Velo lancia il team relay, e sugli U23 ha qualcosa da dire

24.09.2024
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ZURIGO (Svizzera) – I campionati del mondo per le prove contro il tempo termineranno ufficialmente domani con il mixed team relay. Una prova difficile, resa ancor più tosta dal percorso e dal livello molto alto dei contendenti all’oro. Dopo il successo dell’europeo gli azzurri si approcciano ad un’altra sfida nei panni della favorita. Dell’ossatura che ha dominato in Belgio rimangono i soli Affini e Cattaneo, gli altri quattro interpreti cambieranno. Nel trio maschile ai due alfieri d’oro si aggiunge Filippo Ganna. Per le tre ragazze, invece, il terzetto si compone dell’esperta Longo Borghini, affiancata da Soraya Paladin e Gaia Realini

«La gara – attacca subito a parlare il cittì Marco Velo – è parecchio dura. Direi un po’ insolita per una cronometro, soprattutto a squadre. Somiglia più a una cronoscalata, credo che in tre il percorso sia abbastanza proibitivo. Non tanto per la salita, che comunque va a snaturare quello che è il gesto di una cronometro, ma per le tante discese e i diversi tratti pericolosi. Le squadre incontreranno parecchie strade strette, quindi non si riuscirà a lanciare bene il terzetto. Detto questo siamo qua per lottare e provare a far bene, non lo nego, ho tre corridori uomini e tre atlete donne che sono di altissimo livello».

Un percorso del genere ha creato qualche difficoltà in più nel comporre le due squadre?

Non è un percorso ideale a Ganna o Affini, però sono fiducioso della loro condizione che è super (in apertura insieme a Marco Velo, foto Federciclismo / Maurizio Borserini). Mi piacerebbe rimarcare anche la voglia di due ragazzi come loro di mettersi a disposizione e nel prendere parte a questa gara. Quando ho iniziato a pensare ai vari nomi da includere nella lista dei papabili non ho ricevuto riscontri positivi dagli altri atleti. Soprattutto quando non ero sicuro della presenza di Pippo (Ganna, ndr) e della condizione di Edoardo (Affini, ndr). Ma nel team relay conta tanto lo spirito di squadra, i tre ragazzi sono dei fratelli mancati, sarà questo il nostro plus. 

Al loro si aggiunge Cattaneo.

Su di lui c’è poco da dire. Insieme a tutti gli altri è un super atleta che è in grado di fare molto bene domani. In salita alla Vuelta, quando si metteva a tirare, rimanevano agganciati in pochi alle sue ruote. Questo è un buon segno, significa che sta andando forte. 

Il team femminile ha delle caratteristiche atletiche praticamente perfette per questa prova.

Credo che le ragazze siano fortissime su questo tipo di percorso, La scelta di portare Realini è sicuramente dipesa dal tipo di percorso. Mi è piaciuta tanto la sua reazione alla chiamata, era molto felice e motivata nel mettersi alla prova. Longo Borghini e Paladin saranno due ottime pedine per un team relay impegnativo ma sul quale sono fiducioso. 

Facciamo un salto a ieri, concentrandoci sulla cronometro under 23, come giudichi i risultati? 

La scelta è ricaduta su Bryan Olivo e Andrea Raccagni Noviero. Penso che il primo non abbia fatto una super prova, si aspettava qualcosa in più, però usciva da un periodo lungo di stop. Mentre Raccagni Noviero è andato forte, considerando il percorso non adatto alle sue caratteristiche. Sono contento perché ha fatto una buona prova, fino all’ultimo intermedio era a 30 secondi da Romeo.

Noi avevamo in casa il campione iridato under 23, Milesi. Come mai non ha difeso il titolo?

E’ stato preso in considerazione, chiaramente, ma mi ha detto che non voleva partecipare al mondiale perché non ha usato la bici da crono ultimamente e non se la sentiva.

Sia Olivo che Raccagni Noviero hanno disputato poche cronometro durante la stagione, per motivi diversi. 

Sugli under 23 c’è un po’ di difficoltà nel mettere insieme tante prove contro il tempo. In Italia se ne corrono poche, ce n’è stata una, seppur breve, al Giro Next Gen. Da questo punto di vista dobbiamo imparare da Paesi stranieri nei quali, sia tra gli juniores che tra gli under 23, in qualsiasi tipo di corsa a tappe c’è comunque inserita una cronometro. Perché, alla fine, se si vuole crescere a livello di risultati serve curare questa disciplina, altrimenti non porti a casa nulla. 

Raccagni Noviero corre in un devo team, lì cambia qualcosa?

La fortuna è che le squadre development dei professionisti hanno una mentalità diversa, quindi forniscono a questi ragazzi le bici da crono. In questo modo le usano per allenarsi almeno un paio di volte durante la settimana. Guidare una bici da cronometro non è la stessa cosa di guidare quella da strada, serve allenare il gesto.

Milesi e la corsa rosa: «Tutto come mi aspettavo e che atmosfera»

29.05.2024
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Su carta è il suo secondo grande Giro, in realtà è stato il primo. Lorenzo Milesi ha concluso il suo primo Giro d’Italia. Lo scorso anno la sua vecchia squadra, la Dsm-Firmenich, lo aveva schierato alla Vuelta, ma Lorenzo era stato costretto a fermarsi anzitempo, nonostante fosse partito col botto: maglia rossa dopo la prima tappa, una cronosquadre. Tuttavia alla sesta tappa era a casa.

Al primo anno, la Movistar lo ha schierato subito nella gara di casa. In ballo c’erano due crono importanti per il campione mondiale di specialità under 23 e un percorso che tutto sommato non era impossibile per un ragazzo del 2002. Lorenzo era tra i più giovani in assoluto al via.

Milesi in azione in pianura al servizio di Gaviria. Per la Movistar un corridore duttile come lui è stata una risorsa
Milesi in azione in pianura al servizio di Gaviria. Per la Movistar un corridore duttile come lui è stata una risorsa
Lorenzo, sei arrivato a Roma: come stai?

Bene direi. Avevo fatto una settimana alla Vuelta l’anno scorso e devo dire che questo primo Giro d’Italia è stato fantastico. Fantastico tutto il contorno, l’atmosfera…  la gara. Che è stata dura, ma noi siamo qua. Le gambe le sento come il primo giorno!

Un altro esordiente come te qui al Giro, Lorenzo Germani, ci diceva che in effetti ci sono dei momenti in cui si respira, ma quando si va forte il ritmo è incredibile. Anche per te è così?

E’ vero, è vero. Anche se poi a me sembra che qui tra i pro’ si vada forte in tutte le gare, alla fine. Sono le corse WorldTour che hanno queste caratteristiche.

Ti aspettavi che il Giro fosse più o meno duro?

Più o meno così. Mi aspettavo di non poter competere tutti i giorni sin da quest’anno. Immaginavo che non sarei stato lì davanti a sgomitare. Ma per questo mi dicono, servirà del tempo.

Nelle due crono (tra l’altro lunghe) del Giro, Lorenzo ha ottenuto un 12° e un 11° posto
Nelle due crono (tra l’altro lunghe) del Giro, Lorenzo ha ottenuto un 12° e un 11° posto
Come ti sei gestito durante queste tre settimane?

