Primo grande Giro: cosa cambia nel motore?

16.03.2023
7 min
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Le parole di Andrea Fusaz su Milan, scritte ieri a proposito della partecipazione di Jonathan presto o tardi a un grande Giro, hanno acceso la luce su un tema molto interessante. Che cosa cambia nel motore di un atleta dopo la corsa di tre settimane? A leggere le tante interviste, si tratta di uno snodo cruciale della carriera, quello che fa diventare grandi (in apertura, il primo Giro di Vincenzo Nibali, nel 2007, a 22 anni). Però che cosa succede effettivamente nell’organismo del corridore? Lo abbiamo chiesto ad Andrea Morelli, Responsabile Laboratorio Analisi del Movimento presso Mapei Sport, che nella sua carriera ha seguito e segue ancora svariati professionisti alle prese con simili passaggi.

Andrea Morelli è il Responsabile Laboratorio Analisi del Movimento presso Mapei Sport
Andrea Morelli è il Responsabile Laboratorio Analisi del Movimento presso Mapei Sport
Quali sono i condizionamenti che si attuano nel corpo dell’atleta?

Prima di tutto hai un aumento impressionante del carico di lavoro, perché una corsa a tappe breve, piuttosto che dei blocchi di lavoro in allenamento non permettono di produrre un carico di lavoro tanto elevato. Quindi una sequenza di giorni così lunga come quella che si ha in una corsa di tre settimane, non riesci a simularla. Quando magari fai 2-3 settimane di altura, comunque devi gestire il carico e lo scarico. Attui una programmazione che arriva a fare un certo numero di ore alla settimana, ma non ai livelli di un grande Giro.

Dove avvengono i cambiamenti più significativi?

In una corsa a tappe, lo stimolo che hai a livello centrale, quindi a livello del sistema cardiocircolatorio e respiratorio, è molto alto. Soprattutto le intensità che sviluppi in gara non sono mai quelle che riesci a fare in allenamento, anche se sei molto motivato. Quindi la sequenza elevata di giorni, mettendo insieme anche i livelli di intensità che produci, danno uno stimolo molto grosso dal punto di vista centrale.

Basso ha debuttato al Giro nel 1999 a 21 anni: è stato fermato dopo 7 tappe. Qui è con Boifava, suo team manager alla Riso Scotti
Basso ha debuttato al Giro nel 1999 a 21 anni: è stato fermato dopo 7 tappe. Qui è con Boifava, suo team manager alla Riso Scotti
Di cosa parliamo?

Di massimo consumo di ossigeno, che è legato sia a delle caratteristiche di scambio dell’ossigeno a livello muscolare, sia dal punto di vista della gittata cardiaca. Quindi gli adattamenti che tu puoi portare a livello del cuore sono molto elevati. Poi c’è la parte muscolare. Il fatto di produrre dei livelli di potenza e quindi di forza a livello periferico produce degli adattamenti anche sul piano nervoso e cellulare, per quanto concerne il muscolo. Quindi il discorso si può inquadrare in diversi aspetti.

Ti seguiamo, fai strada…

Dal punto di vista fisiologico c’è quello che abbiamo appena detto. Dal punto di vista antropometrico ci sono degli adattamenti legati al fatto che la corsa produce un dimagrimento di un certo tipo, quindi lavori anche sul discorso massa magra e massa grassa. Un dispendio energetico così elevato porta il corpo a lavorare in riserva. Quindi svuoti le riserve energetiche, poi le riempi. Infine c’è un discorso legato anche all’aspetto mentale, alla fatica mentale.

Filippo Ganna, Giro d'Italia 2020, Valdobbiadene
Ganna ha corso il primo Giro nel 2020 a 23 anni: ha vinto le 3 crono e l’arrivo di Camigliatello senza grossi cali
Filippo Ganna, Giro d'Italia 2020, Valdobbiadene
Ganna ha corso il primo Giro nel 2020 a 23 anni: ha vinto le 3 crono e l’arrivo di Camigliatello senza grossi cali
Legato alla sopportazione della fatica?

In quelle tre settimane, produci una fatica acuta. C’è anche quando fai un allenamento duro, una tappa dura o una gara dura. Però in un Giro questo carico si ripete e quindi ti abitui a stressare il corpo in modo continuativo. E quindi anche dal punto di vista motivazionale, al termine di una corsa a tappe, puoi dire: «Cavoli, sono riuscito a finire tre settimane di gara». Che magari prima, soprattutto se sei giovane, ti ponevi una serie di dubbi sulla tua capacità di farlo. Riuscire a reggere quel carico di lavoro ti fa sentire di essere migliorato. E’ una consapevolezza importante.

Torniamo al motore, adesso…

C’è il discorso del recupero. Tenendo presente la supercompensazione, per cui quando applichi un carico, poi lo recuperi e ti porti a un livello successivo, se assimili un carico di lavoro così importante, sei già un passo avanti. Il problema grosso rispetto alla periodizzazione corretta di un programma di allenamento, è che in corsa non puoi gestire facilmente questo aspetto. Anzi normalmente sei sopraffatto dal lavoro che fanno anche gli altri, quindi sei obbligato a subirlo e poi il tuo corpo dovrà cercare di recuperarlo. Sicuramente c’è una serie di aspetti che portano dei miglioramenti. Poi può anche darsi che uno al primo giro a tappe non riesca ad assimilarlo e vada incontro a degli effetti negativi. Bisogna valutare entrambi gli aspetti.

Edoardo Zambanini ha debuttato nel 2022 alla Vuelta a 21 anni: avremo quest’anno i primi riscontri?
Edoardo Zambanini ha debuttato nel 2022 alla Vuelta a 21 anni: avremo quest’anno i primi riscontri?
E’ davvero impossibile gestire la fatica nell’arco di un grande Giro e magari mollare in cerca di recupero?

E’ naturale che se noi ragioniamo in nell’economia della corsa, ci sono delle fasi in cui ti trovi puoi gestire un pochino lo stress, nel senso che se stai nella pancia del gruppo e non devi mantenere le posizioni, puoi stare un po’ più coperto.

E’ un risparmio quantificabile?

Ci sono degli indici misurabili con certi strumenti per vedere in modo abbastanza preciso quanto tempo in corsa hai passato alle varie intensità. Puoi valutare se nella tale tappa sei riuscito a stare senza pedalare, tra virgolette, per quanti minuti. Quindi più sei bravo a sfruttare il lavoro degli altri, restando coperto, più risparmi energie. La stessa cosa vale nell’economia della tappa. Se devo arrivare ai piedi della salita nelle migliori condizioni e senza spendere energie, più riesco a stare coperto e meglio è. Sfruttare il lavoro della squadra, è importante anche per quello. Uno da solo può essere fortissimo, però in certe situazioni è la squadra che lo aiuta.

Ayuso ha debuttato lo scorso anno alla Vuelta a 19 anni, arrivando terzo. Ora è fermo per una tendinite
Ayuso ha debuttato lo scorso anno alla Vuelta a 19 anni, arrivando terzo. Ora è fermo per una tendinite
Quindi c’è la possibilità di gestire il lavoro?

