Gigantesco Ganna: la Classicissima è nel suo futuro

18.03.2023
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Una cosa Tosatto la dice giusta: stasera bisognerà festeggiare. Il secondo posto di Ganna vale quanto una vittoria, perché al primo assalto da leader in una Monumento, il Pippo nazionale è arrivato a un passo dal successo. Ha risposto alla violenza di Pogacar sul Poggio e se un errore ha commesso, è stato quello di non credere abbastanza nelle sue possibilità. Colpa derubricata: la prima volta è normale, è un semplice fatto di esperienza.

«Il finale è andato come avevamo immaginato – dice Tosatto – come volevamo. La squadra era tutta per Pippo e ha lavorato benissimo. Voglio solo dire bravo ai ragazzi e soprattutto a Filippo che sul Poggio, se guardiamo in che compagnia si è trovato, si è meritato un grande applauso. Sin da ieri sera gli avevo detto di stare attento allo scatto di Pogacar e lui l’ha preso. Quando poi è partito Van der Poel, ero convinto che Pogacar avrebbe chiuso. Invece avevano tutti le stesse gambe. Anzi, Van der Poel ne ha avute più di tutti perché ha vinto. Però di quelli dietro, Filippo è quello che stava meglio. Avevo paura della discesa perché sappiamo che Ganna non è un grande discesista, però oggi ha dimostrato un salto di qualità enorme».

Un secondo un po’ stretto

Ganna arriva e non si capisce se sia contento o stia rimuginando su cosa avrebbe potuto fare di più, tratto distintivo dei campioni che corrono per vincere e digeriscono a fatica il secondo posto. Accanto al pullman si aggira il suo manager Giovanni Lombardi, che poco fa spiegava di non aver mai avuto dubbi sulle capacità di Pippo nelle corse in linea e che sarà l’esperienza a dargli ciò che potrebbe essergli mancato oggi.

«Volevo restituire qualcosa alla squadra che ha creduto in me – dice il piemontese – sono felice ma un po’ rammaricato perché è l’ennesimo secondo posto della stagione. Comunque è stata una gara davvero bella, torneremo per provarci il prossimo anno. Sono contento perché quest’anno, anche con una settimana in meno di lavoro a causa dell’operazione agli occhi, sono riuscito a correre da protagonista. Forse avrei potuto fare di più, ma ho avuto paura di seguire Van der Poel. Era la mia prima volta in una situazione come questa».

L’allungo sul traguardo ha fatto capire a Ganna che avrebbe avuto le gambe per osare di più
L’allungo sul traguardo ha fatto capire a Ganna che avrebbe avuto le gambe per osare di più

Lo sprint migliore

Il bilancio deve essere considerato positivo. Non dimentichiamo le polemiche degli anni scorsi, quando gli veniva chiesto di tirare sul Poggio in favore di compagni che poi non stringevano nulla fra le mani. Forse non erano maturi i tempi, forse mancava la fiducia. Oggi è arrivato tutto insieme.

«Vado a casa con buone sensazioni – dice Ganna – in vista delle classiche. Essere riuscito a rimanere con quei tre grandi mi dà molto morale. Alla fine, Mathieu ha fatto un attacco fantastico, tanto di cappello. Io stesso ho fatto uno dei miei migliori sprint di sempre. Ovviamente quando arrivi secondo, sei un po’ deluso, ma alla fine resta un giorno che ricorderò con orgoglio. Adesso l’obiettivo è la Roubaix. Punto tutto sul pavé».

Tosatto sfinito al termine della Sanremo: la corsa è andata secondo i piani
Tosatto sfinito al termine della Sanremo: la corsa è andata secondo i piani

In Belgio con fiducia

Tosatto riceve messaggi, abbracci e complimenti. La Ineos Grenadiers ha perso Pidcock alla vigilia della corsa e scegliere di puntare tutto su Ganna è stato una necessità e insieme un grande atto di stima. Il fatto che dopo i mondiali su pista, Filippo e Cioni abbiano lavorato prevalentemente in ottica classiche fa capire che dietro c’è un progetto e che il progetto può dare ottimi frutti.

«Avevamo detto ieri sera – spiega ancora il direttore sportivo veneto – che volevamo questo finale. Se poteva attaccare sul Poggio? Credo di sì, ma non dimentichiamo che è la prima volta che Pippo è davanti sul Poggio, dunque bisogna solo fargli tanti applausi. Ho creduto che ce l’avremmo fatta. Pensavo che, finita la discesa, tra Van Aert, Pogacar e Pippo, cinque secondi sarebbero stati recuperabili. Poi magari si arrivava in volata e si faceva quarti. Viste le gambe che ha mostrato Pippo nel finale, un po’ di rammarico c’è, ma noi puntiamo sempre in alto e oggi ci siamo andati vicino.

«Lui era convinto. E io mi accorgo da piccoli dettagli che può fare la differenza, ma quali sono non chiedeteli, perché li tengo per me. E’ la prima volta che ha corso da leader alla Sanremo e poteva già vincerla. Era un segnale forte che doveva dare e che ha dato. Perciò adesso si va a festeggiare questo secondo posto, perché bisogna festeggiare. E dopo si va in Belgio con grande fiducia».

Fenomeno olandese e vento nemico, la resa di Pogacar

18.03.2023
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Al bus della UAE Emirates un anno dopo. E stavolta Tadej Pogacar non ha il consueto sorriso sulla bocca. Stavolta il campione sloveno ci è rimasto più male di quel che vuol far credere. Aveva fatto una corsa (semi) perfetta, ma alla fine quel contropiede di quell’altro fenomeno che è Mathieu Van der Poel ha chiuso i giochi.

Nel clan UAE Emirates ci sono però sorrisi compiaciuti. Ed è giusto. Ci hanno provato fino in fondo. Le parole di Matxin sono il riassunto preciso della giornata: «Pazienza. Ci abbiamo provato. Cosa dovevamo fare? Non sempre si vince».

Tadej fila sul bus. Una doccia, mille pensieri, ma presto tornerà disponibile
Tadej fila sul bus. Una doccia, mille pensieri, ma presto tornerà disponibile

La grinta non basta

Tadej cerca un po’ d’acqua mentre sfila con la sua bici dopo la linea del traguardo. Poi arriva al bus, apre la tendina e senza troppi sorrisi o convenevoli s’infila dentro. Pochi secondi dopo già si sente la doccia che va. 

Andrej Hauptman, il direttore sportivo che lo ha guidato in corsa – ha giusto il tempo di dargli una pacca sulle spalle.

