L’erede di Pozzovivo… secondo Pozzovivo

02.02.2025
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Chi sarà l’erede di Domenico Pozzovivo? Diciamo che la foto di apertura un bell’indizio ve lo ha dato! Parliamo di scalatori, ovviamente, quei ciclisti dal fisico minuto, dal grande rapporto potenza/peso e da un’attitudine innata alle salite. Nell’attuale ciclismo, dove gli scalatori puri si vedono sempre meno, esiste qualcuno che possa raccogliere la sua eredità? Un ciclista che per caratteristiche fisiche e tecniche possa avvicinarsi al lucano?

Lo abbiamo chiesto direttamente a Domenico. Con i suoi 165 centimetri per 53 chili e vent’anni di carriera da professionista, Pozzovivo è stato un grimpeur amato ovunque. Il tifo sulle strade del Giro d’Italia, ma non solo, lo ha dimostrato.

Domenico Pozzovivo (classe 1982) ha disputato l’ultimo Giro nel 2024. Quanto calore per lui
Pozzovivo (classe 1982) ha disputato l’ultimo Giro nel 2024. Quanto calore per lui
Domenico, chi può essere il tuo erede per misure, mentalità e modo di affrontare la salita? Tu eri uno scalatore puro, puro e non è facile trovarne come te…

Eh già, ma penso che sia anche una fortuna per loro! Assomigliarmi solo in parte può essere un vantaggio, oggi gli scalatori devono avere anche altre caratteristiche. Poi dire a un giovane che deve fare vent’anni di carriera come la mia è una grande responsabilità. Se ci limitiamo a parametri semplici come altezza e peso, Matteo Fabbro sembrava il più tagliato per questa successione. Ho pedalato vicino a lui e vedevo come affrontava le salite, il tipo di rapporti che spingeva. Ma non c’è solo lui…

Sulla spalla di chi altro appoggi la lama della spada?

Senza andare troppo lontano, nella mia regione c’è Alessandro Verre. Anche lui mi somiglia parecchio rispetto ai parametri fisici (e anche nella meticolosità, ndr). Con la differenza che Alessandro ha anche uno spunto più esplosivo rispetto a me, venendo anche dal ciclocross. Si alza un po’ di più sui pedali. Le misure antropometriche sono simili alle mie e potrebbe davvero essere uno scalatore puro di alto livello. Deve insistere e continuare a lavorare.

Tra i suoi eredi il lucano vedeva anche Fabbro (167 cm per 52 kg). Il friulano però ad oggi è senza team
Tra i suoi eredi il lucano vedeva anche Fabbro (167 cm per 52 kg). Il friulano però ad oggi è senza team
Lo scalatore puro è una figura che sta scomparendo?

Pochi anni fa c’è stata l’ondata dei colombiani che aveva riportato in auge questo tipo di corridori. Se dovessi dire chi mi assomigliava di più, tra loro ce n’erano tantissimi. Il loro modo di pedalare e di affrontare le salite era davvero simile al mio. Adesso però ci sono meno talenti emergenti dal Sud America e lo scalatore puro sembra in disuso.

Chiaro…

Oggi si cerca un corridore più completo, che possa difendersi in uno sprint ristretto e che a cronometro non perda minuti. Il ciclismo attuale vuole atleti in grado di gestire meglio tutte le situazioni di gara, anche se questo significa rinunciare allo scalatore puro.

Essere scalatori non è solo una questione di fisico, ma anche di mentalità?

Assolutamente. Anche adesso che ho smesso di correre, se esco in bici faccio sempre almeno 400-500 metri di dislivello all’ora. Ci sono corridori che possono tranquillamente fare un giro del lago di Como, per dire, senza nemmeno arrivare a 1.000 metri di dislivello. Io non ci riuscirei, dovrei impormelo. Questo è già un segnale chiaro della differenza tra chi ha mentalità da scalatore e chi no.

Verre (169 cm per 59 kg) è cresciuto nel mito di Pozzovivo: questa investitura ad erede sembra un segno del destino
Verre (169 cm per 59 kg) è cresciuto nel mito di Pozzovivo: questa investitura ad erede sembra un segno del destino
Una volta gli scalatori limavano le viti, foravano il manubrio per risparmiare grammi…

Oggi se c’è qualcuno che in gruppo controlla ossessivamente il peso della bici e dei componenti è quasi sempre uno scalatore, perché ogni grammo fa la differenza. E oltre certi limiti pochi etti possono davvero incidere, perché in percentuale quei grammi rispetto ad un passita di 80 chili contano di più.

Hai citato Fabbro e Verre, ma ci sono altri giovani italiani o stranieri che vedi come possibili eredi?

Restando in Italia, ci sono scalatori forti, ma pochi con la mia taglia e puri. Pellizzari e Piganzoli, ad esempio, hanno una grande attitudine alla salita, ma sono più completi. Mentre tra gli stranieri, l’anno scorso mi ha colpito Van Eetvelt, piccolo e ben tagliato per le salite. Ha già fatto vedere ottime cose e ha più esplosività di me. Il suo modo di pedalare anche è simile al mio.

A proposito del modo di pedalare in salita: questo sta cambiando?

Sì, e cambierà sempre di più. L’accorciamento delle pedivelle e le nuove scelte biomeccaniche portano anche lo scalatore puro a modificare il proprio stile. I corridori più alti e longilinei hanno trovato grandi vantaggi con i nuovi rapporti e una cadenza più alta, ma anche per lo scalatore puro ci sono miglioramenti. Io ho il rimpianto di aver scoperto queste filosofie biomeccaniche solo a fine carriera, senza poterci lavorare molto. Aumentare la cadenza aiuta a essere più freschi nel finale.

Giro 2022, la corsa rosa passa sulle strade di Verre e Pozzovivo
Giro 2022, la corsa rosa passa sulle strade di Verre e Pozzovivo
Torniamo a Verre, che consiglio daresti a Verre per crescere come scalatore?

Deve trovare la sua dimensione nei grandi Giri. Sono le lunghe salite della terza settimana a dare valore a uno scalatore. E attenzione: non è vero che la salita piaccia sempre a uno scalatore. Anche questa figura, a volte, ne ha abbastanza. E andare forte su quelle salite ti consacra come grande scalatore.

Qual è la salita iconica della tua zona che Verre dovrebbe affrontare più spesso?

Monte Viggiano. Fu affrontata anche al Giro d’Italia nella tappa di Potenza. Per l’occasione venne asfaltata, prima era una salita da capre, sia per le pendenze che per il fondo stradale. Ora è piacevole. Alessandro dovrà farsi una bella mangiata di Monte Viggiano per diventare ancora più forte.

Fabbro finalmente in gruppo. Come va alla Polti?

27.02.2024
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«Finalmente mi hanno fatto correre – esclama subito Matteo Fabbro appena lo chiamiamo – tra una cosa e l’altra non avevo ancora iniziato. Prima un virus intestinale mi ha impedito di correre alla Valenciana, poi la protesta degli agricoltori ha cancellato la Vuelta a Andalucia. Insomma venerdì al Gran Camino è stato il vero debutto. E comunque, anche lì, ci siamo beccati tanta pioggia e la neutralizzazione della prima tappa».

