Fabbro, lavori in corso per un 2023 di rivincite

16.01.2023
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Il suo contratto è in scadenza al termine di questa stagione. Per Matteo Fabbro la Bora Hansgrohe ha rappresentato una svolta nella carriera che lo ha portato al ciclismo WorldTour al fianco di campioni e con responsabilità mai banali. L’anno scorso, complice una bronchite arrivata in un momento delicato, subito dopo la Tirreno-Adriatico, non è riuscito a disputare corse al livello delle sue aspettative. Il 27enne friulano nel 2020 e 2021 ha dimostrato di essere un ottimo gregario con anche tanto margine di crescita personale.

In cerca del giusto spazio per cogliere l’occasione giusta, viene da sé che il 2023 sarà un anno spartiacque sia per l’età che per la sua carriera. Così Matteo ha accettato di darci qualche spunto e aspettativa sulla stagione alle porte.

A dicembre Matteo Fabbro è stato in ritiro con la squadra a Mallorca
A dicembre Matteo Fabbro è stato in ritiro con la squadra a Mallorca
Sei già stato al caldo per il ritiro invernale?

Sì, abbiamo fatto un ritiro a dicembre a Mallorca e a gennaio siamo liberi. Io andrò per conto mio a Gran Canaria e poi andrò diretto alla Volta a la Comunitat Valenciana il 1° febbraio. 

Come sta andando la preparazione?

Buone sensazioni, tutto nella norma. Abbiamo affrontato una preparazione diversa dall’anno scorso perché nel 2022 era più incentrata sul Giro d’Italia. Quest’anno mi preparo lo stesso per il Giro, ma sto cercando di avere un po’ più spazio nelle corse prima e quindi farmi trovare pronto

Quali obiettivi ti ha indicato la squadra?

Essere di supporto al Giro per Vlasov e, se ci sarà l’opportunità, di giocare le mie carte magari con attacchi da lontano oppure su alcune tappe diciamo che mi lasceranno un po’ più di libertà. Siamo i vincitori uscenti con Hindley quindi avremo gli occhi puntati addosso. Ci ripresentiamo con una squadra forte, ma riconfermarsi non è mai facile. Vedremo a ridosso quale sarà la condizione. A me basta non ammalarmi prima e dover dare forfait come ho dovuto fare l’anno scorso a causa della broncopolmonite dopo la Tirreno-Adriatico.

Per questo il tuo 2022 non ha brillato?

E’ stato un brutto anno. Ho fatto uno stop di tre settimane post Tirreno appunto senza toccare la bici. Una battuta d’arresto così lunga in quel periodo è cruciale per tutta la stagione. Infatti ho iniziato ad avere buone sensazioni e andare forte a fine 2022 come al Lombardia, ma ormai le occasioni erano sfumate. 

Matteo Fabbro è del 1997, è passato pro’ nel 2018. Al termine del 2023 scadrà il contratto con la Bora-Hansgrohe
Matteo Fabbro è del 1997, è passato pro’ nel 2018. Al termine del 2023 scadrà il contratto con la Bora-Hansgrohe
Quali sono i tuoi appuntamenti importanti del 2023?

Dovrei fare Giro e Vuelta, però manca ancora tanto, le variabili sono infinite, quindi mi pongo degli obiettivi più vicini che sono andare forte al Giro e al Catalunya. 

Quindi al giro sarete presenti con altre punte?

Hindley non difenderà la maglia rosa, ma ci saranno Vlasov e Kamna che punteranno alla classifica. Noi saremo tutti di supporto e qualora ci fosse l’occasione saremo pronti a giocarci le nostre carte. 

Ti sei già fatto un’idea dei percorsi?

Quello della Vuelta non è un brutto percorso, ma secondo me il Giro è ancora più duro. Penso che sarà simile a quello del 2020. Ci sono tappe lunghe e specialmente l’ultima settimana non perdonerà. Specialmente quello che verrà sprecato nella prima parte, si pagherà alla fine. Ci sono due crono da non sottovalutare. Sulla carta è a mio avviso più impegnativo del 2022. 

Il tuo contratto scadrà a fine stagione, come vivi questa situazione?

Sicuramente da una parte è uno stimolo. Io sono motivato a riscattarmi dalla stagione scorsa penalizzata dagli infortuni e vicende varie. Ho passato un anno a rincorrere la condizione e sicuramente proverò a farmi vedere nella prima parte. Non farò a malincuore la Tirreno, perché è una corsa cui tengo particolarmente. Però sarò al Catalunya e vedendo il percorso, non è semplice nemmeno quello. 

Fabbro alla Vuelta ha visto crescere la sua condizione dopo un 2022 in salita
Fabbro alla Vuelta ha visto crescere la sua condizione dopo un 2022 in salita
Tornando alla tua preparazione, hai fatto modifiche durante l’inverno?

Ho modificato un po’ la posizione in ritiro e mi sono arretrato leggermente. Poi sono passato al manubrio aero della Roval, perché quello che usavo era un modello precedente. 

Come mai questo arretramento?

Mi sentivo un po’ scomodo. La mia sensazione era quella di non riuscire a chiudermi specialmente quando mettevo le mani basse. Da quando ho iniziato a pedalare questo inverno in ritiro, con i tecnici Specialized abbiamo deciso di fare questa piccola modifica. 

Sono cambiamenti di posizione naturali o è dovuto ad altro?

Ero molto estremo prima, al limite in avanti. Un altro elemento che ha forse inciso è l’aver cambiato le scarpe. Avevo le S-Works ed essendo andate fuori produzione da quest’anno sono passato alle Ares. Siamo arrivati a questa conclusione. Ogni tanto ci sta fare qualche piccolo cambiamento. Poi si parla di millimetri, finezze che a livello mentale rappresentano accortezze che possono aiutare. 

Dal Carpegna ad Utrecht, la chiamata last minute per Fabbro

19.08.2022
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Matteo Fabbro è riuscito nell’impresa di battere Filippo Conca nel sapere di andare alla Vuelta. Per Filippo la chiamata è arrivata alle 12 del 14 agosto, per Matteo addirittura nella mattinata di Ferragosto. Ma l’importante è esserci!