«Una grande grinta, una grande voglia, ma non è bastato – dice allargando le braccia il diesse sloveno – Ma abbiamo fatto tutto per fare la corsa dura fino al punto in cui è partito Tadej. Però oggi Van der Poel, Van Art e Ganna sono stati veramente forti e l’hanno battuto».

«Noi dall’ammiraglia quando è partito gli abbiamo detto di andare a tutta fino in cima. Era la sua unica arma. Nessuna comunicazione».

Il diesse Hauptman (a sinistra) con Zhao Haoyang, uno degli addetti stampa della UAE Emirates
Il diesse Hauptman (a sinistra) con Zhao Haoyang, uno degli addetti stampa della UAE Emirates

Vento galeotto?

La chiave della corsa è stata tutta nell’insistenza di Pogacar sul Poggio. E’ il destino beffardo di chi è il più forte e meno veloce. Ti aspettano al varco e ti lasciano l’onere della corsa. «Sapete – va avanti  Hauptman – Pogacar non è un velocista e lì ha dovuto giocarsi tutto».

Però forse un mezzo cambio Pogacar se lo aspettava ed è questo che probabilmente lo lascia con un po’ di amaro in bocca.

In fin dei conti era lo “scricciolo” in mezzo ai giganti. In mezzo a gente che pesa 15 o 20 chili di più. E nonostante tutto era lui a tirare. Cimolai, dopo l’arrivo, ci ha detto che il vento tendenzialmente era a favore, ma anche laterale. E a ruota si stava “bene”. Questo non è dettaglio da poco. Questo significa che se stavi a ruota, come VdP, o comunque pedalavi nel lato coperto, risparmiavi molto di più. E Tadej non è stato a ruota di nessuno…

«Erano rimasti in quattro e ognuno ha fatto la sua corsa – ribatte Hauptman – Noi abbiamo guardato i nostri interessi e gli altri ai loro. In quel momento, noi abbiamo detto a Tadej: regolare fino a cima, poi vediamo». 

Grosschartner a tutta sulla Cipressa. Il forcing della UAE è stato però un po’ tardivo e forse meno intenso di quel ci si poteva attendere
Grosschartner a tutta sulla Cipressa. Il forcing della UAE è stato però un po’ tardivo e forse meno intenso di quel ci si poteva attendere

Cipressa, che guaio

«La nostra gara è andata come volevamo… più o meno – prosegue Hauptman – Non è stato tutto perfetto. Sulla Cipressa volevamo fare un’andatura più forte, però non tutto va come si vuole per filo e per segno. Sul Poggio sì, sulla Cipressa no».

«In pratica abbiamo preso la Cipressa un po’ troppo indietro, soprattutto Felix (Grosschartner, il più scalatore, colui che doveva fare il lavoro maggiore su quella collina, ndr) ed ha speso tante energie per arrivare nelle prime posizioni e ci è arrivato dopo un chilometro e mezzo di salita». E lì, gli UAE Emirates hanno perso un po’ di tempo e di watt per fare la corsa ancora più dura.

Grande sportività. Pogacar si è complimentato subito con Van der Poel
Grande sportività. Pogacar si è complimentato subito con Van der Poel

Spunta Tadej

Dopo un po’ ecco Pogacar riaffacciarsi come un anno fa dal bus. Lo sloveno è un campione anche in questo: ci mette sempre la faccia, bisogna dirlo. Dice di non avere rimpianti… 

«No, nessun rimpianto – dice Pogacar – Avevo un obiettivo oggi ed era quello di attaccare una volta che la squadra aveva terminato il suo lavoro. Ed oggi ha svolto un grande lavoro. Devo ringraziarli per aver organizzato un attacco così.

«Stavolta ho fatto un solo grande attacco. Lo scorso anno ne avevo fatti quattro. Magari l’anno prossimo farò qualcos’altro. E poi Mathieu è stato molto forte. E’ andato via e ha fatto il vuoto. Io ero in testa ed ero già al limite. E anche in discesa è stato più bravo di noi. Uscendo dalle curve lo vedevamo che scappava via e che rilanciava».

«Ripeto, io non ero abbastanza forte per andare via da solo ma. Sapevo che sarebbe stato difficile, ma continuo ad avere grandi speranze per questa gara negli anni a venire. E ora? Ora il Fiandre e vincerà il migliore anche li!».

Il colpo di un artista: Van der Poel conquista via Roma

18.03.2023
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Quando gli chiediamo se alla Tirreno abbia finto, Van der Poel fa un sorriso divertito. Ha vinto la Sanremo da meno di un’ora e non ha ancora fatto in tempo a mettere in ordine i pensieri. Sul traguardo ha abbracciato la sua compagna ad un’intensità pazzesca, poi è stato risucchiato da premiazioni e protocollo. Ora si siede, allaccia le scarpe e racconta.

«Sarei stato un grande attore – dice – ma la verità è che non ero per niente soddisfatto del livello che avevo alla Tirreno. Non faccio certi giochini. Nel giorno dei muri mi sono messo alla prova, ma ho avuto sensazioni pessime. Mi sono risollevato quando ho tirato la volata l’ultimo giorno a Philipsen, perché ho sentito di avere forza nelle gambe. Lo avevo detto prima della Strade Bianche: avevo bisogno di una corsa in cui soffrire e fare fatica. E la Tirreno-Adriatico è stata lo step perfetto per arrivare bene alla Sanremo».

Da solo sul traguardo di via Roma: per Van der Poel la vittoria nella corsa più difficile da vincere
Da solo sul traguardo di via Roma: per Van der Poel la vittoria nella corsa più difficile da vincere

Discesa all’80 per cento

E adesso venite a prendermi: deve aver pensato questo quando la discesa lo ha inghiottito, nascondendolo alla vista degli inseguitori. Come sia che cinque secondi diventino all’improvviso un gap incolmabile rientra fra i mille significati di una gara di 300 chilometri.

«Sono sceso dal Poggio all’80 per cento – spiega – perché non ho voluto prendere nessun rischio. Se fossi caduto, non me lo sarei perdonato. Perché per un rischio troppo grande, avrei visto il gruppo giocarsi la corsa senza di me. Era la mia quarta Sanremo, sapevo che avrei dovuto difendermi fino alla cima del Poggio per poi attaccare. La nostra tattica è cambiata dopo la Cipressa…».

Cima del Poggio, scatta il piano: Van der Poel allunga
Cima del Poggio, scatta il piano: Van der Poel allunga

Cipressa troppo facile

Quando la UAE Emirates ha preso in mano la corsa sulla penultima salita, la previsione è stata infatti che i corridori più a corto di condizione sarebbero saltati. Non che si temesse per Van der Poel, ma di certo avrebbe potuto spendere più del dovuto, ritrovandosi poi con le gambe in croce. Come leggerete anche nell’intervista agli uomini del team emiratino, qualcosa però non ha funzionato e alla fine della Cipressa, guardandosi allo specchio, tanti hanno capito di avere ancora ottime gambe. Come Van der Poel, appunto, che in cima alla salita è passato davanti con un compagno e ha condotto tutta la discesa, lasciandosi riprendere soltanto in fondo.

