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Simone, professione scalatore: un altro Zanini in Astana

02.01.2023
5 min
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Nell’organico del team Astana Qazaqstan Development, oltre a Davide Toneatti, c’è spazio per un altro italiano: Simone Zanini. Il cognome non è nuovo al mondo del ciclismo dato che suo zio Stefano è stato professionista dal 1991 al 2007 ed ora è diesse dell’Astana Qazaqstan Team. Simone Zanini è un classe 2004 e si appresta ad affrontare la sua prima stagione da under 23. Ha tanta voglia di fare, lo si capisce dalla voce, che trasmette una grande energia e tanta vitalità.

Nei due anni da junior Simone (al centro) ha corso con la CC Canturino 1902 (foto Instagram)
Nei due anni da junior Simone (al centro) ha corso con la CC Canturino 1902 (foto Instagram)
Simone, che inverno è?

Strano! Sto facendo tante nuove esperienze, lo definirei anche molto divertente. All’inizio di tutto ero un po’ spaventato: nuovo mondo, nuova categoria, una squadra internazionale… 

Come sta procedendo?

Mi sto allenando bene, per quanto possibile visti gli impegni scolastici. Sono all’ultimo anno dell’Istituto alberghiero a Gallarate. Ho fatto già molte ore in bici rispetto al passato ed ho iniziato a fare anche un po’ di palestra. Lo avevo già fatto, ma ora sto sperimentando un sistema nuovo e direi che mi sono adattato abbastanza velocemente. 

Quando hai iniziato la preparazione?

Il 16 novembre, ormai è un mese e mezzo che si lavora, è stato un periodo di crescita costante e questo mi dà entusiasmo. Tra un paio di settimane andrò in ritiro con la squadra, più precisamente dal 17 al 30 gennaio.

Nel 2022 al suo secondo anno nella categoria ha ottenuto due vittorie (foto Instagram)
Nel 2022 al suo secondo anno nella categoria ha ottenuto due vittorie (foto Instagram)
Sarà la prima volta che incontrerai lo staff ed i nuovi compagni?

L’unica persona che per il momento ho visto è il mio preparatore Mazzoleni. Ho fatto qualche chiamata con il diesse di riferimento che è Orlando Maini. Però sì, incontrerò tutti per la prima volta proprio in ritiro, mi sento abbastanza tranquillo.

Anche avere uno staff italiano aiuta, no?

Assolutamente, la mia preoccupazione più grande era di incontrare staff o diesse stranieri, non tanto per il metodo di lavoro, ma per la lingua. Avrei fatto più fatica ad integrarmi, forse. 

Com’è stato il tuo approdo all’Astana?

Traumatico (dice ridendo, ndr). No dai, traumatico no, però mi han fatto tribolare perché la risposta non arrivava più. Ho avuto paura di perdere il treno per passare in una bella squadra.

Simone Zanini è un corridore molto leggero, un fisico da scalatore ma ancora tutto da formare
Simone Zanini è un corridore molto leggero, un fisico da scalatore ma ancora tutto da formare
Quali altri team ti avevano contattato?

Ho fatto dei test con la Bardiani, ma alla fine mi hanno detto di no. Poi mi hanno contattato la Corratec e la Beltrami. 

Così, anche se all’ultimo, è arrivata l’Astana, contento?

Contentissimo. Quasi tutte le persone che conosco mi hanno consigliato di cercare una squadra estera, internazionale. Mi fa piacere che nel team ci sia una persona come mio zio Stefano, anche se lui con noi c’entra poco visto che non lavorerà direttamente con me. 

Cosa ti entusiasma di più?

Il calendario. Non so ancora di preciso quali corse farò perché ci saranno da considerare anche lo studio e la maturità. Tuttavia il programma mi intriga molto, faremo tutte le gare internazionali sia in Italia che all’estero.

Per Zanini la pazienza è una caratteristica fondamentale: meglio crescere per gradi
Per Zanini la pazienza è una caratteristica fondamentale: meglio crescere per gradi
Raccontaci di te e della tua esperienza da junior.

Arrivo dal team CC Canturino 1902, il primo anno della categoria mi sono concentrato sulla crescita e sul trovare il ritmo. Verso metà stagione sono arrivato ad essere competitivo. Il secondo anno, grazie anche ad una maggiore armonia con i miei compagni, sono riuscito a dare sempre qualcosa in più, arrivando a fare due vittorie

Sei uno a cui stare in gruppo fa bene?

Mi piace andare in bici e stare bene dove corro. Al secondo anno da junior il presidente della squadra, essendo io uno dei più grandi, mi ha chiesto di fare gruppo e “tenere” la squadra. Mi definirei anche curioso, infatti non vedo l’ora di entrare in questo nuovo mondo, di capirlo e di guardare come corrono i ragazzi stranieri. 

Tuo zio Stefano che ruolo ha avuto nella tua crescita sportiva?

E’ una persona che ha una grande esperienza e mi ha sempre dato ottimi consigli. Mi ha sempre aiutato, a partire dai consigli più “sciocchi” fino a qualche aiuto in gara. Spesso veniva a vedermi alle corse, soprattutto quando ero più piccolo.

Zanini Amstel 1996
Lo zio Stefano nei suoi 17 anni di professionismo ha ottenuto 29 vittorie in carriera, oggi è diesse dell’Astana
Zanini Amstel 1996
Lo zio Stefano nei suoi 17 anni di professionismo ha ottenuto 29 vittorie in carriera, oggi è diesse dell’Astana
Ti ricordi un suo consiglio in particolare?

Sì. Quando ero piccolo ed uscivo con lui ed i miei fratelli, mi staccavo spesso in salita e lui mi diceva: «Stai tranquillo ed appena finisce rientri, senza fretta». E’ un consiglio che mi è rimasto dentro e che ho portato anche nella vita di tutti i giorni. Nella vita bisogna cercare di rimanere calmi e di non avere fretta, la pazienza è una grande virtù. 

Cosa ti aspetti da questo tuo primo anno da under 23?

Di crescere e imparare. Punterò molto sul migliorare in salita, ho capito che mi devo specializzare in questo campo, visto anche il mio fisico esile. In pianura faccio tanta fatica, ovviamente dovrò migliorare anche lì. Voglio crescere gradualmente, non ho fretta, le cose bisogna farle bene per maturare.

