Mattia Negrente è una delle “novità” di questa nazionale juniores che il cittì Salvoldi guiderà alla caccia dell’europeo. Il corridore veronese ha ricevuto la convocazione dopo la bella vittoria al Trofeo Buffoni. Una conferma, quella arrivata dopo il successo in terra toscana, come conferma lui stesso.
«In base a come sto andando – racconta Negrente – mi aspettavo di essere convocato da Salvoldi. I miei allenatori hanno parlato con il cittì, la condizione è ottima e quindi la convocazione per l’Olanda è arrivata quasi di conseguenza».
Per Negrente, in maglia gialla al centro, quella del Buffoni è stata la terza vittoria internazionale del 2023 (foto Trofeo Buffoni)Per Negrente, in maglia gialla al centro, quella del Buffoni è stata la terza vittoria internazionale del 2023 (foto Trofeo Buffoni)
Terza vittoria
I successi in stagione per Mattia Negrente sono 5, di cui 3 arrivati in campo internazionale. Quella del Buffoni è stata, per molti aspetti, la ciliegina sulla torta, che però ora aspetta il viaggio verso Drenthe.
«Il Trofeo Buffoni – riprende – è stata la terza vittoria in una corsa internazionale. A inizio anno era arrivato il Giro di Primavera a San Vendemiano. Come stagione la posso considerare positiva, visto che sono riuscito a tenere una buona condizione per tutto l’anno. Non ho mai avuto un picco di forma vero e proprio e questo mi ha permesso di restare sempre sulla cresta dell’onda».
L’esordio con la maglia della nazionale è arrivato alla Corsa della Pace in Repubblica Ceca (foto Corsa della Pace)L’esordio con la maglia della nazionale è arrivato alla Corsa della Pace in Repubblica Ceca (foto Corsa della Pace)
La vittoria del Buffoni è arrivata nel momento giusto…
Ad essere sincero non me l’aspettavo, ne sono rimasto abbastanza sorpreso. Arrivavo da un Giro della Lunigiana corso sottotono perché prima di partire avevo preso la gastroenterite. Infatti, la corsa non l’ho nemmeno finita.
Ad una settimana di distanza hai risposto bene.
Avevo tanta voglia di riscattarmi, sulla salita di Fortezza, che abbiamo ripetuto sei volte, avevo male alle gambe, ma sono riuscito a resistere. Ho sofferto davvero tanto ma sono riuscito a rimanere con i primi. Poi, una volta sul rettilineo finale sono partito lungo con la volata, ai 300 metri. Era un arrivo che saliva un po’ e uno sprint così anticipato era difficile da portare a termine, ma ce l’ho fatta.
Anche a Drenthe ci sarà un arrivo simile, possiamo dire che hai preso le misure?
Dai possiamo dirlo (ride, ndr), ma sarà completamente diverso, credo.
Con la maglia della nazionale quest’anno hai già vinto…
Avevo questo desiderio di correre con la maglia azzurra e l’ho coronato. Ho corso prima alla Corsa della Pace e poi alla Nation Cup in Slovacchia, dove ho vinto. Quella in Olanda però è una convocazione diversa, ci si gioca un titolo, in una corsa secca.
Come ci si sente con la maglia azzurra addosso?
Bene, anzi benissimo. E’ un onore e ti viene voglia di portarla il più in alto possibile, vincere con questa divisa è un’emozione unica. Vale di più perché hai una grande maglia addosso.
Poche settimane dopo in Slovacchia è arrivato anche il primo successo con la maglia azzurra (foto Slovensky Zvaz Cyklistiky)Poche settimane dopo in Slovacchia è arrivato anche il primo successo con la maglia azzurra (foto Slovensky Zvaz Cyklistiky)
Hai già guardato qualcosa del percorso di Drenthe?
Nel ritiro fatto a Montichiari abbiamo studiato qualcosa, ma adesso possiamo visionarlo dal vivo.
Cosa avete fatto in ritiro?
Siamo stati quattro giorni, da lunedì a giovedì. Ci siamo allenati bene e siamo pronti. Partecipare al ritiro ha reso tutto molto più concreto. Siamo arrivati oggi. Abbiamo fatto una sgambata per togliere le tossine del viaggio e ora seguiremo il programma di Salvoldi.
E per la prossima stagione hai già qualche notizia?
Ho preso la decisione di non dire in che squadra andrò. Sarà un team straniero, una development. Ho sempre avuto questa idea di andare all’estero, le squadre ti seguono molto e in più ti avvicini al mondo del professionismo. Respiri l’aria della massima ambizione per un ciclista. Questo lo devo anche al mio procuratore Alessandro Mazzurana, che mi ha permesso di farmi conoscere all’estero.
Tra gli juniores che maggiormente si sono messi in mostra in questa stagione c’è Enea Sambinello. Classe 2006 al primo anno in questa categoria ha fatto vedere sprazzi positivi, accumulando tante corse e anche qualche esperienza internazionale. Nel mese di settembre in particolare, vista la sua partecipazione al Giro della Lunigiana e poi al Trofeo Buffoni di domenica scorsa, chiuso in settima posizione.
Alla prima esperienza in Nation Cup un secondo posto di tappa e il podio nella generale (foto Slovensky Zvaz Cyklistiky)Alla prima esperienza in Nation Cup un secondo posto di tappa e il podio nella generale (foto Slovensky Zvaz Cyklistiky)
Prendere le misure
«E’ vero – afferma Enea Sambinello – quest’anno è stato abbastanza positivo, ho fatto già qualche esperienza internazionale. Prima alla Nuova Eroica, con la Work Service Speedy Bike, e poi con la nazionale. Ho corso anche con la nazionale in Slovacchia in una prova di Nation Cup, dove sono arrivato secondo in classifica generale. A questo poi si è anche aggiunta la buona prova ai campionati italiani: con la squadra abbiamo vinto la cronometro e poi sono arrivato quarto nella prova in linea».
Enea Sambinello (a sinistra in maglia azzurra) al suo primo anno da junior ha già fatto esperienze importanti (foto Slovensky Zvaz Cyklistiky)Enea Sambinello (a sinistra in maglia azzurra) al suo primo anno da junior ha già fatto esperienze importanti (foto Slovensky Zvaz Cyklistiky)
Ti aspettavi un inizio di stagione così?
Alla seconda gara sono caduto subito, quindi ho un po’ perso la prima parte della stagione, la primavera diciamo. Mi sono ripreso molto bene, e nel mese di giugno e luglio sono andato davvero forte, alla fine tutti i risultati importanti sono arrivati in questo breve periodo.
Al Lunigiana non è andata benissimo, cosa è successo?
Correvo con una microfrattura alla spalla, non una cosa così grave da impedirmi di esserci, ma sicuramente non il migliore dei modi per preparare l’evento. Infatti non sono andato come speravo, ma è una bella esperienza, che sicuramente tornerà utile in vista del prossimo anno.
Il passaggio con la Work come sta andando?
Bene, molto bene. Arrivavo da una piccola squadra della mia zona, la Fiumicinese, diciamo che è la squadra del mio paese. Il cambio è molto positivo, Alla Work abbiamo un metodo di lavoro più professionale, visto che cambia anche la categoria. Mi sono trovato molto bene fin da subito.
Tra fine agosto e inizio settembre ha corso il Giro della Lunigiana con la Rappresentativa dell’Emilia-RomagnaTra fine agosto e inizio settembre ha corso il Giro della Lunigiana con la Rappresentativa dell’Emilia-Romagna
L’utilizzo dei rapporti liberi come lo avete gestito?
