Davide Ballerini: il Tour, Cavendish, il record e io

21.06.2024
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Tra poco più di una settimana inizierà la 111^ edizione del Tour de France che, tra i moltissimi motivi di interesse, avrà anche la ricerca del record assoluto di vittorie di tappa da parte di Mark Cavendish, il quale, in questo momento, lo detiene a pari merito con sua maestà Eddy Merckx. Davide Ballerini sarà uno degli uomini più importanti su cui farà affidamento il campione inglese nelle volate. Fra le curiosità, Cavendish è stato da poco nominato Cavaliere Commendatore dell’ordine dell’Impero Britannico da re Carlo III, guadagnando il titolo di Sir.

Abbiamo raggiunto il corridore canturino al telefono durante i suoi ultimi giorni di ritiro a Livigno, per farci raccontare com’è andato l’avvicinamento ad un appuntamento così importante per lui e per tutta l’Astana Qazaqstan Team (in apertura l’ultimo giorno in altura, così raccontato su Instagram).

L’Astana ha corso buona parte del Giro a ranghi ridotti, a causa dei numerosi ritiri (foto Instagram)
L’Astana ha corso buona parte del Giro a ranghi ridotti, a causa dei numerosi ritiri (foto Instagram)
Davide, come prima cosa: com’è andato il tuo Giro d’Italia?

Il Giro è andato discretamente bene, soprattutto considerato l’infortunio che ho avuto ad inizio anno. Poi sono andato quasi subito in altura, scendendo per il Campionato Italiano di domenica.

E subito dopo partirà il Tour, dove sarai un uomo fondamentale nel treno dell’Astana Qazaqstan Team.

Sì, io dovrei essere il penultimo uomo di Cavendish nelle volate, subito prima che entri in azione Morkov. Mark non lo vedo da un po’, dal Giro di Turchia, ma da quello che so mi sembra in forma. Ha da poco terminato il Tour de Suisse e so che ha fatto un buon allenamento. Quando ci vedremo avremo modo di parlare assieme, io farò del mio meglio per aiutarlo a raggiungere il record di vittorie.

Mentre Ballerini era a Livigno, Cavendish ha cercato la condizione al Tour de Suisse
Mentre Ballerini era a Livigno, Cavendish ha cercato la condizione al Tour de Suisse
A questo riguardo, questo record com’è sentito in squadra? E’ davvero un obiettivo fondamentale per tutti?

Direi proprio di sì. Se ne parlava già da inizio anno come uno dei nostri principali obiettivi della stagione. E’ qualcosa di molto sentito tra di noi e cercheremo di portarlo a casa, anche se ovviamente non sarà facile, ci sono tante squadre molto attrezzate. Noi faremo il massimo. Non abbiamo ancora parlato delle tappe, ma quando ci troveremo le studieremo a tavolino. Cercheremo di capire quale possa essere la più adatta a lui, anche se di sicuro ce ne saranno diverse. Sarà importantissimo anche vedere come andranno le prime due giornate che non sono per nulla facili, però sfrutteremo ogni occasione.

Veniamo a te. Oltre a supportare Cavendish credi che avrai la possibilità di provarci in prima persona in qualche tappa?

Spero di potermi ritagliare un po’ di libertà, certamente, perché mi sto allenando molto, sto facendo tutte le cose fatte bene. La gamba c’è, adesso vedremo appena scendo dall’altura, ma ormai so che lavorare qui porta sempre qualcosa di buono. Cercherò il risultato in qualche tappa, anche se per ora non ne ho cerchiata una in particolare. In ogni caso l’importante sarà farsi trovare pronti e cogliere il momento giusto, anche se, come sempre al Tour, non sarà facile.

Dopo un Giro molto duro, Ballerini ha lavorato per ritrovare esplosività
Dopo un Giro molto duro, Ballerini ha lavorato per ritrovare esplosività
Ultima domanda. Ci racconti quali allenamenti specifici hai fatto in questo periodo di altura?

Qui a Livigno mi sono allenato in particolare sull’esplosività, perché al Giro mi sono accorto che spesso mi è mancata un po’ di brillantezza nel finale. Quindi ho lavorato molto sui picchi dopo le 4 ore. Oltre a quello, in vista delle tappe più dure del Tour ho fatto anche tanta distanza, arrivando ad allenamenti di 6 ore con 4-5.000 metri di dislivello. Quindi sì, direi che mi sento pronto.

Viviani ha visto Cavendish: «E’ già in forma per il Tour»

18.05.2024
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In partenza per la Norvegia, Elia Viviani torna con la mente al recente Giro d’Ungheria e in particolare alla seconda tappa nella quale ha chiuso al sesto posto ma soprattutto è stato testimone diretto del ritorno al successo di Marc Cavendish. L’olimpionico di Rio 2016, da sempre grande amico del gallese, non ha mai fatto mistero di essere fermamente convinto che Cav possa centrare il suo grande obiettivo: ottenere il record di tappe in carriera al Tour de France.

«Cav è sulla giusta strada – sostiene Viviani – ha fatto la scelta di partecipare al Giro di Turchia senza prendere parte ad alcuno sprint, ha messo fieno in cascina. In Ungheria aveva tutta la squadra per sé: l’Astana era stata costruita proprio per le sue tappe, diciamo che hanno fatto le prove generali per il Tour e il risultato è stato positivo. Bol e Morkov hanno tirato la volata nella maniera giusta e lui aveva le gambe per tenere, anche quando Groenewegen ha provato a rimontarlo».

La volata di Kazincbarcika, con il britannico che contiene Groenewegen. Dietro Viviani, 6°
La volata di Kazincbarcika, con il britannico che contiene Groenewegen. Dietro Viviani, 6°
Si cominciano a vedere i meccanismi del treno che dovrà portarlo verso il record?

Sì, si vede che ci stanno lavorando sodo. Per farlo hanno fatto investimenti importanti, non solo a livello di uomini ma anche di tempo. Non era facile scegliere di andare in Turchia senza puntare agli sprint, ma è stato un investimento fruttuoso. Ora hanno un treno rodato per i grandi eventi. All’inizio Syritsa è difficile da superare e dà al treno il giusto lancio. Fondamentale è l’apporto di Bol che da penultimo uomo lo porta molto più lontano di quanto fanno altri specialisti. Morkov poi lo lancia con tranquillità verso l’ultimo sforzo. In questo treno potrebbe inserirsi bene anche Ballerini che vedo sta facendo cose egregie al Giro.

E Cavendish?

Poi c’è anche lui, certo. La cosa che mi ha più impressionato e mi ha reso sempre più convinto delle sue possibilità è il fatto che Groenewegen, che pure è un signor velocista, nella rosa dei 4-5 più forti al mondo, non lo ha rimontato. Significa davvero che Cav è indirizzato bene verso l’obiettivo.

Il bielorusso Syritsa si è rivelato fondamentale nel lanciare il treno di Cavendish
Il bielorusso Syritsa si è rivelato fondamentale nel lanciare il treno di Cavendish
Tu eri impegnato in quella volata, ce la racconti?

Puccio aveva svolto un lavoro egregio per portarmi nelle prime posizioni, ma davanti c’erano Groenewegen e Welsford che facevano a spallate per avere la miglior prospettiva di lancio e quest’ultimo ha avuto la peggio finendo dalla parte delle transenne. Io ero 4 posizioni dietro e sapevo che a quel punto potevo fare la volata per ottenere un piazzamento, ma non oltre. Avevo una posizione privilegiata per vedere tutta la strategia dell’Astana, la sfida tra Cav e l’olandese.

