Alzini, Oldani e “papà” Marino: una storia di passione

12.01.2024
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Un montaggio fotografico pubblicato su Facebook da Martina Alzini ha aperto la porta su una bella storia. L’immagine superiore ritrae l’azzurra della pista, che proprio in questi giorni è impegnata agli europei di Apeldoorn, accanto a un piccolissimo Stefano Oldani. In quella inferiore, i due sono accanto anche oggi, ma in maglia Cofidis. Il commento all’immagine recita:

2005 vs 2024

Sc Busto Garolfo – Team Cofidis
19 anni dopo… Eccoci qui!

Alzini e Oldani si sono ritrovati alla Cofidis, a distanza di 19 anni dalla SC Busto Garolfo
Alzini e Oldani si sono ritrovati alla Cofidis, a distanza di 19 anni dalla SC Busto Garolfo

Nel segno di Marino

La Sc Busto Garolfo vive attorno al velodromo. Nella sua pagina Facebook, lo schieramento di ragazzi e ragazze mette di buon umore. La società ha lanciato fior di corridori e accanto a loro (a suo tempo, anche accanto ad Alzini e Oldani), c’è da citare una terza figura, a lungo un punto di riferimento nel giro della nazionale: Marino Fusar Poli, classe 1949, meccanico di lungo corso, gran brava persona, uomo gentile e presidente del gruppo sportivo milanese. La milanese della Cofidis, che lo ha conosciuto a 7 anni e lo ha poi ritrovato in nazionale, lo ha recentemente definito il suo secondo papà.

Marino risponde dal suo negozio, in cui dice di essere aiuto meccanico, perché il ruolo del protagonista preferisce lasciarlo a suo figlio Dino, a sua volta collaboratore di Salvoldi. L’altra figlia, Daniela, è stata a sua volta atleta azzurra, si è laureata e, dopo aver lavorato per dieci anni con Assos, da cinque anni è a Bolzano con Q36,5.

Cosa ricordi di quei due?

La foto che vedete si riferisce a un campionato provinciale che vinsero, non ricordo se da G4 o G5. Bastava osservarli per capire che fossero superiori alla media. Per Martina perdemmo addirittura un corridore, non ricordo come si chiamasse. Era stufo di essere battuto da lei e alla fine cambiò società. Le cose però non cambiarono, lei continuò a batterlo e alla fine non lo vedemmo più. Era determinata, brava, concentrata. E’ sempre stata molto caparbia. 

Perché dice che sei stato il suo secondo padre?

Perché ciclisticamente è nata qui. Io poi sono amico di suo padre che l’ha sempre allenata. Lui aveva corso senza grandi risultati, così alla fine glieli ha portati Martina. Venivano qui e io la allenavo nel velodromo. Ha vinto diversi campionati italiani e provinciali, su strada e su pista. Finché sono giovanissimi, li alleniamo in pista. Poi si passa anche su strada.

Quindi anche Oldani è partito dalla pista?

Sì, certo. Stefano mi sembra sia rimasto fino a G5. Fra loro due c’è un anno di differenza (1997 Alzini, 1998 Oldani, ndr) per cui hanno sempre corso in squadra insieme, ma non nella stessa categoria. Li allenavamo per età, ma tutti insieme. E lei, la Martina, batteva tutti i maschi.

Era davvero così caparbia?

Molto precisa ed ha avuto la fortuna di genitori che l’hanno seguita assecondando la sua inclinazione sportiva. Era già piuttosto alta rispetto agli altri ragazzi, in più aveva delle doti. Non solo la forza, ma anche il modo di vedere le corse. Lei doveva correre e vincere, non interessava se era fra maschi o femmine. Non è una di quelle che cercava di andare a fare le corse dove c’erano le ragazze e basta. Però era anche molto educata, è sempre stata un esempio per tutti. Una delle migliori atlete che ho avuto.

Stefano invece che storia ha con voi?

Già da piccolo era come lo vedete adesso, anche lui molto determinato. Sono ragazzi che faranno strada e lo vedi subito. Ho avuto anche Moschetti e Parisini, che sono entrambi professionisti e hanno corso entrambi a Busto Garolfo.

Nella foto Stefano sembra più piccolo di Alzini…

E’ sempre stato un mingherlino, uno forte fisicamente, ma a guardarlo non avresti detto. Diciamo che è uno di quei ragazzi che hanno grande forza interiore, che la cilindrata ce l’hanno nella testa. E lui da questo punto di vista è sempre stato superiore agli altri. Ci sono ragazzini che vanno spronati, loro due andavano gestiti.

Questo lo schieramento della SC Busto Garolfo nel 2023: quest’anno ci sono 4 squadre (foto Gabri_HGD)
Questo lo schieramento della SC Busto Garolfo nel 2023: quest’anno ci sono 4 squadre (foto Gabri_HGD)
Quanta attività c’è a Busto Garolfo?

Abbastanza, una buona attività. Da quest’anno mi sembra che Dalmine sia in ristrutturazione, per cui avremo molta più gente. C’è sempre attività a livello giovanile, perché ci occupiamo delle categorie fino agli allievi. Ne ho qualcuno molto bravo e anche una bella squadra femminile. Correva con noi anche la figlia di Justine Mattera, che l’anno scorso ha vinto il campionato regionale, ma ha voluto cambiare e andare a Cesano Maderno. Abbiamo sempre avuto e curiamo particolarmente anche il settore femminile. Abbiamo due ragazzine giovani molto brave, che avranno un futuro. Magari non pari a Martina Alzini o a Stefano Oldani, però c’è sempre un buon vivaio.

Vengono mai a trovarti?

Sì, caspita! Martina ora vive sul lago di Garda, ma ogni volta che viene qui, passa a salutarmi. Di recente mi ha anche portato la maglia iridata della pista con l’autografo. Stefano invece di recente ha cambiato squadra e ci ha dato tutto l’abbigliamento che gli era rimasto e noi l’abbiamo distribuito ai ragazzi.

Cosa fai ora nella società?

Sono il presidente e da trent’anni coordino le cose. Ho dei collaboratori eccezionali, con cui gestiamo le quattro squadre di quest’anno. Allievi, esordienti e due squadre di donne (una di allieve e una di giovanissimi). Io mi occupo direttamente degli allievi. Abbiamo un po’ di gente che ci aiuta e abbiamo parecchie biciclette per i più piccoli, in più c’è il Centro Federale diretto da Fabio Vedana. Però il materiale tecnico viene tutto dal mio negozio. Per questo sono a lavorare da mio figlio, per essere certo che ci aiuti ancora (una risata, un abbraccio, speriamo di vederci presto, ndr).

“Benjo” Thomas, fari puntati su mondiali, Vuelta e Parigi

13.07.2023
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FIORENZUOLA – Lo stiamo ripetendo da tempo, quasi allo sfinimento. Per tanti motivi quelli di Glasgow non saranno mondiali qualunque. Inizieranno il 3 agosto e saranno un’anticipazione di Parigi 2024. Su pista vincere in Scozia significherà garantirsi l’accesso alle olimpiadi. Fra i tanti in cerca del pass c’è Benjamin Thomas con la sua Francia.

Il bresciano d’adozione della Cofidis guiderà la sua nazionale nella rassegna iridata verso quella a cinque cerchi. Un compito difficile non tanto perché la Francia sia a rischio partecipazione, quanto perché sappiamo quanto i nostri cugini d’Oltralpe sentano il peso dell’evento in casa propria. Thomas lo abbiamo visto “in borghese” durante i campionati italiani su pista a Fiorenzuola in qualità di accompagnatore-allenatore non solo della fidanzata Martina Alzini. Per “Benjo” è stato un momento di stacco psico-fisico prima di rituffarsi in ottica mondiale. Sarà il solito cliente scomodo per tutti, Italia compresa, e così con lui abbiamo approfondito il discorso.