Ho cercato di fare bene soprattutto le cronometro. Di queste sono abbastanza soddisfatto. Ho mancato la top 10… però di poco. Per il resto cercavo di risparmiare il più possibile e fare il mio compito.

E qual era il tuo ruolo?

Nelle tappe piatte dovevo cercare di aiutare Fernando Gaviria, in quelle in salita dovevo stare vicino ad Einer Rubio. Quindi anche per questo non ho provato spesso ad andare in fuga. Ci sono andato solo nel giorno del Mortirolo, quando si arrivava a Livigno, però alla prima salita sono rimbalzato! Si andava a tutta e davanti eravamo ancora tantissimi, quindi c’era poco da fare…

Cosa ti porti via da questo Giro d’Italia?

Più che altro quello che spero di portare via, cioè una buona gamba per poter fare bene nelle prossime gare. Ovviamente ho imparato anche a come gestirmi nelle varie settimane, a dosare gli sforzi, a capire il recupero… Un esperienza un po’ generale direi.

Cimolai e Milesi, compagni di stanza al Giro: tra i due ballano 13 anni di differenza
Cimolai e Milesi, compagni di stanza al Giro: tra i due ballano 13 anni di differenza
Hai detto che speri in una buona gamba per le prossime corse, ebbene quali saranno queste gare?

Non so ancora di preciso, bisogna decidere appunto in base a come finisco il Giro e a come recupererò. Quindi si vedrà nei prossimi giorni cosa fare. Sicuramente farò i campionati italiani, sia su strada che a cronometro.

Con chi hai parlato di più durante questo Giro d’Italia?

Degli avversari con Piganzoli. Eravamo tutti giorni là in coda al gruppo a chiacchierare! Dei compagni di squadra con Davide Cimolai. Cimo è mio compagno di stanza, è italiano ed è anche più facile confrontarmi con lui.

Quando abbiamo incontrato Milesi, lui e la sua squadra stavano per andare al foglio firma, proprio in quel momento ci raggiungeva Davide Cimolai.  Quale occasione migliore per una foto insieme e per chiedergli qualcosa di Lorenzo. E Davide: «E’ un po’ testone perché parla poco e potrebbe domandare di più, ma ha un motore che neanche lui sa quanto è grande! Potrà fare molto bene».

La nuova vita alla Movistar dopo due mesi sulle spine

15.01.2024
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Adesso che tutto è finalmente a posto e che anche l’influenza ha deciso di lasciarlo in pace, dal ritiro di Calpe Lorenzo Milesi ricostruisce gli ultimi due mesi. Il bergamasco è passato in pochi giorni dall’esaltazione di una nuova squadra al non sapere che pesci prendere, fino all’approdo insperato e per certi versi sorprendente al Movistar Team.

Dopo la vittoria al mondiale U23 della crono e il primo giorno in maglia rossa alla Vuelta, conclusa con una caduta e il ritiro, sembrava che per lui si fosse aperta la porta del Team Ineos Grenadier. Alla vigilia del Giro d’Onore della Federazione era parsa cosa fatta, invece proprio in quell’occasione si capì che l’ipotesi fosse ormai tramontata. Il tentativo successivo fu fatto con la Bora-Hansgrohe, ma invano. E quando la situazione iniziava a farsi sconcertante, ecco l’avvistamento di Milesi a Calpe nell’hotel del Movistar Team. Una presenza semi clandestina, perché il Team DSM-Firmenich aveva chiesto di gestire la comunicazione. E la notizia infatti arrivò puntuale il 18 dicembre.

Facciamo un passo indietro, quel giorno a Milano sembrava tutto fatto per andare alla Ineos. E poi?

Si era trovato un accordo economico perché andassi via. L’opportunità Ineos mi avrebbe permesso di fare con loro gli altri due anni di contratto e di lasciare il Team DSM che mi aveva proposto di prolungarlo per altre due stagioni, ma non ci sarei mai restato. Invece a un certo punto è venuta fuori una differenza economica e la porta si è chiusa. Solo che per la DSM a quel punto io non esistevo più, i rapporti erano in frantumi: per loro ero un corridore ormai andato via.

Per questo si è parlato della Bora-Hansgrohe?

Dovevo trovare un’altra squadra. Alla Bora c’era la questione Uijtdebroeks: si sapeva che sarebbe andato via, ma non quando. E così a inizio dicembre ancora non sapevo dove avrei corso. A un certo punto ho pure pensato che sarebbe stato meglio non aver vinto il mondiale, così a certe cose neppure ci avrei pensato… Scherzo, ovviamente. In ogni caso però a quel punto la cosa che ho fatto è stata cambiare procuratore, perché non avevo niente in mano. Erano due anni che si tentava di andare alla Ineos, ma una volta che quella porta si è chiusa, mi sono rivolto ai Carera. Avevamo parlato proprio al Giro d’Onore. Mi avevano detto che se avessi voluto, avrebbero provato a darmi una mano. E alla fine li ho chiamati.

Al Giro d’Onore, le prime crepe. L’accordo fra Milesi e la Ineos era già in dubbio
Al Giro d’Onore, le prime crepe. L’accordo fra Milesi e la Ineos era già in dubbio
Non deve essere stato un periodo semplice, insomma…

Sono stati mesi poco piacevoli, ma sono serviti anche questi per crescere. E’ vero che non avevo più un allenatore che mi desse le tabelle per allenarmi, ma vero anche che avevo bisogno di staccare un po’ e pedalare come mi sentivo. Per cui forse ho fatto meno ore e meno intensità di quelle che avevo l’anno scorso in questo stesso periodo, ma ho comunque lavorato.

E adesso ti ritrovi in un team latino dopo due anni in Olanda e dopo aver provato ad andare alla Ineos britannica e alla tedesca Bora: che effetto fa?

Sono contento di essere arrivato qui. Si è parlato di questo aspetto nella prima riunione con Eusebio Unzue, si nota subito che è una squadra completamente diversa dalla DSM a livello umano. Si prende il lavoro molto seriamente, ma si può anche parlare e avere un’opinione.

La liberatoria da parte della DSM è arrivata in tempo per la presentazione Movistar del 21 dicembre
La liberatoria da parte della DSM è arrivata in tempo per la presentazione Movistar del 21 dicembre
Era da un po’ che alla Movistar non c’erano tanti italiani: siete ben quattro.

Ho fatto due anni alla DSM in cui prima ero solo con Ursella e poi con Dainese, qui siamo di più. Alla DSM si parlava inglese e ci riprendevano se ci sentivano parlare italiano. La situazione è cambiata quando sono arrivato nella WorldTour, perché nel team U23 ci conoscevamo tutti e si era creato un bel clima. Al passaggio ho capito che certi corridori rischiavo quasi di non vederli per tutto l’anno. Patrick Bevin l’ho visto per la prima volta al Polonia. Qui invece parli la lingua che vuoi, c’è ben altro clima.

Hai cambiato preparatore, si lavora in modo tanto diverso?

