Ganna Norvegia 2021

Basso, raccontaci: come hai visto Ganna in Norvegia?

25.08.2021
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Il Giro di Norvegia è una gara Pro che, per forza di cose, non propone grandi salite, infatti colpisce un po’ questa nouvelle vague norvegese piena di scalatori, un po’ come avvenne anni fa quando ci si stupì dell’ondata di campioni di sci alpino. Anche nel Giro di casa, gli scandinavi hanno fatto il diavolo a quattro, ma lì c’era una squadra, la Ineos Grenadiers, che ha portato alcuni suoi campioni non presenti alla Vuelta per portare a casa il trofeo. La particolarità è che la formazione britannica ha fatto leva sui reduci di Tokyo, della pista di Izu e si è visto quanto volavano…

In particolare Ethan Hayter, vincitore di due tappe e della classifica finale, ma anche Filippo Ganna ha riassaggiato la strada dopo la sbornia d’oro del quartetto e nella prima tappa, quella con più salita, ha chiuso sesto (nella foto di apertura scambia due chiacchiere con il danese Vingegaard secondo al Tour). Con loro c’era Leonardo Basso, che ha fatto un po’ da raccordo: «Non era una gara facile, eravamo 6 per squadra e con numeri simili è difficile controllare la corsa, anche perché tutti attaccavano noi, ma alla fine abbiamo chiuso con il massimo possibile».

Hayter Norvegia 2021
Il podio finale del Tour of Norway, vinto da Hayter con 15″ su Ide Schelling (NED-Bora) e 25″ su Mike Teunissen (NED-Jumbo)
Hayter Norvegia 2021
Il podio finale del Tour of Norway, vinto da Hayter con 15″ su Ide Schelling (NED-Bora) e 25″ su Mike Teunissen (NED-Jumbo)
Partiamo nella disamina proprio dall’inglese: conoscendo le sue caratteristiche di velocista, non si sarebbe portati a pensare a Hayter come vincitore di una corsa a tappe…

Invece è proprio così. Io lo conosco bene, non è un velocista comune, ha dalla sua una grande resistenza che lo porta a emergere anche in salita, almeno in quelle non troppo lunghe e pronunciate e quindi a giocarsi le sue carte in corse a tappe brevi. Se avete buona memoria, ricorderete che già a maggio, al Giro di Andalucia era andato forte, era al comando e nella tappa decisiva ha venduto cara la pelle, Miguel Angel Lopez dovette davvero sudare sette camicie per staccarlo. A ciò si aggiunga l’effetto Tokyo…

Ossia?

Chi è venuto dalle gare su pista aveva una gamba straordinaria, lo abbiamo visto subito sia per lui che per Ganna, la condizione era davvero super, si vedeva la pedalata agile e al contempo potente. Chiaramente bisogna riadattarsi alla strada e credo che per entrambi il Giro di Norvegia sia stato ideale per questo.

Hayter veniva da un’Olimpiade a due facce: la debacle completa del quartetto sul quale gli inglesi contavano molto e l’argento nella Madison con Matthew Walls, il corridore della Bora Hansgrohe già vincitore dell’omnium e che in Norvegia ha vinto la classifica a punti: com’era il suo umore?

L’argento lo ha rivitalizzato, la vittoria in Norvegia è figlia anche della botta di adrenalina che la gara finale di Tokyo gli ha dato. Era davvero supermotivato.

Hayter Schelling 2021
La vittoria di Hayter nella prima tappa, la più dura, dove Ganna dopo un gran lavoro ha chiuso 6° a 23″
Hayter Schelling 2021
La vittoria di Hayter nella prima tappa, la più dura, dove Ganna dopo un gran lavoro ha chiuso 6° a 23″
E Filippo?

L’ho visto davvero bene, la tappa iniziale era la dimostrazione chiara che la condizione è ottimale, serve solo mantenimento per puntare ai suoi prossimi obiettivi. Durante la corsa ha lavorato molto, come me, per favorire Ethan, è stata sicuramente una gara molto utile per lui.

Facile immaginare nel suo caso uno spirito molto alto…

Certamente, parlandoci si sente che non è minimamente appagato, ha ancora tanto da dire in questa stagione e poi gli serviva soprattutto trascorrere ore in sella alla bici da strada, respirare l’aria della competizione giorno dopo giorno. E poi, ripeto, è il colpo di pedale che ti dice subito che la condizione è quella giusta.

Basso Norvegia 2021
Per Leonardo Basso un buon ritorno dopo due mesi di sosta preventivata: ora a tutta fino a ottobre
Basso Norvegia 2021
Per Leonardo Basso un buon ritorno dopo due mesi di sosta preventivata: ora a tutta fino a ottobre
Parliamo anche di Leonardo, però: come sei arrivato all’appuntamento scandinavo?

Per me è stato quasi una liberazione, venivo da due mesi senza gare, l’ultima era stata Lugano con la vittoria di Moscon. Ho fatto due ritiri in altura, mi sono preparato con cura per il finale di stagione e in Norvegia ho avuto sensazioni molto positive.

Ora che sei ripartito che cosa ti aspetta?

Innanzitutto il Benelux Tour, dove ci sarà proprio Moscon e forse anche Geraint Thomas per puntare alla classifica. Poi tirerò avanti verso le gare italiane, sicuramente fino a metà ottobre ci sarà da lavorare, e tanto…

E il prossimo anno? Ti rivedremo in maglia Ineos?

E’ periodo di ciclomercato, se ne sta parlando, staremo a vedere. Diciamo solo che sono abbastanza tranquillo…

Carapaz è pronto per tre anni tutti d’oro

21.08.2021
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La storia del campesino fa parte della sua vita, ma Carapaz se l’è lasciata abbondantemente alle spalle. I chilometri e le esperienze hanno aiutato l’ecuadoriano a costruirsi una nuova solidità, a partire da quando vinse il Giro d’Italia e proseguendo con il podio all’ultimo Tour de France. L’oro di Tokyo ha messo il punto e mandato a capo la sua storia. Eppure, quando in meno di due settimane alla sua porta di sono presentati i corrieri degli sponsor tecnici della Ineos Grenadiers, consegnandogli il loro carico d’oro, Richard ha sorriso e un po’ è arrossito.