«La Cipressa è venuta più facile di quanto pensassi – spiega – per cui quando sono sceso, ho parlato con la squadra, chiedendo che mi mettessero sul Poggio nella miglior posizione possibile. E loro hanno fatto un ottimo lavoro. Quando Pogacar ha accelerato ero nel primo gruppo ed è stato facile seguirlo».

La fidanzata Roxanne ha aspettato Mathieu al centro del rettilineo: accoglienza più che meritata
La fidanzata Roxanne ha aspettato Mathieu al centro del rettilineo: accoglienza più che meritata

Senza mai voltarsi

Il resto è un flashback di immagini, che di curva in curva lungo la discesa del Poggio, hanno portato l’olandese della Alpecin-Deceuninck fino all’arrivo di via Roma, felice come un bambino. Ben più felice di quando a fine gennaio ha vinto il mondiale di cross che ora nelle sue parole diventa piccolo come una corsetta di paese.

«Hoogerheide – dice – era importante perché era un mondiale vicino casa, ma vincere una Monumento è un’altra cosa. Avevo detto che la Sanremo non mi piaceva, aggiungendo di amare soltanto gli ultimi 100 chilometri. La verità è che è difficilissima da vincere, a volte non basta essere il più forte. Per questo nella discesa non mi sono mai voltato e a volte è la tattica migliore. Ho buttato l’occhio indietro soltanto quando sono arrivato sull’Aurelia e poi sono rimasto concentrato su me stesso».

Podio per metà inatteso: Van der Poel era prevedibile, Van Aert pure, ma il secondo posto di Ganna vale un successo
Podio per metà inatteso: Van der Poel era prevedibile, Van Aert pure, ma il secondo posto di Ganna vale un successo

«La verità – prosegue – è che oggi avevo ottime gambe e sono servite tutte, per battere corridori come Ganna, Van Aert e Pogacar. Solo una corsa come questa può avere un ordine d’arrivo del genere. Ganna è davvero un ragazzo gentile, l’ho conosciuto meglio alla Tirreno, abbiamo parlato un po’. Questa è la corsa perfetta per lui e sono certo che un giorno potrà vincerla. Sotto al podio, gli ho anche chiesto il suo programma per le corse del Nord. Uno così merita parecchio rispetto».

Una storia di famiglia

L’ultimo pensiero va a suo nonno Raymond Poulidor, scomparso nel 2019, che non vinse mai un Tour né mai indossò la maglia gialla: cosa che suo nipote vendicò due anni fa fra le lacrime. Poupou vinse una sola classica Monumento, la Milano-Sanremo del 1961 e Mathieu lo sapeva. Per questo sorride dolcemente, prima di riprendere le sue cose a andare finalmente a farsi una doccia. Sono passati 62 anni, anche questa volta suo nonno sarebbe stato orgoglioso di lui. E forse lo sarà lo stesso…

Van der Poel a mezzo gas: «Sono sorpreso, ma sul Poggio ci sarò»

18.03.2023
4 min
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Mathieu Van der Poel non è uscito dalla Tirreno-Adriatico come si aspettava. Anzi, se c’era andato cercando di trarne morale, probabimente si può dire che ne sia uscito con le ossa rotte. A Tortoreto, uno degli arrivi dove tutti lo aspettavano, l’olandese è arrivato sfinito nelle retrovie. E se nel corso della videointervista gli fai notare che per fortuna Cipressa e Poggio non sono altrettanto duri, lui risponde con un sorriso.

«Neanche la scorsa settimana – dice – sarei riuscito a fare uno scatto sul Poggio. Spero però di poterlo fare sabato (oggi, ndr). Avevo bisogno della Tirreno. Da solo non puoi allenarti così duramente. Non sono stato troppo bene, ma neppure terribilmente male. E ammetto che non me l’aspettavo neanche io. Però non mi fascio la testa per non aver vinto, non ci faccio più caso. Due anni fa sono caduto alla Dwars door Vlaanderen e la domenica successiva sono scattato con Asgreen per vincere il Fiandre. Inoltre, forse non è un caso che dopo la preparazione brevissima per i mondiali di cross, io non fossi al top nella prima corsa a tappe. Ma in questi giorni mi sono riposato. E spero che la Tirreno abbia fatto il suo lavoro».

A Tortoreto, su un arrivo adatto a lui, Van der Poel è arrivato invece staccato assieme a Ganna
A Tortoreto, su un arrivo adatto a lui, Van der Poel è arrivato invece staccato

Schiena e palestra

Non è un mistero che dietro i suoi passaggi a vuoto si sia cercata la spiegazione del mal di schiena, ma almeno questo pericolo in apparenza è stato scongiurato.

«Non mi fa male – spiega – non sempre sono riuscito a stare al passo col gruppo, ma non sono preoccupato neanche per questo. Non sta peggiorando, ha bisogno di un po’ di riposo e di 15-20 minuti di esercizi al giorno, impossibili da fare durante le corse. Ecco perché sono andato in palestra questa settimana per fare allenamento di forza. Cerco di mantenerli, ma se non posso andarci a causa del calendario, allora mi toccherà stringere i denti per il dolore. E questo non rende le cose più facili, ovviamente».

Una gomma a terra: dopo il mondiale vinto nel cross, la stagione di VdP è stata un continuo rincorrere
Una gomma a terra: dopo il mondiale vinto nel cross, la stagione di VdP è stata un continuo rincorrere

Strava addio

Rispetto allo scorso anno, Van der Poel ci ha privato di un utile strumento di verifica del suo lavoro, attraverso cui provare a decifrare il suo stato di forma. L’olandese infatti ha smesso di pubblicare i suoi dati su Strava.

«Ho deciso per me stesso – spiega – di condividerlo per un solo anno, perché avevo ricevuto commenti a destra e a sinistra sul fatto che non si sapesse nulla della mia preparazione. Ecco perché ho pubblicato tutto. E’ stato anche divertente attaccare quanti più KOM possibili, ma ora non sento più il bisogno di condividere tutto. Altri lo fanno, ma non aggiungono la frequenza cardiaca o la potenza, quindi non è molto utile, perché non puoi vedere nulla. Diciamo però che ora sto abbastanza bene. Non devi essere il migliore per vincere a Sanremo, ma è chiaro che preferirei essere al top della forma. Ogni anno è più difficile fare la differenza sul Poggio e l’anno scorso ho dimostrato che non devo essere al top per salire sul podio. Cosa che ad esempio è impossibile alla Strade Bianche, dove si vince solo essendo il più forte».