Lavoro con uno spagnolo, ma ho iniziato solo da due settimane, non ho fatto più di tanto. In proporzione, direi che in DSM all’inizio dell’anno facevo più soglia e fuori soglia, ma devo cominciare al Saudi Tour, siamo a inizio gennaio e la stagione è davvero molto lunga. Va bene così.

Al passaggio su bici Canyon, Milesi ha adottato una posizione totalmente nuova (foto Dani Sanchez)
Al passaggio su bici Canyon, Milesi ha adottato una posizione totalmente nuova (foto Dani Sanchez)
Passi dalla Scott alla Canyon, ti abbiamo visto lavorare sul posizionamento: come va l’adattamento?

Sulla bici da strada mi trovo bene, ma la posizione me l’hanno cambiata davvero tutta. La prima cosa è stata adottare i nuovi pedali, anche se quelli nuovi li ho montati solo da poco. Mi sono alzato e abbiamo spostato la sella in avanti. Avevo sempre pensato che la mia posizione non fosse tanto al top: dopo tre ore avevo male nella parte posteriore della gamba, ora no. E poi mi avevano messo uno spessore sulla gamba sinistra, che è la mia più lunga e finalmente lo abbiamo tolto.

Invece la bici da crono?

Abbiamo fatto la posizione in pista a Pamplona un paio di giorni fa e poi l’ho usata in allenamento, cominciando anche a fare qualche lavoro. La bici mi sembra molto confortevole, trovo più facile tenere la posizione ed è in arrivo il manubrio personalizzato. Insomma, quando dico che sono soddisfatto, non parlo a vanvera. Ho firmato per tre anni con Movistar, l’obiettivo è comunque crescere gradualmente, magari iniziando da questa stagione ad assaggiare le strade del Belgio…

EDITORIALE / Il caso Uijtdebroeks ha spaccato il gruppo

11.12.2023
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«Mi chiedo come sia possibile – scrive Brent Copeland su Twitter a proposito del caso Uijtdebroeks – che qualcosa del genere possa accadere ai nostri giorni, alla nostra epoca e al livello del nostro sport, eppure ci troviamo ad affrontare esattamente qualcosa del genere. E’ avidità? Disperazione? O semplicemente non sono consapevoli del futuro degli atleti e di chi sia la persona che effettivamente paga le conseguenze di una scelta poco felice! Imbarazzante è un eufemismo».

Brent Copeland, manager della Jayco-AlUla, qui con Groenewegen: la sua posizione è parsa molto critica
Brent Copeland, manager della Jayco-AlUla, qui con Groenewegen: la sua posizione è parsa molto critica

Team manager contro

Sono le 8,58 di sabato mattina, quando il team manager del Team Jayco-AlUla posta questo commento, ispirato a un articolo di Cyclingnews. Sul sito britannico, si riassume la vicenda legata all’annunciato passaggio del belga Cian Uijtdebroeks dalla Bora-Hansgrohe alla Jumbo-Visma.

La sintesi vuole prima l’annuncio del team olandese: il belga sarà con loro dal 1° gennaio. Poi la frenata del team tedesco, secondo cui il corridore è sotto contratto per un anno ancora. Quindi c’è la presa di posizione dei suoi agenti tramite Alex Carera, secondo cui c’è in corso una procedura per l’interruzione del contratto.

«L’accordo tra Cian Uijtdebroeks e Bora-Hansgrohe – si legge – è terminato il 1° dicembre 2023. Cian ha già avviato un procedimento legale e l’UCI è a conoscenza della risoluzione dell’accordo. Cian è fiducioso sull’esito della procedura pendente e per il momento si asterrà da ulteriori commenti (…)».

Cian Uijtdebroeks compirà 21 anni il prossimo 28 febbraio. E’ pro’ dal 2022 (foto matthispaul)
Cian Uijtdebroeks compirà 21 anni il prossimo 28 febbraio. E’ pro’ dal 2022 (foto matthispaul)

Levata di scudi

Eppure il passaggio non lascia indifferente il mondo del ciclismo. Sullo stesso social (che si fa fatica a chiamare con il nuovo nome X), si pronunciano John Lelangue e Patrick Lefevere.

«E’ uno sport professionistico – scrive l’attuale direttore del Tour Pologne in risposta al post di Copeland – è anche business, ma il ciclismo ha bisogno di UNITA’ tra tutti i soggetti interessati e ancor di più tra le squadre che sono concorrenti ma anche attori della stessa storia. L’unità e il rispetto reciproco sono la chiave per rendere più forti il nostro sport e le nostre squadre».

«Secondo me – scrive il manager della Soudal-Quick StepCian Uijtdebroeks ha un accordo fino alla fine del 2024. Ha preso per agente Alex Carera che conosceva la situazione. L’UCI deve far rispettare le proprie regole. Solo se le tre parti sono d’accordo, ci può essere un trasferimento con l’autorizzazione dell’UCI».

Roglic ha lasciato la Jumbo-Visma un anno prima della scadenza del contratto, dopo 94 vittorie
Roglic ha lasciato la Jumbo-Visma un anno prima della scadenza del contratto, dopo 94 vittorie

Fra Roglic e Uijtdebroeks

Intanto da Wielerfits trapela che, a fronte della volontà del corridore di andarsene, la Bora avrebbe chiesto un milione di euro alla Jumbo allo stesso modo in cui ha dovuto a sua volta pagare per prendere Roglic. Sono casi paragonabili?

Lo sloveno che lascia la Jumbo-Visma a ottobre è un corridore di 34 anni, che con la squadra olandese ha vinto tre Vuelta e un Giro (94 in tutto le sue vittorie con quella maglia). L’investimento è stato ampiamente ripagato.

Quando a partire invece è Uijtdebroeks, che ha vent’anni e ha vinto “solo” il Tour de l’Avenir, si capisce che sia meno facile lasciarlo andare. La squadra lo ha preso giovanissimo, ha investito su di lui. E proprio nel momento in cui potrebbe cominciare a ripagarla, lui chiede di risolvere il contratto e per giunta a dicembre.

Qualche dissapore a fine stagione c’è stato. La polemica della Vuelta per essere stato sopravanzato in classifica dal leader Vlasov. E dopo la Crono della Nazioni, per la bici di scorta non al livello della prima. Ci sono sotto questioni più gravi, come lascerebbe intendere l’azione legale citata da Carera, per chiedere la rescissione del contratto?

Lorenzo Milesi (classe 2002) in maglia roja in avvio della Vuelta. La DSM lo ha preso ancora da U23
Lorenzo Milesi (classe 2002) in maglia roja in avvio della Vuelta. La DSM lo ha preso ancora da U23

Contratti da rispettare

Sembra di rivedere in parte quel che sta accadendo a Lorenzo Milesi, campione del mondo U23 della crono e contratto fino al 2025 con il Team DSM. Al momento di partire per le vacanze, è stato accostato alla Ineos Grenadiers. Il suo agente Giuseppe Acquadro pareva sul punto di stringere, poi qualcosa non ha funzionato e la trattativa è naufragata. A quel punto si è iniziato a dire che fosse in atto il tentativo di portarlo alla Bora-Hansgrohe, dove stava per liberarsi il posto di Uijtdebroeks, ma anche su questo fronte è calato un velo di silenzio.