L’ecuadoriano ha sfoggiato il nuovo look alla Vuelta: oro dalla testa ai piedi
L’ecuadoriano ha sfoggiato il nuovo look alla Vuelta: oro dalla testa ai piedi

Richard e le multe

La storia di come vestire il campione olimpico è piena di aneddoti e regole stringenti del Cio. Il primo professionista a vincere i Giochi fu Pascal Richard ad Atlanta 1996. E lo svizzero, che quell’anno correva con la Mg-Technogym e subito dopo passò alla francese Casino, si inventò una maglia bianca con i cinque cerchi: vietatissima. Ma lui non se ne fece un cruccio, si rassegnò a pagare ogni volta una multa e visse e probabilmente monetizzò così la sua gloria olimpica.

Ullrich non fece nulla di particolare, mentre fu Bettini a capire la possibilità di mettere mano al colore degli accessori. E così da allora si è sempre fatto, intervenendo su casco, occhiali, scarpe e bicicletta.

Dogma d’oro

«Vincere l’oro olimpico – disse nella sera di Tokyo – è di gran lunga la cosa migliore che potesse capitarmi, ben più grande del podio al Tour. Immagino che nel mio Paese siano impazziti e li capisco, visto che non vincevamo una medaglia da 24 anni e la mia è la prima nel ciclismo, sport che è seguitissimo».

E per celebrarlo i suoi sponsor si sono scatenati. Come già fatto da Cervélo sulla bici da crono del campione olimpico di specialità Roglic, Pinarello ha messo una mano sulla Dogma F con cui Carapaz ha vinto a Tokyo e come Re Mida l’ha trasformata in oro.

Da Bettini a Carapaz

A seguire si sono mossi gli amici di Sidi, con un intervento sulle Shot 2 che già Carapaz utilizzava dall’inizio dell’anno. Le scarpe bianche sono state impreziosite grazie a una serie di ricami utilizzando un filo dorato e ad alcuni dettagli ugualmente d’oro, che le fa risaltare in modo elegante. Nel 2005 di Bettini, le scarpe ugualmente Sidi vennero invece realizzate con la tomaia tutta d’oro.

Anche Sidi ha messo mano agli scarpini, fregiandoli con un filo e dettagli dorati
Anche Sidi ha messo mano agli scarpini, fregiandoli con un filo e dettagli dorati

Tre anni con l’oro

Come ben si può vedere dalla foto di apertura, mentre Carapaz lotta tutti i giorni alla Vuelta, anche Kask e Oakley si sono allineati con un casco e occhiali d’oro. Casco modello Protone Wg11 che dal blu Ineos nella parte posteriore sfuma fino all’oro della parte anteriore. Mentre è dorato anche il riflesso delle lenti Oakley.

Questa potrebbe essere la livrea di Carapaz fino a Parigi 2024, che semmai sarà aggiornata con il variare dei modelli. Due anni in meno di quanto Van Avermaet abbia portato in giro il suo casco d’oro. A causa del rinvio delle Olimpiadi, il belga s’è fregiato dell’oro per cinque anni. Carapaz brillerà per tre stagioni, ma anche lui rimarrà nella storia dello sport.

Moscon nel guado, tra l’azzurro e la nuova squadra

11.08.2021
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Il Tour de Pologne è la gara ideale per capire quale sia la tua condizione. Il livello qualitativo è buono, le frazioni sono lunghe, ben distribuite e adatte per ogni tipo di corridore. Manca il cosiddetto “tappone” ma ai protagonisti interessa relativamente perché a questo punto della stagione si fa fatica o si fa la differenza anche con poco. Uno dei partecipanti che era venuto in Polonia con qualche obiettivo di tappa in vista dei prossimi impegni, anche con la maglia azzurra, è Gianni Moscon. 

Gianni partiamo dalla prova olimpica di Tokyo. Com’è andata in generale?

L’Olimpiade lo sappiamo com’è andata. Ho chiuso ventesimo, non ho avuto la giornata migliore della mia vita ma non stavo neanche male. Ovviamente quelli che arrivano dal Tour de France avevano una marcia in più. Ero col gruppo di Bettiol prima di staccarmi, ho scollinato a 40” dal suo gruppo, che era la testa della corsa poi non siamo più riusciti a rientrare. E’ andata così.

A Tokyo ha aiutato Bettiol ed è praticamente arrivato con lui, appena 2″ dopo
A Tokyo ha aiutato Bettiol ed è praticamente arrivato con lui, appena 2″ dopo
Poi Clasica di San Sebastian e ora il Tour de Pologne.

Sì, sono ritornato in gara in Spagna (chiudendo al nono posto, ndr) ma prima di venire in Polonia sono stato malato per tre giorni, ho avuto la febbre. Poi qui alla prima tappa sono caduto a due chilometri dall’arrivo e sono qui tutto ammaccato (la gamba destra è incerottata e con una rete per tenere le garze, ndr). Cerco di finire la settimana, magari mi riprendo e qualche tappa buona la posso fare ma ieri (10 agosto, ndr) stavo male. Ho sofferto, ovviamente la botta è stata importante però voglio recuperare e tornare con qualcosa di positivo da questa settimana

Nel tuo calendario dovrebbero esserci anche Europei e Mondiali. Iniziamo dalla rassegna continentale che sono nella tua Trento. Li farai?

Non so se li correrò, non sono io a decidere, dipenderà da chi ci sarà a guidare la nazionale. Comunque avevo già dato la mia disponibilità a Davide (Cassani, ndr) e ne avevo parlato con lui. Sicuramente mi piacerebbe farli, a maggior ragione essendo in Trentino.

Che tipo di percorso è? Adatto ad un corridore alla Moscon?

E’ un circuito impegnativo, anche se non è durissimo. Sarà una corsa aperta, però per me uscirà una corsa selettiva. Ed adatta a chi ha caratteristiche come le mie o come quelle di Trentin, comunque per corridori di fondo e non necessariamente scalatori puri.

E a Lugano ha ottenuto finalmente la vittoria (che mancava dalla tappa di Naturno al Tour of the Alps) su Valerio Conti
E a Lugano ha ottenuto finalmente la vittoria (che mancava dalla tappa di Naturno al Tour of the Alps) su Valerio Conti
E invece della gara iridata? 