Il debutto di Fabbro (a destra) con la Polti-Kometa è arrivato in Spagna al Gran Camino
Il debutto di Fabbro (a destra) con la Polti-Kometa è arrivato in Spagna al Gran Camino

Continui rinvii

A fine febbraio Fabbro potrebbe aver pensato di rubare il soprannome “Paperino” al suo compagno di squadra Maestri. Invece la sfortuna, finalmente, lo ha lasciato in pace e il 23 febbraio al Gran Camino è arrivata la prima corsa in linea in maglia Polti-Kometa.

«Nella prima tappa che abbiamo corso – sorride Fabbro – siamo stati belli freschi. Una giornata di gran pioggia, tutto il tempo. Ad un certo punto cadeva anche del ghiaccio, e il vento era forte forte. Sono diventato un corridore da freddo (ride ancora, ndr). Arrivo in Spagna e nevica, non so se qualcuno non vuole che io corra qui».

Il meteo non è stato clemente durante la seconda tappa del Gran Camino: freddo e pioggia non hanno lasciato respiro
Il meteo non è stato clemente durante la seconda tappa del Gran Camino
Hai debuttato alla fine…

Sono contento e soddisfatto di quanto fatto. Non sapevo nemmeno io a che punti fossi con la condizione. Invece è stato un bel test, lo è anche la squadra. Erano tappe dure, con tanti sali e scendi, molto tecniche e con salite. Man mano che passavano i chilometri avevo buone sensazioni e sono riuscito a rimanere con i migliori.

E’ arrivata anche una top 10.

Sì, quando Vingegaard ha accelerato insieme a Bernal nella seconda tappa, abbiamo visto di che pasta sono fatti. Non correvo da settembre, avevo qualche dubbio visto che erano sei mesi che non mettevo il numero sulla schiena. Ho dovuto risolvere i problemi di respirazione che mi hanno fermato nell’ultimo anno e mezzo. 

Fabbro dopo quattro anni alla Bora-Hansgrohe è passato alla Polti-Kometa (foto Instagram)
Fabbro dopo quattro anni alla Bora-Hansgrohe è passato alla Polti-Kometa
Risolti?

Facciamo tutti gli scongiuri, ma al Gran Camino il dubbio era capire come avrei reagito e ne sono contento. Diciamo che anche da questo punto di vista la prima corsa di stagione era un test, è andata bene. 

Come ti sei trovato con la Polti?

Non sono più da considerare come un giovane (ride ancora, ndr). In questi anni ho sempre avuto ottimi preparatori, ho recepito e imparato qualcosa da ognuno di loro. Qui in Polti sono sereno, c’è tanto dialogo, loro mi ascoltano e io li ascolto. Ho messo insieme la mia esperienza con la loro e sono felice. 

Sei passato da un WorldTour ad una professional, come sta andando?

Nel WorldTour le squadre sono strutturate in maniera diversa. Però penso che con tanta professionalità e molta dedizione si possa chiudere il gap. Tutti qui danno il 100 per cento e questo conta molto. 

Fabbro con Davide Bais, vincitore della tappa di Campo Imperatore al Giro 2023 (foto Instagram)
Fabbro con Davide Bais, vincitore della tappa di Campo Imperatore al Giro 2023 (foto Instagram)
La preparazione è cambiata?

In realtà no. Soprattutto per quella invernale non ci sono molte differenze, si fanno tanto fondo e medio. Il ritmo gara lo si allena quando si mette il numero sulla schiena. Anche perché i miei obiettivi stagionali sono più avanti.

E quali saranno?

Una corsa a cui tengo molto è la Tirreno-Adriatico, poi ci saranno il Tour of the Alps e il Giro d’Italia. Vedremo come vanno le cose, di lavoro da fare ce n’è. 

Pensi che al Giro potrai curare la classifica?

Sinceramente non mi sto fasciando la testa, vedremo giorno dopo giorno. Ci sono due cronometro molto lunghe, due frazioni che non sono adatte a corridori come me. Nel caso dovessi uscire di classifica però, vincere una tappa sarà un obiettivo. 

Durante la preparazione Fabbro ha lavorato molto su fondo e medio
Durante la preparazione Fabbro ha lavorato molto su fondo e medio
Anche perché la Polti (ex Eolo-Kometa) ha una bella tradizione al Giro…

Vero (ride, ndr). Ma non ci sono solamente io! Guardate che Davide Bais è carichissimo, vuole il bis!

Torniamo all’attualità, finalmente hai corso, come stai?

La Tirreno si avvicina e correre diventava parecchio importante. Dopo le due corse saltate ho sostituito le gare con tanto dietro moto, ma era il momento di gareggiare. Tra Valencia e Andalucia è stato un peccato saltare la seconda. Il percorso era bello e soprattutto la concorrenza permetteva di mettersi alla prova ad un livello leggermente inferiore. Ma ormai è andata e ci lanciamo verso la Tirreno.

De Cassan, come sta andando nel mondo dei pro’?

08.02.2024
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In un ciclismo sempre più veloce e selettivo, è difficile prendere le misure, adattarsi e di conseguenza avere delle certezze. Questo succede a tutti i corridori, dal più esperto al giovane che si affaccia per la prima volta al professionismo. Davide De Cassan fa parte della seconda categoria: il ragazzo trentino si è affacciato quest’anno nel mondo dei grandi, con la Polti-Kometa. A dirla tutta con il team di Basso aveva già fatto lo stagista, indossando la maglia della Eolo-Kometa (nome della squadra fino al 31 dicembre 2023). 

De Cassan, con i suoi 22 anni compiuti da poco più di un mese, ha messo i suoi pensieri in un post su Instagram, nel quale ha scritto di essersi lasciato alle spalle i dubbi dell’inverno. Le prime risposte sono arrivate alle corse della Challenge Mallorca. Non ha avuto nemmeno il tempo di riordinare le idee che si è trovato in Turchia pronto per il Tour of Antalya. 

De Cassan ha fatto un periodo da stagista con la Eolo (poi Polti-Kometa) nel 2023
De Cassan ha fatto un periodo da stagista con la Eolo (poi Polti-Kometa) nel 2023
Innanzitutto come stai?

Bene grazie! Siamo qui in Turchia e oggi è iniziato il Tour of Antalya, quattro giorni tosti ma siamo pronti. Le prime gare in Spagna sono andate molto bene, avevo tante domande sulla mia competitività perché il salto di categoria si sente. C’è tanto da fare, ma sono fiducioso, temevo di essere messo peggio. 

Ma quali erano questi dubbi?

Erano a tutto tondo in realtà, anche perché quando ci si allena per mesi senza avere un confronto non è facile. Vero che si guardano i valori, ma era il primo inverno da pro’ e non avevo riferimenti. Il confronto con i compagni mi ha aiutato tanto, ho sfruttato ogni occasione con loro per imparare qualcosa. 

