Evento "Come Corre la Bike Economy" 2025, Milano, (da sx: Paolo Bellino, Roberto Salvador e Davide Cassani)

Come Corre la Bike Economy: tra eventi e territorio

01.12.2025
6 min
Salva

MILANO – Il quarto appuntamento dell’evento “Come Corre la Bike Economy” promosso dalla Camera di Commercio di Milano Monza Brianza e Lodi, ha portato al centro del dibattito la bicicletta e le possibilità ad essa collegate per costruire un futuro più sostenibile. Il mondo delle due ruote arriva da un quadriennio di crescita costante, e le proiezioni parlano di una progressione sempre più forte e solida. La Bike Economy è una delle economie più dinamiche al mondo, che nel 2019 ha mosso 55 miliardi di euro, mentre nel 2032 si prospetta che il mercato possa arrivare a un valore complessivo di 232 miliardi di euro. 

Il cuore di questo progetto e del movimento legato alla bike economy sono le piccole e medie imprese, attori capaci di rivoluzionare il mercato del lavoro e quello tecnologico. Da sempre la bicicletta è uno strumento antico e allo stesso tempo capace di innovare e rinnovarsi. Le emozioni che ci legano al passato e alle gesta dei grandi campioni ci ricordano che la sua forma non cambia, ma la sua struttura è ormai profondamente mutata. 

Il Giro d’Italia nel corso degli anni ha portato il ciclismo in luoghi iconici del nostro Paese, qui alla Reggia di Venaria nel 2024
Il Giro d’Italia nel corso degli anni ha portato il ciclismo in luoghi iconici del nostro Paese, qui alla Reggia di Venaria nel 2024

Il territorio

Protagonisti di uno dei quattro momenti di confronto, che hanno visto alternarsi sul palco diversi attori della Bike Economy, sono stati Paolo Bellino, CEO e General Manager di RCS Sport & Events, Roberto Salvador, Giro-E Director e Davide Cassani, Ambassador di Suzuki Bike Day (i tre sono insieme nella foto di apertura). 

E’ toccato a Paolo Bellino il delicato compito di introdurre all’interno del contesto quello che è il valore di una corsa come il Giro d’Italia (che proprio oggi presenterà il percorso del 2026). L’evento sportivo che da 108 edizioni porta l’Italia e le sue bellezze in tutto il mondo, diventando una vetrina per i territori attraversati. 

«Il Giro d’Italia – racconta Bellino – è da sempre l’evento più duro al mondo che si corre nel Paese più bello. Nel corso delle edizioni del 2023 e del 2025 abbiamo avuto modo, grazie a Banca Ifis, di constatare il valore di questo evento, che nell’ultima edizione è stato di oltre due miliardi di euro. Il Giro non è solo economia, è anche emozioni e sostenibilità. In ogni città di tappa portiamo avanti dei progetti legati al riciclo e siamo arrivati a numeri superiori al 92 per cento. L’attenzione al territorio è fondamentale per noi, un aspetto importante è quello legato a cosa lasciamo nei comuni attraversati. Abbiamo visto che il passaggio di una corsa come il Giro d’Italia porta un incremento del quaranta per cento dell’utilizzo della bicicletta. Sono numeri incoraggianti, che ci spingono a continuare e proseguire con il nostro percorso».

La Corsa Rosa riversa sulle strade milioni di appassionati ogni anno
La Corsa Rosa riversa sulle strade milioni di appassionati ogni anno

Elettrico e divertimento

Dal 2019, quando fece il suo esordio accanto al Giro d’Italia, il Giro-E è cresciuto a dismisura, diventando un vero evento nell’evento. Pedalare grazie al supporto di un motore sulle strade dove a poche ore di distanza si sarebbero affrontati i grandi campioni si è rivelata una mossa tanto semplice quanto azzeccata. Nel corso degli anni il Giro-E ha toccato tutta la nostra penisola, diventando uno spot per chi non ha mai avuto il coraggio di spingersi oltre la propria immaginazione.

«Il nostro evento – spiega Roberto Salvador – si è rivelato anche un solido test per le biciclette elettriche, dimostrando che grazie allo sviluppo tecnologico portato avanti in questi anni nessuna salita è impossibile. Abbiamo anche vinto quella che era la ritrosia di molti appassionati, la e-bike permette di godere della pedalata e dei paesaggi circostanti. L’utente ha modo di alzare lo sguardo e rimanere incantato dai territori nei quali pedala. Con il Giro-E siamo riusciti a portare soggetti diversi, non tutti ciclisti o appassionati, e la cosa incredibile che abbiamo notato è che chi pedala in certi luoghi torna. Lo stesso vale per gli spettatori a bordo strada o a casa, il ciclismo professionistico e le gesta dei grandi campioni sono uno spot unico capace di valorizzare e rendere iconiche certe aree del Paese». 

Il Giro-E ha preso sempre più piede anche grazie agli ex-ciclisti professionisti, qui Sacha Modolo (foto Instagram)
Il Giro-E ha preso sempre più piede anche grazie agli ex-ciclisti professionisti, qui Sacha Modolo (foto Instagram)

Suzuki

L’ultima parola è toccata a Davide Cassani, figura di riferimento del ciclismo italiano, ambassador di Suzuki Bike Day. Un evento nato cinque anni fa (la prima edizione è avvenuta nel 2021) e volto a promuovere l’utilizzo della bici allo scopo di valorizzare i territori attraversati. 

«Siamo partiti con un ritrovo a Carpegna – racconta Cassani – tra Emilia-Romagna e Marche, con l’obiettivo di radunare chi ama pedalare e trovare un punto di contatto con il territorio. Poi, grazie al supporto di Suzuki ci siamo spostati all’Autodromo di Imola. Il senso era di unire il mondo dei motori con quello della bici. Negli anni il Suzuki Bike Day è cresciuto così tanto che abbiamo deciso di spostarci e arrivare all’Autodromo di Monza. In un territorio che ama la bici ma presenta delle difficoltà maggiori a livello di logistica. Devo ammettere però che vedere tanti appassionati (si parla di 2.500 partecipanti, ndr) ci ha fatto capire di essere sulla buona strada».

Suzuki Bike Day 2025, Monza, Brianza, Davide Cassani, Giada Borgato
Il Suzuki Bike Day ha cambiato location nel 2025, portando il suo format sempre molto apprezzato anche in Brianza
Suzuki Bike Day 2025, Monza, Brianza, Davide Cassani, Giada Borgato
Il Suzuki Bike Day ha cambiato location nel 2025, portando il suo format sempre molto apprezzato anche in Brianza

Momento cruciale

“La bicicletta è il termometro di un Paese”, è un tema che si è ripetuto spesso durante l’incontro avvenuto il 27 novembre scorso presso il Palazzo Giureconsulti a Milano, a due passi dalla frenesia di Piazza Duomo che si prepara ad accogliere le prossime Olimpiadi Invernali di Milano-Cortina 2026. 

Mai come ora la bicicletta è sinonimo di transizione e di un futuro più attento a quelle che sono le politiche sociali ed economiche di un Paese. E mentre a Roma qualche settimana la protesta contro le ciclabili e le zone 30 nelle città, portata avanti da Fratelli d’Italia, finiva con una partecipazione misera l’Italia continua a pedalare. I passi da fare sono sotto gli occhi di tutti, le politiche portate avanti sono servite come prima spinta a far emergere un’esigenza di una mobilità diversa, dolce. Ma gli avvenimenti degli ultimi giorni, con la morte di Viola Mazzotti a Bologna, investita da un camion mentre stava percorrendo un attraversamento ciclabile, ci fanno capire che molto ancora c’è da fare. 

La bicicletta spinge per emergere, tante realtà territoriali se ne sono accorte e ne stanno facendo il fulcro del proprio turismo. Ora è necessaria una strategia che possa coinvolgere tutti gli attori al fine di realizzare infrastrutture capaci di collegare in modo sicuro, continuo e intermodale i vari snodi turistici ed economici del Paese. 

Come corre la bike Economy, convegno Milano, edizione 2024, Palazzo Giureconsulti (foto Antinori)

Come corre la Bike Economy, 4ª edizione: il futuro delle due ruote

24.11.2025
5 min
Salva

La bike economy non è più un trend, ma un ecosistema industriale, turistico e culturale che sta ridisegnando il Paese. E Milano – con Monza Brianza e Lodi – è il suo epicentro. Per questo la Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi ha scelto di inserire un programma pluriennale dedicato alla filiera della bicicletta nella propria strategia, diventando un attore di riferimento nei processi di innovazione, formazione e sviluppo economico legati alle due ruote.