Non ho ancora visto il percorso, però sulla carta sembra più duro, soprattutto per il maggior chilometraggio (179,2 chilometri degli Europei contro i 267 del Mondiale, ndr). Però di corse prima ce ne sono tante per me e vale il discorso fatto prima, vedere se sarò tra i papabili.

Il tuo programma per il finale di stagione?

Farò il Benelux Tour (dal 30 agosto al 5 settembre, ndr), Parigi-Roubaix, il Lombardia e le gare in Italia. La stagione in realtà è ancora lunga.

Quest’anno hai conquistato tre vittorie, sei stato bene ma anche frenato da qualche acciacco. Finora che voto daresti alla tua annata?

Penso che un 8 me lo possa dare, sono abbastanza soddisfatto.

Chiudendo, sei in scadenza di contratto con la Ineos-Grenadiers. Si vocifera di un passaggio alla Deceuninck ma anche ad altre formazioni WorldTour. Puoi sbilanciarti e dirci quanto c’è di vero?

E’ difficile, non so nemmeno io cosa dire (ride, ndr). Vedremo nelle prossime settimane se si deciderà qualcosa.

Al Giro grande spalla per Bernal: qui nella tappa di Montalcino
Al Giro grande spalla per Bernal: qui nella tappa di Montalcino
Allora rilanciamo: è tutto legato in base ai risultati che farai da qui a fine anno? O tutto è già deciso?

No, sappiamo tutti quello che posso fare. Non è che cambi molto un risultato fatto adesso.

Quindi di contatti con altre squadre ne hai già avuti?

Assolutamente sì, però ve l’ho detto, è ancora tutto da decidere. Sia da parte mia, sia da parte della mia attuale squadra, sia delle altre eventuali.

Light oppure aero? La complicata scelta dei pro’

06.08.2021
5 min
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L’evoluzione e gli studi sui telai offrono ai pro’ dei modelli di bici sempre più performanti, stagione dopo stagione. Le esigenze dei corridori crescono con l’aumentare delle performance e la loro scelta va di pari passo. Ormai lo sviluppo del telaio ha raggiunto degli standard sempre più vicini alla perfezione. Si sa, ogni atleta è fatto a modo suo, sia per esigenze tecniche ma ancor di più per le caratteristiche fisiche. Le case costruttrici sono arrivate perciò al punto di dividere i telai a seconda di queste esigenze.

Non è raro vedere i team professionisti avere a disposizione più telai durante la stagione: uno aerodinamico, per le gare in pianura, l’altro light, ovvero leggero, usato nelle gare con tanto dislivello. In controtendenza, rispetto alle altre squadre, c’è Pinarello, che offre al team Ineos una sola bici, la Dogma F, vincitrice, tra l’altro dell’oro olimpico di Tokyo con Richard Carapaz.

Nell’analizzare questa situazione ci siamo soffermati sulla suddivisione dei telai, andando a chiedere a vari corridori come si trovano e se abbia veramente senso avere questa doppia scelta.

Diamo parola, quindi, a coloro che fanno sfrecciare questi telai sugli asfalti di tutto il mondo. Salvatore Puccio (Ineos Grenadiers, Pinarello Dogma F), Edoardo Affini (Jumbo-Visma, Cervélo S5 Aero e Cervélo R5 light), Matteo Fabbro (Bora-Hansgrohe, Specialized Venge e Specialized Tarmac), infine Emanuele Boaro (Astana-Premier Tech, Willier Zero Slr e Willier Filante).

Scelta di squadra

Avere a disposizione due telai crea una difficoltà logistica per le squadre, nel momento in cui si va a correre. La difficoltà principale è anche capire se agli atleti vengano fornite due bici per gli allenamenti di tutti i giorni.

«La scelta del team è legata alle caratteristiche dei corridori – esordisce Salvatore Puccionon abbiamo velocisti, quindi non è stato sviluppato il telaio per le gare di pianura. La Pinarello Dogma F è una bici ibrida, ideata per essere performante in tutte le situazioni di corsa, come abbiamo visto anche al Giro nella tappa delle strade bianche. 

«Quella di avere due telai la ritengo una scelta inutile, cambiare bici da una tappa ad un’altra crea una scomodità non indifferente per il posizionamento in sella, noi professionisti sentiamo la differenza se un telaio viene modificato leggermente, figuriamoci se cambia completamente mezzo».

Venge ai box

Quella della Ineos non è però l’unica scelta in questo senso, Specialized ha deciso di fermare ai box il modello Venge, quello dedicato alla pianura o alle volate. Ce lo spiega meglio Matteo Fabbro, atleta del team Bora-Hansgrohe.

«Fino a metà della stagione 2020 – dice – usavamo due bici, ora con il nuovo sviluppo della Tarmac, la Venge è stata abbandonata. Una scelta fatta dalla casa madre, noi atleti non siamo stati chiamati in causa, anzi io preferivo avere la doppia bici. Per un corridore leggero come me, avere un vantaggio in pianura, seppur minimo, è fondamentale. Poi, fin quando non è arrivato il Covid, avevamo entrambe le bici a casa per allenarci. Se si aggiungono i periodi di ritiro nei quali provavi entrambe, si arrivava ad un numero simile di chilometri percorsi con l’una e con l’altra».

La Ineos ha corso il Giro con la F12, poi dal Tour è arrivata la Dogma F
La Ineos ha corso il Giro con la F12, poi dal Tour è arrivata la Dogma F

Scelta fissa

Edoardo Affini, un metro e 92 per 80 chili, ha delle caratteristiche atletiche completamente differenti da Fabbro, ed una visione altrettanto opposta.

«Sebbene Cervélo metta a disposizione due telai, S5 per la pianura e R5 per la montagna – spiega il mantovano – io non ho mai utilizzato quest’ultimo. Anche nelle tappe con un dislivello importante scelgo l’S5, perché anche in questo caso il mio lavoro principale è in pianura. Di conseguenza preferisco usare una bici che mi dia la massima prestazione sul terreno di mia competenza».

Sintesi finale

Infine, Emanuele Boaro, trova il riassunto definitivo: «Si parla di bici veloci e di bici leggere – inizia così il corridore dell’Astana – ma la differenza di peso è minima, si parla di grammi, neanche di etti. La grande differenza è nella guidabilità, la bici aero è più rigida e quindi adatta a corridori potenti o per chi deve disputare delle volate. Io stesso, al campionato italiano ho adoperato la Filante, ovvero la bici veloce, poiché, nonostante il dislivello elevato si pensava ad un arrivo in volata.