Una forma raggiunta troppo presto?

Non direi, anche perché al Tour non ci saranno né Milan Merlier. In questo momento ritengo Milan il più forte di tutti, quando non commette errori. Il principale rivale del gallese sarà Philipsen che ritengo si confermerà il più forte e darà la caccia al bis per la maglia verde, ma almeno in un paio di occasioni Cavendish potrà mettere la sua ruota davanti, anche perché non è detto che Philipsen poi le faccia tutte.

L’ex iridato alle spalle di Cees Bol, capace di azioni prolungate nella fase finale dello sprint
L’ex iridato alle spalle di Cees Bol, capace di azioni prolungate nella fase finale dello sprint
Veniamo a Viviani e al suo cammino di avvicinamento a Parigi…

Sono in partenza per il Giro di Norvegia, dove ci sarà una tappa che quasi certamente finirà in volata e un’altra con buone probabilità. Io ho iniziato da fine aprile la seconda fase di preparazione per Parigi, con molta palestra e lavori corti ma intensi. Su strada le mie sensazioni sono altalenanti, credo di essere molto potente per sforzi intorno al minuto ma di non avere un equilibrio totale.

Che cosa ti manca?

E’ come se avessi le gambe incatramate. Il carico di lavori di potenza non mi dà la resistenza sufficiente per quando la strada si rizza sotto le ruote. Sui percorsi misti pago dazio, ma in questo momento e per gli obiettivi che ho ci sta.

Viviani lavora in funzione di Parigi. Prossima tappa il Giro di Norvegia dal 23 al 26 maggio
Viviani lavora in funzione di Parigi. Prossima tappa il Giro di Norvegia dal 23 al 26 maggio
Ti ha sorpreso la vittoria di Benjamin Thomas al Giro d’Italia? Se ora vince anche su strada…

E’ una di quelle azioni di cui Ben è un maestro. Anche lo scorso anno al Tour lo hanno ripreso a pochissimo dal traguardo, gli stava riuscendo anche lì. Ha vinto a Lucca proprio grazie alle sue doti da pistard, sapendo attendere il momento giusto per passare negli ultimi metri. E’ chiaro che a Parigi avrà tanta pressione addosso, ma lui e Hayter sono i grandi favoriti per l’omnium, poi c’è un fazzoletto di atleti per un terzo posto sul podio tra cui spero di essere anch’io.

Da qui a Parigi avrete occasione di fare qualche gara per la madison?

No e questo ci preoccupa molto. Non ci sono più tappe di Nations Cup, io e Consonni dovremo lavorare molto sulla tecnica riservandoci tempo, lui dalla preparazione del quartetto e io da quella dell’omnium. Dovremo provare i cambi per non perdere metri, fare lavori altamente tecnici ma non avere occasioni di confronto ci penalizza. Anche gareggiare in prove di classe 1.1 non ci dà quelle sensazioni di alta competitività di cui abbiamo bisogno. Fra le specialità di Parigi è quella dove partiamo più indietro, da outsider.

Un mese in Grecia, così Anastopoulos ha rimesso in forma Cav

14.05.2024
4 min
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Mark Cavendish è tornato a ruggire. Lo ha fatto al Giro di Ungheria, spazzando via la sua primavera complicata. Anche se tutto sommato la stagione era iniziata benino, con dei buoni allenamenti in quota in Colombia e una vittoria sempre nella corsa sudamericana.

Poi ecco marzo ed e con esso i problemi, che si sono ufficialmente materializzati alla Tirreno-Adriatico. Tirreno finita con zero sprint disputati e un ritiro anticipato, per il corridore dell’Astana Qazaqstan. Hanno provato a fargli fare la Milano-Torino qualche giorno dopo, ma ancora nulla di buono. Calendario rivisto: tra Grecia, Turchia, ancora Grecia e Ungheria.

Mark Cavendish con Vasilis Anastopoulos sulle alture attorno Atene (foto Instagram)
Mark Cavendish con Vasilis Anastopoulos sulle alture attorno Atene (foto Instagram)

Un mese in Grecia

Al Giro d’Italia le imprese magiare di Mark non sono passate inosservate, così come non è passato inosservato il suo training camp in Grecia. Il suo storico coach, Vasilis Anastopoulos, se lo è portato a casa. E chi conosceva il tecnico greco sapeva che lì avrebbe messo l’ex iridato a regime.

«Ho deciso – spiega coach Antastopoulos – di portarlo in Grecia perché così era previsto dall’inizio della stagione. Mark si è venuto ad Atene all’inizio di aprile per allenarsi insieme a me. È la terza volta che viene in Grecia per un camp. Gli piace molto, quindi abbiamo deciso di ripetere questa sessione anche quest’anno». 

«In più il fatto che in Grecia il ciclismo non sia così popolare, fa sì che quasi nessuno riconosca Cav, ed è una cosa che Mark stesso gradisce. Lui ama allenarsi senza ricevere troppa attenzione e restare concentrato».

A Valle Castellana, alla Tirreno, Cav scortato da Morkov, è fuori tempo massimo
A Valle Castellana, alla Tirreno, Cav scortato da Morkov, è fuori tempo massimo

La forma arriva

Antastopoulos conosce Cavendish come pochi altri. Sa i suoi punti forza e le sue debolezze. Probabilmente la sua presenza costante fa bene al corridore inglese. Da una parte lo esalta, dall’altra gli dà la tranquillità necessaria, la sicurezza che sta lavorando bene. E infatti i risultati si sono visti, anzi, rivisti in Ungheria.

«L’inizio della stagione – va avanti Vasilis – è stato molto positivo con il ritiro in Colombia e la vittoria di tappa lì, ma poco prima della Tirreno Cav si è ammalato. Ha preso un raffreddore molto forte che è durato circa due settimane e mezzo. Quindi insieme allo staff medico della squadra abbiamo preso la decisione di annullare la sua partecipazione alle gare primaverili in Belgio e di lasciargli invece del tempo per recuperare bene».

«E infatti anche per questo non sono stupito che abbia vinto in Ungheria. Tutto sommato era vicino a vincere anche la tappa finale in Turchia, che si è tenuta due settimane prima. Quel giorno ebbe un problema meccanico».

A Kazincbarcika, Cavendish (classe 1985) ha colto la sua vittoria numero 164
A Kazincbarcika, Cavendish (classe 1985) ha colto la sua vittoria numero 164

Volume e intensità

In Grecia quindi Cavendish ha trovato le condizioni migliori per allenarsi. Clima buono, percorsi giusti e appunto un coach che lo ha seguito passo, passo… ogni giorno. La gara ungherese era un passaggio importantissimo per l’ormai mitica 35ª vittoria del Tour de France.

In Ungheria Cav è persino andato in fuga nella tappa finale: pensate che motivazione…

«Qui in Grecia – dice Antastopoulos – possiamo combinare alcune lunghe pedalate di resistenza con un po’ di lavoro a ritmo elevato senza problemi. Abbiamo trascorso quasi un mese ad allenarci in qui. Il piano includeva un po’ di tutto. Abbiamo iniziato con alcune pedalate lunghe e facili per concludere con un po’ di lavoro ad alta intensità e sprint da dietro moto».