Un impegno che trova nel progetto Bike Economy la sua espressione più concreta. Misure di sostegno alle imprese, servizi, attività di internazionalizzazione, oltre a Bike Economy – La Scuola, il primo competence center nazionale che in soli tre anni ha formato più di 400 nuovi professionisti, rispondendo al fabbisogno crescente delle aziende. Parallelamente, la Camera ha attivato bandi e contributi per l’innovazione, ha sostenuto il cicloturismo con iniziative di branding territoriale e ha incentivato la mobilità sostenibile attraverso la misura Bike to Work e City Logistics, che ha già finanziato 37 progetti innovativi di ciclologistica e commuting. Tutto questo in un territorio leader in Italia, che concentra il 6% delle imprese nazionali della filiera, il 7% degli addetti e il 10% del fatturato complessivo del settore.

E’ in questo contesto che nasce la quarta edizione di “Come corre la bike economy”, in programma il 27 novembre 2025 alle 14,30 a Palazzo Giureconsulti, curata da Silvia Livoni (in apertura un’immagine Antinori dell’edizione 2024). Un appuntamento pensato come bussola strategica per imprese e operatori. Capace di fare il punto sull’evoluzione della filiera attraverso visioni internazionali, casi studio e testimonianze di chi la bike economy la guida ogni giorno.

Il convegno di Palazzo Giureconsulti sarà condotto da Silvia Livoni Colombo (foto Antinori)
Il convegno di Palazzo Giureconsulti sarà condotto da Silvia Livoni Colombo (foto Antinori)
Il convegno di Palazzo Giureconsulti sarà condotto da Silvia Livoni Colombo (foto Antinori)
Il convegno di Palazzo Giureconsulti sarà condotto da Silvia Livoni Colombo (foto Antinori)

La forza globale della transizione

L’apertura è affidata a un intervento di assoluto rilievo: Manuel Marsilio, tra le voci più autorevoli della bike industry europea. Il suo keynote, “Pedalare la transizione: l’Industria della bicicletta come forza globale per il cambiamento e lo sviluppo sostenibile”, offrirà una visione ampia e aggiornata sul ruolo strategico del ciclismo nella mobilità e nell’economia mondiale.

Dalla forza simbolica della bicicletta alle politiche comunitarie. Dalla necessità di investimenti infrastrutturali nel prossimo MFF europeo (2028-2035) ai programmi globali come la Dichiarazione Europea della Bici e la Decade delle Nazioni Unite sul trasporto sostenibile. Un quadro che evidenzia come i prossimi anni siano decisivi per trasformare la domanda crescente in sviluppo strutturale, economico e ambientale.

Un vero “kick-off” di scenario, pensato per tracciare la rotta che imprese, territori e istituzioni sono chiamati a percorrere insieme.

Come Corre la Bike Economy: un momento di scambio fra operatori del settore (foto Antinori)
Come Corre la Bike Economy: un momento di scambio fra operatori del settore (foto Antinori)
Come Corre la Bike Economy: un momento di scambio fra operatori del settore (foto Antinori)
Come Corre la Bike Economy: un momento di scambio fra operatori del settore (foto Antinori)

Imprese, territorio e istituzioni

Moderati dalla giornalista Valeria Ciardello, i quattro panel affrontano i pilastri del programma strategico della Camera di commercio, mettendo a confronto testimonianze, ricerche e progetti reali.

1) Connessioni che muovono il futuro. Infrastrutture, intermodalità e servizi per una mobilità urbana integrata. Il tema dell’accessibilità e della mobilità intelligente è al centro della discussione. Dall’Hub Intermodale – Smart Mobility Area di Milano Linate ai servizi per i ciclisti urbani, fino al progetto Bike to Uni, la challenge green che coinvolge studenti e lavoratori del Politecnico di Milano e dell’Università di Bergamo. Un panel che mostra come la bicicletta diventi ingranaggio fondamentale nella mobilità urbana contemporanea.

2) Territori in movimento. Cicloturismo e lifestyle come leve di competitività locale. Milano e il suo territorio sono ormai candidati a diventare una delle mete cicloturistiche più dinamiche d’Europa. Ne parleranno i protagonisti del settore, come Bike Division, Bici e Vacanze e realtà nate in vista delle Olimpiadi Milano-Cortina. Porteranno l’esperienza delle loro offerte – dai day tour ai viaggi multi-day – e illustreranno come il territorio sia pronto per creare un vero “cicloturismo premium”.

3) Eventi, legacy e sostenibilità. Il potere trasformativo delle grandi manifestazioni ciclistiche. Un dialogo d’eccezione con Paolo Bellino (CEO e General Manager di RCS Sports & Events), Roberto Salvador (direttore di Giro-E) e Davide Cassani (ambassador del Suzuki Bike Day).

Manuel Marsilio, per 11 anni alla guida della Confederation of the European Bicycle Industry, aprirà i lavori (foto Conebi)
Manuel Marsilio, per 11 anni alla guida della Confederation of the European Bicycle Industry, aprirà i lavori (foto Conebi)
Manuel Marsilio, per 11 anni alla guida della Confederation of the European Bicycle Industry, aprirà i lavori (foto Conebi)
Manuel Marsilio, per 11 anni alla guida della Confederation of the European Bicycle Industry, aprirà i lavori (foto Conebi)

Il focus è sul valore degli eventi come motori di sviluppo. Sulla capacità del Giro d’Italia di misurare il proprio impatto economico, sociale e ambientale tramite il Legacy Report. E sul ruolo del Giro-E come laboratorio di mobilità sostenibile, capace di promuovere l’e-bike sia come strumento sportivo sia come mezzo quotidiano.

4) Capitale umano, innovazione e investimenti. Le nuove frontiere della bike economy. Dove si muovono oggi i capitali? Come cambiano i bisogni delle imprese? Quali competenze servono?

Il panel analizza i trend che stanno attirando investimenti nel mondo bici – dalla tecnologia al prodotto, dai servizi digitali alle startup – e il ruolo decisivo della formazione, con l’esperienza di Bike Economy – La Scuola, che continua a generare profili professionali richiesti dalla filiera. Questa l’agenda nel dettaglio.

Il convegno sulla Bike Economy di Milano offre anche un punto di vista sull'industria del settore (foto Antinori)
Il convegno sulla Bike Economy di Milano offre anche un punto di vista sull’industria del settore (foto Antinori)
Il convegno sulla Bike Economy di Milano offre anche un punto di vista sull'industria del settore (foto Antinori)
Il convegno sulla Bike Economy di Milano offre anche un punto di vista sull’industria del settore (foto Antinori)

Conclusioni e networking

A chiudere i lavori sarà Sergio Rossi, Direttore Generale di Formaper, Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi, che presenterà i risultati della strategia della Camera per la crescita della bike economy e le prospettive per i prossimi anni.

Seguiranno un aperitivo di networking e l’esposizione “La città che pedala il futuro”, una selezione di soluzioni innovative che uniscono design, tecnologia e sostenibilità per immaginare nuove modalità di muoversi, lavorare e vivere la città.

“Come corre la bike economy” è l’occasione per incontrare da vicino i protagonisti della trasformazione e per capire come Milano e il suo territorio stiano guidando l’evoluzione della mobilità sostenibile a livello nazionale e internazionale.

L’appuntamento è il 27 novembre 2025 dalle 14,30 a Palazzo Giureconsulti. Un pomeriggio per chi crede che la bicicletta non sia solo un mezzo, ma un motore di cambiamento. Per informazioni: Bike Economy

Nizzolo, il sorriso e i consapevoli passi dell’addio

20.08.2025
7 min
Salva

Nella scatola delle cose che porterà via dal lavoro di corridore, oltre alle vittorie più belle, Giacomo Nizzolo metterà la tenacia e la capacità di rialzarsi dagli infortuni. Da quando ha annunciato che a fine stagione concluderà la sua carriera, iniziata nel 2011 alla Leopard Trek, il milanese ha continuato a fare la solita vita e col solito impegno.

«Mi sono imposto – dice – di essere inattaccabile fino all’ultimo giorno per cui sto facendo ancora tutto alla lettera. Non nascondo che non sia facile, perché ad esempio adesso mi aspetta quasi un mese senza gare, a un mese e mezzo dalla fine. Capirete che non è il massimo. Però mi ha sempre contraddistinto l’essere professionale e non voglio smettere di esserlo proprio adesso, anche se mi pesa un po’…».

E’ il 26 agosto 2020, l’anno del Covid. Tre giorni dopo il tricolore di Cittadella, arriva il titolo europeo a Plouay
E’ il 26 agosto 2020, l’anno del Covid. Tre giorni dopo il tricolore di Cittadella, arriva il titolo europeo a Plouay

La classe del 1989

Nizzolo è uno dei fantastici ragazzi del 1989, che con Ulissi, Viviani e Trentin (fra gli altri), ha caratterizzato gli ultimi quindici anni del ciclismo italiano. Tappe al Giro, maglie ciclamino, classiche, tre europei consecutivi, dal 2018 al 2020. E’ nato velocista, ma ha sempre lottato per trovare una dimensione più completa e l’ha dimostrato con le due maglie tricolori e quella di campione europeo a Plouay.