Avevi qualche domanda specifica?

Non domandavo nulla di specifico, tutto quello che mi passava per la testa lo chiedevo. Tante domande le avevo sugli allenamenti a casa e su come stare in gruppo, anche se poi gli argomenti spaziavano davvero molto. 

De Cassan (a sinistra) insieme a Paul Double alle gare di Maiorca
De Cassan (a sinistra) insieme a Paul Double alle gare di Maiorca
Nel post hai parlato di inserimento, tu hai avuto anche l’esperienza da stagista con loro. Quanto è stata utile?

E’ stata davvero un’opportunità importante, in quelle settimane ho visto tante cose sulle quali avrei dovuto lavorare. Alla fine è un mondo completamente nuovo, anche se, grazie all’esperienza da stagista, ho avuto modo di ambientarmi bene. 

Su quali aspetti sentivi di dover lavorare durante l’inverno?

Sulla velocità in pianura. Ho avuto modo di vedere quanto vanno forte i professionisti e questo mi ha impressionato. La differenza tra le due categorie è davvero tanta. In inverno ci ho lavorato tanto, anche con allenamenti specifici come ripetute lunghe all’inizio e alla fine degli allenamenti. Oppure sprint e partenze da fermo. 

Il giovane trentino ha lavorato tanto per incrementare la velocità in pianura
Il giovane trentino ha lavorato tanto per incrementare la velocità in pianura
Quindi hai cambiato qualcosa negli allenamenti?

Sì. Ho messo meno dislivello, ma più pianura, proprio per migliorare. Tanta Z2 per abituarsi bene al colpo di pedale. Dal punto di vista dei rapporti utilizzati però non ho cambiato nulla.

Che morale hai tratto dopo le prime gare in Spagna?

Mi sono detto: «Bene, sono ad un buon punto di partenza». La strada è lunga, ma la base c’è.

De Cassan ha corso per i tre anni in cui è stato U23 con il Cycling Team Friuli (phtors.it)
De Cassan ha corso per i tre anni in cui è stato U23 con il Cycling Team Friuli (phtors.it)
Tu sei uscito dal CTF che è una squadra satellite della Bahrain. Tuttavia sei diventato pro’ in un mondo nuovo, senza una “continuità” di progetto…

Vero era praticamente tutto nuovo, ma in Polti-Kometa ci sono delle figure che già avevo conosciuto al CTF: Pietrobon, i fratelli Bais e ora è arrivato anche Fabbro. Avere loro al mio fianco mi ha aiutato tanto. Non nego che le prime volte quando avevo bisogno di una mano mi giravo verso di loro. Magari è una cosa piccola, però aiuta molto quando sei in un mondo completamente nuovo.

Maestri capitano di strada nella nuova Polti-Kometa

16.01.2024
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MILANO – Quando nel bel mezzo della presentazione del Team Polti-Kometa, Ivan Basso ha detto che il capitano sarà Maestri, Mirco ha quasi fatto un salto sulla sedia. Non perché non lo sapesse, ma perché sentirlo dire davanti a tutti in un’occasione così importante per la squadra fa un certo effetto. Il corridore di Guastalla (in apertura sulla sinistra, con Lonardi, foto Maurizio Borserini) è arrivato nel team che si chiamava Eolo-Kometa nel 2022, dopo sei stagioni alla Bardiani e forse neppure lui si aspettava una simile investitura. Anche se, soprattutto dopo il ritiro di Gavazzi, sarebbe ingiusto dire che non abbia lavorato per diventare una figura centrale del team.

Maestri, primo da sinistra, è stato individuato dai dirigenti del team come road captain (foto Maurizio Borserini)
Maestri, primo da sinistra, è stato individuato dai dirigenti del team come road captain (foto Maurizio Borserini)
Che effetto fa sentirselo dire davanti a tutti?

Detto da Ivan Basso, Alberto Contador e suo fratello “Fran”, fa venire la pelle d’oca, anche adesso che ne stiamo parlando insieme. E’ un orgoglio. Questo è il mio terzo anno in squadra dopo sei con i Reverberi e quando sono arrivato ho capito che questa è una famiglia che a me ci teneva e ci tiene. Piano piano credo di avergli dimostrato di poter avere un impatto utile anche nei confronti dei più giovani. Cioè che io penso al bene della squadra, più che al mio personale. Alla fine se c’è un compagno che va forte, è giusto che abbia tutte le possibilità per rendere al meglio. Forse questo ha fatto sì che Ivan, Alberto e “Fran” abbiano visto in me la sincerità e la trasparenza.

Che cosa significa capitano?

Il capitano, soprattutto in questa squadra, è il road captain, non quello che vince le corse. In termini di risultati, abbiamo corridori molto più vincenti, a partire da Fabbro, come anche Lonardi che ha dimostrato nel fine di stagione di andare molto forte, Restrepo che è arrivato da poco, il nostro Bais e tanti nuovi giovani. Quanto a me, nelle corse in cui sarò presente farò da filtro con i direttori sportivi affinché la squadra renda al meglio.

Fabbro riscuote la fiducia di Maestri. Qui il friulano con Davide Bais, entrambi della scuola Ct Friuli (foto Maurizio Borserini)
Fabbro riscuote la fiducia di Maestri. Qui il friulano con Davide Bais, entrambi della scuola Ct Friuli (foto Maurizio Borserini)
E’ giusto dire che Gavazzi sia stato il tuo maestro?

Giustissimo, infatti ci sentiamo spesso e continueremo a vederci, perché è rimasto in squadra con un ruolo diverso. Quando già nel 2022 cominciò a parlare di ritiro, gli chiesi di fare un altro anno perché avevo ancora bisogno di lui. Perdere il “Gava” per me è stato come perdere una stampella, un appoggio importante. Però credo che a 32 anni, questo è il nono da professionista, un po’ di esperienza comincio ad averla e in ogni caso con Francesco mi terrò in contatto.

Qual è l’insegnamento più importante che ti ha lasciato prima di andare in pensione?

Di essere serio nei momenti giusti, di essere scherzoso e comunque di fare gruppo. Di essere trasparente e di pensare comunque al bene della squadra. Gavazzi ha sempre dimostrato di mettere da parte le sue ambizioni, per coprire un compagno e fargli prendere meno aria. Era a disposizione di tutti. Anche nel 2023, nell’arrivo del Giro a Viareggio, eravamo insieme nel primo gruppo e lui non ci ha pensato due volte a tirarmi la volata e io sono arrivato nono. Essendo il suo ultimo Giro d’Italia, poteva tranquillamente fare la sua volata. E io gli ho chiesto più volte se avrebbe voluto farla, ma anche quel giorno si è sacrificato, con la solita serietà. E io, quando ho capito di avere questo ruolo, ho detto chiaramente che spero di valere la metà di quel che ha fatto vedere lui. Siamo entrambi interisti e come riferimento abbiamo Javer Zanetti, che per l’Inter è stato il capitano.