L’Astana al Giro U23 con un solo italiano: l’apprendista Toneatti

11.06.2022
6 min
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L’avventura è qualcosa che ha sempre intrigato gli esseri umani nel corso dei secoli. Il gusto della scoperta, la voglia di mettersi alla prova in qualcosa di nuovo. Queste emozioni, inevitabilmente, toccano anche il mondo dello sport. L’ebbrezza di ripartire da zero, in una nuova disciplina, e vedere fino a che punto si riesce ad arrivare, a crescere e maturare. Davide Toneatti ha deciso di intraprendere questa strada: quella dell’avventura.

Così a inizio anno è cominciata la sua esperienza con il team Astana Development. Il friulano arrivava dal mondo del fuoristrada, del fango e dei sentieri impervi. I dubbi che circondavano il suo approdo nella squadra kazaka era molti, ma evidentemente lui e lo staff del team erano convinti di poter fare qualcosa di buono insieme.

Davide Toneatti ha corso molto nel fuoristrada, qui ai campionati italiani ciclocross under 23 del 2022
Davide Toneatti ha corso molto nel fuoristrada, qui ai campionati italiani ciclocross under 23 del 2022

La nuova avventura

Così Davide ha cominciato la sua prima stagione su strada a 21 anni. Ha iniziato a correre in Croazia ed alla sua seconda gara – il Porec Trofej – è arrivato 16°. Un bel risultato se si pensa che era una corsa 1.2, dove il livello non era alto, ma c’erano tanti corridori di esperienza. La sua crescita è stata costante, ha corso anche qualche gara internazionale under 23.

«L’ultima gara – ci spiega Davide – l’ho fatta a Meldola (conclusa al 9° posto, ndr), poi con la squadra siamo venuti direttamente a Riccione per la partenza del Giro Under 23 (avvenuta oggi, ndr). Ad inizio stagione insieme al team avevamo l’obiettivo di capire quali potessero essere le mie caratteristiche e come mi sarei adattato al nuovo modo di correre. Fino ad ora il mio adattamento lo ritengo soddisfacente, anche la squadra è contenta di come sono andate le cose.

«Anche la convocazione per il Giro è una grande soddisfazione,  mi hanno avvisato che lo avrei fatto all’inizio di maggio. Poi insieme alla squadra siamo andati in ritiro tre settimane a Sierra Nevada, una volta tornati ho corso le tre gare internazionali che mi dividevano dal Giro (Strade Bianche, Coppa della Pace e Meldola, ndr).

Al Trofeo Piva, a inizio aprile, Toneatti ha iniziato a sentire il colpo di pedale giusto
Al Trofeo Piva, a inizio aprile, Toneatti ha iniziato a sentire il colpo di pedale giusto

Un adattamento graduale

Quando si affronta un qualcosa di nuovo la prima domanda che ci si pone è: quanto impiegherò per adattarmi? La stessa domanda se l’è fatta anche il giovane friulano.

«Insieme a Cucinotta, nel primo periodo di preparazione, ho iniziato a lavorare per adattarmi bene alla distanza ed ai volumi di allenamento. Il primo blocco di gare l’ho fatto in Croazia, due gare di un giorno e poi una breve corsa a tappe: l’Istrian Spring Trophy, quella gara mi ha dato un qualcosa in più per quanto riguarda il ritmo gara. In quell’occasione ho avuto modo di imparare come lavora la squadra e come si sta in gruppo. Una cosa che devo ancora imparare bene sono le dinamiche di corsa: capire quando un’azione può risultare decisiva o quando farmi trovare davanti. Un esempio in questo senso può essere stato il Trofeo Piva, nel momento clou stavo bene ma sullo strappo mi sono fatto trovare indietro ed i primi dieci sono andati via».

La cosa più difficile per Davide è stata adattarsi ai ritmi ed al correre frenetico di alcune situazioni di corsa (foto Valentina Barzi)
La cosa più difficile è stata adattarsi al correre frenetico di alcune situazioni di corsa (foto Valentina Barzi)

L’alimentazione

Se si è sempre corso in discipline di breve durata e con sforzi ad alta intensità, non è mai sorta la necessità di alimentarsi in corsa. Con il cambio di disciplina Toneatti ha dovuto aggiungere anche questo tassello, con un supporto di qualità: la dietista Erica Lombardi.

«L’alimentazione in corsa – racconta – è stata una cosa rivoluzionaria. Pensavo si trattasse semplicemente di dover mangiare ad ogni ora. Poi mi sono confrontato con i compagni e con la nutrizionista, imparando a curare tutti gli aspetti. Sono uno a cui piace capire cosa fa, quindi mi sono interessato e ho “studiato” un po’. In gara non ero abituato a mangiare spesso, quindi le prime volte dovevo fare uno sforzo di memoria e ricordarmi di farlo, poi è diventato via via più automatico».

Anche l’alimentazione in corsa è stato un momento di grande insegnamento (foto Valentina Barzi)
Anche l’alimentazione in corsa è stato un momento di grande insegnamento (foto Valentina Barzi)

Prime batoste e primi insegnamenti

Non può essere sempre tutto bello e tutto facile: la vita e lo sport non sono così. Quando si fa qualcosa di nuovo, bisogna mettere in conto che si sbatterà il muso per terra, e Davide lo ha fatto, in tutti i sensi.

«Il primo insegnamento – ammette – l’ho ricevuto direttamente dalla strada durante l’Istrian Trophy. Nel corso della prima tappa sono caduto, ma nell’alzarmi e riprendere la corsa non ho fatto tanta fatica, anzi. Una volta arrivato al traguardo però, medici e massaggiatori mi guardavano con una faccia non tranquillissima. Ci ho messo poco a capire il perché. Il giorno dopo ho sofferto tantissimo, mi faceva male tutto e non riuscivo a pedalare bene. E così ho appreso il primo insegnamento: le cadute si pagano il giorno dopo.

«In quella tappa ho scoperto anche un’altra cosa – dice con continuità – ovvero la crisi di fame. Nei primi chilometri della tappa avevo forato ed ero rimasto attardato, era un momento non buono. Il gruppo andava forte e ho fatto tanta fatica a rientrare. Solamente quando mi sono agganciato al gruppo, ho realizzato di aver fatto un’ora e mezza senza aver mangiato o bevuto. E dopo 3 ore, buio, crisi di fame. Ma crisi vera, eh! Non andavo avanti. In quella tappa tra caduta e crisi di fame ho tagliato il traguardo per ultimo, in compenso ho imparato molte cose».