Così, mentre si sussurra che il bergamasco vista la situazione abbia cambiato agente, ci è venuto un dubbio. La squadra che lo ha fatto passare, portandolo dal devo team alla WorldTour, sarà contenta di sapere che sta facendo di tutto per andarsene? Se dovesse infine rimanere lì, quali sarebbero i rapporti? Non sarebbe forse il caso di rispettare i contratti, a meno di clamorose inadempienze da parte delle squadre?

Uijtdebroeks andrà sicuramente alla Visma-Lease a Bike (denominazione dal 2024 dell’attuale Jumbo-Visma) e il tutto si risolverà in una questione di soldi. Finirà come con Van Aert preso… con la forza dalla Verandas Willems-Crelan. Richard Plugge sa fare i suoi affari, anche se i suoi metodi non piacciono a tutti.

La morale però è che i contratti rischiano di diventare carta straccia e che di questo passo il fairplay fra squadre andrà a farsi benedire. Se tre team manager si espongono in modo così esplicito, è evidente che qualche regola non scritta sia stata violata. Ma soprattutto sarebbe opportuno, in questo mettere in mezzo ragazzi di vent’anni, pensare a loro e con una prospettiva più lunga. A quello che hanno ancora da imparare e quello che da tutto questo riceveranno in cambio. E non parliamo di soldi.

Milesi e Baroncini, le soddisfazioni iridate della Beltrami

30.08.2023
6 min
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«Prima di vincere o fare risultato, a noi interessa insegnare ai ragazzi cosa significhi diventare dei corridori senza creare false illusioni. E aver visto Baroncini prima e Milesi poi diventare campioni del mondo ci rende molto orgogliosi del lavoro fatto con loro». Lo afferma con convinzione Roberto Miodini, diesse della Beltrami TSA Tre Colli, che aveva guidato i due giovani italiani nella loro rispettiva prima stagione da U23.

Il team continental emiliano è stato come un centro di svezzamento sia per loro che per altri attuali pro’ che sono passati da lì, ma è ovvio che quei trionfi iridati abbiano un sapore speciale. Lo splendido agosto di di Milesi – composto nell’ordine dalla vittoria della crono mondiale U23 a Glasgow, il quinto posto nella prova in linea e la vestizione della maglia rossa a La Vuelta grazie al primo posto della Dsm-Firmenich nella cronosquadre – ha bissato di fatto quelle sensazioni vissute nel 2021 con la favolosa cavalcata di Baroncini a Leuven. Col tecnico parmense siamo tornati ai tempi di “quei” due ragazzi…

Roberto andando in ordine cronologico, che ricordo hai di Milesi?

Sicuramente è fresco. L’ho sentito dopo i suoi recenti risultati. Lorenzo è stato con noi per una stagione nel 2021, ma pensate che venne in ritiro il primo giorno anche l’anno dopo, che era già in DSM, per salutare i vecchi compagni e il resto dello staff. Quando lo abbiamo preso sapevamo che era uno degli junior più promettenti. In Beltrami ha fatto un’annata molto buona, sempre al servizio dei compagni. Correva in modo generoso e spesso gli ho detto, quasi rimproverato, che lo era anche troppo, come quella volta alla Milano-Busseto. Andò in fuga con altri quattro fin dai primissimi chilometri e nel finale, col gruppo arrivato a cinquanta metri, tirò alla morte pur di non farlo rientrare. Lui fece quinto su cinque e mi disse: «Hai ragione potevo agire diversamente, ma non volevo che ci riprendessero, ci meritavamo di arrivare noi».

Cosa gli avevi risposto?

Fondamentalmente nulla (sorride, ndr). Forse sarebbe riuscito ad ottenere qualcosa in più, ma ormai la corsa era finita e al limite lo avrei visto all’opera in quella successiva. D’altronde Lorenzo ha sempre guardato alla sostanza in gara. Di lui ti accorgevi subito del gran motore che aveva. Anche al Giro dell’Emilia in mezzo ai pro’ fece un gran numero. 145 chilometri di fuga prima di staccarsi e ritirarsi al primo passaggio sul San Luca quando si mossero i big. Per me quell’azione valeva come cinque vittorie, alla faccia di chi vede solo i risultati e mai le prestazioni. Che è un tipico ragionamento che c’è nel ciclismo giovanile e dilettantistico però questo è un altro discorso

Invece un ricordo di Baroncini?

Devo dire che sono tanti per entrambi ed è normale che dopo le loro vittorie assumano anche un significato diverso. Filippo era uno junior di grande prospettiva, che aveva fatto una bella trafila giovanile. Era arrivato nel 2019 e lo avevamo preso convinti che avrebbe fatto bene in poco tempo. Nel primo anno ha capito com’era la categoria cogliendo qualche buon piazzamento. Nel 2020 invece, quando la stagione è ripresa dopo il lockdown, bastava portarlo solo alle corse perché non ne ha sbagliata una. In quaranta giorni aveva collezionato due vittorie e sei top 10, ma ci piaceva come interpretava la corsa, all’attacco e convinto dei suoi mezzi. Eravamo certi che nel 2021 sarebbe diventato il più forte con noi o con altri.

Era obiettivamente difficile trattenerli?

E’ un discorso complesso e semplice al tempo stesso. Nel caso di Lorenzo, quando arrivò da noi, sapevamo che era già nel mirino di squadre WorldTour, tant’è che la DSM lo prese per il suo Devo Team. A Filippo invece è stato proposto un contratto migliore da un’altra parte (passò alla Colpack-Ballan, ndr) che noi non riuscivamo a pareggiare. Ci è dispiaciuto chiaramente ma forse doveva andare così…

In ogni caso resta la soddisfazione di aver introdotto due futuri iridati nel difficile mondo di U23 e pro’.

Certo, siamo contenti. Significa che funziona bene il cosiddetto scouting e quindi il lavoro che facciamo sui ragazzi. In Beltrami vogliamo che i ragazzi siano consapevoli di quello che stanno facendo per capire dove vogliono arrivare. Poi è ovvio che la differenza è data dalle motivazioni e da una buona dose di fortuna. Considerando che la nostra squadra è di recente costituzione, nell’ultimo periodo abbiamo una buona percentuale di nostri ex atleti al primo anno da “dilettante” che ora sono professionisti. Penso a Parisini e Tarozzi oltre a Fiorelli, anche se era già un po’ più grande. A loro aggiungo De Pretto che è stato con noi nel 2021, quando c’era Milesi, e che ha appena firmato due anni nel WorldTour con la Jayco-AlUla. Quando leggiamo di questi passaggi siamo molto orgogliosi.

Vedendo ora dove sono, cosa prevede Roberto Miodini per Baroncini e Milesi?

Sono due ragazzi diversi fra loro, sia fisicamente che caratterialmente. Filippo spero che abbia più fortuna in certe situazioni. Quando cade spesso si fa male o si rompe. Oppure se al campionato italiano non avesse forato avrebbe vinto lui, ne sono sicuro al cento per cento. Andrà in UAE e si ritaglierà un ruolo da protagonista o da punta perché è nella sua indole. E’ ancora giovane e può diventare un corridore da classiche. Di Lorenzo invece stiamo scoprendo le sue potenzialità. Forse è meno appariscente, ma decisamente solido. Ha solo 21 anni e la sua dimensione la troverà a brevissimo. Di certo è che saranno due corridori fondamentali per la nazionale di Bennati nell’imminente futuro.