«La Willier Zero la usano molto i nostri scalatori, ma per un discorso più mentale. Quel che fa maggiormente la differenza sono le componentistiche, mettere delle ruote a profilo alto o basso su una bici la cambia completamente, in guidabilità e scorrevolezza. La scelta è condizionata molto anche dal fattore psicologico, molti ciclisti preferiscono usare una bici che considerano più performante, anche se poi le caratteristiche differenziano di poco. In un grande Giro la doppia bici la uso sempre, anche se preferisco non cambiarla da una tappa all’altra, ma di settimana in settimana, utilizzando quella che ritengo migliore a seconda delle strade percorse».

La Pinarello di Bernal e le sue “fissazioni”

03.06.2021
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E dopo aver parlato in lungo e in largo del vincitore del Giro d’Italia adesso tocca alla sua bici. Come è stata gestita la Pinarello F12 di Egan Bernal durante la corsa rosa? Quali sono le sue particolarità? E che “fissazioni” ha il colombiano? 

Innanzi tutto la sua bici è una Pinarello F12 Xlight “di serie”, cioè un telaio di quelli che si trovano in commercio: stesse geometrie, stesso peso, stessa struttura. Grossi interventi lo staff tecnico della Ineos-Greandiers non ne ha effettuati durante la corsa rosa, tuttavia ci sono dei piccoli cambiamenti e adattamenti che meritano attenzione.

Pinarello-Dogma-F12-Ineos
La Pinarello Dogma F12 della Ineos-Grenadiers, unica squadra del Giro ad avere solo la versione con freni tradizionali
Pinarello-Dogma-F12-Ineos
La Pinarello Dogma F12 della Ineos-Grenadiers: unica squadra del Giro ad avere solo la versione con freni tradizionali

53 mon amour

Bernal, come tutti i corridori della Ineos, sia quelli presenti al Giro che gli altri, utilizzano di base l’11-30 di Shimano, chiaramente Dura Ace. E lo utilizzano sia sulle bici da gara che da allenamento, da crono e da strada. E’ così nel 99% dei casi, una scelta ponderata che li aiuta ad abituarsi a quella determinata cassetta.

Bernal durante il Giro, nonostante vada “duro” come si addice ad uno scalatore puro, a volte ha utilizzato la corona da 36 denti. E’ stato così nelle frazioni più impegnative di alta montagna.

«Nel giorno dello Zoncolan – spiega Matteo Cornacchione, meccanico del team inglese – ha scelto il 32 al posteriore. Per questa sua richiesta, ponderata con lo staff dei preparatori, con l’atleta e il responsabile dei materiali, abbiamo anche utilizzato il cambio e la cassetta posteriore Ultegra. Perché con il 32 serve il cambio a gabbia lunga che nella versione Dura Ace non c’è. Sappiamo che funziona bene lo stesso, ma per evitare rischi abbiamo seguito i suggerimenti del costruttore giapponese. Quindi abbiamo optato per questo set che pesa in tutto 140-150 grammi in più (30-40 grammi il cambio e un etto abbondante la cassetta). E’ il nostro protocollo di sicurezza».

Egan poi ha sempre usato il 53, mai il 54 come ormai si usa fare da molti in tappe di pianura. Chiaramente nelle altre frazioni in cui non aveva il 36 la corona piccola era il 39.

Fausto Pinarello sul podio di Milano. La bici da crono rosa che non ha utilizzato Bernal è “a casa” del costruttore trevigiano
Fausto Pinarello sul podio di Milano. La bici da crono rosa che non ha utilizzato Bernal è “a casa” del costruttore trevigiano

Peso (quasi) al limite

In generale Bernal non ha grosse fissazioni, ma sul peso e come vedremo sulle pressioni (soprattutto) è molto attento. E infatti Cornacchione ha sempre garantito un peso prossimo al limite dei 6,8 chili. Pensate che in Ineos hanno acquistato la stessa bilancia che utilizza l’Uci per ovviare ad inconvenienti e differenze di tarature. La bici di Egan era sempre sui 6,840 chili, computerino escluso, si tenevano quei 40-50 grammi di margine per stare tranquilli, anche perché poi ci sono alcuni giudici che pesano le bici con il Garmin e altri senza. Anche riguardo al device di Velon, per limare dei grammi avevano tolto il supporto in gomma con cui è fornito ed era fissato “a nudo” con delle normali fascette. «La bici di Egan durante il Giro ha oscillato tra i 6,840 e 6,860 grammi», spiega il meccanico.

Dura Ace da 60, una garanzia

Riguardo alle ruote invece il colombiano solitamente utilizzava le Shimano Dura Ace da 60 millimetri, il cui mozzo, sempre secondo Cornacchione è una vera garanzia di scorrimento e tenuta. Ma nelle tappe di montagna per avere una ruota più leggera ancora Egan optava per le Lightweight (le Meilenstein, il cui profilo è da 48 millimetri), ma…

«Ma nella tappa di Cortina d’Ampezzo ha scelto lo stesso le ruote Shimano da 60 millimetri – rivela Cornacchione – questo set infatti garantise una frenata più lineare e sicura anche con il bagnato, mentre la Lightweight è ben più complessa da utilizzare in quelle condizioni. Non volevamo rischiare. Poi nella planata dal Giau, Caruso e Bardet soprattutto sono scesi forte, ma noi in quel momento tenevamo sott’occhio maggiormente il distacco da Yates». 

“Pressionemania”

Ecco poi il capitolo delle gomme e delle pressioni. La copertura di Bernal è sempre stata il tubolare Continental Alx da 25 millimetri, nella versione più leggera. E’ una gomma con la quale Bernal ha ormai un certo feeling, tuttavia quando vede già solo una nuvola all’orizzonte, specie se la tappa è mossa, Egan va in allerta con la pressione.