Qui Davide in ritiro a Sierra Nevada con la squadra dopo la convocazione per il Giro d’Italia under 23
Qui Davide in ritiro a Sierra Nevada con la squadra dopo la convocazione per il Giro d’Italia under 23

Compagni e staff

Nella sua nuova avventura in Astana, Toneatti ha trovato un po’ di Italia. Nel team c’è, anche se fermo a causa della miocardite, Gianmarco Garofoli. Mentre nello staff Cucinotta e Maini sono i fari cui affidarsi in qualsiasi momento.

«Prima che Gianmarco  avesse quel problema – racconta Davide – ho passato un po’ di tempo con lui. Essendo gli unici due italiani, eravamo in stanza insieme e mi ha raccontato tante cose. Mi ha spiegato molto anche della vita fuori gara, dell’alimentazione e di come stare in gruppo. 

«Maini e Cucinotta – riprende il giovane corridore – mi hanno sempre dato una mano e con loro parlo molto, soprattutto con Orlando (Maini, ndr). Lui è sempre disponibile, ci ascolta senza problemi, qualsiasi cosa tu abbia da chiedergli. Spesso, dopo le gare, mi fermavo a parlare con lui e chiedevo cosa fosse andato bene o meno. Una cosa che mi ha fatto notare tante volte è la mancanza di lettura della gara e di tattica. In alcune occasioni, si capiva che stessi bene, ma non riuscivo a cogliere l’attimo giusto. Però ci ha sempre tenuto a tranquillizzarmi, dicendomi che è normale e prima o poi imparerò».

Maini al Giro U23. L’ultima volta 30 anni fa con Pantani…

10.06.2022
6 min
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Raduno di partenza a Castelraimondo, penultima tappa della Adriatica Ionica Race. Si fanno due chiacchiere e Orlando Maini sorride e dice: «Domani finisco questa, poi cambio il chip e vado al Giro d’Italia U23».

E’ il riflesso di un secondo. Il diesse bolognese negli ultimi anni ha lavorato per squadre continental, ma non era mai tornato al Giro U23 da primo direttore. Vuoi vedere che la sua ultima volta in quel ruolo risale a trent’anni fa, quando vinse la maglia (allora gialla) con Marco Pantani? Lui abbassa lo sguardo e quando lo rialza ha gli occhi lucidi. E’ proprio così.

Nel 1992 Maini guidò Pantani alla conquista del Giro dilettanti
Nel 1992 Maini guidò Pantani alla conquista del Giro dilettanti

«Quando l’ho fatto trent’anni fa con Marco – dice con orgoglio – venivamo da un terzo e un secondo posto, appoggiati da un’Emilia Romagna compatta attorno a lui, perché allora il Giro si faceva per regioni e non per team. E se ci penso, mi può solo venire la pelle d’oca».

Sta per aprirsi un mondo. E la chiacchierata per passare il tempo diventa una lezione di vita, fatta di regole ed emozioni. Benvenuti in sei minuti nel mondo del Maio.

Con quale obiettivo si va al Giro U23 con la continental dell’Astana?

Avere un team giovanile è un investimento che l’Astana ha fatto, per far sì che quando passano nella squadra WorldTour abbiano un trauma minore e siano più vicini alle qualità che servono per fare il professionista. Questa squadra è giovane e sta crescendo.

Con chi andrete al Giro?

Abbiamo Harold Lopez, un ragazzino ecuadoregno. Carlos Lopez, il colombiano. Danil Pronskiy e Nico Vinokourov, due ragazzi kazaki fra cui il figlio di Vinokourov. E anche il campione italiano di ciclocross che ci sta dando delle buone soddisfazioni, cioè Davide Toneatti.

Sarebbe stato il Giro di Garofoli?

Sarebbe stato adattissimo, ma non dobbiamo assolutamente mettergli fretta. Il fatto che possa tornare in bici ci dà molto morale. Gianmarco per primo deve essere bravo e avere pazienza, perché questo è quello che gli ho chiesto e non gli permetterò di sbagliare. In questi casi l’errore può essere fatale e lui non deve commetterlo.

Come fu andare al Giro dilettanti col Panta?

Mi ricordo questo omino, come lo chiamavamo noi, che diceva: «Ma perché tiriamo sempre, se non ho la gamba?». Io gli dicevo non era un problema, perché in realtà la gamba l’aveva. Era una forma di rispetto che aveva verso i compagni, che poi ha dimostrato anche negli anni di professionismo. Per i compagni e lo staff, lui è sempre stato riconoscente al 300 per cento. Era un uomo vero, una persona che viveva anche di emozioni. Aveva dei valori che ha sempre rispettato, ma soprattutto aveva questo senso di grande rispetto verso i compagni, perché capiva che loro erano votati a lui. E la cosa lo gratificava tanto.

Gli sarebbe piaciuto il percorso del prossimo Giro U23?

Mamma mia, è durissimo. E’ quello che cercava lui, la salita lunga e questi tapponi interminabili. Sono le caratteristiche e i percorsi ideali per lui e per Scarpa. I due capitani che ho avuto, uno da dilettante e da professionista, l’altro solo da professionista. 

Secondo Maini, Lucca non deve pensare al ritiro, ma deve insistere puntando al suo meglio
Secondo Maini, Lucca non deve pensare al ritiro, ma deve insistere puntando al suo meglio
Vedi differenze fra un ventiduenne di oggi e uno di allora?

Grande differenza. E noi dobbiamo essere bravi ad adeguarci, ma soprattutto dobbiamo essere bravi ad ascoltarli. Una cosa che spesso invece non si fa, perché magari si dà per scontata l’onnipotenza dell’età e la convinzione che sappiano tutto. In realtà, se vuoi raggiungere l’obiettivo e avere delle soddisfazioni, bisogna che tu li ascolti e cerchi di porti con loro nel modo giusto perché possano assorbire gli input che gli dai.

Riccardo Lucca ha vinto una tappa alla Adriatico Ionica eppure non riesce a passare, perché dicono che sia vecchio.

