Il più delle volte si va avanti per associazioni di idee e così, avendo parlato con Sofia Bertizzolo, il passaggio al suo tecnico Casarotto è stato quasi automatico. Si parla degli anni fra le junior. C’era anche lui fuori dalla sala stampa di Ponferrada 2014 quando la vicentina andò a raccontarsi dopo l’argento su strada e c’è lui tuttora sull’ammiraglia della Breganze Millenium.
Davide a dire il vero lo ricordiamo professionista dal 1996 al 2003, con una serie di vittorie fra cui il Gp della Liberazione quando fu aperto ai professionisti e in seguito la Clasica de Sabinanigo.
«Ma si fermò tutto per un incidente in allenamento – ricorda – in un anno in cui parecchie squadre chiusero e rimanemmo a piedi in tanti. Rientrai, dovevo fare la Vuelta, invece riuscii a fare solo il Trittico Lombardo e stop. Appena smesso fu un periodo strano. Il ciclismo era e resta la mia vita, non mi capacitavo di dover starne fuori e così accettai prima l’ammiraglia della Utensilnord, una bella squadra di dilettanti in cui correvano anche Pasqualon e Canola. Poi, quando anche quell’esperienza finì, mi proposero questa squadra storica. Donne junior. Ero perplesso, all’inizio ammetto di aver fatto fatica. Invece ho continuato e adesso posso dire di aver fatto bene…».
Sempre juniores?
Sempre. Ogni squadra deve fare ciò che può e che meglio gli riesce, inutile fare voli pindarici. Al massimo, visto che di fatto non esiste una categoria under 23, abbiamo tenuto qualche ragazza al terzo anno. Abbiamo alcune delle migliori dal veneto, anche se ormai arrivano da tutta Italia, ci cercano.
Negli under 23 si soffre il fatto che le squadre pro’ vanno a prendersi i talenti già fra gli juniores: secondo Casarotto come va fra le ragazze?
Le squadre elite fanno fatica. Spendono soldi e siamo a un passo dal professionismo, ma solo per quelle 30-40 italiane forti. Però è difficile che investano sulle giovani, perché non sempre riescono a mantenere da grandi quello che promettono da juniores. Da noi succede il contrario che all’estero.
In che senso?
Qui fanno grandi risultati presto e poi spariscono. Di là vengono fuori alla distanza.
Perché secondo Casarotto?
Forse ci aspettiamo troppo da loro quando sono piccole e diamo troppe attenzioni. Le abituiamo a essere trattate bene con gestioni professionistiche. Forse qualcuna è anche troppo allenata e quando passa elite non riesce ad aumentare il sacrificio. E non c’è pazienza, perché comunque di là prima di venir fuori c’è da fare tre anni di gavetta.
Adesso l’adattamento sembra più rapido.
E’ vero che nelle annate 1997-2000 c’è una decina di ragazze che sta maturando bene, ma le vedo come l’eccezione alla regola. E soprattutto hanno avuto fiducia nei loro mezzi e trovato persone che gli hanno dato fiducia. Presto avremo le sostitute per Guderzo e Bastianelli, insomma.
Qual è il ritratto della ragazzina che arriva da voi?
Trovi ragazze già pronte, oppure altre tutte da scoprire e con tanti margini. Sofia Bertizzolo, ad esempio, era a zero quando è passata. Si allenava 2-3 volte a settimana e andava a scuola. Era abbastanza ingenua, ma aveva margini enormi.
Restano in contatto quando passano?
Quasi tutte. Negli ultimi 10 anni abbiamo lavorato con circa 80 ragazze e fra loro 20-25 continuano. Alcune le ho allenate anche dopo, con le altre ci sentiamo. Vederle arrivare in cima è la soddisfazione più bella, ma per riuscirci non devi spingere. Devi farle crescere.
Le famiglie collaborano o stanno tra i piedi?
Dipende dallo sviluppo delle ragazze. Ci sono quelle già mature, per cui i genitori vengono a vederle 2-3 volte per conoscerti bene e poi le lasciano. Questo per noi è un vantaggio. Poi ci sono quelli che non si fidano o comunque vogliono esserci sempre e questo crea problemi. Io per fortuna per questo sono stato fortunato.
E se domani ti richiamassero fra gli uomini?
In questo momento ho trovato il mio equilibrio. Dovrei pensarci anche a livello familiare. Sono impiegato contabile e il mio lavoro mi lascia due mezze giornate libere e anche i weekend. Ho una figlia di un anno e mezzo e voglio essere presente alla vita di casa mia, a Caldogno. Il paese di Baggio.
Il Covid ha cambiato qualcosa?
Dieci anni fa si andava in bici dopo la Befana, quest’anno ci sono arrivate che avevano fatto già 25 uscite dai primi di dicembre. Proprio a causa del Covid e del fatto che non vanno a scuola, alcune hanno anticipato la preparazione. Fra poco faremo un ritiro e poi speriamo si possa cominciare…