Secondo Maestri non sarà facile sostituire Albanese (alla sua sinistra), ma il gruppo Polti è molto forte
Secondo Maestri non sarà facile sostituire Albanese (alla sua sinistra), ma il gruppo Polti è molto forte
Che inverno è stato finora?

Tranquillo, anche per il resto della squadra, ci siamo allenati bene. Quest’anno è arrivato un team di nutrizionisti, che non solo ci seguirà dalla parte di nutrizione, ma anche di integrazione in corsa. E’ un argomento di grande attualità e quindi siamo contenti. I ragazzi stanno bene, ci sono tutte le carte per partire come si deve.

Sono partiti Fortunato e Albanese, finora i nomi di spicco della squadra, eppure Basso ha detto che secondo lui quest’anno siete più forti.

Penso che Fabbro sia un ottimo corridore. Se le cose vanno come devono, al Giro d’Italia sarà fondamentale. E’ un corridore con dei numeri davvero buoni, una testa, una preparazione e un’esperienza da poter far bene già da subito. Restrepo viene con dei buoni propositi. Difficile paragonarlo ad “Alba”, con cui tengo ancora i contatti, perché corridori come Albanese in Italia ce ne sono veramente pochi. Che arrivano in volata e tengono in salita. Però Lonardi e Restrepo possono sopperire alla sua assenza. Insomma, abbiamo perso due individualità forti, ma credo anche io che nel complesso la forza media della squadra sia cresciuta.

Polti-Kometa, il bello di dirsi le cose in faccia

30.12.2023
6 min
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OLIVA (Spagna) – Se alla Eolo-Kometa vanno via Fortunato e Albanese, i due che nel 2023 hanno ottenuto i punteggi più alti (708 per il toscano, 453 per il bolognese), basta l’arrivo di Matteo Fabbro e Restrepo per tenere il sistema in equilibrio?

Il friulano ha ancora tanto da dire e siamo certi che lo farà. Da par suo Ivan Basso è convinto – e noi con lui – che il 2024 sarà l’anno in cui i giovani del team inizieranno a raccogliere risultati. Nel 2023, la Eolo-Kometa ha vinto cinque corse: la tappa di Campo Imperatore con Davide Bais al Giro, due tappe e la classifica alla Vuelta Asturias con Fortunato e una al Tour Poitou Charentes con Samuele Rivi. Ma il sistema dei punti non premia le buone intenzioni e le intuizioni, per cui da quali nomi riparte la squadra che dal 2024 prenderà il nome di Polti-Kometa?

Lo abbiamo chiesto a Stefano Zanatta, direttore sportivo che la sa lunga e che per stare accanto al “suo” Ivan, ha rinviato i propositi di pensione. Lo abbiamo incontrato in Spagna poco prima di Natale, durante il primo ritiro e subito dopo un allenamento di sei ore in ammiraglia dietro ai suoi corridori (in apertura, foto di Maurizio Borserini).

Stefano Zanatta è stato professionista dal 1986 al 1995. E’ stato ds alla Fassa Bortolo e alla Liquigas. Dal 2021 è alla Eolo-Kometa
Stefano Zanatta è stato pro’fessionista’ dal 1986 al 1995. E’ stato ds alla Fassa Bortolo e alla Liquigas. Dal 2021 è alla Eolo-Kometa
Come si riparte quando vanno via quelli forti?

Negli ultimi due anni, corridori come Albanese e Fortunato li abbiamo rilanciati, perché in precedenza avevano fatto qualche anno di anonimato. Quindi questo è sicuramente un bel biglietto da visita per quelli che sono arrivati. Credo che il gruppo sia di livello più alto, perché abbiamo visto quest’anno che, anche mancando loro, la squadra è stata competitiva. I ragazzi più giovani sono cresciuti e spero che facciano ancora un salto in avanti. Inoltre c’è stato l’inserimento di 2-3 elementi che secondo noi hanno delle qualità da rilanciare.

Ad esempio?

Restrepo, Fabbro, Peñalver e lo stesso Double sono inserimenti molto validi. Già nel primo ritiro ci siamo accorti della loro voglia di entrare nel gruppo e questo per noi è una cosa bella. Il fatto che abbiano scelto di venire qui, anche per usufruire del nostro lavoro. Delle competenze che mettiamo in campo, del modo di lavorare e la possibilità di avere spazio e dimostrare che possono essere dei corridori.

Basso parla spesso dei giovani che vengono su: si percepisce che stanno crescendo?

Certo, diciamo che la cosa fondamentale da fare con il corridore di valore è procedere gradualmente. Ad aver voluto tutto e subito, si poteva anche spingere e ottenere qualche risultato. Ma li abbiamo rispettati: la fretta per mia esperienza non dà grandi risultati. Piganzoli avremmo potuto portarlo al Giro, ma non stava bene ed era inutile inserirlo in una corsa così importante senza che fosse in condizione. Davide ha fatto i suoi passi e altri stanno crescendo come lui. Penso ad Alex e David Martin, penso a Tercero. Sono tutti ragazzi con delle buone qualità e soprattutto nella seconda parte di stagione, anche senza Fortunato e Albanese, li abbiamo trovati davanti nei finali di gara. Se le cose procedono bene e loro ci seguono, quest’anno saliranno un altro gradino.

Tra gli innesti, è arrivato Restrepo, vincitore nel 2023 del Giro della Città Metropolitana di Reggio Calabria
Tra gli innesti, è arrivato Restrepo, vincitore nel 2023 del Giro della Città Metropolitana di Reggio Calabria
Secondo te sono ragazzi che hanno il corpo d’ala del vero talento?

No, sinceramente il talento vero lo vedi subito. I Van der Poel o Evenepoel erano fenomeni anche a 18-20 anni. Gli altri sono uomini che vengono fuori con il lavoro e con il sacrificio. Ognuno ha le sue qualità  e grazie a quelle può avere il suo spazio nel ciclismo. Adesso tutti cerchiamo il talento, ma non ce ne sono molti in giro. Mi sento di dire che in squadra abbiamo tanti bei corridori, che possono arrivare a fare grandi cose. Porto sempre l’esempio di Ivan Basso, che ha vinto due Giri d’Italia con tanto lavoro. Per contro, uno come Contador poteva anche lavorare meno e arrivava agli stessi risultati e anche migliori.

Quindi farli crescere bene è il vostro vero obiettivo?

Crescere con il lavoro. La nostra ambizione è questa e poter lavorare bene, avere le strutture che ci permettano di farlo. Dal lato sportivo abbiamo un bel gruppo di preparatori, uno staff medico e un gruppo di nutrizionisti appena inseriti. E poi noi direttori sportivi ci confrontiamo sempre sulle scelte. Io oramai metto solo l’esperienza, visto che ai dati e alla tecnologia non riesco a stare dietro, però il bello della nostra squadra è che si riesce a lavorare anche sotto l’aspetto umano.

Forse un corridore come Fabbro ha bisogno proprio di questo?