Una vittoria prima dei saluti. Viaggio in Dsm con Dainese

27.08.2023
6 min
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Italiani e Dsm-Firmenich: un feeling particolare. Ieri la squadra olandese (ma affiliata in Germania) ha vinto la cronosquadre di apertura della Vuelta. Il primo a tagliare il traguardo è stato Lorenzo Milesi, campione mondiale proprio contro il tempo fra gli U23, che oggi riparte in maglia roja. E poi c’è l’altro italiano, Alberto Dainese il quale, anche se è arrivato staccato ha dato il suo contributo alla causa. E’ questo forse miglior modo del velocista veneto di salutare la squadra: una vittoria di gruppo ha sempre un altro sapore.

Tuttavia Alberto sa che in Spagna le cose non saranno facili per le ruote veloci come lui. Primo perché le tappe adatte alle volate generali si contano sulle dita di una mano. Secondo perché – e può sembrare assurdo – i velocisti sono pochi.

«Le tappe per noi sprinter – dice Dainese – non sono molte. Il faro della corsa tra i velocisti è Kaden Groves, più che altro perché è l’unico ad avere una squadra votata per lui. Tanto più che all’ultimo minuto per Covid è stato sostituito anche Thijssen della Intermarché – Circus. Quindi alla fine ci sarà una sola vera squadra, la sua Alpecin-Deceunick, che avrà interesse ad arrivare in volata. Vedremo».

Le fughe, su carta, hanno dunque buone possibilità di arrivare.

La squadra olandese annovera la WT maschile, femminile e la development (foto Instagram)
La squadra olandese annovera la WT maschile, femminile e la development (foto Instagram)

Tanti italiani

Come accennato in apertura Alberto Dainese lascerà la Dsm a fine stagione e passerà alla Tudor Pro Cycling come ha fatto Trentin. Il padovano è stato una sorta di pioniere per gli italiani nel Team Dsm. 

A parte Gianmarco Garofoli, che da sempre voleva unirsi all’Astana-Qazaqstan di Martinelli, sono arrivati Lorenzo Milesi, Lorenzo Ursella (che però corre nella development), Francesca Barale ed Eleonora Ciabocco. E tutti sembrano trovarsi molto bene con i metodi di questa squadra.

D’altra parte, possiamo immaginare che l’ambiente del team olandese possa non essere proprio facile per un atleta latino, mediterraneo. Deventer, dov’è la sede del team, è situata a un centinaio di chilometri ad Est di Amsterdam, non lontana dal confine tedesco. La differenza culturale si sente e non tutti riescono a integrarsi subito. 

«Gli aeroporti di riferimento – va avanti Dainese – sono Amsterdam o Eindhoven e ricordo in effetti che la prima volta che arrivai lassù non era affatto bel tempo. Pioveva. Io però ci sono stato molto poco. C’è un hotel di riferimento e ci sono degli appartamenti. Ma lì vi risiedono soprattutto i ragazzi della development. Hanno una cucina e possono fare da sé».

In Dsm i piatti arrivano già preparati e pesati in modo specifico per ogni atleta
In Dsm i piatti arrivano già preparati e pesati in modo specifico per ogni atleta

Ambiente rigido

Per Dainese fare un paragone con un’altra squadra magari italiana non è facile, visto che non vi milita dal 2018 quando non era ancora un professionista.

«Posso dire che qui in Dsm tutto è molto controllato. Si richiede grande puntualità e tutto è molto strutturato. Ci sono delle regole che vanno rispettate per il bene comune, ma questo serve per lavorare bene, tutti quanti.

«Ammetto che all’inizio questa grande puntualità e la cura dei dettagli quasi mi spaventavano, ho sofferto. Controllavano e controllano tutto (la crono di ieri ne è una prova: tanti test il mercoledì precedente, materiali preparati per la pioggia, impostazione di un ritmo gara centrato al dettaglio, ndr). Ma ero io che ero timido. Poi ho capito come funzionava, ci ho fatto l’abitudine e le cose sono andate meglio».

Sul manifesto della squadra si legge: “Il nostro programma WorldTour maschile, il programma WorldTour femminile e un programma di sviluppo operano tutti sotto lo stesso “ombrello”. Siamo un collettivo, tutti utilizzano lo stesso approccio”. E in effetti c’è una certa coralità di metodo.

«Abbiamo le nostre tabelle di allenamento che arrivano tramite Excell – prosegue Dainese – e lì poi ricarichiamo i nostri file di allenamento: quindi watt, chilometri, ore… ma anche altri valori come il peso. E aggiungiamo un commento con le nostre sensazioni. Le tabelle arrivano ogni due o tre settimane».

Tutto molto preciso anche per quel che concerne l’alimentazione. In squadra ci sono i nutrizionisti, come in tutte le WT del resto, ma durante i grandi Giri ai ragazzi della Dsm vengono consegnati i piatti già preparati con le quantità specifiche per ciascun atleta.

«E questo aspetto ti sgrava di molti pensieri, dubbi – spiega Dainese – non ti chiedi se hai preso troppa pasta o troppo poca. Se ne vuoi di più… quello è il tuo piatto, sai che è stato calibrato e pesato sul tuo fabbisogno energetico: stop. A fine grande Giro la tua massa grassa è sempre quella, segno che hai mangiato bene».

«Un po’ come con gli allenamenti: loro vogliono sempre le tue tracce, quello che mangi… e se questo può dare fastidio, o sembrare limitante, credo che per un giovane che ancora non conosce bene il mestiere sia un bene. Per me questo metodo è un pregio di questo team». 

All’Arctic Race, una delle poche gare previste per lui sin da inizio anno, Dainese ha vinto la prima tappa
All’Arctic Race, una delle poche gare previste per lui sin da inizio anno, Dainese ha vinto la prima tappa

Particolarità Dainese

Milesi, Barale e gli altri italiani dunque possono stare tranquilli. Ma allora viene da chiedersi perché Dainese abbia deciso di lasciare questo team così ben organizzato. Ammessa quella rigidità – che comunque non riguarda solo questa squadra. Sappiamo, per esempio, di un atleta di un team importante, essere stato redarguito per essersi presentato con un minuto di ritardo alla partenza del bus dall’hotel – tutto sommato le cose sembrano girino bene. Almeno quasi sempre è così.

«Io – conclude Alberto – in quanto a programmi sono stato un caso anomalo. Quest’anno infatti delle gare previste ad inizio anno ne avrò fatte due. Ho invece preso il via a corse in cui non ero neanche riserva. Della Tirreno l’ho saputo qualche giorno prima, del Tour of the Alps, alla vigilia. Del Giro d’Italia una settimana prima e quasi lo stesso qui alla Vuelta».

Qualche difficoltà dunque c’è stata per Alberto, nonostante, proprio in questo team abbia raccolto i suoi primi importanti successi. Ma i calendari improvvisati non fanno certo bene nel ciclismo di oggi. Magari avrebbe potuto fare di più. Anche lo scorso anno le cose non andarono troppo diversamente per lui: Giro d’Italia, Giro del Belgio e poi il non previsto Tour de France: una “botta” mica da poco per un ragazzo di 24 anni. 