Non solo ha vinto: in Ungheria Cav è anche andato in fuga. Un ulteriore ottimo allenamento
Non solo ha vinto: in Ungheria Cav è anche andato in fuga. Un ulteriore ottimo allenamento

Verso il Tour

«Come sono i suoi valori? Abbiamo ancora del lavoro da fare – specifica Anastopoulos – ma per il momento il suo livello è abbastanza buono».

Infine abbiamo chiesto al tecnico greco se c’è mai stata l’idea di portare Cavendish al Giro d’Italia. Si poteva pensare che senza più troppe gare nelle gambe, la corsa rosa potesse essere un buon viatico per lui. Ma si sa, di questi tempi, correre senza essere al top è controproducente.

«No, l’idea di portarlo al Giro d’Italia non è mai stata presa in considerazione. Siamo rimasti fedeli al nostro piano. Dai prossimi giorni faremo un ritiro in quota a Sierra Nevada, poi ci sarà il Tour de Suisse e quindi ecco il Tour de France».

Cavendish, un altro ritiro. Tutto bene verso il Tour?

15.03.2024
4 min
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La parola d’ordine è non dire nulla. Attorno a Cavendish non ci sono versioni ufficiali e tantomeno sirene d’allarme, al punto che il sospetto che qualcosa non vada ti viene da sé. Pur capendo le parole di Martinelli sull’importanza del britannico per l’Astana e consapevoli del fatto che Mark già in altre occasioni ha cambiato pelle in modo repentino, non è facile convincersi che le cose vadano secondo i piani.

La vittoria in Colombia è parsa davvero tempestiva, anche se l’espressione del battuto Gaviria non ha trasmesso la sensazione di uno sprint tirato alla morte. L’esclusione dalla Tirreno-Adriatico per essere arrivato fuori tempo massimo nel primo giorno di montagna potrebbe essere fisiologica, se non fosse per il fatto che Cavendish ha bisogno di correre per mettersi a posto e sperare di combinare qualcosa al Tour.

Tirreno, tappa di Giulianova. Cavendish è staccato, il giorno dopo si ritirerà
Tirreno, tappa di Giulianova. Cavendish è staccato, il giorno dopo si ritirerà

Il ritorno a casa

E’ riuscito ad allenarsi dopo il ritorno dal Tour Colombia? Chi era laggiù e lo ha incontrato nuovamente alla Tirreno ha storto il naso. E Max Sciandri, che lo conosce sin da quando era un ragazzo, al via dell’ultima tappa della Tirreno-Adriatico, ci ha detto che a suo avviso un corridore come Mark a questo punto della carriera avrebbe bisogno di correre anche il Giro d’Italia, per sperare di arrivare pronto al Tour.

Di certo sul volto del britannico non si riconoscono grandi sorrisi e anche mercoledì, al via della Milano-Torino, ha salutato restando però alla larga da taccuini e microfoni. Il ritiro ha reso il quadro ancora più nebuloso.

La vittoria di Roma, ultima tappa del Giro 2023, è stata un bel capolavoro di caparbietà
La vittoria di Roma, ultima tappa del Giro 2023, è stata un bel capolavoro di caparbietà

Fuori tempo massimo

Richiamato dall’Australia per stare vicino al suo vecchio capitano, Mark Renshaw è salito sull’ammiraglia della Astana, componendo il cerchio magico attorno a Mark, assieme a Morkov e l’allenatore Vasilis Anastopoulos. Il giorno dopo che il suo amico è finito fuori tempo massimo alla Tirreno, Renshaw ha provato in tutti i modi a spiegarne le ragioni, senza risultare tuttavia troppo convincente.

«Anche lui era stanco – ha spiegato – e forse anche per questo ha mancato di entrare nel gruppetto e si è staccato. Lui e Morkov hanno inseguito. Sono arrivati a un minuto e mezzo dal riprenderlo, ma non ci sono riusciti. E a quel punto era impossibile con due soli corridori contro tutti, in una tappa breve come quella di venerdì e con il tempo massimo al 12 per cento che ha reso tutto più difficile».

Questa la vittoria di Cavendish al Tour Colombia. Gaviria, accanto, non sembra troppo impegnato
Questa la vittoria di Cavendish al Tour Colombia. Gaviria, accanto, non sembra troppo impegnato

Nessun allarme

Se è vero che la concentrazione di un corridore la vedi anche nel modo in cui gestisce le crisi, la situazione attuale potrebbe tradire un malessere più profondo.

«Fino a un certo punto – dice Renshaw – credo che Mark fosse contento della sua prestazione. Hanno combattuto, ma ad un certo punto ha mollato la presa. Non avrebbe avuto senso andare a tutta per tutto il giorno, ma i dati di potenza dimostrano che si sono impegnati. Comunque hanno terminato la tappa ed essere finiti fuori tempo è stato deludente. Non entro nel merito della preparazione, che compete al nostro allenatore Vasilis, non voglio parlare al suo posto. Ma non credo che ci sia un campanello d’allarme. Il programma va avanti. Peccato che abbiano indurito il finale della Milano-Torino che altrimenti sarebbe stata un obiettivo. Ma Cav è un corridore che quando vede il traguardo, ci prova».

Sin dal primo ritiro di Altea, Cavendish è parso molto motivato
Sin dal primo ritiro di Altea, Cavendish è parso molto motivato

Il corridore di sempre

Peccato che Cavendish il traguardo non l’abbia riconosciuto e alla Milano-Torino si sia fermato prima del tempo. Su questo Renshaw non si esprime e allora per capire basta scrutare negli sguardi del personale.

«Dal punto di vista psicologico – spiega l’australiano – è il corridore di sempre. Mentalmente è forte e ha un’ottima squadra attorno a sé. No, non mi manca il fatto di essere con lui nel gruppo per aiutarlo (ride, ndr). L’ho fatto per qualche anno, ma ora sono piuttosto felice di essere sull’ammiraglia e mi diverto davvero. Eppure non è un ruolo facile, è come essere corridore. E io sto imparando molto da quelli che mi circondano. E intanto mi diverto».

E mentre Renshaw fa esperienza, Cavendish è al lavoro per le prossime corse: Scheldeprijs, Giro di Ungheria e Tour de France. Domani, si sa, niente Sanremo. La sensazione di un distacco crescente affiora, ma per ora preferiamo credere alla serietà del professionista e alla sua voglia di fare la storia.

Martinelli e la strada in salita dell’Astana

13.03.2024
7 min
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La situazione dell’Astana è traballante. Non c’è un capitano carismatico, il budget non è più quello di un tempo, Cavendish fa tanto come immagine, ma forse non basta. Il sistema dei punti rende necessario fare risultati e se questi non vengono, si capisce lo scoramento del personale. L’attività è ugualmente intensa e a tratti frenetica, dice Martinelli, ma nessuno si tira indietro.

Il bresciano è l’ultimo tecnico ad aver vinto il Giro, il Tour e la Vuelta con un corridore italiano. In precedenza ne aveva portati a casa anche altri, l’elenco è lungo, ed è per questo che quando finalmente riusciamo parlare con lui alla vigilia della Milano-Torino (ieri), suona strano sentire che ormai si occupa principalmente di logistica e mezzi. Se a ciò si aggiunge che sua figlia Francesca, pilastro nell’ufficio del team, è passata alla Tudor, si capisce che la situazione sia piuttosto diversa da quella che Martino avrebbe immaginato per l’ultima parte della sua carriera. 