Passare da avere il 16 nel pacco pignoni a spingere l’11 non è facile. Abbiamo lavorato molto in palestra e sviluppato abbastanza la forza, ci siamo allenati facendo i classici esercizi come squat e stacchi. Anche ora pian piano stiamo cercando di “tirare” più il rapporto. Ad inizio stagione era più difficile, ora sembra essere meglio.
Quindi all’inizio ti ha condizionato un po’?
Penso sia “pesato” a tutti. Ma alla fine lo ritengo giusto, la categoria juniores si è avvicinata molto al professionismo. Mi è sembrata un’evoluzione più che lineare, ci sono state molte critiche ma non ne vedo il motivo.
Lo hai trovato positivo quindi?
Sì. Lo si vede anche nelle gare internazionali, il gap con gli stranieri si è chiuso in parte anche grazie a questo (già nel 2021 gli juniores francesi, Lenny Martinez in primis, si allenavano con i rapporti liberi, ndr).
Il gruppo che si è formato in nazionale è unito e solido (foto Slovensky Zvaz Cyklistiky)Il gruppo che si è formato in nazionale è unito e solido (foto Slovensky Zvaz Cyklistiky)
Quella in Slovacchia è stata la prima esperienza con la maglia della nazionale?
Sì ed è stato fantastico. Come gara è stata super positiva, sono arrivato secondo in classifica generale e in una tappa. Mentre nelle terza ed ultima frazione siamo riusciti a portare a casa un successo con Mattia Negrente.
Com’è stato indossare l’azzurro?
Fantastico, un’emozione incredibile. Poi il gruppo che si è creato era molto unito, e quindi anche al di fuori delle gare con la nazionale ci vediamo spesso e ci sentiamoaltrettanto volentieri. Anche se siamo avversari il rapporto è ottimo. Non vedo l’ora di ritrovarmi in squadra con loro.
Enrico Barbin è stato voluto da Marco Milesi, suo mentore tra gli U23, per seguire gli junior della Biesse-Carrera. Abbiamo fatto due chiacchiere con lui
Che fine ha fatto Ivan Toselli? Campione d’Italia da allievo di primo anno, vincitore della Coppa d’Oro nella passata stagione, il casertano era passato fra gli juniores con grandissime aspettative e curiosità. Invece in questa sua prima stagione si è visto pochissimo, con un paio di buoni piazzamenti a inizio primavera e poi più nulla. Che cosa è successo?
Parlando con il corridore campano si ha la netta impressione di aver a che fare con un ragazzo più maturo dei suoi 17 anni, soprattutto conscio delle tante attese poste su di lui e non viste come un fardello. Analizziamo allora com’è stato il suo approccio con la nuova categoria.
Per il casertano un inizio complicato a causa di una caduta. Nelle ultime gare è parso in crescitaPer il casertano un inizio complicato a causa di una caduta. Nelle ultime gare è parso in crescita
«L’inverno era stato molto positivo dal punto di vista degli allenamenti – racconta Toselli – ma sapevo che le prime gare erano molto piatte e non tanto adatte alle mie caratteristiche, eppure era arrivato qualche buon risultato. Poi sono caduto e sono rimasto fermo un mese a causa di una frattura alla clavicola».
Questo ha frenato la tua ascesa?
Molto. Quando sono tornato in gara, mi sono accorto subito che ero molto indietro di condizione rispetto ai miei coetanei e quindi sono andato avanti settimana dopo settimana inseguendo sempre. Non posso certo essere contento, ma è tutta esperienza che sto accumulando, quindi anche questo fa parte della mia crescita.
Il casertano ha vinto il tricolore allievi 2021 a Chianciano TermeIl casertano ha vinto il tricolore allievi 2021 a Chianciano Terme
Quanto è cambiato il mondo delle corse rispetto a quello che eri abituato a conoscere fino allo scorso anno?
Tantissimo, non c’è paragone. Le gare sono più lunghe e soprattutto vengono interpretate in maniera diversa. Quelle per allievi sono sempre un tutti contro tutti, fra gli juniores c’è spesso calma piatta fino alle battute conclusive, si vede che le squadre influiscono molto di più.
Come ti sei adattato?
Sono convinto che avevo fatto tutto per bene. Il mio modo di allenarmi è cambiato molto, abbino alla bici tanta palestra per cercare di acquisire molta forza. Io sono magro e devo sicuramente migliorare da questo punto di vista per essere più competitivo in salita che è il mio forte. Per fortuna a scuola facendo attività agonistica ho il permesso di andare via prima e questo mi aiuta molto.
Toselli ha iniziato quest’anno a lavorare con il 52 e ha “assaggiato” anche il 53Toselli ha iniziato quest’anno a lavorare con il 52 e ha “assaggiato” anche il 53
C’è poi il discorso legato ai nuovi rapporti da usare. Come ti trovi con il 52 e il 53 lo hai mai provato?
Il 52 non è per nulla facile da spingere, ma pian piano mi sto abituando e riesco ogni volta a sfruttarlo sempre di più, considerando poi che il mio fisico è in crescita penso di migliorare sempre di più. Ho provato anche il 53, ma solo a cronometro.
Questa prima stagione ti sta quindi pesando per tutte le difficoltà di fronte alle quali ti ha posto?
Non è certamente andata come me l’aspettavo. Mi dispiace soprattutto il fatto di essermi perso gare importanti e alle quali tenevo, ad esempio l’Eroica, volevo provare come andavo sulle strade bianche. Quando poi sono tornato alle gare era evidente che non riuscivo a stare a ruota. Cercheremo pian piano di migliorare anche per ripagare la fiducia del team.
Toselli è uno scalatore puro. In allenamento abbina la bici a sedute in palestra per aumentare la forzaToselli è uno scalatore puro. In allenamento abbina la bici a sedute in palestra per aumentare la forza
Ti penalizza il fatto di allenarti da solo?
Di regola ho sempre qualcuno che si allena con me, poi chiaramente i lavori differiscono e quindi ci si separa ma d’altro canto bisogna essere concentrati su quel che si fa, negli allenamenti si è soli con se stessi. Spesso poi mi alleno a Roma con i compagni di squadra, quindi il legame con il team è saldo non solo in gara.
Ora che cosa ti aspetta?
Qualche gara ancora per preparare il Giro della Lunigiana. Spero in quell’occasione, davanti al meglio della categoria, di avere raggiunto una condizione tale che mi consenta di farmi vedere.
Il team Vangi-Ricambi Sama-Il Pirata, nel quale Toselli militava già da esordienteIl team Vangi-Ricambi Sama-Il Pirata, nel quale Toselli militava già da esordiente
Il team lo aspetta con fiducia
Non potevamo chiudere il capitolo Toselli senza sondare il terreno anche in seno alla sua società, la Vangi-Sama Ricambi-Il Pirata. Il diesse Ugo D’Onofrio sa che su Ivan c’è molto da lavorare: «La prima stagione lo ha visto poco impegnato per forza di cose, il problema alla clavicola gli ha tolto una parte importante della stagione. Ivan però deve ancora costruirsi fisicamente, mettere su qualche chilo e soprattutto tanta forza, ma io sono molto ottimista, già nelle ultime corse si è visto un altro Toselli».
Dal punto di vista tecnico-tattico a che punto è?
Ha un modo di correre ancora figlio dell’attività da allievo: fa mosse azzardate, attacca spesso in pianura. Deve crescere, è normale e la scarsa attività di quest’anno non l’ha aiutato.
Tu hai seguito nella sua carriera giovanile Marcellusi: ci sono punti di contatto fra i due?