«Lui si fida ciecamente di noi meccanici. Per esempio sulla posizione, una volta trovata quella ad inizio stagione non la cambia più. Neanche quest’anno con tutto quel discorso dello spessore tra scarpa e tacchetta (che a proposito è di 1,5 centimetri), ma sulla pressione vuole sempre verificare. Leggero com’è lui di solito le mette a 6,5 bar. Una mattina prima di una tappa ha visto una remota possibilità di pioggia e me l’ha fatta mettere a 6,4. Un nulla, ma per la sua testa contava molto».

Notte fonda ormai, i meccanici Ineos continuano a lavorare
Notte fonda ormai, i meccanici Ineos continuano a lavorare

Catene e stickers

Per il resto, avendo cambiato una bici a settimana Bernal non ha sostituito neanche la catena. Dopo aver preso la maglia rosa a Campo Felice di fatto gli è stata consegnata una bici nuova con i colori del primato. E lo stesso è stato fatto prima dell’ultima settimana.

«E poi non è mai caduto, né ha avuto problemi meccanici, quindi tutto è flato via tranquillo. In realtà un cambio di catena lo abbiamo fatto, ma a tutti e non solo a lui, dopo la tappa di Montalcino. Non ce n’era bisogno, ma dopo tutta quella polvere abbiamo preferito fare così.

«Le serigrafie di solito le mettiamo noi meccanici. Ci arrivano degli stickers particolari. E’ un lavoro in più ma si fa con piacere. Nella crono finale, Fausto (Pinarello, ndr) gli ha mandato la bici da crono nuova tutta rosa, ma Egan non l’ha voluta usare per non rischiare nulla. Ha preferito quella già “rodata” a Torino. Ci abbiamo lavorato fino a mezzanotte! Era perfetta…».

Ganna, la ruota bucata e il cambio bici da record

01.06.2021
7 min
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Ganna fila che è un piacere. Nell’ammiraglia che lo segue, Tosatto è alla guida, Cioni studia i dati. Sul sedile dietro viaggiano sir David Brailsford e Matteo Cornacchione, il meccanico. Ha la sua valigetta e una coppia di ruote. Sul tetto della Mercedes, due crono di scorta e anche la bici da strada. La coppia di ruote serve casomai il corridore buchi andando alla partenza, anche se il Team Ineos è solito piazzare un meccanico accanto alla rampa per coprire le evenienze di tutti. Ganna fila che è un piacere ed è già in vantaggio su tutti, quando con un gesto indica la ruota posteriore. La sua radio può solo ricevere, ma il gesto è inequivocabile. La ruota è bucata.

Queste le immagini dalla camera car della Ineos realizzate da Velon

Tosatto e Cioni

«Tosatto ha cominciato subito a dire che avremmo dovuto cambiare la bici – ricorda Matteo – mentre Cioni guardava la velocità, che non calava. Quasi non voleva accettare che la gomma potesse essere bucata. Probabilmente deve aver preso un vetrino e la gomma scendeva pianissimo. Pippo avrà fatto 4 chilometri con la ruota che si sgonfiava e intanto spingeva più forte perché non voleva perdere terreno e dondolava e dava di spalle. Tosatto era sicuro che nelle ultime curve sul lastricato non ce l’avrebbe fatta. Se la gomma si fosse sfilata, sarebbe caduto. Siamo andati avanti così per un po’, poi su un binario a 4-5 chilometri dall’arrivo, Pippo deve aver sentito che la ruota gli scappava e a quel punto Cioni si è convinto e gli ha detto di fermarsi».

Ganna è arrivato come un treno al miglior intermedio sulla sua Bolide azzurra, ma nel finale la ruota posteriore si è bucata
Ganna come un treno al miglior intermedio, ma nel finale la ruota posteriore si è bucata

Pit stop: cambio bici

Ganna si ferma. Solleva la gamba e ci fa passare sotto la bici, poi la appoggia. Fa due passi verso l’ammiraglia e già Cornacchione gli è addosso. Pippo sale sulla Bolide nera, Matteo lo spinge finché ha fiato in corpo e la crono riparte. Sembra tutto facile, immediato, banale, ma dietro c’è un mondo.

Cosa succede dal momento in cui l’ammiraglia si ferma?

Apro lo sportello. Scendo. Mollo il gancio. Prendo la bici. Potrei allentare il gancio mentre l’ammiraglia frena, ma rischio che quando apro lo sportello, la bici cada e sarebbe un danno ben peggiore.

E’ facile mettere giù la bici?

Quella da crono è più grande. E quando la prendi, non puoi sbatterla per terra per evitare problemi alle ruote. Pesa 700-800 grammi più della bici da strada e sul tetto è messa con il manubrio in avanti. Quindi l’ho presa per la forcella e per il fodero orizzontale e tenendola così, l’ho appoggiata per terra. Il tempo di farlo e Pippo ci era già sopra. Ha dovuto venirci incontro, perché Tosatto si è fermato un po’ indietro. Avesse guidato Cioni, gli sarebbe montato sopra. Dario quando guida è un diavolo.

La bici sul tetto ha la catena sul rapporto per ripartire?

Sempre. Scegliamo insieme il rapporto, di solito con la catena sul 58 per evitare che Pippo debba cambiare dopo essersi lanciato. Si potrebbe mettere sul 46×15 e lui potrebbe prendere subito velocità facendo una partenza come su pista. Ma poi sarebbe costretto a far salire la catena sul 58 e in quei frangenti e con tutti quei watt, rischierebbe di spaccare qualcosa. Per cui 58×19-21, Pippo si è lanciato e ha fatto subito scendere la catena.

Quanto pensi che abbia perso?

Non abbiamo quantificato, ma siamo nell’ordine di 12-13 secondi.

Verso il traguardo invece Ganna viaggia sulla Bolide nera, cambiata da poco
Verso il traguardo invece Ganna viaggia sulla Bolide nera, cambiata da poco
Rispetto al solito, non abbiamo visto Pippo spostare il Garmin.

Perché per lui, Bernal e pochi altri, sulla bici di scorta abbiamo un altro Garmin già tarato. Quell’apparecchio per loro è più importante della borraccia, tante volte più per un fatto psicologico.

Pippo è ripartito e tu a quel punto?

Io a quel punto sono corso indietro per rimettere a posto la bici. Caricarla è più complicato, perché devi infilare le ruote in quei piccoli binari. E poi, trattandosi della bici blu, non volevo graffiarla. Per cui ci ho messo 2 secondi in più, ma non l’ho danneggiata. Sono operazioni da fare comunque in fretta, perché sennò rischi che il direttore sportivo ti lasci lì.

