se non subito. Appena ho ripreso in maniera continua dopo il lungo lavoro per le prove titolate, sentivo che mi mancava il fondo, ma ultimamente ne percepisco i frutti, soprattutto nei cambi secchi di ritmo, negli scatti, anche nella cadenza di pedalata soprattutto nella nostra categoria dove siamo ancora limitati nell’utilizzo dei rapporti. Domenica quando mi sono trovato in fuga con AndreaRaccagni Noviero, mio compagno nel quartetto, sapevo che non ci avrebbero più ripreso.
Considerando le tue specialità su pista, su strada puoi essere considerato un passista…
Diciamo un passista veloce, ma riesco a resistere anche sulle salite che non sono troppo lunghe e ripide. Le mie ultime due vittorie sono arrivate su percorsi mossi. Gli arrivi in gruppi ristretti sono abbastanza favorevoli alle mie caratteristiche, credo di potermi difendere anche nelle volate di gruppo, almeno su certi tipi di arrivi, ma ancora non ne ho avuto occasione.
Giaimi in azzurro in una prova di Nations Cup. Ha provato sulla sua pelle le difficoltà di livello superiore (foto Audrey Duval)Giaimi in azzurro in una prova di Nations Cup. Ha provato sulla sua pelle le difficoltà di livello superiore (foto Audrey Duval)
Tu hai gareggiato spesso quest’anno all’estero, soprattutto in un paio di gare a tappe della Nations Cup. Come ti sei trovato?
E’ un ciclismo completamente diverso da quello al quale siamo abituati noi, di un livello notevolmente superiore. Io poi ho gareggiato davvero contro il meglio del mondo e quando sei in quei contesti ti accorgi della differenza. Da noi si vivacchia fino alle battute finali, lì si va forte sempre e si fa selezione anche senza che ci siano grandi asperità. Il serbatoio di energie si esaurisce presto.
E’ quindi per questo secondo te che fatichiamo così tanto nelle prove titolate?
Sì, siamo disabituati. Da noi il vincolo dei rapporti è un problema, il fatto che non possiamo gareggiare in molte gare a tappe come fanno all’estero è un altro ostacolo. Inoltre anche le trasferte all’estero con la nazionale sono utili da un lato, ma chiaramente il cittì deve chiamare più corridori, non si riesce quindi a fare un lavoro continuo con lo stesso gruppo.
Luca vuole restare alla F.lli Giorgi per il 2023, per poi fare il salto all’estero, come quasi tutti gli junior italianiLuca vuole restare alla F.lli Giorgi per il 2023, per poi fare il salto all’estero, come quasi tutti gli junior italiani
Che cosa farai il prossimo anno?
Resterò alla Fratelli Giorgi, essendo al secondo anno di categoria, ma già ho avuto molti contatti con altre squadre e devo ragionare bene sul mio futuro. Io frequento il quarto anno dell’Istituto di Scienze Applicate a Loano, quindi avrò gli esami nel 2024. Il prossimo anno però cambierò categoria e vorrei andare all’estero, quindi sto valutando l’idea di fare l’ultimo anno da privatista oppure online.
Anche tu prospetti una fuga dall’Italia, come hanno fatto molti dei tuoi compagni/avversari di quest’anno. Lo faresti a cuor leggero?
Un po’ mi dispiace, ma per chi ha ambizioni, in Italia non c’è altra soluzione. Se non hai una squadra che ti fa crescere come un team development delle formazioni WT non impari. E’ un livello di ciclismo superiore, ti confronti davvero con il meglio al mondo e magari a un certo punto arriva la promozione nella squadra principale, che è il mio grande obiettivo. Io non punto ad essere uno di altissimo livello, ma un vincente sicuramente sì, nella categoria dei grandi.