Pochi. Marcellusi è un corridore completo, forte in salita ma anche veloce e che già da allievo aveva mentalità e visione di corsa da junior. Toselli è uno scalatore puro, sul quale sia io che gli sponsor crediamo molto. Dategli tempo, ha bisogno solo di questo…
«Non c’è una programmazione, così è difficile rispondere alle aspettative dei ragazzi. Perché poi tutti noi, tecnici, i ragazzi stessi, chi gestisce i ciclismo… vive sui loro sogni. Così li illudiamo». Andrea Bardelli, direttore sportivo della squadra juniores CPS Professional Team è un fiume in piena.
CPS Professional Team, Bardelli è il secondo da destraCPS Professional Team, Bardelli è il secondo da destra
Secondo anno a rischio
Questa situazione d’incertezza sta facendo riflettere il tecnico toscano anche sul fare un personale passo indietro. Tante cose non sono più chiare secondo lui e per i ragazzi non c’è più prospettiva.
«Tolta quella manciata di talentini – dice Bardelli – per gli altri si fa dura… E si fa dura per ragazzi validi, che hanno vinto, che sono costanti nelle prime posizioni. Che hanno potenziale.
«Faccio un esempio, nella mia squadra ci sono tre atleti di secondo anno che sono tra i primi 20 in Italia. Sono tutti e tre bravi, hanno vinto (anche più di una gara ciascuno), hanno fatto diversi podi, sono costanti, abili in corsa… Insomma hanno del potenziale. Avrebbero persino i punteggi per approdare in una continental… eppure nulla. Tante promesse, test fatti ad aprile e ad agosto inoltrato ancora sento dirmi: “Vediamo, se parte quello forse te lo prendo”».
Spesso si guarda ancora solo l’ordine d’arrivo, ma per valutare un ragazzo alle corse bisogna andarci. Lo stesso Bardelli riporta il caso del suo Lorenzo Mark Finn. Quante telefonate da Ferragosto in poi a seguito delle sue vittorie, ma lui questo ragazzo lo aveva scoperto ben prima, quando addirittura neanche era ancora mai arrivato davanti.
Bardelli invoca un cambiamento pertanto. E anche rapido. Ogni anno il cerchio si stringe. Qualcosa non va in questo sistema.
«Credo che in Italia tra gli juniores di secondo anno ci saranno appena dieci ragazzi che hanno trovato la squadra per l’anno prossimo. Qui diciamo che non ci sono le squadre italiane dei pro’, io dico che non ci sono proprio le squadre».
E su questo ultimo punto bisogna riflettere però. Quando andiamo alle corse, le stesse squadre U23, ci dicono delle difficoltà nel trovare i corridori di primo anno. Poi magari li prendono, ma all’ultimo. Fino alla fine tutti i ragazzi – influenzati da chissà chi – aspettano il colpo grosso, che nella maggior parti dei casi è un sogno.
Una dicotomia non facile: gli juniores passano sempre più spesso pro’, ma hanno le difficoltà di sempre Una dicotomia non facile: gli juniores passano sempre più spesso pro’, ma hanno le difficoltà di sempre
Regole nuove
E allora come fare? Perché parlare va bene, ma poi serve anche una possibile soluzione. In questo caso molto deve fare il governo del ciclismo. UCI e soprattutto la FCI. Bisogna trovare più spazio per chi approccia la categoria U23.
«Per esempio – prosegue Bardelli – si potrebbe imporre ai team under 23 di prendere un numero minimo di primi anni, cioè di juniores che passano e con un vincolo di punti massimo. Un po’ come noi juniores non possiamo prendere più di quattro allievi di secondo anno con più di 20 punti. E se non c’è spazio, limitare il numero degli elite. Anche perché per loro diventa praticamente impossibile andare avanti».
In questo modo si darebbe a tutti i ragazzi, non solo a quella manciata di campioncini, la possibilità di crescere. Perché a 18-19 anni è diverso che a 24, visto che di spazio ce n’è sempre meno. E magari allo stesso tempo per stare nelle regole si eviterebbero tesseramenti fittizi, dalle Regioni meno battute».
«A 19 anni c’è ancora la crescita di mezzo, ci sono cose da imparare… Quando si fa questo discorso penso a Nicolò Buratti. Da juniores non entrava nei dieci, poi è cresciuto. Uno come lui oggi non sarebbe andato avanti. O lo avrebbe fatto con mille difficoltà».
Nell’assenza di programmazione, Bardelli imputa anche l’assenza di crono. Sempre rarissime in Italia (qui Giaimi – foto tornanti_cc)Nell’assenza di programmazione, Bardelli imputa anche l’assenza di crono. Sempre rarissime in Italia (qui Giaimi – foto tornanti_cc)
Fci dove sei?
Bardelli mette sul piatto un discorso concreto. Un discorso di chi vive il ciclismo sul campo. Serve una svolta e come detto prima anche la FCI secondo lui deve fare qualcosa. Troppo spesso le cose sono lasciate al caso, si aspetta “fin che la barca va”…
Manca, per esempio, ancora un regolamento 2024: chi deve organizzare i team come e quando si muove? I dirigenti, i tecnici spesso si ritrovano “soli”.
«Ho dovuto chiamare io chi di dovere per sapere qualcosa sulle regole 2024 – spiega Bardelli – Ma nulla. Noi dobbiamo fare tutto, ma non abbiamo niente: regolamento, un calendario omogeneo (a volte due corse in tutta Italia, altre volte sette solo al Nord), procuratori di mezzo che ti tolgono il controllo dei ragazzi…. Spesso dobbiamo affidarci all’aiuto dei genitori, per andare alle corse. Muoversi e programmare così è difficile, credetemi».
La categoria juniores è (ed appare) sempre più importante negli eventi internazionaliLa categoria juniores è (ed appare) sempre più importante negli eventi internazionali
Categoria fondamentale
Che ci sia in atto un rivoluzione di questa categoria è ormai noto. Addirittura si vocifera che presto potrebbe essere allungata di un anno, eliminando gli U23. Quella degli juniores è dunque una categoria fondamentale: si va da qui ai pro’ o nelle squadre development. A quel punto è normale che tra le categorie giovanili diventi quella più importante.
Anche in questo caso si punta il dito sui procuratori e sulla fame dei team WT di reperire talenti, ma il discorso non si può limitare a questo. Semmai quella è una conseguenza. Il quadro tecnico, organizzativo e prestativo si è rivoluzionato in pochissimi anni. E tante cose andrebbero riviste, se non altro per adattarsi.
«Se questa categoria è così importante, se è il “muro” di crescita e del futuro per i corridori, allora non voglio più sentire certe critiche: che spremiamo i ragazzi, che li portiamo a correre all’estero – perché mi sono sorbito anche questo – che fanno allenamenti eccessivi… Se poi il sistema porta avanti solo quei top dieci, va da sé che la sfida è tutta qui».
Sotto le spinte di De Fabritiis e di Simone De Zio soprattutto, i CPS lavorano da squadraSotto le spinte di De Fabritiis e di Simone De Zio soprattutto, i CPS lavorano da squadra
Serve unità
Se questa categoria è sempre più importante, allora serve un’azione corale. Bisogna fare sistema, tanto più in tempi di “vacche magre”: tra giovani sempre meno per numero, squadre che fanno fatica ad andare avanti, mancanza sempre più evidente di un team WorldTour nostrano…
«Ci vorrebbe anche un cambio di tecnici – conclude Bardelli – e mi ci metto anche io. Dobbiamo riflettere, porci delle domande… Mi rendo conto che alle corse vedo la stessa gente da 50 anni. Perché la Fci non è in grado di tenere quei ragazzi che ad una certa età non possono passare ma possono dare qualcosa ai più giovani? Perché non facciamo un’associazione dei direttori sportivi juniores? C’è Luca Colombo per esempio che sarebbe in grado di rappresentarla».