Su strada Thomas punta a correre la Vuelta ed in generale trovare un risultato importante per rilanciarsi
Su strada Thomas punta a correre la Vuelta ed in generale trovare un risultato importante per rilanciarsi

“Benjo” coach

Dall’altra parte del rettinilineo d’arrivo dell’anello di Fiorenzuola c’è Thomas tutto solo in bermuda e t-shirt neutri. Quella è la sua mattonella in cui incita non solo Alzini ma anche Alessio Delle Vedove. E dopo il briefing pre-gara c’è pure quello alla fine.

«Sono diventato tanto amico con Benjo – spiega il classe 2004 della Circus Reuz – ci alleniamo spesso attorno a casa nostra (zona Lago di Garda, ndr) quando entrambi non siamo via per le corse. E’ tanta roba averlo avuto come coach durante i campionati italiani in pista. E’ un onore avere una persona come lui che ti dà anche un piccolo suggerimento. Sono ancora molto giovane e accetto qualsiasi consiglio da lui. Onestamente (sorride, ndr) mi faceva davvero uno strano effetto vederlo e sentirlo a bordo pista che mi incitava ad ogni giro nella corsa a punti. Che emozione!».

Benjamin che bilancio possiamo fare sulla tua stagione finora?

Siamo a metà e la prima parte purtroppo non è andata tanto bene. Colpa di qualche problema fisico e della sfortuna per alcune cadute proprio in gare a cui puntavo. Ho perso un po’ di tempo. Mi sono concentrato sulle corse in cui riuscivo a centrare risultati. L’anno scorso a fine maggio avevo già quattro vittorie e quest’anno invece ne ho solo una in una crono in Francia (terza tappa della 4 Giorni di Dunquerke, ndr). Le piccole soddisfazioni sono che proprio nelle crono sto ritrovando le sensazioni di livello. Mi sono adattato bene anche ai nuovi materiali. Su strada sento che sto crescendo. La qualità si alza tanto ogni anno. Mi manca ancora un po’ di fortuna per centrare quel risultato che mi possa sbloccare. Speriamo avvenga entro fine stagione (sorride, ndr).

Inevitabile constatare che anche Martina stia vivendo un periodo simile.

Anche lei è in crescita. Su strada siamo due atleti ancora giovani. Non abbiamo dato fondo a tutte le nostre potenzialità, soprattutto Martina. Ha delle caratteristiche fisiche davvero ottime. Quest’anno ha ottenuto diversi podi in gare dove poteva centrare una vittoria. Anche lei sta cercando il grande risultato ma ci è sempre più vicina. I campionati italiani in pista sono stati un punto di rilancio per la stagione e prendere fiducia.

Proprio ai tricolori in pista abbiamo notato quanto tu fossi tranquillo.

Due giorni prima degli italiani su pista ho saputo che non sarei andato al Tour de France. Passi da prepararti per andare via un mese da casa per la più grande gara del mondo a… niente (sorride, ndr). Il mio coach mi ha detto di fare riposo per diversi giorni. Quindi ho accompagnato Martina agli italiani così penso ad altro. Mi ha fatto bene ritrovare l’ambiente della pista. In quei giorni sono uscito in bici senza alcun assillo. Pedalate tranquille per prendere il caffè. Sono quelle cose semplici che ami rifare. Da inizio luglio però ho ricominciato con un programma più intenso. Ci sono tanti obiettivi. Mi sono messo in testa di correre la Vuelta. Piano piano mi ricostruisco una preparazione.

Prima però ci sono i mondiali su pista…

Esatto. Ho fatto dieci giorni di altura a Tignes con la nazionale della pista ed ora sono a Livigno. Poi faremo una preparazione a fine luglio a Parigi per assimilare il lavoro in pista e ritrovare quelle giuste sensazioni. Non corro su pista dalla prova di Nations Cup in Canada (20-23 aprile, ndr).

Thomas ha vinto la crono della 4 Giorni di Dunquerke disputando un prova convincente
Thomas ha vinto la crono della 4 Giorni di Dunquerke disputando un prova convincente
Come ci arriva Benjamin Thomas?

Adesso noi come Francia stiamo puntando tutto su Parigi 2024. I mondiali di quest’anno sono una prova generale. Stiamo facendo cose che rifaremo l’anno prossimo. Quest’anno ho fatto pochi ritiri perché ho corso molto su strada ma i miei compagni di nazionale hanno fatto un bel blocco di lavoro, specie i ragazzi del quartetto. A Glasgow farò quello che sarà il programma olimpico. Inseguimento a squadre, omnium e americana, sempre che tutto vada bene.

Com’è il clima in squadra?

Buono. Lavoreremo una decina di giorni sul quartetto prima dei mondiali. Il nostro gruppo si compone di sette corridori. Valentin Tabellion, atleta esperto per la partenza, Thomas Denis, Quentin Lafargue e Corentin Ermenault. Poi ci sono i miei compagni di americana Thomas Boudat e Donavan Grondin che anche loro spesso fanno il quartetto. Anche noi dobbiamo guadagnarci la qualificazione per le olimpiadi attraverso i mondiali. Siamo partiti bene con il bronzo europeo e altri podi in Nations Cup. Noi punteremo a fare i migliori tempi possibili senza fare gara su nessun’altra nazionale. Cercheremo di avvicinarci il più possibile alla vittoria. Ovvio che vedremo a Glasgow come staremo tutti. In Europa bene o male riusciamo tutti a farci un’idea ma mi riferisco soprattutto australiani o neozelandesi che per buona parte della stagione tendono a nascondersi. Ti accorgi della loro condizione quando li vedi girare in pista poco prima delle gare.

Che cosa rappresenta per un francese l’olimpiade di Parigi?

Gli italiani mi dicono sempre che non sembro un francese (sorride, ndr). Ovvio che sono orgoglioso di rappresentare il mio Paese fin dalla prima convocazione da junior. Però se c’è una cosa che non voglio è avere pressioni in più. Ho già vissuto quella situazione a Tokyo e non mi andava bene. Ero arrivato da favorito numero uno perché avevo una grande condizione già da luglio. Nell’americana avevamo preso il bronzo ma nell’omnium non è andata bene per niente (quarto posto, ndr). La mattina della gara non ero riuscito nemmeno a mangiare. Ero troppo stressato. Se arriveremo a Parigi la prenderò con più serenità. Mi dirò “Hai già toccato il fondo a Tokyo da favorito e hai deluso tutti. Cosa vuoi che ti capiti di peggio?” (ride, ndr). Correrò concentrato ma senza pensieri.

L’abbuffata tricolore di Alzini, pensando al Tour

09.07.2023
5 min
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Di Martina Alzini si erano un po’ perse le tracce. Una primavera resa difficile da problemi a un ginocchio, poche gare in settimane ricchissime di eventi, l’obiettivo del Tour Femmes da preparare non senza difficoltà. Poi una settimana che ha rasentato la follia, con un’autentica pioggia di gare ai campionati italiani su pista e, appena finiti, subito in aereo alla volta di Berlino per il Tour de Berlin.