Credo che tutti ne abbiano bisogno. Matteo viene fuori dalla scuola di Bressan e credo che al CT Friuli ci fosse già questo modo di lavorare, cioè il fatto che ai ragazzi si dicano le cose in faccia. Sapete che questo adesso fa paura? Fa paura affrontare un ragazzo e spiegargli che qualcosa non va bene anche se l’ha letto su internet o chissà quale pubblicazione. Hanno sempre tutto e moltissima gente che gli dice sempre di sì. Invece secondo me serve confrontarsi e dirsi le cose in faccia. Allora spesso abbassano gli occhi, hanno paura del confronto e di guardare la realtà com’è.

Matteo Fabbro si è unito in extremis alla futura Polti-Kometa, dopo quattro stagioni alla Bora-Hansgrohe
Matteo Fabbro si è unito in extremis alla futura Polti-Kometa, dopo quattro stagioni alla Bora-Hansgrohe
Quanto interferiscono i social sul vostro lavoro?

Il mondo di adesso ti porta a pensare che sia tutto facile. Sembra che quello che leggi su un social sia verità e invece molte volte non è così. Adesso in Italia talenti non ce ne sono. Ci sono bravi corridori, anche bravissimi, ma il corridore con il talento cristallino è quello che arriva e fa qualcosa di particolare perché gli è innato. Non confondiamo questo con i risultati sbalorditivi degli juniores che lavorano il doppio dei dilettanti, perché poi ce li ritroviamo di qua e non vanno avanti.

Quanto si può puntare su Piganzoli?

Credo che la bella prova al Giro dell’Emilia gli abbia dato tanta fiducia. A Bologna è arrivato sedicesimo, un risultato che può anche dire poco, ma è stato uno dei due o tre delle professional a lottare con i migliori all’ultimo giro. Ha 21 anni, gli ho detto che quello è un punto da cui partire per crescere ancora. E’ un corridore buono che va dappertutto e quest’anno partirà con un programma inizialmente soft, poi sempre più importante. Prenderà qualche schiaffo in più, però anche lui si rende conto che per arrivare in alto, bisogna avere il confronto con i migliori. Non possiamo andare a correre nei dilettanti e vincere, uno che voglia ambire a fare il professionista deve confrontarsi e allenarsi coi migliori.

Manca secondo te un Gavazzi in questa squadra?

Francesco dava tanti suggerimenti. Ci ha dato una bella mano, perché aveva l’esperienza e l’umiltà di dimostrare come si potevano fare le cose non solo a parole, ma anche con i fatti. Il suo è stato un bell’insegnamento, un bel punto di riferimento per tutti i giovani e spero che voglia rimanere con noi e collaborare con qualche ruolo in seno alla squadra

Gavazzi si è appena ritirato: il suo contributo di esperienza è sempre stato molto prezioso
Gavazzi si è appena ritirato: il suo contributo di esperienza è sempre stato molto prezioso
Pensi che Fabbro sia una carta da giocare per il Giro d’Italia?

Il ragazzo sicuramente ha fatto delle belle cose da dilettante, dipende da cosa si intenda per fare classifica. Se dicessimo di voler arrivare nei cinque, allora saremmo presuntuosi. Se invece l’idea è di fare delle belle tappe come negli ultimi anni e accontentarsi della classifica che viene di conseguenza, allora dico che questo è possibile.

Ti sei mai pentito di aver lasciato la pensione e di essere rientrato in gruppo?

Diciamo che negli ultimi mesi ci ho pensato parecchio, soprattutto dopo che ho avuto qualche problema fisico. In qualsiasi altro ambiente, avrei lasciato. Invece pensando ai ragazzi che ho qua e come ci seguono, mi sarebbe dispiaciuto. In più, Ivan e Fran ci tenevano che rimanessi, quindi ho ridotto un po’ il lavoro e proverò a dare ancora un contributo alla squadra. La passione c’è sempre, quella non diventa vecchia.

La nuova avventura di Fabbro, finalmente non più gregario

28.11.2023
5 min
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La vita a volte è questione di scelte che vanno lette in base al momento, alle contingenze, alle prospettive. Chi frequenta gli ambienti ciclistici da un po’ di tempo, ha visto il passaggio di Matteo Fabbro dalla Bora Hangrohe alla Polti Kometa non come una retrocessione (da un team WT a una professional), ma come una liberazione. Un rilancio per la carriera di uno che, quand’era agli albori, era considerato una delle grandi speranze del ciclismo italiano. Ora ha 28 anni e può dare ancora tanto.

Fabbro ha vissuto gli ultimi 4 anni della squadra tedesca, quindi è stato protagonista della sua progressiva trasformazione, contribuendo al suo inserimento nel ristrettissimo novero delle formazioni di riferimento. Un cambio che forse ha anche contribuito alla fine del rapporto.

Matteo Fabbro quest’anno ha fatto 43 giorni di gara con cinque Top 10
Matteo Fabbro quest’anno ha fatto 43 giorni di gara con cinque Top 10

«Quando sono arrivato nel team – spiega il corridore udinese – il leader era Peter Sagan e si lavorava per lui. Quando è andato via sono cambiate molte cose, la squadra è stata rivoluzionata e io ho iniziato a sentirmi sempre meno adatto alla causa. Inoltre gli ultimi anni dal punto di vista della salute non sono stati semplici per me e progressivamente le nostre strade si sono allontanate. Loro non erano propensi a continuare, ma neanche io: avevo bisogno di un’aria nuova. Voglio però sottolineare il fatto che ci siamo lasciati in ottimi rapporti, tanto è vero che magari nel futuro le nostre strade potrebbero anche tornare a incrociarsi».

A quali problemi di salute ti riferisci?

Il Covid per me è stato una mannaia… Gli strascichi che mi ha lasciato sono stati molto pesanti, sotto forma di problemi respiratori e due nuove allergie e per un ciclista non respirare bene è un problema di non poco conto. Abbiamo provato tante soluzioni, senza essere fortunati. Ora però le cose vanno un po’ meglio e questo mi rende ottimista.

L’esordio di Fabbro fra i pro’, nel 2018 sotto, l’occhio esperto di Pellizotti. Passava con tante speranze di emergere
L’esordio di Fabbro fra i pro’, nel 2018 sotto, l’occhio esperto di Pellizotti. Passava con tante speranze di emergere
La sensazione, analizzando però la tua carriera, è che tu sia rimasto quasi prigioniero del tuo ruolo di gregario, ma non erano queste le prospettive con le quali eri passato pro’…

E’ vero, infatti voglio tornare a esprimere quello che valevo anni fa. Che cosa è successo nel frattempo? Quello che spesso succede nel ciclismo: i problemi portano mancanza di risultati e da questi di fiducia e quindi di spazio. Se guardo indietro, solo una volta mi è stata concessa libertà, per la Tirreno-Adriatico del 2021 e il quinto posto finale mi sembra sia stato una bella risposta. Ma altre occasioni per potermi esprimere non ci sono state, in compenso ho sempre lavorato per i capitani con l’abnegazione che mi è sempre stata riconosciuta.

