Dopo cinque giorni in Albania, il Giro torna in Italia e finalmente il popolo del ciclismo potrà riabbracciare i campioni e vederli sulle sue strade. In qualche modo si tratta di un ritorno a casa che però non deve, a nostro avviso, screditare la partenza appena vissuta.
Nei giorni albanesi ne abbiamo viste, vissute e sentite di ogni forma e colore. La nota comune è che la gente non sembrasse troppo informata. Ai massaggiatori della UAE Emirates, entrati in un supermarket, è stato chiesto se appartenessero a una squadra di calcio. Altro punto rilevato è stata la scarsa presenza nelle città di cartelloni inneggianti alla grande corsa italiana. Vero anche questo. Le strade al di fuori dei percorsi di gara erano messe maluccio. Il traffico non è affatto abituato a gruppi in allenamento. E i cani randagi sono stati per tutto il tempo una presenza fissa e non sempre ammiccante. Che cosa ci ha dato dunque l’Albania oltre ai milioni di euro che ha versato nelle casse di RCS Sports & Events? E che cosa potrebbe aver lasciato il Giro d’Italia?
Parte della scena
E’ stato evidente che da quelle parti il ciclismo non sia lo sport più popolare, come supponiamo che i mondiali in Rwanda attireranno l’attenzione di pochi e saranno soltanto un rumore di fondo per gli altri. Il criterio con cui si individuano i luoghi delle grandi partenze sono sicuramente prima economici e poi forse anche tecnici. E’ quindi un fatto che se l’Albania ha ritenuto di investire per portarsi il Giro a casa, un motivo ce l’aveva ed è emerso dalle parole del premier, appena rieletto.
«Un tempo sarebbe stato impensabile – ha detto Edi Rama nella sua apparizione di sabato – oggi è realtà. Il Giro parla della nostra amicizia con l’Italia, dell’apertura del Paese, della crescita della nostra immagine nel mondo. Da terra dimenticata siamo diventati protagonisti sugli schermi di milioni di persone. Vogliamo essere parte della scena, non per guardare, ma per esserci. Siamo piccoli per superficie, ma non ci mancano il coraggio e la bellezza. Siamo uno Stato europeo a tutti gli effetti».
La promozione
Quasi nessuno fra noi presenti alla grande partenza era mai stato in Albania, mentre siamo piuttosto certi che qualcuno abbia pensato almeno una volta di tornarci. Si tratta di promozione e il grande evento sportivo è la migliore cassa di risonanza. Mentre per il Paese che vuole fortemente entrare in Europa, è importante iniziare a frequentare ciò che in Europa si dà quasi per scontato.
«L’Albania è molto più che spiagge – ha detto ancora Rama – è storia, montagne, vita autentica anche lontano dalla costa. Attraverso il Giro, milioni di telespettatori scopriranno un Paese spesso giudicato superficialmente. E credo che ne rimarranno sorpresi. Oggi abbiamo atleti che gareggiano con dignità in discipline che prima neanche si nominavano. Il successo non è più un’eccezione, ma sta diventando parte della nostra normalità».
E’ un fatto che l’Albania stia crescendo, punti ad entrare in Europa e abbia ancora strada da fare. Ha vissuto anni di chiusura al mondo e vi si sta affacciando dovendo offrire parallelamente la necessaria apertura mentale alla sua gente. Semmai c’è da capire in che modo gli albanesi siano stati affiancati nel grande lancio e se nel contratto fosse presente un capitolato con i necessari obblighi legati alla comunicazione e alla cartellonistica.
I pregiudizi
Il Giro d’Italia ha vissuto in Albania tre giorni di buonissima intensità. La prima vittoria di Pedersen. Poi la crono dei distacchi minimi. Quindi la rosa bis del danese. La corsa ha espresso ottimi standard, per quello che si può esprimere nelle prime tre tappe. Nonostante il traffico pazzesco, non si sono registrate intemperanze da parte degli automobilisti, perché per ogni piccolo incrocio era presente un agente di polizia. Le staffette in moto hanno detto di aver collaborato meglio con la Polizia albanese di quanto accada con quella italiana. Una capretta è entrata in gruppo e un cane ha attraversato la strada, lo abbiamo visto. Allo stesso modo in cui vedemmo il cavallo che corse assieme a Demi Vollering alla Strade Bianche del 2023. E come siamo certi che non tutti i romani fra due settimane sapranno che il traffico sia impazzito per la presenza del Giro d’Italia e se ne staranno buoni agli incroci per vederlo passare.
Insomma, siamo partiti per l’Albania con diversi interrogativi e ne siamo tornati con punti di vista diametralmente opposti. Le persone con cui ne abbiamo parlato nei giorni scorsi si sono dette stupite per la bellezza dei luoghi mostrati dalle dirette. A conferma che il pregiudizio sia soprattutto figlio dell’arroganza che poggia a sua volta sulla non conoscenza. Mentre a volte mostrare un po’ di curiosità sia un esercizio che rende più ricchi.