«Feci una grande fatica in Francia – racconta Dainese – ricordo che già dopo poche tappe ero sfinito. Stavolta con la Vuelta almeno è diverso, in quanto a luglio ho staccato un paio di settimane. Sono rientrato in gara giusto all’Arctic Race (dove ha vinto una tappa, ndr). Ho un po’ patito lo sbalzo di temperatura tra Norvegia e Spagna, ma sono curioso di vedere come sarà un secondo grande Giro in stagione con un percorso di avvicinamento più “normale”».

Iride U23 alla Francia. Milesi prova, gli altri cadono

12.08.2023
7 min
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GLASGOW – A Loch Lomond la pioggia ha dato tregua giusto il tempo che gli under 23 partissero, poi sul penultimo mondiale di questa rassegna così enorme si è abbattuto il diluvio universale. E lo scenario, anche quello tecnico, è cambiato dal giorno alla notte. Per questo, quando Milesi ha visto partire una fuga più numerosa di altre, si è infilato dentro e ha preso il largo. Non si poteva prevedere, ma certo immaginare in che razza di toboga si sarebbe trasformato con l’acqua il circuito finale. E’ bastato metterci sopra le ruote e tutti i piani sono saltati.

Milesi si è giocato la corsa: è arrivato quinto, ma ha avuto a lungo una medaglia nel mirino
Milesi si è giocato la corsa: è arrivato quinto, ma ha avuto a lungo una medaglia nel mirino

L’attacco e la borraccia

Tre ore e mezza dopo, il cielo di Glasgow è ugualmente grigio, ma per fortuna ha smesso di piovere. Il mondiale degli under 23 è andato nelle mani di Axel Laurence, compagno di squadra di Van der Poel, che per vincere ha scelto un attacco simile, ma da più lontano. C’era anche lui nella fuga del mattino assieme a Milesi e sarebbe forse ingeneroso nei suoi confronti dire che per staccarli di ruota ha aspettato il momento in cui l’italiano si spostava dalla fila su Montrose Street per prendere un rifornimento. L’attacco lo ha raggiunto come un colpo sotto al mento e per qualche centinaio di metri non è stato in grado di reagire.

«Diciamo che in quel momento – spiega trafelato Milesi dopo l’arrivo – stavo prendendo la borraccia. Lui ha attaccato sulla sinistra e ho perso un attimo. E se concedi quei 2-3 metri e sei già al limite, rientrare diventa dura. Ho rischiato 5-6 volte di cadere, ho scodato un po’ dappertutto, però vabbè, ci sta: era uguale per tutti, quindi va bene così».

Il tempo che il gruppo mettesse le ruote nel circuito (questa è Montrose Street) e la corsa è esplosa
Il tempo che il gruppo mettesse le ruote nel circuito (questa è Montrose Street) e la corsa è esplosa

In fuga da lontano

Laurence corre con la Alpecin-Deceuninck Development Team e non è un ragazzino qualunque. Quest’anno ha vinto tappe al Circuit des Ardennes e al Tour of Alsace, gare di classe 2, ma lo scorso anno, quando ne aveva 21, ha avuto la… sfrontatezza di arrivare secondo dietro Van Aert a Plouay.

«Non era nei piani attaccare dal mattino – dice della sua presenza nella prima fuga – ma a causa della pioggia la corsa è diventata dura e nervosa in ogni curva, così ho deciso di seguire un gruppo. Alla fine è stato meglio essere davanti e mantenere il mio ritmo. Ho aspettato a lungo per attaccare e sapevo che la differenza era costantemente di circa 40-50 secondi. Sono stato in grado di salvare le gambe il più possibile e quando da dietro sono arrivati i primi inseguitori, io me ne sono andato. Dovevo provarci e le gambe sono andate bene».

Tutti giù per terra

Il primo dei nostri a cadere è stato Belletta che ne esce con due punti sul ginocchio, a causa del taglio rimediato: il rischio concreto è di non andare al Tour de l’Avenir. Nella stessa caduta sono andati giù anche Busatto, Buratti e Romele. I nostri avevano un piano che prevedeva la superiorità numerica, invece in pochi giri gli azzurri si sono ritrovati uno per angolo, senza la possibilità di comunicare fra loro.

«Milesi – racconta Amadori davanti al pullman – era nell’azione giusta al momento giusto. Sapevamo che in un percorso del genere, specialmente se pioveva e la strada era bagnata, chi si trovava davanti, faceva meno fatica di quelli dietro. Con Milesi dovev esserci anche un altro, ma va bene così. Invece quello che è successo dopo non è dipeso da problemi fisici, ma da incidenti e cadute. Romele è stato eliminato. Buratti è stato eliminato. Busatto e Belletta, la stessa storia. Se questi ragazzi fossero rimasti in gara, nel finale con Svrceck e Morgado ci sarebbe stato anche uno di loro veniva tutta un’altra corsa».

«Questi mondiali li abbiamo preparati tantissimo. Abbiamo fatto altura, abbiamo fatto una corsa in Francia proprio in preparazione. Abbiamo lavorato tantissimo a questo mondiale perché ci credevamo e avevamo dei corridori adattissimi a questo tipo di percorso e l’hanno dimostrata. Peccato, perché purtroppo contro la sfortuna possiamo fare ben poco».

Attacco per il podio

A questo punto del discorso, Milesi fa fatica a sentirsi deluso. Gli scoccia il modo un po’ frettoloso con cui ha gestito il finale, tirando quasi la volata agli altri, ma mettendo sulla bilancia la vittoria nel mondiale a cronometro, questo quinto posto è un podio sfumato, ma anche la conferma della condizione e della consistenza.

«C’è un po’ di disappunto per come me la sono giocata alla fine – ammette – però ci ho provato ed è andata come è andata. Non posso essere deluso. Due giorni fa ho vinto la crono e non posso dire che fosse un discorso scontato. Ero venuto per provare il podio, ma non puoi mai sapere come andrà a finire. Oggi ho fatto quinto: una medaglia era meglio, ma sono contento.

«Era difficile fare diversamente. Ho provato ad attaccare sull’ultimo strappo per provare a prendere il francese, ho visto che c’era un piccolo buco e ho deciso di tirare dritto per fare almeno il terzo posto. Invece hanno chiuso. Se si poteva prendere prima? Quando sono rientrati da dietro, potevano benissimo lasciarci lì, allora ho fatto un po’ il furbo e dopo un po’ che tiravano i livelli si sono avvicinati e ce la siamo giocati quasi alla pari».

Ha visto le stelle

Lo scorso anno, come molti, Laurance è rimasto senza squadra per lo scioglimento della B&B Hotels-KTM. Per questo si è accasato nel team belga, correndo a metà fra la continental e la WorldTour. La sua scelta di partire in contropiede ha pagato, anche se il suo vantaggio è rimasto sempre intorno ai 15 secondi e la sensazione che potessero riprenderlo non se ne è andata se jon sul traguardo.