Un test pienamente superato per vedere le sue reazioni sul piano della resistenza. Nei tre giorni di gare ai tricolori, Alzini ha portato a casa ben 4 titoli (individuale a punti, madison, inseguimento a squadre e velocità sempre a squadre) con il corollario di un argento nello scratch e il bronzo nell’inseguimento individuale e nell’omnium, poi in Germania è arrivato un altro terzo posto, a conferma della condizione ormai ritrovata.

Nel raccontare la sua straordinaria settimana, la legnanese parte proprio dalla rassegna tricolore sorprendendo l’interlocutore: «Avrei voluto fare ancora di più, volevo fare tutte le prove endurance, ma la gara dell’eliminazione era troppo vicina all’inseguimento individuale, non c’era la possibilità materiale. Mi è piaciuto però fare la velocità a squadre, è stato un di più».

Alzini con Fidanza, prime nella madison ai tricolori di Fiorenzuola e insieme anche nel quartetto
Alzini con Fidanza, prime nella madison ai tricolori di Fiorenzuola e insieme anche nel quartetto
Come mai questa escursione in una specialità così lontana dalle tue abitudini?

E’ stata una cosa nuova che ho fatto per stare vicina alla mia grande amica Miriam Vece. Da bambine ci sfidavamo sempre, poi abbiamo seguito strade diverse, ma siamo sempre rimaste molto legate. Poter condividere qualcosa, impegnandoci insieme, è stata una sfida che ci ha reso felici a prescindere dal risultato.

Restiamo in tema di ciclismo su pista. Nonostante il problema al ginocchio hai potuto fare due prove di Nations Cup e quindi hai il polso della situazione: qual è l’atmosfera nel gruppo delle campionesse del mondo?

Sapevamo sin dallo scorso anno che non sarebbe stato un anno facile, il calendario era troppo accavallato con le gare su strada. Se a questo ci si aggiungono gli infortuni che hanno colpito un po’ tutte, ecco che i risultati generali non possono essere una sorpresa. Noi abbiamo cercato di gestirci, siamo state disponibili ogni volta che si poteva, abbiamo sempre dato il massimo. Anche il mondiale, per le date accavallate con le gare su strada non ci favorisce, anzi. Soprattutto chi viene dal Tour sarà svantaggiato. Quel che certamente non manca è comunque la coesione fra noi e questo dato mi induce all’ottimismo.

Per il quartetto iridato una primavera difficile, ma la legnanese resta ottimista
Per il quartetto iridato una primavera difficile, ma la legnanese resta ottimista
Che valore dai a queste maglie tricolori?

Molto alto e su questo voglio aprire una parentesi e ringraziare, come ho fatto anche sul mio profilo Instagram, tutte le ragazze e tutti i ragazzi che hanno partecipato, pur in un periodo compresso nel calendario, pur in contemporanea con il Giro femminile. Ci siamo lamentati spesso in passato del poco spazio riservato ai tricolori, ora che abbiamo organizzatori validi, che ci mettono tutto quel che hanno nell’allestirli, è giusto onorare il loro impegno. C’è chi pur impegnato altrimenti, ha ricavato almeno una giornata per gareggiare e questo lo reputo importante: per questo sono titoli italiani che hanno un valore.

Non hai fatto in tempo a chiudere la rassegna tricolore che sei dovuta andare in Germania per il Tour de Berlin Feminin. Hai avuto tempo per riabituarti alla strada?

A dir la verità era una prova cittadina, quindi adatta alle pistard: tutta nel centro di Berlino, con tante curve. Sull’esito della corsa c’è un aneddoto interessante che rispecchia molto il ciclismo che viviamo. Non era consentito l’uso delle radioline, così quando la svizzera Hartmann è scappata via, né noi della Cofidis né le ragazze della Parkhotel ce ne siamo accorte. Il percorso era pieno di curve e quindi non si vedeva. Con le radio non sarebbe successo, lo avremmo saputo e ci saremmo organizzate.

Tour de Berlin, Cofidis e Parkhotel all’inseguimento, ma Hartmann ha ormai un vantaggio incolmabile (foto Presse BRV)
Tour de Berlin, Cofidis e Parkhotel all’inseguimento, ma Hartmann ha ormai un vantaggio incolmabile (foto Presse BRV)
Che livello era?

Non era di livello altissimo, tra le squadre WorldTour c’era solo la Israel, il team della vincitrice, ma per me è stata comunque utile per riprendere confidenza con le prove internazionali. Subito dopo sono andata in altura, per rifinire la preparazione in vista del Tour.

Il fatto di non aver potuto fare il Giro d’Italia ti è pesato?

Enormemente, ogni volta che mi piazzo davanti alla tv sento un colpo al cuore. Noi siamo una squadra continental e non siamo state invitate. Mi è dispiaciuto tantissimo perché ci speravamo. All’inizio della stagione avevo segnato proprio il Giro e i mondiali su pista con l’evidenziatore, come gli eventi in cui essere al massimo della forma. Poi le cose sono andate altrimenti, per molteplici ragioni, ma io sono italiana e per me il Giro rappresenta sempre qualcosa di speciale.

Il podio finale di Berlino, con Hartmann (SUI) prima con 23″ su Vanhove (BEL) e Alzini
Il podio finale di Berlino, con Hartmann (SUI) prima con 23″ su Vanhove (BEL) e Alzini
Ti resta il Tour, con quali prospettive?

Vedremo. Noi abbiamo Clara Koppenburg che può puntare alla classifica e correremo sicuramente per aiutarla, ma se penso al Tour non posso negare di vivere quest’attesa con un po’ di paura. Siamo andate a effettuare una ricognizione di alcune tappe e posso dire che sarà durissimo. Se dovessi dire, frazioni adatte a una volata ce ne sarà forse una…

Che cosa ti spaventa?

Con un inizio come quello previsto, tutte vorranno essere davanti, ci sarà sempre battaglia e ci sarà soprattutto un alto rischio di cadute ed è questo che spaventa, pensando a quel che verrà dopo la corsa francese. Ci sarà sempre tensione, tutti dicono che la tappa del Tourmalet sarà decisiva ma io penso che già prima la classifica sarà definita. Per dirla tutta, al risultato non penso, la mia speranza è quella di restare in piedi…

Non solo pista e volate. Alzini vuole alzare l’asticella

30.03.2023
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Non si fa certo scoraggiare da una caduta Martina Alzini. Certo, avrebbe fatto volentieri a meno del capitombolo alla Gand-Wevelgem, ma il suo spirito resta ottimistico in vista del Giro delle Fiandre e delle successive gare.

Il buon inizio di stagione ha dato alla 26enne velocista della Cofidis qualche motivo supplementare per vedere più lati positivi che negativi. L’aver corso la Dwars door Vlaanderen senza particolari fastidi al ginocchio destro colpito nella caduta è proprio uno di quelli. E Alzini non si tira mai indietro nemmeno quando c’è da parlare. Ha sempre pronte una risposta e un’opinione per ogni argomento.

Martina com’è la tua condizione?

Sto bene, anche se un po’ acciaccata. Ieri ho corso per onorare la Dwars che forse è la mia gara preferita. Ho avuto ancora fastidio al ginocchio, ma sta migliorando. Alla Gand prima dei muri mi sono venute contro alcune ragazze e sono volata in un fosso con alcune bici sopra di me. Solitamente io sono una che sta lontana dalle cadute, che le evita. Ma il Belgio è così, non perdona.

E’ tipico di quelle gare…

Va detto però che ogni anno lassù è sempre peggio. Si cade tanto e di più per un mix di cose. Stradine, pavè, canaline e meteo. Partiamo sempre in tante e talvolta c’è una frenesia immotivata. Noto che stare in gruppo è ormai parte dell’allenamento. Puoi fare tutte le ore in bici che vuoi, andare forte, ma se non sai stare o passare in spazi strettissimi allora diventa un problema sia per l’atleta stessa sia per chi ti sta vicino.