Dai mondiali juniores di Tel Aviv stanno arrivando altre buone notizie dal settore velocità. Mattia Predomo ha conquistato la maglia iridata nel keirine giusto pochissime ore fa anche l’oro nella velocità. Il bolzanino milita nella squadra di Matteo Bianchi,la Campana Imballaggi Geo&Tex Trentino, che ha collezionato maglie europee ad Anadia tra gli under 23 e medaglie più un record italiano agli europei di Munich 2022. Sono primi segnali di un movimento che sta iniziando a muovere i primi passi, con il coordinamento azzurro di Ivan Quaranta.
Mattia Predomo fra Bragato e Quaranta, tecnico che proprio 30 anni fa conquistò questo titoloMattia Predomo fra Bragato e Quaranta, tecnico che proprio 30 anni fa conquistò questo titolo
Ritorno al passato
Giovani che riportano risultati in discipline in cui l’Italia iniziava a soffrire una nostalgia ancorata a nomi che hanno scritto la storia della velocità. Glianni Novanta per il nostro movimento sono stati forse l’apice di un settore che oggi si sta riscoprendo e movimentando.
Federico Paris, Roberto Chiappa e Gianluca Capitano erano gli interpretidi un decennio costellato da titoli mondiali e vittorie in Coppa del mondo che hanno fatto sognare i tifosi italiani. Lo stesso Sir. Chris Hoy ci ha detto in una recente intervista. «A metà degli anni ’90 voi avevate gente come Roberto Chiappa e Federico Paris. Erano delle vere star. Noi britannici ci siamo ispirati a loro».
Ripercorriamo ciò che era e chiediamo un parere su ciò che è e potrà essere il movimento velocità in Italia proprio con Federico Paris. Attualmente ricopre il ruolo di Coordinatore dei Responsabili di strada e pista per la Lombardia.
Federico Paris è coordinatore di strada e pista della LombardiaFederico Paris è coordinatore di strada e pista della Lombardia
Come funzionava negli anni Novanta il settore velocità, c’era una coordinazione federale presente?
La maggior parte di quel periodo è stata coordinata da Mario Valentini (al centro fra Paris e Capitano, nella foto in apertura, ndr). La Federazione seguiva il settore a 360 gradi con le prime prove della Coppa del mondo che in quegli anni cominciavano ad essere organizzate e i mondiali che rappresentavano il fulcro della stagione.
Che momento era per la pista italiana?
C’era un settore solido, la squadra era composta prevalentemente da noi tre ma anche da altri ragazzi. I primi anni che ho iniziato la mia attività su pista, non c’erano le prove di Coppa del mondo così come sono organizzate ora. C’erano ancora i gran premi internazionali, si disputavano principalmente in giro per l’Europa. Ancora oggi ne esiste qualcuno.
I gruppi sportivi erano importanti per realizzazione di una carriera in questo settore?
Facendo riferimento a noi tre, quindi il sottoscritto più Roberto Chiappa e Gianluca Capitano, facevamo parte tutti e tre di Corpi di Polizia. Io e Roberto alla Forestale e Gianluca nelle Fiamme Azzurre. Per cui sicuramente la cooperazione tra CONI e Corpi di Polizia allora come oggi veniva sfruttata e questo consentiva a noi di fare questa attività con una tranquillità economica.
Il movimento velocità in quegli anni in cui c’era ancora il tandem ha vissuto uno dei momenti più vittoriosi di sempreIl movimento velocità in quegli anni in cui c’era ancora il tandem ha vissuto uno dei momenti più vittoriosi di sempre
Che differenze vedi con l’attività attuale?
A livello nazionale c’era una buona attività. Forse oggi manca un po. Negli anni Novanta c’era un bel calendario fitto per i velocisti, fatto di gare nazionali e internazionali. Oggi soffriamo sul nostro territorio. Ma è come un circolo vizioso, senza puntare il dito, oggi ci sono meno praticanti e anche meno gare. La concorrenza in quegli anni era tanta.