Nibali è stato a lungo la bandiera dell’Astana: Martinelli conferma che sostituirlo non è stato facile
Nibali è stato a lungo la bandiera dell’Astana: Martinelli conferma che sostituirlo non è stato facile
Martino, che momento è questo per l’Astana?

Un momento un po’ particolare. Sono qui dal 2010, veniamo da un passato importante, ma abbiamo pagato il dopo Vincenzo. Sia la prima volta che è andato via, sia l’ultima. Avevamo Fuglsang, ma abbiamo perso uno dietro l’altro Landa, Scarponi, Vincenzo e Aru. Abbiamo un gruppo di corridori buonini, ma quando ti manca un leader carismatico attorno cui costruire la squadra, diventa tutto un mettere insieme che crea confusione. Se non hai il campione, non dico che rischi di fallire, ma di non trovare una direzione unica. Cambi per cambiare e non porta da nessuna parte. E poi c’è una questione di budget.

E’ sceso il vostro oppure è salito quello degli altri?

Il nostro è diminuito e gli altri sono aumentati. Le cifre che si sentono sono pazzesche, c’è chi spende 45 milioni di euro e chi ne spende 15, perciò la differenza è impossibile da reggere. E’ anche uno dei motivi per cui il campione non lo prendi più e fai fatica anche a prendere i giovani talenti. Possiamo fare poco contro chi gli offre 5 anni, perché noi non abbiamo 5 anni di contratto davanti a noi e neppure il budget di 10 anni fa. Non possiamo competere, siamo a inseguire qualcosa che non arriva. Lo staff è ancora l’arma vincente, perché Borselli, Tosello, Possoni e Saturni ci sono, sono il top e vanno avanti. Però secondo me anche a loro ogni tanto vengono in mente le vittorie che facevamo e questo porta un po’ di sconforto.

La partenza di Aru ha interrotto quel ciclo…

Fabio è andato via solo per i soldi, non c’è niente altro da dire. Quando una squadra come la UAE ti offre, a quell’epoca, 3 milioni di euro per tre anni, tu cosa fai? Io personalmente gli dissi che avrebbe fatto bene ad accettare. Il corridore deve guadagnare, il futuro passa da quello. Il problema è che in quei tre anni si è spento, mentre i nostro progetto è ancora in salita. E’ inutile recriminare su un Moscon che non è stato all’altezza della situazione o Ballerini che abbiamo preso per fare le classiche del Nord e alla fine non ce l’abbiamo. Spero che dal Catalunya cominceremo a vedere Fortunato e poi speriamo veramente nel Giro d’Italia.

Aru ha corso all’Astana dal 2012 al 2017, voluto da Martinelli in persona, vincendo la Vuelta 2015
Aru ha corso all’Astana dal 2012 al 2017, voluto da Martinelli in persona, vincendo la Vuelta 2015
Quanto è importante Cavendish in questa squadra?

Tanto. A livello mediatico, lo conoscono tutti. L’ho conosciuto anch’io e non credevo che fosse così bravo. Mi sembrava sempre uno un po’ scorbutico, invece è un ragazzo molto intelligente e ha portato qualcosa alla squadra. Specialmente nel momento in cui le cose sembrano vacillare, quando c’è lui alla partenza, hai la sensazione di avere un gioiello. Senza di lui saremmo una squadra qualunque. Quando “Vino” mi disse che c’era la possibilità di prenderlo, dissi subito di sì. Non perché ha un milione e mezzo di follower, ma perché tutto il mondo lo conosce. Non abbiamo Pogacar, Vingegaard o Roglic, ma abbiamo Cavendish.

La scienza comanda: credi ancora nella possibilità di scovare un ragazzino e farlo crescere senza tanti condizionamenti?

Guardate, sono uscite le due cose che provo io in questo momento. Parlano tutti di watt per chilo. Io ascolto, so cosa significa, ma sono convinto che un ragazzino che crede ancora nel ciclismo, nell’andare in bicicletta col sogno di vincere il Giro d’Italia o il Tour de France, non dovrebbe guardare queste cose. Dovrebbe imparare che cos’è realmente il ciclismo. Ho incontrato dei ragazzi quest’inverno, ho parlato con loro senza numeri. Non mi interessava che procuratore avessero, non mi interessava il margine di miglioramento, ma se gli piacesse veramente il ciclismo. Perché questo sport non puoi non amarlo, è forse il ciclismo più bello che c’è. Lasciamo stare quello che ho passato, lo sanno tutti e sono contento di esserci stato. Ma adesso ti alzi la mattina e se in gara c’è Pogacar o Remco, ti godi veramente lo spettacolo. Credo che perdere da questi corridori non sia percepito come una sconfitta. Prima potevi anche inventare qualcosa tatticamente per farli saltare, adesso il livello è incredibile. Non è impossibile, ma molto difficile.

Cosa possiamo aspettarci da Garofoli, che ha lasciato la DSM per venire da voi?

Ho parlato insieme a Gianmarco per mezz’ora ieri all’ora di pranzo. Ha finito la Tirreno e adesso prepara i Paesi Baschi. Secondo me fatica perché è un po’ troppo esuberante e vuole sempre dimostrare qualcosa a se stesso e a tutto il mondo. Dovrebbe essere più tranquillo e capire che se ti manca solo un 10 per cento, forse ti piazzi, ma di certo non vinci. L’altro giorno leggevo la Gazzetta dello Sport, scusatemi ma vi assicuro che leggo sempre anche voi (ride, ndr), dove Ciro Scognamiglio descriveva il 14° posto finale di Fortunato come il peggior piazzamento italiano degli ultimi anni. Ma che corridori c’erano in gara e che corridori ci sono in Italia per fare meglio di un 14° posto? Perché il nostro ciclismo purtroppo è questo qua. Certo c’è Milan, ma è uno ogni tanto…

Cavendish ha portato esperienza, carisma e il senso di avere un obiettivo condiviso
Cavendish ha portato esperienza, carisma e il senso di avere un obiettivo condiviso
Un quadro pesante…

Nel ciclismo di oggi, l’Italia è una piccola parte e anche secondo me manca una WorldTour italiana. Giovani buoni li abbiamo e alla fine quello giusto arriverebbe. Ma se va alla Bora o alla Visma, quanti giovani stranieri si troverà davanti? Non crescerà mai come Nibali alla Liquigas. Qui sarebbe il miglior italiano, là sono dei buoni italiani in mezzo ai campioni di casa. Anch’io ho avuto dei corridori italiani nella mia squadra con un’anima italiana, che sono emersi più facilmente perché l’ambiente che li circondava gli ha dato qualcosa in più. Per un belga che corre in una squadra belga oppure olandese, non è come per un italiano che corre in una squadra belga, è tutta un’altra storia. Sei un numero e sperano che tu vada bene, l’altro invece è considerato un investimento nel vero senso della parola.