«La Federazione mi sembra più interessata ad esaltare questa o quella medaglia, che non ad agire su altri fronti: giovani, regole, tesserati… Io non sono un manager, ma metto sul piatto i problemi che vedo: magari insieme si può trovare una soluzione.
«E per fortuna che il cittì Salvoldi è bravo: è presente, si fa sentire… Ma poi il resto? Per fare un esempio, tra qualche giorno scatta il Giro della Lunigiana e ancora non si sa chi porterà il Comitato Toscano. Serve progettualità o presto correranno in dieci».
La vittoria di Dagnoni su Martinello è stata netta. Il campione olimpico di Atlanta tenta una prima analisi, ma i conti non gli tornano. Riprovarci? Forse no
Eros Capecchi è tornato a casa, nel vivaio di famiglia, dove lavora e intanto pensa al ciclismo. Nei giorni scorsi è stato in ritiro con i ragazzi del Comitato Regionale Umbro, del quale è cittì. Il caldo nel centro Italia si fa sentire e quando gli facciamo notare che la sua regione è “bollino rosso” risponde così: «Ora capisco perché sento tutto questo caldo – ride – io al meteo ci bado poco. Tanto non è che si possa fare qualcosa se fa caldo o meno».
Il lavoro procede e le piante stanno bene, neanche loro sembrano soffrire troppo il caldo. «Di acqua ne abbiamo – dice Capecchi – la diga del Monte Doglio ha ottimi livelli e non dovrebbero esserci problemi. Poi nel nostro vivaio abbiamo tante colture a terra, che richiedono meno cure e acqua. Qualche pianta in vaso si secca, ma è normale che sia così».
Il ritiro di Livigno è servito per creare un gruppo coeso ed unito, in vista dei prossimi impegniIl ritiro di Livigno è servito per creare un gruppo coeso ed unito, in vista dei prossimi impegni
I suoi ragazzi
Capecchi parla, lo fa volentieri e la telefonata diventa un motivo per affrontare tanti argomenti legati al ciclismo. La passione per la bici è tanta, e quella di coltivare i nuovi talenti del vivaio ciclistico dell’Umbria è anche di più.
«Mi piace molto lavorare con i ragazzi – conferma l’ex professionista – vedi i miglioramenti, ti ascoltano. C’è sempre chi fa un po’ di testa sua, ma è normale, una volta sbattuto il muso torna sui suoi passi. Fa parte della crescita e dell’essere adolescenti. Questa esperienza, nata per gioco, è appagante. Seguo i ragazzi da quando hanno 12 anni fino ai 18, li vedo crescere e li seguo per ogni categoria».
I ragazzi ci sono e Capecchi sarà chiamato a convocarne sei per il prossimo Giro della LunigianaI ragazzi ci sono e Capecchi sarà chiamato a convocarne sei per il prossimo Giro della Lunigiana
Che metodo utilizzi con loro?
Non ce n’è uno specifico. Li ascolto, li frequento e cerco di capire. Devi guadagnarti la loro fiducia affinché si aprano e ti parlino dei loro problemi e delle loro preoccupazioni. Riesco a fondermi con loro, mantenendo sempre dei limiti precisi che mi permettono di avere un’autorità.
Il rapporto che hai ti piace?
Tanto, ho il modo di legare insieme a loro, magari divertendoci insieme. E’ capitato di fare qualche partita a biliardino o di andare a mangiare un gelato. Se i ragazzi si sentono a loro agio, ti vengono a chiedere cose che magari non avrebbero il coraggio di domandarti. Sono esempi banali ma che costruiscono un bel rapporto, non si può sempre e solo dire “no”.
Pedalate e momenti di divertimento, nel ritiro di agosto c’è stato spazio per tuttoPedalate e momenti di divertimento, nel ritiro di agosto c’è stato spazio per tutto
I giorni a Livigno come sono andati?
Bene. E l’ho capito dal fatto che mi seguissero in tutto e per tutto. Anzi, spesso erano loro a chiedermi di fare qualche lavoro in più. Hanno proprio dato il cuore e queste per un tecnico sono grandi soddisfazioni. Lo fanno perché sanno che poi possono chiederti di prendere un gelato o mangiare un piatto di patatine. Sono piccole cose che creano il gruppo e la fiducia reciproca.
Ora siete tornati, in che modo si lavora fino ai prossimi impegni?
Correranno domenica e andrò a vederli. Ho ancora qualche dubbio da sciogliere, ma lo farò in corsa. Per i prossimi impegni – Vertova, Paganessi e Lunigiana – dovrei scegliere sei ragazzi e portarli sempre con me. Però diventa difficile, perché qualcuno ha degli impegni con la scuola e non è sempre libero. L’idea è quella di andare a vedere le strade del Lunigiana, subito dopo il Paganessi. E’ sempre bene prendere le misure con quei percorsi, il Lunigiana in foto sembra semplice, poi vai lì e ti ammazza.
Per Capecchi si avvicina il secondo Giro della Lunigiana alla guida della formazione umbraPer Capecchi si avvicina il secondo Giro della Lunigiana alla guida della formazione umbra
Hai tanta scelta quindi?
Sì e mi fa piacere, perché vuol dire che si è lavorato bene. Mi mettono in difficoltà, nel senso buono del termine chiaramente.
Sono curiosi delle tue esperienze passate, del corridore che sei stato?
Tutto si basa sulla fiducia, nel momento in cui si fidano di te sono loro a domandarti. Io non uso il metodo del “ai miei tempi” anche perché diventa facile che ti prendono in giro, diventi il vecchio che non vogliono ascoltare. Devi essere uno di loro, quando instauri questo tipo di rapporto si aprono e ti chiedono consigli e suggerimenti.
E’ un movimento, quello della tua regione, in continua crescita?
Mi piace davvero come stiamo lavorando. Tra quattro o cinque anni ci saranno delle grandi soddisfazioni. Alcuni ragazzi li vedo, soprattutto gli allievi, fanno risultati ma sono ancora “bambini”.
I giovani non si crescono con la teoria del “ai miei tempi” a loro interessa del futuroI giovani non si crescono con la teoria del “ai miei tempi” a loro interessa del futuro
Dopo un anno di lavoro che cosa pensi del ciclismo moderno?
Posso dire che in Italia non abbiamo capito bene cos’è il ciclismo ora. Diciamo che i ragazzi vanno fatti crescere tranquillamente, poi però abbiamo degli atleti validi che da under 23 non riescono a trovare squadra. Non bisogna spremerli, ma metterli nelle condizioni di fare del loro meglio. Se continuiamo così non li facciamo crescere lentamente, ma smettere velocemente.
In questo è cambiato molto il ciclismo.
Non ci sarà più il corridore che farà 17 anni di carriera, ma che problema c’è? Il ciclismo è più veloce, non è bello da dire, ma ora hai meno possibilità di provarci. Lo vedo in una regione come la nostra, dove abbiamo buoni corridori anche senza numeri elevati di tesserati. Anche se a livello di Comitati Regionali non è semplice.
In che senso?
Ne parlavo lo scorso anno con Salvoldi, proprio al Lunigiana. L’intento è fare più corse a tappe e far crescere il movimento, per noi regioni l’interesse è alto. Il problema poi è riuscire ad organizzare la stagione quando i soldi scarseggiano. Anche il ritiro appena fatto a Livigno lo hanno pagato le squadre e in parte alcuni genitori. Senza considerare che il nostro presidente mette spesso soldi di tasca sua.