C’è una ragione secondo te per tutto questo?

Non saprei, ci possono essere diverse motivazioni dietro. Ad esempio io capisco una come Marta (Cavalli, ndr) che non si senta ancora a suo agio dopo la botta tremenda che ha preso non per colpa sua. Escludendo il suo che è un caso limite, mi sento di dire però che in generale sembra quasi che molte ragazze disimparino a stare in gruppo durante l’inverno lontano dalle corse.

E’ tanto evidente?

Le prime gare dell’anno sono sempre le più pericolose. Molte atlete si prendono rischi inutili iniziando a limare a cento chilometri dalla fine. E non è un caso che a fine stagione questa tensione non ci sia più. A me spiace perché poi si apre il dibattito che noi donne cadiamo più degli uomini ed invece non è così.

Alzini in Normandia si è messa alla prova su nuove dinamiche di gara per curare la generale (foto Mathilde L’Azhou)
Alzini in Normandia si è messa alla prova su nuove dinamiche di gara per curare la generale (foto Mathilde L’Azhou)
Quest’anno sei partita forte. Te lo aspettavi?

A dire il vero no, anche se sapevo di avere lavorato bene. Dopo lo Strade Bianche è come se mi fossi sbloccata. Non la dovevo correre e mi rode essere finita fuori tempo massimo per pochissimo. Tuttavia ho recuperato molto bene e il giorno dopo a Montignoso ho fatto terza dietro a due ragazze (Realini e Spratt della Trek-Segafredo, ndr) che sono tra le più forti scalatrici al mondo e che quel giorno erano di un altro pianeta. E’ stato un onore salire sul podio con loro. Sono soddisfatta della mia prova perché sulla salita del circuito, decisamente lontana dalle mie corde, ho stretto i denti e non sono mai andata alla deriva. Nel finale ho vinto la volata del gruppo.

Poi, guardando le date, è iniziato un mini tour de force per te.

Esatto. Sono partita con la nazionale della pista per la Nations Cup al Cairo. Siamo andate laggiù con un quartetto sperimentale (insieme a lei c’erano Consonni, Crestanello e Vitillo, ndr) e credo che il quinto posto finale sia un ottimo piazzamento tenendo conto di Paesi che erano più attrezzate di noi. In pratica dopo la prova dell’inseguimento a squadre, in accordo con lo staff azzurro, sono rientrata per correre il Tour de Normandie con la Cofidis. Non avevo idea di come sarebbe andata ma direi bene.

Ti sei ritrovata a fare classifica.

Sì, è stata la prima volta che mi capitava. Ho fatto secondi posti di tappa e poi terza nella generale. Mi brucia un po’ che non sia arrivata una vittoria, ma ho scoperto qualcosa di nuovo di me. All’ultima tappa ero fuori dal podio, così sono andata alla ricerca dei secondi di abbuono nei traguardi volanti. Erano tutti importanti. Grazie a quelli e a quelli del traguardo finale ho potuto scavalcare due atlete come Cordon-Ragot e Majerus. Per me è stata un’altra grande soddisfazione aver battagliato per il successo finale. Ho corso pensando a dinamiche cui non avevo mai pensato prima.

Come ci arrivi al Fiandre?

Di sicuro con un buon morale e con una maggiore consapevolezza dei miei mezzi. So che in gare come il Normandia ci può essere più spazio per me. Per una corsa come la “Ronde” invece sono più realista, come sempre del resto. Non siamo noi della Cofidis che dobbiamo fare la corsa. Per quello che mi riguarda voglio godermi al massimo il contesto del Fiandre. La presentazione dei team è da pelle d’oca. Non è nelle mie corde ma è la gara per eccellenza, bisogna essere contenti già di partecipare. Poi vedremo come starò.

Sogno azzurro. Alzini spera di potersi guadagnare una convocazione in nazionale su strada (foto Mathilde L’Azhou)
Sogno azzurro. Alzini spera di potersi guadagnare una convocazione in nazionale su strada (foto Mathilde L’Azhou)
Martina Alzini ha ambizioni particolari per quest’anno?

Se il 2022 è stata la prima vera stagione su strada, questa sarà quella in cui raccogliere qualcosa in più, anche per presentarmi meglio al 2024. Vorrei alzare l’asticella. Ho capito una volta di più che dove non ci arrivano le gambe, ci arriva la testa. Al Giro Donne mi piacerebbe centrare quelle top ten che l’anno scorso mi sono sempre sfuggite di un nulla. Poi ci sarà il Tour in cui la Cofidis vuole ben figurare. Sarà una gara in funzione dei mondiali di Glasgow. Dovrò vedere se rientrerò nei piani del cittì Villa e se io mi reputerò all’altezza per correre in pista. Sarebbe un sogno anche vestire la maglia azzurra su strada. Mondiali o europei non fa differenza. Andrei anche per tirare tutto il giorno.

Giri femminili da tre settimane? Le azzurre dicono di no

31.01.2023
7 min
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Tre settimane di gare a tappe nel ciclismo femminile? Se ne può fare a meno sia ora che in futuro. Questo è il verdetto espresso da diverse atlete, prendendo spunto da quello che ci aveva detto Van Vleuten. Per l’olandese campionessa del mondo si arriverà certamente a disputare Tour Femmes, Giro Donne o Vuelta su venti giorni come per i maschi, mentre stando alla voce del gruppo al momento il format da dieci giorni sarebbe la soluzione ideale.

A margine dell’argomento c’è anche il tema legato alla crescente lunghezza delle tappe (al Tour ce ne sarà una da 177 chilometri), di alcune classiche o del mondiale. Un conto è l’eccezione, un altro invece sarebbe la regola perché cambierebbero tanti contesti. Andiamo a vedere quindi le motivazioni che hanno addotto Bertizzolo, Cecchini, Longo Borghini, Alzini, Barbieri e Cavalli. Noterete come le sei azzurre si trovino sulla stessa lunghezza d’onda.

Sofia Bertizzolo l’anno scorso ha disputato 58 giorni di gare (foto Heres)
Sofia Bertizzolo l’anno scorso ha disputato 58 giorni di gare (foto Heres)

Dieci giorni per Bertizzolo

«Penso che 10 tappe come succede al Giro – spiega la 25enne vicentina della UAE Team ADQ sia un bel blocco per sviluppare le varie classifiche. Penso alle maglie che possono passare da un’atleta all’altra con un po’ di battaglia. Correre su due weekend, dal venerdì alla domenica della settimana successiva, con in mezzo il giorno di riposo, per me è la formula migliore.

«Bisogna considerare poi che noi ragazze corriamo in 6 mentre gli uomini in 8, quindi sarebbe più difficile gestire tutto. Nel 2018 avevo corso il Giro con quattro persone dello staff, l’anno scorso ce ne erano dodici. Per dire come fisiologicamente sia cambiato tutto in poco tempo».

«Sono d’accordo col concetto di Marta (Cavalli, ndr) – termina Bertizzolo – che ha detto di non copiare gli uomini. Non credo che il nostro movimento ci arriverà o che ne abbia bisogno. C’è anche l’aspetto televisivo.

«E’ vero che ora nel ciclismo maschile fenomeni assoluti come Pogacar, Van Aert o Van der Poel possono attaccare molto lontano dal traguardo, però lo spettatore medio guarda il ciclismo solo nel finale. E comunque il nostro è un modo di correre diverso dal loro. Teniamoci quindi le nostre gare come sono ora e la qualità che sappiamo esprimere in quei 130/150 chilometri».