La tua storia recente è suonata anche come un monito per i tanti ragazzi italiani che approdano nelle squadre estere del WorldTour. Molti dicono che vanno a fare i gregari, pur avendo stoffa e risultati per poter ambire ad altro.

Il rischio c’è, ma bisogna stare molto attenti nel dare giudizi. Partiamo dal fatto che se capiti fra le 5 grandi squadre del WT – tra cui la Bora – vieni inizialmente chiamato a svolgere ruoli di gregariato. Lo spazio te lo devi guadagnare, ma con i campioni che ci sono è difficile. E’ anche vero però che se vali davvero ci riesci: guardate gli esempi di Ganna e Milan, sono in grandissimi team, ma hanno saputo guadagnarsi i loro spazi. Se invece capiti in formazioni un po’ meno forti, con capitani che non accentrano tutte le attenzioni, hai più possibilità. Devi comunque metterti a disposizione, ma le occasioni per emergere ci saranno e dovrai essere bravo a sfruttarle.

Quattro anni di militanza nel team tedesco, ma ben poche occasioni per emergere, come alla Tirreno-Adriatico 2021
Quattro anni di militanza nel team tedesco, ma ben poche occasioni per emergere, come alla Tirreno-Adriatico 2021
Nel tuo caso?

Nel mio caso le contingenze hanno portato a vedere quello spiraglio stringersi sempre di più. Per questo avevo bisogno di aria nuova e l’ho trovata grazie a Ivan Basso, che ha fortemente insistito per avermi nel team. Ho trovato un ambiente familiare, che mi ha subito convinto della scelta.

Inoltre il fatto di correre in una professional può garantirti maggiori occasioni anche a livello di calendario…

Sì, mettendoci i 7 anni di esperienza accumulata in questo mondo. E’ come se fino ad ora avessi seminato, ora è venuto il tempo di raccogliere, quindi aver fatto un passo indietro è un fatto che reputo positivo, considerando anche che non ho molto da perdere. Sarà una bella sfida.

Per la Bora Hansgrohe il ciclista udinese è sempre stato prezioso supporto ai capitani in salita
Per la Bora Hansgrohe il ciclista udinese è sempre stato prezioso supporto ai capitani in salita
Sai già come sarà impostata la tua stagione?

Per grandi linee sì, il mio grande obiettivo sarà il Giro d’Italia, da correre finalmente pensando alla classifica. Ricordo l’edizione del 2020: avevamo in squadra Sagan per le tappe e Majka per la classifica, questo significa che tirai per 17 frazioni su 21… Eppure alla fine fui 23°, neanche male. Se potrò concentrare le energie sulla classifica e le tappe di montagna, sicuramente farò il mio. Correrò Ruta del Sol e Tirreno-Adriatico, il resto vedremo come svilupparlo in base alle condizioni di forma e alla situazione del momento. Io intanto sono già tornato ad allenarmi, non vedo l’ora che si cominci…

Intervista sul Garda, parlando del Giro con Fabbro

20.04.2023
5 min
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Lennard Kamna ha vinto la terza tappa del Tour of the Alps, un’azione coordinata, della Bora Hansgrohe, in maniera perfetta, che ha portato ad una doppietta visto il secondo posto di Vlasov. Tra i corridori che si sono spesi per portare a casa questa vittoria di tappa c’è Matteo Fabbro. Il friulano ha aperto le danze alzando il ritmo quando di chilometri al traguardo ne mancavano ancora sei. Dopo l’arrivo chiede al massaggiatore chi abbia vinto, quando gli viene detto il nome di Kamna va via contento. 

Quattro parole in hotel

Con Fabbro siamo rimasti d’accordo che ci saremmo visti poco dopo in hotel, l’aria in cima al traguardo di San Valentino si stava facendo fredda. Meglio ripararsi e schizzare ai pullman per una doccia calda e rinviare l’intervista al tardo pomeriggio. La discesa che porta all’hotel Angelini, ad Arco, ad un certo punto apre uno scorcio sul Lago di Garda, azzurro ed illuminato dai pochi, ma caldi raggi di sole. 

«Per fortuna abbiamo vinto – dice con una risata il corridore della Bora – ne avevamo bisogno. E’ un successo importante, sia per noi come squadra che per i capitani, un modo per ricostruire un buon feeling in vista del Giro. Ora vedremo cosa succederà da qui alla fine, anche se le tappe più dure dovrebbero essere alle spalle. Kamna e Vlasov saranno i due capitani designati per il Giro d’Italia e ci siamo preparati duramente a Sierra Nevada. Siamo appena scesi dopo un paio di settimane di lavoro intenso, precedentemente, a fine febbraio, eravamo al Teide. Insomma, negli ultimi mesi ci siamo dati da fare».

Dopo il traguardo Fabbro si copre prima di scendere ai bus, l’aria in cima a San Valentino Brentonico è frizzante
Dopo il traguardo Fabbro si copre prima di scendere ai bus, l’aria in cima a San Valentino Brentonico è frizzante

Tanti occhi addosso

L’anno scorso la Bora-Hansgrohe ha vinto la corsa rosa in sordina, senza i favori del pronostico. In questa edizione non saranno di certo sottovalutati, questo i corridori lo sanno bene. 

«Vincere non è facile, ripetersi è ancora più difficile – afferma Fabbro – partiamo con due capitani designati: Kamna e Vlasov. Nel 2022 erano in tre, alla fine è uscito Jay Hindley, che se vogliamo era l’ultimo dei capitani. Quest’anno sarà un Giro diverso, con tanti chilometri a cronometro, staremo un po’ a vedere. Nella prima settimana potremmo trovarci indietro, perché i nostri avversari, Roglic ed Evenepoel in primis, vanno forte nelle prove contro il tempo.

«Sarà l’ultima settimana quella davvero decisiva, e non farà sconti a nessuno. Sarà ancora più dura rispetto al 2020, e già quella era molto impegnativa. La cronoscalata alla penultima tappa potrebbe ribaltare ogni verdetto, anche un minuto di vantaggio rischia di non bastare. La salita che porta a Monte Lussari non l’ho ancora provata quest’anno, però essendo vicino a casa mia, in Friuli, ho avuto modo di farla qualche volta».

Il friulano si è messo a lavorare a metà salita, è in cerca della miglior condizione, ieri le sensazioni erano positive
Il friulano si è messo a lavorare a metà salita, è in cerca della miglior condizione

Prendere le misure

Già sull’arrivo di San Valentino Brentonico la Bora ha agito in forze per fare la corsa. Si sono messi a misurare la febbre ai propri avversari e anche a se stessi, per vedere a che punto fosse la condizione dopo il periodo di lavoro a Sierra Nevada. 

«Dal canto mio – racconta il friulano seduto nella hall dell’hotel – sono in un momento un po’ particolare. Nell’ultimo mese sto soffrendo di un’allergia che mi sta facendo faticare più del dovuto, ce l’ho da sempre, ma quest’anno mi è uscita particolarmente forte. La scorsa settimana sono stato al centro Redbull a Salisburgo per fare una serie di test. Oggi, finalmente stavo bene, ho deciso io di iniziare a lavorare presto perché non ero sicuro di quanto riuscissi a resistere in gruppo.