Sicuramente puoi cercare di gestirlo, ma ti trovi a subire un carico che comunque è elevato. Un ritiro di tre settimane lo gestiresti in modo diverso. Il giorno che non stai bene, magari un po’ molli. In corsa non puoi fare questi calcoli. Devi essere in grado di portare a termine la tappa entro un tempo massimo e quindi devi gestire anche le giornate critiche. In una corsa incidono anche le forature. Non tanto per il tempo che perdi, ma per le energie che spendi per rientrare.

Esiste un’eta minima per debuttare in un Giro?

Tema attuale, dato che le cose stanno cambiando. Ci sono stati dei passi avanti per tantissimi aspetti: dal punto di vista della nutrizione, dal punto di vista del recupero, dal punto di vista della gestione della corsa, però dobbiamo sempre pensare che il fisico ha bisogno di tot anni per raggiungere e stabilizzare la sua condizione. Secondo me il fatto di anticipare troppo può portare a effetti negativi. Fisicamente, ma soprattutto perché si creano anche situazioni psicologiche abbastanza critiche nella gestione dello stress.

Germani e Gregoire, entrambi neopro’ alla Groupama-FDJ: si sta ragionando su un debutto alla Vuelta
Germani e Gregoire, entrambi neopro’ alla Groupama-FDJ: si sta ragionando su un debutto alla Vuelta
Legato a quali aspetti in particolare?

Devi diventare maniacale soprattutto sul fronte dell’alimentazione. Nella corsa di un giorno puoi non essere al top per quanto riguarda la gestione del peso. Nelle corse a tappe, dove ci sono dei volumi di salita così elevati, sicuramente il fatto di essere perfetti dal punto di vista del peso può fare la differenza. Reggerlo mentalmente non è scontato.

Il primo grande Giro fa crescere, ma fino a quante volte si ripete l’effetto?

Non puoi continuare a crescere nel tempo, casomai inizia una serie di cambiamenti. Ci sono dei limiti fisiologici che non si riesce a oltrepassare e negli anni i miglioramenti diventano sempre più difficili, fino a raggiungere uno stato di maturazione. Sarebbe troppo facile e bello che ad ogni Giro si migliorasse a tempo indeterminato, no?

Milan, il motore e il grande Giro. Sentiamo coach Fusaz

15.03.2023
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Parliamo spesso di Jonathan Milan, del suo grande motore, del suo talento. Il corridore della  Bahrain Victorious è uno dei giovani italiani più promettenti. Per questo, ma soprattutto per le sue attitudini, spesso lo si paragona a Filippo Ganna.

Entrambi sono alti, entrambi sono passisti sopraffini, entrambi sono campionissimi della pista… Ma in quanto a tenuta forse – pensiamo alle crono per esempio – Pippo ha ancora qualcosa di più. Il che è anche legittimo, visto che Jonathan è più giovane di Pippo.

Milan
Fusaz e Milan ai tempi del Cycling Team Friuli
Milan
Fusaz e Milan ai tempi del Cycling Team Friuli

Parola a Fusaz

A detta di alcuni tecnici, la differenza tra i due è il grande Giro, che Ganna ha già fatto (in realtà ne ha inanellati tre) e Milan ancora no. Questo tema lo abbiamo sottoposto al coach di Milan stesso, Andrea Fusaz: «Parliamo di due atleti simili, ma anche un po’ diversi. Jonathan comunque è passato molto giovane e se ancora non ha fatto il grande Giro è perché ha bisogno di un rodaggio».

Se guardiamo indietro, anche Pippo qualche anno fa non era il tipo che conosciamo adesso. Hanno due età diverse e ognuno ha i suoi tempi di crescita, i suoi tempi di evoluzione fisica e anche mentale, direi. Se Jonathan non ha ancora fatto un grande Giro è perché vogliamo trovare la strada più in equilibrio con le sue esigenze a livello fisico».

Il friulano Jonathan Milan (classe 2000) è alla sua terza stagione tra i pro’
Il friulano Jonathan Milan (classe 2000) è alla sua terza stagione tra i pro’

Jonathan al Giro?

Sia Ganna che Milan sono passati quando avevano 21 anni e in effetti, come dice Fusaz, i tempi di crescita vanno rispettati. Sembra una vita che Milan è un pro’, ma è solo all’inizio della sua terza stagione nel WT. E anche Ganna alla fine ha preso parte al suo primo grande Giro nel 2020, nel famoso Giro d’Italia di ottobre, quando era al quarto anno da pro’.

E poi bisogna considerare anche un altro aspetto: quello dei calendari. Milan e Ganna hanno di mezzo anche la pista e trovare spazio per tutto non è facile. Anche perché, come accennato, hanno caratteristiche simili, ma non uguali. Consideriamo che Milan ha già come obiettivo le classiche del Nord e ce le ha con determinate aspettative, cosa che per Ganna non si è verificata.

Stando alle statistiche, Milan potrebbe debuttare in un grande Giro proprio quest’anno: Fusaz non smentisce, né ammette. Magari questo è l’anno buono per esordire nelle tre settimane, anche perché tutto sommato i mondiali (sia pista che strada) ci sono ad agosto e la Vuelta in quel caso potrebbe essere il banco di prova ideale.

«Sicuramente – prosegue il tecnico del Cycling Team Friuli, che è anche preparatore della Bahrain Victorious – se Jonathan non farà il grande Giro quest’anno lo farà il prossimo. Ripeto, bisogna vedere come evolve, come sta e come procede la sua preparazione sul momento. Bisogna valutare non dico ogni settimana, ma almeno di mese in mese, ricordiamoci che parliamo di un ragazzo che ha 22 anni.

«Direi che il Tour è da escludere, poi vedremo. Magari gli altri due possono essere nelle corde di Jonathan».

Paragoni da equilibrare

Fusaz ha detto che se non è quest’anno, sarà il prossimo. Ma il prossimo è l’anno olimpico e magari inserire il grande Giro prima delle Olimpiadi potrebbe incidere parecchio, magari è una mossa azzardata.

«Ci sono un sacco di variabili effettivamente – spiega il coach – ma dipende da quale grande Giro scegli, come lo alleni, come lo gestisci nell’insieme della preparazione. Chiaro che per qualsiasi atleta è un’esperienza da provare e anche Jonathan vorrà farla. Provare a cimentarsi in una gara di tre settimane è un punto di partenza. Ma magari dopo che ha fatto due Giri, dice che non gli piacciono!».

Il riferimento di Ganna ci accompagna in questa disamina. E Fusaz giustamente fa notare che nella sua evoluzione, Milan si è incontrato anche con un anno di pandemia di mezzo. Un anno quasi perso del tutto e che incide non poco sulla formazione di un atleta giovane. A 19-20 anni si è in piena evoluzione. E comunque se il friulano dovesse farne uno quest’anno, esordirebbe nelle tre settimane con un anno di anticipo rispetto a Ganna.

«Secondo me – conclude Fusaz – ogni volta che facciamo una comparazione tra i due, ci si dovrebbe riferire al Ganna di quattro anni fa, ricordando che Jonathan si è trovato una pandemia nel momento del passaggio e un’età più giovane».

Quarto chilometro stellare: Milan vola, Bigham va a casa

10.02.2023
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Grenchen porta bene agli italiani, un po’ meno a Dan Bigham. Negli ultimi quattro mesi, l’ingegnere britannico ha lasciato nel velodromo svizzero il record dell’Ora e la finale degli europei di inseguimento. Il primo gliel’ha soffiato Ganna in quella serata magica di ottobre. Il secondo se l’è portato via stasera Jonathan Milan. Entrambi erano reduci dalla finale del quartetto, quindi non ci sono scuse che tengano.