Il problema, che come giornalisti avete riportato più volte, è che adesso a 28 anni rischi di smettere di correre. Una volta pensavi che l’avresti fatto a 34-35. Le generazioni adesso cominciano a 20 anni e a 28-30 rischiano di smettere. Lucca è a metà del percorso e magari a qualcuno è scappato di dirgli questa cosa. Se calcoliamo che la categoria juniores è sempre stata lo spartiacque del ciclismo e adesso lo è in toto, dato che a quell’età passano già nelle continental, si capisce che si è velocizzato tutto.

Quindi cosa deve fare Lucca?

Secondo me, non deve pensare di smettere. Il suo obiettivo deve essere fare tutto per raggiungere il massimo. Se poi non può raggiungerlo, non è che debba farsi delle colpe. Deve dirsi: io ci ho provato e non ce l’ho fatta a trasmettere quello che volevo. Però nel giorno che ha vinto, ha fatto veramente una grande corsa. Io ero sulla fuga ed è andato veramente forte, niente da dire.

Orlando Maini, Michele Scarponi, 2016
Con Scarponi nel 2016: dal 2014 Michele ha lasciato la Lampre ed è passato all’Astana
Orlando Maini, Michele Scarponi, 2016
Con Scarponi nel 2016: dal 2014 Michele ha lasciato la Lampre ed è passato all’Astana
Di cosa ha bisogno un ragazzo di vent’anni che passa pro’?

Devi lasciargli un percorso. Però anche il ragazzino ci deve mettere del suo, perché nel percorso di crescita è vero che ci devono essere risultati e attenzione, ma le due cose devono essere mixate bene. E lui quindi deve avere anche un comportamento ideale, perché adesso hanno veramente tutto per fare bene. Al contempo, noi dobbiamo essere bravi, come dico nel mio gergo molto semplice, a fargli trovare una spalla pronta. Con tutti questi dati, a volte si dà per scontato che non ne abbiano bisogno, invece secondo me hanno ancora necessità di appoggiarsi a qualcuno. E quando lo trovano, sono soddisfatti e danno il meglio. Effettivamente hanno questa maturazione più rapida per certe cose, ma per altri aspetti hanno ancora bisogno di essere seguiti. Alla fine sono ragazzi.

Ti capita spesso di pensare a Marco e a Scarpa?

Martedì nella tappa di Sirolo, mi son fatto il mio bel piantino in macchina. Prima ho salutato la mamma di Michele e poi non ce l’ho fatta. Sono passato nella zona di casa sua ed è successo qualcosa di particolare. Io sono uno che vive di emozioni, perché il mio lavoro riesco a farlo bene solo quando veramente sento dentro l’emozione. E a un certo punto sulla macchina si è appoggiato un maggiolino. E non si è più mosso, fino a che non sono uscito da Filottrano. Mi sono detto che non fosse possibile e magari una persona mi sente dire queste cose, pensa che Maini sia già vecchio e chissà cos’altro… In realtà per me è importante, perché so cosa mi hanno dato. E so cosa mi ha dato anche Vincenzo (Nibali, ndr). Lui l’ho frequentato solo prima del Giro, ma devo dire che la sua disponibilità verso i giovani, nonostante tanta carriera, mi ha colpito davvero.

Ecco la coccinella che si è posata sull’ammiraglia di Maini nell’attraversamento di Filottrano
Ecco la coccinella che si è posata sull’ammiraglia di Maini nell’attraversamento di Filottrano
Cosa ti hanno dato Marco e Scarpa?

Mi hanno dato veramente tutto quello che un direttore sportivo può ricevere da un corridore, perciò cosa posso chiedere di più? Adesso io tutte queste cose cerco di trasmetterle ai ragazzi, perché me lo sento proprio dentro. Glielo devo perché possano realizzare il loro sogno. Devo fare tutto perché ci riescano. Solo così mi posso sentire davvero tranquillo.

Conti va all’Astana: grandi motivazioni, ma risalita dura

08.11.2021
4 min
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Conti va all’Astana. Lo aspettano Martinelli che l’ha fortemente voluto e Orlando Maini che l’ha guidato nei primi anni di professionismo e lo chiamava “il cinno” che in bolognese significa “il bimbo”. Conti va all’Astana perché lì dove stava non avrebbe tirato più fuori un ragno dal buco. E’ sempre difficile dire per quale motivo un ragazzo di talento perda inesorabilmente la strada, ma il suo è stato per un paio di anni di troppo il caso più lampante. E quando in certe squadre passa il concetto che forse ti sei un po’ adagiato, è un attimo ritrovarsi a tirare e poi basta.

«In realtà – dice il romano che vive a Monaco – non mi hanno mai limitato. Però è chiaro che quando vai a correre e in squadra hai gente come Ulissi, Hirschi, Pogacar e Rui Costa, ti tocca fare il gregario. E io lo ammetto che mi sono adagiato. Prima nel ruolo di gregario, che in squadra faceva anche comodo. Mentre negli ultimi due anni ho mollato la presa, mi sono lasciato andare. Era necessario cambiare…».

Il finale di stagione non è stato dei migliori, serviva voltare pagina
Il finale di stagione non è stato dei migliori, serviva voltare pagina

Novembre in Valpolicella

L’approccio è maturo, Valerio ha sale in zucca e alla fine, ambizioso com’è sempre stato, il primo a… rosicare per prestazioni non all’altezza era proprio lui. Voltare pagina era una necessità impellente e alla fine l’ha fatto. In questi giorni e per tutto il mese, Conti, la sua compagna e la figlia Lucrezia nata a Monaco il 4 settembre, si sono trasferiti in Valpolicella. Michela è di qui e da queste parti ci sono spazi superiori a quelli del piccolo appartamento monegasco. E mentre i nonni materni si godono la nipotina, il corridore di casa ha ripreso ad andare in palestra e sulla mountain bike.

Perché cambiare?

Perché dopo otto anni, sempre con le stesse persone e gli stessi programmi, gli stimoli erano calati. Cambiare squadra significa tornare un po’ indietro, avere qualcosa da dimostrare. Come quando sei neoprofessionista. Ritrovo Maini e già abbiamo iniziato a ridere, perché con lui il buon umore è assicurato. Sono tutti italiani e questa serie di cose mi sta riportando una bella motivazione. Conosco bene la nutrizionista, con cui lavoravo in passato. Mi piace poter parlare di tutto liberamente, relazionarmi con le persone sulla base delle sensazioni e non dei numeri. Anche alla Lampre era così, poi sono arrivati i soldi ed è cambiato tutto. Ma lo stesso, la risalita non sarà facile.