Il punto con Giuseppe Di Fresco, diesse della Uc Casano che dal 2022 avrà anche affiliazione in Sicilia per accogliere Sciortino, che gli ricorda Visconti
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BORMIO – A due passi dal centro storico, in piazza Kuerc, appena finita la presentazione della sua Eolo-Kometa, Ivan Basso è stato preso d’assalto dai tifosi. Un amore che non è mai terminato nei confronti di chi il ciclismo lo ha onorato fino in fondo, sia quando era sui pedali, sia ora alla guida di una squadra. Nel ritiro di due settimane a Bormio, la Eolo-Kometa si è presentata con una ventina di corridori. Il Tour de France tiene banco e per la professional di Basso e Contador non è facile gestire questo periodo, inghiottito dalla Grande Boucle.
Abbiamo incontrato Basso a Bormio, dopo la presentazione della Eolo-KometaAbbiamo incontrato Basso a Bormio, dopo la presentazione della Eolo-Kometa
Il tema dei giovani
Da una recente intervista a Giuseppe Martinelli siamo tornati a parlare dei giovani con la valigia in mano. Ivan Basso ha una squadra giovanile, legata alla professional, la quale ogni anno deve combattere con l’attrazione e le opportunità concesse dai devo team delle squadre WorldTour. I giovani migliori se ne vanno all’estero in cerca di occasioni più appetitose, ma qualcuno qua rimane.
«Non ho dubbi nel pensarla allo stesso modo di “Martino” – attacca Basso – lui è un profondo conoscitore del ciclismo. Ha visto generazioni su generazioni di corridori. Partiamo da un esempio: il campione juniores Gualdi l’anno prossimo sarà alla Circus-ReUz, devo team della Intermarché. Bellissima squadra, ma è chiaro che dall’altro punto di vista, ovvero il nostro, ho notato una mancanza di presa di considerazione.
«I ragazzi non pensano nemmeno che ci sia questa opportunità, l’atleta ci pensa solamente se ha un’influenza esterna, come può essere quella del diesse di riferimento da junior o il procuratore, i quali credono più negli uomini che nei progetti. Il fatto che gli juniores italiani più forti non abbiano nemmeno preso in considerazione di venire a correre da noi è un dato di fatto. Del quale è opportuno tenere conto».
Tercero, 21 anni, è uno dei ragazzi del vivavio della Fundacion Contador (foto Instagram – Adn)Anche Piganzoli viene dalla stessa scuola ed è uno dei talenti più in vista del teamTercero, 21 anni, è uno dei ragazzi del vivavio della Fundacion Contador (foto Instagram – Adn)Anche Piganzoli viene dalla stessa scuola ed è uno dei talenti più in vista del team
Qualcuno c’è
Il materiale umano sul quale lavorare c’è, anche nelle squadre professional italiane. Per la Eolo-Kometa basta pensare a Piganzoli e Tercero, due corridori cresciuti nel team under 23 e poi passati alla professional.
«Tercero e Piganzoli – continua Basso – sono due esempi di corridori che hanno intrapreso un cammino di crescita con noi e lo stanno continuando. Lo fanno attraverso degli step ed è giusto, a mio modo di vedere, aspettare che il loro talento fiorisca del tutto. Nel team under 23 (la Fundacion Alberto Contador, ndr) abbiamo altri ragazzi che crescono. Tommaso Bessega ha vinto l’ultima tappa della Vuelta Ciclista a Zamora. Alleva e Bagnara stanno crescendo e vanno sempre più forte. Quella dei Bessega (classe 2004, ndr) è stata l’ultima a credere nel nostro progetto.
«Allora mi viene da fare un esame di coscienza e mi chiedo: “Siamo capaci o no di fare il nostro lavoro?”. Io credo di sì. Per noi la categoria under 23 è funzionale a portarli in prima squadra a tempo debito. Se avete letto il mio allarme degli ultimi mesi – riprende – dobbiamo essere noi a convincere i ragazzi della bontà del nostro progetto. Sto lavorando affinché questo trend cambi».
Gualdi, fresco vincitore del titolo Italiano junior, ha già firmato per la Circus-ReUzL’anno prima stesso destino per Belletta, titolo italiano junior e valigie pronte, destinazione Jumbo-Visma DevelopmentGualdi, vincitore del campionato italiano junior, ha già firmato con la Circus-ReUzL’anno prima stesso destino per Belletta, titolo italiano junior e valigie pronte, destinazione Jumbo-Visma Development
Basta aspettare
Ivan Basso parla ed attira la nostra attenzione, la sua bravura è farti immaginare quello che ha in mente. La Eolo-Kometa esiste da pochi anni e solamente da tre fa parte del circuito professional. Manca nei ragazzi, o chi per loro, la consapevolezza che questo progetto esiste e funziona. Più esperienza sarà messa alle spalle maggiore sarà la solidità mostrata all’esterno.
«Non posso criticare – dice Basso – chi va in altre realtà, devo preoccuparmi di portare la mia il più in alto possibile. Bisogna fare autocritica, ovvero cercare di capire dove si sbaglia, o cosa può essere fatto meglio».
Il tema dell’assenza di una squadra WorldTour italiana è al centro di tante interviste e di critiche rivolte al nostro movimento. A questa domanda Basso parte diretto, senza pensarci due volte, con la stessa determinazione di quando scattava in salita.
«Sono in completo disaccordo – afferma – in Italia ci dobbiamo preoccupare che stanno sparendo anche le squadre professional, non che manchi la WorldTour. Le squadre come la nostra devono lottare per sopravvivere. A budget siamo a livello più basso in Europa, iniziamo a pensare di fare un team professional che si piazzi tra le prime tre d’Europa per investimenti. Per passare da una professional come la nostra ad una delle migliori al mondo devo raddoppiare il budget».
Ivan Basso già durante il Giro d’Italia aveva sollevato il problema degli investimenti nel ciclismoIvan Basso già durante il Giro d’Italia aveva sollevato il problema degli investimenti nel ciclismo
Investimento
La parola chiave del discorso di Basso è proprio questa: investimento. Bisogna crescere un passo alla volta e il varesino ritiene che la Eolo abbia dimostrato di avere un’identità importante e continuerà a crescere.
«Se mi si chiede in quanto tempo – dice – non lo posso sapere. In Italia manca il supporto alle squadre professional esistenti, che possano andare nella parte alta della classifica. Con supporto intendo che dobbiamo essere più bravi a convincere gli sponsor ad investire (è di ieri la notizia che accanto al suo team è approdato un nome importante come Polti, ndr). Se ho più soldi prendo corridori migliori, ottengo più risultati, e il ritorno d’immagine aumenta. Non vinco una tappa al Giro ogni due anni, magari ne vinco due all’anno. Ma soprattutto, al posto di tenere i corridori fermi, a luglio, li portiamo a correre. Oppure al posto che fare due ritiri al Teide ne fai quattro o cinque. Qui a Bormio vieni tre o quattro volte all’anno. I margini per crescere ci sono, bisogna avere anche il coraggio di investire».
Remco Evenepoel va a casa dopo la caduta di Sega di Ala, ma la scelta di portarlo al Giro fa acqua da dovunque la si guardi. Ne abbiamo parlato con Damiani
SARCHE – Gli juniores sono tutti in attesa dietro il palco. Le loro crono sono state le prime del giorno e in attesa del podio, si passano minuti chiacchierando e approfondendo. Fra le donne ha vinto Alice Toniolli, la ex pattinatrice, scoperta lo scorso anno ai mondiali in Australia. Fra gli uomini, vittoria di Luca Giaimi (in apertura, foto Tornanti_cc), che dalla pista sta passando alla strada con ottimi esiti. Ciascuno ha la sua storia da raccontare.