Milan è partito appena più forte (1’06”311 contro 1’06”622 di Bigham).

Poi è iniziata la rimonta del britannico (secondo chilometro in 2’05”750, mentre Milan in 2’06”691).

Ancora Bigham al comando nel terzo chilometro (3’04”674 contro 3’05”627 dell’azzurro).

E Milan alla fine infila un quarto chilometro da spavento (4’03”744, con Bigham in 4’05”860).

Milan è partito forte, ha avuto un lieve rallentamento, poi ha preso il volo nel finale
Milan è partito forte, ha avuto un lieve rallentamento, poi ha preso il volo nel finale

Sogno infranto

A un certo punto nel team britannico si è fatta largo la possibilità di vincere e forse per questo la rimonta di Milan è stata ancor più goduriosa. Alla fine, la stessa sconfitta dei nostri ai mondiali di Saint Quentin en Yvelines dello scorso anno, probabilmente non sarebbe venuta se gli azzurri fossero arrivati al mondiale preparati e freschi come gli inglesi, anziché approdarvi dopo una stagione estenuante su strada. Ma questa è un’altra storia.

Vedere Marco Villa dare la carica a Milan in rimonta ha spinto tutti ad alzarsi e ad incitare il friulano, quando era ormai palese che avesse fiutato la preda.

«Avevo detto che arrivavo qua a Grenchen – dice Milan con un sorriso grande così – sapendo che c’era un gruppo affiatato. Sono venuto con la voglia di vincere e di dimostrare la nostra capacità di mettersi in gioco. Abbiamo fatto il nostro meglio. Magari dobbiamo ancora migliorare qualcosa, però siamo andati al nostro massimo e il risultato si è visto.

«Oggi sono partito – prosegue –  con la consapevolezza di trovarmi un avversario molto forte. Perciò mi sono detto: “Vabbè, faccio la mia corsa e tengo il mio ritmo. Non posso andare a strappare”. Sono riuscito a calibrare il ritmo, non mi sono fatto prendere dall’agitazione e dall’emozione di essere in una finale europea. E diciamo che sono contento anche del modo in cui mi sono gestito».

Sul podio, Milan ha preceduto Bigham e il tedesco Buck Grancko
Sul podio, Milan ha preceduto Bigham e il tedesco Buck Grancko

Il calo di Bigham

Quando gli viene chiesto se il fatto di partire piano e poi crescere fosse un piano studiato prima, Milan fa un sorriso anche più grande.

«Non ho mai strafatto – racconta – non sono mai andato fuori giri. Certo sono arrivato a tutta, l’avevamo studiata così. Sapevamo… eravamo quasi sicuri che Bigham avesse questa tattica, lo avevamo visto anche in qualifica. A metà gara aveva avuto un picco e poi aveva un piccolo decrescendo. Così mi sono detto che dovevo solamente fare il mio e basta. E poi negli ultimi 3-4 giri sono andato a tutta.

«Sono contento, perché questi europei erano fra i miei obiettivi stagionali. Ho iniziato bene la stagione al Saudi Tour. Questo è un altro traguardo che ho raggiunto e sono veramente contento del lavoro che abbiamo fatto con la squadra e con la nazionale».

Milan è arrivato agli europei di Grenchen sull’onda dell’entusiasmo per la vittoria al Saudi Tour
Milan è arrivato agli europei di Grenchen sull’onda dell’entusiasmo per la vittoria al Saudi Tour

Rammarico Villa

Mentre se lo mangia con gli occhi, il cittì Marco Villa riesce a fare un secondo punto della situazione dopo quello di ieri, a capo dell’oro di Consonni e del quartetto maschile, dopo l’argento delle ragazze.

«Paghiamo nelle gare di gruppo – dice Marco – mi dispiace per Mattia Pinazzi, che a questo europeo si è trovato a correre uno scratch condotto a velocità folli fin da subito. Credo in lui e continuerò a dargli fiducia. Se devo tornare indietro, posso dire che queste cose sono accadute anche a uno come Simone Consonni e adesso vediamo tutti che campione è diventato.

«Nell’inseguimento invece ci siamo – ammette – anche se siamo all’inizio della stagione, ma le gare di gruppo ci devono far riflettere. Ci mancano le gare in Italia e se solo potessimo utilizzare Montichiari per farne qualcuna, ci aiuterebbe».

Milan aveva già vinto il titolo europeo dell’inseguimento nel 2021, sempre qui a Grenchen
Milan aveva già vinto il titolo europeo dell’inseguimento nel 2021, sempre qui a Grenchen

Milan è al settimo cielo. La vittoria di tappa in volata al Saudi Tour. Il titolo europeo nell’inseguimento a squadre e ora quello individuale. I suoi 22 anni sono un inno alla prepotenza agonistica, all’entusiasmo e alla consapevolezza di limiti tutti da scoprire. Con quel po’ di partigianeria che ti viene quando li hai visti crescere e hai condiviso infiniti discorsi sulle loro potenzialità, ora la fantasia vola sulle strade verso Sanremo e poi più avanti sulle rotte del Nord…

Il futuro del quartetto maschile nei piani di Villa

07.02.2023
6 min
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MONTICHIARI – Europei con vista sulle Olimpiadi. La rincorsa per Parigi 2024 inizia domani a mezzogiorno dal Velodromo Tissot di Grenchen. Tra l’impianto svizzero e quello di Saint Quentin en Yvelines ci sono circa seicento chilometri, ma per la nazionale azzurra la strada che porterà in Francia dovrà passare prima anche da Indonesia, Egitto e Canada per la Nations Cup. Intanto il cittì Marco Villa (in apertura a Montichiari con Viviani, che oggi compie 34 anni) ha diramato le convocazioni.

Nessuna novità rispetto alla nostra visita a Montichiari. Se nella velocità le scelte sono obbligate e se tra le donne i ruoli sono quasi già tutti assegnati, adesso il tecnico cremasco dovrà decidere come impiegare gli uomini nelle varie prove. Una base c’è. Proviamo quindi a capire meglio con Villa quali idee ha in testa per gli europei e per il futuro del quartetto, che punta al suo secondo trionfo continentale.

A Grenchen l’obiettivo sarà riscattare l’europeo 2022
A Grenchen l’obiettivo sarà riscattare l’europeo 2022
Marco a che punto è in generale il quartetto maschile?

E’ allo stesso punto del femminile. Ci sono quattro campioni olimpici (Ganna, Milan, Lamon e Consonni, ndr). C’è anche Viviani che col sistema olimpico deve provare anche lui ad essere competitivo col quartetto. C’è anche Bertazzo che è campione del mondo. Insomma chi farà l’inseguimento a squadre alle Olimpiadi dovrà essere competitivo anche nelle altre prove. Ad esempio, le ragazze sono più polivalenti sotto questo aspetto. Negli uomini ho Milan e Ganna che ad oggi non hanno fatto gare di gruppo, ma sono indispensabili nel quartetto. Quindi se uno sa fare i conti, per gli altri tre posti non c’è tanta scelta.