Si scioglie il terzetto: in Uae rimangono Formolo e Ulissi
Si scioglie il terzetto: in Uae rimangono Formolo e Ulissi
Cosa c’è di difficile?

Quando molli, tralasci tanti aspetti. C’è da lavorare su tutti i punti, dall’alimentazione alla palestra, passando per la bici e l’allenamento. Ma mentre negli ultimi tempi salivo sulla bici che ero già stanco mentalmente, ora ho voglia di allenarmi.

Cosa ti chiede l’Astana?

Martinelli mi conosce bene e mi ha voluto. Sa che la base è buona, perché ho corso per tanti anni nelle categorie giovanili con suo figlio Davide. Vogliono che adesso mi metta in luce, anche se i programmi si faranno in ritiro e da quello si capirà tanto. Ma se potessi esprimere un desiderio, mi piacerebbe correre qualche classica in più. In questi anni, avevo davanti così tanti campioni, ne ho fatte sempre poche. E poi il Giro, che per me resta speciale.

La maglia rosa del 2019 può essersi ritorta contro?

E’ stata una fase bellissima, che mi ha fatto capire tante cose, ma non penso che mi abbia cambiato, nel bene o nel male. Certo da quei giorni le aspettative sono state più alte, ma ora voglio rialzarmi e ripartire da lì.

La mano della piccola Lucrezia in quella di Valerio: il 4 settembre Conti è diventato papà (foto Instagram)
La mano della piccola Lucrezia in quella di Valerio: il 4 settembre Conti è diventato papà (foto Instagram)
Nel 2020 è mancato Antonio Fradusco tuo tecnico da ragazzino e tuo consigliere fisso…

Antonio mi dava sempre consigli, mi è stato accanto fino al 2019 e credo che quell’anno, il migliore da quando corro, sia stato per lui una grande soddisfazione. Mi scriveva tutti i giorni, era una presenza fissa e magari aver perso un riferimento così in qualche modo l’ho pagato. Non voglio trovarmi la scusa, si vive al presente, ma anche se Martinelli e Maini sono della stessa pasta, uno come Fradusco non lo troverò più.

Nel frattempo è arrivata una bambina.

Non dirò come tanti che mi ha stravolto la vita, ma è bellissimo rientrare a casa e capire che lei c’è. E ho la fortuna che Michela sia una mamma eccezionale. E’ una bellissima novità. E’ tutto bellissimo. Per questo nuovo inizio non potevo chiedere uno scenario migliore.

Maini e Manzoni, il tempo è sempre galantuomo

23.10.2021
4 min
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Se da un lato c’è Vinokourov che richiamando Shefer ha ricomposto il gruppo dei suoi fedelissimi, dall’altra Martinelli ha potuto inserire nell’Astana del prossimo anno due tecnici italiani che ben conosciamo e che potrebbero ricreare nella squadra quel clima di famiglia che la aveva contraddistinta negli anni dei trionfi di Nibali e Aru.

Orlando Maini e Mario Manzoni dal prossimo anno si aggiungeranno appunto al tecnico bresciano, a Zanini, Cenghialta, Fofonov, Shefer e Yakovlev.

Una coppia storica

A quelli di noi con più anni sulle spalle, l’accoppiata Martinelli-Maini riporta alla memoria l’indimenticabile triennio 1997-1999 della Mercatone Uno. Per ricomporre il fantastico trio mancherebbe soltanto Alessandro Giannelli, che da qualche anno è uno delle colonne portanti di RCS nell’organizzazione del Giro d’Italia.

Manzoni ha seguito il Giro di Polonia con il cambio ruote Vittoria. Qui è con Canola, suo corridore alla Nippo-Fantini
Manzoni ha seguito il Polonia con il cambio ruote Vittoria. Qui è con Canola, suo corridore alla Nippo

Mentre Martino dall’ammiraglia seguiva il Panta nella scalata del Galibier, sulla cima del passo Maini lo aspettava per passargli la mantellina. Quel giorno e in tutti quelli prima e dopo, scrissero insieme la storia del ciclismo. Per cui in qualche misura eravamo tutti in attesa che Martinelli riuscisse a coinvolgere l’amico in un suo progetto, dopo che lo stesso era stato messo giù in modo poco elegante quando la Lampre divenne Uae.

«Fra noi non c’è solo amicizia – dice Maini – ma anche un comune modo di lavorare. Ci assomigliamo nell’interpretare le cose, nel mondo del ciclismo sanno che siamo quasi come fratelli. Se siamo liberi, ad agosto ci troviamo per qualche giorno a Cesenatico, c’è un rapporto anche tra le famiglie».

Orlando Maini, che nel 1992 aveva guidato Pantani alla conquista del Giro d’Italia dilettanti, fu parte integrante della Mercatone Uno del Pirata
Maini, che nel 1992 guidò Pantani alla conquista del Giro dilettanti, fu parte della Mercatone Uno del Pirata

Diesse vecchio stampo

Negli ultimi mesi, sia pure avendo rassegnato le dimissioni a fine giugno, Maini ha diretto il team Beltrami-Tsa

«Ho dato le dimissioni – spiega – con l’impegno di arrivare a fine stagione. La mia priorità, prima ancora di essere un direttore sportivo, è di essere un uomo. Sono vecchio stampo, che forse non va neanche più tanto di moda, ma mi piace esserlo. Perciò ho assicurato che avrei finito la stagione con la massima professionalità, perché credo che le persone corrette si comportino così. Dando la possibilità alla squadra di andare avanti e organizzarsi. Le ultime corse che abbiamo fatto sono state quelle di Pozzato, che ci ha invitato e che ha fatto davvero una gran cosa».

Da Vittoria all’Astana

Alla storia di Martinelli e Maini è legato, sia pure indirettamente, anche Manzoni. Vincitore per distacco della tappa di Cava dei Tirreni al Giro del 1997, in televisione la sua impresa quasi non venne mostrata. Alle sue spalle infatti Pantani era caduto per il famigerato gatto del Chiunzi e le telecamere rimasero su di lui, seguito in ammiraglia da Martinelli, e il suo calvario.

Di lui vi abbiamo raccontata a inizio 2021, quando la Bardiani non lo ha confermato. Avevamo raccontato la sua versione e quella di Reverberi, poi avevamo visto il tecnico bergamasco entrare in contatto con la Global6Cycling, continental creata da Manuel Bongiorno e dal suo amico James Mitri. In qualche modo la sua storia ricalca quella di Maini e di altri tecnici discreti, poco amanti della ribalta, ma molto bravi nel rapporto con gli atleti, cui questa discrezione viene a volte rinfacciata come un segno di debolezza.