La Strade Bianche, più della Tirreno, ha dimostrato che la condizione di VdP non è ottimale
La Strade Bianche, più della Tirreno, ha dimostrato che la condizione di VdP non è ottimale

Sanremo a tre punte

Si è detto più volte che la Alpecin-Deceuninck non sia solo la squadra di Van der Poel e Mathieu ne è contento. E così, dopo aver tirato ottime volate a Philipsen alla Tirreno-Adriatico, per la Sanremo sostiene la candidatura di Soren Kragh Andersen.

«Lui proverà a resistere alla Cipressa e al Poggio – dice Van der Poel – e se alla fine sarà con noi e si sentirà bene, avrà certo più chance di me. Se ci sarà Philipsen, meglio ancora. Siamo d’accordo, non servono molte parole. Io farò la mia corsa sul Poggio e poi vediamo se lui sarà ancora con noi. Il Poggio è sempre un punto interrogativo. Pogacar ci sarà, non è proprio una sorpresa. Ma alla Sanremo è sempre difficile fare previsioni…».

Le squadre e il Castello. Sanremo 2023, primo atto

17.03.2023
6 min
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Scherzando ma neanche tanto, Daniele Bennati dice che il suo favorito per domani alla Sanremo è Laporte. Immagina botte da orbi fra i soliti noti tra Cipressa e Poggio e alla fine la volata del francese, che nessuno immagina, sul gruppetto rimasto.

Abbiategrasso accoglie la Sanremo con un pubblico interessato e moderatamente chiassoso. Lo spostamento della partenza ha portato con sé anche quello di tutte le operazioni preliminari, cui si è aggiunta la presentazione delle squadre nella piazza del Castello Visconteo. Il paese è ormai una città, ma nel cuore ha un gioiello che per molti rappresenta una novità.

Pogacar è visto come il nemico pubblico numero uno; la UAE ha quasi solo scalatori, più Trentin
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La presentazione

I corridori sfilano sul palco e alcuni, i più richiesti, passano poi nella mix zone per le interviste. E mentre Tratnik e Van Aert stazionano davanti ai microfoni, Edoardo Affini riprende la via del pullman, fermato di tanto in tanto per autografi e foto. Che sia per Laporte oppure Van Aert, sulle spalle del mantovano poggia già la consapevolezza del lavoro da fare.

«Se tutto va come da programma – dice – dovrei entrare in azione fra tra i Capi e la Cipressa. Vediamo un po’ come si mette la corsa, se c’è da qualche imprevisto o altro. E’ una vigilia tranquilla, il percorso è quello. Le condizioni meteo sembrano buone, quindi siamo abbastanza rilassati. Faremo la riunione prima di cena, vedremo che cosa vuole fare la squadra. Guarderemo gli avversari, ma non più di tanto. Servirà per capire come potrebbero correre le loro squadre. Non sarebbe male condividere il peso della corsa, già l’anno scorso il mio compagno Van der Sande ha tirato da solo per 240 chilometri, sarebbe bello che domani anche gli altri facessero qualcosa. Anche solo per condividere la fatica…».

Ganna se la ride. Pippo è il leader della Ineos Grenadiers dopo l’uscita di scena di Pidcock
Ganna se la ride. Pippo è il leader della Ineos Grenadiers dopo l’uscita di scena di Pidcock

Sagan, quasi un addio

Sul palco si fanno onori per tutti i campioni. Onori per Alaphilippe e Pogacar, ma un abbraccio particolarmente affettuoso, il pubblico italiano lo riserva a Peter Sagan, che ringrazia dopo la proiezione di un video, in quello che a tutti gli effetti sembra un addio. Peter potrebbe anche tornare per qualche gara di gravel, ma la Sanremo potrebbe essere la sua ultima corsa vera in Italia. E poi viene a salutare, appare rilassato. Scherza sull’essersi commosso e poi passa, accompagnato da Daniel Oss, che per seguirlo in quest’ultima avventura avrebbe rinunciato a tre anni di contratto in una grande squadra.

Il peso della corsa

Affini prosegue. E’ innegabile che dopo una partenza di stagione così prepotente, la Jumbo Visma rischi di ritrovarsi con la corsa tutta sulle spalle. Loro lo sanno e sono abbastanza solidi da non farsene un problema.

«Penso che abbiamo dimostrato – dice il mantovano – che non ci tiriamo mai indietro quando c’è da prendersi la piena responsabilità della corsa. Non abbiamo paura. Abbiamo lavorato con l’idea di partire bene, poi ovvio che tra il dire e il fare c’è differenza. L’Opening Weekend in Belgio è stato trionfale. Siamo andati molto bene alla Tirreno, dove Primoz (Roglic, ndr) ha fatto un ottimo rientro. Bene alla Parigi-Nizza, anche se abbiamo trovato un Pogacar in forma stellare. Bene anche alla Strade Bianche. Siamo sempre nel vivo della corsa e cerchiamo di portare a casa il massimo risultato».

Nuovo taglio di capelli e monocorona: la Sanremo di Van Aert è piena di novità
Nuovo taglio di capelli e monocorona: la Sanremo di Van Aert è piena di novità

Van Aert col monocorona

Arriva Van Aert, che domani correrà con il suo nuovo casco Red Bull e dice di esserne molto orgoglioso. Poco fa ha raccontato la sua vigilia., dicendo di essere andato anche dal parrucchiere per rifarsi un po’ il look. E poi ha aggiunto che domani correrà con una sola corona anteriore (dettaglio che verificheremo alla partenza).

«Non ho bisogno della seconda corona – dice – è una scelta di aerodinamica e leggerezza. E’ un piccolo guadagno che cerchiamo di ottenere. La Milano-Sanremo spesso si decide negli ultimi due o tre chilometri e Pogacar è il favorito in assoluto. E’ venuto qui solo con scalatori e questo significa che vuole fare la corsa dura. L’anno scorso ho sbagliato a seguire tutti i suoi attacchi, ma non avevo scelta, altrimenti sarebbe andato via. Quest’anno ho chiesto di avere aiuto sul Poggio, per cui con Tratnik, Van Hooydock e Laporte saremo un quartetto pronti a ogni evenienza. Anche perché oltre a Pogacar, mi aspetto Alaphilippe. Lui la Sanremo l’ha già vinta e sa benissimo come… maneggiare il Poggio».