Abbiamo visto Ganna con Scartezzini nella madison di Fiorenzuola. In previsione di Parigi 2024 state già facendo dei pensieri?

Con Pippo ci stiamo già lavorando, ma non da questi europei. Per i mondiali di agosto vedremo, di sicuro in funzione olimpica dovrà testarsi. La mia idea sarebbe quella di fargli correre un paio di Sei Giorni durante l’inverno, ammesso che la sua squadra sia dello stesso mio parere.

L’altro indispensabile che hai nominato è Milan.

Indubbiamente è molto forte, altrimenti non sarebbe campione olimpico, medagliato ai mondiali e non sarebbe qua nel nostro gruppo. Mi fa piacere questa evoluzione di Jonathan, la stessa che hanno fatto Ganna, Consonni e ai tempi anche Viviani. Ci tengo a rimarcare subito che questa è l’ennesima dimostrazione che qui non si viene per perdere tempo, quanto piuttosto per fare un lavoro parallelo di crescita dell’atleta su strada. Noi non deviamo la carriera dell’atleta e questi risultati mi riempiono d’orgoglio.

Che tipo di corridore è Milan su strada?

Ho sempre detto in tempi non sospetti che non va paragonato a Ganna. Pippo è Pippo. Jonathan è più velocista, più finisseur e meno cronoman, anche se ha vinto il tricolore U23 proprio perché è forte. Se ci sono degli sprinter più forti di lui non lo so, posso dire che è diverso da altri come sono diversi tutti. Milan ha una volata lunga in progressione, data più dalle sue caratteristiche che dal lavoro in pista. Jonathan a differenza di Pippo ha preso anche medaglie nel chilometro. Non è un Groenewegen che esce all’ultimo, né Viviani che fa le volate di rimonta. A me è venuto subito un paragone con Petacchi e Cipollini più che a un Boonen, quantomeno nelle volate. Poi se sarà più competitivo ad una Sanremo, una Gand o solo su tappe piatte, ce lo dirà il tempo.

Torniamo ai tre posti vacanti per Parigi. Uno di questi il cittì Villa lo assegnerà a Viviani, che sarebbe alla sua quarta Olimpiade?

Di certi non c’è nessuno. Elia può essere il quinto. Deve dimostrare di essere riserva del quartetto qualora dovesse succedere qualcosa lassù ad uno dei titolari. Manlio Moro è un altro che può entrare nel quartetto, ma se entra lui devo rivedere chi farebbe la partenza. Lamon è uno che parte bene e ci ha fatto vincere le Olimpiadi come gli altri tre. In più sa fare bene la madison e l’omnium. Bertazzo è uno dei migliori che ho per la seconda posizione, una delle più dure. Dovrà lavorare però per le gare di gruppo. Consonni aveva la seconda posizione a Tokyo. Scartezzini corre benissimo la madison, ma bisogna vedere se può tornare nel quartetto.

Col quartetto hai vinto un europeo, un mondiale ed una Olimpiade. Stai pensando ad un ricambio generazionale?

E’ normale farlo. Ho Boscaro che è un buon chilometrista, sa fare le corse a punti ed è campione europeo U23 dell’eliminazione. C’è Pinazzi che è campione europeo U23 nell’inseguimento a squadre con lo stesso Boscaro, Manlio Moro e Galli. Mattia corre bene lo scratch, l’omnium e anche la corsa a punti se vuole. Spero che quest’anno lui diventi un’altra sorpresa nelle gare su strada. Ci sono gli juniores che sono passati U23, come Belletta o Delle Vedove. Non sono spaventato del ricambio. Spero bene nella mentalità delle squadre, che possano venirci incontro. Hanno davanti degli esempi per cui, come dicevo prima, venire qua non è una perdita di tempo.

Sembra che stiano rispondendo bene questi nuovi ragazzi.

Ad esempio Belletta ce l’ho avuto due anni fa, mentre l’anno scorso il tecnico degli juniores non ero io (è Dino Salvoldi, ndr). Altro esempio, Ganna, Consonni, Pinazzi, Lamon e Scartezzini me li sono portati da juniores in avanti. La mia speranza quindi è che si fidino a passare con un tecnico che non hanno mai conosciuto prima, anche per una questione di approccio.

Ivan Quaranta col gruppo velocità degli europei. Sullo schermo si studia dove migliorare
Ivan Quaranta col gruppo velocità degli europei. Sullo schermo si studia dove migliorare
Alla vigilia degli europei, qual è lo stato d’animo di Marco Villa?

Non siamo mai partiti convinti di vincere una medaglia o di essere già battuti. E’ un gruppo, sia maschile che femminile, che può conquistare qualsiasi prova. E non ce n’è una più difficile dell’altra. Anzi, grazie all’impegno di Ivan Quaranta correremo gli europei con buone prospettive nella velocità. Siamo qua come Italia, una delle Nazioni che è tornata ad essere competitiva su tutto e che fa paura un po’ a tutti. I titoli vinti ne sono la testimonianza. E’ la prima gara dell’anno e non so come siano gli avversari. Così come loro non sanno come stiamo noi. Dobbiamo fare attenzione a tutti, d’altronde quando arrivi a disputare la prima qualifica olimpica, il livello si alza per forza di cose. Nessuna nazionale arriverà sprovveduta. Vedremo chi starà meglio.

Strada poi pista: il 2023 di Milan prosegue a Grenchen

07.02.2023
5 min
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La stagione agonistica degli italiani è iniziata benone. Sono già cinque le vittorie messe nel sacco e una di queste è firmata da Jonathan Milan. Il gigante della Bahrain Victorious aveva vinto una tappa al Saudi Tour, qualche giorno prima del suo collega di quartetto Simone Consonni.

Mentre il friulano stava per volare da Venezia a Zurigo e da lì, in auto, a Grenchen dove ci sono gli europei su pista, ci ha raccontato questo inizio 2023. E non solo…

Al Saudi Tour Milan vince la seconda tappa battendo Groenewegen e Bol
Al Saudi Tour Milan vince la seconda tappa battendo Groenewegen e Bol
Jonathan, ti aspettavi un inizio così buono?

Proprio così buono no! Sì, era un mio programma/obiettivo quello di iniziare bene, cogliere qualche piazzamento anche per verificare come era andata la preparazione invernale. Poi abbiamo visto che potevo fare le volate e così ho provato anche il giorno dopo e alla quarta tappa (la più impegnativa, ndr) ero lì. Devo dire che la squadra ha lavorato benissimo, ma non intendo solo al Saudi.

E in cosa?

Nella preparazione invernale, nel modo di correre, nel lavoro che abbiamo fatto prima e durante la corsa… un lavoro molto attento. Dico che è un bene d’insieme.

Invece perché hai detto che non ti aspettavi un inizio così buono? Non sei al massimo? Avevi qualche problemino?

No, è che ancora non sono al top. Fisicamente non sono al 100%. Tuttavia la squadra non mi ha messo pressione. Prima del Saudi mi hanno detto: “Andiamo per fare esperienza e proviamo fare le volate”. Da parte mia poi, io ci provo sempre. Non aspetto che la vittoria cada dal cielo!

Lo scorso anno, in estate, Jonathan (classe 2000) ha ottenuto le prime due vittorie, sempre allo sprint
Lo scorso anno, in estate, il friulano (classe 2000) ha ottenuto le prime due vittorie, sempre allo sprint
Atteggiamento da vincente! Dopo l’Arabia Saudita anche tu come Consonni sei tornato pistard?