Ha sempre avuto buon gusto per lo stile e grande cura della sua immagine, ma non ha mai smesso di essere un atleta tosto e volitivo. Una persona seria e sempre a testa alta, nei momenti belli e anche in quelli brutti. Ha corso con la Leopard che poi è diventata Radio Shack, infine Trek. Nel 2019 è passato nella sudafricana Dimension Data, poi diventata Qhubeka. Se nel 2021 da campione europeo non avesse scelto di restarci, probabilmente l’anno dopo la squadra non sarebbe andata avanti. Quindi è passato per due stagioni alla Israel e le ultime due le ha fatti alla Q36.5. Il bilancio parla di 31 vittorie, l’elenco dei secondi posti è ben più lungo.

Giacomo Nizzolo è nato a Milano il 30 gennaio 1989 ed è professionista dal 2011
Giacomo Nizzolo è nato a Milano il 30 gennaio 1989 ed è professionista dal 2011
Come è nata la decisione di smettere?

Perché mentalmente sono veramente arrivato. E’ chiaro che il fisico non sia più quello di quando avevo 23 anni, però mi sono reso conto che i sacrifici sono diventati una forzatura e questo mi ha fatto capire che è arrivato il momento di chiudere. Trascinarmi oltre non sarebbe stato rispettoso nei miei confronti, ecco il motivo della decisione.

Una stagione senza grandi obiettivi, l’essere stato escluso dal team del Giro d’Italia, ha affrettato la scelta?

In realtà è stata una decisione arrivata da più lontano. Quando firmai il contratto con la Q36.5 sapevo che a un certo punto avrei dovuto valutare se fare il corridore fosse ancora quello che volevo fare. E quest’inverno, prima che cominciasse la stagione, dalle prime sensazioni mi sono accorto che era cambiato qualcosa. Ovvio che non mi abbia fatto piacere stare a casa dal Giro d’Italia e neanche dalla Sanremo, soprattutto dalla Sanremo, ma questo è un altro discorso.

Giacomo Nizzolo, Davide Cassani, europei Plouay 2020
Con Cassani commissario tecnico, Nizzolo è stato prima quinto ai mondiali del 2016 e poi campione europeo nel 2020
Giacomo Nizzolo, Davide Cassani, europei Plouay 2020
Con Cassani commissario tecnico, Nizzolo è stato prima quinto ai mondiali del 2016 e poi campione europeo nel 2020
Quanto hanno inciso la sfortuna e gli infortuni nella tua carriera?

E’ un tasto delicato, non vorrei passare per uno che cerca scuse. Sento di aver perso parecchio tempo, forse i miei anni migliori per problemi fisici. Dopo il campionato italiano del 2016, mi sentivo in una grossissima fase di crescita, soprattutto l’anno dopo con la maglia tricolore. Volevo andare alle classiche, avevo acquisito una fiducia importante, avevo fatto quinto al mondiale di Doha. Il 2016 era stato un anno importante, invece sono entrato in tre stagioni di buio totale, dove il carico di lavoro più lungo che ho potuto fare è stato di tre settimane. Dopo l’intervento al ginocchio del 2019, nel 2020 tornai competitivo come quattro anni prima e per me fu una grossissima rivalsa. Ero tornato finalmente ai livelli del 2016, ma non fu semplice. La sensazione di essere tornato al meglio fu veramente bella.

Cosa sono stati quei tre anni?

Sono impazzito, non sapevo dove sbattere la testa. Ti trovi a perdere tempo, mentre gli altri vanno avanti e tu torni a essere una persona normale, non più un atleta. Ricostruire l’atleta è un discorso, ricostruire un atleta competitivo è un altro: sono tutte fasi attraverso le quali ho dovuto passare e che mi sono costate tanti sforzi. Dai 27 ai 29 anni avrei potuto raccogliere molto, invece li ho passati cercando di guarire.

Le ultime due stagioni di Nizzolo hanno avuto i colori della Q36.5
Le ultime due stagioni di Nizzolo hanno avuto i colori della Q36.5
Cosa metti nella scatola delle cose che porti via?

Intanto il fatto di essere stato tenace, perché la mia carriera è segnata più dai piazzamenti che dalle vittorie. Poi ci metto i due campionati italiani, quello europeo, le due maglie ciclamino e la tappa al Giro d’Italia. Un’altra cosa che mi porto dentro e che magari non tutti ricordano, è quando al secondo anno da pro’ vinsi il Giro di Vallonia. Un risultato grande per uno che da dilettante era il classico velocista da circuiti piatti. Quando passai, Guercilena fu molto bravo e anche paziente ad aspettare la mia evoluzione. Io davo dei segnali di non essere solo un velocista. Nella mia terza gara a Mallorca, feci quinto. Era una gara mossa dove arrivammo in 40 corridori e per uno che fino a pochi mesi prima faceva il Circuito del Porto, bastava per dire che forse c’era dell’altro.

La stessa tappa del Giro che vincesti a Verona non fu la classica volata di gruppo…

Arrivavo da una serie infinita di secondi posti, significò sbloccare qualcosa che stavo rincorrendo da 10 anni. A un certo punto per vincerla, dovetti quasi accantonarla. Era una delle ultime occasioni, perché sapevo che di lì a poco sarei andato a casa. Fu una volata strana, davvero disordinata. Arrivai da dietro, fu una volata totalmente istintiva, senza troppi pensieri, che poi alla fine in volata non servono a molto. Ripresi Affini che aveva quasi vinto e gli dissi che mi dispiaceva, ma di tappe che avevo quasi vinto io ne avevo alle spalle 15 se non addirittura 18…

Verona, Giro 2021. Ripreso Affini che aveva attaccato all’ultimo chilometro, arriva la prima vittoria di Nizzolo al Giro
Verona, Giro 2021. Ripreso Affini che aveva attaccato all’ultimo chilometro, arriva la prima vittoria di Nizzolo al Giro
Hai immaginato quale sarà la tua ultima corsa?

Sì, però non l’ho ancora inquadrata. Se dovesse essere la Bernocchi, quindi una corsa dove potenzialmente potrei fare risultato, non so dire se cercherò di lottare fino all’ultimo metro oppure proverò a godermi gli ultimi chilometri. Me lo sto chiedendo io per primo, non so cosa rispondere.

Che cosa farai dopo aver smesso, a parte una lunga vacanza?

Una lunghissima vacanza. Il primo obiettivo sarà fare un reset. Staccare per un periodo che può essere di sei mesi come un anno e intanto valutare qualche progetto, ma senza mettermi assolutamente fretta. Godermi un po’ di riposo, perché credo che da lì si prendano le energie per ripartire con entusiasmo. Magari la bici ci sarà ancora, perché a me piace ancora molto. Il fatto è che chiaramente adesso c’è dietro una prestazione e ci sono delle responsabilità. E’ un lavoro, non posso andare in giro a divertirmi. Ogni pedalata è calibrata, ogni pedalata è quantificata. Nel momento invece in cui si tratterò di andare in giro con gli amici, sarò libero di fare due ore, come pure soltanto una o addirittura sette. A quel punto cambierà tutta la prospettiva.

Giacomo Nizzolo, campionato italiano 2020
Cittadella, 23 agosto 2020, nei tricolori organizzati da Pozzato, Nizzolo centra il secondo tricolore
Giacomo Nizzolo, campionato italiano 2020
Cittadella, 23 agosto 2020, nei tricolori organizzati da Pozzato, Nizzolo centra il secondo tricolore
Aver annunciato il ritiro con tanto anticipo può aver portato via un po’ di motivazione?

Non è cambiato nulla, anzi quando l’ho detto mi sono sentito a posto. Era la cosa giusta da fare e comunque non è che anche prima di annunciarlo morissi dalla voglia di allenarmi, la stanchezza era la stessa. Se arrivi a questa decisione, è perché hai già maturato dentro di te il fatto che non c’è più quella spinta. Anzi, è il contrario. Se prima pioveva, magari il primo giorno non mi allenavo, adesso invece esco lo stesso, perché so che l’acqua la prenderò ancora per poco. Sono molto sereno, mi sto godendo le gare. Respiro ogni centimetro di asfalto, perché poi non ci saranno più. Ma non lo vivo con malinconia, semplicemente per chiudere con un sorriso questa lunghissima parte della mia vita.

Garmin Italia mette al centro il benessere dei dipendenti

17.07.2025
4 min
Salva

Lo scorso mese di dicembre abbiamo avuto l’opportunità di entrare per la prima volta nella nuova sede di Garmin Italia a Milano. L’occasione ci era stata offerta dai Beat Yesterday Awards, i riconoscimenti voluti dalla stessa filiale italiana di Garmin per celebrare le storie straordinarie di persone comuni. Proprio in quell’occasione era stato sottolineato dalla stessa azienda come fosse importante prendersi cura del benessere dei propri dipendenti.