«Sapevo che su questo percorso era possibile fare qualcosa del genere – dice – ma non ci ho creduto fino agli ultimi 500 metri. Ero completamente al limite. E’ incredibile, ho dato tutto e nell’ultimo giro ho visto le stelle».

Sul podio l’hanno raggiunto i genitori, in uno di quei fuori programma cui fi fa fatica a credere trattandosi di un mondiale. Quella foto la terranno sul camino per il resto dei loro giorni. Anche se la qualità del ragazzo fa pensare che altre vittorie di certo verranno.

Alle origini di Milesi, nei racconti del primo presidente

12.08.2023
5 min
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«Ma quale sorpresa! Noi un po’ ci speravamo, il percorso era adatto a lui”. Marco Taddeo è il presidente della Ciclistica Trevigliese, la società bergamasca (di Treviglio, appunto) che per due anni è stata quella di Lorenzo Milesi, fresco vincitore del campionato del mondo under 23 a cronometro, che stamattina correrà anche la prova in linea.

Campione italiano

Con quella squadra, Lorenzo vinse il campionato italiano di specialità a Orsago, categoria juniores (in apertura, sul podio con il compagno Piganzoli giunto terzo, immagine photors.it). Un bel biglietto da visita, ma guardando la lista dei partenti a Glasgow, per lui c’era poco spazio. Outsider, poco di più. 

«Per noi che lo conosciamo bene invece – sottolinea Taddeo – quel tracciato poteva esaltare le sue caratteristiche. Poche curve, grande velocità, ma soprattutto quello strappone finale che portava all’arrivo che avrebbe messo in luce la sua esplosività e le sue doti in salita, vuoi anche per le sue origini di San Pellegrino».

Già, San Pellegrino, la sua culla e la culla di famiglia, un’oasi di benessere, fiore all’occhiello della Val Brembana e base strategica per affrontare alcune delle salite più belle ed impegnative della bergamasca. Non è un caso che Ivan Gotti, vincitore di due Giri d’Italia, sia di lì.

In azione a Orsago, Milesi conquista il tricolore crono juniores del 2020 in maglia Trevigliese
In azione a Orsago, Milesi conquista il tricolore crono juniores del 2020 in maglia Trevigliese

Il calcio e la caviglia

Insomma, a Treviglio (luogo dove invece non si fa fatica a macinare chilometri in pianura), lo sapevano, ma da buoni bergamaschi stentano a dirlo chiaro e tondo. Anche se, a posteriori, hanno tutte le carte in regola per farlo. Al di là di ogni predizione, è sempre curioso scavare nella gavetta di un corridore affidandosi a chi lo ha visto pedalare da giovanissimo.

«Ce lo avevano segnalato i nostri amici del Pedale Brembillese – ricorda il presidente Taddeo – e noi lo abbiamo accolto come scommessa. Sapevamo della sua storia da calciatore, interrotta a causa di un infortunio serio alla caviglia, ma avevamo visto dei numeri in lui. Nella sua prima gara si era piazzato venticinquesimo (si trattava della Gazzaniga-Onore, roba da scalatori puri ndr.) poi nelle altre tre era finito a terra perché in gruppo non sapeva ancora starci. Ma da quel momento in poi ha imparato e i risultati sono stati importanti. Con noi è rimasto i due anni da juniores, tra i 17 e i 18 anni. Nel primo aveva già fatto vedere buone cose e nel secondo ha vinto il campionato italiano che per noi è stata una gioia immensa: la prima maglia tricolore della nostra società».

Nel 2021 al primo anno da U23, Milesi ha corso alla Beltrami, senza ottenere risultati. Poi è passato alla DSM
Nel 2021 al primo anno da U23, Milesi ha corso alla Beltrami, senza ottenere risultati. Poi è passato alla DSM

La Roubaix e la Liegi

Un passo avanti, accarezzando l’iride, per capire che tipo di corridore possa diventare Lorenzo. «E’ particolarmente portato per la cronometro – spiega Taddeo – in salita non molla, è un atleta completo. Credo sia un corridore da corse di un giorno. A lui piace molto l’idea delle classiche del Nord, ne abbiamo parlato spesso, sognando, scherzando…».

Impossibile non chiedere al suo ex presidente a quale classica potrebbe puntare: «Una Parigi-Roubaix – ipotizza – una Liegi, corse che a lui piacciono molto. Lo vedo adatto anche al ciclismo moderno, dove si può scattare in ogni momento. Lui ha quei numeri e una volta che parte poi, da buon cronomen, sa mantenere un suo ritmo».

Lo scorso anno Milesi ha vinto l’ultima tappa al Tour de l’Avenir, battendo lo stesso Alec Segaert della crono di Stirling
Lo scorso anno Milesi ha vinto l’ultima tappa al Tour de l’Avenir, battendo lo stesso Alec Segaert della crono di Stirling

Paragoni importanti

Taddeo lo dice sorridendo, con l’emozione e la commozione ancora in corpo. Non gli sembra vero di parlare di un suo ex atleta, oggi campione del mondo. Dice che la sua storia da ex calciatore e da giovane promessa venga accostata per similitudini a quella di Remco Evenepoel. Sorride, per non mettere pressione al suo ex ragazzo e passa agli auguri.

«E’ un ragazzo davvero serio – dice – con la testa sulle spalle, semplice, ben voluto da tutti e anche molto competitivo. Gli auguro che questo sia solo l’inizio».

Dalla crono alla strada: oggi Milesi correrà la prova in linea degli U23, poi andrà alla Vuelta (foto FCI)
Dalla crono alla strada: oggi Milesi correrà la prova in linea degli U23, poi andrà alla Vuelta (foto FCI)

Occhio a Romele

Oggi però c’è la corsa in linea e allora non possiamo non chiedere a Taddeo cosa dobbiamo aspettarci da Lorenzo. Pronta, arriva la mano da presidente delle giovanili che prova a chetare le acque.

«Me lo chiedono in tanti dopo il successo di mercoledì. Io credo che Lorenzo abbia già speso molto nella cronometro – ammette il presidente della Ciclistica Trevigliese – per cui punterei su altri. Già che ci sono, faccio un nome: Alessandro Romele. E’ un altro nostro ex allievo, so che ha lavorato tanto per questo mondiale per cui tutti noi faremo il tifo per lui. Non sono un tecnico, ma conosco molto bene i miei ragazzi».

Lo sguardo dolce, ma convinto con cui fornisce il pronostico è rassicurante, come una borraccia passata dall’ammiraglia al momento giusto. Parola di presidente, c’è da crederci.

Milesi, un iride storico. E Segaert mastica amaro…

09.08.2023
6 min
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STIRLING – Dice che è pazzesco e nel dirlo sorride come se dovesse scoppiargli la gioia da dentro il petto. Anche Vittoria Guazzini, sua compagna, ha dovuto ammettere che fare meglio di Lorenzo Milesi nella crono di domani sarà davvero dura, ma lui che ha gran cuore dice che farà di tutto per sostenerla.