Eh sì, anche io ho “switchato”. Da oggi (ieri, ndr) abbiamo iniziato i primi allenamenti sulla pista e posso dire che non vedo l’ora di gareggiare, di riassaporare il parquet, il gruppo azzurro, la gara… insomma l’ambiente della pista.

Ma Jonathan Milan è anche uno dei boss della pista. Ormai cresci sempre di più. Hai vinto. Anche per gli addetti ai lavori sei un super big. Non è che inizi a mettere pressione anche a Filippo Ganna? Tanto più che magari farete l’inseguimento individuale da rivali…

Ma che scherzate?! Non penso di mettere pressione a Pippo… E poi non so neanche se lui farà l’individuale. Il mio obiettivo è quello di migliorarmi. Questo è il primo step. Ma Pippo resta il boss indiscusso.

Però anche a detta dei tuoi compagni, a prescindere da chi ci sia nel quartetto, la differenza si sente…

Sì, andiamo forte, magari tiriamo quel giro in più, ma anche gli altri due compagni “tirano da Dio”. Anche loro ci portano a quelle velocità e le mantengono. E’ un lavoro di gruppo. Per dire, io sono stato felicissimo l’altro giorno quando ha vinto Simone (Consonni, ndr). Da dietro, quando l’ho visto scattare sono stato proprio contento.

Milan, con Moro e Ganna a ruota agli ultimi mondiali. La lotta per un posto nel quartetto si allarga
Milan, con Moro e Ganna a ruota agli ultimi mondiali. La lotta per un posto nel quartetto si allarga
Sai già che posizione avrai a Grenchen? 

Vedremo, ormai mi hanno incastrato tra la prima e la seconda! Scherzo, sono due posizioni che non mi dispiacciono.

E cosa cambia tra le due?

Il primo è colui che lancia il quartetto. Deve fare una partenza giusta, che non sia troppo dura per  il quarto, quindi per Pippo. Il secondo invece deve continuare a far salire la velocità a regime, ma è un grande sforzo perché all’inizio parte a fianco del primo. Il terzo e il quarto devono andare forte e al tempo stesso far “recuperare” gli altri due. Come ho detto prima: è un gioco di squadra.

Quando si decide la posizione? E in base a cosa?

Non ci sono posti fissi. Si decide anche in base alle condizioni di forma e del momento, a come si è lavorato. Se per esempio si sta attraversando un periodo in cui non si è super con le partenze da fermo, si fa il secondo.

Milan con Pasqualon al Saudi Tour per un selfie con gli arabi
Milan con Pasqualon al Saudi Tour per un selfie con gli arabi
Torniamo alla strada, Jonathan: uno come Pasqualon si è fatto sentire in squadra? Lo conoscevi?

Sì, ci conoscevamo di vista, ma nel camp invernale siamo stati nello stesso gruppo e abbiamo avuto modo di passare parecchio tempo insieme. Andrea è diventato subito un riferimento e non solo in corsa. Si vede che ha esperienza. E anche  gara: “Vienimi dietro”. “Stai coperto”. “Stai tranquillo”…

Lo scorso anno avevi vinto in volata, quest’anno già ti sei ripetuto: ci stai lavorando o ti vengono naturali?

Ci lavoro e mi piacerebbe continuare a lavorarci, ma senza perdere altro. 

Ti senti un velocista puro?

Non più di tanto e non per il momento. Tengo benino su salite non troppo lunghe e non vorrei perdere queste qualità.

Più o meno quale sarà il tuo calendario dopo gli europei in pista?

Parigi-Nizza, Sanremo, le classiche del Belgio… tra cui il Fiandre.

Cinque sprinter italiani sotto l’occhio di Endrio Leoni

01.02.2023
6 min
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La stagione è ripartita e come di consueto lo ha fatto dando una grossa priorità alle volate. Hanno gioito per ora soprattutto sprinter stranieri. Giusto ieri ha rotto gli indugi Jonathan Milan, il quale però bisogna vedere se va inquadrato come un velocista puro.

Con Endrio Leoni , grande sprinter degli anni ’90-2000, abbiamo voluto fare un approfondimento sulle ruote veloci del Belpaese. Gli abbiamo chiesto di individuarne cinque. Cosa ci possiamo aspettare da loro? Quali sono quelle più pure che ci consentiranno di tenere alta la bandiera negli sprint più importanti?

Endrio Leoni (classe 1968) è stato un grande sprinter. Professionista dal 1990 al 2002, ha vinto oltre 30 corse… ai tempi di Cipollini
Leoni (classe 1968) è stato un grande sprinter. Pro’ dal 1990 al 2002, ha vinto oltre 30 corse… ai tempi di Cipollini

Tempi duri

Endrio schietto come era in bici lo è anche ai “microfoni” e dice subito che anche gli sprinter italiani di oggi non stanno passando un super momento.

«Faccio un po’ fatica a trovarne cinque – dice Leoni – perché un conto è il “mezzo velocista” che fa settimo, decimo… Un conto è il velocista che lotta per la vittoria. E’ un po’ lo stesso discorso degli scalatori che sento spesso. Dice: “Va forte in salita”. Okay ma se poi non vince….

«Comunque scelgo Nizzolo, Viviani, Dainese e Consonni».

Nizzolo (qui al centro) è potente ma non potentissimo, secondo Leoni
Nizzolo (qui al centro) è potente ma non potentissimo, secondo Leoni

Nizzolo, non solo potenza

E seguendo l’ordine di Leoni, iniziamo questa analisi con Giacomo Nizzolo.

«Nizzolo è uno che vince le sue 2-3 corse l’anno come minimo. All’inizio era davvero un velocista di belle speranze, aveva ottime premesse poi sul più bello ha avuto quel problema fisico, al ginocchio se ben ricordo, e questo gli ha tolto molto. Ti porta via tempo, energie mentali, toglie qualcosa al tuo fisico… mentalmente non sembra, ma si fa sentire».

«Giacomo era uno di quelli che teneva bene sulle salitelle e questa sua caratteristica mi piace molto. Vediamo se potrà arrivare al suo livello (o forse sono gli altri che sono cresciuti molto, ndr). In più è anche capace di destreggiarsi nei finali».

E anche se Nizzolo spinge e ricerca rapporti molti lunghi, Leoni non sembra essere d’accordo sul fatto che Giacomo sia un super potente.

«Non si tratta tanto del rapporto. E’ vero lui parte da lontano, ma poi devi capire anche cosa fanno i tuoi avversari. E’ potente sì, ma quel che voglio dire è che non è un Kittel».

Per Leoni, Elia Viviani (qui affiancato da Albanese, al centro), deve trovare la fiducia totale della squadra
Per Leoni, Elia Viviani (qui affiancato da Albanese, al centro), deve trovare la fiducia totale della squadra

Viviani e la Ineos

Si passa poi a “sua maestà” Elia Viviani, che più passa il tempo e più è stimato da colleghi e tecnici.

«Elia – spiega Leoni – si è un po’ perso nel tempo, almeno su strada. Ed è un peccato. Non so se sia stato uno sbaglio per lui andare in Francia e lasciare il team dove vinceva. Su strada deve rivedere qualcosa.