Per quanto tempo Ganna è rimasto senza assistenza?

A dire tanto 500-600 metri, poi gli siamo tornati sotto per le ultime indicazioni. Al mattino aveva fatto la sua ricognizione e ricordava bene il finale dall’anno scorso, ma quando hai sotto delle gomme diverse, la tenuta della bici è sempre un po’ diversa, anche se non sono gomme nuove.

Sulla hot seat, Ganna assiste agli arrivi di tutti i corridori più pericolosi
Sulla hot seat, Ganna assiste agli arrivi di tutti i corridori più pericolosi
Sono ruote usate solo da lui oppure sono ruote del team?

Sono le sue gomme, montate sulle sue ruote. Non è facile, ma per Pippo e pochi altri si può fare. In magazzino determinati materiali vengono messi da parte. Così abbiano finito la crono e Pippo è riuscito a vincere. E a quel punto sono arrivati con lo scanner per controllare la bici.

Lo scanner?

Sì, non il solito tablet. Hanno uno scanner in cui però la bici non entrava per quanto è grande. Io ero già tornato in partenza per seguire Martinez, per cui gli ho detto di smontarla da sé e poi l’avrei rimessa a posto io. E così hanno controllato la bici di Pippo, quella di Martinez e alla fine anche quella di Bernal. Nessun barbatrucco e neanche cuscinetti speciali. E poi hanno controllato anche il peso.

La bici da crono di Ganna rischia davvero essere troppo leggera?

Proprio no. Un po’ perché ci teniamo circa 60-70 grammi di tolleranza e poi perché la stessa ruota anteriore che abbiamo scelto per quel giorno era più pesante. Quello che eventualmente abbiamo perso in grammi lo abbiamo conquistato in watt.

Il lavoro dei meccanici è decisivo per ottenere grandi risultati (foto Instagram)
Il lavoro dei meccanici è decisivo per ottenere grandi risultati (foto Instagram)

Tocco italiano

Dopo la crono e come abbiamo già raccontato, David Brailsford ha commentato che i suoi meccanici potrebbero dare lezioni al capo meccanico della Mercedes in Formula Uno. Noi vi abbiamo raccontato in che modo tre italiani abbiano scortato e assistito il campione del mondo (italiano) alla vittoria della crono di Milano. Questa iniezione di italianità sta dissipando quel fastidioso alone che negli anni andati ha reso il Team Ineos poco simpatico. E Brailsford, che ci vede molto bene, si è accorto anche di questo.

Bernal: «Grazie al Giro ho ritrovato la felicità»

30.05.2021
5 min
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C’è tanta Colombia stasera in piazza Duomo, per quella straordinaria capacità che hanno quelli di laggiù di sentirsi Paese e stringersi attorno ai loro eroi. E’ bastato seguire per tre volte il Tour Colombia per capire di quanto amore siano capaci. E oggi sono tutti qui per Egan Bernal. Il ragazzo in maglia rosa ha gli occhi buoni e quando dice che dentro è un ribollire di emozioni e felicità, bisogna credergli, perché in fondo al suo sguardo c’è tanta commozione.

A cena col capo

La storia di questo suo Giro d’Italia nasce dopo l’ultimo Tour da una cena a Monaco con David Brailsford, il grande capo della Ineos Grenadiers. Egan era a pezzi, niente di quello che sapeva fare sembrava più alla sua portata. A Brailsford bastò sentirlo parlare per indicargli la strada.

Bernal ha fatto la crono a tutta, per non correre rischi
Bernal ha fatto la crono a tutta, per non correre rischi

«Parlammo tantissimo – ricorda ora – e alla fine arrivammo a capire quello che serve per avere la versione migliore di Egan. Stare tranquillo e divertirmi. A me piace correre d’istinto e David è stato quello che più mi ha aiutato in questo processo. E alla partenza del Giro mi ha detto: “Vai e fai quello che senti di fare!”. Una parte molto importante di questa vittoria è sua».

L’indigestione

La vittoria è un piatto che devi saper mangiare. Se ti ci avventi sopra con la fame di sempre, ti riempie e può farti male. E in fondo nel commentare quella del Giro, Egan ha quasi paura di sbilanciarsi, ricordando il periodo nero vissuto dopo il Tour. Trovateci un calciatore che dopo la grande vittoria sia capace di andare così a fondo dentro se stesso.

«Il dopo Tour – dice – fu un miscuglio di tutto. Ho vinto la maglia gialla a 22 anni e non sapevo cosa fare con la mia vita. Avevo raggiunto il sogno di ogni ciclista: e adesso che faccio? Non è stato per niente facile ritrovare la grinta. Di alzarmi. Fare stretching. Fare colazione. Uscire in bici. Tutto con l’obiettivo del Tour. Mi allenavo, facevo dei buoni test, ma sentivo chiaramente che non era la stessa cosa. Poi sono successi dei cambiamenti non semplici nella vita, mentre in Colombia tutti mi aspettavano. E quando sono arrivato al Tour, dove avrei voluto dimostrare che non avevo vinto per caso, è venuto fuori il mal di schiena. In quel momento sono iniziati i dubbi. Riuscirò mai più ad andare forte? Riuscirò a trovare quella voglia? Bene, in questo Giro l’ho ritrovata. E per questo sono davvero felice».

Sul traguardo di Milano le braccia al cielo e la grande felicità: «Ho vinto il Giro»
Sul traguardo di Milano le braccia al cielo e la grande felicità: «Ho vinto il Giro»

Pogacar avvisato

Fu tutto troppo veloce e senza troppo pathos. Si arrivò a dire che la strada del Tour fosse ormai chiusa e per tanti anni a venire. Molto meglio questo Giro, vinto soffrendo. Lo disse giorni fa: nessuno è invincibile e sarebbe brutto vincere troppo facilmente.

«Ho vinto il Giro – dice – ma so già che là fuori ci sono campioni come Pogacar e Roglic che mi aspettano. Sono tornato nel gioco e devo dire grazie a loro per le motivazioni che mi daranno nei prossimi mesi. Il momento più difficile di questo Giro è stato ieri quando Caruso ha attaccato. Ero con sei compagni e dopo dieci chilometri erano rimasti in tre. E’ stata una fase difficile da gestire e in quella situazione mi ha aiutato tantissimo Castroviejo, un vero capitano di strada».

