Simulare la gara per vincerla in pista: il caso Lavreysen

21.10.2022
5 min
Salva

Lo avete letto un paio di giorni fa il pezzo con le 10 domande a Harrie Lavreysen, il velocista più forte del mondo? E leggendo il suo modo di andare incontro alle sfide in pista non vi è venuta la pelle d’oca?

Sarà che lo sforzo sotto i 10 secondi a 73 di media è qualcosa che sfugge all’immaginario del ciclista più tradizionale, ci siamo chiesti come funzioni la testa dell’olandese e quanto lavoro ci sia dietro il suo modo di pensare. Per cui ci siamo attaccati al campanello della dottoressa Manuella Crini, chiedendole da psicologa di provare a interpretare quelle frasi.

«Per alcune persone – spiega – dire «Vinco» crea ansia. Lui addirittura ha bisogno di dirselo. Mi prefiggo la vittoria come unica possibilità, per cui attingo direttamente alla dopamina prima ancora di aver vinto».

Nella corteccia prefrontale si verificano le attivazioni che regolano ogni funzione esecutiva (foto Angela Savino e Ottavio De Clemente)
Nella corteccia prefrontale si verificano le attivazioni che regolano ogni funzione esecutiva (foto Angela Savino e Ottavio De Clemente)

Il cervello che cambia

E’ un meccanismo in cui viene coinvolta la corteccia prefrontale, la parte anteriore del cervello che gioca un ruolo chiave nelle funzioni esecutive, come la creazione di strategie, la pianificazione, il controllo delle emozioni, l’attenzione, la concentrazione, l’autocontrollo degli impulsi. Simulando la sfida nella sua testa, Lavreysen produce un primo rilascio di testosterone. Mentre convincendosi di correre per la vittoria e di aver già vinto, approfitta di un rilascio di dopamina che provoca sensazioni positive e alla lunga riesce a cambiare non solo la composizione chimica, ma anche la struttura del cervello del vincitore.

Potremmo pensare di essere davanti a un caso limite?

Non credo, non sono le parole di uno che dice: «Devo vincere, sennò non sono nessuno». Qui traspare una notevole autostima, calibrata e ben centrata. Segno che ci ha lavorato tanto sin da quando era bambino o che i suoi genitori sono stati bravi. Allo stesso modo in cui traspare sicurezza quando parla dei compagni. Sono super competitivi in gara, ma non lo sono fra loro. La competizione interna non determina la sconfitta a livello umano, al contrario. Se anche mi batti, posso utilizzare le tue strategie per essere migliore di te la prossima volta.

La voglia di vincere porta alla vittoria. In pista non c’è tempo per pensare: tutto è stato provato prima
La voglia di vincere porta alla vittoria. In pista non c’è tempo per pensare: tutto è stato provato prima
Deve esserci dietro un bel lavoro di coaching?

Di sicuro alle spalle c’è qualcuno molto preparato. Qualcuno che gli ha fatto capire che l’essere bravo di uno dipende dagli altri. Hanno dietro una mente di quelle importanti. Al punto di pensare che se a lungo andare Lavreysen non reggerà più questi ritmi, per il più semplice dei cali fisici o perché non riuscirà più a vivere solo per lo sport, sarà disposto a cambiare ruolo senza farne un dramma.

Il fatto che la gara duri 9 secondi cambia le cose?

Il pensiero consapevole non ha tempo per formularsi. In quei 9 secondi c’è anche tanta endorfina. Parti e vai, sapendo che il margine di errore è ridottissimo. Bisogna lavorare sugli automatismi e per fare questo, bisogna che la gara lui la viva prima.

La concentrazione prima della gara: la mente si svuota, Lavreysen crea lo scenario (foto Instagram)
La concentrazione prima della gara: la mente si svuota, Lavreysen crea lo scenario (foto Instagram)
Infatti dice: quando non c’è abbastanza tensione, mi siedo e faccio la gara nella mia testa…

E qui si entra nell’ampio mondo delle tecniche di concentrazione, anche se in questo caso bisogna parlare di attenzione focalizzata. Sarebbe curioso sapere se facciano uso di simulatori o strumenti di realtà virtuale, in cui il visore ti permette di modulare l’immagine con il controllo del cervello.

La conoscenza degli avversari come si inserisce in questo quadro?

Non credo che si possa guardare più di tanto agli altri. Il fatto di conoscerli a menadito fa sì che si possa prevederne le mosse. Per come la racconta, la gara è tutta un lavoro di previsione. Secondo me, quando scende in pista, Lavreysen la gara l’ha già fatta e vinta.

Giornata di legpress durante una fase di allenamento: 800 chili. Serve grande determinazione… (foto Instagram)
Giornata di legpress durante una fase di allenamento: 800 chili. Serve grande determinazione… (foto Instagram)
Fare la gara prima appartiene anche agli sciatori, che ripassano le curve mimando le traiettorie con le mani…

Si chiudono gli occhi e il primo lavoro è svuotare la mente, scacciando i pensieri intrusivi. Poi con l’immaginazione crei lo scenario. Il fatto di muovere gli arti inganna il cervello, che non capisce se sia vero oppure no. Se riesco a fare con costanza questo tipo di allenamento, la corteccia motoria si sviluppa di più, aumentano i terminali nervosi e in gara rendo di più.

Come si scacciano i pensieri intrusivi?

E’ parte del coaching. Il pensiero è un riflesso, non puoi impedirlo, ma puoi gestirlo quando lo hai fra le mani. E comunque serve anche una grande motivazione, senza la quale una vita così cadenzata non la metti neanche in piedi. Senza la quale non dormi con le braccia bloccate in una specie di camicia di forza. Lo fai solo perché è funzionale ad altro: hai obiettivo e motivazione. Volete davvero sapere come si scacciano i pensieri intrusivi?

Al pensiero della vittoria corrispondono le conquiste: 9 maglie iridate non sono poca cosa (foto Pim Ras)
Al pensiero della vittoria corrispondono le conquiste: 9 maglie iridate non sono poca cosa (foto Pim Ras)
Magari grazie…

Prendete un orologio con la lancetta dei secondi e fissatela girare per 60 secondi. Senza pensare ad altro, tenendo la mente sgombra. Ogni volta che arriva un pensiero diverso, mettetelo via. Se lo fate una volta al giorno, dopo tre settimane sarete capaci di gestire il pensiero. Basta provare…