«Gli servirebbero almeno un paio di uomini, perché è vero che è bravo a saltare di qua e di là, ma se ogni volta sei da solo hai già fatto mezza volata e poi le gambe per l’altra mezza? La mia preoccupazione è che non so se in Ineos Grenadiers gli diano due uomini o comunque lo spazio necessario».

«Cosa mi piace di lui? Che a 33 anni ha ancora una grossa determinazione. Correre su pista e su strada a quel livello è difficilissimo. Ha qualche stagione per fare ancora bene».

Tour de France 2022, Alberto Dainese (in maglia nera) tra i giganti: Sagan, Van Aert e Groenewegen. Alberto può crescere molto
Tour de France 2022, Alberto Dainese (in maglia nera) tra i giganti: Sagan, Van Aert e Groenewegen. Alberto può crescere molto

Speranza Dainese

E veniamo ad Alberto Dainese. Complice forse la sua giovane età, Leoni si accende. L’atleta della DSM è quello più in rampa di lancio se vogliamo…

«Tra quelli nominati – prosegue Leoni – è quello che lascia più speranza. E’ un bravo ragazzino ed è veneto come me! Dovrebbe trovare una squadra a sua disposizione, sarebbe il massimo. Perché vedo che spesso è troppo indietro quando viene lanciato lo sprint. Non può sempre consumarsi per rimontare… e finire quarto, per dire. Ai 250 metri lui è 12°-13°, quando dovrebbe essere 6°-7°. Al Giro d’Italia gli ha dato una mano anche Bardet, che per carità è anche bravo, ma è uno scalatore. Lì ci serve uno sprinter forte quasi quanto te che sei il leader. Uno che sappia spingere bene il rapporto specie con le velocità (e i rapporti stessi) che ci sono oggi. Per me se lo merita, la sua gavetta Alberto l’ha fatta».

«Dainese è esplosivo. Può fare anche una volata di 180 metri. Ma poi queste sono analisi che lasciano il tempo che trovano. Ogni volata è diversa dalle altre. Magari c’è una curva ai 300 metri oppure si arriva velocissimi da un rettilineo di 1.500 metri… come quelle che preferivo io».

Consonni, che sa destreggiarsi benissimo in gruppo, potrebbe essere un ottimo apripista per Endrio
Consonni, che sa destreggiarsi benissimo in gruppo, potrebbe essere un ottimo apripista per Endrio

Consonni, apripista?

La lista dell’ex sprinter veneziano si chiude con Simone Consonni. 

«Simone – va avanti Leoni – è un gran bell’atleta, però io lo vedo più come velocista d’appoggio. In quel ruolo è ottimo… chiaramente se lui è mentalmente disposto a farlo. Può dire la sua in tante occasioni ma è un piazzato. In più tiene bene sulle salitelle».

«Per me Simone dovrebbe trovarsi un velocista di quelli super: uno Jakobsen, un Groenewegen, per dirigere il loro treno. Perché poi è la cosa più difficile quel ruolo, serve un’intelligenza tattica superiore e al tempo stesso bisogna essere fortissimi: qualità che lui ha. Potrebbe essere un Martinello, un Lombardi. Ecco, Giovanni non era super potente, ma era il più intelligente».

E il quinto?

I nomi che snoccioliamo sono tutti di buoni corridori: da Lonardi ad Attilio Viviani. Da Konychev a Fiorelli. Da Mareczko a  Mozzato

«Siamo nella schiera dei piazzati – spiega Leoni – Mareczko è il più sprinter di tutti, anche di quelli nominati prima, ma va bene per le corse più piccole. Io lo seguo da tempo. Da giovane pensavo: “Però, bravo questo ragazzo”. Ma evidentemente non è facile adattarsi tra i pro’».

«Sì, poi ci sono nomi come Trentin o Pasqualon, ma non sono dei velocisti. Sono corridori velocissimi. Anche Pantani era veloce e se si buttava in volata faceva decimo. Ma un conto è lottare tra i primi tre e un conto è farlo per il decimo posto. E’ un altro lavoro, un altro sport, cambiano le velocità, cambiano i watt. Ce ne sono 200 in meno. Un conto è fare lo sprint di testa a 1.600 watt e un conto è farne 1.400 a ruota.

«Semmai aspettiamo i giovani, come Milan ieri. Jonathan lo conosco bene. E’ un 2000, correva con mio figlio. E’ veloce, alto, potente… speriamo che possa trovare lo spazio giusto in quella squadra».

L’occhio di Bressan su Milan, Aleotti e Fabbro

18.01.2023
5 min
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Fra i motivi per cui è utile essere il vivaio di una squadra WorldTour c’è anche la possibilità di seguire i tuoi atleti anche dopo che sono diventati professionisti. Altrimenti, tanti saluti. Certo non mancherà l’occasione per vedersi e parlare, ma la gestione sarà in mani altrui e poco si potrà dire nel merito. Ne abbiamo avuto la riprova parlando con Roberto Bressan, team manager del Cycling Team Friuli, che negli ultimi anni ha lanciato al professionismo corridori come Fabbro, Aleotti e Milan. Dopo aver letto l’intervista a Gasparotto di qualche giorno fa sui programmi della Bora-Hansgrohe, avevamo trovato strano che Aleotti non corresse nelle Ardenne e puntasse diretto sul Giro.

In realtà la decisione era già trapelata nell’intervista di ottobre con lo stesso Aleotti (in apertura, Giovanni al Tour Down Under). La sua analisi, rileggendo le prove del 2022, aveva evidenziato che fosse arrivato al Giro troppo stanco. Per questo il programma prevede una partenza anticipata (in questi giorni l’emiliano si trova al Tour Down Under) e un periodo di riposo prima del Giro, dove aiuterà Vlasov nella lotta per la maglia rosa. Se spazio gli sarà dato, Aleotti lo avrà nella seconda parte della stagione.

Per Aleotti partenza anticipata rispetto al 2022. L’obiettivo, dopo uno stacco, è arrivare bene al Giro
Per Aleotti partenza anticipata rispetto al 2022. L’obiettivo, dopo uno stacco, è arrivare bene al Giro

Addio alle Ardenne

Il programma è chiaro. Quel che semmai potrebbe suonare strano è la rinuncia alle corse delle Ardenne che, per convinzione del team e del corridore, potrebbero diventare un giorno il suo terreno di caccia. Aleotti ha ancora 23 anni, le esperienze fatte adesso valgono oro.

«Secondo me – dice Bressan – Giovanni è ancora un po’… crudo, anche se l’anno scorso ha avuto parecchia sfortuna e non si è potuto preparare come voleva. Poi lui le cose le dice a pezzetti, quindi non so esattamente come si sia preparato. Corre alla Bora-Hansgrohe e non posso permettermi di entrare nel merito.

«Col Bahrain invece posso parlare di Milan, ad esempio, a 360 gradi. Le cose nel suo percorso stanno andando come ho sempre detto. Io parlo, Miholjevic ascolta. Poi è lui che prende le decisioni, ma sfruttiamo la conoscenza del corridore per fare il meglio».