Il friulano della Bora-Hansgrohe, nell’immagine di apertura impegnato nelle foto di rito prima di un grande evento, è stato chiamato per il forfait di Emanuel Buchmann. Quando le cose vanno così l’avvicinamento non può essere dei migliori. Ma questo non significa che Matteo non ce la metterà tutta.

Un buon Delfinato per lo scalatore friulano, in fuga nelle ultime due frazioni di montagna
Un buon Delfinato per lo scalatore friulano, in fuga nelle ultime due frazioni di montagna

Fame di scalatori

E anche la squadra sa bene che Fabbro non l’ha preparata a puntino. Ma resta lo scalatore che più serviva alla causa del team tedesco.

«Matteo parteciperà alla Vuelta – ci aveva detto il diesse Gasparotto – la sua presenza è stata una decisione dell’ultimo minuto a causa della defezione di Buchmann, dovuta ad un’infezione. Si tratta del primo grande Giro per Matteo in questa stagione. Aveva dovuto rinunciare al Giro d’Italia a causa di problemi fisici che ne avevano compromesso la preparazione». 

«Inizialmente avevamo deciso di mantenere più o meno gli stessi scalatori che avevano fatto il Giro. Con Buchmann avremmo avuto 3-4 corridori pronti per la generale, senza Emanuel perdiamo un possibile uomo da classifica ma Matteo sarà in grado di dare una mano e sono certo che lo farà bene».

Fabbro (classe 1995) ha iniziato la sua seconda parte di stagione a San Sebastian
Fabbro (classe 1995) ha iniziato la sua seconda parte di stagione a San Sebastian

Quei lavori in quota

E Fabbro cosa dice? «Io – spiega il friulano – spero di essere pronto. Il mio post Giro tutto sommato era mirato su questo appuntamento. All’inizio ero nella squadra per la Vuelta, poi no… il problema è che avendo corso poco dopo il Giro e non essendoci state gare durante il Tour non avevo potuto fare e dimostrare molto. Da parte mia ho lavorato molto e punto ad essere competitivo, molto competitivo».

Dopo il Giro Fabbro si è allenato ad Andorra. Era di fatto con la squadra del Tour. Ha corso il Delfinato, ma sapeva che non sarebbe stato della partita per la Grande Boucle. Poi si è spostato a Livigno, dove vi è restato per un lungo periodo.

«E lì – spiega Fabbro – ho lavorato molto cercando di sopperire la mancanza di corse con lavori d’intensità».

E questa è un po’ una novità rispetto a quel che ci hanno detto praticamente tutti gli altri pro’, cioè che in altura hanno fatto quantità e non qualità. Anche perché si rischia di fare più male che bene.

«Ho fatto dietro moto, ma soprattutto a casa, mentre in altura ho fatto dei lavori intensi, però per questo tipo di sedute scendevo in basso. O non sopra i 1.600 metri. Pedalavo nella zona di Bormio, Valdidentro. Facevo i lavori verso Bormio 2000 o fino alla metà dello Stelvio».

I ragazzi di Gasparotto hanno fatto le prove per la cronosquadre di oggi pomeriggio ad Utrecht (foto Instagram @veloimages)
I ragazzi di Gasparotto hanno fatto le prove per la cronosquadre di oggi pomeriggio ad Utrecht (foto Instagram @veloimages)

Per la squadra e non solo

Come dicevamo, Fabbro ha saputo davvero tardi che sarebbe dovuto volare in Olanda. L’aver lavorato bene e tanto però è più di una consolazione per quando si parte per un grande Giro. La coscienza è a posto, ma soprattutto lo sono le gambe e si ha la consapevolezza di poter fare bene.

«Quando l’ho saputo – racconta Fabbro – ero sul Carpegna, mi stavo allenando e avevo anche rotto il cambio. Diciamo che il mio umore in quel momento non era dei migliori! Poi ha squillato il telefono, mi hanno detto della Vuelta e ho recuperato la giornata! Sinceramente ci speravo…».

Ma tornando al discorso del “fare bene” questa definizione ha molte sfaccettature e Fabbro con Hindley e Higuita in squadra rischia di avere poco spazio.

«Abbiamo una squadra forte. C’è un velocista di spessore come Sam Bennett e ci sono tre uomini di classifica come Hindley, Higuita e Kelderman… e capisco che potrei non avere troppo spazio. Ma senza Buchmann c’è un uomo di classifica in meno. Io credo che andremo avanti giorno per giorno e già la cronosquadre di oggi sarà importante per la generale. Se piove sarà pericolosissimo visto che il percorso di Utrecht è tecnico».

«Le montagne in questa Vuelta non mancano e se ci sarà un’occasione sarò pronto a sfruttarla. Certo, se andiamo in maglia sarà difficile e dovrò restare vicino al capitano. Ma avrò comunque l’occasione di mettermi in mostra tirando forte in montagna. Come del resto in passato hanno fatto dei grandi atleti e come mi dice il mio preparatore Sylwester Szmyd, lui è stato un ottimo corridore pur facendo il gregario».

Da Andorra, i consigli di Fabbro per la tappa di Castelmonte

27.05.2022
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Matteo Fabbro non è al Giro d’Italia a dar man forte a Hindley e compagni. Il friulano è in ritiro ad Andorra. Al Giro avrebbe voluto esserci. E avrebbe voluto esserci soprattutto oggi, nella frazione che arriva a Castelmonte. Ma vista la situazione già al Tour of the Alps ci aveva detto che non avrebbe avuto molto senso venire al Giro senza essere in forma.

«Ora – dice Fabbro – sono qui in altura. Rientrerò al Delfinato. Il Tour? Un’ipotesi più che un programma, per ora. Intanto pensiamo a rientrare in corsa al Delfinato, visto che la Grande Boucle quest’anno non è molto adatta alle mie caratteristiche, tra la partenza in Danimarca, il vento, la tappa in pavé. Le montagne ci sono, ma prima devi sopravvivere!

«L’idea normale è quella di fare la Vuelta».