La velocità sembra aver ritrovato nuovo entusiasmo…
Quest’anno sono stati fatti sicuramente dei risultati più importanti rispetto agli anni passati. Senza guardare i numeri e vedendo il momento. Quando ho smesso di correre in bici ho seguito per un po’ di anni il settore della velocità sia nella categoria junior che in quelle maggiori. Quando non l’ho seguito più, ho notato che sono mancati i riferimenti. Si è verificato un appiattimento non tanto di risultati ma di praticanti. Il fatto che oggi Ivan Quaranta, una persona con una passione smisurata, segua esclusivamente il settore può dare dei risultati sicuramente importanti. Una sorta di ripotenziamento del settore.
Federico Paris ha iniziato a raccogliere i primi risultati da dilettante per poi affermarsi e diventare pistardFederico Paris ha iniziato a raccogliere i primi risultati da dilettante per poi affermarsi e diventare pistard
Le infrastrutture sono determinanti per il movimento?
Assolutamente si. Le strutture come il nostro Montichiari, un velodromo da 250 metri coperto, è uno strumento indispensabile per lavorare e fare risultati in pista. Soprattutto per il settore veloceche ha bisogno della pistadodici mesi all’anno. E con un velodromo scoperto non è difficile da capire che sia una cosa impossibile. Pe questo molti atleti migravano in altre strutture. Ce ne fossero di più, è facile da dire, ma sarebbe un passaggio determinante.
Voi come Regione Lombardia vi state muovendo per scovare talenti della velocità?
A livello regionale è difficile occuparsi in maniera specifica di un settore. Un occhio di riguardo per la velocità ce l’ho avendola praticata per tanto tempo. Anche Roberto Chiappa collabora con il comitato regionale attraverso il velodromo di Dalmine e anche con il responsabile tecnico della pista regionale. E’ chiaro che avendo queste caratteristiche c’è una predisposizione immediata. Se in Lomabardia ci accorgessimo di ragazzi motivati, appassionati o attratti dalla velocità quello che possiamo assicurare è un sostegno e un supporto immediato.
Le squadre sono importanti per la crescita in questa direzione?
Gli atleti crescono all’interno di società. Per cui quando trovano al suo interno un appoggio e un sostegno per fare questo tipo di attività riescono a fare un certo tipo di percorso. Bisogna tener presente che il ciclismo in Italia per tradizione è il ciclismo su strada. Quello su pista ad alti livelli si allontana sempre di più da quello tradizionale stradista.
Qui insieme a Gianluca Capitano alla premiazione del campionato del mondo nella specialità tandem Qui insieme a Gianluca Capitano alla premiazione del campionato del mondo nella specialità tandem
Non a caso il diesse è proprio Alessandro Coden. E’ un direttore sportivo che ha un’esperienza in questo settore specifico, ha fatto europei, mondiali e ha corso in pista da protagonista. La passione è l’elemento fondamentale per queste specialità. La velocità è un settore molto difficile, per tante ragioni. Per poterlo seguire ma anche per praticarlo serve una grande passione. Coden e Quaranta hanno recentemente raccolto risultati con i propri ragazzi ed entrambi hanno un background da interpreti di questo sport e non è un caso.
Le discipline veloci sono differenti da quelle endurance anche come approccio?
La prestazione finale non è solo la realizzazione di un allenamento. Somministrare tabelle e tirare una riga come magari può essere per le discipline endurance che si avvicinano di più ad una scienza esatta, una causa effetto parzialmente prevedibile. Nella velocità c’è un aspetto psicologico che determina tanto ed è molto stressante. Se non c’è passione e dedizione questo non è possibile. Ritengo che Ivan Quaranta su questo possa fare molto bene.
Chris Hoy vi ha citati come star e come esempi da emulare. Credi che oggi i risultati possano servire anche a creare interesse anche per atleti di altre discipline?
I risultati sono importanti per creare interesse, e farlo una specialità come questa è fondamentale. Noi nei primi anni novanta eravamo molto competitivi. La Gran Bretagna stava muovendo i primi passi. In quel periodo ha gettato le basi per il futuro diventato presente con risultati prestigiosi e un movimento che detta legge.