Due ragazze della Breganze Millenium sul podio: prima Toniolli, terza Bulegato, con loro La Bella (foto Tornanti_cc)Due ragazze della Bregamze Millenium sul podio: prima Toniolli, terza Bulegato (foto Tornanti_cc)
Pattini e curve
Alice Toniolli, si diceva, viene dal pattinaggio. Vi avevamo mostrato le sue foto e raccontato che la vera difficoltà nell’andare in bici erano le curve. Marco Velo, che l’aveva seguita nel giorno di Wollongong aveva parlato di traiettorie quadrate e così lei aveva salutato dicendo che avrebbe passato l’inverno a lavorare sulla tecnica di guida.
«Sono migliorata nella parte tecnica – annuisce convinta – l’avevo già visto a Romanengo, col secondo posto dietro Federica Venturelli. Questa maglia tricolore vale tanto, perché non si vince solo con la potenza, ma anche con la tecnica. A me in Australia mancava questo e ne sono stata penalizzata (arrivò 15ª a 2’22” da Zoe Backstedt, ndr), altrimenti avrei potuto fare molto meglio. Però ero al primo anno e vedo che ora sono tutta un’altra Alice. Ho avuto più tempo per allenarmi, per fare esperienza e per capire meglio l’ingranaggio del ciclismo».
Oggi Velo l’ha seguita, incuriosito dalle sue continue rassicurazioni e ha confermato di aver trovato un’altra atleta: ancora con margini di miglioramento, ma ben diversa dalla Toniolli impaurita dei mondiali.
Le due ragazze sul podio e Gazzola al 24° posto: per Casarotto (secondo da sinistra) un ottima trasfertaLe due ragazze sul podio e Gazzola al 24° posto: per Casarotto (secondo da sinistra) un ottima trasferta
I piedi per terra
Il suo direttore sportivo alla Breganze Millenium è Davide Casarotto, vecchia conoscenza fra i pro’ e ora grande tecnico nelle donne junior. Proprio lui ci ha raccontato dei tanti chilometri dietro moto sulle ciclabili e nei tratti di strade liberi, curvando e poi curvando ancora.
«Ho lavorato molto con Alessandro Coden – spiega Toniolli – ma anche il mio allenatore ci ha messo tanto del suo. Devo ringraziarli entrambi, perché in questo ultimo periodo ho lavorato sodo degli esercizi molto tecnici e anche di frequenza. Quello che a me mancava e mi ha penalizzato in tutto, agli europei e anche in Australia. Vincere qui è la conferma della mia potenzialità e della mia personalità. Apprendo dagli errori e voglio migliorare. Sono molto testarda, mi pongo tanti obiettivi piccoli ma devo raggiungerli. Devo crescere, per questo non voglio sapere se ci siano state offerte per il prossimo anno. Non so nulla: non voglio avere pressioni, altrimenti faccio dei voli pindarici e poi ci rimango male».
Sul podio con lei sono salite Eleonora La Bella e la compagna Alice Bulegato: su entrambe le sue ragazze, Casarotto è pronto a scommettere.
Giami viene da Alassio e corre al Team Giorgi, la vittoria del tricolore per lui è la quinta di stagioneGiami viene da Alassio e corre al Team Giorgi, la vittoria del tricolore per lui è la quinta di stagione
Fresco di crono
Poco più in là, seduto su gradini del podio, Luca Giaimi parla con Donati e Alari che presto gli faranno compagnia sul podio. Il ragazzo, quantunque giovane, ha una storia sulle spalle, fatta di inseguimenti individuali e pista piuttosto che di strada.
«Il percorso non era facile – racconta il neo tricolore degli juniores – era da interpretare e da gestire, ma adatto a più corridori. Non era per cronoman puri, ma per corridori capaci di gestirsi, dato che c’erano tante curve, poi dei su e giù. La salita era abbastanza dura e quindi contava anche un po’ il peso. Invece l’ultima parte era più adatta a gente come me, più pesante, che riusciva a spingere grossi rapporti e a fare velocità. E’ stata proprio una bella crono.
«Questo italiano è molto importante, dato che l’anno scorso le crono non le facevo neppure. Questa è stata la terza o quarta che abbia fatto in questa stagione e arrivare a vincere il campionato italiano è stato un buon segnale soprattutto per la squadra in cui spero di andare l’anno prossimo. E dato che puntano moltissimo sulle crono e io vengo dall’inseguimento individuale, credo possa essere un buon segnale».
Sul podio degli juniores, accanto a Gaimi vincitore, il secondo è Donati, il terzo AlariPodio delle donne juniores: da sinistra La Bella, Toniolli e BulegatoSul podio degli juniores, accanto a Gaimi vincitore, il secondo è Donati, il terzo AlariPodio delle donne juniores: da sinistra La Bella, Toniolli e Bulegato
Il cuore batte Ineos
La squadra dei suoi sogni è la Ineos Grenadiers, ne ha la bici e la guarda con orgoglio. Quando ne abbiamo parlato con Dario Cioni, a margine della conferenza stampa di Ganna, il toscano ha lasciato capire che il ragazzo piace, ma che il cammino è ancora lungo.
«Non c’è ancora niente – conferma Giami – quindi vedremo. Devo dire anche che dietro questo desiderio di migliorarmi a cronometro c’è l’interessamento del cittì Salvoldi, per provare a ottenere grossi risultati negli impegni futuri che saranno gli europei e i mondiali. C’è ancora tanto da fare. Corro da quando sono G3, però ho fatto tutte le categorie giovanili solo in mountain bike. Su strada ci sono passato da esordiente, poi ho fatto gli allievi su strada e l’anno scorso ho iniziato anche a far pista. Nel ciclismo la testa conta tanto, nella crono ancora di più. Puoi essere forte quanto vuoi, ma se non ti conosci e non ti sai gestire, non riesci a emergere. E oggi è una bella iniezione di fiducia».
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Cancellato il Tour de Vaud che doveva essere la quinta tappa e che doveva svolgersi questo fine settimana, Dino Salvoldi traccia una riga sulla stagione e su quel che hanno detto le prove di Nations Cup, confermatesi anche quest’anno il termometro del valore di un movimento. Una challenge particolare, nella quale non ha tanto peso la classifica generale quanto quello che avviene in ogni singola prova. Un po’ per le differenze di caratteristiche che ognuna presenta, un po’ per il valore delle prestazioni dei ragazzi.
Finora si sono disputate quattro prove: una in linea (la Paris-Roubaix) e tre a tappe (L’Eroica, la Corsa della Pace e il Trophée Morbihan).
La gara del pavé non ha regalato soddisfazioni ai colori azzurri con Capra 53°.
Nella Corsa della Pace il migliore è stato Lorenzo Finn 13°, ma con due presenze in top 10 di Negrente e Gualdi, addirittura sul podio nella terza tappa.
In Francia c’è stato l’acuto di Bessega, vincitore della frazione finale con Giaimi secondo nella seconda tappa e 6° nella classifica finale e belle prove anche per Sierra e Cettolin.
In quella italiana vittoria nella cronosquadre e secondo Gualdi ancora dietro Nordhagen, con seconda piazza per Favero nella seconda tappa e decima di Mellano nella terza.
Dino Salvoldi è alla guida degli juniores dallo scorso anno e vuole cambiare molto nella categoriaDino Salvoldi è alla guida degli juniores dallo scorso anno e vuole cambiare molto nella categoria
Un divario ridotto dal vertice
Il tecnico azzurro all’inizio della stagione era stato chiaro: bisogna costruire uno zoccolo duro, un gruppo di ragazzi che devono acquisire abitudine alle sfide internazionali. Dopo l’anno di presa di contatto, nel 2023 bisogna cominciare a tirare le fila del movimento e dopo i primi mesi Salvoldi si dice abbastanza soddisfatto, anche se c’è ancora molto da fare.