Con Fabbro però andiamo alla scoperta della tappa numero 19 del Giro, la Marano Lagunare – Santuario di Castelmonte, frazione friulana (e un po’ slovena).

Matteo già ce ne aveva parlato questo inverno, ma adesso vogliamo ritornarci, per farci dare dare una sorta di “consigli” per entrare nei meandri tecnici della tappa e analizzarla con la classifica attuale.

Matteo Fabbro (classe 1995) dal ritiro in Andorra ci ha raccontato la tappa nel “suo” Friuli
Matteo Fabbro (classe 1995) dal ritiro in Andorra ci ha raccontato la tappa nel “suo” Friuli
Matteo, se fossi in Gasparotto, che consigli daresti ai tuoi ragazzi per affrontare questa tappa?

Bisognerebbe vedere come stanno. Sin qui hanno speso molto, vengono da tappe dure e li aspetta la Marmolada. Se avessimo avuto la maglia rosa avrei corso in difesa, altrimenti avrei cercato d’inventarmi qualcosa sul Kolovrat, che di certo resterà indigesto a qualcuno. E’ una salita micidiale.

Micidiale, addirittura?

Ha una pendenza media del 10%, ma bisogna considerare che in un tratto spiana un po’ e in un altro scende, quindi si significa che sei sempre sopra al 12% E chi ha la gamba lì va.

Che rapporti monteresti?

Un 36 davanti e un classico 11-30 al posteriore. Con quello vai dappertutto.

E che ruote sceglieresti: alte o a medio profilo?

Una ruota alta ti potrebbe agevolare nella prima parte che è piatta, quella a medio profilo ti potrebbe aiutare dopo, ma alla fine credo che opterei per una ruota da 50 milllimetri.

Per te questa frazione somiglia a quella di Torino? Lì c’erano molti saliscendi…

Da Villanova Grotte la strada diventa stretta e tortuosa e lo diventa già in salita, ma soprattutto dopo. Quindi potrebbero esserci degli attacchi in discesa. Ma dal Tanamea in poi non c’è più respiro. Da Caporetto inizia la salita più dura e poi ancora è tutto un vallonato. Nella prima parte di questo segmento vallonato è più discesa, poi per rientrare in Italia ci sono dei pezzi che salgono e scendono, in ogni caso bisogna pedalare. Difficile organizzare un inseguimento di squadra.

C’è spazio per attaccare dunque?

Sì, anche perché il tratto vallonato è nel bosco, è umido, è tortuoso. E se dovesse piovere sarebbe tutto più complicato.

Invece il finale?

Terminato questo tratto vallonato si arriva in pianura, ma saranno tre, quattro chilometri al massimo. Una svolta a sinistra e inizia la salita di Castelmonte. Però qui non è super necessario stare davanti. La salita infatti è larga. E’ una salita impegnativa, ma ben più pedalabile del Kolovrat.

Nibali ha detto che nella frazione di Torino, anche per come è stata corsa, era difficile persino alimentarsi. Sarà così anche verso Castelmonte?

Non credo. Perché tra una salita ed un altra ci sono dei tratti rettilinei. Sono brevi, però hai spazio per mandare giù un boccone. E poi per il Kolovrat dovresti esserti alimentato prima. Da quel punto in poi mandi giù un gel che è ben più pratico.

Tornando sempre alla frazione di Torino, lì la tua Bora-Hansgrohe ha stravolto il Giro, sarà ancora così? Gasparotto s’inventerà qualcosa?

“Gaspa” ha portato una ventata di aria nuova e credo che serviva. Abbiamo iniziato a correre più all’attacco invece che subire la corsa. E per ora ha dato i suoi frutti. Kamna quando sta bene ha carta bianca e in fuga sbaglia poche volte. Kelderman anche nel giorno dell’Aprica è stato sfortunato: ha avuto dei problemi meccanici, e Hindley è lì. Vedremo cosa s’inventerà (ride, ndr).

E quindi si potrebbe arrivare tutti insieme ai piedi del santuario di Castelmonte?

Mi aspetto due corse, quella per la tappa e quella per la classifica. La tappa è divisa in due parti nette: i primi 75-80 chilometri che sono totalmente piatti, e i secondi 100, da Tarcento in poi, in cui non c’è più respiro. Quindi gli uomini di classifica che decideranno di attaccare devono essere consapevoli che il giorno dopo c’è la Marmolada.

Febbre da cavallo e niente Giro: Fabbro verso la Vuelta

25.03.2022
4 min
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Matteo Fabbro non sarà al via del Giro d’Italia. Dopo undici giorni senza bici e con la necessaria terapia di antibiotici, la Bora-Hansgrohe ha preso la decisione per tutelarlo e ha riscritto il suo programma. Al posto della corsa italiana ci saranno la Vuelta e prima un’estate di spessore.

Anche per lui è stata fatale la Tirreno-Adriatico. Il giorno di Carpegna ha dato forse il colpo di grazia, ma come spiega Matteo per primo tutta la settimana è stata piuttosto pesante.

Fabbro compirà 27 anni il 10 aprile. Lo scorso anno ha rinnovato con la Bora fino al 2023
Fabbro compirà 27 anni il 10 aprile. Lo scorso anno ha rinnovato con la Bora fino al 2023

«Prima avevo avuto il Covid – dice – ma l’ultimo problema è stato legato a una bronchite presa alla Tirreno. Sono stato per quattro giorni a letto con la febbre a 39 che non scendeva. Ho preso gli antibiotici e oggi per la prima volta sono risalito in bici. Non sono in grado di dire perché siamo stati male in tanti. Di certo girava un virus intestinale, mentre quanto al freddo si può dire quel che si vuole, ma abbiamo corso ogni giorno con temperature sotto agli 8 gradi. Salite e discese, zone d’ombra. Quand’è così, è probabile che ci si ammali».