La vera felicità

Il nuovo Bernal si è scrollato di dosso ogni etichetta ed è semplicemente tornato ad essere Egan e per farlo ha scelto il suo gruppo, in quella Ineos che per anni è stata un modello un po’ troppo asettico di efficientismo. Saremmo quasi tentati di chiedergli, dopo il suo allontanare con le mani il Tour, se ci andrebbe potendo portare con sé gli uomini del Giro. Ci illudiamo che direbbe di sì, ma lasciamo stare.

«Nella vita – dice – ho avuto diversi sogni, ma ora credo che la cosa migliore come corridore sarebbe vincere anche la Vuelta e poi starmene nella mia casa, con i miei animali. La mia mucca, i tre cani, le galline e la mia ragazza. Tante volte la gente crede che per essere felici serva avere sempre di più, ma io ho imparato che questo ti allontana dalla vera felicità. Per quella bastano le cose semplici e io adesso sono un uomo felice».

Sul podio con Caruso e Yates, è il momento della festa
Sul podio con Caruso e Yates, è il momento della festa

Giro che passione

Le stesse parole pronunciate ieri da Caruso e la stessa voglia di sdebitarsi con Martinez che Damiano ha concretizzato ieri con la pacca sulla schiena di Pello Bilbao. Lo guardiamo e ci accorgiamo che è esausto. Una crono comunque ti svuota e ti mette pressione.

«Eppure è stata una bella giornata – dice – con il mio allenatore che alla radio. Mi segnalava le curve, i wattaggi, i distacchi. Mi ha dato tranquillità. Il Giro d’Italia è una corsa difficile per noi corridori, faticosa. Ma genera tanta passione. La gente nelle strade partecipa e spero che di questa vittoria continueranno a parlare anche in futuro».

Festa Ineos con il Duomo sullo sfondo. A sinistra anche Fausto Pinarello
Festa Ineos con il Duomo sullo sfondo. A sinistra anche Fausto Pinarello

Tour? No, grazie

Fuori lo aspettano per l’ultima fatica di giornata, nella forma di una festa per tutta la squadra. Lo scorso anno vinsero per caso e la tattica fu duttile e poco snervante. Quest’anno sono venuti per vincere e sono stati perfetti, pur in cambio di una fatica a volte pesante.

«Mi sono divertito – saluta – ho attaccato in salita, ho fatto le volate in pianura, a Montalcino mi sono esaltato e ho capito che potevo vincere. Adesso sono stanco, vado a riposarmi. Il Tour? Non lo vedete – ride e saluta – come sono conciato?».

La grinta di Egan, il motore di Pippo: domenica perfetta

30.05.2021
4 min
Salva

Dice e molla una risata che la foratura è stata studiata per dare un po’ di pepe alla crono. Poi però Ganna torna serio e spiega che in quel momento gli si è un po’ stretto lo stomaco, perché non aveva i distacchi e sapeva di avere un piccolo vantaggio su Affini. Poi però, in questa domenica perfetta, la squadra è stata fantastica nel cambiargli la bici, tanto che David Braislford ha commentato dicendo che potrebbero dare lezioni al capo meccanico della Mercedes su come si faccia un pit stop.

Serata di festa in casa Ineos, Milano ribolle di tifosi colombiani e come lo scorso anno il tripudio porta i colori del team britannico. Al posto delle lentiggini di Tao c’è il sorriso indio di Bernal, mentre quello grande e contagioso di Ganna è sempre lo stesso. Semmai con una punta di stanchezza in più ai lati della bocca.

«Rispetto all’anno scorso – dice – i chilometri in testa al gruppo sono stati quattro volte tanti. Abbiamo protetto Egan, siamo stati squadra e il Giro è stato bellissimo, anche con la presenza del pubblico, cui dobbiamo dire grazie. Qualcuno mi ha rimproverato perché sulle salite non sono stato troppo disponibile e sembravo imbronciato. Ne chiedo scusa, ma mettetevi nei nostri panni, se sulla salita finale della 19ª tappa non abbiamo voglia di scherzare…».

Enplein anche quest’anno per la Ineos nella domenica di Milano: Ganna e Bernal
Enplein anche quest’anno per la Ineos nella domenica di Milano: Ganna e Bernal
E’ dall’inizio del Giro che parli di proteggere Egan. Puoi dire che rapporto si è creato con lui?

E’ piccolo, ma ha sotto due… attributi che a tanti altri mancano. Ci ha portato morale e ci dava tanta grinta, quando lo sentivamo dire alla radio «Toso, io sto bene!». Come il giorno dei ventagli in salita sui Sibillini. Uno di 84 chili come me su quelle salite non doveva neanche esserci, ma avevo dentro il fuoco. In quei giorni ho speso tanto, tanto che ieri mentre tiravo, mi è venuto accanto proprio lui e mi ha detto: «Capitano, pensa a domani, molla un po’».

Grande sensibilità…

In questa squadra si respira un bel clima, se non mi trovassi bene non avrei rinnovato per latri tre anni. Certo, correre come in questo Giro è logorante. Soprattutto nelle tappe di 200 chilometri, disegnate per i velocisti, quando i velocisti se ne stanno in coda al gruppo e non mettono la squadra. E’ sempre toccato alla maglia rosa, ma quando dopo 21 tappe vedi il tuo capitano sollevare quel trofeo, ti passa tutto. E sei pronto per il 2022. Qualche volta però sono andato anche io in camera sua…

Per dirgli cosa?

«Capitano, divertiti. Fai le cose che ti piace fare e che pensi siano utili per vincere. Corri come vuoi, non fasciarti la testa». Se Bernal riesce a correre libero di testa, ragazzi, non ce n’è per nessuno.

Siamo qua a parlare di Bernal, ma hai vinto un’altra crono. Come si fa a restare focalizzati e trovare ancora la voglia di migliorare?

Ci sono tanti aspetti su cui concentrarsi, atletici e tecnologici. Fausto Pinarello sta già mettendo delle novità in cantiere, ci sono continui progressi che permettono di ottenere risultati migliori. Io per parte mia posso e devo continuare ad allenarmi, avendo valori alti e tenendo il motore pulito e senza ruggine. Parliamo di Egan, ma giuro che sono contento per la maglia rosa e anche per la tappa.