Van Aert mette Alaphilippe tra i più pericolosi: sa come si vince la Sanremo
Van Aert mette Alaphilippe tra i più pericolosi: sa come si vince la Sanremo

La parte di Affini

Affini lo sentirà parlare più tardi in albergo, quando si riuniranno per guardarsi negli occhi. Il capitano sembra in forma, anche se non è parso straripante come quando la vinse nel 2020, ma la squadra è tutta attorno a lui. Il tempo di salutarsi e vediamo arrivare Ganna. Senza Pidcock, ma con l’aiuto di Kwiatkowski appena diventato padre, anche Pippo domani sarà uno di quelli da osservare con attenzione.

«Domani mi toccherà fare la mia parte – saluta Affini – sono abituato a questi incarichi. Però è ovvio che quando inizierà la lotta per la posizioni, la corsa diventerà più stressante. Man mano che ti avvicini, cominci a entrare nelle fasi veramente calde della corsa. Quindi c’è più adrenalina, c’è più voglia di fare, c’è un po’ più guerra. Quando il gruppo è aperto eppure tutti stanno spingendo, capisci che è il momento di cominciare. E allora si comincerà davvero».

Sanremo ’99, partono Pantani e Bartoli: Cipressa in fiamme

16.03.2023
6 min
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Suo padre Graziano lo chiamò Michele in onore di Dancelli, che in quel 1970 vinse la Sanremo. Eppure, nonostante tanta benedizione, per Bartoli la Classicissima non è mai stata un gran campo di gioco, come furono il Fiandre, la Freccia Vallone, la Liegi oppure il Lombardia. Quelli fra il 1993 (quando passò professionista) e il 2004 (in cui smise) erano anni di velocisti capaci di deglutire facilmente la Cipressa e il Poggio. Per questo scendevano in Riviera circondati da squadroni, che si alleavano fra loro per rintuzzare ogni attacco. Non come oggi, che non ci sono più velocisti così resistenti da autorizzare una squadra a fare blocco compatto. Oggi ci si preoccupa di Pogacar che potrebbe staccare tutti nel finale e di altri attaccanti, cui non si opporrebbero certo le squadre dei velocisti, quanto piuttosto quelle dei rivali diretti.

«Probabilmente – ragiona Bartoli – è una questione di mancanza di velocisti con determinate caratteristiche. Oppure le squadre non si fidano più a puntare tutto su uno e non lavorano per tenere chiusa la corsa. Probabilmente oggi i velocisti tengono un pochino meno in salita. Ma soprattutto si trovano davanti parecchie squadre più determinate a fare la corsa dura. Prima era difficile trovare alleati, a miei tempi c’era il Panta, però poi il 95 per cento del gruppo voleva arrivare in volata. E a quel punto era difficile per una squadra da sola fare la gara selettiva».

La legge di Zabel non perdona: nel 2000 batte Baldato in maglia Fassa Bortolo
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Oggi è il contrario.

A parecchie squadre fa comodo la gara dura per togliere di mezzo i velocisti. Alla Uae non vedono l’ora. Van der Poel uguale. Insomma, ci sono squadre che hanno interesse che la Sanremo venga dura. Di conseguenza è più facile fare selezione.

Una Sanremo sarebbe stata bene nel tuo palmares?

Appena passato, vidi questa corsa e pensai che fosse una di quelle adatte a me, poi però basta. Non sono mai andato forte, tranne quella volta che attaccai sul Poggio, mi agganciò Konychev in discesa e poi ci ripresero tutti sull’Aurelia, ma non sono mai andato particolarmente bene o vicino a vincerla (i suoi risultati migliori vennero nel 1995 e nel 1997 con due quinti posti, rispettivamente alle spalle di Jalabert e Zabel, ndr).

E’ vero che uno dei motivi era l’allergia alla polvere delle foglie degli ulivi?

Purtroppo sì. Che poi è il motivo per cui ho fatto solo due volte il Giro d’Italia. Perché io morivo. Le cure che si potevano fare sono ancora le stesse, magari ti salvavano, ma quando eri proprio immerso nella vegetazione, eri fritto. Ed è chiaro che sulle colline della Sanremo gli olivi regnano come in alcune tappe al Giro d’Italia. Magari per due settimane stavo bene, poi c’era quella in cui si attraversavano posti per me… proibiti e basta.

Sanremo del 2001, vincerà Zabel su Cipollini, vani i tentativi di Bartoli e Bettini di attaccare
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Quindi alla fine non averla vinta non si può definire un grosso rimpianto?

Mi è dispiaciuto, perché la Sanremo per noi italiani è una delle gare più belle da vincere. Però poi pian piano ho perso la determinazione a farla. Provi un anno, provi due, provi tre, vedi che non riesci mai ad andare bene e alla fine un po’ molli. Non è che molli la corsa, ma ci vai con una tensione diversa, non come al Fiandre, alla Liegi e alle altre.

Però qualche piazzamento è venuto, no?

Ho sempre continuato a provarci. E chiaro che essendo anche abbastanza veloce, non mi tiravo indietro. In quegli anni lì c’era la Telekom ed era un casino metterli nel sacco, a meno che non avessi una condizione super. Ma io, lo ripeto, non l’ho mai avuta alla Sanremo. Anche nella settimana prima, durante la Tirreno andavo bene, ma un po’ a sprazzi.

Sempre per l’allergia?

Partivo. Facevo inizi di stagione molto buoni, in cui vincevo anche spesso. Poi arrivavo alla Tirreno e soffrivo sempre. E quella cosa me la portavo fino al Belgio, dove finiva tutto. Per questo non vedevo l’ora di partire per il Nord, perché lassù l’allergia era zero. Ma è chiaro che certi problemi mi toglievano anche un po’ di convinzione. Se se sai che corri con l’handicap, non ci metti mai la cattiveria al 100 per cento.

Sanremo 1999: terminata la discesa della Cipressa, sull’Aurelia l’azione di Bartoli e Pantani si appesantisce
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La Sanremo più bella da ricordare è quella dell’attacco sulla Cipressa col Panta (foto di apertura)…

Era il 1999 e sia Marco sia io si puntava a vincere la Sanremo. Eravamo gli unici che volevano la corsa dura. Io sapevo che il Panta sarebbe partito sulla Cipressa e infatti partì. Mi aspettavo anche un po’ di movimento da parte di altri. Pensai: «Cavoli, va via il Panta, qualcuno si muoverà». Invece alla fine non si mosse nessuno. Così andai io e lo agganciai. Facemmo una bella salita, ma poi arrivati alla pianura in fondo alla discesa si formò quel gruppetto in cui non collaborava praticamente nessuno. Perciò ci si rialzò e finì lì. 

Pur correndo con la Mapei, i tuoi rapporti con Marco erano buoni?