«Mi hanno chiamato un mese fa – racconta – la scorsa settimana ho firmato. E’ stato un anno difficile comunque, la chiamata di Martino ha migliorato il tutto. Con la continental le cose non sono andate e a un certo punto ho preferito fare un passo indietro. Ma ho avuto quello che mi spettava, niente da dire. Ho lavorato con il cambio ruote Vittoria. Ho fatto qualche corsa con la commissione tecnica della Lega Ciclismo. In un modo o nell’altro è stato un anno di crescita, perché ho vissuto il mio mondo però da altre angolazioni e non sempre è un’esperienza possibile».

Mario Manzoni, Damiano Cunego, Davide Bramati, Giro d'Italia 2016
Manzoni con Damiano Cunego e Bramati al Giro d’Italia 2016, quando Mario era tecnico della Nioppo-Fantini
Manzoni con Damiano Cunego al Giro d’Italia 2016, quando Mario era tecnico della Nioppo-Fantini

La chiamata di Martino

La telefonata gliel’ha fatta Martinelli, che ci piace immaginare come l’architetto che sa esattamente quali elementi inserire nella squadra perché sia bella, funzionale e potente.

«Mi ha chiamato – sorride Manzoni – e mi ha detto: “Avrei bisogno di un aiuto, di un gregario”. Per portare di nuovo la mentalità che lui era riuscito a creare nella squadra di qualche anno fa. Per ricreare un clima di famiglia. Un ambiente costruttivo e competitivo, ma anche familiare e disponibile. Non me la sono tirata neanche un secondo».

Tra gli argomenti di fine ritiro (l’Astana si è ritrovata per le solite formalità da mercoledì a venerdì a Montecatini Terme), giusto ieri è saltata fuori anche la necessità di mettere mano alla squadra continental, in cui arriverà a breve anche Gianmarco Garofoli, uscito dal Team Dsm. La struttura va ricreata e non è peregrino immaginare il coinvolgimento di entrambi con un ruolo di controllo. Ma tutto per ora è fermo su carta. Il prossimo ritiro si farà a dicembre in Spagna e per allora i ruoli saranno tutti definiti.

De Pretto e Milesi, gioielli di casa Beltrami. Maini cosa ci dici?

03.08.2021
5 min
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Nel covo dei ragazzi della Beltrami Tsa-Tre Colli ci sono due ragazzi, entrambi classe 2002, sui quali c’erano (non a torto) grandi aspettative. Questi due ragazzi sono Davide De Pretto e Lorenzo Milesi. A tratti hanno brillato, a volte meno, ma hanno sempre lottato con grande grinta, pur essendo solo al primo anno nella categoria U23, tra l’altro vestendo la maglia di un team continental.

Di loro ne parliamo anche con Orlando Maini che li segue dall’ammiraglia Beltrami. Diesse che con i giovani ci sa fare e ha un’esperienza pressoché infinita.

De Pretto ha esordito tra i pro’ al Gp Industria & Artigianato. E’ stato un crossista, ma la strada lo attrae di più
Davide De Pretto ha esordito tra i pro’ al Gp Industria & Artigianato

De Pretto, crescita regolare

«Io credo – dice Maini – che quello di De Pretto sia un decorso assolutamente regolare che va di pari passo con il suo  sviluppo fisico. E’ un corridore polivalente. E’ “velocetto”, va bene in salita, è sveglio, sa leggere la corsa. E queste sono tutte caratteristiche che sono a suo favore, specie pensando al suo futuro. Io poi nella valutazione dei ragazzi non faccio riferimento ai numeri o alle vittorie, ma agli step di crescita. Per me ha fatto una buona annata. E non è finita… E comunque, se dovessi fare riferimento a i numeri nelle due cronosquadre che ha fatto ha mostrato valori importanti. E’ stato così in quella della Coppi e Bartali (foto in apertura, ndr) e al Giro del Veneto».

«De Pretto è un “cecchino” – riprende Maini – quindi lo paragonerei a Ulissi. Però essendo così polivalente, andando bene un po’ dappertutto, mi viene in mente anche Conti. Soprattutto da dilettante Valerio era così: bravo un po’ ovunque e vincente».

De Pretto in maglia bianca di miglior giovane al Giro del Veneto, l’ha persa nell’ultima frazione
De Pretto in maglia bianca di miglior giovane al Giro del Veneto, l’ha persa nell’ultima frazione

«Meglio dopo la scuola»

E sul fatto di essere un corridore completo è d’accordo anche il soggetto chiamato in causa, appunto De Pretto. Il veneto infatti ammette che ama la salita e che: «Mi difendo anche in volata».

«Sin qui per me è stata una stagione abbastanza buona, anche se mi è mancato un piazzamento importante come un podio o una vittoria, ma da qui a fine stagione… Il periodo della scuola è stato il più difficile, ma da quando ho finito le cose sono migliorate, ho preso il ritmo. E non è stato facile neanche adattarsi alla distanza delle gare più importanti. Passare dai 120 chilometri tra gli juniores ai 190 con i pro’ è stato un bel salto. Un adattamento in tutto, anche nell’alimentazione in gara e prima della gara.

«Adesso però arrivano delle corse che mi piacciono. Sabato c’è la Zanè-Monte Cengio, che tra l’altro è praticamente casa mia e con arrivo in salita. E domenica c’è il Gp Sportivi di Poggiana. Fare bene in queste prove non mi dispiacerebbe affatto».

Infine De Pretto smentisce le voci che lo volevano con un piede già in Astana. «No! Non è mai stato così. E non ho contatti. Voglio fare un altro anno almeno tra gli U23, cogliere dei risultati e poi magari passare».

Milesi, bergamasco, il prossimo anno quasi certamente passerà pro’
Milesi, bergamasco, il prossimo anno quasi certamente passerà pro’

Dal calcio alla bici

E poi c’è Lorenzo Milesi. Il lombardo ha margini pressoché enormi. Lui infatti è salito in bici solo nel 2018, da allievo di secondo anno. Prima era un calciatore. Ciò nonostante l’anno scorso ha vinto il campionato italiano a cronometro e il bronzo europeo nella stessa specialità tra gli juniores.