Elena Cecchini è alla terza stagione con la SD-Worx con cui finora ha disputato 101 gare (foto Getty Sport)
Elena Cecchini è alla terza stagione con la SD-Worx con cui finora ha disputato 101 gare (foto Getty Sport)

Calendario fitto per Cecchini

«Il nostro calendario – commenta Elena Cecchini, classe ’92 della SD Worx dopo un lungo allenamento nei dintorni di Montecarlo – sta diventando sempre più fitto e sarebbe complicato gestire gare con una durata maggiore di quelle attuali. Penso alle atlete che dovrebbero raddoppiare. Uguale lo staff in ogni figura con, chiaramente, un impegno maggiore a livello economico da parte della squadra.

«Penso alla preparazione che già adesso è estremizzata. Agli organizzatori che andrebbero ulteriormente in difficoltà. Su VeloViewer, la piattaforma di Strava su cui noi guardiamo i dettagli come direzione del vento, curve, fondo stradale e altro, spesso non troviamo caricate in tempo utile le tracce gpx delle gare. Figurarsi con altre tappe in più».

«Magari – finisce Cecchini – avremo una gara a tappe da tre settimane, ma dovrebbero cambiare tante cose. Anch’io penso all’aspetto mediatico. Con noi appena ti colleghi sai che vedrai una bella gara. Ecco, magari mi piacerebbe vedere una Milano-Sanremo per donne. Non lunga come gli uomini, ma di 200 chilometri. Una gara che restasse unica nel calendario. Per il resto penso che corse di massimo quattro ore siano già più che sufficienti».

Elisa Longo Borghini nel 2022 ha corso Giro Donne, Tour, Vuelta e mondiale
Elisa Longo Borghini nel 2022 ha corso Giro Donne, Tour, Vuelta e mondiale

Le nuove classiche di Longo Borghini

«Personalmente penso che a livello fisico – ci dice la trentunenne scalatrice della Trek-Segafredo dal ritiro in altura sul Teide – saremmo in grado di sopportare tre settimane di gara, ma il nostro movimento non è ancora pronto. Adesso il ciclismo femminile è in una fase in cui le ragazze giovani stanno crescendo e gli investimenti stanno dando i loro frutti. Non dobbiamo bruciare le tappe di questo processo.

«La peculiarità del ciclismo femminile è essere scoppiettante. Avere una media di 120 chilometri sarebbe il massimo per vedere dello spettacolo. Aumentare la distanza e i giorni significherebbe sostenere allenamenti adeguati. Far incastrare tutto sarebbe assai complicato».

«Anche se non tocca a me dirlo – conclude Longo Borghini – andrebbe fatta un’analisi strategica di mercato e capire se ne valga la pena avere gare da tre settimane o corse con chilometraggi maggiori. Magari l’interesse potrebbe calare. Piuttosto proverei ad organizzare quelle classiche che mancano al nostro programma. Sapete il mio desiderio di vedere il Giro di Lombardia femminile. Sarebbe la gara dei miei sogni. E anch’io vedrei bene la Sanremo per noi, con tutte le proporzioni del caso».

Martina Alzini nel 2022 ha disputato sia Giro Donne che Tour Femmes ed altre gare a tappe
Martina Alzini nel 2022 ha disputato sia Giro Donne che Tour Femmes ed altre gare a tappe

Alzini e la spettacolarità

«Forse – racconta la 25enne della Cofidispotrebbe essere un discorso generazionale considerando il pensiero di Van Vleuten e il parere di Luperini che propone gare a tappe di due settimane come ai suoi tempi. Io sono d’accordo con Marta quando dice di non scimmiottare gli uomini. Il ciclismo femminile è esaltante così com’è al giorno d’oggi. Anzi, mi sento di dire che la lunghezza di certe corse del WorldTour sia già al limite perché si rischierebbe di cadere nel noioso.

«Ritengo – chiude Alzini – che il pensiero generale sia questo. Se negli ultimi anni è aumentato il numero degli appassionati alle nostre gare è perché le abbiamo rese più spettacolari con azioni e tattiche ben definite. Oppure come i treni ben organizzati nelle volate. Noi ragazze ci stiamo impegnando tanto affinché il ciclismo femminile risulti interessante con il livello che c’è adesso. Che è alto e già particolarmente faticoso per mantenerlo tale».

Prime volte. Rachele Barbieri nel 2022 ha fatto il suo primo Giro Donne, poi ha corso anche il Tour
Prime volte. Rachele Barbieri nel 2022 ha fatto il suo primo Giro Donne, poi ha corso anche il Tour

Nessun cambiamento per Barbieri

«Forse sarò di parte – risponde al telefono dalla Catalogna la velocista della Liv Racing TeqFind – ma non amo fare troppi chilometri in bicicletta (sorride, ndr). Penso che dieci giorni o al massimo due settimane siano già un buon periodo per le gare a tappe. Andare oltre sarebbe esagerato. Così come penso che 130-140 chilometri siano già abbastanza per noi, visto che ci guardiamo poco in faccia».

«La gente – completa il suo pensiero Barbieri – si sta appassionando alle nostre gare e non dobbiamo stravolgere ancora. Credo che il pensiero di Annemiek sia molto singolare. Lei ha dimostrato che può fare la differenza in gare più corte e con pochissime tappe. E’ vero quello che dicono le mie colleghe. Il calendario è pieno, si allungherebbero alcuni momenti delicati come i massaggi. Servirebbero tante atlete in più. A livello economico non lo vedo sostenibile. Il nostro ciclismo ha fatto enormi progressi in poco tempo. Non dobbiamo farlo implodere su se stesso».

Marta Cavalli predilige le gare a tappe. Nel 2022 è arrivata seconda al Giro Donne (foto Aymeric Lassak)
Marta Cavalli predilige le gare a tappe. Nel 2022 è arrivata seconda al Giro Donne (foto Aymeric Lassak)

Più tappe per Cavalli

«Secondo me – spiega la 24enne cremonese in ritiro a Calpe con la sua Fdj-Suezsi arriverà ad aumentare il numero delle tappe perché il livello del ciclismo femminile si alzerà sempre di più. Pertanto sarà sempre più necessario avere più gare ed una preparazione sempre più importante per permettere alle atlete di emergere. Tuttavia non penso che avremo gare a tappe da tre settimane, che sarebbero troppe».

«Anche le tappe che hanno allungato il proprio chilometraggio – conclude il concetto Cavalli – sono cadute nell’immobilismo iniziale. Succede come negli uomini dove si fa una fase di studio molto più prolungata e poi la corsa esplode sempre più vicino al traguardo. Da una parte è un bene perché permette alle atlete più resistenti di emergere, ma contemporaneamente chi non ha queste doti è portata a risparmiare più energie possibili. Quindi la gara si ovatta senza nulla di eclatante. Quando più atlete saranno allo stesso livello su percorsi brevi, si andrà per forza su tracciati più lunghi».

La maglia iridata che ha cambiato la vita di Alzini

04.01.2023
5 min
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Luigino Verducci cammina con sua figlia Sara nella hall dell’hotel che ospita la Jumbo Visma, cui da quest’anno fornirà le sue scarpe Nimbl, quando dalla porta viene fuori Martina Alzini. La lombarda ha la maglia della Cofidis e tiene in mano degli scarpini della stessa marca. I due si salutano affettuosamente.