Garmin ha aperto al pubblico le porte della sua nuova sede durante gli ultimi Garmin Beat Yesterday Awards
Garmin ha aperto al pubblico le porte della sua nuova sede durante gli ultimi Garmin Beat Yesterday Awards

Strategia di crescita

Il benessere dei dipendenti rappresenta oggi una priorità strategica per quelle aziende che ambiscono a raggiungere risultati eccezionali e duraturi. Un investimento che non solo permette di attrarre e fidelizzare i migliori talenti, ma anche di potenziare il proprio organico stimolando motivazione, produttività e un engagement autentico. Tutto ciò rende le persone capaci di esprimere il proprio potenziale al massimo livello

Garmin Italia ha scelto di mettere in campo una serie di iniziative volte a favorire la salute e il benessere delle persone che ogni giorno lavorano all’interno dell’azienda. Tale impegno è perfettamente in linea con i valori di una realtà che da oltre 35 anni progetta prodotti innovativi dedicati al benessere delle persone, siano esse amanti dello sport, della vita all’aria aperta o semplicemente dell’attività fisica. 

A confermare questa visione aziendale che vuole il benessere delle persone come punto fermo è Alessandra Torriani, HR Director di Garmin Italia.

«Il benessere delle nostre persone è al centro di tutto ciò che facciamo. – commenta Alessandra Torriani – Non solo perché crediamo che una persona sana e soddisfatta sia la base di una squadra di successo, ma anche perché, come azienda, vogliamo essere un esempio di come la cura dei dipendenti possa tradursi in un impatto positivo sui risultati. La nostra nuova sede, le attività pensate per migliorare la qualità della vita lavorativa e la promozione di uno stile di vita sano sono il riflesso di questa visione». 

La sede è dotata anche di una palestra con all’interno i migliori prodotti Technogym
La sede è dotata anche di una palestra con all’interno i migliori prodotti Technogym

Ecco la palestra

Ma quali sono le azioni concrete messe in atto da Garmin Italia per favorire il benessere dei propri dipendenti? Non possiamo non partire dalla realizzazione di una palestra all’avanguardia attrezzata Technogym, aperta e presidiata 24 ore su 24 (7 giorni su 7), che accoglie i dipendenti in maniera gratuita. Uno spazio che consente a ciascuno di rispettare i propri ritmi e dedicarsi del tempo prezioso, in completa flessibilità e senza compromessi. 

Sono inoltre previsti dei fitness training gratuiti che l’azienda organizza ogni settimana e che vanno oltre il semplice allenamento: dallo yoga al pilates, a sessioni ad alta intensità come HIIT, cardio e funzionali, pensati per favorire non solo il relax e la cura del corpo, ma anche per sfidare i limiti individuali ed esplorare nuove discipline. Il tutto guidato da personal trainer esperti, trasformando ogni lezione in un’opportunità di team building e di crescita personale condivisa. 

La palestra è attrezzata anche con prodotti Technogym
La palestra è attrezzata anche con prodotti Technogym

La cura dell’alimentazione

L’attenzione di Garmin al benessere si spinge perfino oltre l’attività fisica, ponendo l’accento anche sull’importanza di perseguire un’alimentazione sana. Ogni settimana, infatti, vengono distribuiti frutta fresca e caffè di alta qualità. Un piccolo gesto destinato a fare una grande differenza: non solo stimola l’energia e la concentrazione, ma alimenta anche il benessere quotidiano, mantenendo alta la motivazione e la vitalità dei dipendenti durante tutta la giornata lavorativa. 

…e quella della mente

A completare il quadro delle iniziative aziendali, non poteva mancare un supporto alle passioni artistiche. Garmin Italia ha infatti dato vita a un Club del Libro. L’obiettivo è quello di rendere ogni lettura un’opportunità per condividere idee, esperienze e punti di vista, creando un ambiente di apprendimento continuo e di dialogo aperto. Non si tratta solo di leggere, ma di vivere insieme il piacere della conoscenza, discutere su temi che vanno oltre il lavoro e favorire una cultura della collaborazione, dove ogni libro arricchisce la crescita individuale e collettiva. Un’occasione per costruire legami più forti e crescere come squadra

Ognuna di queste iniziative ha un duplice obiettivo: garantire un ambiente sano e stimolante e creare una cultura del benessere che diventi un acceleratore di innovazione e produttività. Per Garmin Italia le attività fisiche e il supporto alla crescita personale sono infatti pilastri fondamentali di una strategia aziendale che ha come fine ultimo il miglioramento continuo e il raggiungimento di traguardi ambiziosi. 

Garmin

Oldani ci riprova: nuovo preparatore e finalmente i tubeless

04.01.2025
6 min
Salva

Oldani è di buon umore e quando gli diciamo che la nuova maglia della Cofidis piacerà sicuramente ai tifosi della Roma, la guarda e sorride. I nuovi colori, con il giallo e il rosso, danno alla divisa un tocco vivace e sbarazzino. Quasi il segno di un nuovo inizio nelle forme e nella sostanza. L’arrivo di Mattia Michelusi e del suo staff fra i preparatori e l’adozione di nuove ruote e nuovi materiali ha rinfrescato l’approccio degli atleti e il cambio di marcia, per ora nell’attitudine, si percepisce chiaramente.

«Sono a casa fino a martedì- dice Oldani, che il 10 gennaio compirà 27 anni – poi martedì vado in ritiro a Denia con la squadra. L’inverno sta andando bene, tutto tranquillo. Quello che sta cambiando in squadra ci voleva proprio, sul fronte della prestazione e dei materiali. E’ quello che effettivamente fa la differenza nel ciclismo moderno. Secondo me l’anno scorso alcuni risultati sono dipesi anche da questo. Con Mattia per quello che ho potuto vedere finora, abbiamo un’altra marcia. Un’altra mentalità, un’altra voglia di fare».

La squadra francese ha scelto il velodromo di Roubaix per le foto di inizio anno, approfittandone per test su posizioni e materiali (foto Team Cofidis)
Hai cambiato anche tu preparatore?

Non sono direttamente con Michelusi, ma con Luca Quinti, però con la coordinazione di Mattia. C’è un lavoro coeso di tutti i preparatori interni alla squadra. Mi sto trovando molto bene. Lavoriamo più in linea con le moderne metodologie, la squadra ha preso una decisione corretta.

Il tuo 2024 era partito con grandi attese, poi un infortunio e un continuo rincorrere…

E’ stato sicuramente un anno molto molto complicato, è inutile nasconderci. Sono stato molto sfortunato e penso che questo lo abbiano visto tutti. Cadute e una serie di vicissitudini che hanno portato a una stagione molto travagliata. Nel male sicuramente ho imparato qualcosa, perché non mi era mai successo di iniziare la stagione con una frattura, in questo caso dello scafoide.

Che cosa hai imparato?

A gestirla oppure come si sarebbe dovuta gestire. Non mi era mai successo e non ho avuto la freddezza, né io né chi mi era vicino, di prendere il tempo giusto. Avremmo dovuto capire che non saremmo riusciti a ripresentarci bene alla Tirreno, alla Sanremo e agli appuntamenti che ci eravamo dati. Io da corridore mi sono fatto prendere dalla voglia di fare: stavo già bene, ho avuto troppa fretta di rientrare. E alla fine l’ho pagata per metà stagione. Ho capito che l’importanza delle basi nella preparazione è fondamentale. Una cosa su cui mi sono concentrato molto quest’anno.

L’intervento sullo scafoide rotto da Oldani il 28 gennaio è stato eseguito dall’equipe del dottor Loris Pegoli
L’intervento sullo scafoide rotto da Oldani il 28 gennaio è stato eseguito dall’equipe del dottor Loris Pegoli
In che modo rientrare troppo in fretta ti ha danneggiato?

Facevo un giorno molto bene, diciamo alle stelle, e i cinque successivi alle stalle. Diventava complicato far combaciare il momento giusto con le stelle, per cui per la maggior parte delle volte ero alle stalle (sorride, ndr). Ne soffrivo sia mentalmente sia fisicamente. Poi è stato tutto un rincorrere, aggiungere corse, continuare ad avere sfortune, ricadere, rincorrere di nuovo. Anche il Giro d’Italia non era programmato, si è inserito poco prima.

Non era nei programmi?

C’è entrato un mese prima, più o meno. Avrei voluto prepararlo, poi è stato aggiunto il Romandia e ci sono arrivato che ero già a mezzo e mezzo. In Svizzera ho preso freddo, sono arrivato alla partenza da Torino che non andavo. Mi sono ammalato, altre vicissitudini. Per fortuna dopo il Giro sono stato bravo. Non sono andato al Tour, ma sono riuscito a resettarmi mentalmente e fisicamente. Sono stato per tre settimane in altura, mi sono allenato molto bene e quando sono tornato, ho fatto un mese abbondante senza uscire dai primi 10. Sono ritornato lo Stefano di sempre.

La Cofidis ti aveva preso perché portassi risultati e punti: si riparte con gli stessi obiettivi?