Scalatore di 52 chili

Un metro e 67 per 52 chili, Matteo ha rinnovato lo scorso anno il contratto con la squadra tedesca, che ne ha fatto uno dei più forti uomini in appoggio del suo team di scalatori, pur consentendogli all’occorrenza di cercare i suoi spazi. E anche se il 2021 è stato un po’ opaco, il 7° posto a Prati di Tivo alla Tirreno e il 4° a Naturno al Tour of the Alps, dicono che il friulano ha sostanza e sta crescendo.

Matteo è alto 1,67 e pesa 52 chili: peso da scalatore vecchio stile
Matteo è alto 1,67 e pesa 52 chili: peso da scalatore vecchio stile
Impossibile recuperare?

Impossibile no, bisogna vedere quali sono gli obiettivi. Dopo una settimana senza miglioramenti, durante la quale mi stavo anche un po’ preoccupando, la febbre è scesa. Solo che avevo perso dei giorni al ritiro di Mallorca, quando ero in stanza con Aleotti positivo. Poi ho perso altri giorni al Saudi Tour. Se tirassi dritto, arriverei al Giro senza la base che serve. Così la squadra per non bruciarmi ha deciso di farmelo saltare. Nessuno è felice di questo. E comunque, detto fra parentesi, è così difficile trovare i nomi per andare a correre che non mi meraviglierei se alla fine mi richiamassero. Ma sarebbe per tappare un buco, per cui a cose normali, non dovrebbe succedere.

Che tipo di Giro avresti corso?

Ero molto concentrato sull’obiettivo. A gennaio avevamo fatto un meeting per programmare ogni cosa e perché io potessi tornare protagonista. Ero stato a vedere qualche tappa. Avrei corso in appoggio dei nostri tre leader: Hindley, Keldermann e Buchmann. Avrei avuto le mie carte, in una squadra che viene al Giro per puntare al podio.

Al Giro di Svizzera del 2021, qualche buon piazzamento, come il 9° posto a Disentis Sedrun
Al Giro di Svizzera del 2021, 9° posto a Disentis Sedrun
E così adesso si apre la strada per la Vuelta…

Preceduta da due blocchi di altura e corse come Getxo e Burgos, oppure il Polonia. Detto questo, non so ancora dove ricomincerò. Non so cosa aspettarmi dopo questo stop, è stato come un’altra piccola pausa invernale. Non ho il problema del peso, ma servirà del tempo per tornare a un buon livello. La squadra però mi sta vicina, mi dà morale e così ho stimolo ad allenarmi bene, curando i dettagli.

Hanno dimostrato più di una volta che a te ci tengono…

Lo spero vivamente e mi fa piacere sentirlo. Ho rinnovato il contratto lo scorso anno ed è stato un bene. Se mi fosse successo questo intoppo e fossi stato in scadenza, mi avrebbe scombussolato non poco tutti i piani. Invece sono tranquillo.

Con Benedetti e Buchmann alla Cascata delle Marmore. Dopo la Tirreno, Fabbro si è ammalato
Con Benedetti e Buchmann alla Cascata delle Marmore. Dopo la Tirreno, Fabbro si è ammalato
Hai chiesto perché non abbiano scelto di portarti al Tour?

Non è un problema di caldo e devo dire che il Tour mi piacerebbe. Ad ora gli scogli sono due. L’inizio sul pavé e il tanto vento delle prime tappe, in cui la mia taglia potrebbe non essere la più adatta. Per questi motivi la carta francese per ora non l’abbiamo giocata, ma se fossi pronto si potrebbe rivalutarla. Di certo il Tour non cadrebbe in un momento sbagliato, vedremo con la squadra altempo debito.

Hai ripreso a pedalare in Friuli?

No, a San Marino. Mi sono trasferito qui e ieri sono andato a salutare i miei compagni alla partenza della Coppi e Bartali. C’è un bel meteo. La prima pedalata è servita giusto per ritrovare le sensazioni, un paio d’ore. E adesso si ricomincia sul serio.

Nel cuore del Friuli, con un friulano. Fabbro è già al Giro

20.11.2021
4 min
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Segnatevi questa tappa del prossimo Giro d’Italia: Marano Lagunare – Santuario di Castelmonte. E’ la frazione numero 19 della corsa rosa, 178 chilometri. Uno spaccato del Friuli Venezia Giulia: dal mare alle montagne, passando per la pianura e le colline. 

A raccontarci di questa frazione è Matteo Fabbro, friulano Doc, che giusto qualche giorno fa è andato in avanscoperta con il suo diesse, corregionale ed amico: Enrico Gasparotto, da poco approdato alla Bora-Hansgrohe.

Matteo Fabbro sulle strade del suo Friuli, lui è udinese
Matteo Fabbro sulle strade del suo Friuli, lui è udinese
Matteo, si corre a casa tua…

Tappa quasi tutta friulana, con uno sconfinamento in Slovenia. Fino al Passo di Tanamea si percorrono strade che conosco e tutto sommato è abbordabile, ma poi come si passa in Slovenia… 

Diventa dura?

Mamma mia! Giusto ieri ne ho parlato al telefono con Enzo Cainero, l’organizzatore delle tappe friulane. Gli ho detto che era dura e che non andava sottovalutata. Per me è una frazione di montagna a tutti gli effetti e non di media montagna come è stata classificata. Esattamente come quella di Potenza: lì ci sono da fare 4.500 metri di dislivello. E altre frazioni simili non mancano ad inizio Giro.

Parlaci del percorso…

La prima parte, come si vede, è pianeggiante. Fino a Buja è piatta. Poi si entra nelle prime vallate. Si sale a Villanova Grotte e da lì in poi è un continuo su e giù. E le discese sono tecniche, non tanto quella del Passo Tanamea, quanto le altre e quella del Kolovrat. Quella di Villanova è impegnativa ma breve: 5-6 chilometri. Alterna tratti a tornanti a tratti più scorrevoli. Ma la strada è stretta e se sbagli ti fai male. E se l’andatura è alta il gruppo si spezza, sicuro. Quindi dalla prima salita in poi bisogna stare davanti. Non c’è respiro.

Marano Lagunare – Santuario di Castelmonte: 178 chilometri e 3.230 metri di dislivello
Marano Lagunare – Santuario di Castelmonte: 178 chilometri e 3.230 metri di dislivello
E la planata del Kolovrat?