«In generale posso dire – ammette – che rispetto al 2022 ci siamo un po’ avvicinati al resto del mondo. Ora ci siamo, con continuità, in un contesto di qualità generale alta dove ci sono pochi possibili fenomeni e parlo di possibili perché a quest’età non ci sono mai certezze. Scendendo però in profondità nelle prestazioni c’è ancora un gap da colmare».
La squadra azzurra in Francia, con Giaimi, Sierra, Santinello, Bessega, Cettolin e Capra (Le Photographer)La squadra azzurra in Francia, con Giaimi, Sierra, Santinello, Bessega, Cettolin e Capra (Le Photographer)
Dove in particolare?
Quando le corse diventano difficili, dove ci sono salite lunghe abbiamo ancora una distanza rispetto al vertice, non siamo ancora in grado di essere della partita. Anche in questo ci sono stati dei miglioramenti, sia chiaro, ma i più forti restano lontani. Anche a cronometro non siamo ancora a posto e le classifiche delle gare a tappe dicono che è proprio la corsa contro il tempo che nella maggior parte dei casi è decisiva.
La tua politica di formare un gruppo unico sta pagando?
Io sto andando avanti su quella strada. Le rappresentative sono state sempre diverse, ma vengono quasi tutti da quel blocco sul quale ho iniziato a lavorare con continuità da inizio stagione e che è formato prevalentemente dai secondo anno. Ci sono stati ragazzi che hanno integrato il gruppo, ma voglio mantenere una coerenza con quanto avevo detto a inizio stagione e i risultati mi stanno dando ragione.
Gualdi, azzurro ai Mondiali 2022 è l’elemento più espertoGualdi, azzurro ai Mondiali 2022 è l’elemento più esperto
Che riscontri hai avuto al di là dei risultati oggettivi?
Da un anno all’altro cambia molto, non solo in generale ma nei ragazzi stessi. C’è chi fa il salto di qualità e cresce e chi invece resta lì o addirittura peggiora il proprio rendimento. E’ qualcosa di personale, sta nella crescita interiore del ragazzo, ma sicuramente un fattore che noto è che con l’abitudine ad allenarsi e a gareggiare insieme in contesti così elevati si migliora in termini di esperienza.
Per esperienza intendi il rendimento come risultati?
Non tanto, io focalizzo l’attenzione più sulla gestione della corsa, sul lavoro di squadra. In queste trasferte – sottolinea Salvoldi – mi sono reso conto di come Paesi come Norvegia e Svezia siano avanti perché hanno un’abitudine estrema a gareggiare come squadra. Ma non potrebbe essere altrimenti, non c’è una frammentazione in società come da noi, lì si forma la nazionale e questa viaggia insieme tutto l’anno. I rapporti si cementificano, fuori e dentro la gara. Per noi è naturalmente più difficile, ma noto significativi progressi in tal senso. Abbiamo una struttura ciclistica diversa, la mia non è assolutamente una critica, solo una presa d’atto.
Andrea Bessega è stato autore di un’azione vincente in Francia (foto DirectVelo)Andrea Bessega è stato autore di un’azione vincente in Francia (foto DirectVelo)
Da questo punto di vista siamo migliorati?
Sicuramente, basta guardare la cronosquadre dell’Eroica, dove abbiamo vinto, ma per tutte le gare abbiamo mostrato una certa continuità. I risultati ci sono, ma sono frutto della collaborazione, del fare gruppo e infatti se parli con i ragazzi diranno tutti che vogliono fare altre esperienze. Come detto restano ancora divari tecnici, sui quali c’è da lavorare.
Gualdi e Bessega sono quelli che hanno finora più convinto…
Non è un caso – sentenzia Salvoldi –mi piace molto il loro essere coraggiosi, il loro essere prototipi del corridore moderno che va all’attacco senza paura, hanno un atteggiamento spavaldo che non si pone problemi tattici e che si fa notare, è quello che il ciclismo attuale richiede. I risultati in questo caso sono strettamente correlati alle prestazioni. Dobbiamo metterci in testa che quello che vediamo all’estero è un ciclismo diverso rispetto alle gare italiane, in quello vince chi è più forte, da noi non capita sempre. Spero che anche gli altri ragazzi prendano esempio e siano più coraggiosi.
Nordhagen con le vittorie alla Corsa della Pace e al Trophée Morbihan è un riferimento assolutoNordhagen con le vittorie alla Corsa della Pace e al Trophée Morbihan è un riferimento assoluto
Italiani a parte, hai visto qualcuno che ti ha impressionato?
E’ chiaro che Nordhagen mostra di avere qualcosa in più, ma non è una sorpresa, parliamo del vicecampione europeo. Attenzione anche all’americano August, secondo alla Corsa della Pace, per me sono gli unici che si staccano dalla media, dietro ci sono molti ottimi corridori e fra questi ci sono anche i nostri.
CAZZANO SANT’ANDREA – Le montagne che contornano la Val Seriana si fanno più aguzze man mano che procede. Sembrano quasi pronte a mordere il cielo, come tanti canini affilati. Per salire a Casnigo la strada prende una svolta a destra e si inerpica subito. Un dentello di un chilometro e mezzo con un paio di tornanti che metterebbero in difficoltà più di qualche corridore. Simone Gualdi ci dà appuntamento qui, su queste rampe. Mentre lo aspettiamo, poco lontano dal cartello di benvenuto, i rumori di una fabbrica interrompono la pace del paesino.
Gualdi ha partecipato all’Eroica Juniores con la nazionale, ottenendo il secondo posto (foto FCI)Gualdi ha partecipato all’Eroica Juniores con la nazionale, ottenendo il secondo posto (foto FCI)
Tra calcio e ciclismo
In realtà Simone abita un paio di chilometri dopo Casnigo, il paese si chiama Cazzano Sant’Andrea. Poco più di 1.600 abitanti, la casa si trova in una zona un po’ più isolata, una palazzina di pochi piani. Saliamo le scale e ci apre la porta papà Marco, pochi istanti dopo entra anche sua mamma Chiara, con le borse della spesa in mano.
Simone si fionda sotto la doccia e intanto noi parliamo con i genitori. Marco è un cuoco e lavora a Dalmine, a una mezz’oretta da casa, traffico permettendo. Sua moglie Chiara, invece, è un’infermiera nella casa di riposo di Gandino, a pochi chilometri da casa.
«Anche se con il lavoro facciamo fatica ad avere molti giorni liberi – racconta il papà – abbiamo seguito molto le gare di Simone, fin da piccolo. Durante la settimana è autonomo, anche se devo ammettere che quando è fuori in allenamento un po’ di ansia c’è».
«Io alle gare non sono mai andata – replica la madre con una risata – ed è meglio così, mi viene l’ansia. Davide, il fratello piccolo, gioca a calcio a Vertova, non lontano da qui. Abbiamo provato a farlo andare in bici, ma ha prevalso l’amore per il pallone».
Una doccia veloce ed il giovane bergamasco è pronto a raccontarsiUna doccia veloce ed il giovane bergamasco è pronto a raccontarsi
Cresciuto in “casa”
Simone Gualdi ha lo sguardo deciso e una buona parlantina, non serve molto tempo per prendere confidenza. Il corridore della Scuola Ciclismo Cene va in bici da tanti anni e lo ha sempre fatto vicino a casa.
«Ho iniziato quando ero in terza elementare – racconta seduto al tavolo del soggiorno – già pedalavo da solo su una mountain bike, così, per piacere personale. Poi in terza elementare dei miei amici mi hanno coinvolto e sono andato a provare. La squadra era la Gazzanighese. I primi tre anni faticavo a finire le corse, ero uno dei più piccoli e fisicamente soffrivo. Ho avuto anche la tentazione di lasciare ma non ho desistito, mi piaceva troppo la bici.