Alla base di tutto c’è il passaggio di categoria e una crescita costante fondata sui meriti. Se poi ci si aggiunge la possibilità di progredire e avere una base solida su cui lavorare anche in pista l’originalità è servita. La Campana Imballaggi Geo&Tex Trentino (foto in apertura di Sportcity-fotoBolgan) nei suoi primi due anni nella categoria U23 sta costruendo qualcosa di unico nel suo genere, con la formazione maggiore che attinge dalla squadra juniores e collabora con il movimento velocità della nazionale coordinato da Ivan Quaranta.
Ne parliamo con il regista di tutto ciò, Alessandro Coden che per primo ha avuto l’intuizione di un collettivo che riuscisse ad essere competitivo su più fronti. I risultati stanno iniziando a venire a galla, Matteo Bianchi e Mattia Predomo con le quattro maglie europee su pista e i primi risultati individuali che stanno arrivando dagli atleti della strada. Un progetto che vive a pieno l’obiettivo senza però mettere fretta ai giovani, che possono crescere con i loro tempi e tutti i mezzi a disposizione. Nella prospettiva anche il passaggio a Continental con qualche interrogativo da parte del diesse trentino.
Alessandro Coden è il diesse della squadra under 23 éliteAlessandro Coden è il diesse della squadra under 23 élite
Descrivi la tua formazione a chi non la conosce a fondo?
Ci dedichiamo a tutte le gare, non abbiamo disegnato la squadra per un terreno specifico. Non abbiamo i leader, ma ci difendiamo su tutti i fronti. Come team il nostro focus è sempre fare una squadra media. Mi spiego meglio. Come ben si sa gli atleti cercano gli squadroni. Però non sanno che forse stanno meglio nelle squadre piccole. A metà anno si pentono, si lamentano e ti richiamano. Il pensiero di alcuni juniores è di vincere e sbaragliare le gerarchie ma poi si trovano a fare i muli. Non abbiamo pretese di risultato ma lavoriamo costantemente per emergere.
Siete nell’ultimo capitolo della stagione, che bilancio dai alla tua squadra?
Ci possiamo ritenere soddisfatti della stagione che stiamo facendo. La vittoria l’abbiamo conquistata, nei primi dieci riusciamo a piazzarci in maniera ricorrente con delle belle prove di squadra. Il nostro gruppo anche se piccolo è coeso e forte, ci possiamo ritenere contenti.
Parlaci dei tuoi ragazzi…
Partiamo con Michael Minali, avevo previsto venisse fuori nel mese di giugno/luglio e così è stato. Tra i giovani abbiamo Matteo Sperandio che si è piazzato tre volte. Il colombiano Brayan Malaver che ha fatto un 4° e un 8°. Da adesso fino a fine stagione per quanto riguarda la strada se arriva qualcosa in più siamo contenti. Mi aspettavo qualcosa in più da Lorenzo Visitainer. Ma è molto sfortunato, tra cadute ed epiloghi di gara sfortunati non ha raccolto quanto previsto. In più con lui abbiamo preparato le crono ma per élite sono state praticamente inesistenti.
Michael Minali è tra i più promettenti della formazione 2022Michael Minali è tra i più promettenti della formazione 2022
Su strada state crescendo, su pista invece avete già raccolto risultati importanti…
E’ il secondo anno che facciamo la categoria U23, gli sponsor non mi fanno pressione e ci permettono di crescere con fiducia. Su pista invece stiamo raccogliendo risultati ottimi con Matteo Bianchi e Mattia Predomo. Quattro titoli europei under 23 ad Anadia e l’exploit di Matteo con la medaglia d’argento e il record italiano sotto il minuto nel chilometro da fermo agli europei di Munich 2022.
Hai intenzione di ampliare la rosa per quanto riguarda la pista?
Sì, nel gruppo pista ne aggiungerò altri due di quelli che erano all’europeo e ai mondiali. Quindi saremo quattro l’anno prossimo. Posso solo dire che saranno uno junior e un under 23.
Come gestite pista e strada?