Di sicuro le mie ambizioni non cambiano. Penso che con il supporto giusto del preparatore e i nuovi materiali, posso tornare a dimostrare di avere le qualità che servono. Forse sono un po’ diminuite le attese, ma va bene così. Sarà uno stimolo per dimostrare quello che valgo. Ho un bel programma, ne sono soddisfatto. L’unica corsa che non farò e un pochino mi dispiace è la Sanremo, ma bisogna ammettere che per un corridore come me è una corsa chiusa. Però farò Mallorca, Valencia, Laigueglia, Murcia, Almeria, la Tirreno, poi il Cataluyna. Tante corse con percorsi selettivi e la possibilità di arrivare a sprint ristretti.

Al Tour de l’Ain sono arrivati i migliori risultati di Oldani: 3° in classifica e maglia a punti (foto Instagram/Getty Images)
Al Tour de l’Ain sono arrivati i migliori risultati di Oldani: 3° in classifica e maglia a punti (foto Instagram/Getty Images)
Hai parlato spesso di materiali, quello che salta agli occhi è che avete cambiato ruote e userete finalmente pneumatici tubeless…

Quando sono arrivato dalla Alpecin, ho cercato di portare la mia esperienza. Ma visti i risultati che avevo, mi sono rimboccato le maniche e ho pensato solo a pedalare. Quest’anno la prima cosa di cui si è parlato è stato proprio questa svolta tecnica e io sono super felice, perché usavo i tubeless già in Alpecin. Avremo le gomme Vittoria che ho usato anche alla Lotto e sono prodotti eccezionali, hanno un grip e una scorrevolezza notevoli che permetteranno di andare forte e risparmiare energie. Le ruote sono le Bora Campagnolo, che sono rigide, aerodinamiche e scorrevoli. Sono molto felice, l’abbiamo provata e la bici è svoltata completamente.

Il telaio resta lo stesso?

Sì, è sempre stato un bel telaio che forse non rendeva al meglio, mentre ora è molto più performante. Davvero una svolta.

Ben O’Connor, che ha trascorso quattro anni in una squadra francese ha raccontato di aver dovuto imparare per forza il francese: come procede il tuo inserimento in squadra?

Ho un bel rapporto con tutti e anche io sto imparando il francese. Non lo parlo fluentemente però mi faccio capire. Mi è capitato anche di intervenire bene durante il meeting. A livello tecnico, riesco a spiegarmi, quindi dinamiche di corsa e vari aspetti del ciclismo. Per il resto della conversazione sono un po’ impacciato perché ci sono parole che si usano un po’ meno, ma piano piano ci arrivo. La squadra sta diventando un po’ più internazionale, però anche Michelusi e lo staff performance ci spingono ad andare nella direzione del francese. Se proprio è necessario ci si sforza di usare l’inglese, ma se fai capire che vuoi imparare il francese, non ti dicono di no…

I direttori sportivi parlano francese?

Alcuni anche inglese, alcuni solo francese. L’anno scorso ad esempio al Tour de l’Ain si parlava solo francese. Ero secondo in classifica generale e la comunicazione era importante e abbiamo faticato un po’. Però alla fine è andata bene, ci siamo arrangiati e le cose si dicevano. Quello che conta ora è fare una buona base, avere una buona preparazione e i materiali giusti. Adesso sta a me, lingua o non lingua. Voglio far vedere che Oldani sa ancora fare il suo mestiere.

Consonni, buon umore contagioso, conquistata dalla Canyon

25.12.2024
5 min
Salva

MILANO – L’uniforme delle Fiamme Azzurre le sta benissimo e dal sorriso che sfoggia pensando all’inizio del nuovo anno, si capisce che Chiara Consonni stia attraversando un bel momento. Le vittorie su strada, l’oro olimpico nella madison e l’adrenalina per il cambio della squadra renderanno il 2024 una stagione indimenticabile. Auspicando che ne vengano altre, quando la incontriamo a margine del Giro d’Onore, dopo averla aiutata assieme a Marta Bastianelli a fare il nodo della cravatta (foto di apertura), ci lasciamo investire dal buon umore e le sue risate.

Dopo due stagioni al UAE Team Adq, la bergamasca ha accettato l’offerta della Canyon-Sram. Non tanti lo avrebbero immaginato e quando te lo giocavi come indovinello, nessuno lo azzeccava. Tantopiù che l’offerta è arrivata ben prima che sull’ammiraglia del team tedesco arrivasse Davide “Capo” Arzeni. Ma Chiara appare parecchio sodisfatta della scelta e questo basta per festeggiare bene il Natale, concedersi un bel Capodanno e poi buttarsi nella mischia.

Giro d’Italia 2024, Consonni vince la seconda tappa davanti a Kopecky e Balsamo
Giro d’Italia 2024, Consonni vince la seconda tappa davanti a Kopecky e Balsamo
Che cosa ti ha convinto?

Forse il progetto. Alla fine è una delle squadre più forti al mondo, ma senza una velocista di punta, quindi ho pensato che forse gli mancavo proprio io. Il fatto che ci sia Arzeni sicuramente sarà un punto di riferimento, però nel frattempo ho cambiato allenatore e ho già conosciuto le compagne. Non dico che mi sento già a casa, però è un gruppo molto bello e aperto. Mi hanno accolta a braccia aperte e speriamo di lavorare bene insieme.

Come sono stati questi due anni alla UAE Adq?

Come una seconda famiglia, per un po’ è parso di portare avanti la Valcar. Sicuramente avevano qualcosa su cui lavorare e so che lo stanno già facendo. Gli auguro il meglio, però sentivo la necessità di cambiare e dopo quest’anno penso che per me sia stata la scelta migliore.

Si capisce che è una squadra tedesca?

Decisamente. Da come si devono rispettare gli orari. Tutto deve essere come vogliono loro, si deve arrivare dove vogliono loro e quando vogliono loro. Quindi penso che mi faranno crescere anche da quel punto di vista. Avrò anche delle grandi compagne importanti come Niewiadoma, Chloe Dygert e Soraya Paladin, ragazze con palmares importanti. So che devo imparare tanto da loro e speriamo di riuscirci al meglio.

La Canyon Sram del 2025 ha 18 atlete, solo due le italiane: Consonni e Paladin (pohlmann_photo)
La Canyon Sram del 2025 ha 18 atlete, solo due le italiane: Consonni e Paladin (pohlmann_photo)
Sarai tu la velocista del team?

Sì, mi hanno detto che si aspettano questo, ma senza mettermi tanta pressione. Sanno che ho dimostrato con i fatti che sono lì, poi sicuramente dovrò conoscere anche le altre ragazze veloci della squadra. Ad esempio c’è Maike (Van der Duin, ndr), che è una buonissima velocista, quindi ci divideremo le corse. Però in quelle importanti sarò io la punta e voglio dimostrare di essere all’altezza.

Dovrai vedertela con Wiebes, Kool, Balsamo, Kopecky, Fidanza…

Bisognerà avere un treno formidabile e stiamo cercando di crearlo. Nelle corse importanti, è ancora più decisivo avere le compagne giuste e la loro fiducia. Ma sono convinta che troveremo l’intesa e con quella arriverà la fiducia.

Come si adatta lo spirito della Conso ai rigori tedeschi?

Bene (ride di gusto, ndr), benissimo! Hanno già imparato a conoscermi e io sto imparando a conoscere loro. E’ sempre bello cambiare atmosfera, conoscere persone da zero e costruire nuovi rapporti. E’ uno scambio reciproco, è sempre un’emozione.

Soraya Paladin sarà la miglior guida per Chiara Consonni nelle dinamiche del nuovo team
Soraya Paladin sarà la miglior guida per Chiara Consonni nelle dinamiche del nuovo team
Hai cambiato allenatore?

Si chiama Dan, è inglese e sta portando tanti cambiamenti, che però definiremo quando ci saremo conosciuti davvero bene. Gli inglesi sono abituati a uscire sotto la pioggia, a me non tanto (ride, ndr), ma per adesso mi sto trovando bene. Devo ancora abituarmi, conoscerlo meglio. Dobbiamo conoscerci. Poi impareremo a lavorare meglio insieme, penso sia solo questione di tempo.

Una volta ti chiedemmo a cosa servono le ripetute e rispondesti che sono perfette per farsi i selfie…

Adesso un po’ meno (ride, ndr). Sono appena tornata dal ritiro. Si vede che un gruppo è unito anche dalle piccole cose, come quando ti fermi per prendere la barretta e ti aspettano. Cerchiamo di partire sempre tutte insieme. Cerchiamo di cambiare le coppie quando siamo in allenamento, in modo da imparare a parlare con tutte. Ci sono delle buone basi e speriamo che si continui così.

Giro d’Onore, Consonni con Alzini e Vittoria Guazzini (immagine Instagram)
Giro d’Onore, Consonni con Alzini e Vittoria Guazzini (immagine Instagram)
La presenza di Soraya Paladin in squadra ti sta aiutando a inserirti?