In gruppo si sussurra che le Olimpiadi potrebbero chiudere il ciclo dell’Astana…

No, abbiamo ancora i contratti fino al 2025, credo però che l’Astana andrà avanti ancora a lungo. Finché c’è Vinokourov, c’è speranza nel vero senso della parola. Lui ha delle conoscenze talmente importanti da poter andare dove vuole. Il problema è che in questo momento avremmo bisogno di più soldi, per crescere veramente. Se li avessimo avuti, magari avremmo potuto trattare lo stesso Milan. La squadra va avanti, ne sono convinto. Invece penso che tutto sommato la mia carriera sia terminata.

Perché?

Mi piace ancora essere qua e dare l’anima, però dico la verità: in questo ciclismo valgo poco. Eppure penso che se trovassi un interlocutore cui far capire veramente certi meccanismi, mi piacerebbe ancora da morire stare in mezzo e fare la squadra. Se non vado alle corse, non è perché non mi piaccia più, ma perché mi sento inutile.

Zanini, Martinelli e Maini: il 2023 è stato l’ultima stagione in Astana per il bolognese, sulla destra
Zanini, Martinelli e Maini: il 2023 è stato l’ultima stagione in Astana per il bolognese, sulla destra
Anche la mancata riconferma di Maini va in questa direzione?

Questa è una delle sconfitte che mi hanno segnato di più. Non perché Orlando sia un mio amico, perché l’amicizia è una cosa, la capacità e l’intuizione di gestire certi passaggi è un’altra. Non le compri al supermercato e non le compri ad Aigle con un timbro che dice che sei direttore sportivo. E’ stata una scelta dettata dal fatto che sta cambiando tutto e probabilmente non interessa neanche avere un Martinelli. Al giorno d’oggi vale di più un direttore sportivo che ha smesso di correre l’anno prima, piuttosto di uno che ti dice cosa si potrebbe fare e cosa non si deve fare.

Iniziano le classiche, sabato c’è la Sanremo, dove ti troviamo?

Se tutto è confermato, ci vediamo al Giro d’Abruzzo.

EDITORIALE / La sfida di Roglic e il copiare che non funziona

11.03.2024
5 min
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La vera difficoltà per Roglic sarà ricreare attorno a sé i meccanismi che lo scorso anno, pur al rientro dall’infortunio, lo portarono a vincere la Tirreno-Adriatico, poi il Catalunya e il Giro. Ma si tratta davvero di una necessità?

La Visma-Lease a Bike, come la Quick Step degli anni migliori, è la squadra che rende forte chi vi arriva e priva di qualcosa chi ne esce. Alla Parigi-Nizza non deve essere stato facile per lo sloveno veder vincere Jorgenson, appena aggregato al team, e arrivargli davanti anche Kelderman che fino allo scorso anno tirava per lui. Il punto è capire se esista un modo diverso per raggiungere il successo. Oppure se il lavoro di Roglic e del suo staff, di cui fa parte anche l’allenatore Marc Lamberts, consista nel ricreare meccanismi che riconosce come vincenti.

Vingegaard, Kuss e Roglic: la concorrenza interna è di stimolo, ma può essere anche un freno (foto Jumbo-Visma 2023)
Vingegaard, Kuss e Roglic: la concorrenza interna è di stimolo, ma può essere anche un freno (foto Jumbo-Visma 2023)

La concorrenza interna

Conoscendolo, non servirà molto tempo perché il suo orgoglio torni a ruggire. In fondo ce lo auguriamo tutti, per la simpatia che Primoz ha saputo generare attorno a sé. Tuttavia il suo esempio ci porta a fare un passo indietro, tornando alle due tappe vinte da Vingegaard alla Tirreno.

Gli è stato chiesto per quale motivo abbia ritenuto di vincerle, avendo un obiettivo gigante come il Tour che lo attende. La risposta di Jonas è stata logica. Per dare un senso a tutto il lavoro, perché non si vive di solo Tour e non è detto che a luglio avrà la stessa condizione. Risposte ineccepibili, che tuttavia ne lasciano intravedere un’altra sullo sfondo: in quella squadra è meglio battere il ferro finché è caldo. Da un momento all’altro potrebbe emergere un giovane altrettanto formidabile, capace di portarti via lo scettro.

In quale altro team avrebbero lasciato andare via un capitano come Roglic, che nelle ultime 5 stagioni ha vinto tre Vuelta e un Giro? Neppure la Sky delle meraviglie si è mai privata dei suoi leader, arrivando a far convivere Wiggins, Froome, Thomas e Bernal. Quelli che sono andati via – Carapaz e Landa su tutti – non erano poi così formidabili.

Alla UAE Emirates verrà il momento in cui dovranno scegliere fra Pogacar e Ayuso?
Alla UAE Emirates verrà il momento in cui dovranno scegliere fra Pogacar e Ayuso?

Copiare non funziona

E’ lo sport dei cicli e ora dominano quello della Visma e della UAE Emirates . Chissà che anche in casa Pogacar non si debbano tenere gli occhi aperti per il crescere di Ayuso, che quanto a mordente e voglia di vincere non è certo inferiore a Tadej. In assoluto, la competizione interna fa parte dello sport ed è lo stimolo che spinge gli atleti a non sedersi sugli allori. Quello che con il suo modo sgangherato di esprimersi probabilmente Lefevere intendeva far notare ad Alaphilippe. Dalla vittoria di Imola 2020 ad oggi, il francese ha vinto appena 10 corse. Forse per il tempo che passa, certo per qualche infortunio di troppo, forse perché è venuta meno la spinta interiore.

Roglic non ha difetti di motivazione. Ha corse che vorrebbe ancora vincere e la voglia di dimostrare di non essere inferiore a nessuno. La differenza la farà con il metodo di lavoro, a patto di aver capito che i cicli altrui non sono replicabili, perché hanno dietro una storia e il pregio dell’originalità. Primoz ha portato con sé il suo coach, ma forse avrebbe potuto affidarsi a quelli della Bora-Hansgrohe. Il bello di cambiare sta anche nel provare strade nuove.

In anni non sospetti, lasciata la Quick Step per andare alla Cofidis, Elia Viviani ammise di aver perso troppo tempo per ricreare gli automatismi di un treno che non è mai stato all’altezza. Nei quattro anni successivi al 2019 (secondo e ultimo nel team belga, con 11 vittorie), il veronese ha messo insieme lo stesso numero di successi e su traguardi meno prestigiosi. I cicli altrui non sono replicabili e tutto sommato neppure le esperienze.

Cavendish ha voluto in Astana un piccolo spicchio di ambiente Quick Step: come vanno le cose?
Cavendish ha voluto in Astana un piccolo spicchio di ambiente Quick Step: come vanno le cose?

Il coraggio di cambiare

Abbiamo letto nell’intervista a Marcellusi, 23 anni e all’attivo la vittoria nel Trofeo Piva del 2023 (internazionale U23), che il suo 2024 per ora è stato più allenarsi che correre. Con la regia del team performance del VF Group-Bardiani-CSF-Faizanè, il romano ha fatto tre giorni di corsa a Mallorca, poi è andato sull’Etna in ritiro e tornerà in gruppo il 13 marzo, mercoledì, alla Milano-Torino. Poi Sanremo, Coppi e Bartali e, nell’ipotesi del Giro, forse un altro ritiro in altura. Per ammissione del corridore, lo staff ha deciso questo percorso prendendo spunto dalla programmazione dei team WorldTour.