Impegnativa e tecnica, anche se non tutta. Qui a preoccuparmi di più, sono gli “zampellotti” (veri) che ci sono in discesa. E poi ci sono dei segmenti in cui è molto stretta ed è un continuo destra-sinistra di curve cieche da saper interpretare.

Le salite come sono?

Sono impegnative. Soprattutto questo Kolovrat. Anzi: è proprio duro. Vi dico solo che la pendenza media è del 9% solo che nel mezzo spiana e c’è anche un tratto di discesa, quindi fate voi… Ci sono dei tratti rettilinei da fare in piedi che faranno selezione. E poi non va dimenticato che siamo all’ultima settimana e il giorno dopo c’è la Marmolada.

Della salita finale cosa ci dici invece?

Castelmonte è più pedalabile rispetto al Kolovrat. Come pendenze somiglia all’Etna. Si va su al 7-8%. L’avevamo fatta anche al Giro di due anni fa, ma in discesa (in apertura un segmento di quella tappa, la Udine-San Daniele del Friuli, ndr).

Quel breve tratto di pianura prima della salita finale blocca eventuali attacchi da lontano o dal Kolovrat si può andare all’arrivo?

No, no… si può andare. C’è spazio per attaccare. Il pezzo di pianura in realtà è di 5-6 chilometri, prima è un vallonato. E già a Cividale si riprende a salire.

Farai qualche giro su quelle strade?

Ah sicuro! Non so se già a dicembre, ma di certo a febbraio ci pedalerò. Voglio andarci per farmi un’idea, perché la percezione che si ha dalla macchina è diversa da quella che si ha dalla bici. E spesso dalla macchina è peggio!

I tratti rettilinei del Kolovrat, dure rampe nel bosco
I tratti rettilinei del Kolovrat, dure rampe nel bosco
Prima hai detto che si è all’ultima settimana e che c’è da fare la Marmolada il giorno dopo: un tappone come quello del Fedaia “tarpa le ali” ad una frazione così o al contrario gli dà una spinta?

Dipende dalla classifica. Se è corta e uno ha gli attributi per attaccare fa bene e può essere una spinta. Magari il giorno dopo avrà mal di gambe, ma anche i suoi rivali ce l’avranno e rischia di far saltare il banco. E se poi dovesse piovere tutto si amplificherebbe. Se dovesse piovere sarebbe un bel “casino”: la strada in alcune zone resterebbe viscida. Spesso infatti è ad ombra, come nella seconda parte della frazione. Si complicherebbero le cose. Di certo sarebbe un bello spettacolo… dalla Tv! Anche per questo voglio provarla in bici, per capire quanto sia scivolosa la strada. Vero anche che magari per il Giro la puliscono…

Che rapporti ipotizzi si possano utilizzare?

Adesso direi un 36 davanti e un 28 dietro, forse anche un 30.

Sei andato in ricognizione col Gaspa, aneddoti di corse passate, ricordi…

Non abbiamo fatto gare insieme su queste strade. Più che altro parlavamo della gestione della corsa. E soprattutto più andavamo avanti, più diventava dura e più ci guardavamo perplessi!

Gasparotto alla Bora? Un ottimo acquisto, ecco perché

18.11.2021
5 min
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Gasparotto ha già cominciato a lavorare. Martedì si è caricato in macchina Matteo Fabbro e, approfittando del fatto che il biondo vive vicino ai suoi genitori, sono andati insieme a vedere la tappa del Santuario di Castelmonte, terzultima del Giro.

«Tappa interessante – dice prima di rimettersi in viaggio per Lugano – in zone che non ho mai frequentato. Quello è il feudo di De Marchi, che abita ai piedi delle prime salite di tappa. La salita di Kolovrat che parte dalla Slovenia vicino Caporetto è davvero dura. Sale su uno di quei passi su cui le dogane non sono controllate. Là in cima hanno tutti il fucile in casa. E’ un po’ lontana da Castelmonte, perché prima di scendere su Cividale c’è una serie di su e giù. Ma è dura…».

Un post su Instagram per annunciare il passaggio alla Bora-Hansgrohe
Un post su Instagram per annunciare il passaggio alla Bora-Hansgrohe

Progetto Bora-Hansgrohe

Il “Giallo” è uno dei nuovi direttori sportivi della Bora-Hansgrohe ed è stato bravissimo a tenersi il segreto in pancia, dato che le trattative sono iniziate molto presto nel corso della stagione. Dice che al momento dei primi contatti era concentrato su altre cose e che lo ha conquistato il fatto che si sia parlato di un progetto a lungo termine.

«Hanno parlato di anni futuri – spiega – e questo mi convince, perché non è facile cambiare tanto in una squadra in poco tempo. Avevo diverse idee per la testa. Nel 2021 ho avuto la fortuna di capire come si lavora in un’organizzazione come Rcs. Poi ho avuto la possibilità di sperimentarmi nel ruolo di direttore sportivo, sia pure in una continental (in apertura, sull’ammiraglia della Nippo Provence, in una foto scattata da sua moglie Anna Moska, ndr). E’ presto per dire se quello che sto iniziando è ciò che mi piacerebbe fare da grande. Adesso siamo tranquilli, vedremo come andrà sotto stress».

Gasparotto ha partecipato al Giro d’Italia del 2021 come regolatore in moto, assieme a Velo, Longo Borghini e Barbin
Gasparotto ha partecipato al Giro come regolatore in moto, assieme a Velo, Longo Borghini e Barbin

Giovani direttori

I team manager hanno capito che puntare su direttori sportivi appena scesi di bici offre un enorme vantaggio nel rapporto con i corridori. Perché sanno cosa vivono i ragazzi, avendo ancora sulla pelle e nella testa le stesse sensazioni. Parlano la stessa lingua. E gli atleti giovani, che credono ai fatti più che alle parole, ascoltano più volentieri un tecnico che fino al giorno prima era in mezzo a loro e aveva una voce forte nel gruppo. Uomini che hanno vissuto la schiavitù dei watt, ma sanno che in un corridore c’è tanto di più. E’ così con Pellizotti al Team Bahrain Victorious, con Tosatto alla Ineos e sarà così con Bennati in nazionale.