Eravamo rivali, ma nel senso buono, sportivo. Fra noi non c’è mai stata una scorrettezza, si andava d’accordo. Anche quando andammo a Sydney, alle Olimpiadi, passammo delle giornate molto belle.

Faceste la Cipressa quasi tutta sui pedali…

Sulla Cipressa difficilmente toglievi il 53. Magari ora è diverso, perché anche le tecniche di allenamento sono cambiate e vai più agile. Non è che vanno più piano, anzi magari vanno più forte perché battono in continuazione tutti i record. Hanno anche materiali più veloci. Però prima il sistema di pedalare era diverso. Si andava più duri. Utilizzavi quasi sempre 53.

La tirata di Van Aert nella tappa di Osimo della Tirreno ha messo gli avversari sul chi vive
La tirata di Van Aert nella tappa di Osimo della Tirreno ha messo gli avversari sul chi vive
Chi vince sabato?

Se dovessi fare un nome, direi Van Aert. La tirata che ha fatto nella tappa di Osimo della Tirreno vuol dire che ha gamba e anche tanta. Poi è chiaro, magari non è al 100 per cento della sua condizione, però va già molto molto forte. Secondo me è difficile toglierlo dal pronostico.

Non è al top secondo te?

Va sicuramente più piano di quando due anni fa arrivò secondo alla Tirreno. Per me ha tentato comunque di partire forte, perché i numeri che ha fatto, non li fai senza essere ben allenato. Magari a volte capita che la condizione ti arrivi una settimana dopo, però secondo me ha preparato il periodo. Invece Van der Poel…

Lo vedi indietro?

Sono rimasto deluso, perché proprio lo vedo spento. Mi sembra che subisca quello che è, come se le idee di partenza fossero state diverse. Ci sta che voglia essere fortissimo ad aprile, però vedendo come si muove, che all’inizio cerca anche di tener duro e poi salta, secondo me nella sua testa c’era anche qualche cos’altro.

Van der Poel sta vivendo un periodo sotto tono: condizione ancora in arrivo o si è nascosto?
Van der Poel sta vivendo un periodo sotto tono: condizione ancora in arrivo o si è nascosto?
Che cosa hai capito guardandolo?

Secondo me lui ambiva anche a qualcosa di più, perché non è che mollava subito. Lo vedevo anche nella tappa di Osimo. Si staccava, poi rientrava. Se uno fa così, probabilmente va alla ricerca di qualcosa che ancora non ha. Quando ricerchi quello che ti manca, vuol dire che comunque il periodo l’hai preparato, perché sennò ti metti lì tranquillo e ti alleni. Invece vedevo che tentava di tener duro. Alla fine ci sta anche lui sul Poggio sabato…

La Tirreno di Ballerini: solo fatica o anche lavoro buono?

13.03.2023
3 min
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Alla Tirreno si fatica di brutto. E se magari le prime due tappe in linea sulle strade toscane hanno concesso il tempo per tirare il fiato, la tripletta dalla quarta alla sesta e poi la stessa tappa conclusiva di San Benedetto del Tronto con i suoi 1.700 metri di dislivello hanno segnato le gambe dei corridori. Le tappe e il freddo in cui si è corso nel giorno di Sassotetto. E così la corsa, che solitamente veniva utilizzata da alcuni corridori per fare la gamba in vista della Sanremo, ha forse cambiato profilo e funzione.

Nel WorldTour dal Covid in poi non ci sono più gare di preparazione e tantomeno da prendere sotto gamba. Resta da vedere poi in che modo metabolizzare certe fatiche, come spiegava sabato Davide Ballerini sul traguardo di Osimo. Piegato sul manubrio, cercando l’ispirazione per togliersi dal rettilineo di arrivo e tornare al pullman.

«Tutte queste fatiche – diceva – sono a buon fine? Vedremo. Sono stati tre giorni difficili, anche se è stata dura dall’inizio. Percorsi sempre impegnativi, tappe da cinque ore e passa. Ho cercando di tenere più duro possibile ogni giorno. Poi quando le gambe non me lo permettevano, ho cercato di fare gruppetto. I dati in corsa si guardano relativamente, si cerca sempre di dare il massimo per la squadra. Se poi sarà stato utile, ve lo dirò il mese prossimo…».

Nel giorno di Sassotetto, quinta tappa, Ballerini è stato in fuga
Nel giorno di Sassotetto, quinta tappa, Ballerini è stato in fuga

Prima la Sanremo

Ballerini ha la preferenza scritta nel nome, ma prima della Roubaix che gli mangia i sogni, è atteso sabato prossimo alla sfida di Sanremo, in cui si vede di supporto per Alaphilippe più che primo attore.

«Non sto male – spiegava – anche se oggi (sabato, ndr) ho pagato la fuga di venerdì verso Sassotetto. Però da metà gara sono stato molto meglio e speriamo sia il segno della condizione che sta crescendo. Se così sarà, è quello che volevo perché quest’anno punterò tutto sulle classiche. La settimana di avvicinamento sarà nel segno del recupero. Voglio riposare e recuperare le forze il più possibile fino a Sanremo. Non parliamo della Milano-Torino né di sopralluoghi sul finale della Sanremo. Sono stato a farci un giro il mese scorso. Ho visto bene le discese e so quanto sia importante recuperare bene. Non è una gara facile. Dopo 300 chilometri serve energia. Ovviamente vedremo come sta Alaphilippe. Il mio spazio semmai me lo devo un po’ procurare. Lo avrò solo se riesco a scollinare, ma non sarà facile».

Dopo la tappa di Foligno, Ballerini assieme ad Alaphilippe
Dopo la tappa di Foligno, Ballerini assieme ad Alaphilippe

Corsa d’attacco

Nello stesso giorno di Osimo, la trenata di Van Aert sul Muro di Costa del Borgo ha fatto vedere che anche la condizione del grande belga è in crescita, per cui si va delineando una Sanremo nel segno degli attaccanti, più che bloccata a logiche da velocisti. L’eco delle vittorie di Pogacar dalla Parigi-Nizza rafforza questa sensazione.  Ma Ballerini oppone le mani, come a rifiutare l’invito e chiarisce il suo punto di vista.

«Nella mia testa c’è la Roubaix – ha ribadito prima di sparire fra i corridori alla volta dei pullman – sempre la Roubaix, senza nulla togliere alla Sanremo. Bisogna anche essere realistici, si vedrà sabato se riuscirò a scollinare davanti. Di sicuro in quel caso non mi tiro indietro, però vediamo come sta la squadra, come sta “Loulou”. Sappiamo che lui può fare la differenza come gli è già successo. Quindi vediamo: abbiamo più di una carta da giocarci». 