«Uso le sue scarpe da una vita – dice Alzini – non le cambio più».

Verducci le chiede qualcosa sul modello che sta usando, poi Martina viene a sedersi accanto per raccontarci il suo inverno alla vigilia degli europei su pista e di una stagione su strada in cui raccogliere ancora, dopo la vittoria e i piazzamenti del 2022.

«Si parte con l’obiettivo di migliorarsi – conferma la legnanese – e sicuramente per me la stagione quest’anno parte abbastanza presto. A febbraio c’è un obiettivo importante in pista: gli europei sono la prima prova di qualificazione per le Olimpiadi e poi ho un bel calendario fitto su strada. Voglio migliorarmi dall’anno scorso, visto che faccio sempre fatica a partire con una buona condizione. Quest’anno voglio cambiare proprio questa cosa. Quindi avrò in programma tutte le classiche con il grande obiettivo di raggiungere buoni livelli sia in pista che su strada».

Le ragazze della nazionale hanno appena conquistato il mondiale nel quartetto. Sono Guazzini, Balsamo, Consonni, Alzini e Fidanza
Guazzini, Balsamo, Consonni, Alzini e Fidanza hanno appena conquistato il mondiale nel quartetto

Inizio più brillante

Se andata a riguardare la foto del podio del quartetto iridato agli scorsi mondiali di Saint Quentin en Yvelines, vi accorgerete subito che tra le azzurre Martina Alzini è quella con lo sguardo più selvaggio. Il segno che quella vittoria se l’è conquistata pedalata dopo pedalata. Ed è comprensibile che nell’avvicinamento ai Giochi di Parigi, la lombarda non voglia lasciare nulla al caso.

«A fine novembre – spiega – abbiamo fatto un ritiro con la nazionale, dove Bragato ci ha dato dei lavori da fare che non avevo mai affrontato a novembre. Lui per questo è molto disponibile e tutti i lavori in preparazione degli europei tornano utili anche su strada. Ho lavorato sui cambi di ritmo, sulla forza resistente, sulla forza… Le cose che di solito si fanno a dicembre, però allungando, facendo qualche oretta di più su strada. Ho molta fiducia in questo programma e l’obiettivo delle Olimpiadi è alla base. E’ il sogno di tutti».

Per Martina Alzini, il 2023 sarà la seconda stagione in maglia Cofidis
Per Martina Alzini, il 2023 sarà la seconda stagione in maglia Cofidis

Orgoglio iridato

La vittoria di quel mondiale ha cambiato le cose. Nel gruppo delle pistard azzurre è scattata una diversa consapevolezza, come se i tanti passi fatti sotto la guida di Salvoldi siano diventati di colpo la base da cui hanno spiccato tutte il volo verso un livello superiore per il quale erano già pronte. Nessuna di loro si tirerà indietro.

«Io penso che dall’ottobre scorso – conferma Alzini – sia cambiato qualcosa. Parlo al livello del quartetto. Correre con quella maglia addosso è un grande prestigio e per questo bisognerà sempre puntare a dare il massimo. Penso che quest’anno tutte vorremo esserci, sia in Coppa del mondo, come pure agli europei e ai mondiali. Non è un segreto che quando corri con quella maglia addosso, vuoi solo che vincere, dare al massimo e riconfermarti. Ecco perché voglio partire bene agli europei. Ecco perché lo vogliamo tutte».

Ai mondiali di Saint Quentin en Yvelines, oro per Alzini nel quartetto e per il compagno Thomas nella madison
Ai mondiali di Saint Quentin en Yvelines, oro per Alzini nel quartetto e per il compagno Thomas nella madison

Enigma Glasgow

Quella che si va delineando è una stagione concitata. Prima gli europei. Poi arriva la strada con le classiche e i Giri. Poi ci saranno i mondiali e quelli di Glasgow saranno da mal di testa, con tutte le specialità del ciclismo concentrate negli stessi dieci giorni.

«Devo ancora definire un po’ di programmi con la squadra – spiega Alzini – non sono ancora sicura di fare il Tour, dobbiamo vedere. Io da buona italiana vorrei dare spazio al Giro, mentre il resto dell’estate è un po’ caotico. Con i mondiali di Glasgow bisogna conciliare bene le cose e soprattutto bisogna arrivare con una buona condizione».

Alzini è nata a Legnano: classe 1997, è alta 1,80 e pesa 64 chili
Alzini è nata a Legnano: classe 1997, è alta 1,80 e pesa 64 chili

«Per come vanno ultimamente le stagioni – prosegue Alzini – si rischia di arrivare al cuore dell’estate già abbastanza stanchi. Quindi secondo me il lavoro da fare consiste nel preservarsi il giusto, per arrivare bene ad agosto. La pista è il mio grande amore. Però devo ammettere che tra i miei obiettivi potrebbe esserci quello di guadagnarmi una convocazione su strada con il cittì Sangalli…».

Il piatto è ricco, forse anche troppo: i mondiali così concentrati saranno una fase complessa da gestire. Perché il gruppo funzioni, bisogna che i singoli arrivino a Glasgow al massimo della forma e non è detto che questo sia nell’interesse delle squadre. Questa volta il lavoro di Villa e Bragato sarà ancora più complesso: non è per caso che sia iniziato già nel ritiro azzurro di dicembre.

Un tris tricolore in pista e adesso Alzini punta ai mondiali

27.09.2022
5 min
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Corsa a punti, inseguimento individuale e a squadre. Le tre maglie tricolori conquistate da Martina Alzini a San Francesco al Campo (in apertura foto Scandurra) durante i recenti campionati italiani in pista hanno un valore più profondo del risultato stesso.

Per la 25enne nativa di Legnano (ormai trapiantata a Calvagese e quindi bresciana d’adozione) questa che va concludendosi è stata una stagione altalenante, ma che le sta riservando un finale ricco di soddisfazioni. Ed è da queste che Alzini vuole partire per fare bene negli ultimi appuntamenti prima di pensare al 2023.

Martina, i titoli ottenuti al velodromo Francone cosa rappresentano per te?

Attendevo questi tre giorni di campionati italiani per ritrovare la condizione ottimale. Arrivavo da buone prestazioni tra Belgio e Francia, malgrado il brutto tempo. Volevo dare dei segnali al cittì Villa perché il mio grande obiettivo è guadagnarmi la convocazione ai mondiali in pista (a Saint Quentin en Yvelines dal 12 al 16 ottobre, ndr). Non so se ci andrò, lo spero, ma credo di aver dimostrato di essere in forma. Queste tre vittorie ovviamente fanno tanto piacere, anche perché le ho fatte davanti a “Benjo” (il suo compagno Benjamin Thomas, ndr). Significano anche che alla fine c’è sempre una luce in fondo al tunnel.

A cosa ti riferisci?

Non è stata una annata semplice. Ho avuto tanti alti e bassi, proprio da montagne russe. Di buono c’è che sono riuscita a comprare casa e ho vinto una corsa a maggio (la quarta tappa al Bretagne Ladies Tour, ndr). Ho fatto qualche buon piazzamento, tra cui un quinto posto al Gp Isbergues dieci giorni fa che mi ha dato tanta fiducia. Ho disputato Giro Donne e Tour Femmes con l’intenzione di prepararmi per gli europei in pista di Monaco. Però, rientrata dal Tour, mentre mi allenavo sono scivolata a causa di una macchia d’olio picchiando forte per terra.

Che traumi avevi riportato?