Si dice che da grandi si tende a imitare quello che si è vissuto. Quale sarà il tuo riferimento?

Per me Rolf Aldag è stato un bel modello e ho la fortuna di lavorarci anche alla Bora. Poi un altro bell’esempio è stato Marcello Albasini, con cui ho lavorato nella continental. Lui è stato illuminante per la capacità di essere padre dei corridori nonostante la grande differenza di età, il fatto di saperli ascoltare. Da tutti si può prendere qualcosa, non vorrei fare nomi…

Nemmeno di Fortunato Cestaro?

Fortunato fu un secondo padre, abbiamo lavorato insieme nei dilettanti e purtroppo non c’è più. Porto con me tutto il buono che mi ha insegnato. E a questo punto, parlerei anche di Franco Cattai, che mi ha messo in bici e che diceva allora in dialetto veneto le cose che ora vengono dette in inglese. Da tutti ho imparato qualcosa, che mi tornerà utile. Il ciclismo è cambiato molto. E’ tutto o niente, è diventato totalizzante. Si rischia di trascurare l’aspetto umano e le esigenze dei ragazzi

Sai già i nomi dei corridori con cui lavorerai?

Ne avrò sei e alcuni che mi intrigano, perché hanno dei caratteri particolari. Ci sono anche gli italiani…

Nel 2005 Gasparotto è passato alla Liquigas, qui al Trofeo Laigueglia
Nel 2005 Gasparotto è passato alla Liquigas, qui al Trofeo Laigueglia
Cosa ti pare di Aleotti?

Quando su un atleta si fanno programmi a lungo termine, vuol dire che la squadra ci crede. Giovanni ha caratteristiche simili alle mie, sarebbe intrigante portarlo alle classiche del Belgio e provare a fare qualcosa di buono.

Credi che questo incarico pareggi i conti con la cattiva sorte che ha condizionato tanto la tua carriera?

Non pareggia i conti, perché in definitiva nonostante gli alti e i bassi, sono contento della strada che ho fatto. Non ho rimpianti e rifarei certe cose, perché tutto, anche gli errori, mi hanno consentito di essere la persona che sono oggi. E sono contento perché entro in un ambiente che, tolti Aldag ed Eisel, non mi conosce…

Che cosa intendi?

Se mi avessero conosciuto 10 anni fa, magari il ricordo li condizionerebbe. Il “Gaspa” di oggi non è quello di prima e devo ammettere che mi piace più quello di oggi di quello di allora. Riconosco che ero un bel testone…

Ti sei fatto da solo la prossima domanda…

In che senso?

Che cosa diresti al “Gaspa” di allora se fossi il suo direttore sportivo?

Eh… (ride, ndr). Cercherei il canale giusto. Gli spiegherei quello che ho vissuto, sperando che accenda la lampadina anche a lui. Ho da raccontare esperienze pratiche che a me sono costate, io ho avuto tempo per rimediare, loro non ce l’hanno. Bisogna tirare fuori il meglio da tutte le situazioni, perché oggi il margine di errore è davvero ridotto.

Fabbro e Aleotti sono due dei corridori che lavoreranno con Gasparotto
Fabbro e Aleotti sono due dei corridori che lavoreranno con Gasparotto
Come si fa a conquistare la fiducia dei corridori?

Ve lo dico l’anno prossimo (ride nuovamente, ndr). Siamo tutti diversi, per questo è bello e interessante farne parte. Non si può avere con tutti lo stesso approccio, con ciascuno va trovato quello giusto ed è parte del mio lavoro. Arrivo da un corso all’Uci, in cui erano comprese quattro ore di coaching per spiegare come essere a capo di un gruppo di corridori. L’ho trovato molto interessante.

Prossimi passi?

Ritiro in Germania per programmi e misure. Poi liberi fino a gennaio e a quel punto si andrà in ritiro a Mallorca. La squadra ha deciso di lasciarli liberi a dicembre, perché i ragazzi sono veramente professionali. Ai miei tempi c’era da puntare il fucile perché ci allenassimo, qui bisogna frenarli perché fanno anche troppo. Aleotti e Fabbro andranno alle Canarie, molti si stanno attrezzando in questo senso. Stressarli adesso non serve. Saltato il Tour Down Under, si comincerà tutti più avanti. E la stagione sarà ancora una volta lunghissima…

La rivoluzione in casa Bora e i sogni di Fabbro…

17.08.2021
4 min
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Ma cosa succede in casa Bora-Hansgrohe? Con l’addio di Peter Sagan e la svolta dichiarata verso le corse a tappe e i grandi Giri, ci si poteva attendere, come era lecito, l’arrivo di un paio di uomini per questo scopo, ma qui siamo di fronte ad una “valanga” di campioni. O quantomeno di nomi molto importanti. Hindley, Higuita, Vlasov… 

E chi potrebbe pagarne le spese è Matteo Fabbro. Il friulano appartiene a quella schiera di scalatori molto bravi, ma ancora in fase di crescita. Fabbro non ha mostrato ancora tutto il suo (grosso) potenziale. E certo questi tutti nomi potrebbero non facilitare lo spicco del suo volo…

Fabbro impegnato a tirare per la sua squadra e Sagan…
Fabbro impegnato a tirare per la sua squadra e Sagan…
Matteo, ma che succede in Bora? Una vera “rivoluzione francese”…

Eh – annuisce – Più o meno! Perdiamo Peter e il suo gruppo e la squadra fa una netta svolta verso le corse a tappe. E verso i grandi Giri soprattutto. 

Beh, Hindley, Higuita, Vlasov, oltre ai bravi corridori che già c’erano vedi Buchmann, Konrad…

E perché Kelderman, Schachmann, Grosschartner, Aleotti… Vorrà dire che ci prenderemo tutte le maglie! Scherzi a parte, è sicuramente un team ben assortito per i grandi Giri e potremmo essere competitivi su tutte e tre queste grandi corse a tappe. Alla fine è un po’ d’aria fresca e a me piace guardarla in modo positivo. Dispiace per Peter, perché ho un ottimo rapporto con lui, ma si chiude un ciclo e se ne apre un altro.