Pippo arriva all’ombra del Duomo con il miglior tempo: resisterà sino alla fine
Pippo arriva all’ombra del Duomo con il miglior tempo: resisterà sino alla fine
Probabilmente gli europei cancellati in Bielorussia saranno ricollocati fra Lituania e Danimarca, ma se non ci fossero, come fareste ad arrivare bene alle Olimpiadi?

Dovremo focalizzarci sul fatto che anche gli allenamenti sono una fase importante e che i tempi che si fanno tra noi, cercando di batterci, hanno la stessa dignità di una gara. Mancherà l’apporto del pubblico, ma dovremo arrivare a Tokyo con la certezza di aver fatto il massimo.

Quale dunque il programma ora?

Finiamo la domenica facendo festa. Riposo. Poi altura. Dovrò sentirmi con Villa per la pista e quei lavori di intensità che su strada non si riescono a fare. Poi probabilmente correremo con la nazionale una corsa a tappe in Sardegna a luglio. Si comincia mercoledì con un ritiro, il resto verrà da sé.

Pogacar Bernal Tour 2020

Bernal e Pogacar, a quando il grande match?

30.05.2021
4 min
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Mettiamo a confronto i due talenti del momento per le corse a tappe – Egan Bernal e Tadej Pogacarquel confronto che per varie ragioni ancora non c’è stato. Bernal è nato nel 1997 ed è professionista dal 2016, finora ha conquistato 26 vittorie, il Giro diventerebbe la ventisettesima. Pogacar, più giovane di un anno, è passato professionista solamente nel 2019 e vanta 23 successi.

I due si sono affrontati tre volte, ma il Tour dello scorso anno, vinto dallo sloveno, non è stato un vero terreno di battaglia perché Bernal era la pallida controfigura di se stesso, ritirato a metà corsa senza avere mai inciso. Quest’anno i due erano insieme nella fuga vincente della Strade Bianche, con Bernal alla fine terzo e Pogacar settimo, mentre alla Tirreno-Adriatico vinta dallo sloveno, il colombiano è finito quarto.

Pogacar Tirreno Adriatico 2021
Pogacar e Bernal all’ultima Tirreno-Adriatico, vinta dallo sloveno con Bernal 4° a 4’13”
Pogacar Tirreno Adriatico 2021
Pogacar e Bernal all’ultima Tirreno-Adriatico, vinta dallo sloveno con Bernal 4° a 4’13”

Le crono e le alte quote

E’ chiaro che vederli l’uno contro l’altro in una grande corsa a tappe è un sogno, a patto che entrambi siano davvero al massimo della forma, ma come sarebbe questo confronto, che cosa potremmo aspettarci? Abbiamo provato a scrutare nella palla di vetro con Stefano Garzelli: «Sarebbe una sfida strabiliante, dal pronostico impossibile, ma nella quale influirebbero molte variabili».

La prima variabile da considerare è data dalle caratteristiche dei due corridori: «Pogacar può avere dalla sua le capacità a cronometro, Bernal può fare una grande differenza sulle salite con altitudini sopra i 2.000 metri. Sotto questo aspetto il colombiano è sfavorito dal fatto che salite simili sono rare (al Giro, lo Stelvio e il Gavia, quando si fanno, al Tour il Galibier oppure l’Iseran) e anche, come caratteristica, la facilità estrema con cui Pogacar vince dappertutto, quel killer instinct davvero raro da trovare».

Pogacar Liegi 2021
Pogacar ha mostrato finora maggiore duttilità, anche nelle classiche: qui 1° alla Liegi 2021
Pogacar Liegi 2021
Pogacar ha mostrato finora maggiore duttilità, anche nelle classiche: qui 1° alla Liegi 2021

L’importanza del team

Un altro aspetto è costituito dal team di supporto, anche se è chiaro a tutti che Pogacar abbia vinto lo scorso Tour senza grande aiuto da parte della Uae: «Ed è altrettanto chiaro che gli uomini che ha la Ineos sono di qualità unica: Carapaz, Adam Yates, Thomas, Geoghegan Hart. Se Bernal parte in un grande Giro, è però ormai a un livello tale da essere da considerare capitano a tutti gli effetti e chi di questi sarà d’accordo nel lavorare per lui? Più probabile che vengano utilizzati altri corridori, come quelli visti al Giro».

E per quanto riguarda la Uae? «E’ evidente che c’è una differenza sostanziale – risponde Garzelli – ma Hirschi può costituire un validissimo supporto. A Pogacar serve maggiore sostegno in salita e i dirigenti del team stanno già pensando al prossimo ciclomercato per rafforzare la squadra in tal senso».

Bernal Tour 2019
Bernal, trionfatore al Tour 2019 senza vincere una tappa, ma svettando sul Col de l’Iseran
Bernal, trionfatore al Tour 2019 senza vincere una tappa, ma svettando sul Col de l’Iseran

Sfida decisiva alla Vuelta?

Bisogna poi considerare il terreno di battaglia: Giro d’Italia e Tour de France non sono la stessa cosa. Dove sono più adattabili i due campioni? «E’ una bella domanda… Dipende molto dal percorso che viene disegnato: un Giro con Stelvio e Gavia darebbe a Bernal un trampolino eccezionale per la sua naturale abitudine a pedalare in alta quota, mutuata dalle sue stesse origini. Un Tour con molti chilometri a cronometro sarebbe invece un aiuto per Pogacar. Ma le cose possono anche invertirsi, in fin dei conti nel 2019 Bernal fece la differenza proprio in altura».

Il calendario dice che a settembre, alla Vuelta di Spagna, saranno entrambi della partita. Potrebbe essere quello il vero terreno di scontro? Garzelli è scettico: «Io non credo, molto dipenderà dalle Olimpiadi. Bernal dovrà mantenere un certo livello anche dopo il Giro per non arrivare a Tokyo in calo di condizione, Pogacar vuole correre il Tour per vincerlo, arrivare subito dopo a Tokyo e sfruttare la forma della Grande Boucle, ma dopo? Credo che la Ineos stessa punterà su Yates per la corsa spagnola. Per la grande sfida dovremo attendere il prossimo anno e sperare…».