Sorridente e decisa, Zoe Backstedt non è più “solo” la figlia di Magnus e Megan Hughes, ma è una giovane campionessa che si lascia influenzare in modo marginale dall’esterno. Il suo palmares da junior è notevole. Tre mondiali juniores (due strada e uno a crono). Un mondiale su pista. Tre ori agli europei su pista. Un oro e due argenti ai mondiali di cross. Un oro agli europei di cross.
L’abbiamo incontrata a Girona quasi per caso e con lei abbiamo fatto quattro chiacchiere. Corre per il Team EF-Education-TIBCO-SVB.


Dopo il mondiale di cross ti stai riposando?
Più che riposare diciamo che ho passato qualche giorno a casa in tranquillità, senza allenamenti pressanti e lasciando da parte tutta la parte del lavoro specifico. Ma è ora di iniziare a mettersi d’impegno in vista della stagione su strada.
Che programmi hai per il 2023?
L’obiettivo principale è quello di mettere esperienza nella testa e nelle gambe e mi riferisco all’attività su strada. Sono al servizio del team e dovrò aiutare le mie compagne. Poi arriverà la stagione di ciclocross, presumibilmente non inizierò con le prime gare in autunno, ma con lo scattare dell’inverno e sicuramente in Belgio. Non c’è ancora un calendario definito. Di sicuro diminuirò l’attività su pista.


Hai 19 anni, ma sembri già una veterana per tutto quello che fai e per come parli. Motivazioni, passione ed incoscienza?
Mi piace la bicicletta e mi piace il ciclismo, sento che è un mondo che mi appartiene e io appartengo a lui. Voglio vincere e sono determinata a farlo. Il pensiero della vittoria mi dà forza e adrenalina. Mi spinge a fare meglio e ad oltrepassare quel limite. Sempre un po’ più avanti. Mi piace vedere il cambiamento delle mie performance, che di anno in anno sono migliori.


Se oggi fossi obbligata a scegliere una sola disciplina?
Impossibile rispondere ad una domanda del genere, non posso fare a meno della bici da strada e neppure dell’attività cx. Della strada mi piacciono la velocità, il vento in faccia e le ore in sella. Del ciclocross mi divertono il fango e la tecnica della guida. Non mi vedo senza una bicicletta, non riesco a pensarci.
Che ruolo hanno i tuoi genitori nella tua vita sportiva?
La mia famiglia è tutto, ma io ho anche la mia vita. Mio padre è stato anche il mio allenatore e ad ora rimane il mio riferimento per molte cose, ma ho dovuto fare una scelta. Infatti, da qualche tempo a questa parte, per gli allenamenti faccio riferimento al coach della nazionale britannica. Ho preferito scindere gli affetti dall’attività sportiva, che oggi è anche il mio lavoro. Mio padre e mia madre, così come mia sorella sono insostituibili, ma quello che io devo affrontare sulla bicicletta è un’altra cosa.


Ti rivedi in tua mamma, oppure in tuo padre?
Credo di assomigliare di più a mia madre, che è stata un’ottima sprinter. Forse le assomiglio anche per il modo che ho nell’affrontare le situazioni e prendere le decisioni.
Tuo padre Magnus ti racconta di tanto in tanto della sua carriera?
Capita spesso e ormai i suoi racconti, le sue storie si mescolano con i consigli e i paragoni con il ciclismo di oggi. Io ovviamente gli racconto il ciclismo così come è ora. Ma sentire le parole di mio padre, è qualcosa di speciale e iconico che fa anche capire le differenze tra generazioni.


Hai un campione, un atleta e/o una persona nel quale ti immedesimi?
Marianne Vos, senza dubbi. Io ero piccola e lei era sui campi di gara a vincere e dare battaglia. Ora ci sono anche io nella mischia e lei è sempre li. Per me è un mito e un domani mi piacerebbe poter dire di aver fatto una carriera come la sua.
Nella vita che conduci oggi, qual’è la cosa che ti piace di più e quella che proprio non sopporti?
La cosa che mi piace di più fare è viaggiare e farlo grazie alla passione per la bici non ha prezzo. Vedo luoghi diversi in continuazione e conosco molta la gente. Il risvolto negativo è la lontananza da casa per periodi lunghi.


Cosa sogni per il tuo futuro?
Quello che sogno veramente è diventare campionessa olimpica e vincere le due maggiori classiche, la Roubaix ed il Fiandre. Forse di più la Roubaix. Immaginare che padre e figlia l’hanno vinta è un’emozione che mi fa venire i brividi in ogni momento.