«Poi tutto ad un tratto sono cresciuto e sono arrivato a vincere, la cosa bella è che tra Gazzanighese e Scuola Ciclismo Cene c’è un legame profondo. La maggior parte dei ragazzi con i quali corro ora li conosco da quando avevo 8 anni. Sono contento di come è andato e come sta andando il mio percorso di crescita. Alla fine mi alleno molto, ma senza finirmi».
Il 2022 è finito in crescendo, al Giro della Lunigiana è arrivata la maglia biancaPoche settimane dopo eccolo in corsa ai mondiali di Wollongong con la nazionale di SalvoldiIl 2022 è finito in crescendo, al Giro della Lunigiana è arrivata la maglia biancaPoche settimane dopo eccolo in corsa ai mondiali di Wollongong con la nazionale di Salvoldi
Il presente e il passato recente
Il corridore bergamasco, classe 2005, è uno dei volti del ciclismo nazionale. Nella seconda metà della scorsa stagione si è affermato tra Giro della Lunigiana e la convocazione ai mondiali di Wollongong. Nel 2023, invece, ha già corso con la maglia azzurra alla Gand-Wevelgem e alla Eroica Internazionale Juniores Coppa delle Nazioni, corsa a tappe di tre giorni chiusa al secondo posto in classifica generale.
«Questi primi mesi della nuova stagione – riprende mentre finisce di sorseggiare la bevanda per il recupero – sono andati bene. Ho aggiunto molte gare internazionali al calendario. La Gand-Wevelgem non è andata benissimo, il clima non ha aiutato. Mentre l’Eroica è stata molto più positiva, il livello era alto e confrontarsi con certe realtà fa sempre bene. Ora mi aspetta un’altra tappa di Coppa delle Nazioni, sempre con la nazionale, questa volta in Repubblica Ceca. Le salite, il mio terreno preferito, saranno una bella incognita, ma non vedo l’ora di mettermi alla prova. Sono contento di aver trovato continuità con l’Italia, Salvoldi organizza ogni mese tre giorni di ritiro. E’ un modo di lavorare che mi piace, si crea un bel gruppo e ci abituiamo a correre insieme.
«Le esperienze in campo internazionale – continua Gualdi – sono iniziate con il Giro della Lunigiana. Una gara che mi ha lasciato molto, ma anche un po’ di amaro in bocca, perché il podio mi è sfuggito di pochi secondi a causa di un problema meccanico (il bergamasco ha comunque vinto la maglia della classifica dei giovani, ndr)».
Durante la pausa dal ciclismo c’è tempo per seguire l’Atalanta, sua squadra del cuore, qui in trasferta a ZagabriaDurante la pausa dal ciclismo c’è tempo per seguire l’Atalanta, sua squadra del cuore, qui in trasferta a Zagabria
Neroazzurro
I colori del cuore di Simone sono due: il nero e l’azzurro, gli stessi che si incontrano sulla maglia dell’Atalanta, della quale è tifoso. Il suo amore per il calcio arriva da lontano e glielo ha regalato un suo ex allenatore.
«Il calcio è uno sport che conosci per forza – dice con una risata – anche se non ti interessa davvero. Nel mio caso i miei amici ne parlano e lo seguono molto, la passione per la Dea (l’Atalanta, ndr) deriva dall’amore per la mia terra. Dello stadio mi piace l’atmosfera che si respira, sia nel pre partita che durante i 90 minuti. Con il fatto che si gioca molto in inverno riesco andare qualche volta allo stadio a vedere le partite. Rigorosamente in curva, nella parte calda del tifo! Mi sono divertito a fare anche qualche trasferta, una delle più belle è stata quella di Zagabria per i gironi di Champions League. Dodici ore di pullman, insieme ai tifosi, una gran bella giornata. Siamo partiti da casa la mattina e siamo tornati il giorno seguente.
«Mio fratello gioca a calcio, ma non possiamo andare insieme allo stadio – confida con una risatina – è interista. Qualche volta è venuto con me a vedere l’Atalanta ma è si è trattata di una scelta di compagnia, non di tifo».
Gli amici sono sempre pronti a seguirlo e sono tra i primi ad interessarsi dei risultati di GualdiGli amici sono sempre pronti a seguirlo e sono tra i primi ad interessarsi dei risultati di Gualdi
Futuro? Praticamente scritto
Con i suoi 18 anni appena compiuti Gualdi apre gli occhi al futuro con grande interesse. Nel prossimo futuro qualcosa è già scritto, altro è da scrivere e proverà a farlo nel migliore dei modi.
«Il prossimo anno – racconta – sarò con la Circus ReUz (il devo team della Intermarché-Circus-Wanty, ndr). E’ un contatto nato abbastanza recentemente, si parla di un paio di mesi fa. Ho parlato con i diesse Visbeek e Tamouridis, la scelta è presto fatta, l’opportunità è unica. Mi hanno cercato anche delle squadre italiane, ma l’esperienza all’estero mi permette di avere più continuità nella crescita. Seguirò un programma più delineato, con allenamenti e recuperi programmati. Avrò modo di correre tante gare internazionali, per aumentare a mano a mano il livello. In più dal 2026 sarò nella formazione WorldTour.
«Gli obiettivi per questa stagione sono altri – conclude – mi piacerebbe fare bene alla Due Giorni di Vertova, la corsa di casa. L’anno scorso sono arrivato terzo nella gara del sabato, mentre la domenica mi sono ritirato. In gara si affronta la salita di Casnigo, quella dove ci siamo incontrati oggi, lì mi aspetteranno i miei amici. L’anno scorso hanno fatto un tifo infernale. Mi piacerebbe migliorarmi anche al Giro della Lunigiana e provare a vincere il campionato italiano, tra qualche giorno andrò a vedere il percorso».
Anche la fidanzata Beatrice lo segue spesso alle gareDurante la pausa invernale c’è anche il tempo di divertirsi con gli amiciTra i gadget non può mancare la custodia del telefono personalizzata di EevyeAnche la fidanzata Beatrice lo segue spesso alle gareDurante la pausa invernale c’è anche il tempo di divertirsi con gli amiciTra i gadget non può mancare la custodia del telefono personalizzata di Eevye
Scuola e amici
Gualdi si trova al quarto anno dell’Istituto Valle Seriana perito meccanico, a Gazzaniga. La scuola va bene, ci dice, il Piano Formativo Personalizzato lo aiuta a rimanere al passo.
«I professori sono molto comprensivi – spiega – e anche i compagni mi aiutano tanto. Riesco a rimanere al passo con lo studio e questo è importante, non nascondo che a volte porto i libri anche in trasferta, ma fatico a studiare. Dopo le gare mi riposo e la testa va subito alla tappa successiva. Quando sono a casa, invece, mi organizzo bene, la prossima settimana ci sono delle verifiche che dovrò saltare per andare con la nazionale in Repubblica Ceca. Ho già concordato con i professori quando recuperare le verifiche e le interrogazioni.
«Gli amici sono una parte importante della mia vita – finisce di raccontare – siamo molto uniti. Mi chiedono spesso come vanno le corse e quando non esco per preparare una gara o per allenarmi capiscono. In inverno riesco a godermi di più la loro compagnia, ci piace fare le cose che fanno tutti. Divertirsi è importante, la categoria juniores aumenta di importanza, ma siamo comunque ragazzi».
Lenny Martinez ha staccato dopo le gare di settembre. E' rimasto fermo per 5 settimane. Poi è ripartito col cross. Le sue parole prima del passaggio U23