Ci sorge un dubbio: Marcellusi è in grado di fronteggiare una programmazione così simile a quella di Pogacar e Van der Poel? Che cosa avrebbe potuto fare, seguendo un cammino più tradizionale, nelle tante corse che si sono svolte finora?

I cicli e le esperienze possono servire come ispirazione, ma non si copiano e sono impossibili da replicare. Cavendish ha voluto il diesse Renshaw, l’allenatore Vasilis Anastopulos e il leadout Morkov: come Viviani, sta dedicando tempo a inseguire uno schema che nella squadra attuale non funziona? Per ora i risultati sono al di sotto delle attese. Dopo il ritiro in Colombia, i progressi sembrano essersi interrotti. Forse anche lui, come Alaphilippe, deve fare i conti con il tempo che passa e magari con una minore spinta interiore. Per Roglic non è così, non dovrebbe. Crediamo che Primoz arriverà a conquistare ancora qualcosa. Perché ha iniziato tardi, sa adattarsi e il tempo gli è amico. E soprattutto negli occhi ha ancora il sacro fuoco.

Persico fa a spallate con Cavendish e Gaviria in Colombia

15.02.2024
5 min
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Un velocista vive di brividi, di attimi, perché quando sei lanciato a tutta verso il traguardo ogni decimo è prezioso, ogni momento conta. Così quando alla Vuelta Colombia Davide Persico non è riuscito a infilare Fernando Gaviria deve aver pensato di aver perso una bella occasione. Che la corsa a tappe dall’altra parte del mondo fosse il suo esordio tra i grandi, Persico ce lo aveva già detto. Come ci aveva raccontato dell’emozione all’idea di sfidare un mostro sacro come Mark Cavendish. 

Lo scalo ad Amsterdam ci dà l’occasione di agganciare il velocista della Bingoal-WB e di parlare un po’. Queste prime volate sono state una bella presentazione e un modo per spiare i fenomeni da vicino.

«Dopo dieci ore di volo dalla Colombia – dice Persico – siamo arrivati ad Amsterdam questa mattina (martedì, ndr). Arriverò a Milano nel pomeriggio e poi avrò ancora un’ora e mezza di macchina fino a casa. Al Tour Colombia è andata bene, peccato perché si sarebbe potuto vincere».

Il riferimento è alla prima tappa dove hai fatto secondo, vero?

Non solo, ma anche alla quarta, dove sono arrivato ottavo. A livello di obiettivi personali sono contento, ero partito con l’idea di fare qualche buon piazzamento nei dieci e torno a casa con due volate su due in top 10. Poi però la vittoria è stata così vicina.

Che un po’ spiace?

Cavolo! La prima volata non sai mai come stai, si hanno tanti dubbi. Invece stavo bene, nel chilometro finale mi sono messo sulle ruote dell’Astana e ai 200 metri ho provato ad uscire sulla sinistra di Gaviria. Deve essersi accorto del mio arrivo, perché con una mossa molto astuta mi ha chiuso e io non sono riuscito a passare. Avrei potuto vincere, ero lanciatissimo. 

Persico ha avuto modo di vedere da vicino due mostri sacri delle volate: Cavendish e Gaviria
Persico ha avuto modo di vedere da vicino due mostri sacri delle volate: Cavendish e Gaviria
Cosa ti è rimasto del secondo posto?

Rimane un po’ di amaro in bocca. Quando ci sei e vedi di stare bene, punti alla vittoria. 

Com’è stato confrontarsi con due grandi come Gaviria e Cavendish?

Il primo lo avevo già incontrato al Tour of Britain, mentre Cavendish era la prima volta che lo affrontavo. E’ stato bello, Mark era il velocista più forte al mondo quando ero piccolo e lo guardavo correre in televisione. Ricordo ancora la sua vittoria al mondiale di Copenhagen.

Cosa hai notato di curioso guardandolo da vicino?

Di Cavendish mi ha sorpreso la tranquillità. Ha tanta esperienza e si fida ciecamente della squadra, e in particolare del suo ultimo uomo: Morkov. Avere qualcuno come lui che ti pilota deve essere incredibile, tu velocista devi preoccuparti solo degli ultimi 200 metri. Noi giovani possiamo provare a seguirli, ma non saremo mai piazzati bene come loro. Me ne sono accorto alla quarta tappa, dove ho fatto ottavo.

Panorami e strade mozzafiato che Persico ha scoperto insieme ai compagni della Bingoal-WB (foto Instagram)
Panorami e strade mozzafiato che Persico ha scoperto insieme ai compagni della Bingoal-WB (foto Instagram)
Perché?

La frazione era impegnativa e abbiamo deciso di fare corsa dura per liberarci degli avversari più pesanti. Ad un certo punto eravamo rimasti in 40 nel gruppo di testa, Cavendish e Gaviria si erano staccati. Sono riusciti a rientrare negli ultimi 30 chilometri e hanno fatto la volata vinta da “Cav” proprio su Gaviria. Io ho provato a seguire, ma ero rimasto senza squadra. Ii miei compagni si erano spremuti per non farli rientrare. Mi sono trovato da solo all’ultimo chilometro.

E contro gli squadroni non hai potuto nulla…

Restare senza squadra ai mille metri dal traguardo non è semplice. Ti piazzi dove pensi possa svolgersi bene la volata, ma è sempre un’incognita: se parti troppo presto resti al vento e se lo fai in ritardo rimani imbottigliato.

Abbiamo anche visto l’altimetria della tappa regina, con una salita finale di 30 chilometri. Da velocista deve essere stata un bell’ostacolo.

Alla partenza di quella tappa, la quinta, pioveva anche (dice con una risata, ndr) poi per fortuna ha smesso. Partivamo da 2.500 metri d’altitudine, siamo scesi fino a 800 e c’era un caldo incredibile. La prima parte di tappa prevedeva una breve salita e poi una lunga discesa, che sarebbe stata poi la scalata finale di 30 chilometri. Mentre andavamo giù per la valle pensavo: «Cavolo, poi mi tocca anche risalire!»

Una “dolce” sorpresa per Persico in Colombia: ecco una bevanda con la sua faccia sopra (foto Instagram)
Una “dolce” sorpresa per Persico in Colombia: ecco una bevanda con la sua faccia sopra (foto Instagram)
Come l’hai affrontata?

Nei tratti ondulati prima dell’inizio della salita ufficiale, Gaviria e Cavendish si sono staccati. Io invece sono voluto rimanere il più possibile in gruppo, per risparmiare qualcosa. Poi mi sono staccato insieme a un mio compagno di squadra. Dopo qualche chilometro da dietro è rientrato un gruppetto con Gaviria e un suo compagno in testa. Probabilmente avevano capito di essere fuori tempo massimo e hanno accelerato?

Quando hai visto tornare sotto Gaviria hai pensato che avresti potuto risparmiare un po’ di fatica restando con lui?

In realtà sì, ma mi sono gestito bene. Non sono mai andato fuori giri, cosa fondamentale a quelle altitudini. Mi sono alimentato in maniera corretta, non è stata troppo una faticaccia. Però poi nell’ultima tappa ho seguito il gruppetto fin da subito. L’idea all’inizio era di rimanere con i primi se il ritmo ce lo avesse permesso. Poi gli uomini di classifica si sono dati battaglia fin da subito e abbiamo rinunciato. Alla fine è stata una gran bella esperienza e torno a casa contento anche di come ho lavorato in inverno. 

