Solo quattro italiani in 76 anni di storia dell’Omloop Het Nieuwsblad hanno alzato le braccia sul traguardo: Ballerini nel 1995, Bartoli nel 2001, Pozzato nel 2007 e Paolini nel 2013. E’ evidente che non si tratti di una corsa banale, dato che fra gli altri vincitori ci sono tutti i mostri delle sfide del Nord. Il percorso della prossima edizione, che si correrà sabato prossimo, è impossibile da vedere sul sito della corsa perché per impedire ai tifosi di seguirla non viene pubblicato, ma ricalca quello di un piccolo Fiandre. Lo scorso anno si corse per 200 chilometri da Gand a Ninove e vinse Jesper Stuyven. Ma come andò nel 2013 quando Paolini fu l’ultimo italiano a vincere?
Si corse da Gand a Gand, distanza di 198,6 chilometri e muri come Leberg, Berendries, Tenbosse, Kruisberg, Taaienberg, Eikenberg e Molenberg. Il “Gerva” regolò in volata Vandenbergh. A 1’13” Vandousselaere anticipò Geraint Thomas, Van Avermaet, Bandiera e Chavanel.
Paolini sta diventando matto nel suo ufficio alla Assos, mentre l’azienda si sta dando un gran da fare per supportare il Team Qhubeka-Assos. Probabilmente parlare un po’ di quella corsa di 8 anni fa (fuori dall’orario di lavoro) è il modo di tirare un po’ il fiato.
Che corsa era?
L’ho schivata per una vita, secondo la mentalità di Pozzato che non si buttava nelle volate per non rischiare di farsi male. Io pensavo che andando lassù prima della Tirreno e della Sanremo, avrei rischiato troppo e non ci andavo. Poi però arrivavo all’Inferno in aprile senza aver saggiato prima il terreno e mi mancava qualcosa. Così mi sono mentalizzato e ho scoperto una corsa affascinante come le altre. Come il Fiandre, una classica vera e propria.
Perché il cambio di mentalità?
Ho capito nel 2007 che potevo fare bene su quei percorsi. Prima, correndo con Paolo (Bettini, ndr), per me il Nord erano le Ardenne. Quando poi sono andato alla Liquigas, ho cominciato a cambiare gusti.
Cosa ricordi della vittoria del 2013?
Faceva un freddo cane, non so se addirittura peggio della Gand che ho vinto. Ricordo che la temperatura massimo fu di un grado sotto zero. Fu una giornata passata a gestire le forze. Mi sorprese vincere, anche se avevo fatto un buon inverno. Credo che la differenza la fece Tchmil…
Cosa c’entra Tchmil?
Ero al terzo anno con la Katusha e con uno così come manager, sapevi esattamente chi avevi di fronte. Mi è piaciuto molto lavorare con lui, mi ha fatto capire tante cose. Soprattutto l’approccio con le corse. Con lui non si andava mai alla partenza solo per partecipare. Ha sempre avuto la mentalità vincente e quel risultato fu anche il modo per ripagare la fiducia e per capire che quelle erano davvero le mie corse.
Da cosa lo capisci?
Me ne rendo conto adesso. Se penso di aver vinto l’Het Nieuwsblad, poi la Gand, una tappa a De Panne e di aver fatto terzo al Fiandre, basta fare un semplice resoconto per capirlo. Non era facile da vincere, perché viene presto nella stagione. Devi arrivare in condizione e impari a conoscere quei percorsi.
Quale consiglio daresti a un italiano che parte per correrla, ad esempio a Ballerini?
Hai fatto il nome perfetto, stravedo per Ballerini, che per fermarlo devono sparargli nelle gambe ed è nella squadra giusta. Cosa posso dirgli? Il ciclismo è cambiato tanto, ma gli direi di non pensare come facevo io che viene troppo presto nel calendario, quindi che è meglio non andarci. E’ una corsa con la stessa dignità del Fiandre, non è una scelta di ripiego. E’ una vera classica.
Come potrà essere senza pubblico?
Non riesco a immaginarlo. A parte la concentrazione di correre e guidare su quelle strade, il pubblico lo senti. Mi dispiace per i ragazzi che dovranno gareggiare così, non sarà la stessa corsa.
Sai che per non far andare la gente non pubblicano la planimetria sul sito?
E credi che basti per fermarli? Quelli lassù sanno già tutto, lo sapete bene che cosa significa l’inizio delle classiche. Diciamo che starà alla discrezione di ognuno, ma a casa i belgi non li tieni…