Massignan, quando le sconfitte valgono più delle vittorie

12.05.2024
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Probabilmente, se un giorno avessero chiesto a Imerio Massignan quando avesse voluto lasciare questo mondo, avrebbe detto “in coincidenza del Giro d’Italia”. Il destino lo avrebbe accontentato, perché il vicentino è scomparso a 87 anni proprio il giorno della partenza della corsa rosa. Quella corsa che gli era entrata nel sangue e che gli aveva sempre lasciato quel velo di amaro in bocca. Già, perché la storia di Massignan, che pure è ricca di risultati importanti (di quelli che oggi pagheremmo per avere con simile frequenza da un corridore nostrano) è contrassegnata più dalle sconfitte.

Per capirne la ragione basta ripercorrere la sua carriera che pure inizia in maniera squillante. Massignan è uno scalatore puro, di quelli che appena la strada si rizza sotto le ruote non riesce a star fermo. Il giorno che vince la Bologna-Raticosa, classica per dilettanti nel 1959, Tullio Campagnolo si avvicina a Eberardo Pavesi, grande corridore dell’anteguerra considerato il più esperto dei direttori sportivi: «Non farti sfuggire quel ragazzo, ti darà soddisfazioni». Pavesi non se lo fa dire due volte, lo mette sotto contratto e lo fa esordire subito. Non in una corsa qualunque, perché lo getta subito nella mischia del Giro d’Italia.

Massignan era nato il 2 gennaio 1937 ad Altavilla Vicentina. In carriera ha corso da pro’ per 11 anni con 2 vittorie
Massignan era nato il 2 gennaio 1937 ad Altavilla Vicentina. In carriera ha corso da pro’ per 11 anni con 2 vittorie

Le salite, il suo pane

Pensate una cosa del genere ai giorni nostri, quando ogni anno di carriera di un giovane viene misurato col bilancino. A quei tempi non si andava tanto per il sottile… Massignan però non si spaventa: in fin dei conti, al Giro di salite ce ne sono e quelle sono il suo pane. Il ragazzo veneto se la cava più che bene, anzi benissimo, tanto da finire quinto in classifica.

Le sue capacità di scalatore colpiscono la fantasia, ma c’è un episodio che lo eleva nell’olimpo del ciclismo. Quell’anno il Giro d’Italia affronta per la prima volta il Passo Gavia, inserito nella Trento-Bormio di 229 chilometri. Il veneto scalpita e già sul Tonale se ne va in solitaria. Mancano 80 chilometri, gli avversari non gli danno molto credito. «Quella montagna non l’avevo mai vista – racconterà in seguito – mi sono ritrovato a pedalare su una vera mulattiera, tra sassi, ghiaia, con un muro di neve alto sei metri da una parte e uno strapiombo dall’altra».

Il veneto è stato un grande scalatore: primo nella classifica dei GPM al Tour 1960 e 1961, è stato 4° ai Mondiali 1960
Il veneto è stato un grande scalatore: primo nella classifica dei GPM al Tour 1960 e 1961, è stato 4° ai Mondiali 1960

L’angelo del Gavia

Massignan non si spaventa, anzi spinge sempre più sui pedali. Dietro i grossi calibri si muovono, a cominciare da Charly Gaul, il lussemburghese, un altro che vive per tappe come questa. Il problema è che non guadagna: davanti quel diavolo non ha la minima intenzione di mollare anche se nelle gambe i chilometri di fuga si moltiplicano.

Il vicentino scollina con oltre 2 minuti di vantaggio. A chi pensa che sembra fatta dobbiamo però ricordare che Massignan è ricordato più per le sconfitte, per la sfortuna che l’ha contraddistinto. Infatti in discesa quei sassolini malefici gli presentano il conto. Fora per due volte, mentre rimette a posto la ruota vede Gaul sfrecciare. Eppure è capace ancora di riacciuffarlo, è pronto a giocarsi la tappa testa a testa, ma se il proverbio dice “non c’è 2 senza 3” c’è una ragione. Massignan fora a 300 metri dal traguardo e Gaul ha via libera. Quel rimpianto non lo lascerà mai, anzi il nomignolo “angelo del Gavia” che lo accompagnerà fino ai giorni nostri non ha fatto altro che rinfocolarlo: «Sul passo – ricorda un giorno – vendono ancora una cartolina con scritto “Passaggio di Massignan” e ogni volta è un tuffo al cuore».

Fino agli ultimi anni Massignan non ha mai mancato gli appuntamenti nel suo mondo (foto Sirotti)
Fino agli ultimi anni Massignan non ha mai mancato gli appuntamenti nel suo mondo (foto Sirotti)

Riciclatosi gregario prezioso

Massignan che di nome fa Imerio è davvero uno scalatore come ce ne sono pochi. Se ne accorgono anche oltralpe, dove realizza un’importante doppietta portandosi a casa la maglia a pois del Tour sia nel 1960 che nel 1961. Sempre nel ’61, dopo essere stato 4° al Giro ottiene lo stesso risultato alla Grande Boucle dove conquista di forza la tappa di Superbagneres, resa davvero terribile dalla nevicata intensa. Uno dei suoi dolori è che la stessa cosa non gli è mai riuscita al Giro, neanche nell’edizione del 1962 conclusa al secondo posto dietro Balmamion, molto meno capace in salita ma che fa della costanza la sua forza.

L’anno dopo fa capolino un problema, all’inizio sembra superabile, invece ha un peso decisivo sulla sua carriera: la nefrite. Salta metà stagione e tutto il 1964, quando torna a gareggiare si capisce che non è più il Massignan di prima. Il veneto ha però il buonsenso di riciclarsi e diventa un ottimo luogotenente, seguendo una trafila che nel corso degli anni altri faranno, un nome per tutti Rafal Majka. Diventa un gregario prezioso e questo gli consente di portare avanti la sua carriera (con conseguenti stipendi) fino al 1971.

Al Museo dei campionissimi di Novi Ligure, davanti alla foto a lui dedicata
Al Museo dei campionissimi di Novi Ligure, davanti alla foto a lui dedicata

Ahi, quello spagnolo…

Chiude con tanti sogni che gli tocca riporre in un cassetto. Come ad esempio vincere sulla sua montagna preferita, quella di casa, quella che porta al Santuario di Monte Berico. Un’occasione al Giro ci sarebbe, all’edizione del 1967, che finisce con una volata per scalatori: «La volevo tanto, ma Francisco Gabica me gà fregà» raccontava con suo tipico idioma vicentino per nulla intaccato, neanche negli ultimi anni da piemontese della sua residenza nell’Alessandrino, non lontano da quella Novi Ligure di Fausto Coppi che era stato la sua ispirazione.