Sicuramente, mi ha detto che sono tutte contentissime di avermi. A dire la verità, ero un po’ agitata. Entravo in un mondo completamente nuovo, non mi conosceva nessuno. Aver saputo che anche da parte loro c’è la volontà di lavorare con me e che magari l’anno scorso mancava una velocista per cui lavorare, è stato un bello stimolo. Ti dà qualcosa in più per dire: «Ok, ci sono. Lavoriamo bene e mettiamocela tutta».

EDITORIALE / Ditelo voi a corridori di 20 anni di trovarsi un lavoro

23.12.2024
5 min
Salva

Una conversazione avuta con Marino Amadori e Johnny Carera al termine della conferenza stampa milanese di Cordiano Dagnoni offre lo spunto per chiarire un pensiero. Avendo chiesto al presidente se pensa si possa fare qualcosa per arginare la crisi del movimento U23 italiano (in apertura, foto Giro NextGen), al termine dell’incontro con la stampa ci siamo sentiti domandare dal cittì azzurro come mai ce l’abbiamo tanto con la sua categoria. In parallelo, il principe dei procuratori ci ha spiegato che il ciclismo sia ormai cambiato e che l’attività under 23 sia diversa da quella di dieci anni fa e che grazie ai test è possibile capire con certezza scientifica se i corridori faranno carriera. Per cui chi non passa a 20-21 anni, evidentemente non ha i mezzi.

Grati per l’illuminazione, entriamo nel ragionamento, cercando di non dare per scontato ciò che scontato a nostro avviso non dovrebbe essere. L’analisi del territorio porta a dire che le società che fanno attività U23/Elite siano in diminuzione e che nei loro organici ci siano i soli corridori non considerati dai devo team. Il movimento nazionale che ne deriva, non considerando le gare internazionali in cui arrivano gli squadroni stranieri, ne risulta impoverito. Avete presente la scena dello Stelvio al Giro NextGen? Il confronto fra atleti di caratura inferiore genera corridori meno solidi, che fanno una gran fatica a entrare nel mondo del lavoro.

Lo Stelvio al Giro Next Gen del 2023. Troppo dura la salita o basso il livello dei corridori? (foto cyclingpro.net)
Lo Stelvio al Giro Next Gen del 2023. Troppo dura la salita o basso il livello dei corridori? (foto cyclingpro.net)

Le leggi sul lavoro

Si può impedire ad atleti maggiorenni di accettare un’offerta dall’estero? No, impossibile. E se anche la Federazione italiana imponesse una regola che li vincola a trascorrere un periodo in team italiani, la normativa europea sul lavoro permetterebbe di aggirarla. Del resto, basta osservare la grande disinvoltura con cui si rompono i contratti di professionisti ben più affermati, per capire che non ci sia scampo a fronte di un certo tipo di commercio. Chi propone e vende i corridori ha tutte le strade aperte. Si può impedirlo? No, impossibile. Si può impedire la concentrazione di talenti nelle mani di un solo soggetto? No, impossibile, almeno per ora. A meno che non ci pensi l’UCI, che rilascia le licenze alle squadre, ai corridori e anche ai loro agenti.

Per cui i ragazzi di 18 anni fanno valigia e vanno in Belgio, Olanda, Germania, Spagna, Francia: l’offerta è vasta. Restano per 2-3 anni e a quel punto chi ancora interessa alla WorldTour di riferimento, sale il fatidico scalino. Gli altri tornano indietro. Cosa trovano in Italia? Squadre che certo li accolgono, ma non è detto che li porteranno all’agognato professionismo. Secondo Carera ciò è dovuto al fatto che non abbiano le qualità per diventare corridori: per cui farebbero bene a cercarsi un lavoro. Su questo punto non è possibile generalizzare ed ecco perché.

Dopo il devo team, Scaroni non è passato alla Groupama, eppure si sta affacciando sul settimo anno da pro’
Dopo il devo team, Scaroni non è passato alla Groupama, eppure si sta affacciando sul settimo anno da pro’

La scelta di partire

Se è così matematico pesare le qualità di un atleta, perché mandare in un devo team ragazzi che non le hanno? Se tornano indietro è perché non le hanno, chi ha stabilito che le avessero? Si scommette assieme a loro sul successo e anche sul fallimento? Si tiene conto, nel proporgli la sfida, di quanta fatica gli sia costato arrivare a quel punto? La maturazione fisica e psicologica degli atleti è omogenea per tutti? Siamo consapevoli del fatto che l’adolescente di oggi, benché più ferrato in tema di tecnologie, sia anche parecchio più disarmato rispetto alla quotidianità della vita? Tutti i corridori sono in grado di andare all’estero e gestire la vita in ritiro in mezzo a gente che non parla la loro lingua? I corridori di 18 anni e le loro famiglie hanno le stesse consapevolezze di chi li consiglia?

Andare all’estero è una straordinaria scuola di vita, come farlo per motivi di studio, ma non tutti sono in grado di trarne vantaggio. Perché allora mandarli tutti? Forse perché si ha la consapevolezza che, se va bene, si potrà guadagnare in maniera più importante sui loro contratti? E in che modo poi si assistono quelli che tornano indietro?

Cristian Scaroni, under 23 nel devo team della Groupama, non andò alla WorldTour, eppure sta avendo una discreta carriera da professionista. Lorenzo Ursella arrivò alla DSM che era ancora un bambino, si è trovato male e nel 2025 correrà nella Padovani. Gli sarebbe convenuto forse un impatto meno duro con quel mondo? Thomas Pesenti, una carriera da U23 e poi elite con la Beltrami-TSA e il JCL Team Ukyo è appena salito del devo team della Soudal-Quick Step pur avendo già 25 anni.

Marino Amadori, selezionatore azzurro degli U23, al Giro Next Gen con Pietro Mattio
Marino Amadori, selezionatore azzurro degli U23, al Giro Next Gen con Pietro Mattio

Prima uomini

A Marino Amadori ci preme dire che non ce l’abbiamo con la sua categoria, nella quale siamo cresciuti quando entrammo in questo mondo nell’ormai lontano 1992. Ma proprio perché conosciamo a menadito le storie di tutti i ragazzi con cui abbiamo lavorato, ci possiamo permettere di fare delle distinzioni. Il suo lavoro di selezionatore non sarà minimamente scalfito dal Paese in cui i ragazzi sceglieranno di correre. Per cui come ha risposto venerdì lo stesso Dagnoni, il cittì potrà ugualmente garantire i suoi piazzamenti al Tour de l’Avenir. Nessuno gli impedisce l’accesso ai migliori, ma i migliori ormai si contano sulla punta delle dita, mentre un tempo era difficile fare la squadra, tanti erano i nomi in ballo.

La differenza fra chi ancora si ostina a scrivere queste cose e chi dice che tanto ormai va così, sta nel fatto che, pur essendo dei semplici giornalisti, ci sta a cuore il futuro di queste persone che a vent’anni corrono in bicicletta. Forse, come è giusto che sia trattandosi di rapporto di consulenza professionale, a chi deve trovargli una squadra l’ultimo aspetto sta meno a cuore. La nota stonata è che se un ragazzo di 20 anni si sente dire che non è forte abbastanza per andare avanti e gli viene negata la possibilità di dimostrare il contrario, se ne andrà dal ciclismo arrabbiato e magari escluderà la possibilità di rimanere nell’ambiente in altre vesti. Tutti i meccanici e i massaggiatori, tranne poche eccezioni, sono stati corridori, alcuni anche professionisti. Oggi se ne bruciano così tanti che magari un domani si farà fatica anche a comporre gli staff delle squadre. A volersi rassegnare, bisognerebbe ammettere una volta per tutte che il ciclismo giovanile italiano non è più in mano alle squadre e neppure alla Federazione.

Belgi e olandesi in massa a Milano, per Fenix e Van Vleuten

21.12.2024
6 min
Salva

MILANO – Per avere l’idea di quanto sia popolare il ciclismo fra Belgio e Olanda, basti pensare a quanto è accaduto ieri a Milano. Ci era arrivato un invito da parte di Nico Dick, il press officer della Alpecin-Deceuninck, per la presentazione a Milano della Fenix-Deceuninck. Appuntamento alle 10,30 nello showroom di Fenix in via Quintino Sella, alle spalle del Castello Sforzesco. Alle 12, a due fermate della “metro verde”, ci sarebbero stati la conferenza stampa del presidente federale Dagnoni e poi il Giro d’Onore.