Pianeta velocisti mai così folto. Petacchi ne sceglie cinque

12.02.2024
6 min
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Jonathan Milan, Olav Koij, Jasper Philipsen, Alberto Dainese, Fabio Jakobsen, Mark Cavendish. E ancora De Kleijn, Bauhaus, Groenewegen, Merlier, Groves… senza contare i tanti giovani emergenti, non ultimo il francese Magnier. E quelli in cerca di riscatto: Nizzolo, Gaviria, Girmay, Coquard, Demare… La lista dei velocisti quest’anno è più lunga che mai.

Cosa dobbiamo attenderci? Chi è il più forte? Chi ha il miglior leadout? Domande alle quali ha risposto Alessandro Petacchi che di volate (e di velocisti) se ne intende. 

Vista la lista lunga, Alejet ne ha battezzati cinque. I cinque che secondo lui sono i più forti e che ci faranno vedere grandi cose durante l’anno. «Ma – dice Petacchi – sarebbero molti di più. Penso a Dainese (caduto recentemente, ndr), che ho consigliato personalmente a Cancellara. Penso a De Lie che forse è più di un velocista e può vincere anche una classica. Ad Ewan che anche se non è più quello di un tempo può fare male».

Tour de France 2023, a Moulins Jasper Philipsen precede Dylan Groenewegen: due velocisti super
Tour de France 2023, a Moulins Jasper Philipsen precede Dylan Groenewegen: due velocisti super

Philipsen, il numero uno

Senza dubbi il favorito di Petacchi è Jasper Philipsen. Lo sprinter della Alpecin-Deceuninck lo scorso anno ha dettato legge tra i velocisti. E quest’anno le cose non dovrebbero cambiare. Senza parlare poi del suo apripista. Un certo Van der Poel!

«Al netto di Van der Poel che può togliergli le castagne dal fuoco se è messo male o lanciarlo alla grande, Philipsen ha un’intera grande squadra vicino. Anche se per me riesce a tirarsi fuori dai guai anche da solo. L’ho visto al Tour l’anno scorso. Quando vinci in tre modi diversi significa che sei il più forte.

«Jasper è in quel momento della carriera in cui ti riesce tutto. E’ al top. E questo lo fai quando hai gamba, tanta gamba. Per batterlo deve sbagliare lui. Lo dico per esperienza diretta. So bene cosa succede. Se vede le brutte, parte prima e vince. Altrimenti parte più corto. Ha lucidità. Anche Cav, per dire, è così, ma oggi non ha quella gamba».

Jakobsen, potenza da super big. Deve ritrovare fiducia e continuità. Lasciata la Soudal-Quick Step (in foto) saprà costruirsi un treno alla DSM?
Jakobsen, potenza da super big. Lasciata la Soudal (in foto) saprà costruirsi un treno alla DSM?

Jakobsen, l’antagonista

Petacchi pone Fabio Jakobsen alla pari di Philipsen, a fare la differenza è la continuità. Quella continuità che è venuta a mancare a Fabio dopo il grave incidente del 2020 in Polonia. Grande potenza, grande velocità di punta.

«Jakobsen ha una potenza incredibile, ma qualche volta si perde un po’. Non so se è per paura o per gamba. Ma io credo che se ritrova gli equilibri giusti può tornare alla pari di Philipsen, perché ha l’età e i numeri per riuscirci».

Nel caso dell’olandese c’è anche il discorso della squadra, forse meno votata alla causa rispetto a Philipsen. Jakobsen ha lasciato la Soudal-Quick Step per approdare alla DSM-Firmenich, che sì gli assicura fiducia, ma anche automatismi da oliare.

«Non mi aspettavo un suo cambio di squadra, ma è anche vero che quando hai un Evenepoel come compagno che accentra molte attenzioni, ci sta. Poi magari dietro ci sono anche questioni economiche, ma questo non lo so. Di certo, lui voleva fare il Tour e lì avrebbe fatto fatica ad andarci. Alla DSM non ha più Mayrhofer che ha seguito Dainese e ne sono contento, perché i due potranno fare bene alla Tudor. Quindi non so chi davvero potrà pilotare Jakobsen. Vedremo».

Una foto di qualche anno fa di Cavendish e Petacchi… insieme hanno un palmares di oltre 350 vittorie!
Una foto di qualche anno fa di Cavendish e Petacchi… insieme hanno un palmares di oltre 350 vittorie!

“Cav” e il suo obiettivo

Si arriva poi a Mark Cavendish, velocista che Petacchi conosce alla grande visto che ci ha anche corso. Quanti duelli tra i due. Chissà se è cambiato da allora il Cav sprinter?

«Prima aspettava sempre un po’ a partire per paura di essere rimontato, adesso invece noto che tende ad anticipare. Ora, sa che se aspetta non vince più, perché ha perso quel super spunto e così intelligentemente anticipa. Difficilmente ha la posizione ottimale di un tempo».

Qui ritornano in mente le parole di Pasqualon, sulle tempistiche, i watt e le punte di velocità. Ma Petacchi stesso ci regala una perla con lo sprinter dell’Astana Qazaqstan.

«Di questa cosa parlai proprio con Cav. Glielo dissi: “Negli ultimi anni quando ti ho battuto, l’ho fatto perché anticipavo. Non avevo il tuo treno, né quello spunto, così cercavo di partire prima e di partire “secco”. Ti prendevo tre bici e poi speravo di tenere fino alla fine. A volte ci riuscivo, altre no. Ma era l’unico modo per batterti”.

«E così fa lui ora. Certo, ci vuole gamba, ma anche testa. Mark continua perché ha un solo obiettivo: quello del record di tappe al Tour. E’ molto difficile, ma non impossibile (ha di nuovo Morkov come apripista, ndr). Ma è pur sempre una volata e se tutto gli gira bene può riuscirci. Fosse stato un arrivo in salita di 15 chilometri avrei detto di no, ma in volata…».

Groenewegen quest’anno ha vinto all’esordio (eccolo alla Clasica Valenciana 1969). Con qualche aggiustamento potrà trasformare molti secondi posti dietro Philipsen in vittorie
Groenewegen ha vinto alla Clasica Valenciana 1969. Con qualche aggiustamento potrà trasformare molti secondi posti in vittorie

Groenewegen, quanta potenza

Dylan Groenewegen. Petacchi non poteva non inserire il corridore della Jayco-AlUla tra i grandissimi velocisti visto il suo motore gigante. Sarà interessante la sua convivenza con Ewan.

Magari in qualche occasione (non molte a dire il vero) correranno insieme e allora sarà curioso vedere “chi tirerà per chi”. Ewan è più piccolo e potrebbe essere pilotato. Però è anche vero che Caleb è un funambolo, è più “vecchio” e potrebbe essere lui il leadout. Dylan e Caleb: coppia esplosiva. Senza dimenticare Matthews.

«Qui parliamo di un velocista puro, puro… Groenewegen fa fatica in certe tappe, ma in quelle piatte può andare forte. E’ un po’ discontinuo e a volte si perde nel finale. Ha una velocità di punta pazzesca, parte fortissimo, fa la differenza in quel momento, ma più di qualche volta viene rimontato da Philipsen. Segno che arriva alla volata con le gambe un po’ in croce, gli manca spesso qualcosina». 