Per Nizzolo ripetizioni di Sanremo, con “prof” Paolini

18.02.2023
5 min
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Con lo scoccare della mezzanotte siamo entrati nei trenta giorni che ci portano alla Milano-Sanremo, la Classicissima di Primavera si correrà il 18 marzo. C’è chi ha già iniziato a percorrere le strade della Liguria. Dove il mare accarezza dolcemente la costa, fermandosi a pochi metri dall’asfalto, teatro della battaglia ciclistica che andrà in atto. Giacomo Nizzolo, guidato dall’amico Luca Paolini ha già iniziato a visionare il percorso (i due sono insieme sulla Cipressa in apertura, foto Instagram/Nizzolo). Rispetto agli anni scorsi cambia solo la partenza, da Abbiategrasso, ma è sempre bene rinfrescarsi la memoria. 

La stagione di Nizzolo è iniziata dalla Vuelta a San Juan
La stagione di Nizzolo è iniziata dalla Vuelta a San Juan

Un amore da Milano a Sanremo

Il corridore della Israel Premier Tech, milanese di nascita come Paolini, la sente vicina a sé questa corsa. E un cerchio sul calendario, in data 18 marzo, Nizzolo lo ha fatto sicuramente.

«Ci tiene particolarmente alla Milano-Sanremo – conferma Paolini – si vede da come la prepara fin dall’inverno. Fare una ricognizione più di un mese prima (i due sono andati a visionare il percorso il 6 febbraio, ndr) è importante. Fa capire come nella testa di Nizzolo questo sia un obiettivo concreto. “Accendere il motore” e muovere le prime pedalate su quelle strade è utile per alzare la concentrazione e fare tutto nel migliore dei modi».

Il milanese della Israel Premier Tech ha preso le misure con le prime volate, per lui due piazzamenti nei primi tre in Argentina
Il milanese della Israel Premier Tech ha preso le misure con le prime volate, per lui due piazzamenti nei primi tre in Argentina
Una ricognizione anticipata, di cosa avete parlato?

Si è parlato davvero di tutto, anche di dove fare i bisogni. Nizzolo conosce bene queste strade, ma serviva fare un recap mentale e dare un occhio al passato.

Da dove siete partiti?

Da Loano, abbiamo fatto due volte la zona dei Capi e poi fino a Sanremo con Cipressa e Poggio. Non è un percorso difficile, la Sanremo è davvero semplice da questo punto di vista. 

La differenza la fanno i chilometri, quasi trecento…

E’ tutto amplificato. Le medie, soprattutto negli ultimi anni, sono elevatissime. Bisogna essere sereni di testa, su una distanza così ampia ogni cosa che fai ha un peso. Devi rischiare di perderla per poi vincerla, ci sono cose che non ha senso fare.

Vent’anni fa Paolini (sullo sfondo) aiutò Bettini a vincere la sua Milano-Sanremo
Vent’anni fa Paolini (sullo sfondo) aiutò Bettini a vincere la sua Milano-Sanremo
Per esempio?

Ricordo che quando correvo ero in Katusha, nel 2015, al mio ultimo anno da professionista, avevo detto alla squadra di non fare il rifornimento fisso a Ovada. Manca così tanto alla fine che si ha tutto il tempo di andare all’ammiraglia per prendere il necessario. Si toglie un pericolo e si evita stress inutile. 

Dove si inizia a fare la corsa?

Dai Capi, senza alcun dubbio. A Capo Berta, l’ultimo dei tre, si dividono i corridori veri dagli altri. La discesa è tortuosa e la velocità si alza tantissimo. Poi si attraversa Imperia, un passaggio tortuoso ed insidioso che tutti vogliono prendere in testa. 

Da quel momento tasche vuote e gambe piene.

Assolutamente. L’alimentazione bisogna curarla prima, dopo i Capi il tempo per mangiare non c’è. Se ti devi alimentare da Imperia in poi vuol dire che hai sbagliato qualcosa.

Nizzolo Sanremo 2022
Nizzolo ha chiuso la Sanremo dello scorso anno al 18° posto. Con una mano fratturata
Nizzolo Sanremo 2022
Nizzolo ha chiuso la Sanremo dello scorso anno al 18° posto. Con una mano fratturata
Quando capisci di stare bene?

Se un corridore è in condizione lo scopre andando avanti con i chilometri, se stai nelle prime posizione quando tutti accelerano vuol dire che la gamba è piena. 

E se invece non ci si sente al 100 per cento?

Un campione impara a gestirsi: nell’utilizzo dei rapporti, delle scie e tante piccole cose.  Nizzolo ne ha corse tante e l’esperienza ce l’ha, può giocare su questi dettagli.

Tu nei hai corse tante, hai imparato tanti segreti da condividere con Nizzolo.

Ho lottato contro tantissimi corridori: Freire, Bettini, Zabel, Sagan, CancellaraNon avevo il loro motore ed ho imparato a centellinare ogni singola energia. Sono arrivato terzo per due volte, ci sono cose che impari e ti tranquillizzano. Ma quello che ho detto a Giacomo potrò dirlo solo dopo la corsa (dice con una risata, ndr). 

La UAE Emirates l’anno scorso aveva una tattica dichiarata fin da Milano: forcing sulla Cipressa
La UAE Emirates l’anno scorso aveva una tattica dichiarata fin da Milano: forcing sulla Cipressa
In una corsa così semplice la carta da giocare è una sola…

Quando fai la tua mossa devi essere sicuro che sia quello il momento giusto. Non puoi permetterti di sbagliare i tempi d’azione.

Hai parlato di passato, la Cipressa è un passaggio importante, lo è sempre stato. 

Bettini aveva provato a fare il forcing sulla Cipressa e l’anno scorso ci ha provato la UAE. Sono dell’idea che Pogacar abbia solo preso le misure, nel 2022 sul Poggio ha sbagliato i tempi, ma ha imparato. Alla Sanremo ogni errore ti fa da insegnante per l’anno successivo. 

Quali altri punti avete visionato?

Ci siamo soffermati su quelli dove è più facile passare, considerando che ci sono dei tratti nei quali devi stare dietro. Non è un Fiandre o una Roubaix dove le strade sono strette e bisogna stare sempre nei primi dieci. Alla Sanremo stai bene se sei in trentesima posizione, quella è la posizione giusta. 

La Sanremo del 2022 ha rappresentato il rientro alle corse per VDP, terzo. Anche lui ha preso le misure per il 2023?
La Sanremo del 2022 ha rappresentato il rientro alle corse per VDP, che ha colto il terzo posto
Meteo permettendo…

Quella è l’unica incognita, le discese della Sanremo sono tortuose e di non facile lettura. E poi una pioggia continua per 300 chilometri contribuisce a scremare il gruppo. Molti corridori con l’acqua si autoeliminano, se hai una buona forza mentale fai la differenza. 