Le classiche del pavé sembrano fatte per Milan, che è giovanissimo e ha mezzi inesplorati
Le classiche del pavé sembrano fatte per Milan, che è giovanissimo e ha mezzi inesplorati

Milan e il Nord

Il bello di essere il vivaio di una WorldTour, si diceva, è proprio la possibilità di seguire lo sviluppo dei propri atleti. E anche se sui tempi del passaggio di Milan al Bahrain ci fu da discutere, oggi Bressan sprizza orgoglio in ogni parola.

«Jonathan – dice – ha potenzialità sconosciute per tutti, ma sappiamo già quali sono le gare che può vincere. Tutte le classiche del Nord, quelle della prima parte, sembrano fatte per lui e credo che già quest’anno ci andrà vicino. Un ragazzo come lui, che ogni volta che sale in pista di avvicina ancora un po’ a Ganna, ha davvero dei mezzi non comuni».

Negli ultimi due anni, Aleotti ha vinto il Sibiu Tour. Ora è atteso a uno step successivo (foto Bora Hansgrohe)
Negli ultimi due anni, Aleotti ha vinto il Sibiu Tour. Ora è atteso a uno step successivo (foto Bora Hansgrohe)

Gli spazi giusti

Insomma, tanto si può dire su Milan e tanto lo si può ancora seguire, per quanto nel rispetto dei ruoli la carriera di Aleotti resta un film da guardare alla giusta distanza.

«Quando era con noi – dice Bressan – Giovanni era fortissimo. Mi stupisco che ancora non sia uscito, anche se ha vinto per due volte il Sibiu Tour e ha fatto delle belle prestazioni. Certo al Giro non può andare per fare classifica, forse non è maturo per vincere una grande corsa. Ma una cosa va detta. Giovanni, come Fabbro e De Marchi hanno avuto rogne con il Covid e adesso devono far vedere qualcosa. Fabbro è in scadenza di contratto, da quello che so Aleotti è tenuto in grandissima considerazione.

«Lui è molto serio, fa sempre le cose per bene. Deve avere fortuna e gli spazi giusti. Già in Australia si potrà vedere com’è la sua condizione. Fabbro invece lo spazio ha bisogno di cercarselo. E’ forte e già pronto, ma finora ha potuto fare classifica solo quando il suo capitano è caduto».

Fabbro punterà alle corse a tappe di una settimana: primo obiettivo il Catalunya (foto Instagram)
Fabbro punterà alle corse a tappe di una settimana: primo obiettivo il Catalunya (foto Instagram)

La legge degli squadroni

Sugli spazi, la chiusura spetta al loro procuratore: Raimondo Scimone, che giustamente non entra nella gestione, ma sa benissimo come vanno le cose nelle grandi squadre.

«Se ambisci ad andare in una grande squadra – dice Scimone – sai che devi lavorare per essere pronto nel momento in cui si apre la tua porta. Per Fabbro quella porta ci fu forse sull’Etna al Giro del 2020, quello di ottobre. Portava il gruppo a spasso, ma la porta non si aprì. E’ chiaro che quando vai in certe corse con Hindley, Vlasov e Higuita, la storia è questa. Il suo obiettivo sarà fare bene le corse di una settimana, come Catalunya e Tour of the Alps: facesse bene quelle, sarebbe già un bel passo».

Il bicchiere mezzo pieno di Buratti: 2023 tra U23 e WT

08.01.2023
5 min
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A novembre l’annuncio della Bahrain Victorious. Un misto di gioia con qualche accenno di amarezza. Buratti, uno dei migliori under 23 della scorsa stagione, forse il migliore, vestirà per un altro anno la casacca del Cycling Team Friuli prima di approdare alla World Tour, con un biennale postdatato 2024-2025. Una crescita che agli occhi di tutti è risultata anomala, con sfumature lette da molti in chiave positiva. Per una volta il più forte non ha fatto la corsa contro il tempo per approdare tra i pro’.

E’ stato preso più volte come esempio per aver saputo rinunciare alla smania del passaggio di categoria. Nicolò (foto Facebook in apertura) ha mantenuto il sangue freddo, non rinunciando ad una crescita costante ed è andato contro ogni inerzia del ciclismo moderno che riguarda i giovani spinti a passare ad ogni costo appena i numeri lo permettono

Per Nicolo Buratti la vittoria di Capodarco è stata la più bella del 2022
Per Nicolo Buratti la vittoria di Capodarco è stata la più bella del 2022

Ci siamo chiesti cosa Buratti pensasse a pochi giorni nel nuovo anno: timori, dubbi e obiettivi. Abbiamo chiamato il friulano consapevoli del fatto che dietro ad una decisione di questo tipo che ha scatenato dibattiti e consensi c’è sempre un ragazzo di 21 anni che condivide il sogno di molti, di pedalare ad alto livello inseguendo le proprie aspirazioni. Nicolò parlaci del tuo 2023…

Come hai passato le feste? Nel gelido inverno friulano o sei andato in cerca di calore altrove?

Molto bene. A dicembre sono già stato in Spagna per un ritiro con la Bahrain. Le prime due settimane le ho passate là e dopo son tornato a casa per le Feste continuando con la mia preparazione. Partirò dopodomani (oggi, ndr) per il secondo ritiro in Spagna, a prendere un po’ di caldo.

Sei andato con la WorldTour, quindi ti stai già integrando.

Sì a dicembre eravamo con altri ragazzi del CTF, ma non con tutti. Mentre questa settimana ci sarà il ritiro ufficiale della squadra e saremo al completo. 

Buratti ha firmato per un biennale 2024-25 alla Bahrain Victorious
Buratti ha firmato per un biennale 2024-25 alla Bahrain Victorious
Abbiamo parlato di recente con Jonathan Milan, ci ha detto che vi allenate spesso insieme?

Sì, abbiamo fatto anche quattro giorni assieme dopo Natale. Come dice lui abbiamo un gruppo di ragazzi friulani tra dilettanti e professionisti e quando c’è l’occasione si scrive e ci si raduna per macinare chilometri insieme. 

Veniamo al 2023, come stai vivendo la preparazione di questo anno da under con un biennale in tasca?

Dobbiamo prendere quello che viene, bisogna concentrarsi sulla nuova stagione focalizzandosi su nuovi obiettivi e nuovi stimoli. Sarà un anno di transizione, ma che sarà dedicato ad un ulteriore miglioramento delle mie prestazioni e conoscenza personale come corridore a 360°, per capire dove posso migliorare ancora e arrivare più pronto al professionismo. 

La stagione di Buratti si dividerà tra gare con la continental e la sorella maggiore WT
La stagione di Buratti si dividerà tra gare con la continental e la sorella maggiore WT
La tua stagione 2022 è stata da incorniciare. Hai timori, paura di non riuscire a riconfermarti?

Posso dire che riconfermarsi facendo i risultati della scorsa stagione sarà veramente difficile. Anche banalmente come numero di vittorie, sono il primo a dire che non è scontato. Sta a me cercare di eguagliare e riuscire a portare nuove vittorie, anche più importanti rispetto a quelle che ho già portato a casa. Non me ne vogliano le gare che ho vinto, che sono state importanti, ma aspiro anche a risultati ancora più blasonati. Non devo fissarmi sul numero, ma puntare sulla qualità.

I tuoi diesse come ti hanno spiegato questa situazione?