Ho battuto la faccia, facendomi molto male a mento e bocca. Non riuscivo ad aprirla. Mi hanno dato dei punti di sutura e per 15 giorni ho mangiato solo cose liquide. Poi avevo anche un grosso ematoma sul femore. Per fortuna le radiografie avevano escluso fratture però ne avevo già abbastanza per dire addio agli europei. E’ stato il momento più basso della stagione, non vedevo l’uscita. Moralmente è stata molto dura, ma ho pensato che avevo passato anche situazioni più brutte e che avrei superato anche questa.

A inizio anno avevi perso nonno Mario, cui eri molto legata. Hai attinto dai suoi insegnamenti per riprenderti?

E’ stata un colpo durissimo, ma mi accorgo che mi ha lasciato in eredità tante lezioni di vita. E’ come se mi fossero arrivate addosso tutte in una volta. Da lui ho imparato tanto, specie la resilienza. E senza mio nonno ho un’altra visione delle cose. Infatti dopo l’ultimo incidente ho cambiato il mio atteggiamento in bici, soprattutto in gara. Spero sia fiero di me. Io intanto sono felice che il 9 ottobre a Parabiago venga ricordato con una gara di hand bike in suo onore organizzata dalla sua società (per tantissimi anni Mario Bonissi è stato la guida del Gruppo Sportivo Rancilio, ndr).

Alzini ha vinto la corsa a punti malgrado un improvviso abbassamento della sella di qualche centimetro (foto Scandurra)
Alzini ha vinto la corsa a punti malgrado un improvviso abbassamento della sella (foto Scandurra)
Al Giro ti avevamo trovata sottotono dal punto di vista morale. Cosa è cambiato da allora?

Mentalmente ho patito un po’ il fatto di avere un ruolo con più responsabilità. Inconsciamente facevo dei paragoni dentro di me e non è stato facile gestire quello stato d’animo. La squadra però ha sempre apprezzato il mio carattere. D’altronde se vuoi diventare leader in alcune gare devi prima fare esperienza, anche caratterialmente, perché solo così arrivano i miglioramenti.

Nel frattempo come è andata la tua stagione in Cofidis?

Benissimo. Siamo una squadra continental nata solo quest’anno che vuole fare le cose con calma. Andiamo alle gare con tante motivazioni per capire come fare gruppo al meglio, oltre che per crescere. Ad esempio Cofidis, intesa come azienda, ha avuto piacere per la mia vittoria (che al momento è l’unica stagionale di tutto il team, ndr) ed io sono molto contenta di questo. Nel WorldTour con i maschi stanno faticando, almeno noi gli diamo qualche soddisfazione.

Per il 2023 cosa si aspetta Martina Alzini?

Vorrei avere più costanza e correre in modo più sensato. Avere un calendario con più gare WorldTour e fare più risultati. Ho bisogno di correre tanto per avere il giusto feeling agonistico. La strada per me è sempre stata un po’ secondaria se rapportata alla pista, che resta il mio grande amore e dove voglio conquistarmi la qualifica olimpica. Facendo più corse su strada ho la possibilità di costruirmi un futuro. Il ciclismo femminile sta acquisendo sempre più credibilità, così come la figura della gregaria sta diventando sempre più importante. Diciamo che in generale vorrei mettermi più in mostra in ogni gara che farò. E se avessi anche più fortuna non sarebbe così male…

Il “maestro” Martolini, i suoi ragazzi e quei video sbagliati

05.06.2022
5 min
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Mentre le indagini fanno il loro corso, mentre Nicola Venchiarutti prosegue nel suo cammino di ripresa fisica dal terribile incidente di Castelfidardo costato la vita a Stefano Martolini, il vuoto che il diesse della Viris Vigevano ha lasciato nel mondo del ciclismo italiano è ancora vivido, presente, doloroso. Quell’assurdo esito della volata finale, fatale per il dirigente lombardo che stava assistendo sul marciapiede inconsapevole dell’appuntamento col destino, ha aperto squarci di ricordi che abbiamo voluto mettere insieme parlando con chi, grazie a lui, ha iniziato la sua carriera ciclistica ma soprattutto ha fatto importanti passi in avanti nel cammino della vita.

C’è chi non se l’è sentita di parlare, troppo forte il peso del dolore sul cuore come Matteo Moschetti, che con Martolini ha svolto i suoi primi passi nel ciclismo agonistico. Martina Alzini invece ci ha dato modo di tracciare un profilo del giovane dirigente da una posizione privilegiata ma anche particolare, lei unica ragazza in un gruppo di maschi.

«Ero tesserata per un team di Cesano Maderno – racconta – ma per posizione geografica mi allenavo a Busto Garolfo quando ero allieva e Stefano mi prese nel suo gruppo, con molto rispetto e attenzioni. Posso dire di essere cresciuta in quel gruppo, dove molti sono diventati professionisti come Moschetti e Garavaglia e per ognuno di noi era una figura importante. Non solo dal punto di vista ciclistico perché aveva ben presente l’età che stavamo vivendo e sapeva che la sua funzione era quella di insegnare ciclismo, ma anche di educare».

Moschetti 2022
Per Matteo Moschetti il dolore per la perdita dell’amico è ancora molto intenso
Moschetti 2022
Per Matteo Moschetti il dolore per la perdita dell’amico è ancora molto intenso
Eri in contatto con lui?

Non ci vedevamo spesso, l’ultima volta era stata a Dalmine per i tricolori su pista dello scorso anno. Stefano ci aveva instillato l’amore per la pista, ci aveva fatto capire l’importanza di questa disciplina anche in funzione delle altre, anche se tutti noi avevamo nel cuore il ciclismo su strada. Io vedo Stefano come un esempio di passione per il ciclismo, che lo portava a trascorrere tante domeniche caricandoci sui mezzi per andare a Montichiari ad allenarci oppure a non farci mancare nulla nelle nostre trasferte e nei nostri impegni ciclistici.

Che cosa ti ha insegnato?

Innanzitutto che cosa significa essere innamorati del proprio lavoro. A quel tempo non potevamo sapere quale sarebbe stato il nostro futuro, per noi il ciclismo era soprattutto divertimento, ma lui con il suo esempio e la sua passione fece crescere in noi l’entusiasmo, la voglia di spostare sempre più in là i nostri limiti. Abbiamo tutti imparato molto da lui, anche a sapercela cavare nella vita di tutti i giorni.

Alzini pista 2022
Martina Alzini ha iniziato con Martolini, unica ragazza del suo gruppo, trattata sempre con grande rispetto
Alzini pista 2022
Martina Alzini ha iniziato con Martolini, unica ragazza del suo gruppo, trattata sempre con grande rispetto
Da più parti hanno sottolineato come fosse duro di carattere…

A quell’età tante volte non lo riesci a capire, ma l’allenatore migliore non è quello più morbido, che ti fa passare tutto, è quello che tiene le briglie, che in certi momenti è padre e quando serve tiene le distanze, non scherza più e se serve alza la voce per richiamarti all’ordine. Era molto schivo, ad esempio non amava farsi fotografare e non apprezzava i social. Era duro ma sempre disponibile, per questo era apprezzato, si vedeva che per i suoi ragazzi avrebbe dato tutto, come poi il destino gli ha imposto.

C’è un episodio che ti è rimasto impresso?