Hai nominato Pogacar, ma con tutti i campioni che girano un velocista come Nizzolo può dire la sua?

Giacomo è un corridore resistente, nel corso degli anni ha perso esplosività aumentando il fondo. Nel 2022 è scollinato con i primi ed è caduto in discesa, ha dimostrato di poter stare con loro. Poi ha un grande spunto veloce e dopo 300 chilometri potrà farlo valere.

Ritorno al WorldTour, Bonifazio prepara nuove battaglie

22.12.2022
5 min
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Certe volte la vita ti propone cambi improvvisi che quasi non ti aspetti. Niccolò Bonifazio fa la sua rentrée nel WorldTour nelle file dell’Intermarché e per un corridore di 29 anni non è cosa da poco, soprattutto considerando che non stiamo parlando di un ciclista chiamato solo a lavori oscuri, ma di uno sprinter che nel corso della sua carriera era abituato a vincere, ma che negli ultimi due anni era un po’ passato in secondo piano. In altri ambiti si rischiava una retrocessione, il ligure invece approda in “prima divisione”, per prestigio acquisito ma anche per forza di carattere.

Il suo cambio è piuttosto recente, anche se i contatti tra il suo manager (è seguito da Alex Carera) e il team belga erano cominciati già in estate: «Le trattative sono andate per le lunghe e col passare delle settimane vedevo che il gruppo di corridori senza contratto si assottigliava. Sono comunque rimasto tranquillo, sapevo che alla fine tutto si sarebbe risolto e ora sono pronto a ripartire».

Nel 2022 una sola vittoria in carniere, alla Route d’Occitanie
Nel 2022 una sola vittoria in carniere, alla Route d’Occitanie
Con la TotalEnergies si parlava di una tua riconferma?

No, non mi è mai stata proposta, così mi sono messo a cercare con un po’ di anticipo perché sapevo che non c’era più posto. L’esperienza nella squadra è nel complesso positiva, anche se i primi due anni sono stati i migliori, quelli nei quali avevo anche molte occasioni di correre nel WorldTour e mi pare di essermela sempre cavata bene, vedi la vittoria di tappa alla Parigi-Nizza 2020. Le ultime due annate invece ho gareggiato sempre nelle gare di seconda fascia, sinceramente non so neanche il perché e non l’ho capito, ma ormai è parte del passato.

Cambia molto il discorso fra i due ambiti di competizione?

Enormemente. Le seconde sono gare tipicamente franco-belghe, dove si va sempre all’arrembaggio, si corre a tutta, a me quel tipo di corse non va molto a genio. Nel WorldTour è tutto un po’ più canonico, c’è molto lavoro di squadra. Io credo di avere maggior chance per emergere in un contesto simile, con un team che possa supportarmi e all’Intermarché c’è davvero tutto per poterlo fare.

All’Intermarché il ligure non sarà il solo italiano e questo ha pesato nella scelta
All’Intermarché il ligure non sarà il solo italiano e questo ha pesato nella scelta
Ti sei fatto un’idea di che cosa è cambiato in questi due anni?

Diciamo che ho pagato un caro prezzo al Covid: quando è scoppiata la pandemia, io ero in una grande condizione, avevo iniziato la stagione in maniera notevole con due vittorie internazionali, poi lo stop mi ha tarpato le ali e da lì sono iniziati i problemi. Non che il 2022 sia stato negativo, in fin dei conti una vittoria è arrivata e cinque top 10 sono il contorno. Ma era necessario un cambiamento, io voglio riannodare quel filo idealmente legato a prima di marzo 2020.

Con la nuova squadra avete già parlato di programmi, tattiche, ruoli?

Per ora ancora no, non c’è stato tempo, ci siamo concentrati sul nuovo materiale. Per fortuna non ci sono grandi cambiamenti, ma chiaramente la bici è nuova e servono aggiustamenti, che poi le verifiche davvero utili le puoi fare solamente in corsa, quindi è un vero work in progress. Di tattica avremo tempo per parlare nel ritiro di gennaio.

In azzurro al Laigueglia. Visto il mondiale 2023, è lecito farci un pensierino…
In azzurro al Laigueglia. Visto il mondiale 2023, è lecito farci un pensierino…
Finora che impressione hai avuto?

Ottima, ho ritrovato corridori con i quali avevo già condiviso l’esperienza nei primi due anni alla TotalEnergies, ma nel complesso ho scoperto una squadra molto motivata, quasi gasata dai risultati delle ultime stagioni. C’è un ambiente molto positivo e questo mi dà fiducia, tanto è vero che ho iniziato subito forte con gli allenamenti. Voglio partire nella maniera giusta, farmi trovare subito pronto sin dalle prime gare di febbraio.

Ti sei posto qualche obiettivo?

Per me “la gara” resta sempre la Milano-Sanremo. Nelle ultime edizioni non sono mai riuscito a scollinare con i primi per pochissimo, perdendo il treno proprio nelle ultime battute del Poggio. Voglio arrivarci con la gamba giusta per essere della partita.

Tra l’altro tu sei imperiese, quelle strade le conoscerai benissimo…

Vuoi sapere quante volte ho affrontato quella salita? Almeno 3 mila… La conosco a memoria e so che la differenza la fanno minimi dettagli. Per me quella salita è un cruccio che voglio risolvere, poi sarà la gara a dire chi sarà l’uomo su cui puntare, se io o Girmay.

La vittoria alla Tropicale Amissa Bongo del 2019. Dietro c’è anche Girmay (foto G.Demoureaux)
La vittoria alla Tropicale Amissa Bongo del 2019. Dietro c’è anche Girmay (foto G.Demoureaux)
Conosci già il campione eritreo?

Sì, dal Giro del Gabon dove vinsi nel 2019. Dissi subito che quel ragazzino sarebbe approdato nel WorldTour e la storia dice che avevo visto lungo. Anzi è diventato un campione. Dovremo trovare il giusto amalgama, ma non ci sarà problema, l’importante è sempre correre per la squadra.

Tu resti all’estero passando da un team francese a uno belga, ma nella realtà all’Intermarché trovi un buon gruppo di italiani…

La cosa mi fa particolarmente piacere, poter correre con Rota, Petilli, trovare anche un direttore sportivo esperto come Piva… Non nascondo che tornare a parlare un po’ d’italiano non mi dispiace dopo anni vissuti in Francia. Ora che sono nel WorldTour voglio rimanerci e fare tante battaglie. Dimostrare che in questi anni di permanenza all’estero, in un rango inferiore, ho comunque imparato qualcosa…