Il riscaldamento iniziato alle 14,30. Cosa ti pare del percorso? «E’ una crono, bisogna spingere»
Il riscaldamento iniziato alle 14,30. Cosa ti pare del percorso? «E’ una crono, bisogna spingere»

L’erede di Malori

Sono le 18 del 9 agosto 2023 e un italiano ha vinto la cronometro degli under 23 quindici anni dopo Malori del 2008. E’ stata un’attesa quasi surreale, con lo spauracchio di Segaert che incombeva e avanzava. Così cattivo e forte da aver ripreso Bryan Olivo lungo la strada (abbiamo saputo poi che al friulano è iniziato un doloroso torpore alla gamba sinistra che gli impediva di spingere). Milesi a quel punto era sulla hot seat da tutto il giorno, ma quando la telecamera lo inquadrava ai vari intermedi del belga, le sue facce sembravano le smorfie di un fumetto.

Il percorso, simile a quello dei professionisti, prevedeva una discesina finale in cui prendere fiato prima di affrontare la salita al castello. E lì Milesi ha fatto il capolavoro, dopo averla studiata con Velo.

«Avevamo una buona strategia – racconta – che prevedeva proprio di fare questo, per andare davvero a tutta sulla salita finale. Ha funzionato, ma sul momento non ero così sicuro. Diciamo che anche la curva per prendere il muro non l’ho fatta fortissimo, ho frenato un po’ troppo, quindi non ero così sicuro di essere salito così forte. Ho provato vero dolore fisico in quell’ultimo tratto…».

Nel muro che conduce al castello di Stirling, Milesi ha fatto la vera differenza su Segaert
Nel muro che conduce al castello di Stirling, Milesi ha fatto la vera differenza su Segaert

Volava sullo strappo

Chi la salita l’ha fatta anche più forte di Milesi è Marco Velo, che lo seguiva sull’ammiraglia. Il cittì delle crono è arrivato nella zona podio trafelato ed entusiasta e gli è servito qualche secondo per riprendere il controllo.

«E’ un risultato inaspettato – dice – nel senso che sapevo che poteva fare un’ottima cronometro. Sarei stato stra-soddisfatto se fossimo arrivati in una top 5. Poi sinceramente, come si dice, l’appetito vien mangiando. Quando ho visto che aveva 10 secondi solo da Segaert, ho cominciato a prendere fiducia, perché comunque ci stavamo avvicinando a una possibile medaglia. Al secondo intermedio pagava solo 3 secondi e mezzo, poi è andato in vantaggio. A quel punto ho pensato: impossibile che la perda, perché l’ho visto volare sull’ultimo strappo».

Velo arriva di corsa: ecco l’abbraccio per l’oro nella crono 15 anni dopo Malori
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Spauracchio Segaert

Milesi sta su una nuvola e continua a sorridere. Ha ragione Ganna quando dice che questa maglia è la più bella, anche se Milesi non potrà indossarla troppe volte. Al mondiale c’è arrivato passando per il Tour de Pologne, come lo scorso anno Fedorov sbancò Wollongong passando per la Vuelta. Se i mondiali si vogliono vincere, vanno scelti corridori che possano farlo: la promozione dell’attività giovanile in questo ciclismo ha altre sedi deputate.

«Al Polonia però non ho avuto grosse sensazioni anche nella crono – dice – perché era la sesta tappa ed ero sceso da poco dall’altura. Qui invece sapevo di poter competere per il podio ma vincere è un’altra cosa. Non credo che aver fatto crono più lunghe e corse nel WorldTour sia stata la chiave della vittoria, perché in una crono contano soprattutto le gambe in quel giorno. E io sapevo che Segaert poteva battermi. Ho pensato solo a lui mentre aspettavo seduto, ma anche durante la crono. Pensavo solo a spingere. Sapevo di essere primo, ma non importava. Sapevo che lui doveva ancora arrivare».

La strategia era di dare tutto fino all’ultima discesa e lì recuperare per affrontare forte la salita
La strategia era di dare tutto fino all’ultima discesa e lì recuperare per affrontare forte la salita

Investire sulla crono

Velo ha spostato una transenna per andare a vedere il podio e scattare foto col suo cellulare. Accanto a Milesi sul podio Alec Segaert aveva la faccia di un funerale, al pari dei suoi tifosi e dei familiari ai piedi del podio. A giudicare dai numeri della trasferta, il clan belga era pressoché sicuro di sbancare e perdere per 11 secondi è comunque un colpo difficile da digerire.

«Se la merita tutta – prosegue Velo – è un ragazzo d’oro. Gli dico che è matto, perché è molto estroverso, però questa è la qualità dei grandi campioni. E’ sempre stato un ottimo cronoman. Ha curato tantissimo questa specialità e questo sia di insegnamento a tanti altri suoi colleghi, anche più giovani. E’ la dimostrazione che anche curando questa attività, ci si possono togliere tante soddisfazioni come questa. E quindi complimenti a Lorenzo e a tutto lo staff. Su questa scelta, mi sono confrontato con Marino Amadori, che lo segue anche su strada e abbiamo condiviso di portarlo. Adesso Lorenzo farà anche il mondiale su strada e sono sicuro che farà bene anche lì».

Sul podio, Segaert (Belgio), Milesi (Italia), McKenzie (Australia)
Sul podio, Segaert (Belgio), Milesi (Italia), McKenzie (Australia)

Mondiale e Vuelta

Adesso infatti Milesi mette in ordine gli obiettivi. Sarà pure matto, come dice Velo, ma ha la grande lucidità di affrontare un obiettivo per volta.

«Il mondiale della crono – racconta – era uno degli obiettivi dell’anno, abbiamo lavorato tanto anche con la squadra. Abbiamo fatto un ottimo fitting all’inizio della stagione che ora mi è tornato molto utile. Era un obiettivo di cui probabilmente si è anche cominciato a parlare dallo scorso anno, anche se Wollongong aveva un percorso completamente diverso e anche io non ero lo stesso corridore. Ora ci saranno i campionati del mondo su strada, poi andrò alla Vuelta: il mio primo grande Giro. Si comincia con una cronosquadre, spero di riuscire a tenere la forma per dare il mio contributo».

Forse Segaert pensava di avere già la vittoria in tasca, invece su muro finale è crollato
Forse Segaert pensava di avere già la vittoria in tasca, invece su muro finale è crollato

Malinconia belga

Segaert arriva nella sala stampa dopo parecchio tempo. I giornalisti belgi, al pari dei suoi tifosi, erano pronti per fare festa e gli chiedono se si aspettasse di essere battuto da Milesi. Lui risponde di no. Che Lorenzo lo ha già battuto lo scorso anno in un tappone del Tour de l’Avenir e per soli due secondi anche in una crono de Le Tryptique Le Mont et Chateaux, ma che a sua volta era stato molto superiore in altri appuntamenti.

«Però è un corridore super forte – dice – uno di quelli che può dare la svolta alle corse e ha meritato di vincere. Io sono arrivato alla salita finale ormai vuoto, evidentemente ha fatto lì la differenza».

Si respira lo stesso clima della piazza di Bruges in cui nel 2021 Ganna mise a tacere i tifosi di Evenepoel e Van Aert. Loro non erano contenti, noi sì. Anche oggi è suonato l’Inno di Mameli e anche oggi noi eravamo lì sotto a cantare.