Abbiamo spesso parlato in questi mesi di Fabbro che cresce, Fabbro capitano… Ma le cose per te alla Bora potrebbero non mettersi bene. Come la vedi?

Per me c’è più concorrenza, questo è poco ma sicuro. Però sarà anche uno stimolo a fare meglio. Vi faccio un esempio. Quest’anno al Giro d’Italia mezza squadra era per Sagan e mezza era per Buchmann. Senza più il velocista ci sarà più spazio per scalatori e gente da classifica. Ogni cosa ha i suoi pro e i suoi contro. E poi sarà una bella sfida anche per loro…

Grande Matteo! Bella grinta. E in Bora che si diceva di questi tanti, nuovi innesti?

Degli altri lo sapevamo, di Vlasov invece no. Avevamo sentito di qualche movimento ma non che fosse certo al 100%. Siamo tutti rimasti un po’ sorpresi. E non pensavamo neanche al ritorno di Sam Bennett. Ci sarà dell’aria fresca, come ripeto, e del buon feeling. In più il gruppo che rimane è solido e questa è una buona base di partenza.

Non avrete il Bernal, però il livello medio è altissimo…

Vero, non ci sarà il Bernal o il Pogacar della situazione per ora (come a dire: visto che li prendiamo tutti, ndr)! Però il livello è mostruoso. Abbiamo chi è arrivato quarto ad un Tour, chi ad un Giro, chi ha fatto secondo sempre nella corsa rosa. Quello un po’ più indietro a livello di palmares è Higuita, che però non è certo l’ultimo arrivato. Io dico che sarà divertente.

Qualche pensiero Matteo potrebbe averlo con tanti campioni in squadra, ma saprà cavarsela come sempre
Qualche pensiero Matteo potrebbe averlo con tanti campioni in squadra, ma saprà cavarsela come sempre
Chi conosci meglio dei nuovi arrivati?

Più o meno tutti. Con Vlasov abbiamo corso spesso insieme da dilettanti, lui era alla Viris. Ma più di tutti conosco Hindley: con lui corriamo insieme da sempre. Mentre Higuita è quello che conosco meno.

Secondo te chi saprà imporsi di più?

Non saprei. Sono tutti ragazzi provenienti da luoghi diversi del mondo e legati alle loro tradizioni e con i loro caratteri. Bisognerà vederli tutti insieme in corsa e nella stessa squadra per poterlo dire.

Se d’inverno dovevi lavorare 10, adesso dovrai lavorare 11 per riprendere il tuo progetto di crescita e di essere un giorno capitano?

Sicuramente, ma questo vale anche per i compagni di squadra. E comunque non è per “battere” loro, ma perché ci tengo a crescere e a fare bene, a prendermi delle soddisfazioni anche con il team.

Cosa farai in questo finale di stagione?

Adesso sono a casa. Mi sono dovuto ritirare dal Giro del Polonia per un problema al ginocchio. E’ qualche giorno che sono fermo e sto facendo fisioterapia. Non so quando rientrerò alle gare.

La calda estate di Fabbro: un gran finale per riscattare il Giro

12.07.2021
4 min
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Chi non è al Tour de France è quasi sicuramente in altura e magari a Livigno. E lassù, nella perla della Alpi Retiche c’è anche Matteo Fabbro. Il friulano è in ritiro con alcuni compagni della Bora-Hansgrohe come Bodnar e Benedetti. Tanti chilometri, qualche selfie e poche pause.

C’è molto su cui lavorare, ci sono tante gare che lo aspettano. L’imperativo è rimettersi in carreggiata e tornare ai livelli che gli competono.

Fabbro in altura tra Bodnar (a sinistra) e Benedetti (a destra)
Fabbro in altura con Bodnar e Benedetti (che ha scattato la foto)
Si riparte da Livigno, Matteo….

Esatto, si riparte da qui! Dopo il campionato italiano ho fatto alcuni giorni senza neanche guardare la bici. 

E quali gare stai preparando?

Mi sto preparando per il finale di stagione. Non farò la Vuelta ma tutte le altre corse. Riprenderò con Limburgo, Vallonia, San Sebastian e Giro di Polonia.

Era previsto che non facessi la Vuelta?

La squadra aveva puntato su di me più per la prima parte di stagione che sulla seconda, però mai dire mai. E se per la Vuelta dovesse arrivare una chiamata in extremis, perché nel ciclismo di oggi non si hanno mai certezze, ci andrei volentieri.

Per Fabbro al Giro tanta fatica e tanto lavoro per il suo capitano Buchmann
Per Fabbro al Giro tanta fatica e tanto lavoro per il suo capitano Buchmann
Come giudichi la tua stagione sin qui?

Sono partito bene, ma poi al Giro tra la caduta e una cosa ed un’altra non ho reso come volevo. In più abbiamo perso il nostro capitano a cinque giorni dalla fine. Quindi se dovessi dare un giudizio sul Giro direi che non è andata bene, mentre se dovessi darlo per quel che ho fatto prima della corsa rosa direi che sono molto soddisfatto. Il quinto posto della Tirreno non me lo aspettavo neanche io. 

Cosa è successo al Giro?

Sono stato male dopo la Tirreno. Ho preso freddo in quella tappa dei muri e ho avuto una bronchite che non passava. Alla fine sono stato costretto a stare dieci giorni senza toccare la bici. E nel ciclismo di oggi devi essere al massimo per fare bene.

Hai detto che farai tutte le altre gare al di fuori della Vuelta, quindi anche quelle del calendario italiano: tra queste ce n’è una che ti piace in particolare? E soprattutto, con che mentalità ci vai?

Beh, spero di poter fare bene in quelle gare che ho detto prima. Quale preferisco tra le italiane? Il Lombardia è la classica per eccellenza di fine anno e anche quella che più mi si addice. Ma anche il Giro dell’Emilia è duro e mi piace. Nelle gare del calendario italiano ci tengo a fare bene in tutte.