Jonathan Milan (classe 2000) al primo successo 2024 con la nuova maglia della Lild-Trek: per Petacchi può battere chiunque
Milan (classe 2000) al primo successo 2024 con la nuova maglia della Lild-Trek: per Petacchi può battere chiunque

Milan, il futuro è suo

Chiude il lotto dei “fab five” Jonathan Milan. Il gigante della Lidl-Trek piace molto a Petacchi. Ha anche un apripista ottimo, Simone Consonni, e potrebbe avere persino Mads Pedersen, che tra l’altro potrebbe a sua volta essere inserito in questa classifica. Ma Petacchi reputa il danese più di un velocista.

«Milan, per capire quanto è grande, deve confrontarsi con i velocisti del Tour. E’ sicuramente forte, anche alla Valenciana, dove è stato ben pilotato, è ripartito alla grande, ma se viene al Giro d’Italia e quest’anno il lotto dei velocisti è lo stesso dell’anno scorso, sarebbe grave se non vincesse. Deve dominare… e io ne sarei felicissimo».

Alejet fa le pulci a Milan e parla del suo gesto tecnico. Deve lavorare molto, specie per la questione aerodinamica, cosa che lo penalizza.

«Sia per lo stile, che per la sua stazza, Jonathan deve cercare di abbassarsi. Oggi la questione aerodinamica è troppo importante. Si guardano calze, caschi… e un solo chilometro orario in più può fare la differenza, specie a 70 all’ora. E’ un po’ il discorso che c’è a crono tra Ganna e Remco. Il belga non farà mai gli stessi wattaggi di Pippo, ma va forte tanto quanto (o di più) perché ha un coefficiente aerodinamico molto favorevole.

«Milan è da volata lunga. Un bestione così deve assolutamente essere lanciato e possibilmente anche forte. Meglio rettilinei lunghi, che la curva a 200 metri. In quel caso se uno come lui è terzo, è difficile che rimonti, che si metta in moto in tempo. Consonni come apripista va bene. Se è un po’ basso? Il problema non è Simone, che anzi è bravissimo e sfrutta al meglio ciò che gli dà la pista in termini fisici e tattici, ma è Jony che è un bestione!».

Cavendish in altura. Coach Anastopoulos ci va con le pinze

25.01.2024
4 min
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Mark Cavendish, forse l’emblema del velocista, sta lavorando in altura in Colombia. Altri colleghi sprinter invece non vogliono sentir parlare di training camp in quota. Uno su tutti? Mads Pedersen. Ma dopo tanti anni di esperienza e con il ritorno del suo allenatore, Vasilis Anastopoulos approdato quest’inverno all’Astana Qazaqstan, Cav ha trovato nuove certezze. Cerchiamo dunque di capire come sta lavorando.

Cavendish inizierà la sua stagione proprio in Sudamerica. Dopodiché andrà al UAE Tour e quindi affronterà la Tirreno. Tre corse a tappe prima della Milano-Sanremo, primo appuntamento da bollino rosso della stagione. Ma il suo grande obiettivo è un altro… L’inglese vuol essere al suo massimo per luglio quando ci sarà di scena la Grande Boucle.

Anastopoulos (a destra) è l’allenatore di Cavendish (foto Instagram)
Anastopoulos (a destra) è l’allenatore di Cavendish (foto Instagram)

Cav in Colombia

La rincorsa al fatidico record assoluto di vittorie al Tour è il nocciolo della questione. Cavendish vuol staccare anche Merckx. E sarebbe tra i pochi ad esserci riuscito! Scherzi a parte in Colombia l’ex iridato è con diversi compagni di squadra. Molti di questi condivideranno con lui una buona fetta della stagione agonistica. Si lavora dunque anche sulle affinità del treno e del gruppo che dovrà scortare Mark.

«Cavendish – spiega Anastopoulos – inizierà la sua stagione con la tournée in Colombia e questa va inquadrata come parte della sua preparazione iniziale. Le sue condizioni per ora sono okay. Sin qui abbiamo lavorato principalmente sulle ore di bici e meno sugli sprint».

Il programma di Cavendish è sostanzioso. Sarà in Colombia per tre settimane: due di allenamento e una di gara. Pertanto il suo approccio all’esordio stagionale, soprattutto perché sarà in quota, è ben calibrato. Anastopoulos non vuol sbagliare nulla e conosce bene certe dinamiche.

Lo scorso anno a Bordeaux, Philipsen tolse a Cavendish la gioia del record assoluto di vittorie al Tour. Forse ora non sarebbe di nuovo in pista
Lo scorso anno a Bordeaux, Philipsen tolse a Cavendish la gioia del record assoluto di vittorie al Tour

Più ore che intensità

Tanti coach infatti ci hanno detto in questi anni che in quota è difficile, se non controproducente, eseguire lavori massimali. Il lavoro di Cav va preso con le pinze.

Viene dunque da chiedersi come farà Cavendish ai 2.125 metri di Rionegro, nei pressi di Medellin ad uscire più forte di come è arrivato. In fin dei conti un velocista è chiamato a fare determinati sforzi massimali per migliorare. Almeno così è lecito pensare.

Ma Anastopoulos ha le idee chiare: «Il motivo principale per cui Mark fa il ritiro in quota in Colombia è perché vuole migliorare la sua capacità aerobica. Combina alcune lunghe pedalate con un po’ di lavoro anaerobico, in questo caso si tratta di sforzi la cui durata è breve». Il coach greco dunque non va ad intaccare la parte metabolica anaerobica a quanto pare.

Quindi sprint e lavori massimali sì, ma con moderazione. E sempre Anastopoulos riferisce che a parte alcune sessioni specifiche a corpo libero, Cav non solleverà pesi in palestra durante questo training camp sudamericano.

L’inglese (classe 1985) durante uno dei suoi sprint brevi in Colombia (foto Instagram)
L’inglese (classe 1985) durante uno dei suoi sprint brevi in Colombia (foto Instagram)

Massima attenzione

L’argomento “alta quota e lavori intensi” resta questione di dibattito. Lo dicono la scelta differente di alcuni sprinter, ma anche di cacciatori di classiche.

Abbiamo visto per esempio che Battistella quest’anno punterà solo sulle corse di un giorno e sulle brevi gare a tappe (niente grandi Giri), andrà in altura mentre molti belgi da classiche non lo faranno. Lo stesso Pogacar ha detto che eviterà l’alta quota prima del Giro per essere più brillante per le Ardenne. E ci ricordiamo ancora dell’esperienza di Consonni e Rota dopo l’altura, proprio in Colombia, dell’anno scorso. I due lavorarono forte. Al ritorno, all’inizio volavano, poi però pagarono dazio. E furono loro stessi a raccontarci di determinate difficoltà.

«Esistono molti modi per affrontare l’altura – spiega Anastopoulos – ma bisogna sempre stare attenti a ciò che si fa. Come detto, Cavendish sta facendo soprattutto ore di sella e solo delle brevi sessioni esplosive e per ora sembra rispondere bene.

«Per me anche se si è uno specialista delle classiche fare almeno un ritiro in quota è necessario. Se non è possibile, si può fare un camp al livello del mare, ma credo davvero che i benefici che si ottengono con l’altura siano maggiori. Anche per questo Mark tornerà in quota a maggio. Andremo a Sierra Nevada».