«Non sono ancora al massimo, spero di migliorare e di avere le risposte che cerco, anche dai test fatti. Al Giro mancano ancora due settimane, venerdì finiamo di correre e faremo degli allenamenti di rifinitura per presentarci al meglio il 6 maggio alla partenza da Fossacesia».

Fabbro ha definito Gasparotto un artista in ammiraglia: quali tattiche starà preparando il diesse in vista del Giro?
Fabbro ha definito Gasparotto un artista in ammiraglia: quali tattiche starà preparando il diesse in vista del Giro?

Tattiche e spunti

Nel 2022 la Bora iniziò a lavorare ai fianchi il gruppo dalla tappa di Torino: non fu un attacco evidente, ma efficace. Un modo per scalfire piano piano le certezze degli avversari, fin da lontano. 

«In queste due settimane tra il termine del Tour of the Alps ed il Giro d’Italia – conclude Fabbro – andremo a vedere qualche tappa. Probabilmente vedremo quelle nella zona di Brunico, ma potremmo fare la ricognizione in macchina. Nei mesi scorsi siamo stati a visionare la cronometro di Cesena e le Tre Cime di Lavaredo. Non abbiamo ancora deciso quale tappa potrà essere quella da battezzare. Anche perché in ammiraglia abbiamo un’artista come “Gaspa” (Enrico Gasparotto, ndr). Lui si sveglia la mattina e decide la tattica da fare. Sicuramente studieranno qualcosa, anche per attaccare gli squadroni come Soudal-Quick Step e Jumbo-Visma che si presenteranno agguerriti. Hanno dimostrato già dal Catalunya di essere forti, hanno letteralmente dominato la corsa spagnola.

«Noi arriviamo al Giro con due corridori, Vlasov e Kamna, che si difendono a cronometro e in salita sanno andare forte. L’anno scorso partivamo sfavoriti e abbiamo vinto, quest’anno staremo a vedere. Non saremo la squadra che tutti guardano, ma siamo attrezzati per fare bene. Per quanto riguarda il mio ruolo, posso dire che se starò bene farò il rifinitore, colui che starà con i capitani fino all’ultimo in salita, con il focus di arrivare il più fresco possibile all’ultima settimana».

L’occhio di Bressan su Milan, Aleotti e Fabbro

18.01.2023
5 min
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Fra i motivi per cui è utile essere il vivaio di una squadra WorldTour c’è anche la possibilità di seguire i tuoi atleti anche dopo che sono diventati professionisti. Altrimenti, tanti saluti. Certo non mancherà l’occasione per vedersi e parlare, ma la gestione sarà in mani altrui e poco si potrà dire nel merito. Ne abbiamo avuto la riprova parlando con Roberto Bressan, team manager del Cycling Team Friuli, che negli ultimi anni ha lanciato al professionismo corridori come Fabbro, Aleotti e Milan. Dopo aver letto l’intervista a Gasparotto di qualche giorno fa sui programmi della Bora-Hansgrohe, avevamo trovato strano che Aleotti non corresse nelle Ardenne e puntasse diretto sul Giro.

In realtà la decisione era già trapelata nell’intervista di ottobre con lo stesso Aleotti (in apertura, Giovanni al Tour Down Under). La sua analisi, rileggendo le prove del 2022, aveva evidenziato che fosse arrivato al Giro troppo stanco. Per questo il programma prevede una partenza anticipata (in questi giorni l’emiliano si trova al Tour Down Under) e un periodo di riposo prima del Giro, dove aiuterà Vlasov nella lotta per la maglia rosa. Se spazio gli sarà dato, Aleotti lo avrà nella seconda parte della stagione.

Per Aleotti partenza anticipata rispetto al 2022. L’obiettivo, dopo uno stacco, è arrivare bene al Giro
Per Aleotti partenza anticipata rispetto al 2022. L’obiettivo, dopo uno stacco, è arrivare bene al Giro

Addio alle Ardenne

Il programma è chiaro. Quel che semmai potrebbe suonare strano è la rinuncia alle corse delle Ardenne che, per convinzione del team e del corridore, potrebbero diventare un giorno il suo terreno di caccia. Aleotti ha ancora 23 anni, le esperienze fatte adesso valgono oro.

«Secondo me – dice Bressan – Giovanni è ancora un po’… crudo, anche se l’anno scorso ha avuto parecchia sfortuna e non si è potuto preparare come voleva. Poi lui le cose le dice a pezzetti, quindi non so esattamente come si sia preparato. Corre alla Bora-Hansgrohe e non posso permettermi di entrare nel merito.

«Col Bahrain invece posso parlare di Milan, ad esempio, a 360 gradi. Le cose nel suo percorso stanno andando come ho sempre detto. Io parlo, Miholjevic ascolta. Poi è lui che prende le decisioni, ma sfruttiamo la conoscenza del corridore per fare il meglio».

Le classiche del pavé sembrano fatte per Milan, che è giovanissimo e ha mezzi inesplorati
Le classiche del pavé sembrano fatte per Milan, che è giovanissimo e ha mezzi inesplorati

Milan e il Nord

Il bello di essere il vivaio di una WorldTour, si diceva, è proprio la possibilità di seguire lo sviluppo dei propri atleti. E anche se sui tempi del passaggio di Milan al Bahrain ci fu da discutere, oggi Bressan sprizza orgoglio in ogni parola.

«Jonathan – dice – ha potenzialità sconosciute per tutti, ma sappiamo già quali sono le gare che può vincere. Tutte le classiche del Nord, quelle della prima parte, sembrano fatte per lui e credo che già quest’anno ci andrà vicino. Un ragazzo come lui, che ogni volta che sale in pista di avvicina ancora un po’ a Ganna, ha davvero dei mezzi non comuni».

Negli ultimi due anni, Aleotti ha vinto il Sibiu Tour. Ora è atteso a uno step successivo (foto Bora Hansgrohe)
Negli ultimi due anni, Aleotti ha vinto il Sibiu Tour. Ora è atteso a uno step successivo (foto Bora Hansgrohe)

Gli spazi giusti

Insomma, tanto si può dire su Milan e tanto lo si può ancora seguire, per quanto nel rispetto dei ruoli la carriera di Aleotti resta un film da guardare alla giusta distanza.

«Quando era con noi – dice Bressan – Giovanni era fortissimo. Mi stupisco che ancora non sia uscito, anche se ha vinto per due volte il Sibiu Tour e ha fatto delle belle prestazioni. Certo al Giro non può andare per fare classifica, forse non è maturo per vincere una grande corsa. Ma una cosa va detta. Giovanni, come Fabbro e De Marchi hanno avuto rogne con il Covid e adesso devono far vedere qualcosa. Fabbro è in scadenza di contratto, da quello che so Aleotti è tenuto in grandissima considerazione.

