La crono inaugurale del Giro d’Italia, da molti criticata, non era affatto banale: 15,1 chilometri da Monreale a Palermo. Un chilometro di salita e poi quasi tutta discesa. Questo ha reso le scelte tecniche e quelle tattiche molto incerte. Alla fine gli specialisti hanno fatto la differenza. Non solo, ma chi non lottava per la generale ha potuto rischiare qualcosa in più, come ci spiega anche Marco Pinotti, ex cronoman ed ora al servizio della CCC Sprandi.
Marco, una prova tutt’altro che banale…
Banale? Complicatissima direi. Una discesa con la bici da crono non è facile, inoltre c’era l’incognita vento. E i primi ne hanno preso moltissimo, anche a favore. Andava divisa per sezioni: il prima in salita, quella finale in pianura e quella centrale (la più lunga) in discesa. In particolare quella finale erano 6’30” da fare in apnea e già si avevano 10′ di sforzo. Non era facile da gestire.
Inoltre c’era la parte centrale di Corso Calatafimi, che scendeva ed aveva molti avvallamenti. Basta guardare il ruzzolone di Miguel Angel Lopez…
Esatto, quella era la parte più delicata. Lì magari non si vinceva, ma era molto rischiosa. Prendere un avvallamento a 75 orari significa volare. Significa sbandare, tanto più col vento laterale che c’era. E’ un po’ come nelle discese libere nello sci alpino. Se non le ammortizzi ti sparano via.
Quindi serviva pelo sullo stomaco per mettere le mani sulle protesi in quelle condizioni?
Chiaro, ma è così che si vinceva ed è così che sono riusciti a fare gli specialisti. In molti hanno tolto le mani dalle protesi con quel vento. Ganna ed altri no. La prima staccata era difficilissima. Si passava dai 100 ai 30 orari. Chi ha dimestichezza col mezzo lo fa in poco tempo. E guadagna terreno.
Voi avete studiato il percorso prima di partire?
Sì. L’ho fatto io da solo nei giorni precedenti e poi la mattina prima del via senza traffico con i ragazzi. In ricognizione, da solo, per fare 15 chilometri ci ho messo due ore. Mi sono fermato spesso a osservare il terreno per individuare le linee con meno avvallamenti, quelle più pulite. C’era un grande problema di trazione. Anche in partenza c’erano sampietrini e lastroni (non a caso a Monreale avevano stesso una sorta di materiale grippante in uscita dalle curve, ndr).
Il vento è stato determinante. Tu lo avevi studiato?
Era da una settimana che controllavo l’evoluzione del vento, ma il giorno della crono era decisamente maggiore della media dei sette giorni precedenti. Inoltre prima di andare in Sicilia mio padre mi aveva parlato del vento di Monreale. Lui, tanti anni fa, aveva fatto il militare nella caserma Scianna che si trova al quarto chilometro del percorso.
Chi è partito alla fine è stato penalizzato. Vediamo Nibali, Majka.. mentre gli Ineos più forti sono partiti un’ora prima. Come si delinea l’ordine di partenza?
Si sorteggiano le squadre e poi sono gli stessi team che decidono quando far i propri atleti. Dennis, Thomas e Ganna sono partiti uno dietro l’altro proprio per avere dei feedback.
Che rapporti si utilizzavano?
Io dico che il 58×11 era l’ideale. In molti hanno usato il 60, ma sono pezzi che devi far fare perché non si trovano facilmente. Se Ganna avesse scelto il 62 come si vociferava sarebbe stato solo per girare il 12 e non l’11, almeno credo. Sono sensibilità dello specialista.
E per le gomme? In molti hanno gonfiato a 6,5 bar…
I “miei” ragazzi oscillavano tra le 7 e le 8,5 bar