«Ma il ciclismo mi piace di più, in tutto  – dice Milesi – Il rapporto coi compagni poi è diverso. Nel calcio scendi in campo, poi torni a casa e non li vedi più. Qui invece sei sempre insieme, in camera, nei ritiri… Quando ero un calciatore ero un terzino, quasi sempre a sinistra.

«Se mi chiedete se sono soddisfatto della mia stagione rispondo di no. All’inizio credevo fosse più dura, poi con i mesi non è stato facile. Adesso è un mese che sono lontano dalle gare. Vediamo cosa verrà… Ho avuto qualche problema con le posizioni in gruppo. Ho subito due cadute in discesa che mi hanno portato qualche problema».

Milesi invece nelle fila dell’Astana sembrava dovesse finirci per davvero, invece qualcosa è cambiato nel corso della stagione. Lui non si sbottona, ma il passaggio (che comunque dovrebbe esserci) dovrebbe avvenire con un’altra squadra, sempre WorldTour.

Milesi in azione al Giro U23. Nelle dure tappe finali si è comportato molto bene
Milesi in azione al Giro U23. Nelle dure tappe finali si è comportato molto bene

Milesi: la crono e la salita

«Lorenzo fisicamente è un ragazzo molto forte – conclude Maini – A volte paga questa sua inesperienza. Oggi tanti corridori hanno iniziato sin da giovanissimi, lui invece va in bici da quattro stagioni e infatti spesso, in certe situazioni va in difficoltà, cose che a chi ha iniziato da giovanissimo non succede. Di buono è che ha tutto il tempo per migliorare.

«Milesi è un passista, un cronoman, ma va forte anche in salita. Al Giro d’Italia under 23 nei due tapponi alpini finali c’era. E questo è molto importante. E’ un qualcosa che fa testo».

Milesi, 18 anni e subito primo assaggio a Laigueglia

09.03.2021
4 min
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Che cosa ci fa il campione italiano juniores della crono in mezzo ai professionisti a Laigueglia e poi anche a Larciano? E’ quello che ci siamo chiesti quando abbiamo letto il nome di Lorenzo Milesi nell’elenco partenti di entrambe le corse, accanto a quello di Davide De Pretto, anche lui al debutto fra gli under 23. A ben vedere, i nostri migliori juniores hanno fatto il passo bello lungo. E così mentre Garofoli è addirittura in Olanda e Germani ha scelto la Francia, due degli azzurri più forti hanno scelto il Team Beltrami-Tsa, continental guidata da Orlando Maini e Roberto Miodini.

In azione a Orsago, Milesi conquista il tricolore crono juniores (foto Scanferla)
In azione a Orsago, Milesi tricolore crono juniores (foto Scanferla)

Nemmeno 3 anni

Milesi, che il 19 marzo compirà 19 anni, non corre poi da molto: ha cominciato alla fine del secondo anno da allievo, per cui a ben vedere il 2021 è il suo terzo in gruppo. Nel 2020 ha vinto 4 volte. Il tricolore crono, appunto, la Coppa Porte Garofoli pure a crono, il Gp Sogepu e la crono di Extra Giro.

«Il primo anno da junior – sorride – l’ho passato a sprecare energie mentali per la tensione di stare in gruppo. Non ho ottenuto grossi risultati, per cui nemmeno potevo fare confronti con gli altri ragazzi o considerarli dei rivali. Però mi sono portato dietro un secondo posto in particolare, dietro Piccolo al campionato italiano della crono. Da quel momento ho pensato che l’anno dopo avrei voluto vincerlo io e così è stato».

La crono (scherziamo) va bene perché non c’è gente intorno…

Esatto (sorride e sta al gioco, ndr), ti concentri, sei solo con te stesso e puoi semplicemente pensare a spingere forte. Non devi stare attento a mangiare oppure a stare a ruota. E qui alla Beltrami Tsa continuo a lavorarci. Ho già avuto la prima bici da crono e presto mi arriverà quella nuova. Abbiamo fatto dei gruppi di lavoro provando la cronosquadre, visto che ce ne sarà una alla Coppi e Bartali.

Come mai la Beltrami Tsa?

Mi hanno indirizzato qui e sono contento. Il mio procuratore è Acquadro e devo dire che ho trovato una squadra fantastica, sia per i compagni, sia per i direttori. Maini e Miodini non li conoscevo, ma ad esempio del primo avevo sentito parlare. La differenza di età c’è, ma mi parla come se fosse anche lui un ragazzo.

Sul podio, Milesi precede Garofoli e il compagno di squadra Piganzoli (foto Scanferla)
Sul podio, Milesi davanti a Garofoli e Piganzoli (foto Scanferla)
Come mai hai cominciato così tardi?

Giocavo a calcio da quando avevo 5 anni. Il ciclismo lo seguivo alla televisione, soprattutto a maggio quando iniziava il Giro d’Italia. Mi mettevo sul divano e i pomeriggi andavano via così. Poi nel 2018 ho rotto i legamenti della caviglia e per giocare ancora avrei dovuto mettere un tutore. Ho pensato che avevo dedicato già parecchi anni al calcio e l’ho messo via. Era ora di cambiare e ho scelto di correre in bici.

E in appena tre anni questo nuovo… gioco sta per diventare il tuo lavoro: strano?

Quando ho iniziato era per divertimento, ma sempre con l’obiettivo di migliorare, sennò non avrei stimoli.

Che effetto ti ha fatto essere stato nel gruppo dei pro’?

E’ stato meglio che correre con gli juniores, è un gruppo più ordinato, non c’è gente che ti entra da killer. Ma le corse sono più lunghe. A Laigueglia a un certo punto mi sentivo stanco e ho guardato il computer. Quando ho letto 150 chilometri e i watt a cui li avevo fatti, un po’ mi è venuta l’ansia. La distanza più lunga che avessi mai fatto era di 160 chilometri, anche per la scuola, e da quel punto in avanti ho fatto una fatica incredibile.

Parliamo della scuola.

Faccio il quinto anno di Meccatronica e non mi piace per niente (scherzando, si dispera, ndr) Non ricordo bene che cosa avessi in testa quando l’ho scelta, ma ho chiaro che non volessi andare all’università e non correvo ancora, per cui ho scelto qualcosa che mi facesse trovare un lavoro. Quest’anno ho la maturità, ma non si sa come sarà fatta, dato il Covid: forse senza gli scritti. Al momento siamo in didattica a distanza, ma comunque per allenarmi devo aspettare le 14. Per cui al massimo posso fare 4 ore, quindi sui 130 chilometri.