«Lui è molto serio, fa sempre le cose per bene. Deve avere fortuna e gli spazi giusti. Già in Australia si potrà vedere com’è la sua condizione. Fabbro invece lo spazio ha bisogno di cercarselo. E’ forte e già pronto, ma finora ha potuto fare classifica solo quando il suo capitano è caduto».

Fabbro punterà alle corse a tappe di una settimana: primo obiettivo il Catalunya (foto Instagram)
Fabbro punterà alle corse a tappe di una settimana: primo obiettivo il Catalunya (foto Instagram)

La legge degli squadroni

Sugli spazi, la chiusura spetta al loro procuratore: Raimondo Scimone, che giustamente non entra nella gestione, ma sa benissimo come vanno le cose nelle grandi squadre.

«Se ambisci ad andare in una grande squadra – dice Scimone – sai che devi lavorare per essere pronto nel momento in cui si apre la tua porta. Per Fabbro quella porta ci fu forse sull’Etna al Giro del 2020, quello di ottobre. Portava il gruppo a spasso, ma la porta non si aprì. E’ chiaro che quando vai in certe corse con Hindley, Vlasov e Higuita, la storia è questa. Il suo obiettivo sarà fare bene le corse di una settimana, come Catalunya e Tour of the Alps: facesse bene quelle, sarebbe già un bel passo».

Fabbro, lavori in corso per un 2023 di rivincite

16.01.2023
4 min
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Il suo contratto è in scadenza al termine di questa stagione. Per Matteo Fabbro la Bora Hansgrohe ha rappresentato una svolta nella carriera che lo ha portato al ciclismo WorldTour al fianco di campioni e con responsabilità mai banali. L’anno scorso, complice una bronchite arrivata in un momento delicato, subito dopo la Tirreno-Adriatico, non è riuscito a disputare corse al livello delle sue aspettative. Il 27enne friulano nel 2020 e 2021 ha dimostrato di essere un ottimo gregario con anche tanto margine di crescita personale.

In cerca del giusto spazio per cogliere l’occasione giusta, viene da sé che il 2023 sarà un anno spartiacque sia per l’età che per la sua carriera. Così Matteo ha accettato di darci qualche spunto e aspettativa sulla stagione alle porte.

A dicembre Matteo Fabbro è stato in ritiro con la squadra a Mallorca
A dicembre Matteo Fabbro è stato in ritiro con la squadra a Mallorca
Sei già stato al caldo per il ritiro invernale?

Sì, abbiamo fatto un ritiro a dicembre a Mallorca e a gennaio siamo liberi. Io andrò per conto mio a Gran Canaria e poi andrò diretto alla Volta a la Comunitat Valenciana il 1° febbraio. 

Come sta andando la preparazione?

Buone sensazioni, tutto nella norma. Abbiamo affrontato una preparazione diversa dall’anno scorso perché nel 2022 era più incentrata sul Giro d’Italia. Quest’anno mi preparo lo stesso per il Giro, ma sto cercando di avere un po’ più spazio nelle corse prima e quindi farmi trovare pronto

Quali obiettivi ti ha indicato la squadra?

Essere di supporto al Giro per Vlasov e, se ci sarà l’opportunità, di giocare le mie carte magari con attacchi da lontano oppure su alcune tappe diciamo che mi lasceranno un po’ più di libertà. Siamo i vincitori uscenti con Hindley quindi avremo gli occhi puntati addosso. Ci ripresentiamo con una squadra forte, ma riconfermarsi non è mai facile. Vedremo a ridosso quale sarà la condizione. A me basta non ammalarmi prima e dover dare forfait come ho dovuto fare l’anno scorso a causa della broncopolmonite dopo la Tirreno-Adriatico.

Per questo il tuo 2022 non ha brillato?

E’ stato un brutto anno. Ho fatto uno stop di tre settimane post Tirreno appunto senza toccare la bici. Una battuta d’arresto così lunga in quel periodo è cruciale per tutta la stagione. Infatti ho iniziato ad avere buone sensazioni e andare forte a fine 2022 come al Lombardia, ma ormai le occasioni erano sfumate. 

Matteo Fabbro è del 1997, è passato pro’ nel 2018. Al termine del 2023 scadrà il contratto con la Bora-Hansgrohe
Matteo Fabbro è del 1997, è passato pro’ nel 2018. Al termine del 2023 scadrà il contratto con la Bora-Hansgrohe
Quali sono i tuoi appuntamenti importanti del 2023?

Dovrei fare Giro e Vuelta, però manca ancora tanto, le variabili sono infinite, quindi mi pongo degli obiettivi più vicini che sono andare forte al Giro e al Catalunya. 

Quindi al giro sarete presenti con altre punte?

Hindley non difenderà la maglia rosa, ma ci saranno Vlasov e Kamna che punteranno alla classifica. Noi saremo tutti di supporto e qualora ci fosse l’occasione saremo pronti a giocarci le nostre carte. 

Ti sei già fatto un’idea dei percorsi?

Quello della Vuelta non è un brutto percorso, ma secondo me il Giro è ancora più duro. Penso che sarà simile a quello del 2020. Ci sono tappe lunghe e specialmente l’ultima settimana non perdonerà. Specialmente quello che verrà sprecato nella prima parte, si pagherà alla fine. Ci sono due crono da non sottovalutare. Sulla carta è a mio avviso più impegnativo del 2022. 

Il tuo contratto scadrà a fine stagione, come vivi questa situazione?

Sicuramente da una parte è uno stimolo. Io sono motivato a riscattarmi dalla stagione scorsa penalizzata dagli infortuni e vicende varie. Ho passato un anno a rincorrere la condizione e sicuramente proverò a farmi vedere nella prima parte. Non farò a malincuore la Tirreno, perché è una corsa cui tengo particolarmente. Però sarò al Catalunya e vedendo il percorso, non è semplice nemmeno quello. 

Fabbro alla Vuelta ha visto crescere la sua condizione dopo un 2022 in salita
Fabbro alla Vuelta ha visto crescere la sua condizione dopo un 2022 in salita
Tornando alla tua preparazione, hai fatto modifiche durante l’inverno?

Ho modificato un po’ la posizione in ritiro e mi sono arretrato leggermente. Poi sono passato al manubrio aero della Roval, perché quello che usavo era un modello precedente. 

Come mai questo arretramento?

Mi sentivo un po’ scomodo. La mia sensazione era quella di non riuscire a chiudermi specialmente quando mettevo le mani basse. Da quando ho iniziato a pedalare questo inverno in ritiro, con i tecnici Specialized abbiamo deciso di fare questa piccola modifica. 

Sono cambiamenti di posizione naturali o è dovuto ad altro?

Ero molto estremo prima, al limite in avanti. Un altro elemento che ha forse inciso è l’aver cambiato le scarpe. Avevo le S-Works ed essendo andate fuori produzione da quest’anno sono passato alle Ares. Siamo arrivati a questa conclusione. Ogni tanto ci sta fare qualche piccolo cambiamento. Poi si parla di millimetri, finezze che a livello mentale rappresentano accortezze che possono aiutare.