Mia madre mi ha ricordato, parlando di quel che gli è successo, quando ai mondiali giovanili su pista del 2015 mi aveva seguito, visto che era una delle mie primissime convocazioni in azzurro. Ricordava come al seguito di Mattia Geroli c’era lui, che si era pagato tutte le spese per il viaggio e il soggiorno ad Atene per dare sostegno a un ragazzo della sua società. Se non era passione questa…

Martolini Busto Garolfo
I ragazzi dell’SC Busto Garolfo, tra loro anche Moschetti e Garavaglia
Martolini Busto Garolfo
I ragazzi dell’SC Busto Garolfo, tra loro anche Moschetti e Garavaglia

Uno sguardo, un brutto presentimento…

Chi era davvero legato a Martolini è Giacomo Garavaglia, il corridore della Work Service che ha attraversato tutta la sua evoluzione ciclistica avendolo sempre come riferimento. Giacomo, reduce dall’11° posto al Giro dell’Appennino, era presente quel maledetto giorno a Castelfidardo: «Ero in fondo al gruppo dopo aver lavorato per i compagni di squadra. Quando sono passato ho visto Venchiarutti appoggiato al muro e un uomo per terra, non volevo credere che fosse lui, ma una voce dentro di me temeva il peggio. Era come se sapessi, poi alla sera sono arrivate le conferme e ho capito che cosa era successo, ma ancora non me ne faccio capace».

Tu eri rimasto molto legato a lui…

Ha seguito tutta la mia carriera, da quando ero allievo fino ai primi due anni da dilettante, ma anche dopo siamo rimasti molto legati. Era una sorta di fratello maggiore, aveva un carattere che o l’amavi o l’odiavi, aveva i suoi modi ma era un grande appassionato. E se ci entravi in sintonia, era pronto a fare di tutto per aiutarti.

Garavaglia 2022
Giacomo Garavaglia era rimasto molto legato a Martolini, anche dopo il cambio di team
Garavaglia 2022
Giacomo Garavaglia era rimasto molto legato a Martolini, anche dopo il cambio di team
Nelle ore immediatamente successive all’incidente le foto e i video sono diventati virali. Che cosa ne pensi?

Non mi è piaciuto, si è andati oltre le righe. E’ qualcosa che doveva rimanere confinato nei limiti legali della vicenda, a uso degli inquirenti, ma a un certo punto è venuto meno il rispetto della persona. Penso ai familiari, a come si devono essere sentiti vedendo quelle immagini quasi in tempo reale. Non è stato giusto.

Lo chiedo anche a te, c’è un momento che contraddistingue il vostro rapporto?

Forse la vittoria al campionato italiano allievi su pista, con il quartetto. Ci aveva lavorato tanto sul nostro gruppo, riuscì a portarci ai vertici italiani e per lui come per noi fu una grande gioia. Era il 2012 ma quel momento è rimasto a legarci fortemente e so che lo hanno seppellito con una maglia tricolore di quel giorno. Credo che questo dica tutto…

Cofidis Italia festeggia al Giro i 25 anni del suo team

14.05.2022
4 min
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L’edizione 105 del Giro d’Italia, in pieno svolgimento in questi giorni, coincide con un momento davvero speciale nella storia sportiva del Team Cofidis. Sono infatti 25 gli anni di attività svolti ai massimi livelli da parte della formazione transalpina, una delle squadre storiche del ciclismo mondiale. 

Per festeggiare questa importante ricorrenza Cofidis Italia è presente in questi giorni al Giro con il ruolo di Official Sponsor della Corsa Rosa, ma soprattutto con tante iniziative per farsi conoscere dal grande pubblico. Rientra infatti nella filosofia aziendale l’essere vicini, in qualità di partner ufficiale, ai principali eventi ciclistici che si disputano nei Paesi dove il Gruppo è presente. Ne avevamo fatto già accenno in un nostro articolo dello scorso anno in merito al Tour de Pologne con la sponsorizzazione della gara da parte della filiale polacca.

Ricordiamo che il Gruppo Cofidis nasce nel 1982 come società finanziaria a distanza. Oggi è presente in 9 Nazioni con 30 milioni di clienti in Europa. Da oltre vent’anni è presente anche in Italia, offrendo soluzioni di credito studiate per permettere a chiunque di realizzare i propri progetti. Si tratta di soluzioni semplici, innovative e sempre disponibili anche online.

Cofidis ha festeggiato al Giro d’Italia i suoi 25 anni nel professionismo, questo lo stand montato oggi in Piazza del Plebiscito a Napoli
Cofidis festeggia al Giro d’Italia i suoi 25 anni nel professionismo, questo lo stand montato oggi in Piazza del Plebiscito a Napoli

L’importanza della fiducia

Cofidis ha lanciato di recente il payoff “La fiducia in un istante” e proprio il tema della fiducia è alla base del rapporto che instaura quotidianamente con i propri clienti. In Cofidis sono oltretutto convinti che la fiducia sia il collante che tiene unite fra loro le varie componenti di un team ciclistico: atleti, direttori sportivi, meccanici e preparatori. Si spiega anche così il forte legame con il team e più in generale con il ciclismo.

A raccontare qualcosa di più sulla presenza al Giro di Cofidis è Giulia Garlando, Responsabile P.R. e Sponsorship di Cofidis.

«Siamo orgogliosi ed emozionati – dice – di aver siglato la sponsorizzazione di un evento sportivo così importante come il Giro d’Italia. Un’occasione speciale che ci permette per la prima volta di portare il brand Cofidis in giro per l’Italia e raccontarlo dal vivo ai nostri clienti, rafforzando il legame con loro direttamente sul territorio. Un’opportunità per supportare da vicino il nostro Team e far sentire la nostra fiducia nei loro confronti».

Il team francese è presente nel ciclismo maschile quanto in quello femminile
Il team francese è presente nel ciclismo maschile quanto in quello femminile

Ecco il Giro

In questi giorni di pieno svolgimento del Giro è possibile incontrare lo staff Cofidis al villaggio di partenza e arrivo della corsa rosa dove è presente uno stand personalizzato. Qui per i più piccoli, ma non solo per loro, sono stati pensati dei giochi di animazione e la possibilità di incontrare la mascotte Raggio. Per tutti ci sono dei gadget eco-sostenibili in linea con #LikeMyPlanet, il progetto attraverso il quale il Gruppo Cofidis invita le proprie filiali e i propri collaboratori a mettere in atto iniziative finalizzate alla salvaguardia dell’ambiente.

Il tema dell’ambiente e quindi della sostenibilità è molto importante per Cofidis Italia. L’azienda è parte attiva di “Ride Green”, il progetto di sostenibilità promosso dal Giro d’Italia volto alla salvaguardia delle aree toccate dalla corsa. Nato nel 2016, “Ride Green” ha come obiettivo quello di ridurre, attraverso la raccolta differenziata, gli effetti del passaggio della Corsa Rosa sul territorio, tramite una corretta gestione dei flussi dei rifiuti prodotti, ricorrendo a un sistema di tracciabilità. Nelle cosiddette “Green Zone” del Giro è possibile vedere la presenza di Cofidis grazie a una mongolfiera brandizzata.

Simone Consonni è andato a caccia di risultati nelle prime volate di questo Giro d’Italia
Simone Consonni, Cofidis

Non solo Giro

Il Team Cofidis si è presentato al Giro con una formazione di tutto rispetto che ha in Guillaume Martin il proprio uomo di punta. A supporto del francese troviamo i nostri italiani Davide Cimolai, Simone Consonni e Davide Vilella.

Il marchio Cofidis da quest’anno è presente anche nel mondo del ciclismo femminile con un nuovo team nel quale milita la nostra Martina Alzini. Prosegue invece l’attività nel paraciclismo, un settore nel quale il Gruppo Cofidis crede molto fornendo da diverso tempo il suo sostegno concreto.

Cofidis