Il Laigueglia è stato il primo assaggio fra i pro’ per Milesi, ancora 18 anni
Il Laigueglia è stato il suo primo assaggio fra i pro’ a 18 anni
Da solo o in gruppo?

Di solito da solo, ma se vedo in giro qualcuno mi accodo. Solo che i corridori escono al mattino e a quell’ora non c’è in giro tanta gente.

Lavori anche tu con Notari, come De Pretto?

No, io sono con Maurizio Mazzoleni. Abbiamo anche fatto dei ritiri a gruppi. Sei o sette corridori per volta, allungando qualche fine settimana.

Che voto ti dai, a 18 anni, per la prima corsa tra i professionisti?

Non avendo mai fatto quel chilometraggio, mi do un 8, ma ho tanto da lavorare.

Prossime corse?

Il 21 marzo la Corsa per Alfredo Martini in Toscana e poi la Settimana Coppi e Bartali. Per questo ora sono a casa, mi lasciano tranquillo. Ma sicuramente non vedo l’ora di ripartire.

Roberto Miodini, Gregorio Ferri

Beltrami fa da sé con Miodini e Maini alla guida

21.11.2020
4 min
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A un certo punto è sembrato che il Team Beltrami stesse per diventare vivaio italiano della Cofidis. Una sorta di academy in collaborazione con i marchi italiani che supportano il team francese e con la supervisione di Damiani. Poi un po’ il Covid, un po’ la perplessità dei francesi che probabilmente il vivaio l’avrebbero visto più volentieri in Francia e un po’ probabilmente anche per la necessità di pagare le bici De Rosa, il team manager Stefano Chiari ha rimesso i piedi per terra.

«Ho preferito mantenere la nostra identità – dice Chiari – anche per evitare che se un domani la collaborazione finisse, possiamo trovarci a piedi. E visto che Beltrami ci sostiene da cinque anni e di questo gli siamo tutti grati, siamo rimasti fedeli alle nostre bici. Cofidis seguirà i ragazzi che avranno tutto l’interesse ad andar forte e intanto siamo sicuro che per i prossimi due anni saremo continental. E poi si vedrà, magari potremmo anche crescere…».

Filippo Baroncini, Vicenza-Bionde 2020
Filippo Baroncini nel 2020 ha vinto la Vicenza-Bionde (foto Scanferla)
Filippo Baroncini, Vicenza-Bionde 2020
Per Baroncini, la Vicenza-Bionde (foto Scanferla)

Juniores a tutta

Due anni di continental, dunque, per il team che resta emiliano e ha sull’ammiraglia Maini e Miodini, con la stessa idea di far crescere i ragazzi senza perdere di vista i capisaldi del ciclismo.

«Succede che adesso gli juniores siano preparatissimi a livello tecnologico – dice Maini – per cui la categoria diventa un vero spartiacque. Al punto che quelli che hanno cominciato più tardi o vengono da squadre meno organizzate hanno più margini di miglioramento. Noto che alcuni arrivano già con un ruolo cucito addosso e questo blocca la progressione. Purtroppo in certi ambienti ci riempiamo la bocca con il numero delle vittorie, ma di fatto quelli che sono diventati grandi corridori, da ragazzi non mietevano successi. Poi ci sono le eccezioni, come Tiberi. Ha fatto il salto di categoria, ha dimostrato di reggere bene e passerà professionista. Chapeau!».

Ruoli precisi

Quello che non funziona semmai è un ritorno al passato sul tema dell’approssimazione e della serietà nel fare le cose.

«Quando arrivano al professionismo – ancora Maini – devono avere ben chiaro che nelle squadre ci sono ruoli definiti e da rispettare. Il direttore sportivo. Il manager. Il medico. Il nutrizionista. Il preparatore. L’addetto stampa. Ognuno ha la sua area di competenza e a loro il corridore deve far riferimento. E’ fondamentale. Invece ancora adesso capitano incidenti di percorso per degli integratori, causati dall’ignoranza o dalla sapienza di qualche ignorante. Se mia figlia ha la febbre, posso darle un’aspirina. Ma se la febbre l’ha un corridore, deve pensarci il medico. E’ un esempio banale, ma noi dobbiamo insegnare questo».

Numeri e cuore

La continental deve insegnare questo e insieme deve proporre un’attività che faccia crescere il livello affinché il gap con i professionisti si riduca.

«Abbiamo tanti strumenti – dice Maini – e che ci fanno crescere. Mi piace guardare i corridori negli occhi, lavorare sulle motivazioni, avendo però consapevolezza dei loro valori. Però gli dico sempre che i numeri poi vanno confrontati con l’asfalto».

Orlando Maini
Orlando Maini, direttore sportivo assieme a Miodini
Orlando Maini
Maini è uno dei tecnici del team

Gli schiaffoni

Sullo stesso tema interviene Roberto Miodini, direttore sportivo di lungo corso anche alla Carmiooro e poi all’Androni (nella foto di apertura è con Gregorio Ferri).

«L’anno scorso partimmo da Besseges – ricorda – con 8 squadre WorldTour. Andò anche bene, perché facemmo un 10° posto con Parisini nella terza tappa. E il nostro primo obiettivo resta fare attività fra i pro’, dove ci faranno andare. Tutte le gare italiane e all’estero quando si potrà. L’anno scorso sono state 35 giornate di gara. Non tutti i ragazzi capiscono che è più importante prendere schiaffi tra i pro’ che vincere il Circuito di Calvatone. Non sono quelle vittorie a dirti chi sei. Il limite dell’attività dei dilettanti in Italia è che ci sono poche corse a tappe. Per come la vedo io, la corsa a tappe è la più bella scuola per ragazzi dotati di motore. Perché impari a gestirti, a recuperare, a mangiare, a tener duro. Mica è per caso che tutti i giovani che all’ultimo Giro d’Italia dei pro’ sono andati forti, negli anni precedenti hanno fatto quasi solo corse a tappe…».

Le biciclette sono state consegnate tutte, anche quelle da crono. Ci sarà a breve un meeting su Zoom cui parteciperà anche Damiani. E poi, Covid e restrizioni permettendo, sarà tempo di ricominciare.