Abbiamo analizzato quello che avevamo in mano e abbiamo deciso per questa situazione. Nessuno mi ha imposto niente o mi hanno detto che “purtroppo” avrei dovuto fare un altro anno da under. E’ stata una decisione di comune accordo.

Guardandoti attorno, vedere coetanei e più giovani passare in squadre WT o professional, che impressione ti fa?

Io guardo al mio percorso. Penso al mio interesse, alla mia squadra e a ciò che mi aspetta. Se gli altri hanno avuto la possibilità di passare, vuol dire che i meriti li hanno avuti e hanno colto l’occasione al volo. Io comunque so che la mia è lì ad aspettarmi e devo solo attendere quest’anno ancora. Guardando il bicchiere mezzo pieno, so che sarà un anno che potrò sfruttare per migliorarmi ancora e capire dove posso arrivare. 

Buratti nel mondiale australiano è stato attanagliato dalla sfortuna, tra forature e problemi meccanici
Buratti nel mondiale australiano è stato attanagliato dalla sfortuna, tra forature e problemi meccanici
Avete previsto una stagione ibrida, con corse trai pro’ e gare con la WT?

E’ ancora in fase di organizzazione. Il piano prevede sicuramente corse con i professionisti. Sarà un anno più rivolto a gare con i pro’, per entrare nell’ottica e nell’ambiente in maniera graduale. 

Anche se non hai ancora il calendario sotto mano, si può immaginare che per agosto hai previsto un appuntamento importante. Con il mondiale hai un conto in sospeso…

E’ un obiettivo sicuramente. Si sa com’è andata. Non sento di avere nulla da recriminare, se non con la sfortuna. So che ci sono i presupposti per fare bene. 

Un pro’ coi dilettanti. Jonathan Milan “torna” con il CTF

05.01.2023
4 min
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Certe cose non cambiano, neanche se sei un campione olimpico. E’ stato bello vedere qualche giorno fa Jonathan Milan allenarsi con la sua vecchia squadra, il Cycling Team Friuli. Un’immagine di tradizione appunto, di amicizia e di semplicità.

Il gigante della Bahrain Victorious è uscito i giovani ragazzi che in qualche modo hanno preso il suo posto nella squadra di patron Roberto Bressan. Intendiamoci, non che Jonathan sia vecchio! Anzi.. però in gruppo quel giorno era il più esperto. Magari poteva raccontare qualche storia, una di quelle che ammaliano: le Olimpiadi, la vita con i campioni, le lunghe trasferte per il mondo…

Jonathan Milan (classe 2000) ha corso nelle fila del Cycling Team Friuli fino al 2020
Jonathan Milan (classe 2000) ha corso nelle fila del Cycling Team Friuli fino al 2020
Jonathan, fa un po’ strano, no? Tu che sei ancora super giovane l’altro giorno in quell’uscita coi tuoi ex compagni del CTF eri “il vecchio”…

Ora che mi ci fate pensare è così! In effetti è un po’ strano, però è anche bello vedere questi ragazzi crescere. Così come è bello uscire con mio fratello Matteo.

Ti hanno fatto qualche domanda particolare, ti hanno strappato qualche curiosità?

Quando si esce insieme si parla sempre del più e del meno. Magari ci si confida sugli obiettivi della stagione. Sì, qualche domanda me l’hanno fatta, ma più sul programma, sulla preparazione, sulla posizione da migliorare… ma sono più discorsi che domande. Semmai mi chiedono di altri corridori, a cominciare da Sonny (Colbrelli, ndr), Mohoric, Caruso… 

E delle Olimpiadi ti hanno chiesto qualcosa?

No, perché con tanti di loro ci avevo già parlato, mentre i nuovi arrivati non mi hanno fatto domande su Tokyo.

La squadra di patron Bressan è molto attaccata al suo territorio, tra l’altro ideale per pedalare (foto Instagram)
La squadra di patron Bressan è molto attaccata al suo territorio, tra l’altro ideale per pedalare (foto Instagram)
Eri sempre tu in testa a tirare o giravate tutti “ad armi” pari?

Tutti ad armi pari! Anche perché girano forte questi ragazzi. Anzi, sin troppo per questo periodo. Infatti gli dicevo sempre: “Tranquilli ragazzi!”

Il CTF è una doppia casa per te: vieni da quel team e in più adesso è la giovanile della Bahrain. Ti hanno chiesto qualcosa su come funzionano le cose in prima squadra?

Qualcosa sul ritiro. So che i ragazzi adesso faranno un piccolo training camp a gennaio, ma non sono sicuro se verranno in Spagna nel nostro stesso hotel, anche se penso di sì. A me piacerebbe sinceramente, perché penso sia una cosa formativa per loro. Ripenso a quando ero io al loro posto. Vedono i ragazzi più grandi, vivono un ambiente differente, si confrontano con una realtà di alto livello che li vuole fare crescere. Cose che poi, è giusto ricordare, ha sempre fatto anche il CTF. Questo connubio con la mia squadra li porterà ad un livello più alto. E infatti devo dire che sono davvero contento che le mie due squadre si siano legate in qualche modo.

Secondo te quanto ha contato Jonathan Milan per questa unione?

Oddio, non saprei. Ma non penso più di tanto. Tanti ragazzi sono passati prima di me… E poi ci sono le persone del team, la voglia e l’amore che ci mettono per portare avanti la squadra. La passione… Perché è un grande impegno. Credo sia merito della loro competenza.

Invece a livello pratico come nasce un’uscita simile?

Abbiamo una nostra chat, ma comunque quando esco con loro non sono mai l’unico pro’. Spesso si aggiunge qualcun altro, tra cui il “Dema”, Alessandro De Marchi, che tra l’altro è uno di quelli che studia il giro da fare, gestisce l’allenamento… a lui chiedono i consigli! Comunque, ci sentiamo, in linea di massima sappiamo che loro partono dalla “casina” di Udine alle 9-9,30. Noi partiamo da Buja, più o meno alla stessa ora e ci veniamo incontro. C’è uno stradone che collega Buja ad Udine e li ci incrociamo. Io poi se non rispondo a questa chat, chiamo mio fratello e mi aggiorno tramite lui. 

In certi allenamenti capita di fermarsi… A sinistra Matteo Milan, a destra suo fratello Jonathan
In certi allenamenti capita di fermarsi… A sinistra Matteo Milan, a destra suo fratello Jonathan
La sosta Coca Cola si fa?

Nei giorni di scarico con loro l’ho sempre fatta. Altre volte meno. Poi spesso capita che esca da solo in quanto ho dei lavori totalmente diversi da fare. Magari ho la palestra al mattino o degli specifici. Quel giorno però abbiamo fatto, se ben ricordo, 147 chilometri e 2.800 metri di dislivello a un po’ più di 29 di media oraria. Almeno io sono tornato a casa con questi numeri.

Prima hai detto: «C’era anche mio fratello, è stato bello». Come funziona con lui? In quel caso ti ritrovi a fare la chioccia? Lo riprendi?

No, no… i ragazzi devono divertirsi. Sono io il primo che chiacchiera. Poi non mancano gli scattini qua e là. L’importante è che quando arriva il momento di fare il lavoro ci si impegni. Ci vuole serietà. E mio fratello, come gli altri ragazzi, è serio. Certo, se devo dire qualcosa a Matteo, dargli qualche dritta gliela do. E lui il più del più delle volte le accetta.