Quando alle 10,20 il locale si riempie degli inviati belgi e olandesi, che di solito incontriamo nelle grandi corse, ci viene il sospetto di qualcosa di grosso. Uno di loro infatti, giornalista di Wielerfiets, ci dice di sfuggita che sarà presente un grosso nome, ma non sanno chi. E per questo sono partiti in blocco da casa. Poi aggiunge che il grosso nome magari è tale per loro e non per noi. Incuriositi continuiamo ad aspettare, ma convinti di fargli una gentilezza diciamo a tutti che di lì a poco ci saranno a disposizione della stampa personaggi come Ganna, Viviani, i fratelli Consonni, Guazzini, Balsamo e tutto il ben di Dio del Giro d’Onore. Credete che uno solo di loro si sia mosso da lì?

Il team manager Philip Roodhooft ha fatto il punto sulla squadra e spiegato il ruolo di Van Vleuten
Il team manager Philip Roodhooft ha fatto il punto sulla squadra e spiegato il ruolo di Van Vleuten

Sorpresa Van Vleuten

Il grosso nome effettivamente c’è ed è quello di Annemiek Van Vleuten. L’olandese si è ritirata alla fine del 2023 a 41 anni. Si è data un gran da fare nel gravel e alla fine ha accettato l’offerta di Philip Roodhooft, team manager della squadra belga, perché ne diventi un po’ coach, un po’ ispiratrice e un po’ anche talent scout. Con quattro titoli mondiali, un oro olimpico a crono, la vittorie del Tour, di 4 Giri d’Italia e di 2 Vuelta Espana, oltre a 2 Fiandre, 2 Liegi, 2 Strade Bianche e 2 Omloop Het Nieuwsblad, Annemiek è considerata una delle dei migliori cicliste di sempre.

«E’ soprattutto un investimento – dice Roodhooft, presente a Milano – per raggiungere risultati migliori. La squadra ha lottato, ma manca qualcosa perché arrivi dove vorremmo. Il ruolo di Annemiek è difficile da inquadrare, ma non è indefinibile. Ad esempio, nella nostra squadra abbiamo un’atleta come Carina Schrempf, che due anni fa correva gli 800 metri. Non ha parenti che le abbiano insegnato ad andare in bicicletta, per cui si tratta di un processo per il quale se va bene servono cinque anni. Con Annemiek in squadra ad esempio, possiamo accelerare questo processo di apprendimento. In più può insegnare alle ragazze a correre in modo più intuitivo, prendendo l’iniziativa e fiducia in se stesse. Finora tutte le tattiche sono affidate al direttore sportivo, sarebbe bello che durante un’intervista l’atleta fosse capace di dire di essere scattata perché ha visto un’occasione».

Chiamata a primavera

Lei è rimasta per tutto il tempo seduta e silenziosa. Ha scattato foto quando Alessia Piccolo ha presentato le maglie in tre colori e anche quando lo stesso Roodhooft ha raccontato gli obiettivi di un team che ha consolidato il rapporto con Fenix fino al 2027. Solo quando lo chiamano sullo sgabello, inizia a raccontare la sua versione.

«Dopo la primavera, che è stata un po’ deludente in termini di vittorie – dice – ho ricevuto una telefonata da Philip Roodhooft. Mi ha detto: “Sentiamo che abbiamo ancora bisogno di qualcosa per aiutare le ragazze a fare il passo decisivo. Pensiamo che tu possa aiutarci”. Questa è una grande opportunità per me. Sapevo di non voler fare il direttore sportivo, perché penso che altri siano tatticamente più bravi. E non volevo nemmeno essere un allenatore. Quindi questo ruolo libero mi piace molto.

«Credo che la squadra abbia delle individualità molto forti – dice – di cui ancora non c’è consapevolezza. Prendo il mio esempio. Ho scoperto casualmente che potevo essere uno scalatore. Volevo andare ai Giochi di Rio ed è per questo che ho iniziato ad allenarmi forte in salita. Se qualcuno avesse espresso prima la sua fiducia nelle mie qualità, per me avrebbe fatto una grande differenza. Sarò una sorta di performance coach, sarà un viaggio di scoperta per me e per la squadra. Sicuramente ne ragionerò insieme alle atlete e vedrò come ottenere il meglio da ciascuna di loro e da tutta la squadra».

Nel 2022, Van Vleuten ha vinto la prima edizione del Tour Femmes e a seguire il mondiale di Wollongong
Nel 2022, Van Vleuten ha vinto la prima edizione del Tour Femmes e a seguire il mondiale di Wollongong

Tre atlete al massimo

Andando avanti con le domande, viene fuori però che il suo non sarà un impegno ad ampio raggio, ma piuttosto focalizzato su due atlete: Puck Pieterse e Pauliena Rooijakkers, la giovanissima star del fuoristrada ma vincitrice di una tappa al Tour e la terza dell’ultima Boucle.

«L’idea è di lavorare specificamente con tre ragazze – specifica però Van Vleuten – ma non è ancora del tutto noto quali saranno. Mi unirò alla squadra al ritiro di gennaio e conoscerò tutti. Potrei certamente lavorare con Puck, ma prima dovrà concludere la sua stagione di cross, per cui per ora la lasceremo in pace. Certamente in lei vedo una potenziale vincitrice del Tour. Ha molto talento, che però deve essere instradato. Deve scoprire se stessa. E penso che lo farà scegliendo dove vuole veramente eccellere. In questa squadra la priorità è che sia il corridore a fare la scelta e che riesca anche a divertirsi».

Con Van Vleuten due atlete della Fenix: Marthe Truyen e Yara Kastelijn
Con Van Vleuten due atlete della Fenix: Marthe Truyen e Yara Kastelijn

Più o meno una mental coach

Due parole Van Vleuten le riserva anche a Pauliena Rooijakkers, che ha 31 anni e non avrebbe mai immaginato di essere all’altezza di un podio al Tour de France.

«Da quando sono stata contattata nella scorsa primavera – spiega Van Vleuten – ho iniziato a seguire Pauliena con un po’ più di interesse. Mi rivedo molto in qualcuno che ha iniziato a scoprirsi come corridore di classifica già da grande. Parlandone e ragionando con lei, potremmo essere in grado di accelerare il suo processo. A volte questo significa semplicemente darle fiducia. Negli ultimi anni di carriera, mi è capitato di sedermi con il mio allenatore, cercando di capire quale potesse essere il mio ruolo. Ho anche studiato psicologia dello sport, perché penso che in questo momento sia la parte più interessante e quella in cui il mio contributo possa essere maggiore. Sono stata in gruppo per 18 anni, sarebbe brutto perdere la mia esperienza, vorrei trasmetterla alle ragazze più giovani».

Attirati da altri grossi nomi decisamente più azzurri, alle 11,45 abbiamo lasciato lo showroom Fenix, proprio nel momento in cui stavano arrivando i primi piatti del pranzo. La giornata era ancora lungi dal finire, gli amici del Nord stavano ultimando le loro interviste e si avvicinavano al buffet.

Giro d’Onore e conferenza stampa: Federazione in festa

21.12.2024
8 min
Salva

MILANO – Il Giro d’Onore della Federazione ciclistica italiana diventa la celebrazione del quadriennio appena concluso. La sede è istituzionale come più non si potrebbe: l’Auditorium Testori presso la sede della Regione Lombardia, nella Piazza Città di Lombardia in cui per le Feste è stata montata una pista di pattinaggio su ghiaccio che ribolle di ragazze e ragazzi.

«Il Giro d’Onore – dice Dagnoni dal palco – è l’evento ormai imperdibile per tutti gli atleti, i tecnici e tutti i nostri operatori. Ma anche per tutti gli appassionati che possono vedere proprio in questa occasione il meglio del nostro ciclismo. Direi che vedere atleti, atlete, tecnici tutti orgogliosi di poter celebrare, festeggiare i successi di un’annata fantastica come questa è anche per me motivo di grande orgoglio. Il 2024 è stato un anno fantastico perché chiude un quadriennio, ma è stato anche un anno olimpico. Un anno che ci ha regalato grandi soddisfazioni sia alle Olimpiadi che alle Paralimpiadi. E’ un 2024 che con queste 105 medaglie fa chiudere un quadriennio a 454 medaglie, che è un risultato importante. E’ il 60 per cento del quadriennio precedente che già era stato un buon anno. Mi dicono spesso che sono un presidente fortunato, però io la prendo anche volentieri: forse tra un bravo presidente e uno fortunato rende di più quello fortunato».

Il presidente della Federazione è rimasto sul palco per tutto il tempo, raccontando, premiando, ridendo. Nella platea dell’Auditorium si ripete il consueto sfarzo di grandi campioni: le assenze giustificate sono quelle degli atleti ancora impegnati nelle gare del cross e nei ritiri con i rispettivi team. A Vittoria Guazzini viene consegnato il Collare d’Oro del CONI per la madison olimpica in coppia con Chiara Consonni. La toscana infatti era ancora in ritiro con la FDJ Suez quando a Roma si è svolta la prestigiosa cerimonia.