Un buon Giro di Svizzera quello di Fabbro, nonostante non fosse in programma
Un buon Giro di Svizzera quello di Fabbro, nonostante non fosse in programma
Però anche allo Svizzera non sei andato male, tutto sommato sei uscito bene dal Giro…

Il Giro di Svizzera non era in programma. Anche lì ho lavorato molto per il nostro capitano, Schachmann. Ho saputo della convocazione per lo Svizzera nel secondo giorno di riposo post Giro… immaginate voi! Così mi sono fermato solo tre giorni. A quel punto ho tirato dritto fino all’italiano. Era un bel po’ che correvo. Avevo iniziato al Provence a febbraio. L’unico rimpianto, come ripeto, è stato l’essermi ammalato dopo la Tirreno.

Matteo, ci avevi detto di voler crescere ancora e di arrivare a scontrarti con i più forti in salita: è sempre valido questo obiettivo?

Sì, sì, vale sempre. Il risultato della Tirreno mi ha dato molta fiducia. Ma se hai problemi nel ciclismo di oggi li paghi.

E adesso sei a Livigno con i tuoi compagni: come state lavorando?

Non facciamo troppa intensità. Facciamo fondo e dei lavoretti per mettere il fisico sotto stress. Per lavoretti intendo medio e medio alto, insomma poca soglia. Le gare non sono vicine e poi saranno quelle a dirci a che livello siamo. Anche perché poi parto per il Limburgo e il Vallonia senza grandi ambizioni di risultato visto che l’anno scorso ha vinto Demare! Insomma non sono proprio le mie gare – dice lo scalatore friulano che pesa poco più di 55 chili – però mai dire mai. Magari proprio perché uno parte libero di testa, senza pressioni, si diverte e finisce per fare bene.

C’è tanta voglia di riscatto nel friulano. La sensazione è quella che Fabbro si possa divertire in queste gare che lo aspettano. Lui è un “dritto”: va per la sua strada e ha le idee chiare. Se abbiamo imparato a conoscerlo, il suo obiettivo di migliorare in salita per tenere testa ai grandi è primario e la sua idea è quella di puntare un giorno alla classifica generale di un grande Giro. Quantomeno vorrà provarci per vedere se sarà possibile e in che misura. E questa è un’ambizione importante, una di quelle che ti aiuta a lavorare giorno dopo giorno.

Fabbro gregario: «Per quest’anno è ancora così»

20.05.2021
3 min
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Non c’è niente da fare Matteo Fabbro è un falco. Appena iniziamo a parlare del suo Giro d’Italia va subito al punto: «Non partivo come leader – dice il friulano – non so perché, ma molti se l’aspettavano. Purtroppo non è così. Sono qui per aiutare Buchmann».

Matteo Fabbro all’attacco nella frazione che si concludeva a Campo Felice
Matteo Fabbro all’attacco nella frazione che si concludeva a Campo Felice

Gambe buone

Ed è proprio questo il “nocciolo” dell’intervista: in molti si aspettavano di più da Fabbro dopo le belle prestazioni mostrate alla Tirreno e al Tour of the Alps, ma i programmi della Bora-Hansgrohe quelli erano e quelli sono rimasti. E questo spiega subito il perché, dopo metà Giro, Matteo si ritrovi con oltre un quarto d’ora di ritardo. Non è una questione di condizione, ma di ordini di scuderia. Basti pensare che 12′ li ha persi solo nella tappa di Sestola: una volta terminato il suo lavoro, si è messo di passo per raggiungere il traguardo spendendo il meno possibile. E lo stesso ha fatto a Campo Felice, ripreso ai 2 chilometri, ha tagliato il traguardo a 2’13” da Bernal.

Però il fatto che tanti tifosi si aspettavano un altro suo ruolo alla fine è una bella cosa per un corridore.

«Ho visto, ho visto… ed è veramente è bello. Questo mi fa sentire apprezzato da un lato, ma mi dispiace dall’altro perché vorrei avere più libertà. Però se vieni al Giro con dei capitani così forti è giusto mettersi al servizio e fare la propria parte come un buon gregario».

L’abbraccio con Sagan dopo la vittoria dello slovacco a Foligno
L’abbraccio con Sagan dopo la vittoria dello slovacco a Foligno

La squadra prima di tutto

«Penso che come team stiamo andando bene – riprende Fabbro – E’ un bel Giro per noi della Bora. Siamo riusciti a vincere una tappa finalmente con Sagan, dopo un gran lavoro di squadra, abbiamo la maglia ciclamino e il nostro leader, Buchmann, è con i primi».

Ma quindi non ci sarà spazio per il Fabbro attaccante?

«Magari i prossimi giorni avrò carta libera, come è successo qualche giorno fa verso Campo Felice. Proverò sicuramente a giocarmi le mie carte con degli attacchi da lontano, come del resto ho fatto quando ho avuto le mie possibilità. Si è visto alla Tirreno-Adriatico. Ma penso che con tutte le salite che ci sono da fare da oggi per me inizia un altro Giro e dovrò tirare tanto, ma tanto…».

Fabbro (26 anni) è al secondo Giro d’Italia
Fabbro (26 anni) è al secondo Giro d’Italia

Un anno di attesa

Verso l’arrivo di Guardia Sanframondi, Matteo era anche finito a terra nel chilometro finale.

«Sì, siamo caduti in salita – spiega Fabbro – e per fortuna non mi sono fatto niente. Mi hanno preso da dietro, ma quella scivolata non ha influito». E infatti il giorno dopo era in fuga verso Campo Felice.

Matteo sta bene. E lo dice chiaramente. Se avrà le possibilità ci proverà, sapendo però che quando c’è da lavorare per obiettivi concreti deve “stare a rapporto”, come ha fatto verso Foligno. Lui ed Aleotti hanno scandito il passo in salita, ma il loro ritmo è stato determinante per la vittoria di Sagan.

I tifosi sono avverti perciò, per vedere Fabbro capitano al Giro dovremmo attendere un altro anno. Intanto… confidiamo nelle sue buone gambe.