Facciamo i lavori su pista e su strada in modo tale da dare una preparazione completa. Gli atleti possono andare tranquillamente a Montichiari durante la settimana. Con Quaranta riusciamo a collaborare in sintonia. Si può lavorare insieme e accetta anche dei consigli, non è una cosa scontata. Il movimento velocità sta dando una grossa mano, si stanno gettando basi solide per il futuro. Però è una gestione separata, chi va su strada fa solo quello e vale lo stesso per i pistard.
Che rapporto avete invece con i gruppi sportivi?
Non abbiamo rapporti. La preparazione passa tutta tra noi e la nazionale. E’ una sicurezza personale per i ragazzi che hanno uno stipendio a fine mese. Bianchi è stipendiato dall’Esercito e questo riguarda solo la base economica del ragazzo.
La squadra dispone di un bacino tra gli juniores da cui attinge e promuove il suo progetto di crescita (foto di CyclingShoots)La squadra dispone di un bacino tra gli juniores da cui attinge e promuove il suo progetto di crescita (foto di CyclingShoots)
Per quanto riguarda la rosa strada invece avete già degli innesti decisi per il 2023?
Salgono quattro dalla nostra formazione juniores. Sto parlando con altri atleti per completare la rosa, ma non posso dire niente.
Che aspirazioni avete per il prossimo anno?
Vogliamo dare continuità al progetto. Gli sponsor vorrebbero che diventassimo continetal. Geo&Tex è sponsor dell’Adriatica Ionica Race e ci vorrebbe partenti alla corsa.
Cosa ne pensi di un eventuale passaggio a continental?
In italia i giovani cercano queste tipo di squadre. Ma a livello italiano secondo il mio parere personale, se la situazione non cambia non serve a niente. Quante gare fanno le Continental con i professionisti? Non ne vedo molte. Se si va in altri parti d’Europa come la Germania, la categoria U23 è inesistente corrono già tutti insieme con i pro’, diventa chiaro che si corra di meno ma si alzi la qualità. In italia le continental sono come se fossero under 23, è stato sbagliato il modo di intendere il passaggio.
Veniamo a Bianchi e Predomo, come li hai scoperti?
E’ iniziata da lontano, cinque anni fa quando erano allievi. Entrambi penso che se non avessero preso questa strada sarebbero già rispettivamente indirizzati in altro tipo di carriere. Uno starebbe studiando e l’altro sarebbe nell’azienda di famiglia. Con noi sono cresciuti. Erano due ragazzi che nelle categorie giovanili su strada avevano fatto poco o niente. E se non raccogli niente su strada in Italia vieni lasciato indietro dalla stragrande maggioranza delle squadre.
Qui Matteo Bianchi e Mattia Predomo con le medaglie e le maglie conquistate agli europei su pista under 23Qui Matteo Bianchi e Mattia Predomo con le medaglie e le maglie conquistate agli europei su pista under 23
Gli hai dato i mezzi e una prospettiva…
Hanno tutti e due la stessa storia. Li ho rispediti indietro subito perché erano abituati male e un po’ viziati sportivamente. All’inizio mi hanno dimostrato poca voglia e poco impegno e gli ho fatto riconsegnare tutto. Bianchi tornò in lacrime dopo tre giorni. Mi ha detto: «Da oggi in poi non sbaglierò più». Così ha ricominciato il percorso e si sono visti i risultati. Anche Predomo mi ha dimostrato di che pasta è fatto e ora puntano entrambi in alto.
Ti aspettavi un tempo così da Bianchi agli europei di Munich 2022?
Un tempo così no, perché non era mai stato provato. Pensavo stesse a ridosso del minuto, ma non sotto. A 59 secondi ci si poteva arrivare ma non in quel modo. Ero fiducioso perché veniva da un bel carico di lavoro ed era in fiducia dopo gli europei U23.
Per Predomo quali sono i prossimi impegni?
Lui potrà fare bene ai mondiali juniores a Tel Aviv che inizieranno proprio oggi. Farà tutte e tre le discipline: chilometro da fermo, velocità e keirin. Il programma è spalmato bene quindi c’è spazio per recuperare.