Il presidente Dagnoni ha raccontato il suo quadriennio alla vigilia del Giro d’Onore in una conferenza stampa
Il presidente Dagnoni ha raccontato il suo quadriennio alla vigilia del Giro d’Onore in una conferenza stampa

Amico Malagò

Prima della festa, nella sala stampa all’undicesimo piano, il presidente della Federazione Dagnoni ha raccontato i suoi numeri e fatto il punto della gestione. Al suo fianco Federica Picchi, il Sottosegretario regionale con delega alla Sport e Giovani, e Giovanni Malagò, presidente del CONI.

La conta delle medaglie è stata, come prevedibile e come probabilmente avrebbero fatto tutti, il punto d’avvio del discorso. I numeri sono notevoli, il ciclismo è una fucina di titoli. Il 10 per cento delle medaglie di Parigi 2024 è venuto dai nostri ragazzi e il siparietto fra i due presidenti è probabilmente qualcosa di già visto, ma se qualcuno non vi ha mai assistito, lascia il segno. Colpisce anche la battuta del presidente federale lombardo, nella sede lombarda che parlando col massimo dirigente dello sport nazionale fa la battuta che alle prossime elezioni sarebbe un peccato non vincesse un candidato lombardo, essendo lui il solo. Malagò che ride avallandolo fa uno strano effetto. Avrebbe potuto opporre le mani e dire: chiunque vincerà avrà il nostro appoggio e sarà l’espressione della base. Invece, coinvolto dal clima di festa e battute, si presta non si sa quanto inconsapevolmente allo spot elettorale.

«Qualità delle medaglie – ha chiosato Malagò – la loro percentuale, anche rispetto al record di quelle vinte non solo alle Olimpiadi. Però il ciclismo al di là di tutto è la storia del Paese e questo è qualcosa che onestamente non gli toglierà nessuno. E soprattutto continua ad esserlo e secondo me lo sarà per sempre».

Malagò non ha mai fatto mancare la sua vicinanza a Dagnoni, neppure nelle fasi più complesse
Malagò non ha mai fatto mancare la sua vicinanza a Dagnoni, neppure nelle fasi più complesse

Conti che scottano

L’attività di vertice ha raggiunto livelli di assoluta eccellenza. La struttura costruita da Amadio e intorno ad Amadio gira come una squadra WorldTour. I cospicui investimenti e l’applicazione del Team Performance di Diego Bragato a tutte le discipline sta facendo rinascere il gruppo della velocità su pista, ha dato un bel boost alla mountain bike, al paraciclismo e al ciclocross. La selezione dei talenti dal basso porta nel giro della nazionale i talenti più dotati ed è innegabile che l’attività juniores riorganizzata da Dino Salvoldi negli ultimi tre anni abbia portato a un deciso cambio di passo.

Dagnoni sa quali insidie potrebbero celarsi sul suo cammino e tira fuori per primo la questione della perdita nel bilancio 2023: dati resi ufficiali due settimane fa, con un ritardo a dir poco insolito. Il patrimonio netto federale è passato dai 6.386.155,48 euro del 2021, ai 5.518.764,57 del 2022 per scendere ai 4.415.701,78 di fine 2023. Il presidente se la gioca da politico e spiega la perdita di esercizio di 3.106.062 con una semplicità disarmante, che per certi versi è anche vera.

Il tesoretto del 2020

La Federazione si è ritrovata con un tesoretto in mano alla fine del 2020, quando il Covid ha impedito lo svolgersi di tanta attività, ma non il rilascio dei finanziamenti pubblici. Avendo soldi da spendere, perché non usarli?

Sui conti del 2024, Dagnoni fa sapere che il bilancio si chiuderà con un lieve utile: dato su cui sapremo qualcosa semmai alla fine del prossimo anno. Ma la domanda è un’altra: ora che quel tesoretto non c’è più, come faremo a preparare le prossime Olimpiadi?

Viene in soccorso Infront. Il contratto firmato per i prossimi sei anni dovrebbe garantire 10 milioni l’anno a favore della Federazione. Il capitolo bilancio si è chiuso con toni accigliati e il senso di aver sfilato un’arma dalle mani dei rivali alle prossime elezioni.

La difesa che manca

Una conferenza stampa come questa non può bastare per raccontare quattro anni vissuti su scossoni per certi versi inediti, né la platea dei colleghi appare più di tanto agguerrita. Del resto la presenza del massimo vertice del CONI e la benedizione della Regione Lombardia fa pensare che si tratti piuttosto di una celebrazione. E quel po’ di cenere che Dagnoni si sparge sul capo è stata gestita con sapienza. Restano i dubbi sull’attività federale sui territori. Ma anche in questo caso, il tema viene affrontato e liquidato snocciolando numeri e con una piccola e bonaria autocritica.

Vengono dati nuovamente dei numeri. Un milione di euro per i comitati regionali, in base ai progetti presentati. Circa due milioni di sconti per il dimezzamento dei costi di affiliazione. Circa mezzo milione per facilitare l’organizzazione di gare nel 2023. Una convenzione con Anas che ha permesso di organizzare 126 gare in più. 700 mila euro per l’attività dei centri della pista. Valore della produzione aumentato del 10 per cento rispetto al quadriennio precedente, la raccolta sponsor del 50 per cento, mentre l’incidenza dell’attività sul bilancio federale è del 70 per cento.

La bonaria autocritica riguarda una mancanza: abbiamo dato soldi in base ai progetti, ma non abbiamo verificato che poi siano stati affidati alle società. Come dire: la distanza siderale che le società percepiscono rispetto a Roma non dipende da Roma, semmai dai comitati provinciali e quelli regionali.

Bernard e Plebani, bronzo olimpico nell’inseguimento: il ct della medaglia non è più in nazionale
Bernard e Plebani, bronzo olimpico nell’inseguimento: il ct della medaglia non è più in nazionale

La deriva inarrestabile

Restano sul tappeto i dubbi sull’effettiva parità fra uomini e donne. Sulle squadre under 23 che chiudono i battenti. Sulla tendenza degli juniores di andare all’estero nei devo team del WorldTour. E soprattutto un senso di impotenza di fronte alle stesse questioni. Il mondo è cambiato. Nessuno può impedire questa deriva. Non ci sono rimedi possibili. A gestire il ciclismo giovanile italiano, almeno per ciò che esula dall’attività federale, sono i procuratori che distribuiscono talenti per il mondo. Quanti tornano indietro, sconfitti a vent’anni, vengono definiti non idonei per fare i corridori.

E noi che probabilmente veniamo davvero da un’altra epoca, pensiamo certamente che il mondo sia cambiato, ma che sarebbe anche il caso di tentare una difesa prima di alzare le braccia nel segno della resa. A 18 anni non si è maturi per un simile salto, non bastano i watt. Siamo sicuri di questo passo che fra dieci anni ci saranno ancora juniores da lanciare sul tetto del mondo?

I tecnici della federazione presenti ieri a Milano, compresi quelli che per vari motivi non ci saranno più dal 2025
I tecnici presenti ieri a Milano, compresi quelli che per vari motivi non ci saranno più dal 2025

Quattro Ct in meno

Lasciamo la chiusa a Elia Viviani, l’uomo delle medaglie nelle ultime tre Olimpiadi. Colui che a partire dal 2019 ha sacrificato alla pista la sua carriera su strada e sta ancora cercando una sistemazione per l’ultimo anno di una carriera eccezionale.

«Io penso che il ciclismo, come tutti gli sport – dice dal palco il veronese – stia andando in una direzione dove i giovani sono importantissimi. La Federazione sa che dalla categoria juniores a quella under 23 si decide il futuro di una persona, oltre che dell’atleta. Io spero solo che possiamo essere di esempio e sono certo che continueremo ad esserlo, perché i ragazzi sono ancora super motivati. Mancano quattro anni da qui a Los Angeles, ma alla fine volano sempre. E spero che il gruppo che ha lavorato fino a Parigi venga preso da esempio. Gli ultimi anni sono stati la dimostrazione che si può fare la multidisciplina e raggiungere grandi risultati. Arriviamo da tre cicli olimpici di grandi soddisfazioni e per questo l’asticella è sempre più alta. Sarà compito della Federazione e dei tecnici preparati, perché gli atleti avranno sempre voglia di fare bene».

Annotiamo però, andando via da Milano, che il gruppo dei tecnici dell’ultimo quadriennio si è assottigliato. A causa di scelte personali, bocciature dal Consiglio federale e scelte federali, i settori della pista paralimpica, della BMX, della strada uomini e donne sono scoperti. Da gennaio non ci saranno più Perusini, Lupi, Bennati (in più di un’intervista il presidente della Federazione ha detto che se sarà rieletto, tornerà a confrontarsi con il toscano, che sarà confermato se si lavorerà in continuità) e Sangalli. Ieri mattina, prima del Giro d’Onore è svolta una riunione dei commissari tecnici confermati per darsi i saluti di fine anno e impostare i primi appuntamenti del 2025, fra Coppe del mondo e mondiale di cross e gli europei su pista di febbraio.